9/5/2012 - LE IDEE
Alla ricerca del silenzio perduto
SANDRO CAPPELLETTO
Il silenzio è un valore e il suo prezzo aumenta di pari passo con il salire del rumore del mondo. Comprare silenzio costa. Il silenzio di un’automobile di lusso, i doppi vetri per isolare dall’esterno la casa dove abiti, l’ovattata stanza dell’albergo che ti ospita.
Il silenzio irreale dei passi spenti sulla moquette lungo gli immensi corridoi della Farnesina, sede del nostro ministero degli Esteri, dove ogni clamore imparerà a stemperarsi. Su alcuni treni ad alta velocità, da qualche giorno sono in servizio delle carrozze battezzate Area silenzio; riservate ai viaggiatori di prima classe, prenotazione del posto obbligatoria, sulla porta scorrevole che dà accesso alla vettura spiccano due grandi adesivi con la sagoma di un telefonino e un segno rosso di divieto.
Qui si tace, o si parla a bassa voce, ci si può concentrare, leggere, studiare, dormire, pensare, assieme a persone che hanno fatto la tua stessa scelta. L’unico rumore sarà quello del treno, assorbito però dal sedile in pelle, dove distendersi comodissimi. Il viaggio costa caro, niente offerte al ribasso, ma anche niente a che fare con la bolgia delle altre carrozze e i loro cento telefonini sempre vivi. Si varca la soglia fiduciosi, sereni. «Io questa bolletta da 275 euro non la pago, hai capito? In quella casa non ci abito più da sei mesi, sono fatti tuoi!», scandisce una signora che non riesce a trattenere la collera. Dietro a lei un giovane imprenditore sta parlando in viva voce mentre sul display del telefonino è apparsa la calcolatrice: «Se di pezzi te ne servono cinquanta il prezzo scende, ti posso fare un dieci, anche un quindici per cento. Ok?». Sedici viaggiatori, otto telefonini appoggiati sul tavolinetto, gli altri in agguato chissà dove, quattro in funzione. Se anche nell’Area silenzio irrompe la vita, per il silenzio la battaglia è impari. Non resta che uscire e rivolgersi all’autorità competente, il capotreno, che certamente farà rispettare la chiarissima normativa.
Entrando in carrozza, lui stesso stupisce e arretra. «E’ un’offerta nuova, la clientela si deve abituare. Caro signore, ci vuole pazienza, non se la prenda». Nelle Voiture silence delle ferrovie francesi, se soltanto ti azzardi a tirare fuori il telefonino, gli sguardi ti fulminano e nessuno osa infrangere la regola. Siamo noi, siamo noi, i campioni dellItalia che fa sempre come le pare siamo noi. Ci vuole pazienza; altri centocinquanta anni?
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