Il Cavaliere tranquillizza i vescovi con il richiamo ai valori cattolici

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Il Cavaliere sulla Lady di Ferro: se fosse stata una gnocca me la ricorderei

Silvio e la Thatcher, Independent: «Volgare»

L'ennesima battutaccia di Berlusconi scatena la reazione dei giornali britannici 
 

MILANO— How do you say «nyokka»? Che poi, nella traslitterazione inglese, sarebbe l’italianissimo e non molto raffinato «gnocca»: il termine evocato da Silvio Berlusconi a proposito di Margaret Thatcher e ripreso ieri dall’incredulo quotidiano The Independent.

Titolo: «Il volgare Berlusconi rende omaggio al sex appeal della Lady di ferro». Il Cavaliere, in realtà, non le aveva fatto esattamente un complimento («Se fosse stata una bella gnocca me ne ricorderei»), ma il giornale inglese pare non accorgersene, riprende l’«elogio alla sua eroina ideologica» e si cimenta in una traduzione ottimistica («A great piece of pussy»), salvo spiegare che la famosa «gnocca», da pronunciarsi «nyokka», è «un termine volgare dal significato di "vulva", la definizione standard utilizzata da operai edili, camionisti e primi ministri di lungo corso nei confronti di qualsiasi donna attraente che incroci il loro cammino».

The Independent ricorda come Mitterrand dicesse che la Thatcher aveva «gli occhi di Caligola e la bocca di Marilyn Monroe» e osserva sarcastico: «Evidentemente l’attenzione di Berlusconi era focalizzata altrove».

06 luglio 2007
 
da corriere.it

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DIETRO LE QUINTE

Berlusconi non vota: Cesare, un perseguitato

Il Cavaliere non era presente a Montecitorio 

 
ROMA — «Esprimo la mia sincera solidarietà a Cesare Previti che come ogni altro cittadino aveva diritto a un processo più giusto e più rispettoso delle prerogative della difesa. Sono convinto della sua innocenza e sono certo che i giudici autenticamente imparziali lo riconosceranno, in forma piena, già nel successivo grado di giudizio».
Qualche anno fa Berlusconi, in una delle rare dichiarazioni pubbliche sulla vicenda giudiziaria di Cesare Previti, si espresse in questo modo. Era la prima condanna per la vicenda Sme. Il giudizio non è ovviamente cambiato negli anni, e la storia dell'ex avvocato del Cavaliere, dell'ex ministro della Difesa, e da ieri anche dell'ex deputato azzurro, è stata sempre ritenuta dal leader di Forza Italia come un simbolo di «accanimento e persecuzione giudiziaria».

Quello che è cambiato, negli anni, è forse il rapporto personale fra Berlusconi e Previti. Un rapporto saldo, ma anche messo a dura prova dalle inchieste, dall'enorme massa di dati e informazioni che vi hanno fatto capolino, da alcune dinamiche che a Montecitorio nel tempo sono state vissute ora come indiscrezioni, ora come leggende, ora come naturale evoluzione di un'amicizia che non può che incrinarsi se caricata di troppi risvolti politici.

Di certo due sere fa l'ex premier aveva già in mano la lettera di dimissioni di Previti, che Elio Vito ha letto ieri pomeriggio nell'aula della Camera. L'ha fatta vedere ai leghisti che lo sono andati a trovare ad Arcore, ha commentato la vicenda dicendo che «Cesare ha fatto bene, il suo è un gesto nobile». E di certo ieri ha chiamato al telefono l'interessato, per sentirne lo stato d'animo, ribadire solidarietà, ripetere che la scelta delle dimissioni — per evitare il precedente della decadenza dall'incarico di un parlamentare — è stata quella giusta.

Nel corso degli anni, soprattutto di governo, Berlusconi ha fatto tutto quello che doveva — e forse anche qualcosa di più secondo la sinistra, soprattutto in termini legislativi — per cercare di aiutare il suo ex ministro della Difesa. Si sussurra che tanto sia stato fatto controvoglia, così come controvoglia è stato il voto dei deputati azzurri che ieri si trovavano disorientati a votare e approvare le dimissioni di un proprio collega. Alcuni — da Guido Crosetto ad Angelino Alfano — non ce l'hanno fatta, hanno mandato all'aria la disciplina di partito e hanno votato no.
Tanti altri hanno ascoltato il consiglio di Donato Bruno, o quello di Elio Vito, che ripetevano tra i banchi che quella era la volontà di Previti e che dunque occorreva dire di sì alle dimissioni. Una parte di Forza Italia si è adeguata, con tristezza, un'altra no.

Marco Galluzzo
01 agosto 2007
 

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Cesare Previti non è più deputato... ma è ancora avvocato


Da martedì Cesare Previti non è più deputato. Ma - nonostante il 13 luglio scorso la Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna nel processo per corruzione del lodo Mondadori - Cesare Previti risulta tuttora iscritto nell'albo degli avvocati di Roma. Basta fare una semplice ricerca all'interno degli elenchi dell'Ordine, consultando il sito www.ordineavvocati.roma.it.

Alla voce "Previti" - nella ricerca fatta avvocato per avvocato - corrispondono tre risultati, di cui uno porta alla scheda dell'iscritto Cesare Previti (basta entrare nelle pagine del "Consiglio dell'Ordine" e consultare l'Albo e gli elenchi).

Stando a quanto si apprende, inoltre, dall'articolo 38 della legge professionale forense, «gli avvocati che si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell'esercizio della loro professione o comunque di fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale - si può leggere nella legge professionale - sono sottoposti a procedimento disciplinare».

L'avvocato Cesare Previti, da martedì, non è più dunque deputato, ma risulta regolarmente registrato nell'albo degli avvocati di Roma. Nonostante la sentenza di condanna passata in giudicato.


Pubblicato il: 31.07.07
Modificato il: 31.07.07 alle ore 20.03   
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2/8/2007 (7:27) - IL PERSONAGGIO

Previti, il cattivo più amato

Tutti lo chiamano, a partire da Silvio: la nuova vita da ex onorevole agli arresti

UGO MAGRI


ROMA
Come dopo un incidente della vita, quando non si ha neppure il tempo di pensare, così è andata ieri per Cesare Previti. Il primo giorno da ex deputato l’ha speso interamente al telefono. E’ stato un incessante susseguirsi di squilli, rispondeva da una parte e arrivava un sms dall’altra, poi un altro, e un altro ancora, finché nel pomeriggio ha spento almeno il telefonino concentrandosi sull’apparecchio nel soggiorno di casa, dove ha continuato a fare il centralinista di se stesso. L’hanno chiamato dallo studio per avvertire che lì in via Cicerone era già arrivato «qualche centinaio» tra e-mail e fax. Politici da Berlusconi in giù, clienti, amici vicini e lontani, colleghi avvocati: tutti quanti solidali con l’uomo che s’è dimesso dal Parlamento un picosecondo prima di esserne espulso, tutti appassionatamente dalla sua parte e ansiosi di farglielo sapere, di dargli un metaforico abbraccio, di confortarlo nell’ora della sconfitta.

Colpisce che un eroe alla rovescia, un personaggio elevato in questi anni a paradigma del peggio, trasformato dall’anti-berlusconismo in mostro sputafuoco, un simbolo negativo insomma, risulti così amato nella sua cerchia. La moglie Silvana azzanna chiunque le sfiori il consorte, donna volitiva e leonina. I figli, due di prime nozze e due di seconde, sono talmente legati a papà, così disposti a sacrificare svaghi e weekend pur di stargli accanto, che molti padri senza vicende penali farebbero volentieri a cambio. I collaboratori, poi: dire devoti è poco. E gli amici, pronti pure loro a farsi tagliare una mano. L’estate scorsa sono andati in vacanza a turno pur di tenergli compagnia mentre era agli arresti domiciliari... E quest’anno daccapo.

Il Previti pluricondannato (sei anni per la vicenda Imi-Sir, un anno e sei mesi per il Lodo Mondadori), il Previti corruttore di giudici (ma proprio ieri il Tribunale civile di Milano ha condannato un quotidiano che l’aveva definito «delinquente»), il Previti novello Trimalcione (mitica, ancorché del tutto inventata, la storia delle aragoste allevate nella vasca del suo terrazzo) sono la faccia nota della medaglia. Come celebrate sono le sue doti di capotribù, la maschera gladiatoria, la leggenda del Grande Antipatico che Cesarone medesimo coltiva. Vedere, per credere, il ritratto di sé pubblicato sul sito www.previti.it. Ma sotto la scorza del combattente c’è un uomo affabile, battutista, perfino «simpatico», come assicura Marcello Dell’Utri.

Chi lo conosce giura che è molto giù di corda, umanamente provato dagli ultimi accadimenti, che soffre nel profondo. Si considera vittima d’una persecuzione contro la quale ha fatto ricorso davanti alla Corte europea di giustizia, di magistrati i quali non gli hanno dato la possibilità di spiegare, argomentare, difendersi insomma. Un plotone d’esecuzione giudiziario cui da ultimo s’è aggiunto quello dei politici, «maramaldi» capitanati da Fausto Bertinotti che ha impedito all’imputato di essere presente in aula, condannato in contumacia quando «la Camera avrebbe potuto tranquillamente discutere le dimissioni a settembre», s’indigna Donato Bruno, deputato azzurro.

Non che Previti stia conducendo una vita grama. E’ agli arresti, ma avendo passato i settanta (classe 1933) può starsene a casa. E che casa. Si affaccia beato lui su Piazza Farnese, la sala da pranzo è grande da sola come un appartamento, arredata in uno stile un po’ cardinalizio, mobili francesi del Settecento. Per sei ore ogni giorno ha il permesso di uscire, e neppure questo è un privilegio perché lo stabilisce la legge. Va in studio per ricevere visite, al campo sportivo per seguire gli allenamenti del figlio Umberto, promessa della Lazio, oppure al circolo per assestare lui stesso quattro calci al pallone («Una volta mi smarcavo», è il rimpianto, «ora al massimo passaggio e tiro in porta»). La sua affollata solitudine prevede inviti a cena di amici disposti a tollerare un regime alimentare dal quale sono cancellati grassi e lipidi. La visita del carabiniere, per accertare che il detenuto non sia in fuga, è l’unico vincolo carcerario. A fine giugno cesserà pure quello poiché Previti tornerà all’affidamento in prova, come prima dell’ultima condanna: tre-quattro volte a settimana dovrà recarsi alla comunità di don Picchi, dietro la Fiera di Roma, per colloquiare con alcolisti, tossicodipendenti, malati di gioco e di shopping. Per il resto, libero di muoversi dalle 7 alle 23.

Certo, gli manca il mare. La barca, il Barbarossa, è stata venduta otto anni fa, aveva portato male. Ma la vera privazione, quella che più gli pesa e alla quale non sa rassegnarsi, è la politica. Che a lui, avvocato di successo ma noto nel giro del generone romano, aveva fatto assaporare il gusto del prestigio, del potere con la maiuscola: ministro della Difesa, parlamentare influente, contraltare di Luciano Violante sulla Giustizia. Addio a tutto questo, perlomeno fino all’ottobre 2009, quando Previti avrà finito di saldare il conto con la legge. La pena quotidiana per uno come lui, confida chi gli vuole bene, non è far quadrare i conti senza stipendio da deputato. La vera condanna è l’ansia di tornare nel grande giro, la voglia di esserci, di poter dire la sua (Cesarone segue tutto, sa tutto, sbalordisce gli interlocutori per quanto è aggiornato) unita alla frustrazione di starsene mani in mano. E al timore che l’ultimo treno sia già passato.

da lastampa.it

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Amici e vicini Ana Bettz, Silvio e quelle feste sarde «Galante pure con le settantenni Il genio di famiglia è mamma Rosa»

DAL NOSTRO INVIATO


PORTO ROTONDO — Fare i vicini di casa può diventare impegnativo, a volte. Specie se al di là del muro di cinta abita uno come Silvio Berlusconi. Anna Di Cesare, imprenditrice immobiliare che ha abbandonato il mattone per il canto, e si è scelta il nome d’arte di Ana Bettz, sembra però aver imparato a convivere egregiamente con l’ingombrante presenza di Villa Certosa. Forse perché anche lei come il Cavaliere adora stupire con gli eccessi: è tanto bionda, con gli occhi tanto luminosi, il seno tanto prorompente, il sorriso tanto smagliante. Bella e opulenta, una specie di Villa Certosa in carne e ossa. Un’amicizia, quella con il leader di Forza Italia, nata proprio qui fra Punta Lada e Marinella, e cresciuta soprattutto grazie al rapporto con la madre di Silvio, mamma Rosa.

«È una donna straordinaria, intelligentissima, dolcissima. Una donna che rappresenta la classica mamma italiana. Mi ricorda tanto lamia nonna paterna. Credo che sia stata l’unica vera donna amata da Silvio. Ha un’umanità incredibile, e penso che sia lei il vero genio della famiglia». Adesso mamma Rosa sta poco bene, ma fino all’anno scorso, assicura la signora, «era in grado di ballare e di restare sveglia anche fino alle due di notte ». La leggendaria vitalità del figlio insomma viene proprio da lì: «Ha preso dalla mamma, sicuro: lei è geniale, intelligente parla che sembra un libro. E io la sento come una di famiglia: quando qualche anno fa miomarito ha avuto problemi di salute seri, io mi sono trovata a Milano da sola, e lei mi ha fatto da mamma. Ci sentiamo quasi tutti i giorni, l’ho sentita anche ieri sera».

Ma che si fa, nelle ville di Porto Rotondo? «Non siamo mica marziani. La Sardegna non è Ibiza, è un posto di mare, di bambini... Io ho due figli, una di 15 anni e una di 13. E sto con loro. Insomma, sono vacanze famigliari, si esce in barca, si vede un po’ di gente. Quando hai case abbastanza grandi si finisce per rimanerci, e ricevere gli amici. A pranzo e a cena ogni giorno ci sono minimo 20 persone». Ma il clou delle estati di casa Bettz è la cena del 14 agosto, alla quale mezza Costa sogna di partecipare. Perché c’è il Cavaliere, soprattutto. «È la mia festa di compleanno, in realtà. Il giorno vero sarebbe il 27 luglio, ma pian piano abbiamo cominciato a festeggiarlo il 14 agosto. Prima con una festa per venti persone, poi per trenta, poi per quaranta. E poi cento, centocinquanta... Quest’anno avevamo distribuito 230 inviti, ma alla fine eravamo 300. Tutti seduti. Siamo riusciti a farli entrare tutti, ma con un po’ di nervosismo e di tensione. Abbiamo dovuto mandar via un sacco di gente. Ma così è un lavoro, non è più divertente...».
Però c’è il vicino di casa. Che stavolta ha stupito la platea con la sua giacca bianca e l’ormai mitica croce di smeraldi. «Che in realtà era una minuscola croce con un piccolo smeraldo e una collana fatta di perline nere cilindriche. Una cosa piccola piccola...». Ma croce a parte, com’è Silvio Berlusconi come amico? «Io lo vedo come una persona normale, anche se normale per certi versi non è: ha un talento nato per intrattenere la gente, e soprattutto un’energia inesauribile. Se arriva un ospite gli fa fare il giro di Villa Certosa, gli mostra tutto, gli spiega tutto. Ed è un giro lungo e faticoso. Poi arriva un altro e ricomincia daccapo, e rispiega tutto un’altra volta. E così di nuovo se ne arriva un altro».
Dicono che si rifiuti ostinatamente di invecchiare, che non accetti gli anni che passano. «È uno che ancora pensa "che farò da grande", ha la stessa carica vitale di sua madre. È un esempio per quelli che ad un certo punto si arrendono, che pensano che la vita sia finita». E le donne? Ci sono favole audaci e decine di leggende metropolitane che riguardano questo capitolo. Ma Ana Bettz glissa con consumata eleganza: «Vorrei sfatare imiti: lui è galante, con tutte le donne. L’anno scorso ad esempio lo era con una signora della sua età, vedova di un personaggio importante. Qualcuno può interpretare male, ma è solo un suo modo di fare».

Giuliano Gallo
19 agosto 2007
 

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