26 gennaio 2016
De Mauro: «Spirito critico attualissimo, nell'era di internet»
Intervista a cura di Maria Emanuela Piemontese* A quarant’anni dalla pubblicazione delle Dieci Tesi per l'educazione linguistica democratica, abbiamo rivolto alcune domande a Tullio De Mauro, professore emerito di Linguistica generale dell’Università di Roma “La Sapienza”. Su sua iniziativa, nel giugno del 1973 nacque il Gruppo di intervento e studio nel campo dell’educazione linguistica (Giscel), sulla base dell’art. 21 dello Statuto della Società di Linguistica Italiana (SLI). Nell’aprile del 1975 i soci del Giscel approvarono come loro manifesto fondativo le Dieci Tesi per l’educazione linguistica democratica, la cui prima stesura è opera di Tullio De Mauro. Il testo, nella sua versione attuale, è frutto di discussioni e interventi collettivi, come ricorda Silvana Ferreri (Ferreri-Guerriero, 1998: 1).
Le Dieci Tesi per un’educazione linguistica democratica risalgono alla metà degli anni settanta. Dopo quarant’anni dalla loro elaborazione, ritiene che siano ancora attuali o che, in qualche misura, possano o debbano essere riviste, come alcuni di tanto in tanto sostengono?
Sarei molto felice di leggere altri testi miranti con la stessa brevità a prospettare agli insegnanti e agli studiosi la costruzione di un’educazione linguistica democratica. Li attendo da molto tempo, ma non dispero.
In parecchie occasioni lei ha ricordato le vie attraverso le quali la cultura scolastica italiana è arrivata a capire e ad affermare la “centralità dell’educazione linguistica” e la sua natura intrinsecamente “democratica”. Quali sono le tappe principali di questo lungo percorso che chiunque abbia a che fare con la scuola e l’insegnamento dovrebbe conoscere?
Le tappe sono state numerose. Un momento importante sono state a metà Ottocento l’introduzione degli studi di linguistica storica in Italia con Biondelli, Cattaneo, Ascoli, e le analisi della effettiva condizione linguistico-culturale delle popolazioni italiane, analisi anch’esse avviate da Cattaneo. Alcuni, come Luigi Morandi, poi come Giuseppe Lombardo Radice, sono partiti da questo primo patrimonio per elaborare un programma di educazione linguistica che mettesse da parte l’ossessivo monolinguismo normativo e dialettofobico dominante nella scuola e favorisse l’inclusione.
Il fascismo cancellò i programmi di Lombardo Radice. Bisogna aspettare la rinascita democratica del paese, le esigenze di ripulsa dell’esclusione precoce, la creazione della media unificata, i rinnovati studi sulle condizioni linguistico-culturali del paese, le esperienze del Movimento di Cooperazione Educativa, di maestri come Mario Lodi e don Lorenzo Milani perché si potessero delineare percorsi precisi di educazione linguistica democratica da proporre agli insegnanti.
Secondo lei, negli ultimi quattro decenni, quanto le Dieci Tesi hanno influenzato, direttamente o indirettamente, le politiche scolastiche, la formazione e l’attività didattica dei docenti?
Nei suoi convegni per i decennali delle Dieci tesi il Giscel ha prodotto, presentato e pubblicato a stampa indagini che rispondono alla Sua domanda. Solo una percentuale minoritaria di insegnanti ha conosciuto e letto le Dieci tesi e solo meno del dieci per cento ha dichiarato di ispirare direttamente a esse la propria pratica didattica. Sorte migliore hanno avuto le Dieci tesi nella redazione dei programmi scolastici per le medie inferiori e per le elementari, nelle formulazioni degli orientamenti per la scuola dell’infanzia e nel succedersi di indicazioni curricolari per la scuola di base. Tuttavia, non tutti gli insegnanti hanno presenti i testi programmatici. Dunque, in complesso l’influenza delle Dieci tesi appare limitata.
Alla luce delle mutate condizioni sociolinguistiche (livelli di istruzione più elevati che in passato), ma anche di quella che lei ha chiamato la “patologia” della società italiana (effettivi livelli di alfabetizzazione), quali indicazioni suggeriscono le Dieci Tesi per ridurre tale divario?
Le Tesi suggerivano che la scuola non fosse sola nel promuovere un pieno possesso degli usi parlati e scritti della lingua, ma che la sua auspicabile azione convergesse con quella delle altre agenzie e istituzioni culturali. L’asfitticità di queste e la persistenza di moduli educativi tradizionali nelle scuole sono ciò che dovremmo cercare di correggere. Ma questo non è un problema delle Dieci tesi, è un problema che chiede d’esser percepito anzitutto e poi affrontato dall’intera compagine sociale e dai suoi gruppi dirigenti, per ora sordi.
Secondo lei, l’educazione linguistica proposta dalle Dieci Tesi dovrà essere rivista di fronte alle nuove sfide delle società complesse e tecnologicamente avanzate e alla pluralità di canali sui quali viaggiano oggi i flussi di informazione?
Le Dieci tesi partono dall’esplicito richiamo a una visione teorica di ciò che sono i linguaggi e il linguaggio verbale e di ciò che sono le lingue nella loro molteplicità e necessaria variabilità e da ciò passano a delineare una prospettiva educativa consapevolmente plurilingue, analoga a quella proposta in anni recenti da documenti della Commissione dell’UE e dal Consiglio d’Europa. Un punto importante su cui le Tesi già insistevano era ed è la necessità di un’educazione alla critica dell’informazione come parte integrante dell’educazione linguistica: ieri e ancor più oggi, ai tempi di internet, cosa decisiva.
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Consigli di lettura
Dieci Tesi per un’educazione linguistica democraticaT. De Mauro, La cultura degli italiani, a cura di F. Erbani, Roma-Bari, Laterza, 2004.
T. De Mauro, Storia linguistica dell’Italia repubblicana. Dal 1946 ai nostri giorni, Roma-Bari, Laterza, 2014.
S. Ferreri, A.R. Guerriero (a cura di), Educazione linguistica vent’anni dopo. Che cosa ne pensano De Mauro, Renzi, Simone, Sobrero, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, Quaderni del Giscel/20, 1998.
S. Ferreri (a cura di), Gli esami non finiscono mai, Roma, Aracne, 2016 (in preparazione).
Giscel (a cura di), Educazione linguistica democratica. A trent’anni dalle “Dieci Tesi”, Milano, FrancoAngeli, 2007.
*Maria Emanuela Piemontese ha insegnato dal 1983 al 2015 nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “La Sapienza di Roma”. Ha diretto il Dipartimento di Studi Filologici, Linguistici e Letterari dal 2009 al 2011. Tra i suoi campi di ricerca e intervento: la comprensione dei testi scritti, la comunicazione efficace, la leggibilità e comprensibilità dei testi, la semplificazione del linguaggio amministrativo, la produzione di testi di facile lettura e la didattica delle lingue. Dal 1993 al 1998 è stata consulente linguistica per la semplificazione del linguaggio amministrativo del Dipartimento della Funzione pubblica. È coautrice del Codice di stile (1993) ed autrice della Guida alla redazione dei documenti amministrativi contenuta nel Manuale di stile (1997) dello stesso Dipartimento. Tra i suoi scritti principali ricordiamo il volume Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1997. Ha pubblicato numerosi saggi, articoli e contributi su riviste italiane e straniere e ha curato vari volumi collettanei.
Immagine: Composizione (1916)
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