LA-U dell'OLIVO
Novembre 27, 2024, 12:22:27 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: 1 ... 44 45 [46] 47
  Stampa  
Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331688 volte)
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #675 inserito:: Gennaio 22, 2015, 05:26:02 pm »

Arturo e il Supercanguro

22/01/2015
Massimo Gramellini

Provo a mettermi nei panni di una persona non particolarmente interessata al racconto del potere (chiunque faccia un mestiere diverso dal politico o dal giornalista). Questa persona, chiamiamola Arturo, accende il computer sul lavoro, se ne ha ancora uno, e in tutti i principali siti di informazione trova scritto a caratteri cubitali: «Italicum, sì al Supercanguro». Immagino che Arturo oscillerà tra perplessità e smarrimento. Chi è Italicum? Ed è davvero tanto importante che abbia detto sì al Supercanguro? La sera, tornato in famiglia, se ne ha ancora una, compulsa freneticamente i telegiornali e vede occhi torti e volti disfatti che si insultano come al solito ma con insolita partecipazione emotiva, come se stavolta si trattasse veramente di vita o di morte. Arturo apprende che Italicum è un mostro mutante. E infatti ha appena cambiato nome, diventando Espositum. «Espositum!», ripetono voci ansiose dentro lo schermo. «Gotor!», gridano altre, e con ogni probabilità deve trattarsi di un manga giapponese o di un’esclamazione sacra, pronunciata in una lingua della Terra di mezzo nota soltanto a Tolkien. Arturo è scosso soprattutto dal sovraffollamento degli scranni parlamentari. Quando si discuteva di terrorismo o disoccupazione erano desolatamente vuoti, mentre per il Supercanguro c’è il pienone. Come è potuto accadere? L’illuminazione gli arriva durante il monologo di un sottosegretario: e se il Supercanguro fosse il marito della Supercazzola? 

Proprio così, Arturo, e purtroppo hanno fatto molti figli. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/01/22/cultura/opinioni/buongiorno/arturo-e-il-supercanguro-3l9l96c3lUnxl9LiBnSb0M/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #676 inserito:: Gennaio 24, 2015, 10:51:59 am »

Conto alla rovescia

21/01/2015
Massimo Gramellini

Toglierò il disturbo il 15 novembre 2044, un martedì. Me lo ha comunicato population.io, il nuovo sito della Banca Mondiale che fornisce a ciascun essere umano la sua data di scadenza. Scrivi il giorno della tua nascita, il sesso, la nazionalità. E l’algoritmo scodella il verdetto. Mostrando una spavalda indifferenza nei confronti della Livella, mi sono ben guardato dal compiere le succitate operazioni. Ma una cara amica ha provveduto a digitarle al posto mio e a comunicarmene cortesemente l’esito. Così ora so. Oddìo, nella mia sconfinata umiltà ho sempre sospettato che dovesse succedere, almeno per tre giorni, però finora la faccenda era rimasta nel vago. Anche adesso, perché quella data è un semplice punto di riferimento statistico. Il resto appartiene al libero arbitrio. Se per esempio cominciassi a ridurre le fette di torta quotidiane da otto a cinque, io e il mio colesterolo potremmo scollinare il 2045 e vedere Berlusconi salire al Quirinale con i voti di Renzi. Se poi smettessi di usare la cyclette come attaccapanni postmoderno, avrei ottime probabilità di avvicinare il traguardo del 2050, quando secondo tutti gli algoritmi la disoccupazione giovanile in Italia sarà completamente scomparsa per mancanza di giovani.

Se invece la data del trasloco fosse proprio quel 15 novembre, spero almeno di arrivarci preparato. Senza conti in sospeso. E con una voglia matta di vedere cosa c’è dall’altra parte e trovare il modo per mandarvi un Buongiorno anche da lì. Mi scoccerebbe solo se il Toro l’anno dopo vincesse lo scudetto. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/01/21/cultura/opinioni/buongiorno/conto-alla-rovescia-ubFMKj4sTbVkZGCg2NNrfN/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #677 inserito:: Gennaio 30, 2015, 05:10:34 pm »

La macchina del panico

28/01/2015
Massimo Gramellini

E alla fine la Tormenta del Secolo che avrebbe dovuto sommergere New York sotto un metro di neve si è rivelata una normale spruzzata di stagione. Scuole chiuse, uffici chiusi, metropolitane chiuse. Solo la Borsa di Wall Street è rimasta aperta, ma quelli ne sanno sempre una più del diavolo. La notte scorsa gli spazzaneve solcavano le strade deserte in cerca di qualcosa di consistente da spazzare, mentre i meteorologi e il sindaco addetto alle brutte figure giustificavano il fallimento dei loro pronostici di sventura escogitandone uno ancora più eclatante. «Non fidatevi! Non uscite di casa! Il peggio deve ancora arrivare». Non è arrivato. Ma le televisioni, sempre sensibili al richiamo dell’autorità e consapevoli delle potenzialità commerciali di una bella ondata di panico, hanno allestito dirette intrise di ansia. Reporter intabarrati dentro giacche a vento da spedizione polare agitavano i microfoni pelosi verso il cielo, descrivendo tempeste di neve immaginarie sotto lo sguardo asciutto dei rari passanti. 

Il lettore prudente starà pensando che un allarme esagerato è comunque preferibile a un mancato allarme. E’ la teoria dei pessimisti, i quali prevedono che tutto andrà male per potersi poi rallegrare del fatto che sarebbe potuto andare peggio. Ed è anche la teoria dei paraculi. Amministratori ed esperti prediligono passare per apocalittici che per superficiali. Li sfotto, eppure li capisco. Se scivolassi su una lastra di ghiaccio, darei subito la colpa al sindaco invece che alle mie scarpe sbagliate. Ci trattano da bambini, ma forse un po’ ce lo meritiamo. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/01/28/cultura/opinioni/buongiorno/la-macchina-del-panico-p8VAoGtx1PCnzVfkOdI99H/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #678 inserito:: Febbraio 13, 2015, 02:30:25 pm »

L’avido non fa il monaco

11/02/2015
Massimo Gramellini

Nella ormai celebre lista di evasori innamorati della Svizzera non si trova traccia di pesci piccoli, smaniosi di sottrarre qualche sommetta alla rapacità dell’erario. I dirottatori di denaro pubblico appartengono tutti alla categoria dei multimiliardari, ai quali i soldi delle tasse non servono affatto. Alcuni casi sono persino schifosi, come quello dell’ex premier socialista (!) Papandreu che di giorno piangeva miseria per il popolo greco e la sera imboscava vagonate di euro in un conto segreto intestato alla madre. Ma in genere questa sfilata di teste coronate e di teste montate si caratterizza per una disponibilità economica superiore a qualsiasi esigenza e, forse, decenza. Se sei un campione di Formula Uno, una rockstar o il padrone del Banco Santander e possiedi mille fantastiliardi, cosa ti cambia lasciarne la metà al fisco? Te ne restano comunque cinquecento, con i quali potrai provvedere ampiamente ai bisogni tuoi e dei tuoi cari per le prossime trentotto generazioni. Il resto lo rimetti in circolo a vantaggio della comunità, per migliorare quei servizi di cui peraltro anche tu fruisci. Non è questione di moralismo, ma di un minimo sindacale di senso civico, oltre che di riconoscenza nei confronti della vita e delle persone meno fortunate di te che, avendoti eletto a loro punto di riferimento, hanno contribuito a renderti ultraricco. 

L’avidità è una bestia feroce, specie quando si abbina con la megalomania. Ma nella mia sconsolante ingenuità pensavo che avesse un limite - il centesimo lingotto d’oro, il terzo aereo privato - oltre il quale anche l’accumulatore più accanito intravedesse l’esistenza del prossimo. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/02/11/cultura/opinioni/buongiorno/lavido-non-fa-il-monaco-TKuqiR34YzWjuH2clTR4GM/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #679 inserito:: Febbraio 13, 2015, 02:39:40 pm »

Sono giordano (ma da lontano)

07/02/2015
Massimo Gramellini

Sono rimasto colpito dalla fierezza con cui il popolo giordano ha reagito all’esecuzione del pilota arso vivo dai boia del Califfato. Le immagini delle manifestazioni di piazza catturano gesti composti e sguardi asciutti, rivolti verso un punto lontano. Nel comportamento dei familiari, dei soldati e dei civili non si respira isteria, ma una rabbia fredda che si appoggia a una terribile volontà. Talvolta il desiderio di vendetta sa sprigionare una forza ammaliante. Persino il piccolo re, finora conosciuto soprattutto per essere il marito della regina, appare trasfigurato e pronto alla pugna come un antico cavaliere.

Guardando quei volti e quegli occhi ci si accorge di quanto l’Europa sia ormai lontana dal frequentare certe pulsioni. Settant’anni di pace ininterrotta l’hanno trasformata, per fortuna e per sempre, in qualcosa di diverso. Di più molle, forse, ma di più evoluto. Non è disposta a morire e a dare la morte, nemmeno per opporsi a una banda di fanatici che intende sterminarla. La ragione viene in soccorso, rammentando quanti vasi di Pandora gli americani hanno scoperchiato negli ultimi anni in Medio Oriente con la loro smania di menare le mani. Alla furia giordana gli europei sentono di potere offrire un supporto morale, logistico e (con moderazione) economico. Qualche aereo, ma neanche un uomo. Assistono alla guerra dichiarata dall’Isis al resto del mondo come gli spettatori di un film. Consapevoli - è successo a Parigi giusto un mese fa - che in ogni momento il cattivo può uscire dallo schermo e puntare l’arma contro la platea.

Da - http://www.lastampa.it/2015/02/07/cultura/opinioni/buongiorno/sono-giordano-ma-da-lontano-1rzBmvAsVezlQIPiMSnD1I/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #680 inserito:: Febbraio 13, 2015, 02:42:54 pm »

Fai la cosa ingiusta

06/02/2015
Massimo Gramellini

Ogni giorno dal monte dei paradossi della burocrazia si stacca una pietra e rotola a valle, dove qualche tignoso la raccoglie e la mostra alla luce del sole, nell’ingenua convinzione che il suo gesto serva a qualcosa. L’ultima pietra raccolta dai colleghi della cronaca di Torino si chiama Kassim, un fruttivendolo di Porta Palazzo fermato per clandestinità dallo stesso corpo di vigili urbani che pochi mesi prima lo aveva premiato come cittadino esemplare. La sua storia sembra scritta da De Amicis e rifinita da Stephen King. Kassim arriva dal Marocco munito di permesso di soggiorno. Commette un reato e finisce in carcere, dove si converte al cristianesimo. Torna in libertà e il destino lo mette alla prova, presentandosi sotto forma di un borsello smarrito che contiene la pistola di un vigile urbano. 

Kassim restituisce la pistola e diventa quello che nel linguaggio emotivo dei nostri tempi si definisce «un eroe». I vigili di Torino lo invitano alla loro festa e gli consegnano un orologio che nel quadrate reca lo stemma della città. Kassim ringrazia, anche se si accontenterebbe di un dono più banale. Il rinnovo del permesso di soggiorno, che da tempo i suoi avvocati chiedono invano al giudice di pace: per un convertito al cristianesimo, il ritorno in Marocco significherebbe la galera. Invece del rinnovo, al fruttivendolo arriva un controllo. Lo affronta senza paura poiché a compierlo sono i vigili urbani. I suoi amici. Che infatti lo sbattono subito nel centro di espulsione più vicino. Secoli di ottusità hanno eretto un sistema dove per rispettare le leggi si compiono le ingiustizie.

Da - http://www.lastampa.it/2015/02/06/cultura/opinioni/buongiorno/fai-la-cosa-ingiusta-R3tR35v14TRMZHdmWhQzGL/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #681 inserito:: Febbraio 21, 2015, 09:26:07 am »

La cuoca di Briatore

21/02/2015
Massimo Gramellini

Non bastasse il caso del serioso Gino Paoli, di cui nessuno avrebbe mai osato supporre che fosse un cantante d’evasione, i soliti maligni sospettano che anche dietro i 39 milioni di dollari rintracciati sul conto svizzero della cuoca di Flavio Briatore si nasconda una truffa per eludere il fisco. In pochi sono disposti a riconoscere al raffinato gourmet anglo-cuneese il legittimo desiderio di ingaggiare a qualsiasi prezzo la chef migliore del pianeta per commissionarle il suo piatto preferito, la Caviella, una crema di caviale alle nocciole da spalmare su banconote da cento euro leggermente tostate. 

Il particolare che la signora non fosse a conoscenza del cospicuo lascito sembra avere incuriosito i magistrati, biliosi e inappetenti come tutti i comunisti, mentre testimonia soltanto la bravura del manager battente bandiera monegasca nel motivare le maestranze. Chiunque sarebbe stato capace di spadellare meraviglie in cambio del prodotto interno lordo del Ghana o dell’ingaggio di Cristiano Ronaldo. Invece la cuoca di Briatore cucinava soltanto per il piacere di strappare un rutto griffato di soddisfazione al suo committente. Poiché la signora risulta al momento disoccupata in quel di Brescia, si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di lasciarle la disponibilità del conto di cui era l’inconsapevole beneficiaria. Del resto ogni epoca ha gli imprenditori che si merita. Michele Ferrero seppe arricchire una provincia intera. Che Briatore arricchisca almeno la sua cuoca. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/02/21/cultura/opinioni/buongiorno/la-cuoca-di-briatore-ftpnngFDBQRumE2rHopC7L/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #682 inserito:: Febbraio 21, 2015, 09:27:00 am »

Dillo in italiano

20/02/2015
Massimo Gramellini

Se anche voi non sopportate chi in ufficio si dà la mission di proporre uno step che esalti il brand e individui una location dove briffare i competitor. Se anche voi, ogni volta che al telegiornale qualche politico affamato di poltrone denuncia problemi di governance, vi monta un tale prurito alle dita che avreste voglia di killarlo, ma vi limitate a schiacciare il tasto del telecomando come se fosse un ragno. Se anche voi pensate che quando qualcuno non sa cosa dire lo dice in inglese, specie se non sa neppure l’inglese, allora vi suggerisco di leggere e firmare la petizione all’Accademia della Crusca lanciata su «Internazionale» da Anna Maria Testa e rintracciabile ai seguenti indirizzi: Change.org e #dilloinitaliano.

Nell’aderirvi entusiasticamente col maestro e collega di corsivi Michele Serra di «Repubblica» si è pensato di allargare il campo di battaglia a un’altra e forse speculare deformazione del linguaggio. L’abuso di romanesco che ci viene inflitto ogni giorno in televisione, specie e purtroppo sui canali del servizio pubblico. Nelle fiction, come nei programmi di intrattenimento e di giornalismo, sembra diventato indispensabile ostentare una cadenza strascicata che della lingua immortale di Trilussa conserva soltanto la buccia, mentre la polpa è ridotta a uno sciatto e arrogante balbettio, spesso incomprensibile oltre la cerchia dei sette colli. L’invito a politici, attori e commentatori che vivono in quella splendida location è di compiere uno sforzo di umiltà a beneficio di noi provinciali. C’è di sicuro una parola italiana per dire location. Ma ce ne deve essere una persino per dire annamo. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/02/20/cultura/opinioni/buongiorno/dillo-in-italiano-Ei6qP1ITGukFhxFOvO1aiI/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #683 inserito:: Febbraio 24, 2015, 04:44:11 pm »

Alfano e Rovina

12/02/2015
Massimo Gramellini

Berlusconi ha annunciato che dal 9 marzo sarà «di nuovo pienamente in campo». In tempi e nazioni normali sarebbe un’affermazione patetica. Un politico di quasi ottant’anni con la fedina penale macchiata che si butta alla riconquista dell’elettorato perduto in un ventennio di promesse deluse. Quello che fu il suo popolo è ormai matteizzato: i moderati ascoltano le sirene di Renzi e gli estremisti palpitano per le felpe di Salvini. Spazio in mezzo non ce n’è. O forse non ce n’era. Perché l’altra sera è accaduto l’imponderabile. Sul palco di Sanremo, Albano e Romina hanno rimediato un formidabile 59% di share, spalancando ghiotte prospettive nostalgico-canagliesche all’Highlander di Arcore. Esiste un’Italia che va matta per le ribollite. Che rivaluta il kitsch, illudendosi di averne preso le distanze. Ed è sempre smaniosa di sciogliersi davanti allo spettacolo ad alto tasso lacrimatorio di una riunificazione.

Certo, l’impresa è improba. Per toccare le corde profonde dei fan di «Felicità», Berlusconi non dovrebbe rappacificarsi solo con una Romina, ma con un intero esercito. Alfano, Fini («che fai, mi riprendi?»), Casini, Buttiglione. E poi Donna Veronica ed Emilio Fede, andando a ritroso fino ai compagni della prima ora, come l’indimenticato Frankenstein di tutti i sondaggisti, Gianni Pilo. Ma una volta rimessa insieme la Band, non gli resterebbe che tornarsi a sedere dietro la scrivania usata nel 1994 (i libri di sicuro sono ancora lì) e ricantare ai telespettatori la celebre romanza «L’Italia è il Paese che amo». Vuoi vedere che un 59% lo rimedia ancora anche lui? 

Da - http://www.lastampa.it/2015/02/12/cultura/opinioni/buongiorno/alfano-e-rovina-Xrxfpx2LBv2HYhyl0g27cJ/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #684 inserito:: Marzo 07, 2015, 03:57:39 pm »

Mozione e rimozione

28/02/2015
Massimo Gramellini

Ieri l’Italia ha riconosciuto la Palestina per quasi cinque minuti, il tempo intercorso tra la mozione favorevole del Pd e quella irta di distinguo dei suoi alleati di centro, entrambe approvate dalla maggioranza dei parlamentari con il sostegno entusiasta del governo. Poi uno si chiede come ci vedono all’estero. Così. Nei secoli infedeli. Adulteri esistenziali, incapaci di rispettare un patto e di finire una guerra dalla parte in cui l’hanno incominciata. Il Paese degli inciuci e dei distinguo, delle leggi dove il secondo comma contraddice sistematicamente il primo. Di un primo ministro (Berlusconi, ma Andreotti non fu da meno) che la mattina visitava in lacrime un ospedale di Gaza e al pomeriggio abbracciava calorosamente i deputati di Tel Aviv. In Italia, diceva Flaiano, la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Alla schiena dritta si preferiscono le evoluzioni dei dervisci e alle mosse rigide delle torri quella del cavallo, un passo avanti e due di lato, ma solo per tornare a farne uno indietro. 

Gli esperti sapranno sicuramente spiegarci le sfumature di questo ridicolo o forse geniale pateracchio che ha rassicurato gli israeliani e illuso i palestinesi senza deluderli del tutto, lasciando una porta aperta, per quanto spalancata sul vuoto. Tanto vale rassegnarsi. Accettare il talento cialtrone che il mondo intero ci riconosce. Sorriderne, magari. E continuare a esercitarlo con la professionalità che, almeno in questo campo, non ci è mai venuta meno.

Da - http://www.lastampa.it/2015/02/28/cultura/opinioni/buongiorno/mozione-e-rimozione-voXYdSMjwxyrmBF3ijPFFK/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #685 inserito:: Marzo 09, 2015, 05:02:42 pm »

Io non so chi sono io

06/03/2015
Massimo Gramellini

Secondo i giornali spagnoli che ne accudiscono amorevolmente ogni sospiro, al risveglio dall’incidente Alonso avrebbe detto ai medici di Barcellona: «Mi chiamo Fernando, sono un pilota di kart e sogno di correre in Formula Uno». Non ricordava nulla degli anni trascorsi alla Ferrari – quelli preferiamo dimenticarli anche noi – ma neppure dei due titoli mondiali conquistati in carriera. Il campione ultratrentenne era di nuovo un adolescente con la mente sgombra e i sogni intatti. Dopo una settimana è tornato normale, cioè gravato di rimorsi e rimpianti come tutti. La notizia della sua smemoratezza a tempo determinato segue la storia del medico pavese che nel 2013 si era risvegliato dal coma con la convinzione di trovarsi nel 2001. Incredulo di fronte all’euro, ai capelli di Berlusconi, all’idea che quei giovanotti che si ostinavano a chiamarlo papà fossero i figli che aveva lasciato alle elementari.

La tentazione di invidiarlo è forte. Una vita senza memoria profuma di libertà. Come quando svuoti di informazioni un computer sovraccarico e le sue mosse diventano subito più rapide e leggere. Ripartire da zero o almeno da un punto gradevole del passato: l’anno del primo bacio o dell’ultimo scudetto, che nel mio caso purtroppo coincidono. Ma è una tentazione che dura un attimo. Poi subentra il sospetto che passare una gomma sulla propria vita sia la sconfitta suprema. Senza la ringhiera della memoria si rischia di precipitare nel vuoto. Conoscere è ricordare. Era il titolo di una versione dal greco di Platone in cui presi quattro, se ricordo bene.

Da - http://www.lastampa.it/2015/03/06/cultura/opinioni/buongiorno/io-non-so-chi-sono-io-Ed7CTzsnEkLdisR1fzS30O/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #686 inserito:: Marzo 09, 2015, 05:23:45 pm »

Massimo Gramellini

Mia compagna adorata, l’immagine della malata terminale olandese che chiede di visitare la mostra di Rembrandt mi ha allargato il cuore. Ma quella del malato terminale belga che chiede di portare la figlia alla partita del Bruges me lo ha straziato. Credimi, cara, ho ammirato anch’io la scelta della signora. Però è nel tifoso ossessivo che mi sono identificato. In questa foto vedo tre bambini, e il più piccolo è l’adulto che prima di andarsene altrove (in Belgio si può) ha voluto prendere per mano la figlia e concederle un’ultima passeggiata. Avrebbe potuto portarla alle giostre o a una mostra di Rembrandt. Invece l’ha trascinata allo stadio perché probabilmente suo padre aveva fatto lo stesso con lui. È la visita iniziatica dentro la manona di papà che poi ci frega per tutta la vita. Un rito insulso. E allora come mai mi viene da piangere? Capire tu non puoi, direbbero Battisti e Mogol. Io aggiungo: per fortuna. Ti amo perché pensi, giustamente, che chi visita un museo sia più evoluto di chi va allo stadio. Ma, per quanto mi sforzi, io non sono evoluto. Sono un maschio. E il mio virus preferito rimane quello che si condivide con la propria tribù e che un padre trasmette ai figli in un campo puzzolente, prendendoli per mano. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/03/07/cultura/opinioni/buongiorno/lultimo-desiderio-qMrR4WRqySK5GVT6byKneN/pagina.html

 

Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #687 inserito:: Marzo 16, 2015, 11:55:25 pm »

La profezia

14/03/2015
Massimo Gramellini

Papa Francesco ha infranto l’ultimo tabù, parlando di morte. La sua. Tra due o tre anni, ha detto. Nessuna malattia invasiva e neanche un lento avvelenamento, come hanno subito sospettato i malpensanti che lo immaginano circondato non proprio da amiconi. Si tratta soltanto, per usare le sue parole, di «un piccolo, vago sentimento». La sensazione, inspiegabile e indimostrabile come tutte le sensazioni, che il suo tempo sia giunto quasi alla fine. 

Allo sgomento con cui è stata accolta l’autoprofezia fa da contraltare la serenità di chi l’ha pronunciata. Un uomo vicino agli ottant’anni che ha talmente vissuto da avere perso la paura di morire. Il contrasto con gli altri potenti della Terra non potrebbe essere più abbacinante, e stavolta per ragioni meno superficiali di una cena al self-service o della scelta di un paio di scarpe rotte. In un mondo dove i grandi vecchi cercano di ingannare la morte millantando inesistenti soprassalti di giovinezza e coltivano un tale terrore delle proprie rughe da stirarsele di continuo come i peli di una moquette ormai lisa, quest’uomo ostenta senza compiacimenti né drammi il declino del corpo e l’avvicinarsi del distacco. Così facendo, ancora una volta, si accosta al sentire della gente comune, ai tanti vecchietti che animano i pranzi familiari allargati della domenica con la previsione, l’annuncio, talvolta addirittura l’auspicio di una loro imminente dipartita. Una tecnica sottile per illudere gli eredi e intanto continuare a comandare. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/03/14/cultura/opinioni/buongiorno/la-profezia-9N2n97VdknrFMqx42SW9wM/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #688 inserito:: Marzo 28, 2015, 04:30:05 pm »


21/03/2015
Massimo Gramellini

Il cortile di un pronto soccorso californiano. E un medico, appena uscito dalla sala operatoria dove ha provato invano a salvare un ragazzo ricoverato in condizioni disperate, che si appoggia al muretto con la testa china. La foto, scattata da un collega forse coinvolto nel medesimo intervento, è l’istantanea di una sconfitta, il momento in cui ogni persona si ritrova sola con i propri fantasmi. Eppure in poche ore l’emozione catturata da questa immagine ha fatto il giro del mondo. Deve avere toccato qualche corda viva che le dosi quotidiane di cinismo non sono ancora riuscite ad anestetizzare. Racconta la storia drammatica e purtroppo comune di un medico che voleva risolvere un caso disperato e non c’è riuscito. Ci ha creduto, ci ha provato, ha perduto. Per lui quel ragazzo era uno sconosciuto. Però era lo sconosciuto che la vita gli aveva affidato, assegnandogliene la responsabilità. 

La foto rubata compie il miracolo. Cogliendo la dimensione umana in un’intimità quasi pornografica, trasforma la tragedia in riscossa. Il dolore di questa persona dà improvvisamente un senso a tutto quello che fa. Dovrebbero farne un poster e appenderlo nelle facoltà di medicina.

Da - http://www.lastampa.it/2015/03/21/cultura/opinioni/buongiorno/il-meglio-di-un-uomo-lpD2huaPdZ7MGLM1dmd7qI/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #689 inserito:: Aprile 16, 2015, 11:45:50 am »

Siamo tutti tedeschi

28/03/2015
Massimo Gramellini

Se una piccola lezione si può trarre dalla tragedia innescata dal pilota kamikaze è la precarietà di certi pregiudizi sedimentati nei secoli. Col passare delle ore emerge un quadro di superficialità e approssimazione assai poco tedesco. Andreas Lubitz era andato al lavoro stracciando un certificato di malattia, e questo rientra ancora nel luogo comune che immagina un italiano fare esattamente il contrario. Ma com’è possibile che l’ospedale universitario di Duesseldorf, che lo aveva in cura da mesi, non avesse sentito il dovere di cautelarsi inviando alla compagnia aerea una copia del documento che gli impediva di volare? La privacy, dicono. Ma la privacy smette di essere la priorità, quando riguarda un uomo che ha in mano il destino di vite che non sono la sua. Per quanto, secondo i giornali tedeschi, Lufthansa qualcosa sapeva. Sapeva che nel 2009 una crisi depressiva aveva reso Lubitz «parzialmente inadatto al volo». Ma cosa significa «parzialmente»? Che poteva volare solo nei giorni dispari o con la mano destra? 

Dalle prime ricostruzioni della tragedia affiora una trama fitta di smagliature: informazioni mancanti, negate, sottovalutate. Adesso si invocano regole nuove, ma come sempre sarebbe bastato rispettare quelle esistenti. O forse non sarebbe bastato comunque. Visto dall’Italia, patria del fatalismo, il dramma che ha colpito un popolo noto per la sua rigidità alimenta la sensazione che alla fine siamo tutti umani, e che lo siamo allo stesso modo: imperfetto e irrazionale. Costretti a convivere, e talvolta purtroppo a conmorire, con i nostri limiti e le nostre miserie. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/03/28/cultura/opinioni/buongiorno/siamo-tutti-tedeschi-TMkziq56qTuW9e5Rry2esK/pagina.html
Registrato
Pagine: 1 ... 44 45 [46] 47
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!