Approfondimento Russia
Khodorkovskij: "Una rivoluzione per deporre Putin"
17 LUGLIO 2020
L'ex patron del colosso petrolifero Yukos e uomo più ricco di Russia prima che il suo Paese si ritorcesse contro di lui parla con "Repubblica" dal suo esilio londinese dopo il voto popolare che ha sancito la Costituzione voluta da Putin: "Gli emendamenti rimuovono l’avvicendamento legale del potere. Il cambio del regime sarà risolto in strada"
DI ROSALBA CASTELLETTI
“La nuova Costituzione russa rimuove la possibilità di un avvicendamento legale del potere. Il che vuol dire che, presto o tardi, quando mai ci sarà un cambio di regime, avverrà con una rivoluzione”. A parlare è Mikhail Khodorkovskij, 57 anni, un tempo patron del colosso petrolifero Yukos e uomo più ricco di Russia prima che il suo Paese si ritorcesse contro di lui perché – parole della Corte d’Appello dell’Aja – “aveva dato segni di diventare un rivale politico” per Vladimir Putin. Dieci anni di carcere duro dopo le contestate condanne per frode, evasione fiscale e appropriazione indebita, non ne hanno fiaccato lo spirito.
Da Londra, dove vive dopo essere stato scarcerato nel 2013 grazie a un’amnistia, ha fondato Open Russia, organizzazione “non grata” nella Federazione, e la piattaforma di notizie Mbk Media. Ed è stato uno dei principali sostenitori della campagna “Njet”, No, per bocciare il voto del 1° luglio sugli emendamenti costituzionali che permetteranno a Putin di restare al potere almeno fino al 2036. Una battaglia persa in partenza: “Era chiaro che il Cremlino avrebbe aggiunto al conteggio finale qualsiasi numero di voti di cui avesse avuto bisogno”. Dopo quest’ultimo colpo di mano, insiste Khodorkovskij parlando su Zoom con La Repubblica dal suo esilio londinese, “Putin si è trasformato ufficialmente in un presidente illegittimo”.
Mikhail Borisovich, quali sono le principali conseguenze politiche della nuova Costituzione appena adottata per il futuro della Russia?
"Il più grande problema creato dagli emendamenti per la Russia è che è stata rimossa la possibilità di un legale avvicendamento del potere. Non solo perché Vladimir Putin ha esteso i suoi mandati al Cremlino, benché questo naturalmente sia il punto cruciale. Ma perché ha ufficialmente messo fine all’indipendenza della magistratura. Putin non sarà più obbligato a rispettare le decisioni dei tribunali internazionali o della Corte europea dei diritti umani. Se prima non adempieva alle sentenze della Corte europea a suo sfavore, adesso quello che era un dato di fatto è stato sancito dalla stessa Costituzione.
E poi ci sono i cambiamenti introdotti dalla "legge speciale" sulle nuove procedure elettorali. Il voto può durare più giorni e gli osservatori sono scelti tra persone selezionate dal Consiglio presidenziale. È così che il primo luglio le autorità sono riuscite a "iniettare" 22 milioni di voti falsi. È chiaro che sarà la procedura adottata in qualsiasi elezione futura. Di fatto non si potranno più cambiare legalmente governo o presidente".
Lei ha appoggiato la campagna “Njet”, per votare “no” alle urne, Aleksej Navalnyj invece ha invitato a boicottare il voto. Questa mancanza di una strategia comune dell’opposizione anche di fronte alla prospettiva di un Putin al potere per altri 16 anni non rischia di fare il gioco che avversate?
“Lei parte dal presupposto che l’opposizione avrebbe potuto condizionare l’esito del voto. Perché accadesse, si sarebbe dovuto tenere un voto regolare. Invece si è tenuta solo una sorta di parata svolta secondo regole non trasparenti. Circa la metà della gente voleva andare alle urne e dire “No” e l’altra metà riteneva che, come si dice da noi, bisognasse “votare coi piedi”, cioè boicottare. L’amministrazione presidenziale voleva aizzare le due parti, perché non discutessero della natura illegittima del voto e degli emendamenti. A parer mio, siamo riusciti a evitare questo conflitto. Sì, c’è stato un dibattito all’interno dell’opposizione, ma la gente ha capito che, sia votando “no”, sia boicottando le urne, avrebbero dimostrato che consideravano questi emendamenti e il voto illegali".
La revoca delle restrizioni anti-pandemia è stata accelerata pur di convocare le urne. Perché era così importante per Putin sancire la riforma con un voto sebbene non fosse necessario per la legge russa?
"Putin comprende che i suoi tassi di popolarità stanno crollando. Che lo scontento popolare sta crescendo. Che la crescita economica non migliorerà. Ha fretta di trovare soluzioni e di imporle prima che il malcontento esploda in strada".
Quali ragioni vede dietro a questo calo dei consensi?
"Penso che la pandemia sia stata una crisi di grande portata perché, invece di assumersi la responsabilità della situazione, Putin la ha delegata ai governatori territoriali. Per uno Stato federale come la Russia, il principio di per sé sarebbe corretto. Tuttavia per vent'anni Putin ha rivendicato di avere in mano la verticale del potere e ha rimpiazzato i governatori con politici impopolari e incompetenti nominati da lui. E una parte considerevole della popolazione credeva in questo: pensava che in tempi di crisi fosse necessario che il potere fosse concentrato in solide mani. Dico da anni che non c’è alcuna verticale del potere, che Putin non controlla nulla, ma la gente credeva che questa verticale esistesse e, quando Putin ha delegato ai governatori, si è sentita smarrita. La cosa peggiore successa a Putin è stata questa crisi di fiducia in lui".
In vista del corteo del 15 luglio a Mosca, soffocato negli arresti, la polizia ha fatto irruzione negli uffici di Open Russia e fermato vari attivisti del suo movimento. Come continua la sua lotta?
"È importante spiegare che Putin si è trasformato in un presidente illegittimo. È importante perché è chiaro che, dopo l'adozione della nuova Costituzione, la questione del potere sarà risolta solo in strada. Credo sia l'unica strategia che può far sì che Putin ceda lo scettro prima del 2036. Verrà un giorno in cui si porrà la questione: fino a che punto il potere è disposto a usare la forza pur di reprimere le proteste. È già successo in passato. La storia russa si ripete. Perciò mi chiedo: se questa gente ha studiato la storia, perché non capisce come andrà a finire. A dire il vero sarebbe già finita se l'annessione della Crimea non avesse resuscitato la legittimità del potere per breve tempo.
È interessante notare che gli esperti dell'opposizione e del regime concordano sul fatto che, se il sistema non cambia, l'unica crescita economica possibile nel futuro è tra lo 0,5% e l'1%. Ma dovrebbe essere come minimo intorno al 4% perché la popolazione stia meglio. Col regime attuale è impossibile. Il malcontento continuerà ad aumentare. E quando esploderà dipenderà da ragioni casuali. A scongiurare un sovvertimento rivoluzionario sinora è stata solo l'illusione che il regime abbia una qualche legittimità, ma ora quest'illusione è stata spazzata via".
Com'è cambiata la Russia da quando Putin è al potere?
"Non è una domanda facile come sembra. Se si guarda alla situazione sociopolitica del Paese, la Russia è arretrata notevolmente, ma allo stesso tempo è virata a destra. Se in passato siamo usciti da una dittatura di sinistra, adesso siamo a metà strada verso una dittatura di destra. La popolazione ha di nuovo paura. La politica sui media è identica a quella tedesca degli Anni '20. Passando all'economia, c'è stata una crescita non legata al suo regime, ma ai cambiamenti messi in atto prima del '99 e ai prezzi del petrolio, che poi si è fermata di colpo".
Sono trascorsi quindici anni dalla sua condanna al carcere al termine di quello che la Corte europea dei diritti umani, lo scorso gennaio, ha definito un processo non onesto. Com'è riuscito a sopravvivere 10 anni in carcere?
“Non lo definirei il tempo più felice della mia vita. Considero il regime attuale il mio nemico e me stesso un prigioniero di guerra. Non mi sono mai chiesto che cosa avessi fatto di male. Pensavo solo come poter fare del male ai miei nemici. E ho fatto di tutto per farlo".
Sembra che il suo "gioco dei troni" con il Cremlino non sia finito. Il "terzo affare Yukos" è in corso. E in marzo Putin l'ha definita un impostore le cui guardie sarebbero coinvolte in omicidi. Perché ha riacceso il conflitto con lei?
"Con Putin siamo in uno scontro aperto. Penso che il monopolio del potere e il monopolio statale dell’economia non possa portare la Russia da nessuna parte. E che, perché la situazione cambi, non basta che Putin vada via, deve cambiare l’intero sistema. La mia voce viene ascoltata. Per tre ragioni. Primo, ho perseverato 10 anni in prigione. Secondo, dopo vent'anni di Putin al potere, sono davvero pochi gli oppositori che possano dire che cosa fare e come farlo. Io ho esperienza. So come guidare grandi aziende, come risolvere i problemi di grandi città. Ho anche esperienza di scontri, compresi quelli armati a Mosca nel 1991 e 1993. Non significa che altri non possano fare meglio, ma non mi si può accusare di dire solo parole vuote non sostenute dai fatti. E infine, terzo: la retorica preferita da Putin riguardo agli oppositori è che le loro attività siano finanziate da governi esteri e che quindi non lavorino negli interessi della Russia. Sarebbe difficile accusarmi di questo, perché ho abbastanza soldi da me. Deve sapere che per Putin la cosa più importante nella vita sono i soldi. Non è vero, ma è quello che Putin pensa”.
Si sente al sicuro a Londra?
"Se Putin decidesse di uccidermi, non riuscirei a proteggermi. Ma non si può vivere nella costante paura".
Ogni volta che muore un oppositore russo, l’Occidente ci vede la “mano di Putin”. Putin è davvero così potente o è l’Occidente che esagera?
“Al momento in Russia non ci sono così tanti servizi speciali indipendenti. L’Occidente sa poco o ignora le torture e gli omicidi che subiscono decine di attivisti nei territori. Conosce solo i russi uccisi in Occidente o figure molto note come Boris Nemtsov. Tuttavia solo un numero limitato di strutture potrebbero ucciderli. E agiscono necessariamente col consenso di Putin o dietro sue istruzioni dirette. Pensiamo a quello che è successo a Nemtsov. Non è chiaro chi lo ha ucciso? È chiaro. Non è chiaro chi ha dato l’ordine? È chiaro. È possibile che gli inquirenti non siano arrivati al mandante? Ci sono arrivati. Ma il mandante non li ha fatti entrare in casa sua. E quindi non ci sono entrati. E che cos’è successo al capo dell’inchiesta che aveva deciso di restringere le indagini ai soli esecutori dell’assassinio? È diventato il procuratore generale della Federazione russa. Di quale ulteriore prova c’è bisogno per legare quest’omicidio a Putin? L’avvelenamento di Serghej Skripal e della figlia nel Regno Unito oramai è una specie di barzelletta. Tutta la Russia canzona questi bravissimi Boshirov e Petrov. Tutti sanno perfettamente chi sono, dove lavorano e che hanno agito su ordini diretti. Invece quando Turciak, attuale segretario generale di Russia Unita, ha orchestrato l’attacco al giornalista Oleg Kashin, nessuno ha pensato a Putin. Si trattava di un affare personale. La gente conosce la differenza tra quando c’è o non c’è il diretto coinvolgimento di Putin”.
Putin rivendica di avere ridato alla Russia il rango di potenza globale. Glielo riconosce?
"Dividerò la risposta in due parti. Primo, perché lo fa? Non lo fa per "rendere la Russia di nuovo grande". Lo fa per legittimare se stesso e il suo entourage. Crea problemi ai governi occidentali e poi propone loro uno scambio: la soluzione dei problemi in cambio del riconoscimento della sua legittimità. Gli serve per aver campo libero in Russia. Secondo, Putin vuole una "Grande Russia", che cos'è la Grande Russia? Alcuni ritengono che sia una Russia di cui avere paura, ma un'altra parte del Paese – ed è una parte in aumento – pensa sia una Russia dove tutti hanno accesso a una buona assistenza sanitaria e scuole con i bagni interni, dove uno studente italiano o statunitense venga a studiare nelle Università russe e non solo a studiare il russo. Una guerra rende la Russia grande? Non penso".
In primavera ha pubblicato il libro "Gardarika" per presentare la sua visione di come dovrebbe essere la Russia del 21° secolo...
"Ho scritto questo libro perché penso che Putin, nel prossimo futuro, lascerà il palcoscenico e i russi saranno chiamati a fare una scelta. Una scelta di civiltà. Quando accadrà, sarebbe meglio avere le risposte. Che cosa vogliamo che diventi il nostro Paese: un'autocrazia o una democrazia? Vogliamo continuare ad avere un impero o preferiamo uno Stato dove le differenti etnie siano rappresentate? La mia risposta è nel libro ed ecco perché l'ho chiamato "Gardarika", "Regno di città", il nome che la Russia aveva centinaia di anni fa. Prima di tutto, penso che dovremmo preoccuparci dei nostri affari. Abbiamo tanto di cui occuparci: territorio, popolazione, cultura. Non abbiamo bisogno di altro. E poi penso che lo Stato russo vada rifondato a partire dalle regioni. Perché un solo centro, Mosca, che impone la sua volontà sul resto della Federazione può funzionare a Singapore, ma non in un Paese che si estende su nove fusi orari. Non possiamo costruire uno Stato democratico se restiamo un impero".
Quando pensa che verrà il tempo per questa nuova Gardarika?
"Non sono sicuro che vivrò abbastanza da viverci, ma sono convinto che vivrò abbastanza da vederla".
Da -
https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/07/17/news/russia_mikhail_khodorkovskij_rivoluzione_mosca_deporre_putin-262233955/