Il Cavaliere tranquillizza i vescovi con il richiamo ai valori cattolici
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Dal gollismo al gallismo
Roberto Cotroneo
Siamo passati dal gollismo al gallismo. Perché quello che sta accadendo in queste ore e negli ultimi giorni tra Fini e Berlusconi ha tutta l’aria di uno scontro che non è politico, ma innanzi tutto caratteriale e persino emotivo: sfoghi, battute, frecciate, sbotti, ire funeste schermate da porte chiuse, dichiarazioni ad agenzie di stampa filtrate ma non troppo, apparizioni televisive dove più che le parole contano il tono della voce e la tensione dei muscoli facciali. La lite Fini-Berlusconi sta tutta qui, nell’idea che la politica sia quanto di più maschio possa esserci, sia volontà di potere e di potenza, e disfida a braccio di ferro.
Contano poco i progetti di una nuova casa dei moderati, contano niente gli elettori, i sostenitori, i tesserati, i simpatizzanti. Contano ancora meno i vecchi distinguo e i vecchi bizantismi dell’antica politica. Quella dei partiti di un tempo, dove il confronto duro era tutto tra una parentesi di un discorso e un punto e virgola.
Nel tempo in cui i programmi televisivi di satira erano innocui e di faccende private nella politica non si parlava; nel tempo in cui Roberto D’Agostino portava ancora i calzoni corti e stava al Piper con Patty Pravo, il massimo dello scontro che si ricordi è quella frase di Nino Andreatta, che nel 1982 definì l’allora ministro socialista Rino Formica: «un commercialista di Bari». Con risposta di Formica: «Andreatta? Una comare».
Altri tempi, erano liti condominiali quelle di allora, per quanto il condominio fosse il prestigioso Palazzo Chigi e le stanze dei consigli dei ministri. Oggi è tutto diverso. Da qualche parte, nelle periferie delle città, devono essere sopravvissuti gli ingialliti manifesti dell’ultima campagna elettorale, con le tre foto di Fini, Casini e Berlusconi, denominati “le tre punte”, con metafora calcistica. Peccato che le punte siano diventati dei punteruoli, e gli agguati all’ordine del giorno.
Ma per quanto gli agguati personali non siano mai mancati nella lunga storia politica e parlamentare del dopoguerra, questa volta ci sono tutta una serie di elementi nuovi. Primo fra tutti quella frase, che dice molto, pronunciata da Fini a proposito di Berlusconi: «ho vent’anni di meno, e poi lui mica sarà eterno». Dietro quel vent’anni di meno ci sono tutta una serie di cose che vanno oltre la politica e che portano a una rivoluzione nel linguaggio del potere e della politica. Altro che il medico miracoloso Scapagnini, altro che trapianti di capelli, altro che total lifting, tintura di capelli e footing alle Bahamas. Ora il potere si misura dalla resistenza. Fini si sente come uno scalpitante giovane calciatore che dice al vecchio campione Berlusconi: quella maglia numero 10 prima o poi te la tolgo, prima o poi il fiato ti mancherà, e finirai in panchina. Come una vecchia gloria.
In questa politica tutta fisico e poco tecnica, Fini ha detto anche un’altra cosa, che è sottointesa: per quanto mi abbiate teso un agguato per interposto Antonio Ricci, io sono comunque nel pieno delle mie facoltà, pronto ad aspettare il novantesimo minuto e giocare tutta la mia partita.
La metafora calcistica è utile a capire. Ma non basta a spiegare tutto. Non rende l’idea, ad esempio, di questo neo-gallismo, che in politica sempre c’è stato, ma non come ora: io sono più giovane di te, io non cambio idea, e soprattutto “con te ho chiuso”, che è frase che in politica non si dice mai, se non altro per scaramanzia. Ne abbiamo visti di liti e sguardi tesi che in breve tempo, complice una nuova strategia di potere, sono diventati sorrisi e pacche sulle spalle. E come diceva James Bond, vale sempre quel “mai dire mai”, che in Aula e in Transatlantico andrebbe scolpito nel marmo come monito per leader, deputati e peones di tutte le legislature. Con te ho chiuso è frase da lite estemporanea, poco prudente, assai poco strategica. Ma è soprattutto un mostrare i muscoli, uno stabilire chi è più macho, chi c’è la fa a mettere sulla bilancia tutto il suo potere. E se Berlusconi alla conferenza stampa evita di nominare Fini arrivando a utilizzare la parola “competitor”. Usando uno stile da Ceo di una multinazionale che non nomina mai la concorrenza. Fini usa invece espressioni più affini alla retorica delle bonifiche pontine: ruvido e netto come non mai. Pronto a dimostrare che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare, specie se si è più giovani di vent’anni.
Sono saltati tutti i filtri, tutte le prudenze, tutti i sofismi. L’altro ieri è stato Alfredo Biondi, dopo lo sfogo di Fini, a telefonare al cavaliere: «guarda che Fini ha detto che ha vent’anni di meno di te, e davanti a tutti». An che smentisce, certo, ma serve a poco, tutti sanno che era vero.
L’agitazione attorno a tutte le parole dette. I pettegolezzi e le rabbie in primo piano, la politica sullo sfondo, anzi neanche, la politica questa volta è solo un “cromachi”, uno sfondo di quelli che si usano in televisione, e che non sono veri, ma virtuali. Dietro questo scontro c’è una legge elettorale, ci sono le riforme e c’è l’assetto politico di questo paese per il futuro. C’è anche il futuro di molta gente che ha votato Fini e Berlusconi e che assiste stupita a una lite improvvisa, ma che covava da tempo, tra due ex amici che hanno molte cose da rimproverarsi. E che non si risparmiano nulla. Visto che nessuno dei due ha voglia di rinunciare a mostrarsi virile e potente. A battersi il petto come i gorilla nella foresta. Finché non si ristabiliscono nuovi equilibri e nuove gerarchie, e tutto torna come sempre.
roberto@robertocotroneo.it
Pubblicato il: 23.11.07
Modificato il: 23.11.07 alle ore 13.04
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POLITICA
Il Cavaliere traccia la road map del nuovo partito che va avanti "senza ripensamenti"
Diecimila gazebo nel fine settimana per scegliere nome e simbolo
Berlusconi: Pdl, nessun ripensamento "Un sogno? Come me nessuno mai"
Fini ha le mani libere? "Solo io le ho avute legate".
Primarie per costruire il partito
"Non ho mai fallito. C'è qualcuno in Italia che può paragonare la propria storia di successi alla mia?"
di CLAUDIA FUSANI
ROMA - Nessun "passo indietro". E neppure "ripensamenti". Tutto quello che si legge oggi sui giornali sul nuovo soggetto politico lanciato da Silvio Berlusconi è solo "interessata disinformazione". Già ieri sera il Cavaliere aveva voluto mandare una dichiarazione scritta alle agenzie di stampa per correggere il tiro di battute, ironie e sarcasmi, soprattutto dei suoi ex alleati Fini e Casini. Stamani ha fatto impazzire i suoi collaboratori e ha convocato una conferenza stampa a Montecitorio - nel palazzo dei gruppi in via Uffici del Vicario - mezz'ora prima per mezz'ora dopo. Dovevano parlare Fabrizio Cicchitto e Paolo Bonaiuti. Ma ha preferito fare tutto da solo, pochi fogli in mano, per dire che il progetto del Pdl va avanti "senza indugi nè ripensamenti", solo con i necessari passaggi graduali necessari quando nasce una cosa che prende il posto di un'altra.
"Ogni volta che ho lanciato un'idea ci sono sempre state reazioni scettiche ma poi ho sempre avuto ragione io: città, calcio, televisioni. E così via. Non ho mai fallito nessuno obiettivo e non succederà neppure questa volta. Chi c'è in Italia che può paragonare il proprio successo a quello di Silvio Berlusconi?". La citazione di De Gaulle arriva a fagiolo: "L'intendenza seguirà. Contenta di aderire a un grande sogno".
Grandeur a parte, la road map verso l'ennesimo grande sogno ha tappe serrate. L'obiettivo è chiaro: "Riunire tutti i moderati italiani. Il nuovo partito tiene le porte aperte e spalancate per tutti gli elettori, ai circoli, ai movimenti della società civile, è un nuovo partito che si fonda sugli elettori e avrà le solide fondamenta di Forza Italia". La quale, ribadisce, non sarà sciolta ("sarebbe come buttare all'aria quattordici anni di storia italiana") ma sarà "superata" dal nuovo soggetto. In questo momento, va da sé, ci sono anche certe operazioni di contabilità, pratiche burocratiche, riscossioni e pagamenti, gestione del patrimonio immobiliare, che devono essere rispettate.
"Il modello che ho in mente è quello del più grande partito europeo, l'European people party (il Ppe) dove confluiscono vari soggetti politici". Settimana prossima appuntamento dal notaio per la firma della costituzione del nuovo partito. Ma soprattutto c'è questo week end in cui il Cavaliere richiama in piazza il popolo dei gazebo - ma non era un'invenzione delle primarie dell'Unione? - per fare due cose fondamentali: scegliere il nome e contarsi. La scelta del nome ha due opzioni: "Partito della Libertà" e "Partito del popolo della libertà". Il simbolo è già pronto, il Cavaliere lo mostra soddisfatto: non c'è molta differenza, l'acronimo è sempre quello - Pdl - lo sfondo in campo azzurro anche così come la striscia tricolore che dal basso sale in diagonale verso l 'alto. La meccanica assomiglia a quella del supermercato: paghi uno e prendi tre, nome, simbolo e preiscrizione. Nel senso che con un clic via internet - sul sito si trova la specifica scheda - si sceglie appunto nome, simbolo correlato e si registra la propria prescrizione lasciando tanto di recapiti e documento di identità. Idem come sopra se uno andrà in uno dei diecimila gazebo sparsi nel fine settimana in tutta Italia - indirizzi sempre sul sito di Forza Italia - e metterà una crocetta sul nome prescelto. "Finora - assicura - sono già arrivate 83.600 domande di prescrizione via web e 500 in quattro ore via telefono".
Sarà un partito costruito "dal basso con regole trasparenti, all'americana". Il metodo è unico, quello delle primarie ("Ci stiamo già informando per fare una cosa seria e trasparente") a livello comunale, provinciale, regionale e nazionale. "Io sarò uno dei candidati alla leadership - sorride sornione - anche se penso in cuore mio di essere prescelto". In fondo, Forza Italia è sempre stata "monarchica e anarchica", "nessuno mi ha mai messo in discussione ma tutti hanno sempre fatto come hanno voluto".
Il Cavaliere non lo ammetterà mai ma in questa fase si è ispirato per filo e per segno al percorso di nascita del Pd: il meccanismo delle primarie, i gazebo e l'utilizzo di internet. Dario Franceschini, n.2 del Pd, aveva offerto in prestito alla Cdl strutture e gazebo. Se li sono comprati nuovi ma sono la stessa cosa. Cambiano i tempi: una appassionata gestione di tredici anni per il Pd; tre-quattro mesi, a voler stare larghi, per il Pdl.
C'è poco spazio, e non c'è voglia di parlare di alleati anche se sono ex. Berlusconi si augura sempre che "sia An che Udc possano aderire al nuovo soggetto politico". Del resto "tutti avevano aderito a questo partito. Poi qualcuno ha cominciato a pensare alla Cosa Bianca ma all'inizio era il sogno di tutti". E a Fini che dice di avere "le mani libere" risponde: "Finora l'unico che le avute legate sono io". Ancora una bordata sull'ex alleato a cui ne segue un'altra: "Almeno la metà dei cittadini che sono venuti ai gazebo a firmare per mandare a casa Prodi non sono di Forza Italia ... ma tutti di tradizione liberale".
(29 novembre 2007)
da repubblica.it
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6/1/2008 (7:35) - LA STORIA
Berlusconi s'inventa "Antigua 2"
Sette ville da sogno, in un unico complesso, comprate «per i parenti e i tanti amici».
E' dovuto accorrere, il giardiniere aveva sbagliato le piante
MARIA GRAZIA BRUZZONE
ROMA
E’ partito col suo aereo privato direttamente dalla Sardegna, insieme all’amico e vecchio sodale Gianni Gamondi, l’architetto paesaggista specializzato in complessi turistici, resort e ville da vip sparse per il mondo che lo ha introdotto in Costa Smeralda, ha realizzato per lui La Certosa e lo consiglia su tutto quel che riguarda le case: dagli investimenti alle piante da sistemare qua e là nei numerosi giardini.
Loro due, senza Veronica né altri che una pattuglia di scorta ridotta a tre uomini. Destinazione, le Piccole Antille, quella scia di isolette da sogno che corrono a Sud di Miami fin quasi al Venezuela. E’ andato a dare gli ultimi ritocchi alla sua villa di Antigua, l’ultima nata della serie, è stato detto. Il giardiniere avrebbe sbagliato appunto a scegliere certe piante, e lui voleva controllare di persona, si è addirittura precisato. Magari è andata proprio così. Ma l’impellente necessità di Silvio Berlusconi di correre fin laggiù, scavalcando l’oceano, per soli quattro giorni, potrebbe nascondere anche altri interessi, più corposi. Perché in realtà in quel meraviglioso Eden caraibico il Cav possiede non una ma ben sette ville.
Un numero ragguardevole che fa praticamente raddoppiare la sue residenze, ormai arrivate praticamente a 14. Le sei originarie, Macherio, Arcore, Portofino, La Certosa, unica sopravvissuta al patrimonio di 7-8 case vendute ad americani e russi negli anni scorsi. Più le due ville alle Bermuda, sempre lì nel Caribe, una delle quali per la figlia. Più la villona lacustre a Cernobbio, comprata di recente, che sta ristrutturando. Più queste sette di Antigua. E se il Cav dicesse di sì alla proposta dell’amico Vladimir Putin di acquistare una villa nel nuovo compound che sta sorgendo sul Mar Baltico, non lontano da San Pietroburgo (ci sta pensando) si arriverebbe a 15.
Perché sette ville ad Antigua? «Per i parenti e i tanti amici» è la spiegazione che dà uno che lo conosce bene e lo frequenta spesso, lì non è ancora stato ma assicura che si tratta di costruzioni basse, ben mimetizzate nella rigogliosa vegetazione di palme, mangrovie, buganvillee: nessun pugno nell’occhio (e ci mancherebbe). Certo, bisogna tener conto sia della famiglia che si va espandendo, tra figli e nipoti, sia della propensione del Cav per le ospitate, meglio se grandiose. Infatti, quando qualche anno fa aveva cominciato a guardarsi intorno ad Antigua, Berlusconi avrebbe messo gli occhi su una villona faraonica bella e pronta, ma nel gioco al rialzo (pare che la cifra si avvicinasse a 40 milioni di dollari) avrebbe poi avuto la meglio un gruppo americano.
Di qui la scelta di costruire ville multiple. Che è anche un bell’investimento nel comprensorio di superlusso che Gamondi - già autore ad Antigua di un resort per Krizia che oggi la stilista starebbe vendendo, e di un altra casa di un famoso calciatore - sta lanciando nel luogo più affascinante dell’isola: la Nonsuch bay di Emerald Cove. Una baia color smeraldo ad anfiteatro che si apre fra promontori, insenature, cale e calette. «Duemilaottocento chilometri di coste da sogno, una penisola collinare protesa verso il reef», la barriera corallina, recita il sito che reclamizza questa nuova Costa Smeralda dei Caraibi. Un sogno che Gamondi, il settantenne architetto dai baffetti candidi e dall’occhio sornione, coltiva dai primi Anni Novanta.
Lui che la Costa Smeralda contribuì a costruirla (Porto Rotondo è una sua invenzione) era attratto da qualcosa di nuovo e ancor più internazionale. Un luogo superappartato ed esclusivo, dove i ricchi del pianeta possono venire a svernare, a ritirarsi alle soglie della pensione sottraendosi alle sempre più invivibili metropoli o semplicemente a godersi il sole, la brezza dell’oceano e il mare di cristallo. Senza neppure le odiose tasse sul lusso care al governatore sardo Renato Soru. Anzi, Antigua è da sempre uno dei tanti paradisi fiscali segnalati dall’Ocse.
Il «paradiso nel pieno rispetto della terra», comprende naturalmente campo da golf con clubhouse con vista da urlo sulla baia, «Sailing Club» cioè club velico, Tennis Club, Club bar con piscina galattica. Le case immerse nel verde sono ariose, articolate da terrazze aperte sul mare, pareti mobili, patii interni, e usano molto i materiali autoctoni come il legno dei tetti a capanna coperti di shingles, tavole di sequoia disposte a doppio strato, come vuole la tradizione caraibica, che Gamondi alleggerisce usando molto il bianco, tessuti locali e arredi italiani. O schiarendo i preziosi legni locali sul bordo delle piscine a sfioro.
da lastampa.it
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POLITICA
Il Cavaliere cerca di tranquillizzare i vescovi con il richiamo ai valori cattolici
"Abolire l'Ici e dopo il voto larghe intese sulle riforme istituzionali"
Aborto, Berlusconi per la moratoria
"E l'Udc scelga, basta giochetti"
Cesa: gelosi dell'autonomia. Storace: mi candido a Roma
di GIANLUCA LUZI
ROMA - Un sì convinto alla moratoria sull'aborto, la conferma che dopo il voto si aprirà il dialogo con Veltroni sulle riforme e un duro ultimatum a Casini: "L'Udc scelga. Basta giochetti". La campagna elettorale di Berlusconi è cominciata. Martellante e trionfalista: "un bookmaker inglese dà la mia vittoria a 1,25 e quella di Veltroni a 3,50. - rivela al settimanale Tempi - Quindi io ho il triplo delle possibilità di vittoria rispetto al Pd". E per rassicurare i vescovi che corrono in soccorso di Casini in difficoltà, Berlusconi sposa un argomento a cui la Chiesa è estremamente sensibile.
Sulla scia della campagna cominciata da Giuliano Ferrara, anche Berlusconi fa propria la richiesta della moratoria all'Onu, come per la pena di morte. "Su queste materie la regola del nostro schieramento politico è la libertà di coscienza", premette il leader del Popolo della Libertà. Tuttavia "credo che riconoscere il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, sia un principio che l'Onu potrebbe fare proprio, così come ha fatto sulla moratoria per la pena di morte pur dopo un lungo e non facile dibattito".
Con questa presa di posizione Berlusconi cerca di tranquillizzare i vescovi preoccupati all'idea che l'Udc, partito che si richiama esplicitamente ai valori cattolici, abbia un ruolo marginale nel futuro Parlamento se non dovesse raggiungere un accordo con Berlusconi. Quella di Berlusconi vuole essere quindi una specie di garanzia avallata anche dal fatto che il Pdl, così come l'Udc, è nel Partito popolare europeo. A Berlusconi farebbe molto comodo avere il partito di Casini nel Pdl, ma naturalmente senza il simbolo dell'Udc. Altrimenti ognuno per conto proprio.
Ieri Berlusconi ha dato a Casini l'ultima chance: "La scelta spetta a loro. Conoscono quanto noi il sistema elettorale in vigore. Come noi fanno parte della famiglia europea del Ppe, così come anche l'Udeur che potrebbe rientrare nello schieramento moderato, così che oggi tutti i partiti italiani che sono nel Ppe stanno dalla stessa parte politica. La gente - avverte il Cavaliere rivolgendosi all'Udc - è stanca delle divisioni e dei giochetti politici di Palazzo. E le indicazioni unitarie che ci ha dato il nostro popolo negli ultimi due anni sono chiare, pressanti. Noi le rispetteremo e andremo avanti su questa strada, senza tentennamenti".
Immediata la risposta dell'Udc con il suo segretario Cesa: "Concordo pienamente con Berlusconi: è ora di finirla con i giochetti. L'Udc - prosegue Cesa - è disponibile ad una alleanza vincolante e programmatica con il centrodestra, nel rispetto della propria autonomia e identità. Ci dispiacerebbe - conclude - se questa convergenza non si realizzasse, ma non sarà certo per colpa nostra". In concreto sembra di capire che le posizioni non si avvicinano: l'Udc non è disposto a rinunciare al simbolo, come invece ha fatto Fini con An.
Casini è a un bivio. Se va da solo alle elezioni rischia l'esplosione di quella metà del partito che teme il flop elettorale. Se entra nel Pdl - ipotesi che però sembra molto improbabile - perderebbe per strada la cassaforte elettorale della Sicilia perché Cuffaro resta "ma solo con il simbolo dell'Udc". Giovedì si riunisce la Direzione del partito e sarà il momento di prendere una decisione definitiva. Ma l'altra partita senza esclusione di colpi che si gioca nel centrodestra è quella con Storace.
La Destra vorrebbe entrare ma con il simbolo e la cena di Arcore non ha avvicinato le posizioni. Storace - se dovesse andare da solo - minaccia una campagna elettorale contro Berlusconi e Fini a colpi di slogan del tipo: "Attenti a quei due". E i toni contro il Pdl ieri si sono inaspriti: "E' una lista cinica, che punta al potere. Ma se non si fidano di noi non possono chiedere i nostri voti. No Martini, no party. No simbolo, no voti...". Perfino Daniela Santanché mette da parte la sua grande amicizia con il Cavaliere per bollare il Pdl: "Berlusconi e Fini sono la chimica della politica, noi siamo la passione".
(12 febbraio 2008)
da repubblica.it
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«Mi battei perchè rimanesse, Ma lui e Santoro fecero uso indebito della televisione»
Berlusconi: Biagi lasciò per liquidazione
Le figlie: «Ignominia. Lasci stare i morti»
La versione del Cavaliere: «Prevalse il suo desiderio di poter essere liquidato con un compenso molto elevato».
Polemiche
MILANO - «Mi sono battuto perchè Enzo Biagi non lasciasse la televisione, ma alla fine prevalse in Biagi il desiderio di poter essere liquidato con un compenso molto elevato». Lo ha detto Silvio Berlusconi,
Silvio Berlusconi durante la registrazione di Tv7 (Ansa)
nel corso di Tv7. Il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, è tornato o a parlare del cosiddetto «editto bulgaro». «Io non ho detto "cacciate Biagi e Santoro" - ha aggiunto - ma mi sono sempre scagliato contro l’uso improprio della tv. Se le forze dell’ordine hanno delle armi, queste servono per garantire l’ordine, se poi si spara alla gente è farne un uso improprio».
«LASCI STARE I MORTI» - Una «ignominia», una «falsità» contraddetta da carte che possono documentare tutto: così Bice e Paola Biagi, le figlie di Enzo, hanno commentato le dichiarazioni di Silvio Berlusconi, dicendosi «letteralmente indignate» «La moralità di nostro padre non si può discutere - dicono all'unisono Bice e Paola - è documentata. È stato un partigiano che ha avuto la schiena dritta dal '45, e non solo con il signor Berlusconi, e per questo ha pagato. Berlusconi deve farla finita, deve stare zitto e non strumentalizzare un morto che non può rispondere per la sua campagna elettorale». Le due figlie di Biagi, che proprio stasera festeggiano i vent'anni di due loro nipoti, («e a tutto pensiamo - dicono - tranne che a Berlusconi, grazie a Dio»), aggiungono poi di voler «seguire il consiglio del presidente Napolitano, che era amico di nostro padre, e che invita a smorzare i toni. Continueremo con la stessa discrezione che abbiamo avuto finora ma Berlusconi deve smetterla di dire falsità. Piuttosto dovrebbe istruirsi un pò e leggere per esempio "Le mie prigioni" così da capire che ad attaccare un morto si fa un danno soprattutto a se stessi». Proprio Paola in queste settimane sta curando il carteggio del padre: «quando sarà pubblico - conclude - si vedrà chi ha ragione e chi si è sempre comportato con dignità e moralità».
GIULIETTI: «PROFANA MEMORIA DI UN GRANDE» - «Il leader della destra Berlusconi ha di nuovo profanato la memoria di un grande del giornalismo libero italiano, Enzo Biagi. Fu proprio lui, da presidente del Consiglio, a Sofia, a decretarne la cacciata dalla Rai, e ora vorrebbe accreditare una versione degna del più incallito negazionista e revisionista storico». Lo afferma Giuseppe Giulietti, deputato del Pd. «No, onorevole Berlusconi! Biagi non si fece comprare l'anima e il silenzio per una manciata di soldi nè fece mai un uso criminoso della Rai, insieme a Santoro, Freccero e Luttazzi».
«VERGOGNA INAUDITA» - «Le parole di Berlusconi su Enzo Biagi sono una vergogna inaudita». Lo afferma Gianni Montesano, responsabile comunicazione del Pdci. «Un'offesa alla memoria di uno dei più grandi giornalisti del nostro tempo - aggiunge - che fu estromesso dalla Rai quando il Cavaliere era il re sole della tv». «La sua volgare aggressività dovrebbe far riflettere il Pd sul conflitto di interessi e il sistema delle tv in Italia. Ma chi pensa già a inciuci bipartisan - conclude Montesano - non può certo avere queste priorità».
15 febbraio 2008
da corriere.it
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