Notizie dal PAESE dei berluschini...
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Indagine Acli: gli italiani sempre più poveri
Sempre più poveri. Sempre più in condizione di incertezza sociale. Negli ultimi cinque anni sei italiani su dieci sentono peggiorata la loro condizione economica. Mentre in tre anni, dal 2005 al 2008, il popolo della quarta settimana è cresciuto del 14%. Sono alcuni dei dati che certificano il clima di incertezza sociale ed economica del Paese emersi dall'indagine esplorativa presentata dalle Acli venerdì 12 settembre a Perugia, nel corso della seconda giornata del convegno nazionale di studi, dedicata al tema della destra e della sinistra 'dopo le ideologie', tra 'nuove paure e nuove povertà'.
Il 45% degli italiani, prosegue l'indagine, dichiara di aver avuto difficoltà nell`ultimo anno nell`acquisto di beni o servizi di prima necessità (qualche volta, 35%, spesso, 10%). Lo stesso dato, registrato nel 2005 dall'Iref, l'istituto di ricerca delle Acli, si fermava al 31%. Rispetto a 5 anni fa sentono peggiorata la loro condizione economica il 61% dei cittadini (soprattutto pensionati, operai, artigiani e piccoli esercenti). Solo il 6% del campione (1500 individui rappresentativi della popolazione italiana, intervistati dall'Iref nel mese di luglio) ha risposto indicando un miglioramento.
Il futuro incerto e carico di rischi deprime, quindi, 6 italiani su 10, che dicono di ritenere «inutile fare progetti impegnativi per sé e per la propria famiglia». Si sentono appartenenti al ceto medio il 51% degli intervistati, al ceto popolare il 39%, alla classe dirigente il 4%. Esiste un 'ceto medio impoverito' che sente fortemente peggiorata la propria condizione (79%), più di quanto non l'avvertano gli stessi appartenenti al ceto popolare (74%). La prima preoccupazione degli italiani sul lavoro è legata al reddito.
Il fatto di non riuscire a guadagnare abbastanza per arrivare alla fine del mese è il primo pensiero per il 42% degli intervistati. La precarietà è l'incubo per il 36% degli italiani: il 20% preoccupati di non riuscire ad ottenere un impiego continuativo e sicuro, il 16% con la paura di perdere il lavoro Con l'incertezza economica e sociale cresce il clima di sfiducia e di insicurezza anche nelle relazioni quotidiane e personali.
Sul lavoro la fiducia nei colleghi sopravanza la diffidenza di pochi decimi di punto (40,2% contro 39,6%, mentre il 20,2% degli intervistati è indeciso).
Ci si fida (molto o abbastanza) dei parenti (85%), dei vicini (74%), ma per il resto si vive sul chi va là, se a stento 1 italiano 2 (50,5%) due dichiara di nutrire fiducia nei confronti della gentè in generale. Nei confronti degli immigrati che vivono nel proprio quartiere il grado di fiducia, com`era prevedibile, è ancora più basso (36%). È alto anche il livello di preoccupazione sui rischi connessi alla criminalità. Gli italiani temono di subire furti in casa (molto + abbastanza, 62%), di essere aggrediti da un malvivente sconosciuto (62%), di rimanere vittima di scippi e borseggi (61%). Solo nel caso delle truffe il valore dei molto/abbastanza preoccupati scende sotto la soglia del 60% (55).
Solo il 3% degli intervistati, tuttavia, mostra fiducia nella difesa autorganizzata dei cittadini, come ad esempio le ronde. Gli italiani chiedono senz'altro pene più severe contro la criminalità e il pugno di ferro delle forze dell`ordine (46%), ma si dicono anche consapevoli (44%) che è necessario anche agire sulle cause e spingono le persone a delinquere.
Pubblicato il: 12.09.08
Modificato il: 12.09.08 alle ore 17.27
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Liberalizzazioni, il governo tenta il dietrofront
Due anni fa, quando i tassisti protestavano contro le liberalizzazioni di Bersani, il centrodestra li difese a spada tratta. E il loro leader storico, Loreno Bittarelli, l'hanno pure candidato alle elezioni dell'aprile scorso, senza risultati. Ora il governo delle Libertà, come si vanta di essere, prova a tornare indietro anche sul capitolo delle liberalizzazioni farmaceutiche: i senatori del Pdl, Maurizio Gasparri e Antonio Tomassini, hanno presentato un disegno di legge sul sistema farmaceutico italiano che prevede la sostanziale cancellazione del precedente decreto Bersani. Secondo il Movimento nazionale liberi farmacisti e la Federazione esercizi farmaceutici, se la proposta Gasparri-Tomassini fosse approvata sarebbero a rischio ben cinquemila posti di lavoro. Inoltre ci sarebbe la chiusura di duemila parafarmacie.
«Il progetto prevede di riportare sotto il controllo delle farmacie tutti i farmaci oggi venduti nelle parafarmacie, lasciando ai supermercati una quantità esigua di medicinali costituiti da un numero ridotto di unità posologiche», denunciano in una nota le due associazioni. Se la proposta di legge andasse in porto verrebbe meno la maggior concorrenza, ed i connessi risparmi per i consumatori, introdotti dal decreto Bersani.
Per fermare questo ritorno al passato, il Movimento nazionale liberi farmacisti e la Federazione esercizi farmaceutici, chiedono «l'immediato ritiro del disegno di legge». Se questo non dovesse avvenire le due organizzazioni minacciano di portare il problema «davanti alla Corte Costituzionale, alla Comunità Europea e alla Corte di Giustizia». Ma non è tutto: le due associazioni intendono aprire una causa risarcitoria contro il Governo in quanto non si può, dicono nella nota, «giocare sulla pelle dei cittadini consentendo prima una parziale liberalizzazione del settore per poi cancellare tutto al cambio di coalizione».
Sul tema interviene anche Pier Luigi Bersani, artefice dell'ondata di liberalizzazioni realizzate nel 2006 dal governo Prodi: «Parlamento e governo ascoltino le ragioni dei parafarmacisti». Bersani sottolinea che il suo decreto ha «garantito sconti sui farmaci» ed ha «prodotto più di 5000 nuovi posti di lavoro, in particolare tra i giovani laureati in farmacia». L'esponente democratico si dice preoccupato per la proposta Gasparri-Tomassini e ritiene che con il governo Berlusconi si stia tornando indietro su più fronti, «dalla scuola alle liberalizzazioni, dalla lotta all'evasione alla sicurezza».
Pubblicato il: 12.09.08
Modificato il: 12.09.08 alle ore 17.24
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12/9/2008 (19:41) - I DATI DI VIALE DELL'ASTRONOMIA
Confindustria: Italia in recessione
Caduta più accentuata del previsto la ripresa solo nel 2009 inoltrato
ROMA
Per Confindustria l’Italia è in recessione. La flessione a luglio della produzione industriale, molto più marcata dell`atteso (-1,1%, il Centro studi di Confindustria e il consenso puntavano a un già forte -0,5%), conferma le stime di Confindustria di una dinamica ancora negativa dell`economia italiana nel terzo trimestre del 2008, dopo la contrazione del Pil nel secondo (-0,3%).
Analoghe valutazioni - spiega il Csc - sono state espresse di recente nelle nuove previsioni rilasciate da Ocse e Commissione europea. Il dato particolarmente negativo di luglio delinea una caduta trimestrale più accentuata di quanto previsto. Si conferma la forbice di crescita con gli altri maggiori Paesi europei.
L`andamento degli indicatori anticipatori - fiducia, ordini, superindice Ocse - non lascia spazio a possibilità di miglioramento nel quarto trimestre.
E` molto probabile il segno meno davanti alla variazione del pil per l`intero 2008, afferma Confindustria. La ripresa, aiutata dal ridimensionamento del petrolio e dal recupero del dollaro, partirà nel 2009 inoltrato.
da lastampa.it
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12/9/2008 (8:23)
E il Pdl salvò le Province
Pochi tagli sparsi. Le Comunità montane continuano a esistere
ROBERTO GIOVANNINI
Berlusconi con le promesse e gli annunci, si sa, non si fa troppi scrupoli. Questa promessa, per esempio, non sembra proprio che abbia avuto finora l’intenzione, la voglia o la possibilità di mantenerla: «La prima cosa da fare è dimezzare il numero dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei consiglieri comunali. Non parlo di Province, perché bisogna eliminarle». Era il 31 marzo, e parlava a una videochat organizzata dal «Corriere della Sera». «Quindi - proseguiva il Cav., rincarando la dose - dimezzamento dei costi della politica significa innanzitutto dimezzare il numero delle persone che fanno politica di mestiere ed eliminare tanti enti inutili, Province, Comunità montane, e tutti quegli enti antichi che sono rimasti in funzione senza produrre alcun effetto». Stesse parole dieci giorni dopo, a «Porta a Porta»: «Dobbiamo ridurre della metà la casta, cioè il numero delle persone che vivono di politica. Secondo alcuni si tratta di 300.000 persone». Dopodiché, tutti sanno che i deputati, i senatori e i consiglieri sono sempre quelli, non uno di meno, e senza un euro di meno in tasca.
Che le Province esistono eccome, ed esisteranno ancora, se è vero che secondo i piani del governo potranno finanziarsi con i proventi del bollo auto (un altro tributo di cui l’attuale premier annunciò l’abolizione entro la legislatura, dalle telecamere di «Matrix»). Per adesso, hanno pagato dazio soltanto le Province ancora non operative, Monza, Fermo e Barletta, congelate fino al giugno 2009. Addirittura le Comunità montane continuano a campare, sia pure tra gli stenti. I deputati salvano integro lo stipendio, anche se dovranno pagare un po’ di più il tramezzino alla buvette (da 1,80 a 2,80 euro) e lavorare cinque giorni su sette, come stabilito da Gianfranco Fini. Il presidente del Senato Schifani, invece, non sembra appassionato al tema del taglio dei costi. E come scoperto da Gian Antonio Stella, quest’anno spenderà 260.000 euro per realizzate la (peraltro molto ben fatta) agendina di Palazzo Madama.
Insomma, ormai la «Casta» non fa più notizia. E in pochi si scandalizzano se - con decreto pubblicato il 22 agosto scorso sulla Gazzetta Ufficiale - a sorpresa il governo Berlusconi riapre le porte degli aerei di Stato sostanzialmente a chiunque, dopo la parentesi rigorista di Prodi, che negava il «volo Blu» anche ai ministri. Ora viaggiano tutti: ministri, viceministri, sottosegretari, portaborse, giornalisti di testate gradite, collaboratori vari, purché «accreditato al seguito della stessa su indicazione dell'Autorità anche in relazione alla natura del viaggio, al rango rivestito dalle personalità trasportate, alle esigenze protocollari ed alle consuetudini, anche di carattere internazionale». Destarono ira e proteste Mastella e figlio Elio in volo per il Gp di Monza? Sabato scorso il ministro degli Esteri Frattini è volato al vertice Ue di Avignone con a fianco la sua fidanzata, Chantal Sciuto. Aereo di Stato, ça va sans dire.
Il governo, però, si difende, snocciolando una lunga lista di interventi mirati a tagliare spesa, sprechi e caste. Ovviamente, c’è Brunetta e le sue consulenze: la norma che consente l’«operazione trasparenza» fu varata dal governo Prodi, ma di suo il ministro della Pa ha inserito nel Dl 112 (la manovra) una norma che rende molto più difficoltosa l’assegnazione di consulenze non utili. In parte, almeno, colpiranno le clientele la norma che elimina gli enti con meno di 50 dipendenti non espressamente «salvati», così come l’abolizione del Secit. Si tagliano del 20% stipendi dei direttori (generali, sanitari e amministrativi) delle strutture sanitarie pubbliche. Del 30% le indennità dei sindaci che non rispettano il «patto di stabilità» interno, così come scenderanno del 30% le spese per compensi ad organi collegiali della Pa, sponsorizzazioni e (del 50%) convegni e mostre. Giro di vite anche per i contributi ai giornali di partito.
Non basta, denuncia l’opposizione. Linda Lanzillotta, controparte «ombra» di Brunetta, attacca: «Il governo Prodi aveva fatto un accordo con Regioni ed Enti Locali per ridurre costi e organigrammi. Che fine ha fatto? Perché non si lavora per ridurre la moltiplicazione di organismi con compiti più o meno simili? Perché si va a un federalismo che rischia di moltiplicare spese e inefficienza»? «Anche l’operazione Nuova Alitalia - denuncia l’economista del Pd Stefano Fassina - indirettamente è un “costo della politica”. Un’operazione costruita per rispondere a esigenze politico-elettorali del centrodestra, scaricando sui contribuenti 1,5 miliardi di debito che resterà nella bad company».
da lastampa.it
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Maroni, alla festa della Lega, punta sulla sicurezza: tolleranza zero e niente voto agli immigrati
VENEZIA (14 settembre) - Il ministro degli Interni Roberto Maroni, alla festa della Lega a Venezia, ha cominciato il suo intervento con la tradizionale frase leghista “Padania libera”. Tema centrale del suo discorso: la sicurezza. Tolleranza zero ed extracomunitari da rimandare a casa. «L'unico piano svuota carceri è quello che permette di mandare in galera a casa loro gli immigrati». E ricordando che i romeni sono i più numerosi, sottolinea come l'accordo firmato con la Romania dall'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli con la Romania, non è mai stato applicato.
D'accordo con il collega Alfano per il braccialetto elettronico ma solo se ci sarà la garanzia di evasione zero. Interventi drastici anche contro il tifo criminale polemizzando con il giudice che li ha rimessi in libertà. «Davanti ai nostri provvedimenti una sinistra cialtrona - ha aggiunto - ha lanciato una canea di reazioni, ci ha insultato dopo che la sua politica è stata zero sulla sicurezza aprendo le frontiere ai clandestini».
Per Maroni con i provvedimenti del governo «abbiamo dato potere ai sindaci - ha concluso - perché sono bravi e siamo orgogliosi che vengano chiamati sceriffi». Chiusura per tutti campi nomadi abusivi, definiti da Maroni una vergogna, dove i bambini vengono mandati a rubare. E sempre in tema di immigrazioni Maroni ha ribadito il no al voto per gli extracomunitari.
da ilmessaggero.it
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Piazza Navona, in 20 pestano studente inglese e due italiani intervenuti per aiutarlo
ROMA (14 settembre) - In venti hanno circondato uno studente inglese di 22 anni, in evidente stato di ebrezza, e hanno cominciato a picchiarlo. E' accaduto intorno alle 3.15 di notte in piazza Navona. L'inglese è stato preso a calci e pugni al volto. Due italiani di 39 e 43 anni, intervenuti per aiutarlo, sono rimasti anch'essi coinvolti. Ancora da chiarire i motivi dell'aggressione nei confronti dello studente. All'arrivo dei carabinieri gli aggressori si sono dileguati per le vie del centro.
Il 22enne e i due italiani intervenuti in suo soccorso sono stati trasportati al Santo Spirito. Lo studente inglese è stato giudicato guaribile in 25 giorni. I due italiani in 10.
dailmessaggero.it
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«Sporchi negri vi ammazziamo»
Italiano di colore ucciso a sprangate a Milano
Gli aggressori accusavano i giovani di aver rubato merce da un furgone
MILANO (14 settembre) - Un giovane italiano, Abdul G., 19 anni, originario del Burkina Faso, è stato aggredito questa mattina intorno alle 6 in via Zuretti a Milano, da due uomini che l'hanno colpito alla testa con una mazza di legno e una spranga. Abdul G. era con altri due amici di colore. Dopo aver trascorso la notte in un locale in corso Lodi, a bordo dei mezzi pubblici la comitiva era arrivata in via Zuretti con l'intenzione di andare al centro sociale Leoncavallo. A quel punto i tre sono stati avvicinati da un furgone bar. Dal mezzo sono scesi due uomini che li hanno accusati di avere rubato della merce. I due, uno intorno ai 25 anni, l'altro un adulto sulla quarantina, hanno cominciato a colpire il giovane e a lanciare epiteti razzisti: «Sporchi negri vi ammazziamo».
Abdul G, colpito alla testa con una mazza di legno e una spranga, è stato ricoverato all'ospedale Fatebenefratelli in stato di coma, ed è morto intorno alle 13.30.
Minniti: odioso episodio di razzismo. «È importante che si faccia piena luce sulla drammatica aggressione di Milano. La natura e i contorni dell'episodio sono estremamente preoccupanti e richiamano alla mente fatti di grave intolleranza - ha detto Marco Minniti, ministro dell'Interno nel governo ombra del Pd - Per come è stato fino ad ora ricostruito quanto avvenuto a Milano, sembra configurarsi come un odioso episodio di razzismo. Proprio per questo è necessario il massimo impegno per chiarire i fatti e colpire i responsabili».
da ilmessaggero.it
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