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Autore Discussione: WALTER VELTRONI ...  (Letto 108509 volte)
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« Risposta #135 inserito:: Maggio 17, 2008, 12:20:00 am »

«Ho chiesto che il governo affronti subito le emergenze sociali»

Confronto Veltroni-Berlusconi,

«Subito al lavoro per le riforme»

Il leader del Pd: normale cercare convergenza sulle regole del gioco, il confronto serrato è sui programmi

 
 
ROMA - Ricominciare subito il lavoro e trovare delle possibili intese sulle riforme istituzionali. E' questa la sintesi che il leader del Pd, Walter Veltroni, dà dell'incontro avuto a Palazzo Chigi con il premier Silvio Berlusconi. Un incontro durato circa mezz'ora e che per il leader democratico è stato proficuo, al punto da auspicare, come già aveva fatto Berlusconi nel corso del suo intervento al Senato, che queste occasioni di confronto avvengano in maniera continuativa. «È normale che si cerchi la covergenza sulle regole del gioco - ha detto Veltroni ai cronisti lasciando Palazzo Chigi - e al tempo stesso ci sia il confronto più aspro e serrato necessario sui programmi».

«RIFORME ISTITUZIONALI» - «Oggi abbiamo parlato di riforme istituzionali - ha precisato il segretario del Pd, che ha anticipato che ci saranno altri incontri con il leader del Pdl -. Sono urgenti e vanno fatte insieme. Siamo d'accordo sul ripartire dal pacchetto presentato nella scorsa legislatura», ha detto ancora. Le riforme istituzionali, ha spiegato Veltroni, «non vanno considerate come appannaggio della maggioranza che vince ma sono una materia su cui occorre una convergenza e siamo d'accordo di cercare un'intesa ripartendo dal testo Violante che ha raccolto consensi da entrambe le parti».

«EMERGENZE SOCIALI» - «Ci attendiamo dal governo il più presto possibile risposte in Parlamento alle urgenze sociali - ha poi aggiunto -: ho ribadito a Berlusconi che in Italia c'è un'emergenza e si chiama condizione di vita degli italiani, dei precari, delle famiglie e dei pensionati». Anche per questo a chi gli chiedeva se il Pd appoggerà in aula il taglio dell'Ici, annunciato da Berlusconi come prima misura che sarà adottata dal nuovo esecutivo, ha replicato che «se ci sono le risorse la principale urgenza del paese è l'aumento dei salari». E quanto all'altro tema che Berlusconi ha detto di considerare prioritario, ovvero l'emergenza rifiuti a Napoli, l'ex sindaco di Roma ha spiegato: «Non ne abbiamo parlato, vedremo l'esito del consiglio dei ministri di mercoledi»

IL CASO RAI - Altro tema caldo di queste ore è la Rai. «Abbiamo sfiorato l'argomento - ha spiegato il segretario del Pd -, io ho ribadito l'esigenza di una nuova normativa perchè quella attuale è complicata e discutibile. Per me una nuova norma deve andare nella direzione della fuoriuscita dei partiti dalla Rai. Auspico che il nuovo Cda sia nominato con una nuova norma».

DIVISI SU ALITALIA - C'è però una questione su cui la convergenza tra gli schieramenti appare alquanto complicata, ed è il futuro di Alitalia. «Questo è uno dei temi su cui ci sarà confronto e conflitto in Parlamento - ha precisato Veltrioni -. Io continuo a pensare che aver fatto andar via Air France e annunciato cordate che non si sono viste sia stato un grave errore e ora mi auguro una soluzione che salvaguardi la compagnia di bandiera e migliaia di posti di lavoro».

«CONVERGENZA SUGLI ESTERI» - «Una materia sulla quale ho auspicato convergenza - ha detto però Veltroni - è la politica estera perchè un paese più mostra convergenza su questi temi, meglio è».


16 maggio 2008

da corriere.it
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« Risposta #136 inserito:: Giugno 28, 2008, 06:08:25 pm »

Comincio dalla dedica

Walter Veltroni


Aprirò il libro dalla dedica. Non guarderò la copertina, non ancora. Ci ritorno dopo un po’: è rilegata in brossura cucita a filo refe, così da resistere di più all’usura. La sovraccoperta è bianca, il nome dell’autore è scritto in nero, mentre per il titolo si è scelto il colore rosso e forse non a caso: alla frontiera del libro e delle parole, come qualcuno ha scritto, c’è sempre una ferita.

Sotto il nome e il titolo c’è la fotografia dell’autore. Cerco quel dettaglio che Roland Barthes definisce punctum, «l’elemento casuale che mi colpisce, mi ferisce», la chiave di lettura dell’immagine stampata. In questa foto di uomo canuto, di gentiluomo elegante, quasi un ritratto d’altri tempi (Rinascimento o Risorgimento?) il punctum per me è il fondo nero, forse non è un semplice espediente fotografico che gioca con le tonalità dominanti della copertina che s’accostano e s’incrociano - il bianco, il rosso, il nero.

Quel fondo è un sipario: il volto dell’uomo è in primo piano e dietro ha un sipario nero. Si aprirà?

Il sipario è dunque un invito, l’invito ad aprire il libro ed entrare nelle pagine. Lo faccio. Si comincia con una nuova ferita: il pianto disperato di bimbo per una casa che lascerà per sempre. Ricordi, considerazioni, pensieri: dalla fanciullezza («l’infanzia è una stagione fatata. La sola di tutta una vita che non finisce mai e t’accompagna fino all’ultimo respiro»), all’adolescenza («senti di poter essere tutto e ancora non sei nulla e proprio questa è la ragione della tua onnipotenza mentale»), il compagno di classe Calvino, il fascismo, la politica, le letture e le discussioni, l’aspra consapevolezza di un tratto distintivo dell’essere umano («Ma ora dobbiamo toglierci le bende dagli occhi ... Dopo millenni e millenni la riduzione della persona a cosa, la divisione tra padrone e servo, il mancato riconoscimento dell’altro, costituiscono ancora un tratto dominante della specie»), il lavoro e la politica, la fede religiosa e i fondamenti della morale, la senilità e l’innocenza riconquistata.

Qualcuno lo ha definito un libro di riflessione filosofica, altri un testo a metà fra l’autobiografia e il saggio. E se fosse, invece, il racconto di un viaggio, non diversamente dai racconti e dagli immaginari di viaggio del ‘700 o di qualche altra epoca? Un resoconto preciso, altamente sincero, denso di ricordi e di scoperte, come ogni viaggio che si rispetti. Un viaggio sereno e impetuoso, ironico e passionale, in compagnia di Montaigne e Cartesio, di Pascal e di Nietzsche. Non è un racconto di episodi, di fatti, di accadimenti, è piuttosto la ricerca di ciò che lega quegli accadimenti e la nostra vita, degli imperativi che fondano le nostre azioni; è, in ultimo, il viaggio alla ricerca del senso del vivere. Lo scrittore in queste pagine dimostra per la vita «l’interesse di un decifratore di sciarade»: è una frase del portoghese Fernando Pessoa, una delle figure che meglio incarnano la complessità dell’inquieto Novecento e che, come il nostro autore in questo libro, amava parlare per frammenti.

A questo punto conviene chiedersi chi sia lo scrittore, questo viaggiatore e decifratore di sciarade. Dirò che è un uomo che ha lavorato sulla parola e con le parole facendo quello che egli stesso definisce un “mestiere crudele”: il giornalista.

Appartiene alla migliore tradizione borghese, laica e liberale e illuminata, quella che ha contribuito a ricostruire l’Italia del secondo dopoguerra. È un giornalista “sui-generis”, ha fondato giornali importanti, è stato maestro di tanti altri giornalisti italiani ed europei, ha sferzato la classe politica, denunciandone i limiti e le meschinità, scuotendo con forza la coscienza civile del Paese, ma non si è mai ritagliato per sé il ruolo d’agitatore o di capopopolo. Non ha nel sangue la demagogia della piazza, ma la dignità di chi ha fatto della responsabilità la guida del proprio agire.

A pensarci bene è un libro che assomiglia alla fotografia di copertina: «in fondo - scrive ancora Barthes - la fotografia è sovversiva non quando spaventa, sconvolge o anche solo stigmatizza, ma quando è pensosa». «Vita pensata», infatti, è definito questo libro in quarta di copertina, poiché è interamente un colloquio limpido coi propri ricordi e con il proprio sapere che più volte l’autore interroga, quasi socraticamente, per metterlo alla prova, per verificare, per non chiudersi in convinzioni dogmatiche («...è mia ragionata convinzione che la verità assoluta non esista e quella soggettiva e relativa dipenda dal punto di vista con cui guardi te stesso e il mondo»).

Il nostro autore-viaggiatore non è come taluni marinai che s’aggrappano alla fede solo di fronte alle tempeste. Si cerca Dio per paura della morte, scrive, e «più si ha paura della morte più è intensa la vitalità e la volontà di potenza», ma forse è vero anche il contrario: più si scopre la vita, più si ama la vita, più essa stessa diventa così prodigiosa da renderci incongrua l’idea della morte. Racconta che si liberò presto dalla «necessità, sempre incombente, di trovare un senso ultimo», perché «non ci sono alternative alla vita e dunque il suo senso altro non è che viverla».

A me pare che la ragione, il significato di tutto il libro sia racchiuso in queste parole: non c’è alternativa alla vita. È un libro, questo, che, nonostante la profonda nostalgia e le malinconie che emergono spesso, ha una forte “vocazione al futuro”, un po’ come quei libri di viaggi, appunto, dove il narratore-esploratore posa la penna solo perché è arrivato il momento di imbarcarsi di nuovo, di partire ancora. Un nuovo viaggio e nuovi sogni e nuovi ricordi. Ecco perché vale la pena prendere in mano e leggere «L’uomo che non credeva in Dio» di Eugenio Scalfari.

Pubblicato il: 27.06.08
Modificato il: 27.06.08 alle ore 11.05   
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« Ultima modifica: Ottobre 11, 2008, 06:11:21 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #137 inserito:: Giugno 30, 2008, 09:38:33 pm »

Il Pd tornerà nelle piazze d’Italia: «Parleremo a tutti, senza risse»

Walter Veltroni


Caro Antonio,
qualche giorno fa, su queste colonne, hai ricordato i giorni, i temi, le passioni della campagna elettorale. Hai ricordato le «piazze gremite» e il «coinvolgimento» che eravamo riusciti a suscitare «recuperando voti che sembravano perduti». Non l’hai fatto semplicemente per ripensare a momenti belli e intensi di cui peraltro sei stato testimone e poi narratore. L’hai fatto per dire: perché non ricominciare da lì? Perché non pensare a un nuovo giro d’Italia da organizzare molto presto per andare a ritrovare e dove serve a rivitalizzare tutte quelle persone e tutto quel calore che non possono essere d’improvviso spariti?

Non ho dubbi su quale debba essere la risposta a queste tue domande. La risposta è: sì. Già a metà maggio, di fronte al coordinamento nazionale riunito per discutere del voto, avevo detto che nei prossimi mesi il viaggio in Italia sarebbe continuato. Magari a ritmi meno frenetici, ma sarebbe continuato, senza sosta. Ora voglio dire a te che da settembre riprenderò, riprenderemo, ad attraversare ogni provincia, ad andare in ogni città, ad ascoltare e a parlare, a capire e a spiegare. A tutti gli italiani.

Innanzitutto al “popolo del Pd”, a quei dodici milioni di donne e di uomini che ci hanno dato fiducia e che non meritano di avvertire attorno a loro sconforto, vuoto, disillusione, ma soluzioni e risposte all’altezza, e riconoscimento, identificazione, rappresentanza. In una parola quel “radicamento” del nostro partito che verrà certo dalla concreta presenza fisica in tutti i Comuni, in tutti i quartieri e le borgate del nostro Paese.

E insieme a questo dalla consapevolezza che non ci si radica solo aprendo nuove sedi, ma con la capacità di interpretare le domande e i bisogni delle persone, con la prontezza nel riconoscere le opinioni e condividere i sentimenti che si formano tra i cittadini. E in questo senso il viaggio che ci apprestiamo a riprendere sarà anche una parte del lavoro in vista della manifestazione che abbiamo annunciato per l'autunno. Per questo, credo, è importante tornate a parlare a tutti, anche a quanti hanno votato per l'attuale maggioranza nella speranza (nell'illusione stanno scoprendo ora) di veder risolti i propri problemi e che invece si vedono precipitare in una crisi sempre più aspra e in un clima politico che getta l'Italia nel passato al posto che spingerla verso il futuro.

Le “piazze gremite” della campagna elettorale dicono che avevamo capito bene, caro Antonio, quanto fosse importante rimettersi in sintonia con le famiglie, con i lavoratori, con i pensionati, con i giovani precari, con le comunità locali. Quanto fosse importante tornare a parlare, in una conferenza operaia, a chi da diversi anni evidentemente ci percepiva lontani, distratti, impegnati a pensare e a fare altro. Quanto fosse importante avanzare proposte e programmi degni di un partito che vuole e deve essere “di popolo”, anzi io credo che il Pd debba letteralmente farsi popolo: come difendere i salari e la dignità del lavoro; come salvaguardare il potere d’acquisto delle famiglie che non arrivano alla quarta settimana del mese; come garantire pari opportunità ai nostri ragazzi combattendo i privilegi e affermando il merito; come far comprendere, superando quelli che giustamente definisci “i più dannosi luoghi comuni della sinistra”, che senza crescita e senza la buona salute delle imprese non potrà esserci giustizia sociale, che per questo nostra nemica non è la ricchezza ma la povertà, che la sicurezza è un diritto di tutti e che garantirla vuol dire tutelare innanzitutto i più deboli.

Ma facendolo come deve fare un partito che vuole mantenere la sua vocazione maggioritaria (he non è mai stata vocazione all'autosufficienza): lavorando per unire. Unire i lavoratori dipendenti e quelli autonomi, il lavoro e l'impresa, i giovani e gli anziani, il nord e il sud. In un grande progetto di cambiamento, che superi egoismi, frammentazioni, divisioni. Tutto questo non è stato evidentemente sufficiente a vincere le elezioni, certo non è bastato il tempo. Ma abbiamo fatto un lavoro grande e prezioso, che come ho già avuto modo di dire ci consente di proseguire, ora, non “senza il Pd”, come pure poteva accadere, ma “a partire dal Pd”. A partire dal nostro radicamento nella vita concreta degli italiani e dall’innovazione di noi stessi, delle nostre idee e della politica italiana. A partire dal ruolo di opposizione che ci è stato assegnato.

Non torneremo mai più al clima rissoso e paralizzante di questi ultimi quindici anni. Si illude chi spera di trascinarci indietro e di diminuire così le nostre potenzialità di espansione, le nostre possibilità di parlare agli italiani e di guadagnare nel tempo la loro fiducia. Ma proprio per questo, per farci trovare pronti, noi avanzeremo sempre nostre concrete proposte alternative e in base ad esse saremo duri, netti e incalzanti nei confronti del governo. E non sbandierando striscioni o improvvisando brindisi nelle aule parlamentari, ma contrastando puntualmente, con il governo ombra e con una rinnovata iniziativa dentro il corpo vivo del Paese, le sue proposte sbagliate e le sue nefandezze, come abbiamo fatto denunciando l’irresponsabile balletto che sta affossando definitivamente Alitalia, come abbiamo fatto contro il decreto su Rete 4, le uscite della Lega sull’Europa, il reato di clandestinità, la legge sulle intercettazioni e il lodo Schifani. Lo faremo con rigore e tenacia e guardando all'interesse dell'Italia.

Quell'interesse generale che le iniziative del governo e del Presidente del Consiglio hanno dimenticato, dando di nuovo priorità a vicende legate ad interessi particolari e personali e assestando un colpo mortale a quel bisogno di confronto alto tra diversi schieramenti sulle riforme e la modernizzazione delle istituzioni e della politica. E’ da qui, dalla convinzione di quel che abbiamo fatto e dalla consapevolezza di tutto quanto abbiamo ancora da fare, che in autunno riprenderemo dunque il nostro viaggio in Italia. Ascolteremo, spiegheremo le nostre ragioni e cercheremo di capire come renderle più forti. Faremo vivere anche così quella grande forza riformista e di popolo che è e vuole essere il Partito democratico.

Pubblicato il: 30.06.08
Modificato il: 30.06.08 alle ore 9.03   
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« Risposta #138 inserito:: Agosto 18, 2008, 04:35:13 pm »

POLITICA

LA LETTERA

Il segretario democratico: non finiremo omologati

Il nostro è un progetto alternativo a Berlusconi

L'Italia sta cancellando la memoria ma combatteremo il pensiero unico

di WALTER VELTRONI

 

CARO direttore, quattro ragazzi piemontesi, come ha raccontato nel suo bell'articolo Fabrizio Ravelli, girano l'Italia a raccogliere, sulla strada, le testimonianze e i ricordi dei vecchi del nostro paese, per farne una banca della memoria consultabile su Internet. A Pieve Santo Stefano si raccolgono, in quello che credo sia il più importante archivio di storia nazionale, i diari scritti da italiani qualunque.

I ricordi, le storie, i drammi, i sogni di persone che non hanno altro titolo per raccontare di loro se non quello di aver vissuto, di aver attraversato ore, giorni, mesi, anni della vita. Vita spesso condizionata dalla grande storia: quella che fa le guerre, le battaglie, le malattie, le ingiustizie. Il grumo di vita vera che le vicende umane di Pieve Santo Stefano e di www.bancadellamemoria. it raccontano ci ricordano che tutto non può essere riassunto in grafici colorati e in parole sagge.

La storia grande, quella sistemata ordinatamente nei libri, ha significato un padre scomparso in Russia, una sorella devastata dal tifo, un figlio trasformato in una sagoma dipinta con il gesso sulla strada. La memoria. Ciò che ci fa, storicamente e soggettivamente, quello che siamo. La memoria, ciò che stiamo perdendo. E chi la conserva, la tutela, la diffonde fa qualcosa di paragonabile allo sforzo degli scienziati che, studiando il Dna, immaginano di farci vivere a lungo, magari in ottime condizioni. Nel film di Ridley Scott "Blade Runner", una profezia di futuro cupo, l'uomo è riuscito, come in effetti è vicino a fare, a riprodurre se stesso.

Così, nel film, esistono uomini che sono "replicanti", perfetti in ogni dettaglio. Salvo uno: non conoscono le emozioni, non le conoscono perché non hanno la memoria. E se, in fondo, fosse questa la vera epidemia moderna? Non una delle mille paure che hanno attirato la nostra fuggevole attenzione per un attimo: Ebola, la Sars...

La vera epidemia del nostro tempo è la perdita della memoria. Uno dei più bei romanzi degli ultimi anni è, per me, l'opera prima di un ragazzo americano di ventisei anni (la stessa età del Premio Strega Paolo Giordano, ricordarsi di avere fiducia nei giovani). Si chiama Stefan Merrill Block ed ha scritto una meravigliosa storia, anzi due in una, che si intitola in Italia: "Io non ricordo".

E' un affresco a due voci sulla diffusione di una variante precoce dell'Alzheimer. E' la descrizione di quello che questa malattia produce: la progressiva, inarrestabile, perdita di sé. Come da bambini a poco a poco si impara e si assume consapevolezza di sé e del mondo, così l'Alzheimer progressivamente cancella ogni cognizione, ogni ricordo, persino la consapevolezza della propria identità.

Da sindaco ho cercato, con il mio assessore agli Affari Sociali, di costituire centri in ogni Municipio di Roma per assistere i malati e dare sollievo alle loro famiglie. Parlando con i figli ci si sente raccontare, inevitabilmente, il momento in cui il proprio padre li ha guardati, semplicemente guardati, senza capire chi fossero. Nel libro di Merrill Block uno dei malati sottopone a chi lo va a trovare a casa un foglio prestampato in cui dice: "La prego di perdonare i miei strani commenti e di non offendersi se dimentico completamente chi è lei".

Tra le domande del questionario ci sono, anche, "rapporto con me" e " le devo dei soldi? Se sì, per favore descriva quanti e per cosa". La vita si cancella, si fa un buio totale. La vita non ha passato e non ha futuro. E' un puro presente, un quotidiano leggero e inutile. Perché deprivato di quel senso che è la somma del tempo vissuto e delle attese, biologicamente ogni volta inedite, del tempo che verrà per sé e per il prodotto del proprio sangue.

Ma il valore di "Io non ricordo" sta anche nel dirci che la rimozione della memoria non è solo una malattia o una tragedia individuale, ma un fatto storico e sociale. E noi stessi, osservando il paesaggio della nostra società, abbiamo la sensazione che lo "spirito del tempo" dominante tenda a cancellare il passato, la storia collettiva, le tragedie e le rinascite tutto agglutinando in una informe massa nera, giudicata inutile perché passata e dunque non utilizzabile in modo speculativo.

Lo "spirito del tempo" si alimenta di una frenetica bulimia di presente, rifiuta la coscienza e i valori che vengono dalla storia, perché inutili. Ma rifiuta anche la passione per un futuro da fare insieme, perché sogni buoni solo per gli idealisti. Così la nostra società vive terremoti devastanti che durano meno di un'edizione straordinaria, non trasmette valori che ha rimosso, non restituisce quella combattiva voglia di futuro, quella energia che è il solo antidoto allo sfarinamento morale e sociale di una comunità.

Hanno, in questo senso, ragione Nanni Moretti ed Eugenio Scalfari quando parlano della perdita dello spirito pubblico di una nazione che si trova, spesso, a vedere cancellati i confini di sé: il valore della legalità, della verità, della coerenza, del primato dell'interesse pubblico su quello privato. Ieri non esiste e domani non dipende da te. Non sei un cittadino, ma uno spettatore. Non sei un cittadino, ma un consumatore della società. Con queste certezze il nostro tempo finisce col farsi vuoto di senso. E con il lasciare spazio a paure parossistiche, quasi ancestrali. E ad egoismi eccessivi, quasi infantili.

Lo dico pensando al mio ruolo. Credo che a noi, a me, spetti in primo luogo il coraggio di essere sé stessi quando questo appare più difficile. Sento semmai il bisogno di rendere sempre più chiaro, per il bene della nostra nazione, l'alternatività di valori e progetti sociali che rendono differenti gli schieramenti e le culture politiche. Tanto più ora. Omologarsi come Zelig, piegarsi al nuovo pensiero unico è facile e vantaggioso ma è un atto di rinuncia, una manifestazione di sfiducia nelle proprie ragioni e, talvolta, persino nella propria storia.

Cambiare sé stessi, senza rinunciare a testimoniare la grandezza di un percorso umano e senza rinunciare a immaginare e costruire, attraverso proposte realistiche, un presente e un futuro migliore. A cosa servirebbe altrimenti la politica? Italo Calvino diceva di una certa idea pacchiana della modernità che essa è "come un cimitero di macchine arrugginite". E' proprio quello che penso sia, oggi, l'idea di società di chi rimuove il passato e spegne il futuro. La società italiana, anche in ragione della sua drammatica crisi sociale e civile, si accorgerà presto che non si può vivere e crescere senza una visione e un'idea forte.

Ricordo ancora le parole di Merrill Block che raccontando, dentro il dramma dell'Alzheimer, una storia fantastica, quella di un luogo chiamato Isidora, un luogo in cui la vita vale la pena di essere vissuta, dice: "E tuttavia, la verità è che in qualsiasi caso, che tu cerchi Isidora oppure no, l'idea di Isidora è incrollabile. Si dice spesso che perfino il cinico, posando la sua vecchia testa carica di realismo sul guanciale, non possa fare a meno di vedere Isidora nei suoi sogni, non possa fare a meno di sognare Isidora al di là di ogni buon senso".

(18 agosto 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #139 inserito:: Agosto 20, 2008, 10:20:05 pm »

Gli organizzatori: «Non abbiamo invitato neanche esponenti dell'Mpa»

Festa del Pd, Berlusconi «non invitato»

La «Festa democratica» al via dal 23 agosto a Firenze. Atteso il leader della Lega Bossi e anche Fini e Tremonti

Firenze, già montato il palco per la «Festa Democratica» del Pd in programma dal 23 agosto alla Fortezza dal Basso (Infophoto)



MILANO - È Firenze la città dove si svolgerà la prima festa nazionale del Partito democratico. L'appuntamento, dal 23 agosto al 7 settembre alla Fortezza da Basso, segna la ripresa del dibattito politico dopo la pausa estiva e si propone di mettere a confronto governo reale e governo "ombra", esponenti di vari partiti (dall'Udc a Rifondazione), sindacati, categorie e amministratori. Per questo saranno numerosi gli esponenti di governo e maggioranza presenti. Tra i quali non figura però il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. «Non abbiamo invitato né Berlusconi né Lombardo» ha annunciato Lino Paganelli, responsabile nazionale feste del Pd, rispondendo alle domande dei giornalisti nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa e confermando d'altra parte l'annunciata presenza a Firenze, per alcuni dibattiti politici nei giorni della Festa, del presidente della Camera Gianfranco Fini, del ministro dell’Economia Giulio Tremonti e del ministro per le Riforme Istituzionali Umberto Bossi.

FACCIA A FACCIA - La «Festa Democratica» si svolgerà all'insegna dei faccia a faccia che vedranno impegnati molti leader del Partito Democratico, come Franco Marini, Dario Franceschini e Massimo D'Alema, Francesco Rutelli e, nel sabato conclusivo della Festa, il numero uno Walter Veltroni: davanti alla grande platea ad intervistare il segretario del Partito Democratico sarà Enrico Mentana. Domenica 7 l'intervista sarà dedicata a Leonardo Domenici, presidente dell'Anci e sindaco della città che ospita la prima Festa del Pd. Ma il programma politico non finisce qui: ogni giorno si terranno diversi incontri a più voci su tutti i temi dell'attualità con esponenti del Pd, sindaci e governatori (Cofferati, Bassolino, Vincenzi, Penati, Martini, Renzi, Vendola, Emiliano, Bresso ecc.), rappresentanti di associazioni sindacali e di categoria (Angeletti, Bombassei ecc.) e anche rappresentanti della maggioranza. Lunga la serie di iniziative culturali, dal dibattito su Aldo Moro a trent'anni dalla tragica scomparsa alla presentazione di libri e di autori. L'apertura della Festa sarà dedicata a Bruno Trentin a un anno dalla morte.

POLEMICHE INTERNE E ATTACCHI AL GOVERNO - Il Pd è dunque pronto per la sua prima festa nazionale, ma nel partito c'è poca aria di celebrazioni. Sul piano nazionale il dibattito interno si fa sempre più acceso. Tra gli ulivisti, Arturo Parisi continua a pungolare il segretario Walter Veltroni e dopo avergli chiesto un congresso, lo ha invitato a «riconoscere la profondità e le cause della sconfitta». E Franco Monaco ha rinnovato la richiesta di un congresso «su mozioni politiche distinte e distinguibili». Ma proprio il messaggio per la Festa democratica è stato l'occasione per Veltroni per rinnovare lo slancio fondativo del Pd. «Oggi abbiamo davanti una nuova strada da percorrere», ha detto, «quella del Partito Democratico che fa del riformismo, dell'innovazione, della meritocrazia, della solidarietà, dei diritti individuali, delle garanzie sociali, le proprie parole di azione e di riflessione politica». Nel messaggio Veltroni ha anche attaccato il governo: «Si lambicca su questioni bizantine e litiga su tutto» ha dichiarato l'ex sindaco di Roma. Pronta la replica di Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia: «Quando parla di "liti e bizantinismi", forse Veltroni è autobiografico, cioè parla del Pd. È il suo partito, infatti, - spiega Capezzone - ad essere lacerato su tutto, a partire dalla improvvida petizione antigovernativa lanciata da Veltroni e di fatto rigettata da gran parte del 'suò gruppo dirigente».



20 agosto 2008

da corriere.it
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« Risposta #140 inserito:: Agosto 21, 2008, 10:58:44 am »

Anche Cacciari per le assise. Di Pietro: Walter fa opposizione solo a parole

Pd, Parisi chiede il congresso «Con Veltroni elettori depressi»

Tonini: alcuni dirigenti hanno poca pazienza. E il leader apre al dialogo con la Lega sul federalismo



ROMA —Le parole sono sempre più pesanti: «Gli elettori del Pd rischiano di precipitare dalla schizofrenia alla depressione», denuncia Arturo Parisi. Ma Walter Veltroni preferisce non rispondere e lascia ai suoi argomentare contro gli attacchi dell'ex ministro della Difesa. Che chiede, con Massimo Cacciari e Franco Monaco, il congresso anticipato. Il segretario del Pd non sembra curarsi di quelle accuse e punta invece su un'altra strategia agostana: l'avvicinamento alla Lega di Umberto Bossi per fare insieme il nuovo federalismo. E cercare di mettere in imbarazzo An e Forza Italia che sull'argomento sembrano aver messo la sordina.

Parisi sostiene che Veltroni «fa troppo poco e troppo tardi». E conclude: «Il tempo del "ma anche" è scaduto: ci vuole una decisione democratica in sede collettiva». Vale a dire il congresso. L'idea, che piace anche al sindaco di Venezia, Cacciari, viene ripresa con forza dal prodiano Franco Monaco: «Ci vuole un congresso vero su mozioni politiche distinte». Ma la maggioranza del Pd non ne vuole sapere. Il mariniano Giorgio Merlo boccia senza appello la proposta mentre i dalemiani la giudicano una prematura resa dei conti. E i veltroniani affidano la loro risposta a Giorgio Tonini: «Alcuni nostri autorevoli dirigenti a volte difettano di pazienza: non si può avere tutto e subito».

Lo stesso Tonini, invece, si mostra molto aperto al confronto con Bossi sul federalismo fiscale: «Siamo favorevoli ad un confronto costruttivo. Del resto si tratta di completare la riforma del titolo V della Costituzione, varata a suo tempo dal centrosinistra». Ma dietro le parole lusinghiere nei confronti della Lega c'è il pensiero dello stesso Veltroni che in questi giorni ha colto con grande interesse il rilancio sul federalismo ad opera non solo del leader leghista ma anche del ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli. E sa, su questo punto, di avere dalla sua la maggioranza del partito.

Basta sentire che cosa ne pensa un dalemiano di ferro come Nicola Latorre: «Quando Bossi alza il tono non ci fa mai paura, perchè non dà mai seguito alle minacce. È positivo invece che nella discussione tra Calderoli e le Regioni si sia messo da parte il modello lombardo. Ed è fondamentale che la riforma si leghi all'istituzione di un Senato federale».

E mentre Antonio Di Pietro continua a tuonare contro Veltroni («fa opposizione solo a parole»), questa mattina viene presentata la Festa Democratica del Pd: si svolgerà a Firenze dal 23 agosto al 7 settembre. Comincerà con il pullman veltroniano della campagna elettorale trasformato in «Salva l'Italia» (le firme contro il governo Berlusconi) e sarà ambientato nell'austera Fortezza da Basso: non più quindi in fiere fuori delle città, non più con accenti popolari, ma «stile Pd». Con Veltroni che non farà il comizio finale, ma solo un'intervista il 6 settembre.

Roberto Zuccolini
20 agosto 2008

da corriere.it
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« Risposta #141 inserito:: Settembre 07, 2008, 12:23:09 am »

Veltroni: indietro non si torna, non c'è alternativa al Pd


«Abbiamo bisogno non di tornare indietro ma di accelerare l'innovazione». È la strada che il segretario del Pd Walter Veltroni indica ai delegati dell'assemblea toscana per il futuro del partito. «Dobbiamo credere in noi stessi - sprona Veltroni - e essere uniti».

Quanto al confronto interno, il segretario avverte: «I partiti sono un luogo di discussione ma il loro obiettivo è stare vicino ai cittadini. La discussione è uno strumento ma non un fine mentre la vita dei nostri organismi rischia di diventare riunioni su riunioni che convocano seminari e che indicono convegni. Ci vuole certo una vita democratica forte ma non solo quello altrimenti avremo gente bravissima a fare interventi ma poi se li mettete in un'assemblea di dieci persone non sanno che dire».

Ed invece l'obiettivo è «stare sul territorio ed è per questo che ho apprezzato la storia molto bella del Pd di Varese che ha attivato un centralino e se un cittadino ha un problema i dirigenti vanno a casa loro   discutere del problema». In vista poi dell'attivazione della tv del Pd, il 14 ottobre, il leader dei democratici dà un consiglio al Pd napoletano: «Vadano in giro con le telecamere a riprendere la situazione dei rifiuti e ce le mandino a Roma».
«A noi ci sezionano, sulla stampa ci fanno la laparotomia, agli altri no». A questo proposito, Veltroni ha sottolineato come in Italia e in Europa, «vincono quei partiti che hanno meno vita democratica». Secondo il leader del Pd, quindi, le «primarie sono importanti, si fanno per i cittadini, ma c'è un eccesso di morbosità». E in ogni caso le primarie per Veltroni devono essere fatte, ma «questo non significa che debba esserci uno spogliamento delle responsabilità di tutti noi».

Il leader del Pd, inoltre, sottolinea che «in Europa nessun partito del centrosinistra è cresciuto come il Partito democratico», ricordando come la stessa cancelliera Angela Merkel ha già detto che non vuole più allearsi con i socialdemocratici, ricordando la crisi dei partiti di sinistra in Austria e in Inghilterra. «In Europa la sinistra dovunque perde voti, gli unici che crescono siamo noi», ha aggiunto.

«Non so dove sia lo choc». Commenta così il segretario del Pd, Walter Veltroni, il sondaggio pubblicato da un quotidiano che dà il Partito democratico sotto il trenta per cento. Veltroni osserva che «nelle condizioni date abbiamo tutte le possibilità per poter crescere». Il leader del Pd ricorda anche «nessuno in Ue cresce come noi, come il Partito democratico».

«Vedo tutti preoccupati, c'è chi con ansia si appresta a organizzare una manifestazione quindici giorni prima; ma bisogna sentire il sentimento del Paese e il 25 ottobre noi porteremo in piazza non solo lo schieramento del no, ma faremo sentire anche una proposta alternativa. Sarà una manifestazione inusuale perchè indicherà alternative possibili sui problemi del Paese». Il segretario del Pd Walter Veltroni spiega così dal palco dell'assemblea regionale, alla Festa del Pd a Firenze, i contorni della manifestazione dei democratici il 25 ottobre. «Sono convinto - sostiene Veltroni - che mese dopo mese la luna di miele del governo comincerà a sgonfiarsi perchè emergeranno le contraddizioni e se questo è vero, il Pd deve fare un lavoro con un respiro un pò più lungo del centometrista perchè Blair e Zapatero hanno avuto anni per costruire un'alternativa al governo e nel frattempo hanno costruito il partito riqualificando il rapporto con il territorio e la gente reale». 


Pubblicato il: 06.09.08
Modificato il: 06.09.08 alle ore 15.14   
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« Risposta #142 inserito:: Settembre 07, 2008, 10:36:52 am »

Bresso: congresso subito? Un errore col voto alle porte

Simone Collini


«Sbaglia chi mette in contrapposizione partito e amministratori locali, che sono invece una risorsa per ripartire e creare le condizioni per vincere la prossima volta». Mercedes Bresso usa spesso la parola «ripartire», parlando del Pd. E, riferendosi al Pd locale, la presidente della Regione Piemonte parla addirittura di «ripartire da zero».

D’Alema che fa suo l’invito dei simpatizzanti del Pd incontrati a Firenze a «darsi una mossa», Franceschini che risponde che «da mesi ce la stiamo dando»: presidente Bresso, sarà mica da tenere d’occhio l’«avanti sindaci» lanciato da Chiamparino alla Festa di Milano?
«Che si possa contare sugli amministratori locali mi pare evidente, anche perché le prossime battaglie saranno proprio sul terreno delle città, delle province e, l’anno dopo, delle Regioni. Il Pd deve ripartire da questa risorsa che ha, e che è forte. Anche perché ormai, con questa legge elettorale assurda per le politiche, il livello in cui si forma la classe dirigente è questo. Sono i sindaci e i presidenti di Provincia e Regione, eletti direttamente, quelli su cui si deve poter contare per costruire consenso e arrivare, la prossima volta, alla vittoria sul piano nazionale. Ecco perché penso che si sbaglierebbe a mettere in contrapposizione partito e amministratori».

La contrapposizione si è vista però nei fatti a Torino, dove il sindaco Chiamparino si è trovato schierati contro i vertici del Pd locale.
«A Torino si è creata una contrapposizione fin dall’inizio, quando per accordi nazionali ci è stato detto che dovevamo sostenere un candidato rutelliano e un pezzo del partito non era d’accordo. Abbiamo svolto le primarie in condizioni rocambolesche e tutt’oggi il Pd piemontese è spaccato a metà. E non possiamo permetterci il lusso di andare in questo stato al voto di primavera».

E cosa bisogna fare, allora, secondo lei?
«Ripartire da zero. Solo così si possono ricreare le condizioni per una collaborazione. Non può esistere un partito che da una parte ha metà dei voti degli iscritti - o simpatizzanti, ancora non si sa bene cosa siano - e dall’altra parte ha il presidente di Regione e il sindaco del comune capoluogo, nonché ministro ombra per le Riforme. Bisogna superare questa fase perché altrimenti passiamo il tempo a discutere del nostro ombelico, invece che delle vere priorità».

Che sarebbero?
«I problemi reali delle persone e come costruiamo effettivamente un partito capace di dare le risposte necessarie».

Dice Cacciari che se si continua così per un anno il Pd ce lo giochiamo.
«Il rischio c’è. E credo che questo sia quello che pensano tanti nostri militanti e simpatizzanti. Ma sarebbe inutile e sbagliato dire ora che è colpa di questo o quello. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo in una situazione difficilissima. Adesso, ripeto, dobbiamo ripartire dai problemi reali, sapendo che ci attende un autunno difficile e che temi tipici di una forza riformista e progressista da affrontare ce ne sono. Il Pd li deve assumere insieme a noi amministratori, perché dobbiamo farci i conti anche a livello locale e regionale».

Per superare questa fase, che Gentiloni definisce “di stallo”, secondo lei sarebbe utile convocare in tempi rapidi il congresso?
«Non ne abbiamo bisogno, onestamente. Serve un confronto, questo sì, un’elaborazione politica e un’analisi dei problemi in campo, ma un congresso no. Forse qualcuno si dimentica che andiamo verso elezioni amministrative ed europee, e che dobbiamo vincerle».

Per quanto riguarda le amministrative, si discute di eventuali alleanze, con la sinistra, con l’Udc: lei che dice?
«Tutti gli analisti ci spiegano che l’appartenenza degli elettori è di schieramento, cioè che il Paese è una mela spaccata a metà e che i voti si prendono motivando la propria metà ad andare a votare. Se ci sono le condizioni possiamo anche fare alleanze allargando all’Udc, ma per vincere serve altro».

Ci sono amministratori del Pd che non firmeranno la petizione Salva l’Italia per rispetto, hanno spiegato, del loro ruolo istituzionale: lei cosa fa?
«L’ho già firmata. Quando si prendono decisioni del genere lo si fa come esponenti politici. Ma questo è evidente a tutti».

E lo strumento in sé come lo giudica?
«Serve una mobilitazione politica sui nostri temi che parli ai cittadini, e i temi della petizione vanno bene. Importante è essere capaci di gestirla positivamente, far sì che sia non soltanto un’iniziativa di rito ma che ci faccia tornare a parlare al Paese».

Il Pd si è pronunciato contro la gestione della vicenda Alitalia, eppure il governatore del Lazio Marrazzo ha deciso di partecipare alla cordata: fino a che punto può arrivare l’autonomia di un amministratore del Pd?
«Non vedo problemi o contraddizioni su questo punto. Quella di Marrazzo ritengo sia una sorta di sfida, anche per difendere Fiumicino. Ma non è compito in particolare degli amministratori né dell’opposizione sperare che l’operazione vada male. È giusto segnalare che è stato commesso un errore clamoroso nel non trattare allora da posizioni più di forza, ma oggi non si può che cercare di fare il meglio per il Paese. E gli amministratori locali non possono che trattare con il governo in carica».

A proposito di trattare: cosa dirà a Calderoli della bozza sul federalismo fiscale?
«Dobbiamo vedere i dettagli, perché è spesso qui che si nasconde il diavolo, però questa bozza è sostanzialmente una traduzione di quella che abbiamo messo a punto noi presidenti di Regione. Su due punti va ora fatta chiarezza. Il primo: per calcolare i trasferimenti delle risorse per le singole materie di competenza delle Regioni si deve far riferimento alla media di spesa degli ultimi tre anni e non prendere in considerazione i tagli effettuati dal governo per il futuro. Il secondo: le imposte che ci vengono attribuite non possono poi essere modificabili dal governo, perché se ogni anno le aliquote vengono cambiate, la situazione diventa ingestibile».

Pubblicato il: 06.09.08
Modificato il: 06.09.08 alle ore 8.41   
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« Risposta #143 inserito:: Settembre 15, 2008, 12:46:06 am »

Attacco di Veltroni al governo: «La destra ha rovinato il Paese»


 
SIENA (14 settembre) - «La destra sta rovinando economicamente, politicamente e moralmente l'Italia» e le sue politiche puramente repressive possono portare «all'autunno della democrazia e della libertà». Lo ha detto il segretario del Pd Walter Veltroni nell'intervento che ha chiuso la scuola estiva del partito, svoltasi negli ultimi quattro giorni in alcune cittadine della Toscana e dell'Umbria. «Il tempo della destra populista - ha detto Veltroni riferendosi ai diversi governi conservatori che guidano alcuni Paesi europei e occidentali - è quello della democrazia che si riduce».

Un fatto che, per il segretario del Pd, è riscontrabile nelle politiche puramente repressive che questi governi, compreso quello di Berlusconi, adottano per affrontare alcuni fenomeni come la droga, la prostituzione, l'immigrazione. «In una logica vanamente e unicamente repressiva che finisce per essere solo oppressiva - ha detto Veltroni - si parte dalle impronte ai bambini rom per arrivare alle celle negli stadi e al carcere per le prostitute e per i loro clienti, per poi spingersi magari alla proposta della schedatura informatica di massa del sistema francese Edvige: migliaia e migliaia di persone catalogate in base alla loro etnia, alla loro attività lavorativa, sindacale e politica, al loro impegno sociale. Protezione, o presunta tale, al di sopra di tutto. Al di sopra della libertà e dei fondamentali diritti civili di ogni persona. È anche così che può cominciare l'autunno della democrazia e della libertà».

«La destra - ha quindi proseguito Veltroni riferendosi più specificamente al nostro Paese - sta rovinando economicamente, politicamente e moralmente l'Italia. Il dramma di questo Paese è che non ha mai avuto, ad eccezione del primo centrosinistra e del primo governo Prodi, una maggioranza riformista che lo abbia cambiato. L'Italia si renderà conto a breve che sette anni di governo della destra l'hanno ridotta nella condizione drammatica in cui si trova oggi. Solo noi possiamo essere l'alternativa nuova di cui il Paese ha bisogno. Dobbiamo saperlo e lavorare, perché al tramonto del berlusconismo corrisponda l'alba di una stagione di riforme, di modernizzazione e di moralizzazione della vita pubblica. Contro la conservazione, il coraggio del cambiamento. Contro la paralisi, la forza della speranza. Contro la chiusura in se stessi, l'apertura agli altri e al mondo».

Le parole di Fini. Veltroni è poi intervenuto sulla condanna del fascismo fatta ieri dal presidemnte della Camera Gianfranco Fini: le parole pronunciate da Fini sono «inequivoche» e apprezzabili, ha detto, ma le precedenti affermazioni di Ignazio La Russa o di Gianni Alemanno dimostrano che c'è «un limite strutturale della riflessione compiuta dalla Destra italiana sulla sua storia, sulla sua cultura, sulla sua identità».


da ilmessaggero.it
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« Risposta #144 inserito:: Settembre 16, 2008, 03:43:29 pm »

Il raduno di Venezia. Maroni: «Chiuderemo tutti i campi nomadi abusivi»

Bossi: «Il federalismo sarà gentile»

Il Senatùr alla festa dei popoli padani: «Il Paese ha bisogno di futuro, l'autonomia fiscale lo garantisce»



VENEZIA - «Ci sono ancora molti che sperano che si torni alla Prima Repubblica, al passato, ma il Paese ha bisogno di futuro e il futuro è rappresentato dal federalismo fiscale». Lo ha detto Umberto Bossi dal palco della Festa dei popoli padani, promossa come ogni anno dalla Lega e che ha avuto il suo momento conclusivo a Venezia, con la cerimonia dell'ampolla (l'acqua prelevata il giono prima alle sorgenti del Po viene versata in Laguna). «Vedrete che adesso tutti scopriranno che il federalismo è gentile» ha poi aggiunto il leader del Carroccio.

«VEDREMO IL NEMICO IN AULA» - «È passato il federalismo in Consiglio dei ministri - ha poi sottolineato Bossi -. Ariverà alle commissioni dove si litiga molto, poi approderà in Parlamento dove si fa finta di non litigare perchè la gente vede. In aula conteremo chi è nostro amico e chi nostro nemico e questo sarà per sempre». Bossi ha spiegato ai militanti leghisti radunati in riva dei Sette Martiri che il federalismo fiscale «cerca di mettere a posto uno Stato che non ha un soldo come l'Italia», e poi ha aggiunto che il senso e il principio del federalismo è quello che le regioni più ricche aiutino quelle più povere, perchè «la Costituzione garantisce che scuola, sanità e assistenza siano uguali in tutte le regioni del Paese. L'aiuto va bene ma questo non deve essere fatto attraverso la spesa storica, ma attraverso quella standardizzata. La spesa storica contribuisce solo ad anestetizzare la classe politica che spreca i soldi ed è per questo che il sud non si è sviluppato. Bisogna costringere chi amministra a fare bene e al nord i soldi non crescono sulle piante, ma dal lavoro».

«CHI E' CONTRO PERDE VOTI» - Il Senatùr ha poi rilevato come sarebbe politicamente deleterio, per le altre forze politiche, non seguire la Lega in una battaglia che per il Carrocio è di fatto una ragione di esistere. «Chi non dirà sì al federalismo non potrà ambire a prendere voti al di sopra del Po». Inoltre, secondo Bossi, «bisogna finirla in Italia con figli e figliastri. Non ci possono essere in un Paese democratico, tutti devono essere trattati nello stesso modo». Bossi ha riconosciuto che per certi aspetti si è ancora in «piena prima Repubblica, ma noi diamo lo stop al sistema di Roma ladrona. E’ venuta la Lega, figlia del Carroccio, che può far cambiare il Paese. Noi abbiano saputo restare legati alla gente ed ascoltarla».

«CHIUDERE I CAMPI NOMADI» - Prima del Senatùr erano intervenuti gli altri colonnelli leghisti. Tra loro, in particolare, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che aveva esordito all'insegna del grido «Padania libera» per poi spiegare che «i campi nomadi abusivi saranno chiusi tutti». Parlando di immigrazione, Maroni se l'è presa con la Libia, accusandola di non rispettare gli accordi: «Continua a lasciar partire clandestini a centinaia che giungono a Lampedusa - ha spiegato -. Ad ottobre ci andrò personalmente in visita affinchè gli accordi internazionali con quel Paese vengano rispettate».


14 settembre 2008(ultima modifica: 16 settembre 2008)

da corriere.it
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« Risposta #145 inserito:: Settembre 16, 2008, 03:49:58 pm »

Commissione Amato, Veltroni aveva dato l'ok, poi è arrivato il fuoco amico della destra


di Nino Bertoloni Meli


ROMA (16 settembre) - E’ finita con gli insigni giuristi riparati alla bell’e meglio in Campidoglio sotto la pioggia ad attendere a lungo un taxi, «la segreteria di Alemanno non è riuscita a trovarcene uno per mezzora buona», si sono lamentati i professori Cheli, Cerulli Irelli, Bassanini e altri. Ed è finita senza neanche essere cominciata la ”commissione per Roma” bipartisan che doveva essere presieduta da Giuliano Amato.

L’idea pare sia venuta a Gianfranco Fini che la suggerì al sindaco il quale, raccontano, in un primo tempo aveva invece pensato a Franco Bassanini, il vero e unico rappresentante della vera commissione Attali a Parigi voluta da Sarkozy. Ma poi resistenti, oppositori e malpancisti vari di entrambi gli schieramenti hanno lavorato sotto traccia e anche sopra per farla abortire.Fin dal primo momento Walter Veltroni aveva dato totale copertura ad Amato bipartisan per Roma, che per l’ex sindaco costituiva una polizza per una certa continuità di giudizi e di lavoro per la Capitale. «Dov’è il problema se Amato va a presiedere quella commissione?», aveva avallato Veltroni. E mugugni e maldipancia erano più o meno rientrati. Ci ha pensato il ”fuoco amico” dentro An a creare ostacoli, come quel pesante «Amato come Brusca» pronunciato da Maurizio Gasparri. Vennero infine tutti quei silenzi e mezze ammissioni sul Ventennio a complicare irreversibilmente le cose, sicché le forze anti-bipartisan ben presenti nei due schieramenti l’hanno avuta vinta. Ancora l’altro giorno, in quel di Cortona, quando Amato e Veltroni si sono parlati a quattrocchi nella saletta di un hotel, l’ex premier non aveva sciolto la riserva. «E’ inutile che insistete, non sto dietro alle vostre ossessioni», aveva rintuzzato il pressing giornalistico il dottor Sottile. E Veltroni era stato alla consegna di non fare alcuna pressione e di attendere la decisione autonoma di Amato: «Fammi sapere quando decidi». Al punto che, in partenza per gli Usa, ai collaboratori il leader del Pd ha lasciato due consegne: «Quando arrivo a mezzanotte a New York informatemi di Berlusconi a Porta a porta e di Amato».


Resta che da dentro il Pd il pressing per spingere il dottor Sottile a un ”no grazie” si era fatto pesante. E non è sfuggito che “l’altro Walter”, l’uomo ombra di Veltroni, Verini, solitamente circospetto e parco di parole, ieri sera alle agenzie ha dettato una lunga dichiarazione dove elencava «le impressionanti parole di ben tre esponenti della destra romana che hanno attaccato Fini per le coraggiose parole sul fascismo», per concludere con un «ma Alemanno non si dissocia dai nostalgici».

da ilmessaggero.it
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« Risposta #146 inserito:: Settembre 23, 2008, 09:47:20 pm »

Il segretario del pd scrive a Berlusconi

Alitalia, la lettera di Veltroni

«Il governo convochi le parti: ci sono 3 strade da percorrere»



Signor Presidente,
la vicenda Alitalia rischia di giungere rapidamente ad un esito tragico. Le scrivo per rinnovare l'impegno del Partito Democratico a concorrere alla ricerca di una difficilissima soluzione positiva e per chiederLe di assumere immediatamente un'iniziativa volta ad uscire dalla paralisi che si è determinata dopo il ritiro dell'offerta di Cai.

Noi del Partito Democratico abbiamo formulato un giudizio di durissima critica alle scelte da Lei operate - sulla questione di Alitalia - prima nella stagione di governo 2001-2006, poi nel corso dell'ultima campagna elettorale. Oggi tutti lo possono vedere meglio: la soluzione Air France era certamente più solida sul piano industriale e più efficace sul piano delle garanzie sociali. E aveva il merito di inserire, in maniera non subalterna, la compagnia di bandiera all'interno di una grande e consolidata realtà internazionale del trasporto aereo. Non ho dubbi circa il fatto che siano state proprio in quelle settimane le Sue scelte ad alimentare sproporzionate aspettative da parte di alcune delle organizzazioni sindacali.

Ma non Le scrivo per ribadire questi giudizi, purtroppo confermati dall'evoluzione degli eventi di queste ore. Le scrivo per avanzare tre proposte. Parto dal fatto che oggi tutti i protagonisti fondamentali avvertono l'urgenza di un fatto nuovo, ma nessuno sembra in grado o intende muoversi dalla posizione in ultimo assunta. Il Governo - anche agendo tramite l'azionista - può e deve superare questo stallo. Convochi dunque le parti, immediatamente, e determini un fatto nuovo: senza accettare né veti né soluzioni preconfezionate. Di fronte all'incombere del fallimento, il Governo non può dire di avere già fatto tutto quello che poteva, perché non è vero.

Signor Presidente, il tempo è pochissimo. Troppo ne è stato sprecato da marzo ad oggi, fino ad arrivare al limite temporale delle possibilità di sopravvivenza dell'azienda. Tuttavia noi, senza sconti sulle responsabilità politiche di questi anni, faremo quanto è possibile per aiutare tutte le parti a modificare, almeno in parte, le proprie posizioni. Ma il Governo deve favorire con una sua iniziativa urgente il riposizionamento di tutti gli attori.

Ci sono tre strade possibili: 1. che la Cai faccia un passo in avanti verso le posizioni espresse dai sindacati, come le indubbie condizioni di vantaggio ad essa offerte dal decreto del governo consentono e richiedono; 2. che ci si attivi per riprendere i fili di quei negoziati con soggetti esteri, che, da soli o con Cai, potrebbero acquisire, rispondendo al bando tardivamente pubblicato dal commissario, un ruolo rilevante nella salvezza e nello sviluppo di Alitalia. 3. che il commissario, in rappresentanza di Alitalia, e su preciso mandato del Governo, concluda immediatamente e positivamente una intesa con tutti i sindacati consentendo così poi a Cai e/o a compagnie aeree straniere di acquisire Alitalia, garantendone la sopravvivenza. Il nostro giudizio sulla vicenda della nostra compagnia nazionale è molto severo ma questo non ci impedisce di operare positivamente, come sempre, nell'interesse esclusivo del Paese.

Walter Veltroni
23 settembre 2008

da corriere.it
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« Risposta #147 inserito:: Settembre 25, 2008, 02:43:59 pm »

LA NOTA

E ora c'è la corsa a rivendicare il merito di un'intesa

Una partita tra governo e sindacati. Con qualche braccio di ferro di troppo


Lo schermo delle rigidità contrapposte si sta sfaldando. E di colpo si intravede una soluzione. L'incontro di ieri sera del segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, col sottosegretario Gianni Letta ha fatto intuire che la mediazione stava funzionando. In più, la convocazione delle parti oggi a Palazzo Chigi è stata subito salutata come un preannuncio dell'accordo dal leader del Pd, Walter Veltroni. Con una postilla maliziosa per Silvio Berlusconi: che se all'intesa si arriverà, non sarà merito del premier. È la risposta polemica agli attacchi arrivati nelle ultime ore contro Veltroni, accusato di giocare allo sfascio su Alitalia, boicottando l'intesa per colpire il governo.

Forse è ancora presto per ritenere la trattativa chiusa positivamente. Alcune delle incognite che hanno tenuto in bilico la situazione non sono state cancellate: a cominciare dall'atteggiamento dei piloti, almeno fino a ieri i più tetragoni nel dire no insieme alla Cgil. Ma ora i toni sono diventati meno pessimistici. E certamente la comparsa non di uno, ma di due possibili soci di minoranza europei, Lufthansa e Air France, ha rafforzato implicitamente Cai, la cordata italiana messa in piedi da Berlusconi. Il segno più vistoso di questo mutamento è il modo in cui governo e opposizione hanno cominciato ad attaccarsi. Appena due giorni fa, lo scontro era su chi puntasse a far fallire Alitalia e a provocare decine di migliaia di licenziamenti; insomma, sulla responsabilità del disastro. Adesso, la contesa si sposta sui meriti del possibile successo: con uguale virulenza, e con la voglia neppure troppo nascosta di accreditarsi come veri registi della svolta. «Berlusconi sa benissimo chi ha tirato fuori da questo impaccio non il governo ma il Paese», ha dichiarato Veltroni dagli schermi del Tg1. «Il suo governo ha gestito questa vicenda come peggio non si poteva».

Ha aggiunto che le cose si sono mosse per due «fatti nuovi » e risolutivi: un passo in avanti di Cai e l'interesse dei soci esteri. Poi, sibillino, ha adombrato qualche merito per ora misterioso. Per misurare l'esistenza di queste novità bisognerà aspettare oggi. Ma è difficile dare torto all'economista del Pd, Nicola Rossi, quando vede errori nella maggioranza e nel centrosinistra. Anche se sopravvalutare il ruolo dell'opposizione nella vicenda sarebbe sbagliato: in positivo e in negativo. Nelle convulsioni della trattativa, il Pd ha contato relativamente.

Semmai, hanno pesato la forza e ancora di più le debolezze sindacali; e un atteggiamento di alcuni settori del governo, così duro e umiliante per gli interlocutori da aver rischiato di far saltare tutto. Forse Berlusconi punta il dito contro Veltroni anche per velare questo errore di metodo; e per politicizzare una vicenda che in realtà ha avuto come principali protagonisti il governo e il sindacato. Il fatto che sia Palazzo Chigi a concludere la trattativa sottolinea il protagonismo dell'esecutivo. Un successo ridarebbe al premier la corona del vincitore: seppure un po' ammaccata da un braccio di ferro che in qualche passaggio è apparso inutile e azzardato. È l'abbaglio tipico di chi vuole stravincere.

Massimo Franco
25 settembre 2008

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« Risposta #148 inserito:: Settembre 25, 2008, 03:10:16 pm »

Il negoziato Alitalia a una svolta

I piloti: «Non abbiamo mollato»

Berti: Air France? Merito nostro.

Notaro: eravamo irriducibili, adesso le cose cambiano


ROMA — Il comandante Fabio Berti, gran capo dell'Anpac, è stanco, ha le occhiaie, il nodo della cravatta allentato, il ciuffo storto e alle otto della sera non è davvero più il «comandante piacione » (Maria Corbi, ieri, sulla Stampa) visto in giro sui tiggì. Però, sorride. Gli hanno appena letto un lancio dell'agenzia Ansa: per l'Alitalia c'è, di nuovo, l'interesse di Air France. «Capito perché abbiamo fatto bene a non mollare subito?...». Ci mettiamo seduti. Arriva anche Massimo Notaro, il presidente dell'Unione piloti, l'altro irriducibile. Pure lui di buon umore. «Allora, facciamo così: se questa storia dovesse diventare una fiction televisiva, e se davvero Berti ha detto a Klaus Davi di somigliare a Raoul Bova, io voglio essere interpretato da Jack Nicholson...». Berti, rilassato: «Sull'argomento, mi sono già espresso: chi s'azzarda a scrivere questa roba, si becca una querela».

Chiacchiere, battute, sigarette. Mentre arriva pure un'altra notizia: Palazzo Chigi convoca i sindacati. «Beh, se convoca anche noi — dice Notaro — è chiaro che andiamo ». A fare cosa? A firmare? Abbassano la testa. Notaro tossisce, Berti comincia a raccontare la telefonata avuta, in mattinata, con Silvio Berlusconi. «Mi chiama e mi fa, diritto, senza indugi: guardi che la situazione è grave, la Cai è l'unica soluzione, lei cerchi di essere ragionevole... ». Naturalmente, la cosa interessante sarebbe capire il tono usato dal premier, anche se è piuttosto agevole immaginare quale possa essere stato (se non brusco, almeno deciso). Berti, comunque, sostiene di avergli risposto così: «Io, signor presidente, sono consapevole di quanto grave sia la situazione, sto facendo tutto il possibile, ma questo, ecco, io spero proprio che lo stia facendo anche lei».

Adesso però parliamo meglio di Air France. Berti, la scena comincia ad affollarsi... «È evidente che sul dopo chiusura della trattativa si stagliano un paio di ipotesi: quella francese e quella tedesca. Che, strategicamente, non sono uguali». Perché? «Perché Air France progetta su Roma, Lufthansa su Milano ». E siccome il piano di Cai è impostato su Milano... «A me sembra assai più probabile l'ipotesi tedesca». Ecco, questo è strano: va bene l'atmosfera non più tesa, nervosa, polemica dei giorni scorsi; solo che ora, mentre Berti si sbilancia sulle future alleanze di Cai, immaginando gli scenari del dopo trattativa, Notaro addirittura già parla — i tempi dei verbi, nelle vicende sindacali, hanno un peso rilevante — al passato. «Vede, in fondo noi siamo stati irriducibili perché...». Sono le dieci, è notte. Dove state andando? «A Palazzo Chigi».

Fabrizio Roncone
25 settembre 2008

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« Risposta #149 inserito:: Settembre 25, 2008, 06:48:27 pm »

Intanto Air France punta al 10-20% di Cai

Alitalia, la Cgil sceglie di firmare

Epifani: salari difesi. Uil: 3250 esuberi

Vertice a Palazzo Chigi , Letta: «Riannodati i fili della trattativa».

Il sì dopo le «integrazioni» al piano Fenice



MILANO - Per Alitalia è il giorno della speranza. La Cgil ha firmato il piano, dopo aver letto le integrazioni proposte dalla Cai. Resta ora da verificare quale sarà la posizione delle organizzazioni dei piloti e degli assistenti di volo attesi a Palazzo Chigi per firmare (o respingere) l'accordo siglato dalle organizzazioni sindacali confederali. «Oggi - ha annunciato il ministro per lo sviluppo economico Claudio Scajola dopo la firma dell'accordo - il commissario Augusto Fantozzi chiederà e otterrà la proroga delle licenze da parte dell'Enac». Intanto Fantozzi ha fatto sapere che la nuova Alitalia nascerà a metà ottobre, spiegando di aver ricevuto una lettera da Colaninno con la «revoca della revoca». «Il termine dell'offerta di Cai ora è fissata al 15 ottobre» ha detto Fantozzi.

EPIFANI - Soddisfatto il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani: «Si è raggiunta un'intesa complessiva assolutamente positiva, anche tenendo conto di alcuni chiarimenti e aggiunte» ha detto il leader della Cgil, spiegando a riguardo l'importanza delle integrazioni apportate al piano in tema di precariato e salari: l'azienda userà infatti, ha spiegato il leader sindacale, «quel bacino di precari, dando così speranza a centinaia e centinaia di lavoratori per i quali non c'era nulla». Il segretario della Cgil ha sottolineato, inoltre, «l'effettiva invarianza retributiva di tutto il personale a terra» con, tra l'altro, la conferma della maggiorazione notturna e la rinuncia, da parte della Cai, alle restrizioni sui trattamenti di malattia e sulle indennità. Quanto a piloti e assistenti di volo la decurtazione della retribuzione del 6-7% sarà recuperata con incremento della produttività. «Confido - ha aggiunto Epifani - che sia possibile da parte degli assistenti di volo e dei piloti, riflettere per vedere come anch'essi possano contribuire a questo piano di rilancio e di risanamento dell'azienda». Se i piloti e gli assistenti di volo non dovessero firmare l'accordo, vi sarebbe, ha spiegato inoltre Epifani, un «problema di rappresentatività» e occorrerebbe pensare «a meccanismi democratici di convalida dell'accordo».

ESUBERI E ASSUNZIONI - Circa gli esuberi, il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti ha spiegato che la Cai assumerà 12.500 dipendenti di Alitalia, mentre per 3250 sono previsti gli ammortizzatori sociali. «Purtroppo - ha però ammesso il numero uno della Uil - nessuno ci ha mai chiarito con precisione quanti sono i dipendenti di Alitalia e Airone». Nell'allegato ai protocolli firmati su Alitalia a Palazzo Chigi da Cgil, Cisl, Uil e Ugl, la Cai ha dato la propria disponibilità ad avvalersi per il prossimo triennio di mille unità complessive di personale che negli ultimi 36 mesi abbia prestato la propria opera a favore di società dei Gruppi Alitalia e Airone con contratto di lavoro a tempo determinato. Da parte sua il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha fatto sapere che«chi non verrà assunto dall'Alitalia o dalle società collegate avrà una robusta integrazione del reddito con la cassa integrazione. C'è un forte impegno per la loro ricollocazione - ha spiegato il ministro -. I primi ad essere selezionati, anche per lavori a tempo determinato, saranno i cassintegrati che avevano un lavoro a tempo indeterminato. Poi sarà la volta di chi aveva un contratto a tempo determinato». Per quanto riguarda il trattamento di malattia, si legge nel testo firmato, le integrazioni concordate prevedono «la conservazione del posto per 12 mesi. In caso di malattia/inidoneità per causa di servizio a partire dal primo giorno di assenza e per i primi 8 mesi il lavoratore percepisce la normale retribuzione, per i successivi il 50%. In caso di malattia/inidoneità non per causa di servizio, a partire dal primo giorno di assenza è corrisposto il 100% della normale retribuzione per i primi 6 mesi, il 50% per i mesi successivi«. Per quanto riguarda le qualifiche degli assistenti di volo (che sono assistente di volo responsabile, assistente di volo responsabile di seconda e assistente di volo) «vengono previsti livelli retributivi intermedi tra quelli dell’assistente di volo responsabile e l’assistente di volo. Fermi restando i limiti quantitativi minimi di composizione degli equipaggi e la possibilità di operare con equipaggio ridotto - si legge nel documento - per indisponibilità improvvisa di qualsiasi membro di equipaggio che non consenta la sostituzione, limitatamente alle attività di volo di lungo raggio è previsto l’impiego di un assistente di volo responsabile di seconda con compiti di coordinamento del servizio economy. Sull’attività di corto-medio raggio possono essere indistintamente ed alternativamente impiegati assistenti di volo responsabili e assistenti di volo responsabili di seconda».

PARTNER STRANIERO - Il partner straniero che entrerà come socio di minoranza della Cai resta ancora da scegliere. «Non c'è alcuna novità sul partner internazionale. Sarà la Cai a sceglierlo» ha detto il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. Epifani da parte sua ha apprezzato comunque l'impegno chiaro della compagnia guidata da Roberto Colannino a prevedere fin dall'inizio un ruolo per il socio internazionale: «Aver messo una parola di chiarezza sul partner internazionale offre una garanzia in più» ha detto il numero uno della Cgil. Gli incontri e le mediazioni che si sono susseguiti per tutta la giornata di mercoledì sembrano dunque avere dato i frutti sperati. L'agenzia ApCom ha annunciato che, stando a non precisate fonti industriali, Air France è particolarmente interessato all'operazione e per questo potrebbe rilevare una partecipazione tra il 10% e il 20% nel capitale Alitalia.

LA MEDIAZIONE - Il confronto tra le sigle sindacali e i rappresentanti della nuova compagnia, con la mediazione dell'esecutivo, è tuttora in corso a Palazzo Chigi. Il sottosegretario Gianni Letta ha spiegato che il governo ha «convinto Cai a riproporre l'offerta»: «Abbiamo riannodato - ha spiegato Letta - i fili di un discorso che si era interrotto, ma non compromesso». Lo stesso Letta ha provato a districare il nodo della mancata firma formale di Cgil: è stato «accertato il consenso della Cgil» sui due documenti, ha precisato. Ora, si parte dai due protocolli sui quali c'era già l'assenso di Cisl, Uil e Ugl. «Dopo questa firma, terremo aperto il tavolo fino alle 20, dopo aver preso atto della firma dei quattro sindacati», ha annunciato, sottolineando che Cai «ha dato i chiarimenti chiesti ai sindacati sui protocolli» e che «sono stati chiariti anche i dubbi di interpretazione sui precari». Il verbale con le precisazioni di Cai, ha spiegato ancora Letta, diventerà parte integrante dei due protocolli, cioè quello sull'accordo quadro e quello sul nuovo contratto di lavoro dei dipendenti della nuova Alitalia.

ASSEMBLEA DEGLI ASSISTENTI DI VOLO - È cominciata intanto all'aeroporto di Fiumicino l'assemblea dei piloti e assistenti di volo convocata da Anpac, Up, Avia e Sdl. «Qualsiasi decisione per quanto riguarda l'Sdl, sarà comunque sottoposta alla consultazione dei lavoratori. Questa è la proposta che faremo in assemblea ai lavoratori». Lo ha detto Andrea Cavola, della segreteria nazionale dell'Sdl. Per primi hanno preso la parola i rappresentanti della delegazione trattante, Fabrizio Tomaselli, mentre si attende ancora l'arrivo dei rappresentanti dell'Up e Anpac che sono stati a colloquio con Colaninno e Letta a Palazzo Chigi. È presente, inoltre, il presidente di Avia, Antonio Divietri.

PILOTI - «La nostra posizione è quella di poter firmare un accordo quadro solo se sarà accettato un documento integrativo che non altera l'accordo quadro ma lo integra con cose importanti». Così roberto spinazzola, segretario generale dell'Unione piloti, secondo il quale «i piloti escono sconfitti» visto che altri hanno ottenuto qualcosa e loro no.
«La trattativa è ancora in corso, ma uno spiraglio c'è» ha detto invece Francesco Barbato (Anpac) durante il suo intervento all'assemblea dei dipendenti di Alitalia




25 settembre 2008

da corriere.it
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