De Magistris:"Mi cacciano perchè indago. Così torniamo all'epoca fascista"

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Minzolini, il megafono umano del governo

di Luigi De Magistris,
da luigidemagistris.it


Per le famiglie italiane le parole del direttore del Tg1 devono esser suonate surreali e sinistre. Non solo nel contenuto - criticabile - ma anche nel modo - altrettanto disprezzabile - con cui sono state espresse: Minzolini che all'ora di cena irrompe dentro le case, senza contraddittorio, per attaccare un singolo magistrato (il pm di Palermo, Antonio Ingroia) e difendere la casta del potere prospettando un ritorno all'immunità parlamentare.

Giornalisticamente cresciuto nel genere del pettegolezzo politico, dove all'analisi e all'inchiesta si preferiscono le confessioni private gossippare, e sempre disponibile ad oliare la macchina dei potenti, Minzolini è quanto di più distante ci possa essere da chi pratica questa professione con responsabilità e senso deontologico.

Eppure abusa della tv pubblica, per la terza volta in pochi mesi (prima sul caso escort e poi sulla manifestazione per la libertà di informazione), entrando a gamba tesa nel delicato rapporto fra magistratura, politica e informazione, con il solo scopo di farsi megafono umano del Governo.

Un uso scorretto, anzi un abuso del suo ruolo e dello spazio che esso gli consente. Altrettanto grave è l'indice che ha puntato verso un magistrato impegnato in indagini delicatissime riguardanti la mafia, a cui ha attribuito "un obiettivo improprio, quello di ribaltare il corso degli eventi". Essendo al fianco di Ingroia, a Napoli, proprio mentre pronunciava le parole al centro della polemica - strumentale - di Minzolini, posso confermare di aver ascoltato un ragionamento di semplice buonsenso che non aveva niente del programma eversivo a cui accenna il direttore del Tg1.

Mi chiedo infatti: un magistrato ha il diritto di lanciare il suo grido di allarme sulla tenuta del sistema giudiziario e della giustizia stessa di fronte a provvedimenti di governo che a suo avviso li compromettono? Può avvisare la società civile che sono in ballo progetti di riforma del codice di procedura penale e delle intercettazioni che, stando a quanto si evince, rischiano di mettere in difficoltà la facoltà investigativa della magistratura e in particolare la lotta alle mafie e ai colletti bianchi? Ha la libertà di citare Falcone e Borsellino e il loro insegnamento che la lotta alle mafie non si fa solo nei tribunali, ma è una missione culturale e civile?

Credo di sì, credo che un magistrato abbia non solo la facoltà e il diritto, ma il dovere di farlo. Come credo che forse è proprio nel riferimento ai due giudici palermitani, che Ingroia ha compiuto domenica, che si annida il terrore del potere opaco e dell'informazione asservita, che vorrebbero mantenere "quel puzzo di compromesso morale" che non solo li garantisce ma che condividono.

(10 novembre 2009)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/minzolini-il-megafono-umano-del-governo/

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Da Strasburgo con furore

di Denise Pardo


Non ci sta a fare solo il deputato Ue.

Il partito è nella bufera ma lui chiede una linea più dura.

I progetti dell'ex pm.

Colloquio con Luigi De Magistris
 

Chi pensava che me ne sarei stato buono buono al Parlamento europeo si è proprio sbagliato... L'ex magistrato Luigi De Magistris, eletto alle ultime europee come indipendente nell'Italia dei Valori (e diventato presidente della commissione del Bilancio comunitario), è un tipo che definire intenso e deciso è un dolce eufemismo. Il suo partito è nella bufera per le accuse, via blog, striscioni, dibattito interno e esterno, di poca democrazia, di opportunismo e ordinario nepotismo (per alcuni), di troppa deriva a sinistra (per altri). In più, all'ombra della discussione sulle elezioni regionali, ad animare la situazione già concitata, è arrivato l'esodo, quotidiano e molto polemico, di un bel po' di fedeli dipietristi. E lui, De Magistris, è il sospettato numero uno della fronda al leader Antonio Di Pietro. Ma l'europarlamentare, titolare di inchieste esplosive, con scontri tra magistratura, Csm e politici ("Why not", "Toghe lucane"), respinge le accuse di attentatore alla leadership dipietrista e non arretra dalle sue posizioni ultrà, consapevole del diluvio di voti ottenuti a maggio, secondi solo a quelli di Silvio Berlusconi.

Prima di tutto: come si sta dall'altra parte della barricata?
"Essere costretto a lasciare il lavoro che ho amato come un familiare stretto è stato un dolore profondo. Credevo che l'Europa sarebbe stata l'esilio e che avremmo discusso di asparagi, tonno e pesci. Invece si può incidere ed è entusiasmante".

Ma nel frattempo, il partito è in subbuglio. Proteste nei blog, diaspora e abbandoni, accuse di fuoco. Non c'è pace nell'Italia dei valori...
"La verità è che nei confronti dell'Idv c'è una grande aspettativa. Così quel che viene perdonato ad altri, a noi non viene perdonato. Il giorno del primo incontro con Di Pietro, lui non mi chiese solo di candidarmi. Disse di apprezzare la mia passione nel voler cambiare le cose. Questo fu determinante per me, perché sono convinto che in Italia vada cambiata la classe dirigente. Per esempio, nel Pd: Pier Luigi Bersani vediamo cosa farà. Ma non è il cambiamento. È la mia linea e Di Pietro è d'accordo".

Sì, ma come stanno le cose? Alla linea dovrebbero corrispondere i fatti...
"Il futuro dell'Idv sarà così. Ma ci devono essere dei passaggi, degli assestamenti. Per le regionali sto spingendo, lo vedete, perché sia così. Non mi accontento di avere candidati dal casellario giudiziario pulito. Vorrei persone di altissimo livello. Un esempio? Per la presidenza della Campania mi vengono in mente i nomi di Roberto Saviano, di Raffaello Magi, l'estensore della sentenza Spartacus contro il clan dei Casalesi, di Raffaele Cantone, pm anti camorra di Napoli. Questo è il messaggio che dovrebbe passare. Naturalmente la scelta è al Pd, è il partito più forte. Ma non si può proporre Vincenzo De Luca, ottimo amministratore a Salerno, ma imputato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Bisogna uscire dalla logica del consociativismo del sistema di potere".

Una delle accuse è proprio questa, l'aver ceduto. L'essere tentati dall'eredità dell'Udeur di Mastella.
"Per me la politica modello Mastella, raccomandazione o simili, non esiste. Lei mi chiede di Bassolino. Il Pd doveva mandarlo a casa. Solo se riusciremo a creare una politica diversa, saremo forti. Se l'Idv commettesse questo sbaglio, passerà in 48 ore dall'8 per cento al 2".

Parole da leader.
"Pur non avendo un ruolo di responsabilità, ho un ruolo politico evidente. Quando l'altro giorno un giornalista mi ha domandato: "C'è l'anomalia Torre Del Greco, dove l'Idv sta con il centrodestra". Ho risposto candidamente: "Per me è cosa grave, dovrebbe finire quanto prima". L'indomani ho saputo che Idv è uscita. Se raccogli un numero così alto di voti, finisce che se dici una cosa hai un peso enorme".

C'è una tesi: lei vuole prendere il posto di Di Pietro e gli fa la fronda. Silvana Mura, fedelissima dipietrista, ha detto che, anche solo per questioni di età, sarà lei il successore. Però deve stare calmo.

"Io calmo non sono. Si è detto: De Magistris ha lanciato l'opa sul partito. Figuriamoci. Però, se qualcuno si era illuso che avrei fatto il parlamentare europeo e basta, beh, se lo può proprio scordare, perché io non mi calmo. Anzi, il mio impegno sarà sempre più forte. Non di cacciare Antonio Di Pietro, ma di far crescere l'Idv. Vorrei che il partito capisse che sono una risorsa, che sto dando l'anima, che per questo, vedo la mia famiglia solo la domenica...".

Nessun contrasto tra voi due? Altra voce: Di Pietro è suo prigioniero.
"Falso. Sia l'una che l'altra. L'intesa è forte, anche umanamente.Veniamo dallo stesso mondo, la magistratura. Abbiamo percorsi diversi. Lui arriva da una cultura popolare e contadina. Io ho studiato Marx, sono un appassionato di Enrico Berlinguer, ho votato sempre Pci. Ci accomuna la volontà di eliminare le diseguaglianze. Se si rompe il rapporto tra me e lui, questo progetto non può andare avanti".

Sembra che Di Pietro non lasci spazi. "Gli spazi ci sono e sono ampissimi. È previsto un congresso, e io ho una posizione di forza. Le cose vanno migliorate, ma per chi vuol impegnarsi sul serio non c'è limite". Aurelio Misiti, Pino Pisicchio e altri storici dipietristi vanno via.
"A Di Pietro dissi subito: porterò un plusvalore, ma anche una rottura con un sistema. Devo dargli atto: è stato coraggioso. E gli effetti, ora, sono sotto gli occhi di tutti. C'è gente che va via anche perché ha capito che la linea del partito è questa. Misiti faceva battute. Diceva che non mi dovevo occupare delle regionali stando a Strasburgo. La verità è che in Calabria abbiamo deciso di rompere con il loierismo. Abbiamo detto: candidiamo uno della società civile indipendentemente da che parte politica sta. Però, Misiti aveva già fatto l'accordo con Agazio Loiero. Poi ci sono casi di miopia, Pino Pisicchio...".

Cioè?
"Berlusconi ormai è impresentabile. E allora Fini, che sta dicendo cose sensate e istituzionalmente importanti, Casini, i poteri economico-finanziari, le gerarchie ecclesiastiche, si stanno riposizionando. La gente che ha vissuto di potere, Francesco Rutelli, Pino Pisicchio, andrà a confluire da quella parte. Ma non ha capito che in questo modo non si costruisce l'alternativa a Berlusconi, ma solo l'epurazione dei suoi tratti eversivi. Il cambiamento può venire solo dal centrosinistra, purché tagli per sempre i tentativi di inciucio".

Alle regionali l'Idv correrà da solo?
"Spero che trovi un accordo con il centrosinistra, riconoscendo al Pd il ruolo più importante e lavorando con Radicali, Sinistra e libertà, Rifondazione. E in certe zone con l'Udc. Non quella di Cuffaro, condannato per favoreggiamento, o di Lorenzo Cesa, personaggio impresentabile sotto diversi profili o di Ciriaco De Mita. Complessivamente penso che un laboratorio politico con l'Udc non si possa fare".

La vita politica si identifica ormai con la giustizia in tutte le sue forme.
"Troppi politici delinquono, questa è l'anomalia. La mafia è entrata nelle istituzioni. Se l'Italia, dopo la stagione delle bombe, non è andata in bancarotta è anche grazie ai capitali mafiosi. Non siamo più in grado di capire dove termina l'economia legale e comincia quella illegale. Al tempo di Andreotti, la mafia si accontentava di avere dei referenti. Nel '94, dopo le bombe, mette in pista direttamente persone sue, un nome per tutti Marcello Dell'Utri, l'ideologo di Forza Italia. Così comincia la pax mafiosa".

In questi giorni a proposito di lei e Di Pietro, Paolo Franchi ha ricordato una frase di Pietro Nenni: un puro trova sempre uno più puro che lo epura. Che ne pensa?
" Se qualche volta mi fossi girato dall'altra parte, come mi consigliavano in tanti, se avessi chiuso qualche volta gli occhi, sarei potuto diventare un brillantissimo procuratore della Repubblica. Ma sono un idealista. Però nessuno mi ha mai epurato. E non ho ancora trovato uno che mi abbia fatto fesso".

(11 novembre 2009)
da espresso.repubblica.it

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Ma i beni pubblici di chi sono?


di Luigi De Magistris


Il Governo privatizza l’acqua. Non è un bene di tutti, non è una risorsa primaria. Quando si rubano acqua ed aria si ha il furto di Stato ed il messaggio è chiaro: la sete la debbono governare le multinazionali. Coloro i quali hanno il governo dell’economia decidano sulla vita e la morte delle persone. Ancora una volta il Governo approva una legge in violazione della normativa europea, come avevo già evidenziato con il deposito di un’interrogazione alla Commissione.

Per la politica degli affari l’acqua è un business ed anche molto redditizio. Numerose inchieste giudiziarie, svolte anche in epoca recente, hanno evidenziato gli interessi criminali che ruotano nella gestione dell’acqua. Operano spesso le solite società miste pubblico-private – del tipo di quelle che nel settore dei rifiuti hanno coinvolto per fatti di mafia il Sottosegretario PDL Cosentino - divenute perfetta sintesi tra la lottizzazione partitocratica e la borghesia delle professioni dominanti, con presenza, talvolta, di personaggi contigui alle mafie e magari, per offrire una forma di apparente legalità, inserendo nella compagine sociale magistrati in pensione oppure, per scongiurare controlli di legalità, parenti e affini in un incrocio tracotante tra controllori e controllati in un conflitto d’interessi permanente. Il costo dell’inserimento della borghesia mafiosa nella gestione dell’acqua viene pagata dai soliti noti: gli utenti, il popolo. Che pagano ancora di più per avere quello che dovrebbe essere gratuito.

Il controllo della gestione dell’acqua significa appalti e sub-appalti per miliardi di euro, nella potabilizzazione e depurazione delle acque, nella realizzazione delle reti idriche, nelle convenzioni con le multinazionali predatorie. E volano le mazzette di Stato, stile scudo fiscale.

Le multinazionali non investono denari per realizzare reti idriche in Africa in maniera tale da scongiurare il dramma dell’assenza di acqua che costringe alla fuga migliaia di migranti, ma colludono con i governi dell’opulenza senza regole per eliminare l’acqua quale bene pubblico. Avere il controllo dell’acqua vuol dire anche condizionare la vita di milioni di esseri umani. L’acqua è come l’aria dicevano gli antichi. Beni primari. Tutto, ormai, vogliono toglierci: l’acqua, la salute, la natura. La violenza di questa politica affaristica non sembra avere uguali nell’era della democrazia: è la forma più deteriore della plutocrazia dei mercanti che governa, in una corsa verso la distruzione del globo, il destino degli uomini. Dimostriamo che esiste ancora chi sogna un mondo diverso in cui l’amore per il prossimo sia la bussola dell’agire politico e la natura una risorsa di tutti e per tutti. Questo Governo sta realizzando il suo percorso autoritario e predatorio dei servizi e beni pubblici in spregio ai diritti ed utilizzando le norme in modo illegittimo. Distrugge le Costituzioni ed il diritto naturale con la legge. Nulla di più devastante anche sul piano morale.

22 novembre 2009
da unita.it

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Segnali di fumo


Quattro mesi di legislatura europea sono ancora pochi per poter analizzare rapporti ed alleanze politiche. È ancora presto per capire se convergenze politiche possono divenire alleanze o se rimangono solo segnali di fumo, percorsi incrociati, comune sentire su singole tematiche. IDV sta contribuendo a caratterizzare la linea politica del gruppo ALDE (democratici e liberali) su temi fondamentali: sicurezza pubblica, lotta al crimine organizzato, contrasto alle frodi ed alle corruzioni, politiche energetiche ed ambientali radicalmente nuove fondate sulla green economy, innovative politiche del welfare con proposte economiche per il lavoro e contro la precarizzazione, redistribuzione dei redditi e riduzione delle disuguaglianze sociali, tutela dei beni pubblici primari, diritto di accesso gratuito alla Rete. Su altri temi la strada nel gruppo era già spianata: libertà civili, laicità, condanna ad ogni forma di discriminazione, pluralismo e indipendenza dell’informazione. Lo spostamento verso sinistra dell’ALDE produce significative conseguenze politiche.
Accade che sempre maggiori sono le convergenze su taluni temi con GUE (comunisti) e Verdi. Nella lotta per i diritti IDV ritiene di poter essere un punto di riferimento anche per quelle formazioni politiche italiane che sono rimaste fuori dalla rappresentanza. Il nostro dialogo con la sinistra plurale è forte e serio. C’è rispetto reciproco e lavoriamo per costruire. Altro tema politico è dato dalle convergenze che si potranno costruire con SD (socialisti e democratici) ed in particolare con il PD. Un’alleanza strategica su alcuni temi potrebbe cambiare gli equilibri politici e consentirci risultati importanti in Europa e in Italia. La sfida è quella di condurre insieme alcune battaglie: dal contrasto alle mafie, alla laicità senza ricadute di tipo confessionale, dalla tutela dei più deboli, all’alternativa ad un sistema di potere corrotto. La sfida è, soprattutto, sul cambiamento epocale che chiede una parte del Paese ormai stufa. Accanto a segnali di fumo, ci sono messaggi politici che tendono al consolidamento del sistema.
Ad esempio, la posizione congiunta del capo delegazione PDL Mauro con il vice presidente del parlamento del PD Pittella, a proposito della criminale aggressione a Silvio Berlusconi. Una lettera che è simbolica dell’asse sistemico tra i due grandi partiti, spaventati dal dissenso crescente nel Paese. Il contenuto di quella lettera è politicamente inaccettabile per chi cerca un’alternativa. Parlare di baratro per il Paese, di svolta autoritaria, di fine della democrazia con riferimento all’azione di un folle che delinque è falsare la realtà dei fatti. Nel baratro, infatti, ci sta conducendo Berlusconi, l’autoritarismo è quello dei peronisti al governo, nel sonno della ragione ci sta portando questa maggioranza. Non siamo stolti. Respingiamo il tentativo di prendere a pretesto l’azione di un criminale per consolidare l’arroccamento al potere e marginalizzare, criminalizzandole, le forze di opposizione democratica ad un regime che sta distruggendo la democrazia e lo Stato di diritto nel nostro Paese. La sfida allora è questa: segnali di fumo di resistenza per la difesa della democrazia o costruzioni di mura in difesa del regime?

20 dicembre 2009

di Luigi De Magistris

da unita.it

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Su Napolitano: «lo vorrei più custode della Costituzione»

De Magistris: «Berlusconi in esilio? Era soltanto una provocazione»

L'eurodeputato Idv: «Stiamo perdendo l'umorismo. Ma lasciare l'Italia sarebbe vantaggioso per il premier»


ROMA - «Questo Paese sta perdendo l'umorismo». Luigi De Magistris replica così alle polemiche che si sono scatenate dopo il messaggio apparso sul suo blog («Lancio il mio lodo per Berluscon: via dall'Italia senza conseguenze»). L'eurodeputato dell'Italia dei Valori, intervenendo a «24 Mattino» su Radio 24, chiarisce il suo pensiero: «Io sono convinto che Berlusconi vada sconfitto politicamente. Volevo anche smitizzare il Lodo, è una provocazione di questo tipo». Insomma, «un pezzo scritto su un blog che va letto per quello che è».

BERLUSCONI - Poi però l'ex magistrato attacca duramente il premier: «Se vogliamo pensare che l'Italia è caduta nel basso impero e quindi c'è un sultano che sta stravolgendo la democrazia, allora l'esilio potrebbe essere una conseguenza, ma si può anche intendere come una scelta addirittura vantaggiosa per Berlusconi. Perché rispetto agli altri cittadini che si fanno fare i processi, lui fa leggi per non subire conseguenze giuridiche». «Io ho molto rispetto di chi ha votato Berlusconi - aggiunge de Magistris - Però chiediamoci questo consenso come è stato formato. Io sfido un Paese ad avere un'informazione libera, pluralista e indipendente e non controllata come è in parte da Berlusconi e poi vediamo se Berlusconi ha o meno lo stesso consenso. Se non controllasse la Mondadori attraverso processi corruttivi, se non avesse acquisito il controllo delle licenze televisive attraverso il rapporto corruttivo con Craxi, chissà se arrivava ad avere lo stesso consenso. Io ho dei dubbi».

NAPOLITANO - De Magistris critica il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Ho un grande rispetto per la presidenza della Repubblica e questo rispetto mi spinge ad essere critico di Napolitano perché lo vorrei più custode della Costituzione. Per esempio il Lodo Alfano non andava promulgato. Così lo scudo fiscale, che viola i regolamentari comunitari. Il fatto che il presidente non promulghi e rimandi alle Camere la legge ha un significato politico. Questo Napolitano non lo ha fatto, è grave che non lo abbia fatto nel Lodo Alfano e questa critica non significa non avere rispetto. È uno stimolo a essere più custode della Costituzione e della democrazia del nostro Paese» (nel frattempo, però, lo stesso Napolitano - intercettato dai cronisti - si dice «molto soddisfatto» delle reazioni al suo discorso di fine anno).

NESSUNA COMPETIZIONE CON DI PIETRO - Infine, De Magistris parla del suo rapporto con Antonio Di Pietro: «Il Corriere della Sera da un po' di tempo crea un caso tra me e Di Pietro, sono i poteri forti che temono un rapporto molto stretto tra noi. Non c'è alcuna competizione, non c'è mai stata così profonda sintonia tra me e Di Pietro».


04 gennaio 2010
da corriere.it

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