SOCIALESIMO. Perchè.
Arlecchino:
Libertà e Giustizia
Due decenni di vita, tante vittorie alle spalle e, in cantiere, progetti e iniziative per dare voce alla società civile. Libertà e Giustizia, presieduta da Sergio Labate, succeduto a Paul Ginsborg, Tomaso Monatari e Nadia Urbinati, si muove tra politica e urgenza di democrazia. Libertà e Giustizia promuove convegni, incontri, appelli.
L’associazione si presenta al pubblico il 18 novembre 2002, al Piccolo Teatro Studio di Milano, tenuta a battesimo da un gruppo di garanti di altissimo livello: Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Enzo Biagi, Umberto Eco, Alessandro Galante Garrone, Claudio Magris, Guido Rossi, Giovanni Sartori e Umberto Veronesi. Nel corso della serata viene presentato il manifesto costitutivo: “Libertà e Giustizia vuole intervenire a spronare i partiti perché esercitino fino in fondo il loro ruolo di rappresentanti di valori, ideali e interessi legittimi. Vuole arricchire culturalmente la politica nazionale con le sue analisi e proposte.
Libertà e Giustizia vuole essere “l’anello mancante fra i migliori fermenti della società e lo spazio ufficiale della politica”.
Lucca, Roma, Venaria Reale, Poggibonsi, Genova, Torino: i seminari annuali di LeG sono per i soci momento di approfondimento di alcuni temi fondamentali: la libera informazione, la democrazia, l’etica, i maestri, il ruolo della società civile. I seminari a tema, momenti di studio, come la due giorni sulla Giustizia a Fiesole, confronto tra professori, magistrati, avvocati e politici, che produce un documento in parte recepito dal programma dell’ultimo governo Prodi.
Dal 2004 LeG comincia la sua lunga battaglia in difesa della Costituzione. A febbraio parte la campagna “L’Italia è anche mia” con la vignetta che Altan regala a LeG. Il 15 ottobre parte il coordinamento per il referendum confermativo, presieduto da Oscar Luigi Scalfaro. Nel giugno 2006 la grande vittoria dei no, che demolisce il progetto del Polo di scardinare la nostra Carta fondante.
All’inizio del 2010 comincia il grande lavoro per la messa in opera del nuovo sito che oltre a una nuova impostazione grafica e a una più ricca organizzazione dei contenuti, propone innumerevoli novità legate all’interazione tra l’associazione, i suoi soci e i lettori. L’attività online di Libertà e Giustizia non si ferma quindi al solo sito web, ma è arricchita dalla sua presenza nelle più frequentate piazze virtuali da Facebook a Twitter, da Flickr a YouTube.
Oltre a LeG nazionale la maggior parte dei Circoli ha oggi un affaccio su FB, il logo di Libertà e Giustizia campeggia sul popolare social network. L’attività delle sedi locali è molto intensa, incontri, dibattiti, presentazioni di libri che raccontano le anomalie del paese, dall’emergenza giustizia alle battaglie per la legalità, la libertà d’informazione, i diritti della persona, nuove anche le forme di comunicazione. Oltre trenta i Circoli sparsi in tutta Italia.
A fronte di una domanda sempre più urgente di “cultura politica” continua la missione civile di Libertà e Giustizia, attraverso le sue Scuole di formazione politica. Nel settembre 2012 al castello dei Conti Guidi di Poppi (Arezzo) una tre giorni curata dallo storico Franco Sbarberi su Segreto, ipocrisia, menzogna e corruzione – La democrazia vilipesa.
A gennaio del 2013 due giorni di lezione a Perugia sui temi bioetici. Pavia, che iniziò i suoi corsi nel 2007 sotto la guida di Salvatore Veca, direttore di tutte le Scuole di LeG, a marzo e aprile 2013 ha tenuto la sua settima edizione dedicata al lavoro. Ad ottobre si è tenuta la prima Scuola di LeG di Messina per favorire l’analisi e la conoscenza delle condizioni sociali, politiche, economiche e culturali che caratterizzano oggi il mezzogiorno.
La voce di LeG, dopo il manifesto “Rompiamo il silenzio” che nel 2009 denunciò il torpore della classe politica, è tornata a farsi sentire nel febbraio 2010 con una pagina pubblicata su Repubblica e su alcune testate locali del gruppo Espresso, con un nuovo documento. “Il vuoto” denuncia la paralisi su cui si è avvitato il sistema Paese e propone ai cittadini di creare una “Comunità contro il degrado”, di costruire insieme una diga per arginare lo sfascio istituzionale, politico, sociale cui stiamo andando incontro. In giugno, con il suo presidente onorario Gustavo Zagrebelsky, anticipa e indirizza il dibattito politico lanciando l’appello “Mai più alle urne con questa legge” che chiede l’abolizione del Porcellum.
A metà ottobre 2010, a Firenze, il convegno “Società e Stato nell’era del Berlusconismo”. Tre giorni partecipatissimi, in cui intellettuali, storici, sociologi e giornalisti hanno fatto il punto – è la prima volta – sugli effetti del berlusconismo in campo sociale, economico e culturale, oltre che politico. Tra i tanti Paul Ginsborg, Gustavo Zagrebelsky, Marco Revelli, Ezio Mauro e Marco Travaglio. Gli atti del seminario sono stati pubblicati dall’editore Laterza.
Dopo l’esplosione del caso Ruby e l’inchiesta della Procura di Milano, il 14 gennaio 2011 anticipando tutti, partiti e movimenti, LeG chiede le dimissioni di Silvio Berlusconi. Il 17 con un documento scritto in inglese da Paul Ginsborg e firmato da Gustavo Zagrebelsky e Sandra Bonsanti a nome di tutta l’associazione, “Resignation”, si appella al mondo intero perché il nostro Paese non sia lasciato solo. Gli attestati di solidarietà fioccano a centinaia e la raccolta firme, rilanciata anche dal sito di Repubblica, raccoglie migliaia di adesioni.
Sabato 5 febbraio grande manifestazione al Palasharp di Milano, con Umberto Eco, Paul Ginsborg, Roberto Saviano e Gustavo Zagrebelsky e tanti altri esponenti della società civile per cominciare insieme a ricostruire l’Italia, il nostro Paese, e per riappropriarci di parole che la storia e il sacrificio di milioni di italiani hanno reso eterne e inviolabili: libertà, giustizia, democrazia, repubblica, uguaglianza, lavoro, Costituzione.
Dopo l’ennesimo attacco ai Magistrati, alla Consulta, e l’annuncio dell’ennesima riforma, che non serve ai cittadini ma solo a risolvere i problemi giudiziari di Berlusconi, LeG lancia l’appello “La riforma della Giustizia non la fanno gli imputati (né i loro avvocati)!”.
Settembre 2011, LeG parte con la raccolta firme per abolire la legge elettorale Porcellum. Ne raccoglierà oltre 60mila.
L’8 ottobre 2011, grande manifestazione a Milano all’Arco della Pace. “Ricucire l’Italia” per restituire dignità al Paese, dal manifesto omonimo di Gustavo Zagrebelsky, (elaborato nel corso della Scuola estiva a Poppi, nel Casentino).
Il 23 febbraio 2012 esce il manifesto “Dissociarsi per riconciliarci. Dipende da noi”. di Gustavo Zagrebelsky, che raccoglie migliaia di firme. Un drammatico e appassionato appello alla classe politica affinché intraprenda la via del rinnovamento.
Il 12 marzo presentazione al Teatro Smeraldo di Milano, Con Gustavo Zagrebelsky, Roberto Saviano, Sandra Bonsanti, Lella Costa e Concita De Gregorio, con la partecipazione di Giuliano Pisapia.
Il 24 novembre 2012 al Forum di Assago, la grande manifestazione di LeG dopo il “passo indietro” di Berlusconi, con il nuovo manifesto di Gustavo Zagrebelsky “Per una stagione costituzionale “.
Il 2 giugno 2013 in piazza a Bologna con oltre 100 associazioni, per dire che la Costituzione “Non è cosa vostra”. Gli atti della manifestazione sono stati pubblicati da EncycloMedia Publisher.
Il 12 ottobre 2013 manifestazione a Roma in piazza del Popolo, per difendere e finalmente attuare la nostra Carta fondante. “La via maestra” da non perdere mai di vista. Con Lorenza Carlassare, Don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky.
Da - http://www.libertaegiustizia.it/chi-siamo/
Arlecchino:
Non contro il Governo, ma chiediamo di più
La voce di un'Italia che è rimasta indietro, esclusa dal racconto che "tutto va bene
Ora è il momento di cambiare per ricostruire un Paese più giusto. Non contro il governo, ma chiediamo di più
di Pierpaolo Bombardieri
Riportiamo alcune dichiarazioni del segretario generale della Uil alla vigilia e nel corso dello sciopero di oggi 16 dicembre, che ne spiegano le ragioni e gli obiettivi.
Come diceva Petro Nenni. “Ogni rivendicazione è sempre politica. Politique d’abord”.
“Noi non scioperiamo né contro il governo Draghi né contro i partiti. Secondo noi ci sono alcuni temi importanti sui quali servono risposte più incisive : fisco, pensioni, lavoro precario, delocalizzazioni, responsabilità sociale d’impresa, povertà in aumento, diseguaglianze. Lo sciopero dà voce a chi sta male e questo per costruire un’Italia migliore, più giusta ed equa”.
“Noi chiediamo che la ricostruzione del Paese sia un’occasione di cambiamento. Lo sciopero è per questo: per chiedere di cambiare davvero e sulle cose concrete. Innanzitutto dobbiamo superare la precarizzazione del lavoro e dare risposte serie ai nostri giovani. Se chiedete a un giovane precario se avrà una pensione, vi risponderà che non l’avrà. Non vede un futuro.
Occorre costruire un futuro per i giovani. Occorre poi redistribuire in modo più equo in questo paese per affrontare i temi del welfare, di un rafforzamento delle pensioni delle donne, più attenzione a chi rischia di perdere la vita sul posto di lavoro.
Queste sono le motivazioni che ci hanno spinto a dire: “Non ci fermiamo, continuiamo a chiedere al governo e alla politica di costruire un paese diverso”.
E lo abbiamo fatto sentendo e raccogliendo le tante storie che ci hanno raccontato durante un mese di mobilitazione nelle piazze e nei posti di lavoro. Con lo sciopero di oggi, attraverso un diritto garantito dalla Costituzione, intendiamo di spiegare a chi racconta che oggi “va tutto bene” che invece c’è un’Italia che rimane indietro e alla quale occorre dare una risposta”
“Con lo sciopero di oggi abbiamo costretto il Paese ad interrogarsi sulla narrazione del "va tutto bene". Ma si erano dimenticati di tutte le persone che sono qui oggi in piazza!
Di tutte le persone che non sono potute venire perché restano sui posti di lavoro per senso di responsabilità in tempo di pandemia! Oggi siamo nella piazza del Popolo per tutta l'Italia che soffre e alla quale dobbiamo dare risposte diverse! “
Da – Avanti CENTRO INTERNAZIONALE DI BRERA
via Formentini 10, Milano, MI, 20121
avanti@centrobrera.it
Arlecchino:
Francesco Forte
Il cordoglio del Senato per la scomparsa
Il presidente Elisabetta Casellati: "Un riferimento della cultura liberale e riformista"
"Mi rattrista profondamente la scomparsa di Francesco Forte, economista e politico, senatore per due legislature, che nella sua lunga e poliedrica attività di parlamentare, ministro, accademico, editorialista, è stato un punto di riferimento della cultura liberal-riformista in Italia. Le sue analisi, mai scontate, erano lucide e originali elaborazioni della realtà, che univano il rigore della scienza delle finanze alla capacità visionaria e idealista, con un respiro che travalicava i confini nazionali. Esprimo la mia vicinanza alla famiglia". Così il presidente del Senato Elisabetta Casellati.
Per raccontare Francesco Forte, c'è bisogno di una enciclopedia che raccolga la sua ricchissima biografia di studioso e di politico.
Basti ricordare la designazione di Luigi Einaudi negli anni '70 alla successione nella cattedra di Scienza delle Finanze di Torino, già incarico occupato dall'ex Presidente della Repubblica che iniziò la sua carriera giornalistica e politica tra i socialisti di Palazzo Campana e sulle colonne di Critica Sociale con Turati ai primi del '900.
E il suo rapporto di amicizia con il Nobel Oliver Williamson che inaugurò negli Usa la disciplina cosiddetta "Law and Economics" (Analisi economica del diritto") che intreccia la dinamica economica con il progresso delle norme e delle istituzioni pubbliche fino a giungere a forme di autogoverno: supposta l’idea-tipo della concorrenza perfetta tale disciplina viene impiegata per comprendere i fallimenti del mercato e il ruolo del diritto nel risolvere o nel generare tali fallimenti.
Non va assolutamente dimenticato la dedizione di Forte per Ezio Vanoni, tra gli estensori, con Pasquale Saraceno, del cosiddetto "Piano" di ricostruzione dell'Italia nel dopoguerra, frutto degli studi del gruppo di Camaldoli, promosso dall'allora segretario di Stato vaticano, Montini, e fucina della rinascita della DC. Vanoni fu chiamato ad elaborare il progetto finanziato dal piano Marshall pur essendo cresciuto nelle fila del socialismo di Turati e Matteotti per la sua competenza derivata dalla scuola liberalsocialista della Critica Sociale. Come diceva ridendo Francesco Forte, Vanoni si ritrovò così a "buscarle dai fascisti e dai comunisti" allo stesso tempo. Socialdemocratico, non aderì al Fronte voluto da Nenni.
Al momento della sua morte Francesco Forte aveva definito un Comitato scientifico di prim'ordine per il rilancio di Critica Sociale a cui era particolarmente legato per la sua stessa formazione, come fu la Rivista scuola anche per la formazione del suo maestro, Einaudi.
Nulla può esaurire la esposizione della sua vastissima esperienza e cultura.
È necessario almeno ricordare che partecipò e contribuì alla stesura del Rapporto per la riduzione del debito del Terzo Mondo per conto di Bettino Craxi incaricato dall'ONU per questo progetto giunto al suo termine, purtroppo, alla vigilia della fase storica opposta, ovvero alla vigilia della globalizzazione che si nutrì di debito pubblico internazionale.
Nel trigesimo sarà nostra cura promuovere un convivio del Comitato scientifico di Critica Sociale da lui costituito e presieduto con la adesione di numerosi studiosi, molti dei quali ordinari di economia, storia e scienze politiche delle Accademie italiane, per un seminario sulla sua opera e sul suo pensiero.
Va anche detto che la sua scomparsa ci priva di un "bon-bon", ovvero del puro piacere mentale di creare con la logica applicata all'esperienza, soluzioni spesso irrealizzabili ma non inverosimili su cui era uno spasso intrattenersi con Franceso nelle interminabili conversazioni personali o telefoniche. Un tratto umano inscindibile dalle sue straordinarie capacità di analisi e genialità creativa.
stefano carluccio
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CRITICA SOCIALE
Rivista fondata nel 1891 da Filippo Turati
Alto Patronato della Presidenza della Repubblica
Direttore responsabile: Stefano Carluccio
Reg. Tribunale di Milano n. 646 del 8 ottobre 1948
edizione online al n. 537 del 15 ottobre 1994
Editore
Biblioteca di Critica Sociale e Avanti!
Centro Internazionale di Brera
via Marco Formentini 20121 - Milano
Da critica sociale on line 2 gennaio 2022
Arlecchino:
La democrazia senza un pezzo
• 13 gennaio 2022
Naturalmente è opportuno e utile che oggi Francesco Costa abbia spiegato – nel podcast Morning – alcune dinamiche legate all’elezione del presidente della Repubblica, e che abbia voluto smontare l’idea che il criterio della scelta sia la “qualità” del candidato rispetto al ruolo: qualità che da un lato è un criterio in gran parte soggettivo, e che dall’altro viene richiesta in una quota piuttosto accessibile (l’unico candidato finora, e per niente debole, è Silvio Berlusconi: per dire).
I grandi elettori, ha spiegato Costa, votano il Presidente della Repubblica in base a una serie di criteri che sono di interesse personale – legittimo – o di interesse del loro partito, e legati alle implicazioni e ricadute per se stessi e per il proprio partito di quell’elezione: è in questo senso che vanno ipotizzate e capite le scelte, e come dice Costa sarebbe ingenuo non averlo presente.
È un’ingenuità che molti di noi non hanno, anche se a volte per amor dell’argomento trascuriamo di considerarlo, e proponiamo X che “sarebbe un ottimo presidente della Repubblica”, prima che qualcuno ci ricordi che “non lo voteranno mai”.
Però distinguerei tra assenza di ingenuità e rassegnazione: questo stato di cose, ovvero, non è un buon funzionamento della democrazia, e lo ricorderei. Non è una straordinaria ed encomiabile applicazione della Costituzione cosiddetta “più bella del mondo” e di un sistema di rappresentanza che sosteniamo quotidianamente di voler difendere. Un pezzo importante dei meccanismi di eventuale funzionamento della democrazia è fatto dalle persone: le persone che eleggono e le persone che vengono elette. E al corretto promemoria di Costa sugli interessi in gioco – dei grandi elettori e dei loro partiti – aggiungo il chiarimento di quello che dovrebbe essere il principale: ovvero quello del paese.
Inciso. Perdonatemi la tromboneria dell’espressione “interesse del paese”, chiamatelo “bene comune” o “comunità”; ma non voglio dire “i cittadini”, “la gente”, che sono termini di ruffianeria populista che trasmettono l’idea di tanti interessi singolari, di nuovo. Quello per cui vengono eletti i “grandi elettori” non sono gli interessi miei, tuoi, della mia vicina di casa e così via fino a fare sessanta milioni di interessi: sono gli interessi complessivi e lungimiranti di una comunità e di un paese, che dovranno esistere ancora quando saremo morti. Fine dell’inciso.
Insomma, non è una democrazia nobile né ben funzionante quella in cui i rappresentanti non fanno l’interesse di ciò che rappresentano, e in cui i cittadini – qui sì, ciascuno di noi – hanno eletto rappresentanti che non lo fanno. Usciamo da giorni di celebrazione e rispetto per l’impegno devoto all’Europa e al ruolo di David Sassoli, e dobbiamo vivere come normale un parlamento di persone e leader politici che scelgono il presidente della Repubblica senza pensare a cosa sia meglio per i prossimi sette anni dell’Italia? Dobbiamo, sì, non siamo ingenui: ma non va bene, nemmeno nel cinico e stupido 2022. Eleggere una brava persona col senso del ruolo e della responsabilità e l’intelligenza politica necessaria, apprezzata o tollerata da una estesa quota del paese, non sarebbe un impegno così sbagliato, a essere ingenui. Criteri in parte soggettivi, ma in gran parte no (vedi Berlusconi, solo per tornare sull’unico esempio).
Nel 2023 andrebbe fatto uno sforzo di rieducazione di candidati ed elettori, sulle loro responsabilità nel funzionamento della democrazia. A essere non ingenui, ma neanche rassegnati.
Da - https://www.wittgenstein.it/2022/01/13/la-democrazia-senza-un-pezzo/
Admin:
da -
t.wikipedia.org/wiki/Storia_del_comunismo#:~:text=Karl%20Marx%20e%20Friedrich%20Engels,comunismo%20diventa%20un%20moto%20rivoluzionario.
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