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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331131 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Ottobre 31, 2009, 12:34:17 pm »

31/10/2009

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Massimo Gramellini


All’alba l’operaio disoccupato Mircea Ungureanu ha riempito due valigie con tutta la sua vita, è montato su un treno ed è partito. Per la Romania. Pare che il suo viaggio all’incontrario faccia tendenza. In queste settimane c’è un fiume di messicani che lasciano l’America, di africani che abbandonano l’Europa, di ragazzi dell’Est che smettono di cercare l’Ovest a Ovest. Non è un sogno a occhi aperti di Borghezio. Se ne tornano davvero a casa loro, dove il lavoro manca come qui, ma almeno ci sono gli affetti e gli affitti: meno cari. I nostalgici della razza indigena hanno ben poco da esultare. Intanto ad andarsene sono quelli per bene: spacciatori e papponi non conoscono la cassa integrazione.
E poi il controesodo rischia di produrre sconquassi nella nostra società piena di rughe.

Proprio su «La Stampa» di ieri Luigi La Spina commentava gli esiti di una ricerca: senza l’afflusso degli stranieri, fra quindici anni la generazione più numerosa di torinesi sarà rappresentata dagli ultra-settantacinquenni. Con tutto il rispetto e i migliori auguri di lunga vita, come potrà un manipolo di giovani sottopagati mantenere legioni di anziani in pensione? Serve una politica per la famiglia e serve soprattutto un massaggio alle teste, dato che nessun popolo smette di fare figli perché non ha soldi (altrimenti gli italiani sarebbero estinti da secoli). Smette perché non crede più nel futuro. E, mentre noi ci massaggiamo, qualcuno corra in stazione a chiamare indietro Mircea, casomai avesse perso il treno.

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« Risposta #16 inserito:: Novembre 06, 2009, 09:42:13 am »

6/11/2009

Iene e Grisi

Massimo Gramellini

   
Ho seguito col cuore in gola, come tutti voi, le convulsioni dei verdi, i rovelli di Rutelli, la nascita da una costola del Pdci dei «Comunisti sinistra popolare» di Marco Rizzo (il politico), Marco Baldini (il disc jockey) e Marco Berry (la iena). E non mi perdo una battuta, come tutti voi, delle polemiche striscianti tra Fini e Berlusconi, Bossi e Maroni, Tremonti e il resto del mondo. Però non posso ignorare una differenza di fondo. I litiganti di centrosinistra adottano il modello Assemblea di Condominio, che è a sua volta l’erede diretto dell’Italia dei Comuni. Tutti parlano, spesso uno sopra l’altro, e chi si ritrova in minoranza boicotta le decisioni raggiunte, oppure minaccia di mettersi d’accordo con quelli del condominio accanto. Risultato finale: la miniaturizzazione e la paralisi.

I centrodestri, invece, sono seguaci del modello Signoria. C’è un padrone assoluto, con poteri di vita e di morte (politica e finanziaria) sui cortigiani. Appena qualcuno osa fare stecca sul coro viene prontamente zittito dalla soldataglia del Capo o dal Capo medesimo (nelle Signorie più piccole, tipo la Lega, è Bossi in persona a togliere la corrente ai dichiaratori incauti, tipo Maroni). Ma l’aspetto più sorprendente è la reazione del ribelle. Non protesta né chiede scusa. Semplicemente tace. Con un bell’inchino si allontana dal trono a passo di gambero e si rimette in riga. Pronto a tradire il Signore quando questi sarà debole o in disgrazia, come il Griso con don Rodrigo.

da lastampa.it
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« Risposta #17 inserito:: Novembre 11, 2009, 10:11:02 am »

11/11/2009

L'ombra di Valentino

Massimo Gramellini

   
A uno come Valentino Rossi si può perdonare tutto, persino la scarsa propensione a pagare le tasse nel suo Paese d’origine. Tutto tranne l’ultimatum posto alla Yamaha: o me o Lorenzo. Lorenzo è un giovane spagnolo, suo compagno di squadra ed erede designato. Ma in un afflato di insicurezza che mai avremmo creduto possibile, Valentino l’anarchico incolla il sedere al sellino come il peggiore degli uomini di apparato e pretende, ohibò, che nessuno gli faccia ombra.

È il morbo della mediocrità e lo vediamo all’opera ogni giorno, in ogni consesso umano. Ne sono vittima quei capi che tendono a circondarsi di collaboratori poco dotati, privilegiando la fedeltà al talento, lo spirito di clan alla collaborazione competitiva. Tutti lo fanno e tutti lo pagano, amaramente. Eppure continuano a farlo.

Ad Austerlitz, Napoleone fu salvato da un generale estroso che contravvenendo ai suoi ordini giunse sul campo di battaglia al momento sbagliato, cioè giusto, rovesciandone l’esito. Dopo la vittoria l’Imperatore lo rimpiazzò con uno yesman. E fu Waterloo.

«Ma Ben, quello è un cretino!», disse Arpinati a Mussolini, che lo aveva appena destituito da segretario del fascio per metterci l’atletico Starace. «Lo so» rispose il Duce, «ma un cretino obbediente». E finì a piazzale Loreto.


È che a un certo punto anche chi si ritiene un fenomeno perde la voglia di misurarsi con chi è bravo come lui e, per paura di essere sorpassato, preferisce lasciarsi portare alla rovina dalla bava dei servi che saranno poi i primi a tradirlo.

da lastampa.it
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« Risposta #18 inserito:: Novembre 12, 2009, 10:04:35 am »

12/11/2009

La donna e la fogna

Massimo Gramellini.
    
Non conosco il disegnatore Alessio Spataro, autore del libro di fumetti «La ministronza» che narra le avventure del ministro Giorgia Meloni (ribattezzata Mecojoni) nelle fogne di Roma, fra topi, scarafaggi e acrobazie erotiche con sconosciuti. Ma immagino che come artista di sinistra sarà giustamente sensibile ai diritti degli esquimesi e sosterrà le campagne ambientaliste per la difesa dell’upupa. Soprattutto si batterà contro lo sfruttamento delle donne e la volgarità con cui il «sistema» turbo-consumista, incarnato in Italia da Berlusconi, le utilizza per vendere prodotti e dare sfogo a istinti primordiali non mediati da educazione e cultura.

Eppure la sensibilità di Spataro si arresta di fronte a forme di vita diverse da sé. Il suo bersaglio è una giovane politica incensurata, sgobbona e talmente al di sopra di ogni sospetto che nemmeno la sua nomina a ministro fu accompagnata dalle battute maliziose che si riservano di solito alle donne in carriera. Viene dal popolo, ma per uno di sinistra non dovrebbe essere un difetto: almeno non lo era fino a qualche tempo fa. Agli occhi di un ultrà dell’ideologia, Giorgia Meloni però ha una tara irredimibile: è di destra e questa appartenenza la fa decadere dai suoi diritti di donna e di essere umano. Il rispetto che meritano le upupa non vale per lei. La si getti dunque nelle fogne, la si trasformi in una ninfomane che non si lava e parla in romanesco triviale coi sorci. Naturalmente trincerandosi dietro il diritto di satira, parolina magica che serve a coprire la mancanza di talento e prima ancora, come sempre, di autoironia.

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« Risposta #19 inserito:: Novembre 13, 2009, 11:48:17 am »

13/11/2009

L'Intrattabile

Massimo Gramellini

   
Sui libri di storia i nostri nipoti troveranno scritto che nell’autunno del 2009 un premier si fece approvare in 24 ore una legge per non finire sotto processo e penseranno a un refuso. Finiva così l’articolo che ho scritto un’ora fa e poi ho buttato nel cestino, perché nel rileggerlo mi sono accorto che ormai Berlusconi è un argomento intrattabile. Né io che scrivo né, temo, voi che leggete abbiamo più la giusta serenità per discutere di un uomo che non è un politico o un imprenditore come gli altri, ma un dio o un diavolo, a seconda degli umori.

Uno che suscita amore e odio come le rockstar, le icone, le squadre di calcio.

Provate a immaginare se il presidente del Consiglio Casini (Tremonti, Letta, Bersani) si fosse fatto scodellare una legge ad personam, fresca fresca di giornata, dalle sue gallinelle parlamentari. I suoi elettori sarebbero stati i primi a scandalizzarsi, ma chi lo avesse difeso o attaccato lo avrebbe comunque fatto senza quella passione totalizzante e morbosa che contraddistingue i fan e i detrattori di Berlusconi.

Egli incarna il sogno di una massa di persone e i sogni di massa non sono tenuti a rispettare il codice penale né altra convenzione che non sia il perpetuarsi del sogno stesso. Questo pensano gli innamorati.

Mentre i nemici diventano sempre più ossessivi e si chiedono: come potremmo non esserlo, visto che lui è ovunque, dalla politica alla finanza, dallo spettacolo allo sport?

Ma anche loro non sanno più cosa inventarsi e così, proprio alla fine della sua parabola, quest’uomo epocale sembra aver raggiunto il suo obiettivo: lasciarci tutti senza parole.

da lastampa.it
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« Risposta #20 inserito:: Novembre 16, 2009, 11:02:07 am »

14/11/2009

Coda di scorta

Massimo Gramellini

   
Siamo un Paese meraviglioso. Nel pomeriggio in cui le legioni avvocatesche del premier escogitavano la delizia del Processo Breve, nell’aula della Camera si discuteva della coda dei cani, se fosse giusto o meno tagliarla a quelli da caccia, e senza nemmeno trovare un accordo, come ha rivelato Totò Di Pietro ad Annozero. Cacciatori a favore, animalisti contrari, laici e cattolici divisi. Si ignora la posizione della Binetti. Ma si deve senz’altro deplorare l’inefficienza di un sistema che non consente anche alle bestie di farsi delle norme su misura: certe leggi «ad canem» sarebbero sicuramente più equilibrate e rispettose dei loro corrispettivi umani.

A proposito di code, e di chi cerca di tagliarle, si è avuta conferma che nella patria delle scorte, dove anche l’ultimo tirapiedi del potere sgomma per le strade delle città fra pretoriani incaricati di proteggerlo non si sa da chi, forse dalla furia di qualche automobilista che si vede sorpassare nel traffico, ecco, in questo immondo scortificio è stata tolta la protezione a uno dei pochi che ne avessero davvero bisogno: il capitano Ultimo.

Ma poiché siamo un Paese effettivamente meraviglioso (quando gli va), è giusto aggiungere che proprio ieri i carabinieri del Nucleo scorte di Palermo hanno deciso di accompagnarlo nel tempo libero, pagando la benzina di tasca propria, ogni volta che l’uomo che arrestò Riina andrà in Sicilia per testimoniare nei processi contro Cosa Nostra.
Perché per poter fare la cosa giusta, in questo Paese meraviglioso, certe volte bisogna mettersi in ferie.

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« Risposta #21 inserito:: Novembre 18, 2009, 10:14:42 am »

18/11/2009
 
La rivelazione 
 
 
Piazzale di stazione Termini, notte. Le telecamere inquadrano una sagoma scura che cammina con un telefonino all’orecchio. Poi due uomini, due macchie sfocate, saltano addosso alla sagoma e incominciano a prenderla a calci. La sagoma, un uomo anche lui, corre a perdifiato, sorpassa sagome indifferenti di passeggeri, apre la portiera di un taxi, urla qualcosa all’autista. Ma il taxi resta immobile, le due macchie sfocate infilano le braccia nell’abitacolo ed estraggono la vittima che si dibatte: le strappano il telefono dalle mani e la lasciano per terra come un sacco d’immondizia.

Poiché in ogni sito web la notizia rimandava a un blog di commenti, sono andato a leggermi le reazioni della gente. Ed erano tante ma tante quelle che dicevano: embé, cosa avrebbe dovuto fare il tassista, l’eroe? E se lo inseguivano, e se lo accoltellavano, e se poi gli toccava perdere giornate intere di lavoro in tribunale per rendere testimonianza sotto gli occhi minacciosi degli imputati? Paghiamo le tasse proprio perché qualcun altro perda tempo e si prenda coltellate al posto nostro. Così stava scritto sui blog, e appena uno interveniva per dire «vergogna, ci vuole solidarietà, potrebbe toccare a voi» veniva invitato a scendere dalle nuvole.

Leggevo e pensavo a come la vita corrisponda poco alle parole. Magari quel tassista pavido era uno che a chiacchiere minacciava di fare a pezzi i delinquenti. E di sicuro qualcuno di coloro che ieri lo difendevano, domani sarà pronto a rischiare la pelle per un estraneo. Perché è sempre la vita, non le parole, a rivelare il nostro carattere, anche a noi stessi.
 
da lastampa.it
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« Risposta #22 inserito:: Dicembre 10, 2009, 10:21:53 am »

9/12/2009

Il bene difficile

Massimo Gramellini
   

Il racconto del male fa male, dice il Papa.
Non risveglia le coscienze, ma le intossica, rendendo gli uomini più depressi e più cinici. Difficile dargli torto, difficilissimo fare altrimenti. Eppure bisognerebbe provarci: tutti insieme, giornalisti e lettori. Cominciando col chiedersi: perché? Perché la notizia che cento agenti di Wall Street hanno fatto la coda per fornire midollo spinale a un loro acerrimo concorrente malato di leucemia vale meno dell’ipotetico omicidio del collega medesimo? Semplice, rispondono i libri sacri del giornalismo: perché le notizie sono eventi straordinari, il famoso uomo che morde il cane.

Già, ma oggi non è forse più straordinario un gesto di solidarietà? Il cronista è come il medico, insistono i testi sacri: vai da lui per farti dire che cosa non va. Già, ma oggi uno non va dal medico anche per farsi prescrivere delle cure preventive, dei vaccini, dei ricostituenti?

I potenti, e qui non alludo certo al Papa, vorrebbero che i media si occupassero soltanto di cose positive, lasciandoli peccare in santa pace. I lettori e i telespettatori anche, a parole. Perché poi, appena vai a leggere la lista delle trasmissioni più viste in tv e delle notizie più cliccate sul Web, ai primi posti trovi sempre violenza e fesserie, fesserie e violenza. Una cosa è sicura: per certi versi la realtà è migliore di quella descritta dai media e per certi altri peggiore. Ci sono meno assassini nelle città che in un telegiornale, però esistono vaste zone d’ombra, specie nel mondo degli affari, che mai vengono illuminate dalla torcia dell’informazione.

La mia sensazione è che non siamo capaci di raccontare né il bene né il male e che la maggioranza del pubblico a sua volta si è talmente intossicato, come dice Ratzinger, che non è più neanche in grado di desiderare e apprezzare la buona informazione. Manca il senso della misura. Il racconto del bene si trasforma quasi sempre in melassa buonista, in santino moralista. E il troppo miele provoca nausea. A sua volta il racconto del male privilegia la superficialità ansiogena, la curiosità morbosa e l’effetto splatter, senza affondare i denti nelle cause profonde dei problemi.

Anche il pubblico soffre dello stesso virus mediatico dei giornalisti: non ha pazienza, scappa da un canale all’altro e da un articolo all’altro, in cerca di emozioni più forti che riescano a scuotere la corazza abulica del suo cinismo. Spacciamo angoscia a dei drogati che ce ne chiedono in dosi sempre maggiori, ed è difficile ormai stabilire chi abbia cominciato per primo, e perché.

Ecco, un buon punto di partenza potrebbe essere questo: superare l’eterno dissidio bene/male, notizie buone/notizie cattive. Non è l’oggetto che conta, ma il trattamento. Una fiction appiccicosa su un eroe alimenta il mio scetticismo molto più di un film di Tarantino. Allo stesso modo, il racconto di una strage autostradale di bambini affidato alla penna di Dino Buzzati mi massaggia il cuore assai meglio di un servizio becero su qualche allegra gozzoviglia di vip. Nelle botteghe dell’informazione, ma anche fuori, è passata l’idea che esistano solo due tasti da pigiare: l’urlo e lo sghignazzo, la paura e la trucidità. Il male che tira è il virus fantomatico, l’assassina con la faccia d’angelo, l’eterna rissa dei politici. E il suo corrispettivo benefico sono la volgarità e la retorica, purché camminino sulle gambe di qualche personaggio famoso.

L’informazione ha bisogno di tinte forti, la vita invece privilegia i toni tenui. Raccontare quei toni è difficile, apprezzarli ancora di più. Bisognerebbe essere stati educati. Ma la tv - l’unica ad avere il potere per farlo - in nome di un concetto assai peloso di libertà ha da tempo abdicato a questo ruolo, preferendo dare al pubblico «quello che vuole», che è come permettere a un bambino di mangiare sempre hamburger e patatine, e poi stupirti che non ti chieda cibi più sani.

La sensazione finale è lo straniamento. Qualcuno immagina che esista un Grande Vecchio che ci vuole così: emotivi, ottusi, sostanzialmente rincoglioniti da porzioni sempre maggiori di nulla spacciato per chissà che. E’ una visione inquietante, ma al tempo stesso rassicurante. Invece io penso che in questo teatrino siamo tutti burattini e burattinai. Fabbricanti e fruitori di notizie, respiriamo tutti la stessa droga, ci nutriamo di cose fasulle mentre subiamo passivamente la realtà e, come tante belle addormentate nel bosco mediatico, restiamo in attesa di un principe azzurro che ci desti dall’incantesimo. Senza renderci conto che quel principe azzurro possiamo essere soltanto noi.

da lastampa.it
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« Risposta #23 inserito:: Dicembre 10, 2009, 10:23:07 am »

10/12/2009

Scusate se son buoni

Massimo Gramellini

   
Da piccoli ci insegnavano a fare la carità di nascosto per non cadere in peccato d’orgoglio. Adesso è diventata una questione di incolumità personale. Se vieni beccato a fare il buono ti insultano, quando va bene. Lasciamo stare l’allenatore dell’Ascoli, messo in croce dai tifosi per un gesto di fair play nei confronti degli avversari, o quello di una squadra giovanile di Piacenza licenziato dal presidente per aver ritirato dal campo i suoi ragazzini dopo una zuffa: il calcio, si sa, è un mondo di maschi esaltati. Ma sentite cosa è successo a una signora di Macerata, Fiorella Faggiolati. Legge sul giornale che a Padova due bambini sono stati lasciati fuori dalla mensa dell’asilo nido comunale perché la madre non aveva i soldi per pagare la retta. D’impulso chiama il servizio scolastico e salda l’arretrato di 460 euro.

Una meraviglia di gesto, penserete. Come minimo le daranno la cittadinanza onoraria, le intesteranno la sala mensa o le fettuccine al pomodoro sul menu. Errore. L’assessore padovano alla scuola (pardon, alle politiche scolastiche, non so se mi spiego), in quota partito democratico, reagisce piccato: «Ognuno farebbe bene a guardare a casa propria». Marchigiana che non sei altro, fatti gli asili tuoi. E sotto con una spiegazione burocratica su quale procedura la mamma dei due bambini lasciati fuori dalla mensa - gli amichetti dentro a mangiare e loro niente, roba da trauma psicanalitico perenne - avrebbe dovuto seguire per accedere alla carità comunale. Alla fine la benefattrice di Macerata ha dovuto ancora giustificarsi, chiedere scusa all’assessore. La prossima volta che farà del bene, ricordi almeno di mettersi in faccia un passamontagna.

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« Risposta #24 inserito:: Dicembre 15, 2009, 04:00:43 pm »

15/12/2009


Perché mi odiano?
   
Massimo Gramellini

Non capisco perché mi odino, ha confessato a don Verzé in pieno trauma da giorno dopo, quando al dolore fisico si accompagna sempre la prostrazione morale. Berlusconi è l’opposto di Cyrano. Quello si disprezzava e, disprezzandosi, odiava essere amato. Silvio si adora, e adorandosi, desidera l’amore altrui, senza distinzioni. Non si rende conto che chi pretende l’amore attira con la stessa intensità anche l’odio.

I veri politici non pretendono di essere amati e infatti la gente li apprezza. Li ignora o li disprezza: sentimenti medi, razionali, gestibili. Solo un terrorista può spingersi a odiare un politico, però inteso come simbolo. Non colpisce Moro perché è Moro, ma perché rappresenta lo Stato. Invece Berlusconi viene colpito proprio in quanto Berlusconi. Non un politico, ma un’icona, una rockstar.
Uno che suscita sentimenti estremi: nei fan (l’inno della Dc tedesca non si intitola «meno male che Angela c’è») come nei detrattori.

Lui parla alle viscere prima che ai cervelli: e le viscere sono incontrollabili, da esse può scaturire tutto il bene e tutto il male del mondo. Questo, ovviamente, non significa giustificare il gesto di uno squilibrato e la violenza verbale di chi lo esalta sul web.
È solo il tentativo di dare una risposta alla domanda drammatica che Berlusconi ha posto a don Verzé.

Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi, scriveva Brecht. Ma sventurati anche gli eroi che hanno bisogno del popolo.

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« Risposta #25 inserito:: Febbraio 03, 2010, 09:26:43 am »

3/2/2010

Mal di Morgan

Massimo Gramellini

   
Pur non essendo né bello né intelligente come lui (lo scrivo senza ironia), vorrei dire che nella sua ultima intervista, solo parzialmente smentita, Morgan sostiene il falso. Non è vero che la cocaina sia il miglior antidepressivo. Non è vero che ci si possa fare di crack senza conseguenze per l’organismo. Non è vero che la droga migliori la qualità delle percezioni: sull’immediato, forse, ma alla lunga ti trasforma in un morto vivente. Mi rendo conto che le sue parole siano più originali e trasgressive delle mie. E che la fonte da cui provengono - una persona colta e sensibile - le renda più autorevoli che non se a pronunciarle fosse stato un Corona. Ma un personaggio televisivo non è solo un artista: ha responsabilità maggiori perché comunica direttamente con un pubblico spesso sprovvisto di filtri culturali.

È triste che Morgan faccia finta di non rendersene conto, trincerandosi dietro la maschera narcisista del maledetto. E sarebbe ancora più triste se pensasse sul serio ciò che ha detto. Davvero può credere che la cocaina lenisca il mal di vivere? A cosa gli è servito il suo talento, se non sa che il corpo è un tempio da rispettare e che per sfondare la corazza di dolore che ci impedisce di entrare in contatto con la nostra anima non servono le sostanze psicotrope, ma il desiderio innato in ogni uomo di trovare un punto di equilibrio interiore, senza scappare all’inseguimento di emozioni superficiali, amori distruttivi e gesti fintamente provocatori? In un mondo di cervelli addormentati - dalla droga, dalla paura, da certa tv - la vera provocazione, oggi, consiste nel «farsi» di vita.

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« Risposta #26 inserito:: Febbraio 27, 2010, 09:47:13 am »

24/2/2010

Lo scoop del secolo

Massimo Gramellini

Dopo l’ultimo scandalo, che a quest’ora sarà già diventato il penultimo, sorge spontanea una domanda.

- Premesso che da dieci anni non sono più i ladri a indignarci, ma le guardie (forze dell’ordine, magistrati, arbitri di calcio e ogni altro soggetto psicologicamente disturbato che si ostini a voler far rispettare qualche straccio di regola).
- Premesso che a ogni malefatta commessa da una parte deve corrispondere una malefatta eguale e contraria commessa dalla parte opposta, affinché si possa dire che sono tutti uguali e andare avanti come se niente fosse.
- Premesso che (postilla del precedente), appena uno della nostra parte viene preso con le mani nella marmellata, ogni sforzo non va rivolto a pulirgliele, ma a dimostrare che sono sporche anche quelle degli altri.
- Premesso che l’uomo è cacciatore e razziatore, e chi non si rassegna a veder trionfare gli istinti più bassi è un ingenuo o un moralista.
- Premesso che non solo ogni inchiesta, arbitraggio ecc. è per definizione un complotto, ma la vita intera è un complotto, ordito da tutti contro tutti all’insaputa l’uno dell’altro.

Ebbene, tutto ciò considerato e premesso, vengo alla domanda.

C’è ancora in Italia un disadattato che non ruba, pur occupando un ruolo che gli consentirebbe di farlo?

Qualora esistesse, lo pregherei di rilasciarci un’intervista. Sarebbe lo scoop del secolo.

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« Risposta #27 inserito:: Marzo 01, 2010, 01:16:06 pm »

1/3/2010

Quel solito pasticciaccio brutto

MASSIMO GRAMELLINI

Capitale sciatta, oltre che corrotta. Nazione peggio che infetta: disperata. Quanto succede a Roma in queste ore è lo specchio di un Paese che affoga drammaticamente nel ridicolo. Cominciamo dal Pdl, che è riuscito nell’impresa di presentare le sue liste al di là dell’orario consentito. L’immane compito era affidato a un ex socialista, tale Alfredo Milioni, visto uscire di corsa dall’ufficio elettorale a mezzogiorno meno un quarto come se avesse dimenticato qualcosa (i simboli, le firme, la trebisonda: non si è ancora capito bene). Ha poi tentato di rientrarvi a tempo scaduto, dopo aver approfittato della pausa-pranzo «pe’ magnà quarcosa». Proprio vero che a volte non basta avere i Milioni. Per colpa sua il primo partito italiano, quello che esprime il presidente del Consiglio e il sindaco di Roma, è stato escluso dalle Competizione nella Capitale e rischia di restare fuori dal Consiglio regionale del Lazio persino nell’eventualità di una vittoria della sua candidata Polverini.

Chissà come sarà contento Berlusconi: se la prende con la burocrazia, ma era entrato in politica con la promessa di portarvi una ventata di efficienza aziendalista e si ritrova a capo di un movimento che non riesce a rispettare neanche le scadenze più banali. Su questo episodio di ordinaria trasandatezza sono già fiorite versioni suggestive: c’è chi narra di un ritardo dovuto a litigi furibondi nella compilazione delle liste (si sa che finiani e berluscones si amano da impazzire), chi di un’azione ostruzionistica da parte dei seguaci «gandhiani» della Bonino, che si sarebbero sdraiati per terra nei corridoi dell’ufficio elettorale pur di impedire a Milioni il raggiungimento dell’agognata meta.

Sono una banda di incapaci», ha sintetizzato il democristiano Rotondi, erede di un partito che poteva anche scannarsi dietro le quinte, ma sapeva presentarsi sempre puntuale all’appuntamento con le poltrone. Naturalmente non sarà facile tenere il Pdl fuori dalle urne, e forse non sarebbe nemmeno giusto nei confronti dei suoi incolpevoli elettori. Così alla fine assisteremo all’ennesimo pasticciaccio brutto, cucinato a colpi di deroghe e leggine. A uscirne sconfitta sarà ancora una volta la credibilità di una classe politica composta da personale che, anche quando non è disonesto, si rivela sconsolatamente mediocre.

Mediocre oppure sprezzante. Volgendo lo sguardo a sinistra, infatti, ci si imbatte nella scelta di dubbio gusto di Emma Bonino, che accetta la collaborazione dei terroristi neri Mambro e Fioravanti, rei confessi di numerosi omicidi politici. La Bonino sostiene che i due assassini hanno saldato il loro debito con la società. Ma una cosa è la legge, un’altra è, o dovrebbe essere, la sensibilità di un leader. Nessuna norma può impedire a chi sparava alla gente di collaborare alla campagna elettorale di Emma Bonino. Dovrebbe essere la stessa Bonino a impedirlo. Perché chi ha commesso reati di sangue può tornare in libertà dopo aver scontato la pena, ma non occuparsi attivamente di politica, neanche da posizione defilata: è una forma di elementare rispetto nei confronti dei familiari delle vittime. Nessuno tocchi Caino, va bene: ma almeno non fatecelo trovare nel retropalco dei comizi.

Riassumendo: a Roma gli elettori del Pdl non sanno neppure se potranno votarlo, mentre gli elettori del Pd si scoprono a braccetto con i terroristi di destra. Se aggiungiamo queste delizie alle truffe e alle ruberie che stanno trasformando la lettura dei giornali in un percorso di guerra, si può ben dire che la politica abbia messo inconsapevolmente in atto una delle più massicce campagne di astensionismo della storia.

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« Risposta #28 inserito:: Marzo 06, 2010, 11:33:16 am »

6/3/2010

Per la precisione

Massimo Gramellini
   

Nell’Italia dove ogni regola è tutt’al più uno stato d’animo, spuntano all’improvviso dei personaggi che rispettano a tal punto la forma da calpestare il senso comune. Come l’impiegata del Pantheon che, in un video che sta facendo il giro del mondo, scavalca la balaustra oltre la quale alcuni musicisti stanno suonando Vivaldi e interrompe il concerto perché «di domenica il Pantheon chiude alle 18». Le spiegano che resta da suonare l’ultimo movimento: quattro minuti appena. Macché, la donna è inflessibile. I concertisti ripongono gli strumenti nelle custodie, fra le urla degli spettatori.

Nel monumento di Agrippa è in corso una eroica rivolta del buon senso contro la stupidità. Viene stroncata dal grigiore dell’impiegata, che torna al microfono per ribadire l’unico pensiero che sembra abitarla: «Di domenica il Pantheon chiude alle 18». La prospettiva che possa chiudere alle 18 e 04 evidentemente l’atterrisce: cozza contro il regolamento e la voglia di chiudere baracca e tornare a casa. Non c’è umanità nelle sue parole, neanche un «mi dispiace». Solo quel mantra ottuso ripetuto all’infinito, così simile a quelli che talvolta si sentono pronunciare negli uffici pubblici.

L’elasticità, di cui siamo maestri quando ci fa comodo, trova in questi soprassalti di formalismo il suo contraltare inesorabile. La stessa impiegata, spedita a consegnare le liste elettorali di un partito, sarebbe giunta in ritardo, lamentandosi della burocrazia altrui. Perché di solito chi applica troppo rigidamente le regole è come chi le infrange: un menefreghista.

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« Risposta #29 inserito:: Marzo 11, 2010, 09:17:54 am »

11/3/2010

Perduto amore


Massimo Gramellini

A un anno e mezzo dalla morte del figlio Vito, ucciso dal crollo del soffitto del liceo Darwin di Rivoli, la signora Cinzia ha ingerito un tubetto di pillole nel tentativo di raggiungerlo. E’ stata salvata dalla lavanda gastrica, e dall’altra figlia che l’ha trovata riversa sul letto come se dormisse. Gli stoici dicevano che il dolore è un’inadeguatezza alla situazione ed effettivamente è così. Siamo inadeguati a reggere l’evento più innaturale che esista: la morte di un figlio, che è morire in due rimanendo vivi, e rimanendolo in mezzo ad altre persone che soffriranno con noi solo per un po’ - gli amici, il parentado - oppure per sempre, ma in modo diverso. Mi riferisco ai figli sopravvissuti, che si ritrovano senza un fratello e orfani di genitori che non saranno mai più quelli di prima.

Anche chi è assolutamente convinto che la vita abbia un senso ammutolisce di fronte al dolore di una madre o di un padre. E non può non interrogarsi sulla potenza selvaggia di quel legame di carne che ogni giorno, giustamente, viene messo in discussione dai conflitti generazionali. Tutti, almeno una volta, abbiamo pensato che i nostri genitori non ci amassero. Ma il gesto della signora Cinzia serve a ricordarci che il senso della vita è proprio lì, in quel legame fra chi crea e viene creato. In quell’amore assoluto che dà senza chiedere. Nel libro «Una madre lo sa» di Concita De Gregorio, un’ostetrica racconta che, appena nasce un bambino, le persone in attesa fuori dalla sala-parto le chiedono subito come sta il figlio. Solo una chiede prima come sta la mamma. Sua mamma.

da lastampa.it
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