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Autore Discussione: PRODI  (Letto 67202 volte)
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« Risposta #90 inserito:: Aprile 08, 2008, 06:13:40 pm »

L'ultima cena di Prodi

E la polemica con la Sinistra

«Walter fa bene a correre da solo»


È la sua ultima cena. A cinque giorni dal voto, Romano Prodi si congeda da Palazzo Chigi con una serata insieme al suo staff. Chitarra, vecchie canzoni di Bob Dylan e tanti ricordi – così racconta La Stampa - e qualche sassolino che se ne va dalla scarpa. Tre mesi fa cadeva il suo esecutivo e tutti a dare la colpa a Mastella, al suo partitino da tre senatori che ha fatto svanire il sogno del governo dell’Unione.

Ma ora è lo stesso premier a dare la sua versione. Una versione articolata in tre punti. Primo, «Mastella ha tradito, non c'è dubbio. E il modo in cui l'ha fatto dimostra mancanza di senso dello Stato, ma la vera responsabilità politica non è stata la sua». Secondo, «La responsabilità politica della crisi è stata di chi ha minato continuamente l'azione del governo, di chi ha fatto certe dichiarazioni istituzionali opinabili...». Terzo, «Walter ha fatto la cosa giusta: correre da soli».

Non lo nomina nemmeno una volta, né lui né il suo partito. Ma il profluvio di reazioni arrivate il giorno dopo dalla Sinistra Arcobaleno, lasciano pochi dubbi. Quel nome l’hanno capito tutti. È lo stesso Fausto Bertinotti a chiamarsi in causa. «La mia analisi sulla caduta del governo Prodi – spiega il presidente della Camera – differisce totalmente da quella del presidente del Consiglio. Il suo governo è caduto perché sono venute a mancargli le basi di consenso di massa. Perché è caduto nella trappola della politica dei due tempi, prima il risanamento e poi la giustizia sociale che però non viene mai. E il governo ha subito il condizionamento delle forze moderate, come Dini e Mastella, che lo hanno fatto cadere». E si dispiace: «È più grave il dimostrare di non aver capito la ragione della crisi del suo governo piuttosto che averla subita».

Tra i ministri che affiancarono Romano Prodi a Palazzo Chigi, ci sono anche Paolo Ferrero e Fabio Mussi che ora pesano il macigno delle sue dichiarazioni. Mussi quasi non ci vuole credere: nell’articolo de La Stampa, rileva, «si riportano frasi attribuite a Prodi non virgolettate: bisogna che Prodi confermi o smentisca». E fa notare che i «nostri ministri non sono mai scesi in piazza contro il governo e non abbiamo mai votato contro il governo». Ferrero, titolare della Solidarietà Sociale nell’esecutivo Prodi, «è stato Walter Veltroni a voler rompere a sinistra, salvo oggi piangere lacrime di coccodrillo».

Attaccano Veltroni anche la senatrice verde Loredana De Petris («ha cominciato la sua campagna elettorale già un mese prima della caduta dell'esecutivo»), il capogruppo Prc al Senato, Giovanni Russo Spena («il Pd cerca in ogni modo di screditare la Sinistra e sono certo che non ci riuscirà»), Franco Giordano, Titti Di Salvo, Manuela Palermi, Pino Sgobio, Angelo Bonelli. E perfino Prodi si lascia scappare l’amaro in bocca: «È davvero strano per me non aver fatto campagna elettorale».

In tutto questo marasma, l’unico a gigioneggiare è lo “sdoganato” Clemente Mastella. «Caro Romano – gli scrive in una lettera – non sono io ad averti tradito, ma chi ha lavorato per mandarti a casa logorando la tua e la nostra azione di governo».

Pubblicato il: 08.04.08
Modificato il: 08.04.08 alle ore 14.46   
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« Risposta #91 inserito:: Aprile 08, 2008, 10:09:21 pm »

8/4/2008 (6:55) - IL RETROSCENA

Prodi, addio cantando Bob Dylan
 
Silvio Sircana, Romano Prodi e Arturo Parisi

Musica e politica, per il premier cena a Palazzo Chigi tra ricordi e chitarra: mi hanno fregato poteri forti e sinistra

FABIO MARTINI
ROMA


Da settimane e settimane Romano Prodi sublimava la sua delusione nel silenzio e anche l’ennesima giornata appartata si stava spegnendo senza patos. E invece, poco prima di mezzanotte, il Professore chiese al suo portavoce: «Dai Silvio, ce la fai “Blowin’ in the wind”?». Proprio così. Finita la cena, al piano nobile di palazzo Chigi, Prodi si è allentato il nodo della cravatta e in uno slancio di ritrovato buonumore, ha chiesto a Silvio Sircana di strimpellare la celebre canzone di Bob Dylan.

Sircana, che è un virtuoso della chitarra, ha tirato fuori lo strumento dal suo nascondiglio, ha saggiato le corde ed è partito: «How many roads must a man walk down...». Il Professore prima ha socchiuso le palpebre, poi si è messo a cantare pure lui: «How many times must a man look up...», per quanto tempo un uomo deve guardare in alto prima che riesca vedere il cielo? Finito Dylan, il chitarrista ha proposto “We shall overcome”, il Professore ha annuito e alla fine ha raccontato: «Mi ricordo benissimo, questa canzone Joan Baez la cantò ai funerali di Bob Kennedy, funerali persino più commoventi di quelli del fratello. Avevo 29 anni...».

Una sequenza da film sentimentale. Un presidente del Consiglio ormai fuori dalla mischia che nel cuore della notte si mette a intonare le canzoni della sua giovinezza è una scena che ha finito per toccare i ragazzi dell’Ufficio Stampa, che quella sera erano stati convocati da Prodi per un saluto finale. Qualcuno di loro guardava il soffitto per non commuoversi; qualcun altro era divertito e canticchiava; qualcun altro intuiva che stava per aprirsi una serata speciale. E così è stato. Protetto dalle mura amiche, alcuni giorni fa Prodi ha finalmente raccontato la sua versione dei fatti sulla caduta del governo. Certo, in pubblico finora si è ben guardato dal lanciare accuse e tantomeno si è prodotto in quel “grande sfogo” tanto atteso dai giornali. Prodi ci tiene troppo a non rinverdire la fama del rancoroso ed è riuscito a resistere alla tentazione di replicare alle quotidiane accuse di Silvio Berlusconi, ma anche di ricordare i misconosciuti meriti del suo governo.

Ma l’altra sera Prodi ha risposto senza rete alle domande dei ragazzi che nei 23 mesi precedenti avevano cercato di “fronteggiare” giornali e tv. Uno di loro ha chiesto: «Presidente, hai mai capito come mai i giornali “padronali” ti hanno osteggiato dal primo all’ultimo giorno?». Prodi ha sorriso: «Sai, me lo sono chiesto tante volte e alla fine ho trovato la risposta. Io ho vinto per due volte le elezioni, ma se sono riuscito a governare soltanto per 5 anni scarsi, questo mica è un caso. L’atteggiamento ostile dei giornali e dei loro proprietari si spiega così: io ero un’anomalia che non sono riusciti a riassorbire, ho urtato interessi di qua e di là e alla fine sono stato espulso!». Parole dure, amare di un professore orgoglioso, che ha provato a non rinunciare alla sua indipendenza rispetto ai poteri forti. Il mondo delle imprese. Gli Stati Uniti di Bush. Ma anche la Santa Romana Chiesa di Camillo Ruini: «Che paradosso, proprio io, che ho sempre avuto un rapporto così intenso e profondo con quel mondo...». E il suo pensiero va ad un passaggio che ha finito per restare cancellato nel racconto della crisi di governo. Era il 24 gennaio e la giornata - conclusa con la caduta dell’esecutivo - si aprì con una nota ufficiale del governo di smentita al presidente della Cei, il cardinale Bagnasco, sulla visita del Papa alla Sapienza. Uno scambio duro, uno dei più aspri nella storia recente tra la Chiesa e un governo italiano.

Certo, Prodi vanta fior d’amicizie tra i bancheri. Certo, l’autocritica è un genere sconosciuto al Professore e semmai la sua capacità analitica diventa penetrante nell’individuare i nemici. Tutti immaginano che Prodi ce l’abbia con Clemente Mastella, ma il Professore stupisce la tavolata: «Lui ha tradito, non c’è dubbio. E il modo in cui l’ha fatto dimostra mancanza di senso dello Stato: pensate l’ho cercato per due giorni, io avevo bisogno di fare almeno il cambio delle consegne al ministero di Giustizia. Ho chiesto persino a Diego Della Valle di trovarlo. Niente. Lui non aveva fatto male come ministro, ma la vera responsabilità politica non è stata la sua...». E di chi è stata? «Di chi ha minato continuamente l’azione del governo, di chi ha fatto certe dichiarazioni istituzionalmente opinabili...». Neppure tra i suoi, Prodi chiama per nome Fausto Bertinotti ma è a lui che pensa. Il Professore non ha dimenticato di essere stato paragonato ad un «poeta morente» e ad un fruitore di «brodini caldi» da colui che era - e ancora è - la terza carica dello Stato. E tanto gli brucia l’atteggiamento di Rifondazione comunista che Prodi, anche in privato, promuove Veltroni: «Walter ha fatto la scelta giusta: correre da soli». E il discreto feeling tra i due è confermato dal comizio in tandem che Prodi, il leader del Pd e il sindaco di Parigi Bertrand Delanoe, terranno domani in piazza Maggiore a Bologna. Anche se l’altra sera, il Professore confessava: «Davvero strano non aver potuto fare campagna elettorale...».

Un Prodi orgogliosamente solitario che racconta di non aver avuto timore neanche nello sfidare l’opinione del Capo dello Stato durante la crisi di governo: «Subito dopo aver parlato al Senato, ho ricevuto molte richieste, a tutti i livelli, per recarmi subito al Quirinale e dimettermi senza un voto. Ma per la mia dignità e per la dignità della politica ho tenuto duro sulla procedura più trasparente. Anche perché se avessi rinunciato al voto, avrei consentito ai Mastella e ai Dini di poter poi dire: Prodi si è dimesso, ma noi mica avremmo votato contro. La procedura trasparente ha inchiodato i responsabili e non è un caso che Mastella non sia stato candidabile da nessuno...». Zampate dell’antica cattiveria. Anche se venate da una certa malinconia. L’altra sera, oramai era passata mezzanotte, il Professore si è alzato, si è affacciato dalla finestra, ha visto la piazza vuota e poi ha chiesto a Sircana: «Fai Sound of Silence?».

da lastampa.it
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« Risposta #92 inserito:: Aprile 13, 2008, 02:45:51 pm »

AMBIENTE L'INTERVENTO

Il mondo senza cibo un disastro evitabile

di ROMANO PRODI


CARO direttore,
dopo aver tanto parlato della crisi energetica e della crisi finanziaria ci siamo finalmente resi conto di un dramma ancora più grande e di conseguenze immediate per l'umanità: la crisi alimentare.

Miliardi di persone soprattutto in Africa, in Asia e in America centro-meridionale, sono colpiti da un progressivo e insostenibile rincaro di tutti i prodotti agricoli, dal grano alla soia, dal riso al mais, dal latte alla carne. Ogni giorno scoppiano rivolte e si ha notizie di repressioni.

Alcuni governi, come quello egiziano, sono costretti a impiegare nel sussidio del pane la gran parte delle risorse generate dalla buona crescita economica e in altri casi, come nel Corno d'Africa, nei paesi subsahariani e a Haiti non resta che la fame e la sempre più vicina prospettiva di una tragica carestia.

Alla base di questi aumenti di prezzi vi sono certo anche realtà positive, come il miglioramento della dieta in Cina, in India e in molti altri paesi. Per nutrirsi con la carne si impiega infatti una superficie di terreno di almeno cinque volte superiore di quanto richiesto da una nutrizione a base di cereali.

Vi sono altre realtà rispetto alle quali ben poco si può fare, come l'aumento dei prezzi dei carburanti e dei fertilizzanti necessari a produrre o trasportare i prodotti alimentari.

Ma vi è una decisione politica che sta aggravando in modo precipitoso la situazione ed è la progressiva sottrazione di suolo alla produzione di cibo per utilizzarlo a produrre biocarburanti. Sulla carta questo risponde al nobile scopo di attenuare la nostra dipendenza dalla benzina e dal gasolio nei trasporti e così facendo, ridurre l'impatto ambientale in termini di anidride carbonica. Purtroppo le cose non stanno così.

I più recenti studi (come quelli dell'Ocse e Royal Society) sostengono invece che con le tecnologie oggi impiegate per produrre biocarburanti, il bilancio energetico è solo marginalmente positivo o addirittura negativo. Il computo preciso dipende dalle specifiche realtà territoriali ma vi è chi autorevolmente sostiene (come le analisi apparse su National Resources Research) che l'energia impiegata per produrre biocarburanti sia negli Stati Uniti del 30% superiore all'energia prodotta.

Complessivamente un bel disastro sia dal punto di vista energetico che da quello ambientale. Ma il disastro ancora più grande è quello di mettere in conflitto il cibo con il carburante in un periodo già di scarsità. Un conflitto vero, tragico.

Per descriverlo in modo semplice e fortemente evocativo basta dire che il grano richiesto per riempire il serbatoio di un così detto Sport Utility Vehicle (Suv) con etanolo (240 chilogrammi di mais per 100 litri di etanolo) è sufficiente per nutrire una persona per un anno. E già siamo arrivati ad utilizzare per usi energetici intorno al 20% di tutta la superficie coltivata a mais negli Stati Uniti.

Una superficie più grande della Svizzera è stata sottratta di colpo alla produzione di cibo per effetto delle pressioni delle potenti lobby agricole e di una parte non informata o distratta di quelle ambientalistiche. E nel frattempo, come conseguenza, il prezzo della terra e dei fertilizzanti sale in tutto il mondo facendo a sua volta moltiplicare il prezzo dei prodotti alimentari. E questo fa scoppiare tumulti per la fame a Città del Messico, in Egitto, nel west Bengala, in Senegal, in Mauritania mentre la Fao ci dice che 36 paesi hanno oggi bisogno di urgenti spedizioni di grano e di riso.

Questo non comporta che la produzione di energie alternative vada del tutto cancellata perché vi sono situazioni in cui essa non è in diretta concorrenza con la produzione agricola, utilizzando terreni non alternativi a produzioni alimentari, aree boschive o biomasse. E soprattutto bisogna incentivare la ricerca sulla "seconda generazione" di biocarburanti, attraverso la selezione di nuove specie, attraverso una maggiore efficienza dei processi e l'utilizzazione di terre marginali (ad es. il bosco ceduo) non alternative all'agricoltura.

E' quindi necessario che i governi smettano di sovvenzionare gli agricoltori al fine di produrre meno cibo, obbligando i paesi poveri a svenarsi per assicurare il pane quotidiano a coloro che muoiono di fame. E bisogna che questo obiettivo venga tradotto subito in decisioni politiche. La prima di queste decisioni è di intervenire dove sono in corso i drammi maggiori.

Rendere quindi subito disponibili i 500 milioni di dollari richiesti per l'emergenza del Programma Alimentare Mondiale delle nazioni Unite e il miliardo e mezzo di dollari richiesto dalla Fao. Ma non si può non affrontare nel contempo il problema politico fondamentale, in modo da invertire l'aspettativa di ulteriori aumenti dei prodotti alimentari prima che i paesi che hanno produzione eccedente proibiscano (come hanno già cominciato a fare) l'esportazione di prodotti alimentari trasformando, con questo, l'attuale crisi in tragedia mondiale.

I due prossimi grandi appuntamenti internazionali, cioè la riunione della Fao a Roma e dei G8 in Giappone, debbono diventare il momento di discussione e di decisione di una nuova politica che fermi i danni dell'attuale politica e che possa redistribuire al mondo le risorse alimentari di cui ha bisogno.

Non sono decisioni facili, ma bisogna agire perché sia negli Stati Uniti che in Europa la produzione di carburante in concorrenza col cibo si fermi e gli incentivi vengano riservati agli studi e alle ricerche necessarie per arrivare alla produzione di biocarburanti di nuova generazione. Non possiamo più ammettere che la gente muoia di fame in Africa perché c'è qualcuno negli Stati Uniti che considera i voti degli agricoltori o dei proprietari terrieri più importanti della sopravvivenza di milioni di persone. È vero che la politica di oggi è stata decisa quando si pensava di vivere in un mondo di scarsità energetica e di eccedenza alimentare. Ma oggi le cose non stanno più così.

È ora quindi di cambiare politica perché i rimedi finora adottati sono peggiori del male che si voleva curare. Queste sono le politiche serie che la globalizzazione ci impone e l'Italia non può certo sottrarsi alle sue responsabilità.

(13 aprile 2008)

da repubblica.it
« Ultima modifica: Aprile 15, 2008, 10:49:04 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #93 inserito:: Aprile 15, 2008, 10:49:57 pm »

Dopo i dati su bassa affluenza e avanzata della Lega in Emilia

Prodi: si dorme nel letto che si è preparato

L'attesa nella casa di Bologna e una "profonda delusione" per come si è conclusa la stagione dell'Unione

DAL NOSTRO INVIATO

 

BOLOGNA — Finestre e portone di casa chiusi. Un gesto dalla finestra, a metà pomeriggio, per mandare via la scorta. Un «no» con il dito all'indirizzo dei giornalisti. Il ritorno del Cavaliere ha l'effetto di un bavaglio su Romano Prodi. Dalla casa di via Gerusalemme, nel giorno che sancisce la fine della breve e chiassosa stagione del centrosinistra, non escono dichiarazioni ufficiali, ma solo sensazioni pesanti, pensieri cupi, recriminazioni che soltanto nei prossimi giorni prenderanno probabilmente forma compiuta. «Romano temeva che finisse così, non poteva dirlo e ha sperato fino all'ultimo di sbagliarsi, ma i segnali non erano affatto buoni e quando ha visto che calava l'affluenza al voto in Emilia e che la Lega era in crescita, ha capito che era finita...» racconta chi gli è stato vicino in queste ore. Un pessimismo, quello del premier dimissionario, tenuto nascosto fino all'ultimo. Che nemmeno i cori e le ovazioni ricevute l'altra sera dai 40 mila di piazza Maggiore, durante l'ultimo (e unico) comizio di questa sua defilatissima campagna elettorale, erano riusciti a scalfire.

Nel Prodi che assiste dal tavolo di lavoro al ritorno del Berlusconi Ter, sforzandosi di concentrarsi sugli incontri che tra domani e giovedì avrà al Consiglio di sicurezza dell'Onu, a New York, convive un coacervo di sensazioni. «Profonda delusione» per come si è conclusa la stagione dell'Unione e per come è andato in pezzi il suo governo. «Preoccupazione» per il futuro dell'Italia, incalzata da venti di crisi che imporrebbero «politiche rigorose e coerenti ». La consapevolezza che, nonostante la netta sconfitta elettorale, il Pd «è diventato un punto di riferimento per la democrazia italiana». Poi c'è anche, ma difficilmente il Professore su questo si lascerà scappare una parola, la conferma di vedere ancora una volta confermato dalle urne il suo ruolo di indiscusso «anti-Berlusconi»: l'unico capace di batterlo due volte ('96 e 2006), facendo da argine a quello che altrimenti sarebbe stato un quindicennio nel segno del Cavaliere.

Magra consolazione, in una serata che riporta all'anno zero quella sinistra radicale che tanto ha fatto penare Prodi nei suoi 20 mesi a Palazzo Chigi. Difficile dire cosi provi il Professore nel vedere Bertinotti costretto ad alzare bandiera bianca. Qualcuno, raccontano, pare l'abbia sentito sussurrare: «Ognuno dorme nel letto che si fa». Come dire: se la sono cercata, segando l'albero di governo sul quale erano seduti. Acqua passata, ormai. L'unica cosa certa è che il Professore, a parte il ruolo di presidente del Pd, con la politica attiva ha chiuso. Il suo rapporto con Veltroni, con il quale si è ripetutamente sentito al telefono e del quale dice di «aver condiviso la campagna elettorale», non sembra riservare scintille. Il resto è proiettato sulla scena internazionale. Si è profilata la possibilità di un incarico direttivo all'Unesco, poi tramontata. «Ma le occasioni non mancano, vedremo, valuterò...» confessa il Professore. Nonno sì, ma non troppo.


Francesco Alberti
15 aprile 2008

da corriere.it
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« Risposta #94 inserito:: Aprile 15, 2008, 10:56:46 pm »

2008-04-15 13:30

L'ULTIMA MISSIONE DI PRODI, A ONU PER PARLARE DI AFRICA


 ROMA - L'ultima missione. A New York, Palazzo di Vetro, per partecipare alla riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu allargato ad un'ampia rappresentanza di capi di Stato africani (16 e 17 aprile) per discutere dei conflitti che dal Darfur alla Somalia insanguinano il Continente nero. Sarà questo il congedo definitivo di Romano Prodi dalla politica internazionale. Almeno da presidente del Consiglio.

Il Professore arriverà tra poche ore a New York: il suo intervento alle Nazioni Unite è previsto per la mattina di domani, ma già stasera il premier uscente si incontrerà a cena con l'ambasciatore italiano a Palazzo di Vetro Marcello Spatafora. L'impegno di Prodi verso l'Africa è stato una costante del suo biennio a Palazzo Chigi.

 Non a caso, assieme al premier turco Recep Tayyip Erdogan, fu l'unico capo di governo straniero ad essere invitato a partecipare al vertice dell'Unione Africana lo scorso gennaio ad Addis Abeba. Proprio in quell'occasione, Prodi ribadì il forte sostegno dell'Italia all'Unione africana, primo e unico strumento continentale per la prevenzione dei conflitti sul territorio. Ma al di là delle emergenze belliche che scuotono il Continente, domattina a Palazzo di Vetro il presidente del Consiglio concentrerà il suo intervento sulla crisi dei prezzi che sta mettendo in ginocchio l'Africa.

 La volata delle quotazioni petrolifere, l'aumento dei carburanti e dei fertilizzanti e la conseguente impennata dei prezzi dei prodotti alimentari hanno raggiunto ormai livelli di guardia. E lo stesso Prodi, in una lettera a 'Repubblica' domenica scorsa, ha lanciato un appello agli altri leader mondiali per "non lasciare il mondo senza cibo". Scagliandosi tra l'altro contro "la progressiva sottrazione di suolo alla produzione di cibo per utilizzarlo nella produzione di biocarburanti". Scelta suicida, se gli studi più recenti raccontano come l'energia impiegata per produrre biocarburanti sia negli Stati Uniti del 30 per cento superiore all'energia prodotta.

 "Un bel disastro - commenta Prodi -, anche se il disastro ancora più grande è quello di mettere in conflitto il cibo con il carburante in un periodo già di scarsità ". Dopo l'intervento al Consiglio di Sicurezza, il Professore rivedrà il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon e avrà alcuni bilaterali (con il presidente della Somalia Yusuf e forse con il sudafricano Thabo Mbeki) per poi ripartire in serata verso l'Italia. Gli scatoloni a Palazzo Chigi sono ancora tutti da preparare.
 
da ansa.it
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« Risposta #95 inserito:: Aprile 16, 2008, 06:08:12 pm »

POLITICA

Una lettera a Veltroni scritta il giorno di Pasqua con l'impegno reciproco a renderla pubblica dopo le elezioni

Prodi lascia la presidenza Pd "Serve un forte rinnovamento"

Il premier replica sul Commissario Ue: "Se Frattini opta per il Parlamento la nomina spetta me.

Ho fatto 5 nomi a Berlusconi, nessuna risposta"

dall'inviato MARCO MAROZZI


ROMA - Romano Prodi si è dimesso dalla presidenza dell'assemblea costituente del Partito Democratico. La notizia, smentita questa mattina dal suo portavoce Silvio Sircana, è stata confermata dallo stesso premier che si trova a New York per la riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Prodi ha messo per iscritto la sua decisione in una lettera inviata a Veltroni il giorno di Pasqua: "Il giorno di Pasqua ho ribadito con una lettera a Walter Veltroni che il mio impegno per il Partito democratico stava per terminare e sarebbe terminato il giorno delle elezioni. L'ho fatto perchè fosse chiaro che non dipendesse dal risultato elettorale". A un'ulteriore domanda, ha risposto: "E' chiaro che il Pd dovrà cercare un altro presidente".

Lo stesso premier, dunque, ha concordato con il segretario del Pd di rendere nota la decisione dopo le elezioni. Nella missiva, Prodi spiega di voler continuare a dedicare le sue energie al partito e alla politica ma di avver maturato la scelta di dimettersi per dare una risposta alla necessità di rinnovamento della politica. "Ho preso una decisione molto chiara, molto semplice, molto ferma e molto coerente: non mi sono presentato alle elezioni - ha sottolineato - perchè ritenevo e ritengo sia necessaria una nuova leva, un nuovo gruppo dirigente per portare avanti la crescita ed il rafforzamento del Pd".

Nella lettera, in cui ringrazia Veltroni per la conduzione della canmpagna elettorale, Prodi ha aggiunto che intende restare "supporter forte e leale del partito, cercando di lavorare su riflessioni e proposte".

Commissario Ue. Il premier ha anche parlato della delicata questione della nomina del commissario Ue, carica che diventa vacante con l'elezione di Franco Frattini a deputato nelle fila del Pdl. Prodi, rispondendo a una domanda sull'eventualità che potesse essere l'eurodeputato di Fi, Antonio Tajani, ha spiegato di aver cercato in tutti i modi di parlarne con Berlusconi e Gianni Letta senza ricevere indicazioni: "Nei giorni scorsi ho ripetutamente cercato di trovare un commissario bipartisan" ma questo non è stato possibile: "Ho chiesto a Berlusconi - ha detto Prodi - il quale mi ha rinviato a Letta, il quale Letta mi ha risposto che la decisione doveva essere di Berlusconi. Ho fatto una rosa di cinque nomi, ma non mi è giunta nessuna risposta".

Su Tajani, il premier è stato netto: "La nomina del nuovo commissario spetta a me, a meno che Frattini non rinunci al suo ruolo di parlamentare italiano". Il premier ha ribadito la sua disponibilità a fare "una
nomina condivisa" ma anche il suo "diritto ad avere una risposta alle proposte fatte".

Insomma, ha concluso Prodi, "non voglio sapere dai giornali che idea ha il nuovo governo" per il prossimo commissario europeo. "Ho il diritto ed il dovere di discuterlo assieme".

(16 aprile 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #96 inserito:: Aprile 16, 2008, 06:32:34 pm »

A breve previsto un incontro con Veltroni.

E Bonaiuti: «A lui l'onore delle armi»

Prodi abbandona la presidenza del Pd

Il premier da New York: lo avevo anticipato a Pasqua.

«Tiro da vent'anni, ora vadano avanti altri»


NEW YORK - Ne è stato di fatto l'ispiratore, dando vita al progetto dell'Ulivo che del Pd è stato il primo embrione. E non a caso fino ad oggi del nuovo partito è stato anche il presidente. Ma ora Romano Prodi sceglie di farsi da parte. E conferma così le voci di un suo completo abbandono della vita politica attiva, almeno sul fronte italiano.

«AVANTI GLI ALTRI» - Dopo le indiscrezioni circolate nelle ore successive al voto, arriva da New York, dove il premier ha in agenda un intervento alle Nazioni Unite, la precisazione del Professore: «Ruoli di responsabilità all'interno del Pd - dice - adesso spettano ad altri». Prodi spiega di aver preso la decisione e di averla già comunicata a Walter Veltroni con una lettera inviata già il giorno di Pasqua, lo scorso 23 aprile, nella quale aveva assicurato che rimarrà comunque «supporter forte e leale del partito, cercando di lavorare su riflessioni e proposte». La decisione di comunicare con largo anticipo la decisione di lasciare la presidenza del partito, spiega ancora Prodi, è stata presa per evitare che questa potesse essere messa in relazione con l'andamento della campagna elettorale o con il risultato delle elezioni.

«E ORA UNA VACANZA» - E' stata invece una scelta «molto chiara, molto semplice, molto ferma e molto coerente - precisa il presidente del Consiglio -: non mi sono presentato alle elezioni perchè ritenevo e ritengo sia necessaria una nuova leva, un nuovo gruppo dirigente per portare avanti la crescita ed il rafforzamento del Pd». «Una scelta coerente - osserva ancora Prodi - esige scelte coerenti successive». Una scelta con qualche rimpianto? Prodi risponde con un sorriso e poi, indicando il Palazzo di vetro, sede dell'Onu, spiega che «la vita è fatta di futuro, la vita non è fatta di passato». E quanto al suo, di futuro, il Professore sottolinea: «Per ora penso a qualche mese di vacanza sono 20 anni che tiro».

«PD E DEMOCRAZIA» - Quanto poi all'esito del voto, Prodi sottolinea che «senza un Pd forte avrei timori per la democrazia». E definisce «estremamente coraggiosa e forte» la campagna elettorale condotta da Walter Veltroni. Prodi evidenzia che il Pd «ha avuto una buona performance alle elezioni, ed ora deve rafforzarsi, lavorando sui programmi e consolidando il suo ruolo di unica alternativa riformista in Italia». Perché di questo, conclude «ci sarà estremamente bisogno».

INCONTRO CON VELTRONI - In ogni caso la questione sarà discussa a tu per tu tra Prodi e Veltroni, che si incontraranno al rientro a Roma del premier. Lo spiega l'ufficio stampa del Pd che in una nota precisa che i due leader «avevano concordemente deciso di riparlare insieme dopo il voto. L'incontro - si legge ancora nel comunicato -, previsto a breve, avverrà nello spirito di coesione e di grande unità che si è visto in questi mesi e che è confermato dalle parole di oggi di Prodi».

GLI AUGURI DI BONAIUTI - La notizia delle dimissioni è stata commentata in diretta da Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, durante una trasmissione di Skytg24: «Onore delle armi a Romano Prodi e auguri al suo successore quando si saprà chi è».


16 aprile 2008

da corriere.it
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« Risposta #97 inserito:: Aprile 16, 2008, 06:34:53 pm »

16/4/2008 (15:23) - L'ADDIO DEL PREMIER

Prodi lascia la presidenza del Pd
 
Romano Prodi, per due volte presidente del Consiglio

Il Professore ha già scritto a Veltroni: «Non dipende dal risultato elettorale»


ROMA
Romano Prodi ha lasciato la presidenza del Pd.

Dopo una giornata di indiscrezioni e la smentita di Silvio Sircana, la conferma arriva direttamente dal premier, impegnato a New York. «La vita è fatta di futuro» ha detto il Professore. «Per ora penso a qualche mese di vacanza sono 20 anni che tiro», ha aggiunto.

Le dimissioni di Prodi sono state recapitate a Veltroni in una lettera datata 23 marzo, «a prescindere dal risultato delle elezioni», sottolinea il premier.

Per Prodi alle elezioni«c’è stata una buona performance» del Partito democratico che adesso però «deve rafforzarsi e continuare ad essere l’unica seria alternativa riformista per l’Italia, perchè in futuro ce ne sarà estremamente bisogno». Il presidente del Consiglio ha definito la sua scelta delle dimissioni dalla presidenza del Pd coerente con quella di non ripresentarsi alle elezioni per un seggio in Parlamento. «Rimarrò un supporter forte e leale del Partito democratico - ha assicurato Prodi conversando con i giornalisti a New York - anche se non in un ruolo di responsabilità in quanto questo spetta ad altri affinchè il Pd possa nascere forte e guardare al futuro, perchè questo è il suo problema».

Il premier è intervenuto anche sulla nomina del successore di Frattini, prossimo ministro degli Esteri nel governo Berlusconi, nel ruolo di commissario Ue. «Nei giorni scorsi - ha detto - ho ripetutamente cercato di trovare un commissario bipartisan. Ho chiesto a Berlusconiil quale mi ha rinviato a Letta, il quale Letta mi ha risposto che la decisione doveva essere di Berlusconi. Ho fatto una rosa di cinque nomi, ma non mi è giunta nessuna risposta».Intanto, scatta la corsa alla successione di Prodi. Per il Tg de La7 il nuovo presidente del Pd potrebbe essere Rosy Bindi, ma il dalemiano Latorre nicchia: «Si valuterà».

da lastampa.it
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« Risposta #98 inserito:: Aprile 20, 2008, 11:54:43 am »

Prodi contro il Pd del Nord: siamo già partito federale


Annunciando le dimissioni dalla presidenza del partito, lo aveva messo in chiaro: non rinuncio a dire la mia. Detto, fatto. Romano Prodi boccia senza appello la proposta di dar vita ad un Partito Democratico del Nord: «Il Pd è nato come partito su base federale e regionale - sottolinea- allora non si possono cambiare le basi ogni due mesi. Seguiamo le regole del Pd, e andiamo avanti».

Una presa di posizione netta. Il leader democratico Walter Veltroni, che lunedì riunirà a Milano i segretari regionali, ha invece preferito tenersi fuori dalla querelle. Il Pd, si limita a rispondere «è una grande forza che si è insediata. Ci sono elezioni che segnano la fine di un percorso e altre in cui inizia, e queste sono state elezioni da cui si inizia».

A sostenere, pur con accenti e ipotesi organizzative diverse, la proposta del Pd del Nord sindaci e amministratori delle regioni padane. Non senza contrasti, come quelli che dividono da una parte il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, sostenitore di un partito del settentrione federale basato su “macroregioni” ma senza leader, e dall’altra il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che chiede di tenere l’Emilia fuori dal progetto e rivendica una leadership autonoma.

Intervistata dal quotidiano la Stampa, la presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, afferma che un Pd del Nord si può e si deve fare «senza chiedere il permesso a Roma», e sottolinea come già da prima delle elezioni alcuni esponenti («io, Chiamaparino, Cacciari, Penati») avevano iniziato un «percorso in questa direzione».

Pubblicato il: 19.04.08
Modificato il: 19.04.08 alle ore 14.36   
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« Risposta #99 inserito:: Aprile 20, 2008, 12:01:34 pm »

Il sindaco replica: «Lo rispetto ma non cambio idea»

Prodi boccia il Pd del nord

Il Professore contro il modello proposto da Cofferati: «Non si possono cambiare le basi ogni due mesi»

 
 
ROMA - «Il Pd è nato come partito su base federale regionale. Allora non si può cambiare le basi ogni due mesi, seguiamo le regole del Pd e andiamo avanti».

IL NO DEL PROFESSORE - Così il presidente del Consiglio dimissionario Romano Prodi, interviene da Bologna nel dibattito innescato da alcuni sindaci, primo fra tutti Sergio Cofferati, circa l'ipotesi di strutturare il partito guidato da Walter Veltroni secondo una impostazione federale, ma che segua delle macro regioni. Secondo Prodi, dunque, la struttura del Pd deve restare sulla misura regionale e federale, e non secondo l'idea di Cofferati che riguarda zone geografiche più ampie, divise fra Nord, Centro e Sud. «Il Partito democratico è nato regionalista e federale. La sua base sono le regioni», ripete il premier ai cronisti «il Pd deve semplicemente tenere fede al suo statuto, che è la sua legge e la sua regola». «È così, non deve diventare niente, deve far fede alle sue radici, e adempiere - specifica - i compiti del suo statuto».

CONTI - Prodi torna a ribadire che il proprio governo lascia alla nuova compagine governativa «i conti in ordine». «Noi abbiamo lasciato i conti in ordine. Il nuovo governo dovrà fare quello che abbiamo fatto noi per il paese. Non potrà certamente scialacquare», sottolinea il premier ai cronisti che gli chiedono se Berlusconi troverà l'extragettito di cui si è parlato, «e quindi - conclude - mi auguro che la buona amministrazione continui».

COFFERATI - In serata arriva la replica di Cofferati. «Ho il massimo rispetto e considerazione per l'opinione del presidente, ma non cambio idea» dice il sindaco. «La proposta che ho fatto di futuro assetto del Partito democratico non credo abbia bisogno di modifiche statutarie - ha spiegato Cofferati - ma, se anche così fosse, se il cambiamento è utile, non vedo perché non ipotizzare anche un adeguamento dello statuto. Un solo partito, un solo segretario: E il nuovo assetto federale, insieme al radicamento in ogni territorio, è utile che aggiunga un coordinamento politico delle macroaree che hanno forti identità e relazioni sociali ed economiche tra di loro, a cominciare dal nord».


19 aprile 2008

da corriere.it
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« Risposta #100 inserito:: Aprile 25, 2008, 12:22:16 am »

Colpo di scena nell’udienza al Tar sul ricorso del Codacons: il Governo uscente ha tentato di rimettere l’ultima decisione sulla base Usa a quello nuovo 

Prodi "scarica" il Dal Molin su Berlusconi 

Ma i giudici amministrativi avrebbero respinto la richiesta di dilazione ordinando la consegna degli atti
 

Vicenza
Punto a favore dei No Dal Molin davanti al Tar del Veneto. La prima sezione dell'organo di giustizia amministrativa ha accolto la richiesta di accesso ai documenti sul raddoppio della base Usa presentata, insieme al ricorso contro l'ampliamento della caserma Ederle, dal Codacons, dai comitati "No Dal Molin" e dall'Ecostudio Alexander Langer. Mentre secondo indiscrezioni avrebbe respinto una richiesta, giuntale in mattinata, con la quale il ministero della Difesa proponeva di sospendere il procedimento giudiziario rinviando tutto al prossimo governo. La richiesta è contenuta in una concisa lettera firmata dal capo di gabinetto del ministero, generale di corpo d'armata Biagio Abrate, che scrive: "si chiede il rinvio dell'udienza, al fine di consentire alla nuova compagine governativa di prossimo insediamento un'ulteriore valutazione". Uguale decisione di rimettere la questione al prossimo esecutivo, secondo fonti romane, sarebbe stata formalizzata qualche settimana fa dal ministro Parisi.

La lettera è stata consegnata al collegio giudicante dai legali dell'Avvocatura di Stato che difendono, oltre che il governo, anche il Comune e la Provincia di Vicenza. Ma secondo il presidente del Codacons, l'avvocato Carlo Rienzi che rappresenta l'associazione di fronte al Tar, "il collegio presieduto dal giudice Bruno Amoroso ha respinto la richiesta di rinvio". Ciò confermerebbe però che il governo Prodi abbia giocato, tra gli ultimi atti della sua amministrazione, la carta di affidare all'esecutivo che verrà formato da Berlusconi una non meglio precisata "valutazione ultima" sull'ampliamento della base americana.

Potrebbe arrivare già nella serata di oggi, invece, l'ordinanza del Tar sull'argomento principale del ricorso, cioè la richiesta di sospendere il nulla osta governativo all'ampliamento e gli altri atti connessi emanati dalla Regione Veneto e dal Comune di Vicenza. Atti in parte ancora non divulgati, tanto che ieri, alla fine di un'udienza durata poco meno di venti minuti, il Tar ha deciso di imporre all'Avvocatura di Stato il loro invio. In questo modo gli atti dovrebbero essere portati a conoscenza, entro venti giorni, dei legali che ricorrono contro l'ampliamento della Ederle.

L'esistenza di un nulla osta rilasciato dal governo Prodi era stata al centro di altre udienze di fronte al Tar del Veneto. "In una prima occasione l'Avvocatura di Stato l'aveva smentita - dice Rienzi - mentre nell'udienza del 4 settembre scorso, pur ammettendo l'esistenza del documento, non lo aveva presentato, tanto che nel nostro stesso ricorso non ne abbiamo potuto citare gli estremi".

Pierluigi Tamburrini
 
da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #101 inserito:: Aprile 29, 2008, 05:17:39 pm »

LO SCRIVE IL giornale russo KOMMERSANT considerato molto vicino a Gazprom

Prodi alla guida del gasdotto «South Stream».

Il Professore: «Per ora no grazie»

L'offerta avanzata dal numero uno di Gazprom

 
 
ROMA - «No grazie». Romano Prodi sembra insistere nella scelta di voler fare il nonno e rifiuta l'offerta del numero uno di Gazprom, Alexei Miller, di diventare presidente di South Stream Ag, la società di diritto svizzero costituita dall'Eni e dalla stessa Gazprom per la realizzazione del gasdotto dal Mar Nero all'Europa». Dell'offerta a Prodi ne parla «Quotidiano energia», testata online di settore (www.quotidianoenergia.it), citando il russo «Kommersant», secondo cui il colosso del gas russo «intenderebbe seguire per il South Stream lo stesso schema utilizzato per il gasdotto Nord Stream attraverso il Baltico», presieduto dall'ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder.

LA VISITA - «Secondo «Kommersant» (giornale considerato molto vicino a Gazprom)- scrive Qe- l'obiettivo della visita di Miller a Roma è essenzialmente quello di convincere Prodi ad accettare l'incarico». Inoltre, ricorda «Quotidiano Energia», il mese scorso «la stampa ungherese aveva ventilato l'ipotesi che la presidenza del South Stream potesse andare al primo ministro magiaro Ferenc Gyurcsany, il cui Governo era in bilico a seguito di un referendum che ha bocciato il nuovo piano sanitario dell'esecutivo». La crisi «è stata tuttavia scongiurata in questi giorni con il defenestramento del ministro della Sanità, Agnes Horvath».

SIRCANA - Quella di presiedere la società che si occuperà della realizzazione del gasdotto South Stream è «un'offerta già fatta nei recenti incontri con Putin, ma Prodi gli ha detto che al momento» la soluzione «non è praticabile». Silvio Sircana, portavoce del presidente del Consiglio uscente Romano Prodi, commenta così quanto scrive il quotidiano russo «Kommersant» sul fatto che il numero uno di Gazprom, Alexei Miller, sia lunedì a Roma per offrire la presidenza di South Stream AG a Prodi. «Sappiamo solo che Miller ha chiesto un appuntamento- dice Sircana - ma il contenuto non è detto sia quello».


28 aprile 2008

da corriere.it
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« Risposta #102 inserito:: Maggio 02, 2008, 05:59:30 pm »

In eredità i conti in regola

L'Europa cancella la procedura d'infrazione per deficit eccessivo

Mercoledì 30 Aprile 2008

"Il miglioramento strutturale dei conti pubblici cumulato nel 2006 e nel 2007 dal governo Prodi è prossimo al 3% del Pil, cioè ben oltre il minimo di 1,6% raccomandato dal Consiglio", si legge nel documento che sarà presentato alla riunione dell'esecutivo europeo. Grazie a questi risultati ottenuti del governo Prodi verrà archiviata, per l'Italia, la procedura d'infrazione per eccesso di deficit ereditata dal governo di centrodestra.
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Lettera del Presidente del Consiglio ai dipendenti della Presidenza del Consiglio in occasione dell'imminente commiato

Venerdì 2 Maggio 2008

Carissime e carissimi tutti,

In questi due anni ho avuto modo di inviare tante lettere di ufficio e di lavoro. Quella di oggi è forse meno "istituzionale", ma per molte ragioni ancora più importante. Desidero infatti che giunga a tutti i dipendenti della Presidenza del Consiglio il mio saluto e il mio ringraziamento.

Non si tratta del "solito" messaggio di fine governo. Non lo è perché nello scrivere queste righe salgono forti alla mente i ricordi e le emozioni di tante giornate trascorse insieme a dirigenti, funzionari, tecnici e addetti. Mai, in nessuno di voi, ho trovato disattenzione o scarso attaccamento all'istituzione che servite con continuato orgoglio.

E questo orgoglio è quello che provo oggi, nel salutarvi e ringraziarvi, perché questo è il vero volto della Pubblica Amministrazione, spesso alla ribalta per esecrabili casi di malfunzionamento ma che nel suo complesso è all'altezza delle sfide più difficili e moderne.

Per la seconda volta nella mia vita ho avuto il privilegio di "abitare" Palazzo Chigi. E per la seconda volta mi sono davvero sentito a casa. La dedizione e la serietà di tutto il personale non sono cose che si dimenticano. Dai piccoli gesti del mattino alla pazienza per le lunghe attese serali ho capito quanto importante sia il ruolo che rivestite. Dalla accurata preparazione dei dossier e degli atti normativi ho verificato la qualità di chi svolge l'oscuro ruolo di servitore dello Stato.

A tutti va davvero il mio abbraccio più forte e sincero. Sono stati altri due anni di grande lavoro, portati avanti anche grazie a voi. Siete davvero all'altezza della migliore Italia!

Con affetto e amicizia

Romano Prodi
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« Risposta #103 inserito:: Maggio 02, 2008, 06:16:26 pm »

Il Retroscena

E Prodi spinse per il rinvio: «Niente dati prima del voto»

La pubblicazione doveva essere l’ultima sfida sulle tasse

L’uscita sulla Rete, prevista per gennaio, fu sospesa per la crisi


ROMA — La svista tecnica si è trasformata alla fine in errore politico. La decisione di pubblicare sul web le dichiarazioni dei redditi degli italiani doveva essere una sorta di sfida al nuovo governo in tema di tasse. L’ultimo atto del viceministro Vincenzo Visco, che ha sempre legato il suo impegno pubblico alla battaglia contro l’evasione fiscale. In questo modo si voleva dimostrare che «la trasparenza è anche un deterrente per chi sceglie di non pagare oppure di denunciare meno di quanto guadagna», come lo stesso Visco aveva chiarito ai suoi collaboratori più stretti. Il fine era chiaro: noi stabiliamo la procedura, vediamo se sarà revocata da chi arriverà dopo. E invece è stato lui a essere costretto alla marcia indietro con quel comunicato che in serata conferma «la sospensione della pubblicazione». La scelta di rendere accessibili i dati era stata presa nel gennaio scorso.

Visco l’aveva concordata con Massimo Romano, il direttore dell’Agenzia dell’entrate che nel 2006 aveva richiamato dopo la «pausa» imposta durante il governo Berlusconi. Poi c’è stata la crisi di governo e, seguendo anche le indicazioni arrivate da Palazzo Chigi, si era deciso di soprassedere. Del resto proprio in quel periodo lo stesso Visco, agendo in tandem con Romano, aveva fatto sapere di aver ricevuto dalle autorità tedesche la lista degli italiani che fino al 2002 avevano trasferito soldi in Liechtenstein provocando infuocate polemiche con l’opposizione. Ieri mattina, quando la notizia della pubblicazione on line è diventata pubblica, Visco si è stupito di fronte alle accuse dei parlamentari della nuova maggioranza che lo hanno addirittura accusato di «essersi vendicato degli italiani che lo hanno mandato a casa ». «È un fatto di trasparenza— ha spiegato—una questione di democrazia e non vedo problemi.

Basta guardare qualsiasi telefilm americano per scoprire che anche negli Stati Uniti e nel resto del mondo si fa così». Una posizione che ha cercato di tenere anche dopo l’intervento del garante della privacy. Mentre i collaboratori di Tommaso Padoa-Schioppa spiegavano che «il ministro non è stato informato, ma non c’è nulla di strano perché si tratta di materia delegata al suo vice», Visco è andato a Palazzo Chigi da Romano Prodi. Ha tentato di difendere la propria scelta. Quando è apparso chiaro che la pubblicazione non era stata concordata con chi si occupa di tutelare la privacy degli italiani, ha cercato di sostenere che ormai non c’era alcun bisogno di prendere ufficialmente posizione perché tanto il sito dell’Agenzia delle entrate era ormai inaccessibile.

L’obiettivo era palese: non smentire il provvedimento che in calce porta la firma del direttore Romano. Prodi è stato però categorico: «Non possiamo far finta di niente. Stiamo per andar via e dobbiamo assumerci le nostre responsabilità ». Pochi minuti dopo la nota che «prende atto delle osservazioni del garante» è stata resa pubblica.

Fiorenza Sarzanini
01 maggio 2008


da corriere.it
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« Risposta #104 inserito:: Maggio 03, 2008, 10:40:30 am »

POLITICA

Il premier dimissionario sceglie il palco radicale per il suo ultimo intervento

Il segretario del Pd parla all'assemblea delle Acli: "Servono nuove allenze"

Prodi: "Il Paese era zimbello in Ue"

Veltroni: "Vicepresidenza a Udc"

Per la Camera si sussurrano i nomi di Rosy Bindi e Rocco Buttiglione

"I due vicepresidenti del Senato dovranno essere indicati da Pd e Italia dei Valori"

 
ROMA - "La politica economica severa del governo è stata moralmente necessaria. Senza di essa avremmo sfasciato il bilancio e messo a rischio il Paese". Romano Prodi, davanti all' "Assemblea dei mille" convocata dai radicali, difende caparbio e convinto l'operato del suo esecutivo: "Abbiamo salvato il Paese che era lo zimbello della Ue. Con noi sono diminuite le controversie con l'Europa" E avverte: "Con il centrodestra il contributo attivo alla Ue si affievolirà sicuramente".

Il premier dimissionario sceglie il podio offerto dai Radicali a Chianciano terme per quella che assomiglia alla sua ultima uscita pubblica e che comunque è senz'altro la sua prima uscita pubblica dopo la doppia sconfitta del Pd. Sono le prime ore del pomeriggio. Pochi minuti dopo il segretario del Pd Walter Veltroni sceglie invece il podio offerto a Roma dalle Acli, la più grande associazione dei lavoratori cattolici, per riprendere le file del discorso politico. Un filo che passa anche - come dimostra la scelta del luogo, degli interlocutori e dell'altro speaker il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini - "da un nuovo sistema di alleanze e dalla costruzione di nuove convergenze con le diverse opposizioni". Così, Veltroni annuncia che per le vicepresidenze di Camera e Senato il Pd proporrà un nome del Pd e uno dell'Udc per Montecitorio e uno del Pd e un altro dell'Italia dei Valori per palazzo Madama.
Nel primo caso sono forti le indiscrezioni sui nomi di Rosy Bindi e Rocco Buttiglione

Prodi difende il suo governo. Il professore rendendo omaggio ai radicali ("Grazie per la lealtà, siete gli ultimi giapponesi") difende con forza le scelte dell'esecutivo in questi venti mesi: "Abbiamo ridotto la disoccupazione al minimo storico, abbiamo lottato contro l'evasione fiscale non con i proclami ma con un impegno serio. Questo ha aumentato l'impopolarità del governo ma il nostro è stato un atto di coraggio per la democrazia". Prodi ha quindi rilevato che l'azione del governo è stata "condizionata dalle tensioni di una maggioranza composita". In definitiva per Prodi anche le liberalizzazioni sono un punto forte dell'azione di Palazzo Chigi, "anche se l'ultima parte di questo capitolo è rimasto dinanzi alle Camere".

"Il Pd deve avere più coraggio". Prodi difende anche quella che considera "la sua creatura". "Nel Partito democratico ho sempre creduto come pure nella sua capacità di dare una nuova forma al riformismo. Ho fatto quello che dovevo fare ma ora spetta ad un'altra leva". Quella che lascia è un'"eredità morale impegnativa. Il Pd può essere il punto di riferimento per l'azione riformista, ma deve avere coraggio, non deve avere paura". Tra i nodi futuri che il Pd dovrà affrontare Romano Prodi indica la "necessaria redistribuzione del reddito perchè le differenze sociali si allargano sempre di più. Il Pd dovrà affrontare anche questo tema".

(2 maggio 2008)

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