De Magistris:"Mi cacciano perchè indago. Così torniamo all'epoca fascista"

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POLITICA

Intervista al pm di Catanzaro a cui la procura generale ha avocato l'inchiesta dopo l'iscrizione al registro degli indagati del ministro Clemente Mastella

De Magistris:"Mi cacciano perchè indago. Così torniamo all'epoca fascista"

"Oggi il tema in gioco è se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Faccio le corna, ma dopo che mi hanno tolto le inchieste resta solo l'eliminaziione fisica"

di ATTILIO BOLZONI


FRANCESCO VIVIANO


Ha appena saputo. E comincia a parlare: "Siamo alla magistratura degli Anni Trenta, siamo tornati a un ordinamento giudiziario gerarchizzato proprio dell'epoca fascista". Il sostituto procuratore Luigi De Magistris sceglie con cura le parole, prova a stare calmo nonostante tutto quello che gli sta rotolando addosso. Dice: "Prima mi tolgono l'inchiesta Poseidone, poi il tentativo di allontanamento, poi ancora l'avocazione dell'inchiesta Why Not, faccio le corna ma dopo rimane solo l'ipotesi della soppressione fisica". Il magistrato è nella sua casa di Catanzaro. Risponde a tutte le domande che può. Da qualche minuto ha avuto notizia dalle agenzie di stampa che gli hanno "tolto" anche l'altra indagine, si sfoga: "Stento a crederci, mi sembra una barzelletta".

Che costa sta accadendo dottor De Magistris?
"Il dato è quello dell'impossibilità materiale di svolgere il proprio ruolo. Se è vero, se è vero perché io non ho ancora ricevuto alcuna notifica, ci avviamo al crollo dello stato di diritto. E un altro punto nevralgico è quello dell'articolo 3 della Costituzione che qui si sta mettendo in gioco: i cittadini italiani sono tutti uguali davanti alla legge?"

Tutti i cittadini italiani sono uguali davanti alla legge?
"Se uno arresta chi fa la tratta di esseri umani o i trafficanti di droga gli arrivano i telegrammi e gli applausi, gli dicono che è il magistrato più bravo d'Italia. Ma poi viene cacciato quando indaga sulla pubblica amministrazione. Cosa significa allora? A questo punto la partita non può essere più - visto che il tema è così alto - trasferite o non trasferite De Magistris. Io pongo un altro problema: un magistrato così può rimanere in magistratura. E io, così lo so fare il magistrato, anche se mi mandano a Bolzano o a Novara o a Cagliari. Questo è il tema che è in gioco nel Paese: se un magistrato può continuare a indagare su tutti i cittadino o no".

Lei cosa sa di questa avocazione?
"Di ufficiale nulla. Ma se la ragione è quella sull'omessa astensione nel conflitto con il ministro, questo è un fatto senza precedenti. In questo caso la magistratura, intesa come potere diffuso sul territorio, perde completamente la sua autonomia".

Sembra che il procuratore generale Dolcino Favi abbia motivato il suo provvedimento per l'articolo 412, cioè l'avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale o per la non archiviazione nei termini stabiliti dalle legge.
"Se è così, è ancora peggio. Le indagini preliminari sono in corso e quella norma può intervenire solo quando scadono i termini delle indagini. Le mie indagini erano in pieno svolgimento. Quindi, quella norma, è completamente inapplicabile".

Si sentirebbe allora in grado di affermare che c'è stata una forzatura, se fosse andata davvero così?
"Se fosse andata così, sarebbe un eufemismo dire che c'è stata una forzatura. E poi, poi io in queste ore mi sono fatto una domanda: come è che la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati di Mastella, una notizia così riservata, è uscita su Libero? Io credo che faccia parte di una vera strategia della tensione. Prima la fuga di notizie su Prodi, poi la revoca delle indagini, poi l'articolo di Libero che è servito a scatenare un processo mediatico per arrivare all'avocazione. Senza questa fuga di notizie su Mastella, non sarebbe accaduto tutto questo. E poi il procuratore generale non potrebbe sapere della notizia di Mastella, è vietato dalla legge. Di quella iscrizione lo può sapere il procuratore della repubblica, il procuratore aggiunto. Il procuratore generale non può conoscere le indagini. E la velocità del suo provvedimento mi ha lasciato esterrefatto".

De Magistris, cosa farà adesso?
"Scriverò a chi di dovere, questa avocazione è un ulteriore tassello di ciò che mi sta accadendo da tre anni a questa parte".

Si rivolgerà al Csm? Denuncerà tutto a un'altra procura?
"Investirò più di un'autorità. Indagavo su un sistema di potere e mi hanno spogliato di tutte le inchieste".

Ci spieghi meglio..
"Il segnale che hanno lanciato è molto chiaro: la magistratura non può più indagare in alcune direzioni. Questo è evidente. Poi è anche la conferma di come una parte del potere giudiziario sta dentro il sistema. Una parte della magistratura è funzionale a certi sistemi oggetto di investigazioni, è fondamentale capire questo. Ecco perché si pone in discussione l'agibilità democratica all'interno della magistratura. Da un lato c'è un ritorno alla magistratura degli Anni Trenta, con segni sintomatici di quel periodo del prefascismo e del fascismo. E cioè la possibilità del ministro di trasferire in via cautelare dei magistrati. Si ritorna al periodo in cui il potentino del paese, il signorotto che chiede l'allontanamento del pretore che magari dava fastidio e poi arrivavano gli ispettori e in una settimana quel pretore lo cacciavano via. Si torna alla magistratura ipergerarchizzata, l'avocazione senza alcuna giustificazione, la magistratura in una posizione di avvilimento totale. Immaginate il messaggio che sta passando in questo momento nei confronti di tutti i colleghi".

Si rimprovera qualcosa nel suo lavoro?
"Io ho un rispetto assoluto delle forme, io ritengo che un magistrato per raggiungere risultati deve innanzitutto rispettare la procedura penale. Detto questo, è ovvio e scontato che chi lavora in queste condizioni possa fare errori. Io non mi rimprovero nulla. Ma sono consapevole di aver potuto fare errori, di aver potuto sbagliare. E' umano, ovvio. Che poi abbia fatto errori è tutto da vedere. Io ho subito in questi mesi un processo pubblico senza potermi difendere".

L'iscrizione del ministro Mastella può aver accelerato l'avocazione dell'altra sua inchiesta?
"Sta nei fatti mi pare. Poi parleranno le carte, ma mi pare assolutamente verosimile".

C'è, come dire, una tempistica ritorsiva?
"Io questo non lo posso dire. Però mettendo insieme i fatti... Un'altra cosa mi sembra incredibile: io stavo facendo un percorso di indagine molto lineare e all'improvviso si inserisce una richiesta di trasferimento del ministro che poi - sembrerebbe - è stata utilizzata per dire tu ti dovevi astenere perché c'era la richiesta di trasferimento. Quindi arriviamo al punto che si equipara una richiesta di trasferimento d'ufficio con un atto istituzionale a una specie di denuncia presentata da un indagato. C'è inimicizia, devi astenerti. Una cosa veramente incredibile. E' senza precedenti. Che cosa dovevo fare di fronte a quella richiesta? Dovevo fermarmi, dovevo chiudere le mie indagini? La logica era quella: io dovevo fermare le mie indagini in quella direzione".

O girare le spalle, far finta di non vedere...
"Voglio dire un'altra cosa sul messaggio che stanno mandando. Se io dovessi essere trasferito il magistrato che mi verrà a sostituire cosa farà, come si comporterà? Sa già che, se dovesse seguire le mie orme, andrebbe incontro a un provvedimento disciplinare. Cosa altro deve pensare? O mi fermo o mi tolgono l'indagine. Ecco perché parlo di fine di autonomia e dell'indipendenza della magistratura. E lo dico a ragion veduta. Così non si può più andare avanti, così non ci sono più gli spazi per questo lavoro. E come si fa?".

Lei è diventato, suo malgrado, anche punto di riferimento per un Sud che vuole liberarsi da certi poteri poco trasparenti. Ha qualcosa da dire a quei ragazzi che manifestano per non farla cacciare? Cosa vorrebbe dire a quei giovani calabresi e a tutti gli altri che credono nell'autonomia della magistratura?
"Io innanzitutto credo che questa mobilitazione sia sui diritti e sulla giustizia e non su un giustizialismo o provocata dalla voglia di un tintinnio di manette, di monetine tirate. Questa è una differenza importante con il 1992. Bisogna capire quale è la posta in gioco, questa non è più una questione solo di Luigi De Magistris. Sono convinto che c'è una consapevolezza dei propri diritti, che oggi c'è una grande maturità democratica. Ho ammirazione per quei ragazzi".

Come si sente davvero, cosa prova dentro nel momento che deve lasciare le sue inchieste?
"In una regione che ha decine e decine di magistrati che si trovano in una situazione di opacità assoluta, si va a colpire con tutti i mezzi chi sta cercando di fare un po' di chiarezza sul fiume di finanziamenti pubblici che sono arrivati... ".

(21 ottobre 2007)

da repubblica.it

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Luigi De Magistris: «Addio Stato di diritto»

Enrico Fierro


La procura generale di Catanzaro toglie dalle mani del pm Luigi De Magistris l’inchiesta che ha fatto tremare i palazzi della politica. Tecnicamente si chiama avocazione e può essere spiegata ricorrendo alle norme e alla loro interpretazione. Nella sostanza siamo di fronte al penultimo atto - il finale di partita sarà il trasferimento del pm - di una durissima contrapposizione tra politica e magistratura, o meglio, tra una parte consistente del mondo politico e un solo pubblico ministero. De Magistris vanta il record delle interrogazioni parlamentari presentate contro di lui.

Interrogazioni presentate dal centrodestra, ma viene attaccato anche da settori del centrosinistra e contro di lui si è mosso direttamente il ministro della Giustizia Mastella che ne ha chiesto il trasferimento. Insomma, una brutta storia di una pessima Italia.

«Ci avviamo al crollo dello Stato di diritto. Non si può più fare liberamente il magistrato...». E’ lo sfogo amaro del pm. Parliamone.

Dottor de Magistris, come ha appreso la notizia dell’avocazione dell’inchiesta «Why Not»?
«Tramite le agenzie di stampa. Eppure era un atto riservato».

Le risponderanno che anche gli avvisi di garanzia delle sue inchieste finivano sui giornali.
«Le fughe di notizie riferite alle mie inchieste erano il frutto di manovre sotterranee tutte volte contro di me e tutte con un solo obiettivo: minare la credibilità delle indagini. Insomma: dietro quelle soffiate vedo l’opera sapienti manine ispirate da forti poteri occulti».

Questa è la seconda inchiesta che le viene tolta, la prima è quella denominata «Poseidone», finanziamenti per il risanamento ambientale. Anche in quel caso vennero alla luce tangenti ai partiti nazionali e qualche «grembiulino». Dottore, in quale verminaio ha messo le mani?
«Un verminaio, come dice lei, potentissimo. I mie problemi nascono quando inizio ad indagare sui flussi economici dei finanziamenti europei. E quando porto alla luce quel sistema di affari, rigorosamente interpartitico, che sfrutta questi finanziamenti. Quei rapporti tra poteri palesi e occulti, allora si mette in moto una persistente, intelligente, invasiva campagna contro di me e le mie inchieste».

Con quale obiettivo?
«Togliermi di mezzo. Se, come qualcuno dice, le mie inchieste fossero solo una bolla di sapone non avrebbero scatenato questo inferno».

Perché dice che la campagna contro di lei è intelligente?
«Guardi i tempi. Nel bel mezzo della polemica sul mio trasferimento c’è la fuga di notizie sull’iscrizione nel registro degli indagati di Mastella. Come se qualcuno avesse voluto far sapere al procuratore generale una notizia, della quale, come è noto, il Pg non doveva venire a conoscenza. A quel punto scatta l’avocazione, le carte di «Why Not?» passano ad altro magistrato, l’insieme delle conoscenze acquisite dal mio ufficio annullate. Quale sarà il passo successivo?»

Il suo trasferimento.
«E poi ancora un editto che mi dichiari socialmente pericoloso. Mi dispiace che segmenti importanti della magistratura non abbiano compreso la posta in gioco e anzi abbiano contribuito a che questi passi si compissero tutti».

Il ministro Mastella giudica la sua iscrizione nel registro degli indagati «una forma di attentato alle istituzioni».
«Partendo da un presupposto sbagliato. Il ministro si riferiva ad un reato per il quale non è iscritto».

La violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete?
«Lo ha detto lei».

È preoccupato?
«Moltissimo, ma non per me. Sono allarmato per lo stato di questo Paese. Si sta tornando ad una magistratura come quella che esisteva negli anni Trenta. Forte con i deboli e debolissima con i potenti, prona al potere, spero che qualcuno si svegli».

Il Consiglio superiore della magistratura?
«Certo. Il Csm deve dirmi subito se ci sono ancora le condizioni per continuare il lavoro di magistrato, se è stato abolito l’articolo 3 della Costituzione, mi attendo che il Consiglio tuteli e con forza l’autonomia e l’indipendenza della magistratura italiana».

Bisnonno, nonno e papà magistrato. Pentito di aver scelto questo lavoro?
«Affatto. Mi piace e lo faccio da magistrato normale. L’unica follia è quella di aver indagato e portato alla luce un sistema di potere e di intrecci pericolosissimo. Contro di me c’è stata una escalation terribile. Tra poco mi vieteranno finanche di respirare».

Su quali altre inchieste sta lavorando?
«Non le rispondo. Rischio che mi tolgano anche quelle».


Pubblicato il: 21.10.07
Modificato il: 21.10.07 alle ore 8.14   
© l'Unità.

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Per il pg vennero violati i diritti di Mastella chiedendo l'elenco delle sue telefonate

De Magistris e l'archivio «pericoloso»

Caso Genchi: il perito e i seicentomila report su politici, giudici e 007.

I pm di Catanzaro: tutto illegale


(6 dicembre 2008)


ROMA - I magistrati di Catanzaro impegnati nella «guerra» con Salerno sostengono di aver scoperto, nelle carte del processo Why not sottratto all'ex pubblico ministero Luigi de Magistris, la «illegale costituzione e conservazione, ad opera del consulente tecnico dr. Genchi, di una banca dati, telefonica e telematica, per molti aspetti acquisiti in modo illegale ed in spregio di guarentigie costituzionali, nei confronti delle massime autorità dello Stato, di parlamentari, appartenenti all'ordine giudiziario, ai Servizi informativi e di sicurezza». È uno dei motivi per cui hanno bloccato le carte sequestrate da Salerno. «Per tali profili, di estremo allarme sociale e pericolo per la stessa sicurezza dello Stato — hanno scritto nel decreto di contro-sequestro — si rende necessario evitare la diffusione di tali dati inevitabilmente connessa alle conseguenze del sequestro disposto dal pm di Salerno ». Dietro il conflitto tra i due uffici giudiziari, dunque, c'è anche il maxi-archivio accumulato dal perito di de Magistris, il poliziotto in aspettativa Gioacchino Genchi, già consulente delle Procure di mezza Italia: 578.000 record di richieste anagrafiche, denunciano i magistrati calabresi, che «attentano al diritto alla privacy » e conterrebbero «perfino utenze coperte da segreto di Stato».

 
In una delle innumerevoli note contro de Magistris, il procuratore generale di Catanzaro Jannelli — appena proposto dal Csm per l'avvio di una pratica di rimozione, al pari del procuratore di Salerno Apicella — aveva denunciato la «perniciosa anomalia» del suo lavoro: «La delega al consulente Genchi per le indagini su tabulati telefonici relativi a utenze sequestrate agli indagati, dai quali individuare ulteriori utenze e da quest'ultime ancora altre ed altre ancora, con risultati paradossali: migliaia e migliaia di numeri telefonici, costitutivi di una vera e propria banca dati, al fine di provare contatti, senza contenuto, tra persone indagate e non, nel contesto di un procedimento privo, alla data dell'avocazione, della possibilità di formulare ipotesi concrete e circostanziate di reato». Il lavoro del perito, che dall'ufficio palermitano in cui lavora nega di aver mai commesso illeciti, è pure al centro della controversa indagine a carico dell'ex ministro della Giustizia Mastella, che un anno fa avviò l'azione disciplinare contro de Magistris dopo che questi aveva già inquisito il premier Romano Prodi e si preparava a indagare il Guardasigilli, proprio nell'inchiesta Why not. All'indomani dell'avocazione dell'inchiesta da parte della Procura generale di Catanzaro, i carabinieri del Ros sequestrano a Genchi tutto il materiale. Lo studiarono, e conclusero che quando il perito chiese i tabulati di un telefonino intestato alla Camera dei deputati poteva e doveva sapere (per i dati di cui disponeva da quasi un mese) che quel numero — in contatto con l'altro indagato Antonio Saladino — era in uso a Clemente Mastella, all'epoca Guardasigilli e senatore, dunque coperto dall'immunità parlamentare.

La relazione del Ros è uno degli elementi per i quali, nell'aprile scorso, un giudice di Catanzaro ha archiviato il procedimento a carico di Mastella: il tabulato dell'utenza fu acquisito senza la necessaria autorizzazione della Camera di appartenenza, e dunque è inutilizzabile. Davanti ai magistrati di Salerno, de Magistris e Genchi hanno sostenuto tutt'altre versioni. Il magistrato dice che iscrisse Prodi e Mastella nel registro degli indagati proprio per «richiedere l'autorizzazione a procedere per l'acquisizione e l'utilizzo di tabulati e intercettazioni telefoniche ». Il consulente afferma che quando sollecitò i tabulati del numero del Guardasigilli, «oltre a non disporre di alcun riferimento sulle intercettazioni di Saladino con Mastella (che secondo il Ros svelavano chi utilizzava quel numero, ndr), non risultava nemmeno correttamente accertato l'intestatario dell'utenza». I magistrati di Salerno si schierano con la coppia de Magistris-Genchi, ritenendo che le drastiche conclusioni del Ros si fondano su molte «presunzioni» e nessuna «certezza». E in uno degli ultimi interrogatori- denuncia posti a fondamento del sequestro degli atti di Why not, de Magistris mostra di non considerarsi vinto: «Attendo con immutata fiducia che la Procura di Salerno evidenzi le illiceità di rilevanza penale poste a fondamento del decreto di archiviazione nei confronti di Clemente Mastella emesso dal giudice di Catanzaro, in modo da impedire anche ulteriori condotte illegali da parte di persone preposte ai procedimenti disciplinari e paradisciplinari nei riguardi dei magistrati».


Giovanni Bianconi
08 dicembre 2008

da corriere.it

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9/12/2008 (7:29) - NUOVO FILONE DELL'INCHIESTA «WHY NOT»

Le mani delle cosche sulle carte della Finanza

I dati personali dei finanzieri forse in mano alla 'ndrangheta
 
L'archivio con i dati personali delle Fiamme Gialle affidato ad una società vicina alla 'ndrangheta

ANTONIO MASSARI
SALERNO


L’archivio della Guardia di Finanza - una copia, con il profilo di tutti gli appartenenti alle Fiamme Gialle – rischiava di finire in mani vicine alla ‘ndrangheta. E forse il rischio non è del tutto scongiurato. La risposta va cercata nelle perquisizioni effettuate dalla procura di Salerno. E quindi negli esiti dell’inchiesta sui magistrati di Catanzaro che, secondo i pm salernitani, conducendo l’indagine Why Not dopo l’allontanamento di De Magistris, avrebbero «disintegrato e dissolto disegni e tracce investigative».

I pm di Salerno – che oltre alle toghe calabresi hanno perquisito un imprenditore (Luigino Mazzei) e un commercialista calabrese (Francesco Indrieri) - cercano documenti che riguardano anche l’esponente dell’Udeur Giuseppe Luppino e il consorzio Tecnesud. I tre – Mazzei, Indrieri e Luppino - sono coinvolti in un affare milionario scoperto da de Magistris nell’inchiesta Why Not.

I file riservati
L’affare riguardava anche la gestione della copia dell’archivio informatico della Finanza che, su richiesta del ministero delle Attività produttive, e autorizzazione del Cipe, era stato affidato al consorzio Tecnesud. Tra le società consorziate, ce n'era una, la Forest, che vedeva tra i soci tale Luppino, il «nipote di Emilio Sorridente, ritenuto organicamente inserito nella consorteria mafiosa dei Piromalli – Molè di Gioia Tauro, nonché sottoposto a procedimento penale per associazione per delinquere di tipo mafioso».

Il via libera all’operazione fu dato nel luglio 2005 dal Cipe, su richiesta del ministero delle Attività produttive, all’epoca in cui era sottosegretario Giuseppe Galati (Udc), che fu indagato proprio da De Magistris nell’inchiesta Poseidone. Ma l’operazione fu bloccata: la società Forest, componente del consorzio, nella quale Luppino era consigliere, non ottenne dalla prefettura il certificato antimafia. Al di là dell’affare economico, il rischio era un altro, ovvero che la copia dell’archivio potesse finire in un consorzio del quale faceva parte una società – la Forest - vicina alla ndrangheta. Qualcuno avrebbe potuto utilizzare in maniera criminale informazioni riservate sui finanzieri italiani.

L’esito negativo del certificato antimafia – atteso per circa un anno - «blocca» l’operazione. Nel frattempo la compagine societaria muta: a quanto pare, da ambienti calabresi, Luppino non c’è più. E quindi la pratica che bloccava il finanziamento, rimasta bloccata fino a pochi mesi fa, può riprendere il suo corso: prima il ministero aveva frenato (per il certificato antimafia), ora il governo riparte: senza Luppino, la Forest, non è più in odor di cosche mafiose.

Torna il pericolo
Tolto il freno a mano, l’archivio della Finanza, può ora essere trattato – e secondo indiscrezioni da confermare, lo sarebbe già – dallo stesso consorzio Tecnesud. Intanto il consulente del pool calabrese, Piero Sagona, dichiara d’aver segnalato «in via d’urgenza», ai pm di Why Not, «una serie di irregolarità sulle agevolazioni finanziarie di Stato, in corso di erogazione a talune società». Tra le quali la Forest e la One Sud, quella che avrebbe dovuto digitalizzare la copia dell’archivio. Le sue segnalazioni, però, sembrano essere cadute nel vuoto: «Non sono stato compulsato in merito» dice Sagona.

Ma c’è di più. Il consorzio s’era aggiudicato finanziamenti per 60 milioni di euro e avrebbe dovuto realizzare sei «iniziative». Tra queste, appunto, il «centro in cui sarebbe stato allocato il back up del sistema informativo della GdF». Ma nel consorzio c’era qualche «scatola vuota» e «priva d’alcun merito creditizio»: era proprio la One Sud, società che avrebbe dovuto gestire l’aspetto informatico. Insomma: il ministero avrebbe affidato la gestione dei dati a un insieme di scatole vuote. E pare che il consorzio in questione sia stato costituito, tre anni prima, proprio in una stanza del ministero al quale chiederà di utilizzare, poi, i 60 milioni di euro.

da lastampa.it

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EUROPEE: DE MAGISTRIS, NOSTRA OPPOSIZIONE MENO MIELOSA DI QUELLA PD

'MA CERCHIAMO RAPPORTI CON QUEL PARTITO, ANCHE A NOI CARI IDEALI DI SINISTRA'


Roma, 29 apr. - (Adnkronos) -


"Nelle competizioni europee si va da soli, ma non dimentichiamoci che nel 95% delle competizioni amministrative l'Idv va in alleanza con il centrosinistra. La nostra collocazione oggi e' questa, ma vorremmo rapporti diversi con il Pd, la nostra opposizione nei confronti del centrodestra mi sembra meno mielosa di quella del partito democratico''.

Lo ha affermato Luigi De Magistris ospite di Mario Adinolfi a "Finimondo" su Red Tv. ''Io - ha aggiunto - ho sempre votato a sinistra, vengo da quella cultura ed ho scelto l'Idv perche' in questo momento rappresenta meglio gli ideali della sinistra, ci sono valori che oggi vanno difesi come nel '48.

Noi puntiamo sui temi costituzionali e senza criticare solamente Berlusconi, ma un modo di fare politica oggi nel nostro paese".

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