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Autore Discussione: Il Papa è moderno, la finanza di Pietro no  (Letto 2097 volte)
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« inserito:: Febbraio 24, 2013, 04:07:27 pm »

Il Papa è moderno, la finanza di Pietro no

La modernità irrompe dentro le sacre mura di San Pietro, ma si infrange miseramente sul portone blindato dello Ior. La portata rivoluzionaria delle dimissioni del Papa, che desacralizzano la Chiesa e ritrasformano Benedetto XVI in Joseph Ratzinger, non è bastata. In qualunque altra istituzione, per quanto millenaria, un evento del genere avrebbe dovuto determinare un ripensamento profondo non soltanto del modo in cui si testimonia il messaggio di Cristo, ma anche del modo in cui ci si rapporta con le questioni di Cesare. Se è vero che a spingere il Pontefice alla rinuncia ha contribuito anche la vicenda dell’Istituto delle Opere Religiose, senza presidente da otto mesi e lambito dalle inchieste su Mps e Finmeccanica, allora il Vaticano ha perso una grande occasione. Avrebbe dovuto approfittare dello storico passo indietro del Santo Padre rispetto alla sua missione cristiana, per compiere un gesto analogo di forte discontinuità rispetto alla gestione della banca vaticana. La nomina di Ernst Von Freyberg ai vertici dell’Istituto, dopo la lunga «vacatio» successiva alla chiacchieratissima gestione Gotti Tedeschi, sembra andare esattamente nella direzione opposta. Intanto per il profilo del personaggio, non così autorevole come forse sarebbe necessario. E poi perché la scelta, compiuta nel fuoco di una battaglia sotterranea tra una Segreteria di Stato drammaticamente screditata dai veleni del corvo e un Papa uscente e «ingravescente aetate», sembra comunque concepita in perfetta continuità con le logiche del passato più recente. Non c’è bisogno di risalire agli scandali del cardinal Marcinkus. Lo Ior è tuttora al centro di dubbi e di sospetti, e non ha ancora sciolto nodi cruciali che riguardano il suo modo di operare nel mondo degli affari. Servirebbe una riforma strutturale, che chiarisca una volta per tutte se l’Istituto è o non è un ente creditizio. Da questa opzione dovrebbero discendere conseguenze ordinamentali ben precise, che riguardano il pieno adeguamento alle norme antiriciclaggio, la conformità alla disciplina comunitaria nel servizio dei pagamenti (ora affidato a una società di diritto elvetico), il rispetto di una qualche forma di Vigilanza sul territorio della Città del Vaticano. Si tratterebbe cioè di far uscire lo Ior da quel cono d’ombra nel quale ha operato in tutti questi anni, alimentando l’immagine di un’istituzione anomala ed opaca, sempre al centro di trame oscure e di conti segreti. Di trasformarla finalmente in una casa di vetro, come dovrebbe essere davvero la banca di Pietro. John Plender, sul Financial Times, sostiene che la mancanza di trasparenza e di «accountability» della Ior è un «anacronismo inescusabile». Ha prefettamente ragione: è ora che anche i Papi «rendano conto» in questa vita, e non solo in quella ultraterrena. m.giannini@repubblica.it

(18 febbraio 2013) © Riproduzione riservata

DA - http://www.repubblica.it/rubriche/polis/2013/02/18/news/il_papa_moderno_la_finanza_di_pietro_no-52906534/
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