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Autore Discussione: Marina SERENI.  (Letto 9628 volte)
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« inserito:: Marzo 17, 2012, 11:44:00 am »

Vertice con Monti: riformare si può

16 Marzo 2012


L'editoriale di Marina Sereni


L'esito del vertice tra il Presidente Monti e i segretari dei partiti che sostengono il Governo e' stato positivo, smentendo le previsioni (piuttosto i desideri) di quegli esponenti della Lega che avevano pronosticato rotture e tensioni. Su lavoro e giustizia si sono definiti obiettivi e linee di intervento condivise, mentre sulla Rai le posizioni restano distanti e serviranno altri momenti di confronto. Alfano ha dovuto riconoscere che non ci sono argomenti di cui e' vietato discutere e occuparsi, e, in particolare, che la giustizia e' a pieno titolo materia dell'azione del Governo. Al Pd e' stato chiesto, in cambio di un intervento davvero significativo sul fronte della lotta alla corruzione, vera e propria emergenza economica e democratica, di affrontare anche i nodi delle intercettazioni e della responsabilità civile dei giudici, correggendo comunque la brutta norma approvata con voto segreto alla Camera nel corso dell'esame della Legge comunitaria. Nelle prossime settimane i gruppi parlamentari insieme al Ministro Severino dovranno misurarsi con questi provvedimenti e verificare se, come e' sembrato nel colloquio tra i leaders, ci sono davvero le condizioni per risolvere finalmente questioni che sono state molto a lungo oggetto di una contrapposizione frontale tra i due schieramenti. Se così fosse, ma e' troppo presto per dirlo, sarebbe il segno che e' cominciata la "deberlusconizzazione" del Paese, e della politica italiana, che il Governo Monti sta dando un contributo a rendere più costruttivo il confronto tra partiti che sono e restano alternativi ma che possono trovare punti di equilibrio sulle regole, sul funzionamento della giustizia, sul rispetto dei principi costituzionali.

Sul lavoro credo sia giusto rivendicare intanto un nostro risultato, sul metodo prima ancora che nel merito. Per tutti, partiti e Governo, il raggiungimento di un accordo con e tra le parti sociali e' divenuto oggi un obiettivo essenziale. Sono stati messi a tacere i "falchi", sono stati sconfitti coloro che prevedevano, o forse auspicavano, una lacerazione all'interno del sindacato e l'isolamento della Cgil, e' cominciato ad essere chiaro che l'intesa e' un valore in se' e la divisione e' un dis-valore in se'. La gravita' della crisi economica e sociale richiede il massimo di coesione e un'assunzione di responsabilità molto alta da parte di tutti i soggetti coinvolti. Anche per dare una risposta a quanti teorizzano che il "governo dei tecnici" possa fare a meno della mediazione dei partiti e dei corpi intermedi.
Il secondo punto ormai evidente e' che il cuore della riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali non e' l'articolo 18 e che i punti in discussione confermano il principio, per noi irrinunciabile, del divieto di licenziamento per motivi discriminatori. Tuttavia restano ancora non risolti alcuni nodi importanti, primi fra tutti quello relativo alla platea dei destinatari del nuovo sistema degli ammortizzatori sociali - che ad oggi rischia di non includere a sufficienza i giovani precari con lavori atipici - e quello riguardante le risorse aggiuntive disponibili. Tema questo che ha una grande rilevanza, sia per quanto riguarda la tutela dei lavoratori finora scoperti sia per portare a soluzione, nell'emergenza in corso, il problema degli esodati. Sarebbe sbagliato dunque oggi abbandonarci ad un eccesso di ottimismo: come sempre in questi casi il "diavolo e' nei dettagli" ed e' necessario che il Governo tenga conto delle nostre osservazioni e lavori ancora al tavolo con le parti per risolvere le principali criticità.

Infine sulla Rai il confronto non ha dato fin qui nessun risultato apprezzabile. Il Pdl, e in questo caso anche il Terzo Polo, ritengono necessario procedere con la Legge Gasparri al rinnovo del Consiglio di Amministrazione, il Pd ha posto da tempo l'esigenza di un cambiamento radicale nella governance, per liberare la Rai dal peso dei partiti e per avere un modello gestionale che premi qualità, efficienza e merito. Su questo punto il Presidente Monti aveva anticipato, in una popolare trasmissione televisiva, la volontà di introdurre innovazioni. E' una materia rilevante in se', e che per di più allude al peso e al condizionamento che Berlusconi ha esercitato per una lunga stagione nella sua doppia veste di Presidente del Consiglio e di imprenditore primario del settore dell'informazione. Dopo l'incontro di ieri sera il Presidente Monti deve decidere se e come e' possibile dimostrare anche su questo terreno che sta iniziando una stagione nuova.

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« Ultima modifica: Maggio 27, 2012, 09:48:34 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 23, 2012, 11:24:45 pm »

L'editoriale di Marina Sereni


Forse il Presidente Monti ha compiuto il suo primo vero errore. O forse ha scelto consapevolmente di fare uno "strappo". Uno strappo non con la Cgil o con il Pd, questione pure rilevante, ma con una larga, larghissima parte del Paese. Di quel Paese che stava e sta guardando a questo Governo con speranza, sapendo di essere in una condizione difficile e di dover affrontare sacrifici anche duri. La riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, per quello che e' stato possibile capire fin qui e non avendo ancora letto un testo ufficiale, contiene molte misure importanti volte a ridurre la precarietà, a dare tutele ai più giovani e ad affrontare l'emergenza dei lavoratori più anziani che oggi rischiano di essere espulsi per colpa della crisi. Con risorse ancora molto scarse e con margini di miglioramento evidenti l'impianto proposto dal Governo e discusso con le parti sociali e' interessante e raccoglie molte delle proposte del Pd.
Ma.... c'e' un ma, grande come un macigno. La proposta di modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per quanto riguarda i licenziamenti per ragioni economiche non e' accettabile, ha prodotto una rottura al tavolo con sindacati e imprese, ha suscitato nel merito e nel metodo molte reazioni negative. Su ciò che il Pd può fare e farà a partire dai prossimi giorni non si può aggiungere nulla alle parole che Dario Franceschini usa nelle interviste di oggi. Noi siamo una grande forza di centrosinistra, sappiamo interpretare fino in fondo le responsabilità che ci derivano dall'essere ancorati al mondo dei lavori (dentro cui ci sono, insieme ai lavoratori dipendenti, tanti piccoli e medi imprenditori oggi alle prese con difficoltà drammatiche), faremo la nostra parte e la faremo tutti insieme. La Direzione nazionale di lunedì prossimo smentirà i profeti di sventura sulla capacita' del Partito Democratico di affrontare questo passaggio molto complesso restando unito.

Mi interessa invece soffermarmi su un altro punto, che forse merita una riflessione e segnala una differenza vera con il pensiero del Presidente Monti. In più di un'occasione Monti ha liquidato la "concertazione" come un rito del passato, come "consociativismo" deteriore. Non sono una nostalgica delle formule del passato e so che anche nei corpi intermedi e nelle rappresentanze sociali ed economiche si annidano elementi di conservazione. Nei momenti di crisi e di incertezza dentro ognuno di noi si nasconde il "diavoletto" del conservatorismo, quel riflesso condizionato che ti spinge ad aver paura delle innovazioni. Sindacati e associazioni di impresa non sono esenti da questo rischio. Eppure non convince l'idea - o forse dovrei dire l'ideologia - di chi pensa che da questa crisi si possa uscire meglio disarticolando, oltre che il ruolo dei partiti, anche quello dei corpi intermedi, di quelle forme organizzate del sociale che sono state e a mio avviso restano una risorsa della democrazia italiana, e dello stesso modello europeo.

Certo e' tutta la società italiana, compresi i corpi intermedi, ad essere alla prova. Tutti siamo chiamati a vivere con coraggio il cambiamento e a mettere in discussione vecchie certezze. Ma non mi si dica che si produce un migliore cambiamento spezzando le reti di solidarietà, indebolendo i sindacati, l'associazionismo, il Terzo settore, le organizzazioni di categoria economiche... Forse e' anche da questo versante che va letto il monito di Mons. Bregantini.

Per questo il nostro riferimento resta l'Europa e dentro essa il cosiddetto "modello tedesco": proprio perché crediamo profondamente nel nesso inscindibile tra crescita e democrazia economica.

Concludo con le parole che Gian Enrico Rusconi usa al termine del suo articolo di oggi su La Stampa: "Il presidente del Consiglio guarda all'Europa - continua a ripeterlo, giustamente soddisfatto dello straordinario guadagno di immagine e di fiducia raggiunto in breve tempo dal nostro Paese. Ma qual è esattamente «l'Europa» a cui si riferisce Monti? La Banca centrale europea, alcuni membri della Commissione europea, la cancelliera Merkel, soddisfatta dei «compiti a casa» fatti sinora dagli italiani? E' tempo che Monti argomenti meglio la dimensione europea della sua azione di governo, senza riferirsi esclusivamente agli indicatori di mercato, alle Borse o ad altri dati del cui valore relativo lui stesso è ben consapevole.

Mi auguro che Monti, consegnando al Parlamento il suo piano di riforma del lavoro, non affermi che soltanto esso - così come è scritto - ci metterebbe in sintonia con «l'Europa», con il sottinteso che la sua bocciatura ci allontanerebbe dall'Europa stessa. Non è così. Ricordo molto bene che in una dichiarazione delle prime settimane, Monti stesso ha detto che i sacrifici che gli italiani si stavano preparando a sostenere non erano un «diktat» dell'Europa (o della sua banca), ma una necessità oggettiva che rispondeva agli interessi di tutti gli italiani. E questi il loro consenso, sofferto, lo hanno dato. Oggi la problematica del mercato del lavoro è più complicata, ma il criterio dovrebbe essere lo stesso. Non si tratta di mirare ad un accordo «consociativo» che i severi «tecnici» disapprovano. Ma di ricercare una intesa ragionevole accogliendo obiezioni ragionevoli. Suppongo che anche «i tecnici» sappiano quale risorsa straordinaria e insostituibile per l'efficienza del sistema lavorativo sia il consenso sociale."

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« Risposta #2 inserito:: Aprile 20, 2012, 11:18:47 pm »

E' competizione tra progressisti e conservatori

20 Aprile 2012

L'editoriale di Marina Sereni

 

Due temi occupano in vario modo le prime pagine dei giornali in questi giorni: i dati negativi sulla crescita e il lavoro, che continuano pesantemente a condizionare la vita di milioni di italiani, e i sommovimenti in atto nel sistema dei partiti. Il malessere sociale si salda alla disaffezione verso i partiti, crescono sia gli umori antipolitici sia i tentativi autentici di mettere in campo riforme che possano restituire credibilità ai partiti e fiducia ai cittadini. Il Pd in particolare si sta battendo in Parlamento per avere subito una nuova legge sui bilanci dei partiti, al fine di introdurre regole di trasparenza non aggirabili  e sanzioni severe per chi compie illeciti. Subito trasparenza e sanzioni perché ciò che e' emerso sin qui dai casi Lusi e Belsito, pur nelle diversità delle situazioni, e' la totale assenza di controlli da parte di autorità esterne.  Se la soluzione individuata nella proposta di legge presentata da Alfano, Bersani e Casini, non e' praticabile, come sembra sottolineare la lettera del Presidente della Cassazione, si trovi un'altra strada che consenta di ottenere l'obiettivo di sottomettere finalmente i partiti all'azione di un'autorità indipendente. Chi minimizza il tema dei controlli e delle sanzioni dimentica che dall'entrata in vigore della Costituzione ad oggi mai i partiti hanno visto una legge regolare la loro vita interna. Chi ha impedito di approvare questa norma in sede legislativa in commissione forse ha qualcosa da nascondere e non vuole che immediatamente si possano verificare i bilanci dello scorso anno. La Lega dice di voler fare pulizia ma poi cerca di sottrarsi ai controlli. Noi non lo permetteremo.

Certo e' necessario anche intervenire sulla quantità delle risorse spese dai partiti. Noi difendiamo il principio di un contributo pubblico alla vita dei partiti, perché pensiamo che partiti trasparenti e rinnovati siano indispensabili in una democrazia moderna che non voglia cedere le armi alla "plutocrazia". Ma e' evidente che si sono raggiunti livelli non sostenibili e che e' urgente ridurre i finanziamenti, riportare i costi della politica ad una dimensione di sobrietà e ragionevolezza. La decisione di sospendere la seconda rata del finanziamento previsto ai partiti deve essere dunque solo il primo passo per una ridefinizione più complessiva dei meccanismi di finanziamento. La Segreteria nazionale del Pd ha avanzato delle proposte, entro breve dobbiamo farle diventare legge.

Allo stesso modo, con la stessa consapevolezza, il Pd in Parlamento prosegue la sua iniziativa per una nuova legge elettorale e per alcune modifiche costituzionali, come la riduzione del numero dei parlamentari, strettamente connesse.

In questo quadro, di fronte ad una crisi evidente del centrodestra e all'uscita di scena di uomini come Bossi e in parte Berlusconi, e' legittimo e fisiologico che altri leader politici tentino di riempire un vuoto, magari cercando di proporre agli elettori una nuova offerta politica. Casini sembra muoversi con questa ambizione. Nulla quaestio, soltanto due  sottolineature. Innanzitutto attenzione a non mettere in difficoltà il Governo Monti. Siamo ancora nel pieno della crisi finanziaria, economica e sociale e dopo quattro mesi e' evidente che nonostante le riforme e i sacrifici non siamo fuori dall'emergenza. Si può creare ostacoli all'azione del Governo sia dando fiato alle resistenze e ai "mal di pancia" dentro i partiti ma anche cedendo alla tentazione di volersi "appropriare" della stima di cui godono il premier e molti ministri... Approfittiamo di questa fase - e questa e' la seconda considerazione - per rendere finalmente normale il sistema politico italiano, per avere nel 2013  come nel resto del mondo democratico una competizione tra conservatori e progressisti a partire dalle risposte che siamo in grado di dare alle sfide che dobbiamo fronteggiare in questo passaggio d'epoca. Non cerchiamo scorciatoie, non inseguiamo altre anomalie dopo l'anomalia Berlusconi.

Il Pd da questo punto di vista ha una grande responsabilità. Siamo stati e siamo una novità nel panorama politico italiano, non solo perché - con tutti i nostri limiti - abbiamo cercato di costruire un partito plurale, aperto, non leaderistico. Ma anche perché, lavorando all'incontro tra la  tradizione del popolarismo cattolico e quella della sinistra socialdemocratica, abbiamo aperto una ricerca originale, rendendo possibile unire i riformisti, i progressisti, divisi da una storia ormai lontana.

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« Risposta #3 inserito:: Maggio 27, 2012, 09:48:58 am »

Eppure siamo l'alternativa

25 Maggio 2012

L'editoriale di Marina Sereni


Possiamo nel Pd riflettere razionalmente e senza semplificazioni sul risultato elettorale? Dobbiamo, perché il voto ci consegna un quadro, ancora in movimento, in cui tuttavia il Pd è, oggettivamente, l’unico partito nazionale in grado di costruire un’alternativa di governo alla destra italiana. Ciò non significa per nulla adagiarsi sui risultati positivi e pensare di avere già in tasca la vittoria nel 2013. Ma neppure si può accettare acriticamente l’analisi secondo cui vinceremmo solo per demerito degli altri e perderemmo invece quando ci confrontiamo con il nuovo. Innanzi tutto perché in queste letture scompare come d’incanto la nostra battaglia per chiudere con Berlusconi e con la Lega. La crisi verticale, per certi versi drammatici, dell’alleanza Pdl-Lega può con un tratto di penna cancellare le responsabilità della destra per la situazione in cui l’Italia oggi si trova? Possiamo davvero cadere anche noi nella trappola mediatico-retorica di chi dice che siamo arrivati qui per colpa “dei partiti”? Interessate o meno, queste analisi sono semplicemente sbagliate. Basta leggere i dati sull’andamento dei conti pubblici – ottimamente sintetizzati qualche giorno fa alla Camera dal Presidente dell’Istat Giovannini nella relazione sul Rapporto 2012 – per misurare la differenza sostanziale tra i governi di centrosinistra e i governi Berlusconi negli ultimi decenni. Basta ricostruire le posizioni e le proposte che nel triennio 2008-2011 abbiamo avanzato dall’opposizione sulla crisi economica e confrontarle con le scelte di Tremonti.

Oggi il Pd sostiene con lealtà e serietà il Governo Monti. Lo continueremo a fare fino alle elezioni politiche spingendo per misure efficaci nel senso della crescita e dell’equità. Ma non possiamo consentire che il Paese venga trascinato in un’amnesia collettiva su ciò che è avvenuto in questo ultimo decennio in Europa, e in particolare in Italia, per colpa della destra.

Ecco perché dobbiamo essere tutti interessati a una lettura corretta di questo voto, per valorizzare gli aspetti positivi e approfondire la riflessione sui punti critici. Perché punti critici ci sono, ovviamente, ma non sono riconducibili tutti a una stessa ragione. Nel voto locale pesano vicende locali che si intrecciano con elementi di carattere più generale: le primarie sono state anche in questo caso utili in alcune realtà, insufficienti o addirittura dannose in altre; le divisioni del Pd e del centrosinistra sono state ovunque causa di risultati insoddisfacenti; il rinnovamento della classe dirigente è stato mediamente premiato anche se con eccezioni non banali; l’alleanza tra Pd e altre forze del centrosinistra è stata apprezzata dagli elettori anche quando includeva forze moderate e di centro.  In generale dove i dirigenti locali hanno privilegiato la qualità della proposta politica e la credibilità delle candidature, nel senso del rinnovamento, delle competenze e dell’apertura, abbiamo ottenuto importanti successi. Dove è prevalsa l’autoreferenzialità, la chiusura nel recinto dei gruppi dirigenti, abbiamo perso, pur in un quadro di difficoltà degli avversari. Al contrario di quanto leggo qua e là il ruolo del gruppo dirigente nazionale è stato semmai troppo debole, non troppo forte, nei confronti di quelle situazioni in cui le divisioni locali hanno compromesso o reso più difficile la competizione elettorale.

Da questo quadro complessivo, che non deve essere banalizzato, trarrei alcune conseguenze per quanto riguarda il Pd.

1)      Siamo il perno di una possibile alternativa alla destra per governare l’Italia dopo il 2013. Ripartiamo dal progetto: organizziamo, come propose Dario Franceschini un anno fa, una grande iniziativa aperta, coinvolgendo esperti, lavoratori, imprenditori, intellettuali, giovani, donne, amministratori locali, associazioni sociali, volontariato. Selezioniamo così le idee forza, le riforme sulle quali ci candidiamo a guidare il Paese. C’è una domanda di partecipazione cui dobbiamo rispondere rafforzando però il nostro profilo riformista. Al M5S che si presenta come “nuovo”, proponendo molti NO e pochissimi SI’ noi dobbiamo contrapporre “ragionevoli speranze” per riprendere il titolo di un bel saggio di Paolo Rossi (citato pochi giorni fa su Europa da Mario Rodriguez). Gli Italiani dovranno prima o poi diventare grandi, smettere di inseguire facili promesse, accettare che non esistono soluzioni facili, e indolori, per problemi difficili. E una forza progressista e riformista come il Pd è l’unica in grado di misurarsi con questa sfida. In questo percorso anche il nodo delle alleanze, che certo è legato alla legge elettorale, si scioglie fuori da astratti politicismi. Chi oggi pensasse di riaprire dispute sulla leadership commette un grave errore. Bersani ha tutte le caratteristiche per guidare il Pd in questo impegnativo tragitto.

2)      La crisi morde, il consenso verso il Governo Monti è in calo, i “tecnici”, com’era prevedibile, non fanno miracoli. Non è in discussione il nostro sostegno all’Esecutivo ma certo da qui al voto dobbiamo contribuire a un’azione più decisa sul terreno del lavoro, dell’equità, della crescita. In Europa e per quanto è possibile nelle scelte di politica economica e sociale a livello nazionale. Certo se a giugno il vertice dell’Unione riuscisse ad assumere finalmente delle decisioni concrete sulla necessità di un diverso equilibrio tra disciplina di bilancio e crescita sarà per merito della novità politica di Hollande, che ha aperto uno spazio molto significativo anche per Monti. Ma se malauguratamente ciò non accadesse dovremmo comunque batterci per misure che rimettano al centro il lavoro e la situazione delle fasce più colpite dalla crisi. Sugli “esodati” va trovata una soluzione convincente, che anche simbolicamente dia il segnale di vicinanza alla vita concreta delle persone in difficoltà. Il Patto di stabilità degli Enti Locali va modificato radicalmente, perché il sistema dei Comuni è parte della soluzione e non parte del problema se vogliamo dare risposte ai cittadini  e alle famiglie più fragili.

Infine il rinnovamento del partito e della politica. Da qui al 2013 dobbiamo fare ogni sforzo per approvare alcune riforme: è molto importante che ieri la Camera abbia approvato il dimezzamento dei finanziamenti ai partiti e nuove regole ispirate ai principi di trasparenza e rigore; è importante che al Senato si sia avviata la riduzione del numero dei parlamentari; è essenziale una nuova legge elettorale. Il tempo è poco e il principale interlocutore, il Pdl, rischia l’implosione e il dissolvimento. Ma certo sarebbe buttare benzina sul fuoco dell’antipolitica se arrivassimo alle urne con il Porcellum. Tuttavia per il Pd il compito non finisce qui. Noi dobbiamo raccogliere la sfida che ci viene da quel voto che si è allontanato, rifugiandosi nell’astensione o rivolgendosi al M5S, per la nostra difficoltà a rinnovare strumenti e forme della nostra presenza nel territorio, nel governo locale come nell’organizzazione del partito. Apertura e partecipazione sono stati due tratti costitutivi del Pd, abbia

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« Risposta #4 inserito:: Luglio 12, 2012, 05:05:45 pm »

La sfida del cambiamento

06 Luglio 2012

L'editoriale di Marina Sereni

“Proprio dalle grandi crisi tendono a scaturire le rotture più profonde”, scriveva qualche giorno fa Gianni Cuperlo su l'Unità, sollecitando il Pd e le forze progressiste a non rinunciare a coltivare l’utopia, la prospettiva di un cambiamento radicale. Condivido. Siamo di fronte al fallimento di un modello in cui è stata egemone la destra su scala mondiale e rispetto al quale la sinistra di governo, in Europa e non solo, non è stata in grado di elaborare una visione alternativa e credibile.  Questa inadeguatezza ha coinciso con la perdita di peso della politica, organizzata ancora in gran parte su scala nazionale, nei confronti dei poteri globali della finanza e della comunicazione. E’ dunque indispensabile prendere le mosse da una riflessione strategica sull’Europa che affronti le contraddizioni che questa crisi ha fatto emergere drammaticamente: una diseguaglianza troppo grande non tanto (o almeno non solo) tra i singoli cittadini quanto piuttosto tra gli Stati che compongono l’Unione; un deficit di legittimazione democratica che rende debole l’Unione politica e che ha portato a far prevalere i meccanismi decisionali intergovernativi rispetto a quelli comunitari.

Queste contraddizioni possono avere un effetto deflagrante oppure spingere l’Europa, e i soggetti politici che credono nell’utopia realistica del progetto originario, a compiere una svolta. “In ogni singolo stato dell’Europa – scrive Ulrich Beck – si è finora potuta adottare la metafora nota e diffusa secondo cui quanto più è grande la torta da spartirsi, tanto più saranno grandi le fette che toccheranno ai singoli paesi. Finora non era mai accaduto che la spartizione fosse in negativo. (…) Negli Stati Uniti la disparità concerne gli individui, nell’Unione Europea le nazioni. (…) Sulla scia della crisi finanziaria globale si inasprisce la differenza tra stati creditori e stati debitori, il che provoca reazioni antieuropeistiche e xenofobe in entrambi i gruppi di paesi". Ecco perché il nodo politico è ineludibile. Scrive ancora Beck “la politica nazionale nell’epoca globale può recuperare sovranità, capacità di orientamento e credibilità nazionale soltanto nella forma di una cooperazione transnazionale". L’attacco all’Euro ci costringe a fare in fretta. La crisi ci obbliga a procedere rapidamente lungo la strada dell’integrazione politica nell’Unione, e intanto non possiamo che cercare un filo di coerenza tra le politiche che si decidono su scala nazionale e quelle che devono essere necessariamente assunte in ambiti sovranazionali.

E’ bene non alimentare miti e dirci che su questo terreno il confronto in Europa non è semplicemente riconducibile alla dialettica destra/sinistra, conservatori/riformatori. Ha ragione Bersani quando dice, anche in riferimento all’esito positivo dell’ultimo Consiglio Europeo, che a Bruxelles come a Roma c’è spazio e bisogno di un’alleanza tra tutte le forze che intendono contrastare le pulsioni populiste e antieuropee.

Ciò non significa che siano venute meno le ragioni di una competizione tra destra e sinistra e che non sia necessario, per tornare alla suggestione di Cuperlo, cogliere l’occasione di questa crisi, e dell’implosione che essa sta provocando in Italia nel campo conservatore, per misurarci con la sfida di dare alla sinistra una nuova identità, di allestire un treno fatto di vagoni nuovi. Proporrei di tematizzare questo lavoro e di metterlo definitivamente al centro dell’agenda politica di questi mesi: non come compito di pochi esperti ma come grande discussione pubblica nel Pd e con le forze vitali della società italiana.

“La società post-industriale, la globalizzazione, l’innovazione tecnologica, l’enorme dilatazione delle possibilità affidate alle libertà individuali portano con sé dilemmi in larga misura nuovi: equità-efficienza, tutele-merito, protezione-concorrenza, diritti sociali-competitività. Dilemmi che non possono essere ricondotti al confronto pubblico-privato. Se i progressisti, i riformisti, vogliono essere una forza che aspira a governare gli eventi e non a subirli devono accettare la sfida di questi cambiamenti.” Così iniziava il documento conclusivo del nostro ultimo incontro di Cortona in cui identificammo alcune questioni-chiave che mi sembra possano risultare utili per riassumere la natura della sfida: democrazia e rappresentanza, ovvero come dare governo democratico ai processi politici ed economici e come regolare la sfera pubblica per rendere più efficiente la pubblica amministrazione e l’azione di governo; bene comune, ovvero come rileggere criticamente la stagione delle privatizzazioni senza liberalizzazioni e come costruire ambiti e meccanismi in cui gli attori economici interagiscano tra di loro fuori dai puri rapporti di potere o di forza economica; protezione, per una comunità aperta e inclusiva, ovvero come ridare centralità al lavoro e rileggere il welfare alla luce delle trasformazioni avvenute in questi decenni; nuovo patto per il futuro, ovvero come premiare il merito e offrire opportunità.  Sono soltanto dei titoli, che provano tuttavia a scendere dai valori e dai principi alla concretezza delle proposte politiche, sapendo che per un tempo non breve l’Italia – e più in generale l’Europa – dovranno fare i conti con una disciplina di bilancio stringente. Non perché ce lo chiede qualche tecnocrate a Bruxelles o a Francoforte ma perché è giusto. Fa parte della cultura di un centrosinistra di governo indicare il percorso per liberarci di un fardello troppo gravoso, che si mangia gran parte della ricchezza che il nostro Paese produce. “Tassa e spendi” non può essere l’architrave di una proposta di governo per la prossima legislatura. A risorse decrescenti dobbiamo far corrispondere un tasso crescente di innovazione e fantasia, per proporre un’idea dello sviluppo e del benessere capaci di dare valore ai beni relazionali, alla qualità, alla conoscenza, alla sostenibilità ambientale.

Ecco, se nei prossimi mesi – a partire dall’Assemblea del 14 luglio – potessimo confrontarci su questi temi, sul merito della nostra idea di cambiamento dell’Italia e dell’Europa, credo troveremmo anche la risposta più equilibrata sul grado di continuità/discontinuità che possiamo immaginare tra la proposta che il Pd porterà agli elettori nel 2013 e l’esperienza complessa del Governo Monti che noi stiamo sostenendo.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=14199
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« Risposta #5 inserito:: Settembre 01, 2012, 11:19:28 am »

Crescita, subito

31 Agosto 2012

L'editoriale di Marina Sereni

Arriva la pioggia, finisce l'afa ma i problemi economici e sociali sono sempre gli stessi. Al termine di un agosto che ha visto i principali leader europei - Monti in testa - moltiplicare gli incontri e le dichiarazioni per ribadire la volontà di salvare l'Euro e di contrastare la crisi, l'lstat si incarica oggi si ricordarci il dato materiale più rilevante e drammatico: tra i giovani il tasso di disoccupazione ha toccato il nuovo record del 33.9%, raggiungendo il 48% tra le  giovani donne al Sud. Poco lavoro, poca stabilita', molta incertezza sul futuro: dentro una dimensione della crisi che e' e resta europea e globale per l'Italia questa e' l'emergenza assoluta. E' positivo dunque che il Governo abbia messo a fuoco nel primo Consiglio dei Ministri le proposte per la crescita anche se e' difficile sfuggire alla sensazione di una ricognizione ancora troppo generica, con molte idee - alcune anche buone - ma poca concretezza. Il Pd incalzerà l'Esecutivo proprio su questo terreno: bisogna portare avanti le riforme già approvate in Parlamento, che rischiano di non produrre effetti se non si adotteranno i provvedimenti attuativi previsti (centinaia), e mettere in atto alcune limitate misure urgenti per sostenere i lavoratori e le imprese. Le proposte del Pd - dalla sterilizzazione dell'Iva sulla benzina all'allentamento del Patto di stabilita' per gli Enti Locali per consentire investimenti, solo per fare due esempi - ci sono ed e' necessario che in questa ultima fase della legislatura il Governo si confronti preventivamente con i gruppi parlamentari che lo sostengono. Non può sfuggire al Presidente del Consiglio ( e, si spera, ai Ministri) che il Pd in Parlamento ha mantenuto in questi mesi un atteggiamento di grande serietà e lealtà. Ora pero', mentre il clima politico si scalda e il centrodestra non perde occasione per distinguersi non solo a parole dal Governo, non possiamo permetterci incomprensioni o forzature. Il "cambio di passo" che il Segretario del Pd Bersani ha chiesto in questi giorni a Monti deve trovare una risposta positiva. L'annuncio da parte di Palazzo Chigi di prossimi incontri con i sindacati e le imprese su crescita e occupazione sono un segno importante che ci auguriamo non resti isolato.

Abbiamo davanti a noi mesi difficili e impegnativi: far sentire la nostra voce in Parlamento e contribuire alle riforme (a partire da quella elettorale), incalzare il Governo sulla crescita, l'equità e l'occupazione, preparare il campo progressista alle prossime elezioni per dare al Paese un governo politico all'altezza delle sfide di cambiamento che ci attendono.

In questo contesto il Pd ha previsto di organizzare, insieme a tutte le forze del centrosinistra che condivideranno la Carta d'intenti, un momento di partecipazione aperto ai cittadini per la scelta del candidato premier. Alcuni esponenti di altre forze politiche hanno già annunciato di voler partecipare alle primarie, insieme al Segretario del Pd. Il sindaco di Firenze Renzi ha iniziato anch'egli la sua campagna. Avremo altri momenti per entrare nel merito delle proposte che si confronteranno. Area Democratica già alla fine di Luglio ha proposto un documento di idee che riteniamo possano arricchire la piattaforma del Pd per le prossime scadenze.

C'e' un punto che tuttavia ora ci sembra giusto sottolineare: le primarie sono per scegliere il candidato premier, non sono il Congresso del Pd, non serviranno per ridefinire organigrammi interni ne' per determinare il tasso di rinnovamento del prossimo governo. Non abbiamo già la vittoria in tasca. Non mandiamo agli elettori, agli indecisi, ai delusi, l'immagine di un partito e di una alleanza divisa e litigiosa ancor prima di partire. Vincerà le elezioni lo schieramento che avrà proposte più convincenti e credibili per rispondere ai problemi della vita reale degli Italiani. Su questo le primarie del centrosinistra dovrebbero concentrarsi se vogliamo che siano quel grande momento di partecipazione e di mobilitazione che abbiamo immaginato.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=14549
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« Risposta #6 inserito:: Settembre 10, 2012, 08:43:53 pm »

Le nostre sfide

07 Settembre 2012

L'editoriale di Marina Sereni

 

Mantenendo fede agli impegni di luglio la Bce di Mario Draghi ha deliberato formalmente la possibilità di acquisti illimitati di titoli da uno a tre anni per tenere sotto controllo i differenziali. E' arrivato dunque il bazooka (ma non era uno scudo?) antispread, e la Banca Centrale Europea ha operato nel rispetto delle sue prerogative e della sua indipendenza. Aspettiamo i dettagli, chiariamo i termini per l'attivazione concreta di questo meccanismo, assicuriamoci che sia sufficiente realizzare le riforme che già il Governo e il Parlamento italiani si sono impegnati a portare avanti. Ogni cautela e' giustificata dopo tante false partenze ma e' impossibile negare che siamo di fronte alla misura più concreta e più forte da quando la crisi finanziaria ha investito la zona Euro e che ieri e' stata una buona giornata per l'Europa, e una buona giornata per l'Italia. Si', perché il destino del nostro Paese e' indissolubilmente legato all'Europa, alla capacita' dei leader e dei cittadini del nostro continente di imboccare con determinazione la strada di una Unione fiscale, economica, bancaria e politica. Non c'e' contraddizione tra l'urgenza di misure "a legislazione vigente", per contrastare e sconfiggere l'instabilità e rompere il circolo vizioso austerità/recessione/debito e la necessita' e possibilità di un progetto più ambizioso che guarda agli Stati Uniti d'Europa. Anzi tra le due cose c'e' un nesso: possiamo uscire stabilmente dall'emergenza solo con un'Europa più solida sotto il profilo politico-istituzionale; d'altro canto e' indispensabile dimostrare che qui e ora le  autorità europee, ancorché imperfette e deboli,  sono in grado di dare risposte per la crescita per ridare ai cittadini, in particolare a quelli che hanno sofferto e soffrono di più le conseguenze sociali della crisi, fiducia nella costruzione europea.

E' emblematico che nel giorno in cui Draghi realizza un passo così importante in Italia la Lega Nord presenti una proposta per un referendum consultivo sull'Euro e sull'Europa "delle regioni anziché degli Stati". E' emblematico che l'ex Ministro Tremonti - che ha sulle spalle responsabilità enormi per l'attuale stato di cose - presenti il progetto di una sua lista alle prossime elezioni mettendo al centro il "recupero della sovranità nazionale". E' solo l'assaggio di quello che può accadere in campagna elettorale. In molti, a destra ma anche a sinistra, useranno argomenti e toni populisti e demagogici sul futuro dell'Europa. La caduta di Berlusconi e il lavoro di Monti hanno reso possibile uno straordinario recupero di credibilità dell'Italia in Europa e nel mondo ma e' anche grazie alla vittoria di Hollande in Francia che si e' potuta avviare una correzione di rotta nell'agenda politica europea. Ecco perché tocca a noi, al Pd, proporre e interpretare un'idea positiva e coraggiosa dell'Europa e dimostrare che le forze democratiche e progressiste hanno una piattaforma credibile e le alleanze necessarie per realizzarla, a Roma come a Bruxelles.

Il Presidente Napolitano e' tornato ieri a sollecitare i partiti a realizzare le riforme necessarie per riavvicinare i cittadini alla politica e ai partiti. Il dibattito sulla legge elettorale e' impantanato per responsabilità del Pdl che sta tentando di introdurre un sistema il cui unico scopo sembra essere quello di rendere l'esito del voto incerto e il Paese ingovernabile.  Fino ad oggi, con il Porcellum, chi prendeva un voto in più aveva il 55% dei Deputati. Domani, secondo il Pdl, non ci sarà nessun premio di governabilità per la coalizione vincente ma solo per il primo partito. Il tema sembra da addetti ai lavori ma non lo e' affatto: se si vuole rinnovare la politica e rafforzare le istituzioni rappresentative bisogna avere un sistema elettorale che dia stabilita' e conferisca ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari e l'orientamento di governo. Non possiamo mollare, dobbiamo far capire ai cittadini il gioco della destra che confonde e avvelena questo confronto.

Accanto a questa urgenza il Capo dello Stato ha esplicitamente fatto riferimento alla legge anticorruzione, che il partito di Alfano contrasta, e che invece dobbiamo assolutamente approvare al Senato per corrispondere a quell'insieme di riforme di cui il Paese ha bisogno per risalire la graduatoria della competitività nel mondo globale.

Infine tra le considerazioni del Presidente della Repubblica una riguardava l'auspicio di una norma che attui l'art. 49 della Costituzione sulla vita dei partiti. Nonostante i nostri sforzi e le nostre proposte e' probabile che questa riforma si debba affrontare nella prossima legislatura. Tuttavia i partiti possono migliorare e cambiare sulla base di una scelta soggettiva, a prescindere dalle leggi. E' esattamente questo lo spirito con il quale il Pd, dalla nascita, ha scelto lo strumento delle primarie, il codice etico per le candidature, il limite dei mandati, la certificazione dei bilanci. Norme che ci siamo dati da soli, consapevoli della necessita' di dare vita ad un partito aperto, trasparente, davvero democratico. La scommessa si ripeterà con le primarie di coalizione da cui dovrà uscire l'indicazione del candidato premier. Questo passaggio può essere il contributo del Pd alla buona politica, una risposta coraggiosa e forte alla voglia di partecipazione e di rinnovamento che ci viene da tanti elettori, simpatizzanti e iscritti. Oppure può essere una rissa disordinata, una lotta intestina, senza regole e senza contenuti, che allontana i cittadini ancora di più dalla politica e dai partiti. E' nelle nostre mani. Prepariamo seriamente questa scadenza, non banalizziamo o strumentalizziamo il tema delle regole (per poi magari scoprire dopo, come a Napoli o Palermo, che non tutto ha funzionato perfettamente), mettiamo davvero al centro le proposte di ogni candidato sapendo che, dopo le primarie, la gara vera e' per il Governo del Paese.

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« Risposta #7 inserito:: Settembre 14, 2012, 10:29:44 pm »

Agenda Paese 2013: il PD e' pronto

14 Settembre 2012

L'editoriale di Marina Sereni


Pierluigi Bersani ha indicato l'orizzonte programmatico e politico entro il quale intende guidare il Pd da qui al 2013 nel discorso alla Festa di Reggio Emilia. Concludeva con queste parole "...Via dunque le incertezze, via le titubanze, via i timori su questo o quel passaggio che ci sta davanti. Da domani si parte. Noi non abbiamo paura. Di che cosa mai noi dovremmo avere paura? Siamo molto più forti di quello che pensiamo noi stessi! Sappiamo quello che vogliamo. E per quello che è ancora incerto, per quello che non vediamo ancora chiaro del futuro, noi la bussola l’abbiamo! …" Matteo Renzi ha avviato ieri la sua campagna per le primarie del centrosinistra, insistendo sul tema a lui più congeniale del ricambio delle classi dirigenti e riprendendo molti temi del Pd (dal Lingotto ad oggi passando per lo slogan di Dario Franceschini all'ultimo congresso!). I dibattiti tra osservatori si sprecheranno nei prossimi giorni cosi' come i sondaggi: a noi spetta di dimostrare, anche attraverso queste primarie, che il Pd e il centrosinistra sono pronti per governare il Paese e per riportarlo stabilmente in Europa.

 

Se la Bce ha potuto prendere le misure antispread, se la Corte Costituzionale tedesca ha dato il via libera all'ESM restituendo alla politica la responsabilità delle future decisioni, se pur tra tante contraddizioni si cominciano a prefigurare passi avanti verso un'Europa politicamente più forte e autorevole lo si deve anche al cambiamento che il Governo Monti e l'elezione francese di Hollande hanno prodotti negli equilibri politici. Non basta, ma non e' affatto poco ed e' merito del Pd aver aperto questa fase nuova in Italia. E' ingeneroso il giudizio che ieri Renzi ha dato sul recente passato: il centrosinistra ha avuto limiti e commesso errori ma ha sempre messo al primo posto l'interesse generale contrastando una destra che ha fatto dell'egoismo sociale, dei particolarismi, dei conflitti d'interesse il suo tratto dominante.

 

C'e' molta confusione sotto il cielo della politica italiana ed e' oggettivamente difficile catturare l'attenzione e la simpatia di tante persone sfiduciate e preoccupate. Se sapremo parlare all'Italia di progetti e proposte credibili per il futuro avremo fatto un buon lavoro non solo per la nostra parte ma per la democrazia italiana.

I dati economici e sociali non hanno mutato di segno, nonostante le riforme avviate e i sacrifici fatti: l'inflazione cresce, i consumi sono fermi o in contrazione, le aziende in crisi si moltiplicano, il lavoro non c'e'. L'economia reale deve dunque essere la priorità, nell'immediato e nel medio periodo. Il rigore e' un punto di non ritorno per l'Europa e per l'Italia, la spesa pubblica dovrà essere riorganizzata e controllata ancora e per molti anni, ma non potremo tenere i conti davvero in ordine senza far crescere imprese e occupazione.

E' giusto mettere al centro il nodo della produttività del nostro sistema economico ma e' assolutamente fuorviante dare anche soltanto l'impressione che il deficit di competitività del nostro Paese - che c'e' ed e' grande - dipenda da eccessive garanzie per i lavoratori. D'altra parte occorre essere molto chiari con i nostri elettori e potenziali alleati: le riforme di questa stagione potranno essere corrette e migliorate ma non cancellate. E chi oggi promuove il referendum sulla riforma del lavoro e sull'art. 18 mette un ostacolo, che dovremo rimuovere, lungo il cammino della riorganizzazione del campo progressista.

Cambiamento ha detto Bersani a Reggio Emilia: molto dovremo cambiare, e questa e' la sfida della prossima legislatura, per modernizzare il nostro sistema pubblico, per semplificare e alleggerire la burocrazia, per far funzionare meglio le infrastrutture e i servizi, per investire su formazione e innovazione, per dare ai giovani nuove opportunità e tutele. E solo un governo politico può fare questo, creando le condizioni e il consenso per riforme profonde ed efficaci. Per questa ragione la candidatura di Bersani alla premiership e' più forte di tutte le altre, perché rappresenta la garanzia di un progetto politico di una moderna sinistra di governo che, alleandosi con i moderati, si assume la responsabilità di affrontare la difficile eredita' del fallimento del ventennio di Berlusconi e soci.

 

PS: Si sta discutendo molto della frase che Renzi ha rivolto ieri a coloro che nel passato hanno scelto Berlusconi. Gli esperti di orientamenti elettorali ci spiegano da anni che la trasmigrazione da un campo all'altro in Italia (e non solo) e' minima e che mediamente vince chi riesce a mobilitare il maggior numero dei "suoi" elettori. Tuttavia non c'e' nulla di sbagliato nell'ambizione di parlare anche ad elettori moderati, a maggior ragione di fronte allo spappolamento di quello che un tempo era il partito apparentemente fortissimo e solido del Cavaliere. Purché non si perda l'ancoraggio ad alcuni valori e mondi a cui una forza come il Pd non può non fare riferimento. Non basta dirsi di sinistra per tutelare i più deboli, e anzi occorre oggi, in questa crisi, avere il coraggio e la fantasia per cercare nuove ricette. Ma non possiamo aver paura delle parole eguaglianza e solidarietà che oggi in tutto il mondo, dall'Europa agli Stati Uniti ai paesi emergenti, differenziano i conservatori dai democratici e progressisti.

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« Risposta #8 inserito:: Settembre 29, 2012, 10:58:23 am »

E' il tempo della politica responsabile

28 Settembre 2012

L'editoriale di Marina Sereni

 

Le dichiarazioni del Presidente Monti hanno suscitato una ridda di interpretazioni e reazioni. Avrà parlato ai mercati o alla politica? Vorrà davvero tornare a fare il Presidente del Consiglio dopo il voto della primavera prossima? Domande legittime che rischiano tuttavia di essere un diversivo rispetto alle urgenze di oggi e alle sfide di domani.

E' principalmente merito del Pd se Silvio Berlusconi da quasi un anno non e' più a Palazzo Chigi e se Mario Monti ha potuto lavorare in questi mesi per ricostruire la credibilità del nostro Paese in Europa e nel mondo, sottoponendo al Parlamento riforme molto impegnative che noi abbiamo approvato, sempre cercando di attenuarne l'impatto sociale sui più deboli.

Per noi Monti dunque e' e resterà  una risorsa straordinaria anche dopo il voto.

Ma ciò non può offuscare il fatto che da qui alle elezioni prossime le forze politiche hanno il dovere prima ancora che il diritto di presentarsi agli elettori con una proposta programmatica, una visione per il futuro dell'Italia che vada oltre l'emergenza di questi mesi drammatici, un candidato Presidente del Consiglio.

Siamo una grande nazione democratica, una delle principali potenze industriali del mondo, uno dei paesi fondatori dell'Unione Europea: cosa dobbiamo auspicare per le prossime elezioni? Certo non che esca dalle urne un Paese ingovernabile tanto da dover richiamare in servizio "i tecnici"! Credo piuttosto che sia desiderabile uno scenario in cui sia a destra quanto a sinistra e al centro si mettano in campo programmi credibili e responsabili. Dopo il 2013 avremo ancora problemi molto seri da risolvere e chi oggi comincia la campagna elettorale facendo promesse incredibili  (fuori la Germania dall'euro, via l'IMU e magari anche "più crociere per tutti"...) non e' adatto a governare l'Italia, sia che si chiami Silvio Berlusconi sia che abbia volto e nome nuovi.

Ecco perché e' necessario lanciare l'allarme sul rischio concreto di una legge elettorale che non consenta di individuare, la sera del voto, chi ha vinto e chi ha la responsabilità di guidare il Paese! La proposta avanzata dal Pdl al Senato chiarisce purtroppo le vere intenzioni di Berlusconi: di fronte a sondaggi che ne decretano la molto probabile sconfitta sta cercando di fare, per la seconda volta dopo il Porcellum, una legge elettorale che impedisca al campo progressista e democratico di governare. E' vero che nessuna legge elettorale garantisce in se' governabilità e stabilita', altra cosa pero' e' fare consapevolmente una legge che, nell'attuale quadro italiano, produrrebbe sicuramente la palude e la paralisi delle istituzioni.

Questa e' la prima urgenza politica delle prossime settimane in Parlamento. Ingaggiamo un confronto aperto sulla legge elettorale, facciamo capire ai cittadini qual e' la posta in gioco. Mi auguro che nei prossimi giorni commentatori ed esperti si esercitino, come fa sempre puntualmente il Prof. D'Alimonte, a spiegare agli Italiani le conseguenze di un modello di legge che non preveda un adeguato incentivo alla governabilità. Se poi dovessimo trarre qualche conseguenza per quanto riguarda la legge elettorale dagli scandali vergognosi della Regione Lazio forse bisognerebbe riconoscere che meglio, molto meglio, delle preferenze sarebbe tornare ai collegi uninominali come propone il Pd.

C'e' una seconda urgenza, accanto alla riforma elettorale, ed e' la legge anticorruzione in discussione anche essa al Senato. Del testo licenziato alla Camera abbiamo già detto nei mesi scorsi: e' una legge migliorabile ma molto forte, che risponde alla maggior parte delle questioni poste dall'Europa. Se ci sono le condizioni per un'approvazione immediata di quel testo si può rinunciare anche all'obiettivo di migliorare le norme in alcuni punti non del tutto soddisfacenti. Ma il Governo non può accettare veti ne' tattiche dilatorie da parte del Pdl: se la situazione non si sblocca meglio mettere la fiducia e vedere chi ha il coraggio di votare contro.

La crisi e' dura e non ci sono all'orizzonte buone notizie. L'Italia oggi non e' più nell'occhio del ciclone ma l'incertezza e' forte, l'economia e' destinata ad un periodo di recessione ancora lungo, abbiamo pochissimi strumenti e ancora minori risorse per interventi pubblici, necessari, per la crescita e il lavoro. Il malessere sociale e' profondo, le situazioni di aziende in difficoltà si moltiplicano, c'e' una rabbia crescente verso la politica che rischia di travolgere tutto e tutti. Le tensioni di questi giorni in Grecia e in Spagna ci dicono che non siamo affatto fuori dall'emergenza. Ciò dovrebbe consigliare al Governo di coinvolgere sul serio sindacati ed associazioni delle imprese per concludere la legislatura mettendo in atto misure concrete a sostegno dell'innovazione e dell'occupazione.

Infine sul Pd. Sabato prossimo si terra' l'Assemblea Nazionale per determinare, sia sul versante dello Statuto sia sul piano politico, le condizioni per lo svolgimento delle primarie di coalizione del centrosinistra. Siamo l'unico partito che si misura con un passaggio democratico e di partecipazione così significativo e credo che i cittadini apprezzino. Prima che la competizione sia ufficialmente aperta sono affiorate pero' polemiche sulle regole e questo non va bene per niente. Le regole non si scrivono per "fregare" qualcuno ma per garantire tutti e per evitare di trasformare un'opportunità di mobilitazione popolare positiva in un caos. Non si tratta di discriminare gli elettori, che sono tutti uguali per definizione. Si tratta di non snaturare lo strumento delle primarie e anzi di consolidarlo, usandolo in maniera intelligente e sobria.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=14796
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« Risposta #9 inserito:: Ottobre 06, 2012, 04:22:56 pm »

Responsabilita' e serieta': non deludiamo la nostra gente

05 Ottobre 2012

L'editoriale di Marina Sereni


Oggi e domani il Pd affronterà un passaggio stretto e complicato. Oggi, la Commissione Statuto si riunisce per definire la deroga alla norma che prevede la candidatura unica del Segretario nazionale nelle primarie di coalizione per la premiership. Domani, l'Assemblea dovrà votare quella modifica statutaria e prendere le decisioni conseguenti sulle regole che il Pd proporrà al tavolo dell'alleanza di centrosinistra.
La posta in gioco e' molto alta e sentiamo tutto il peso delle scelte che ci attendono. Siamo l'unico partito in piedi: con i nostri limiti, con i difetti di un'organizzazione di donne e di uomini che vivono un tempo confuso, la fine travagliata di una stagione in cui troppo spesso - nella società come nella politica - l'interesse particolare, la ricerca del successo o della ricchezza individuale, la disonesta' hanno avuto la meglio sull'etica, sulla serietà, sul bene comune.  Siamo l'unico partito democratico, abbiamo iscritti, circoli, organismi. Siamo una comunità di persone che condividono valori e progetti e che sanno di dover dare risposte serie e credibili ai nodi drammatici che la crisi economica e sociale ha squadernato davanti a noi. Possiamo candidarci a guidare l'Italia dopo il 2013 partendo dalla consapevolezza che questo Paese, dopo Monti e l'emergenza, ha bisogno di una politica coraggiosa, capace di indicare e costruire grandi processi riformatori.

Vorrei che fossero chiari questi due punti: siamo un partito e abbiamo una grande responsabilità per il futuro dell'Italia. La materia di cui discutiamo e discuteremo nelle prossime ore - le regole per le primarie -  non e' dunque nella disponibilità del Segretario o degli altri candidati: e' nelle mani dell'Assemblea, un organismo ampio nato con le primarie nel 2009, unico legittimato a cambiare lo Statuto.

Fare delle buone regole per le primarie che ci accingiamo a svolgere non e' dunque una responsabilità di chi, con grande generosità e spirito di apertura, ha deciso di non avvalersi di un articolo dello Statuto che gli avrebbe consentito di partecipare da solo ad eventuali primarie di coalizione.

Se banalizziamo questo punto, dandolo per acquisito e scontato, mostriamo di non conoscere la nostra gente, lo stato d'animo di tanti iscritti, militanti, dirigenti che, pur apprezzando la volontà di Bersani di partecipare ad una competizione aperta, non hanno desiderio di una gara aspra, foriera di divisioni, polemiche,  litigi. Allora dico, prima di tutto a me stessa, abbassiamo i toni e ragioniamo pacatamente.

Le primarie di coalizione che ci apprestiamo a tenere (e che saranno sul piano organizzativo, come e' ovvio ma spesso dimenticato, sulle spalle di tanti militanti e volontari del Pd...) sono le prime dopo quelle del 2005 che indicarono Romano Prodi come candidato del centrosinistra. Non possiamo avere una visione tanto "romantica" delle primarie da ritenere, o fingere di ritenere,  di essere oggi nelle stesse condizioni di allora. Intanto oggi c'e' il Pd e allora eravamo ancora ai Ds e alla Margherita. In secondo luogo l'esito di quella consultazione era del tutto prevedibile: tutti si dava per scontato che il vincitore sarebbe stato Prodi. Quel momento di partecipazione democratica servi' semmai per dare una legittimazione popolare ad una figura che non era leader di un partito.
Oggi la competizione e' aperta e vera: chi vincerà avrà la responsabilità di guidare il centrosinistra al voto, con discrete possibilità di vittoria. 
Se queste valutazioni sono vere, e credo siano difficilmente confutabili, perché gridare allo scandalo se si cercano modalità e regole di trasparenza per rendere queste primarie una roba seria? Perché alimentare il sospetto che si voglia ridurre la portata della partecipazione che chiediamo ai cittadini? L'ipotesi di avere per un lungo periodo precedente al voto, e fino al giorno delle primarie, dei luoghi in cui i cittadini, elettori del centrosinistra, possano recarsi per registrarsi e ricevere le informazioni e il documento per votare al primo e al secondo turno in quale modo limita la partecipazione? Non si stanno cambiando le regole in corsa: l'unica regola che stiamo davvero cambiando e' quella dello Statuto del Pd. Fatta quella scelta, si tratta di decidere come realizzare un percorso di partecipazione che sia inattaccabile e incontestabile. Dovremo pur far tesoro di una pluralità di esperienze locali, piccole o grandi, che ci dicono che lasciare tutto alla spontaneità e all'improvvisazione nella giornata dei gazebo rischia di dar luogo a spiacevoli conseguenze!

Le regole, soprattutto quando sono tese a garantire trasparenza, sono una garanzia per tutti. E quanto più la gestione e' condivisa tanto più sono efficaci e rendono il momento delle primarie forte e utile per le elezioni vere.

Ieri sera in un'assemblea del Pd a Como sulla Carta d'Intenti ho sentito tanti amici e compagni parlare di programmi e valori e chiedere a noi, al gruppo dirigente nazionale di questo partito, di lavorare per sanare quella frattura tra politica e cittadini che rischia di trascinare anche noi dentro una generale e profonda disaffezione e sfiducia. Ecco, le primarie del centrosinistra possono essere una grande occasione per guardare in faccia  gli elettori e confrontarci con le loro domande, mettendo in campo idee e proposte, oppure un fattore di lacerazione che alla fine sancisce una separazione dalla società trasformandosi in una conta interna e autoreferenziale. Non deludiamo la nostra gente: discutiamo e decidiamo con serietà, senza minacce e inutili drammatizzazioni, costruiamo le condizioni perche' dalle primarie esca un Pd piu' unito e credibile.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=14908
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« Risposta #10 inserito:: Ottobre 12, 2012, 10:20:45 pm »

Unire per il cambiamento

12 Ottobre 2012

L'editoriale di Marina Sereni


Siamo dentro una situazione carica di incertezza e di interrogativi. Si avverte quasi fisicamente il disagio e la preoccupazione che tocca la vita di tante persone e complessivamente la prospettiva dell'intero Paese.
Sul piano economico e sociale non si possono fare purtroppo previsioni ottimistiche. Le scelte europee continuano ad essere insufficienti e poco efficaci, l'eccesso di austerità sta prolungando la recessione, la Grecia e' allo stremo, la Spagna in grande difficoltà e noi non possiamo dormire sonni tranquilli. Si prepara un autunno difficile e la legge di stabilità che il Governo ha licenziato nei giorni scorsi ha poche luci e molte ombre. Dopo molte manovre di riduzione della spesa, con gli inevitabili effetti depressivi sulla crescita, era ed e' giusto intervenire per alleggerire il carico fiscale sulle famiglie e sui lavoratori. Ma il quadro complessivo risulta a tutt'oggi iniquo: abbassare le aliquote Irpef dei primi due scaglioni mentre si aumenta l'Iva, si riducono le detrazioni e si tassano gli assegni di invalidità, tagliare ancora sulla Sanità pubblica, intervenire nuovamente sulla scuola, bloccare le retribuzioni dei dipendenti pubblici, toglie ai ceti medio-bassi più di quello che da'. Senza contare la situazione dei cosiddetti "incapienti", coloro cioè che hanno redditi tanto bassi da essere esenti dal pagamento dell'Irpef, ai quali si toglie soltanto.
Nel complesso i provvedimenti economici di questo ultimo scorcio di legislatura - oltre alla legge di stabilità i recenti decreti sullo sviluppo e sugli Enti Locali e le Regioni - presentano dunque diverse criticità che, pur nei margini ristretti che conosciamo, dovremo fare ogni sforzo per modificare nel segno dell'equità.

La crisi politica intanto si fa sempre più acuta.
La trasferta romana di Formigoni ieri si è conclusa con una beffa. Anziché dimettersi, il Governatore della Lombardia porta a casa la patente di buon amministratore e l'autorizzazione a nominare una nuova Giunta, come se l'altra non fosse stata opera sua! Mentre la Polverini, dopo le dimissioni, si rifiuta di indire entro i novanta giorni di legge le elezioni per il Lazio.  Ancora più degli scandali e delle inchieste sono questi comportamenti a dare la misura della qualità di una classe dirigente del fu-Pdl irresponsabile, arraffona, abbarbicata alla poltrona, incurante del danno che si sta producendo alla credibilità delle istituzioni democratiche. E dalla Lega, che manifesta con la ramazza promettendo di far pulizia e poi salva Formigoni, arriva la conferma che nel Carroccio la svolta deve ancora arrivare.
Sono queste vicende ad alimentare ogni giorno di più la sfiducia e la disaffezione dei cittadini verso la politica. Noi dobbiamo saper ascoltare questi sentimenti distinguendo le ragioni dell'indignazione dai torti dell'antipolitica e del qualunquismo. Noi siamo, pur con tutti i nostri difetti, l'unico partito ancora in piedi in questa tempesta e tocca a noi cercare di ricostruire, attraverso la partecipazione, un minimo di fiducia o almeno di dialogo con i cittadini. Le primarie devono essere questo. Se si trasformassero in uno scontro aspro e scomposto avrebbero l'effetto magari di galvanizzare i tifosi ma di allontanare il grosso dei nostri elettori.

La discussione sulla legge elettorale ha portato ieri all'approvazione del testo base in Commissione al Senato. Come temevamo non si è riusciti a trovare un accordo e l'impianto su cui Pdl, Udc e Lega si sono ritrovati e' del tutto insoddisfacente. Oltre alla reintroduzione delle preferenze, che fatta ora in mezzo agli scandali sui voti comprati dalla 'ndrangheta ha dell'incredibile, il sistema sembra scritto apposta per rendere il nostro Paese ingovernabile. I cittadini ci chiedono di poter scegliere i propri rappresentanti in Parlamento e un indirizzo di Governo. Se  la proposta in discussione diventasse legge il lunedì sera del voto magari si saprà chi ha vinto ma difficilmente si saprà chi avrà la responsabilità e la forza per governare. In un tempo di crisi così grave e con un così forte distacco dei cittadini dalla politica è un rischio che l'Italia non si può permettere.
La palla ora è nelle mani dei partiti in Parlamento. Il comportamento dell'Udc sarà interessante: non solo per capire se, come Casini ha detto più volte, davvero si vuole fare una legge elettorale condivisa dalle principali forze che sostengono il Governo Monti o se si sta consumando una rottura. Ma anche per capire se e su quali basi i leader dell'Udc si fida del "passo indietro" di Berlusconi e ritiene possibile una riaggregazione del centro-destra che ingloberebbe anche l'attuale area di centro. Come ha sottolineato Franceschini e' lecito sostenere per dopo le elezioni un nuovo Governo Monti ma fare una legge elettorale per rendere inevitabile questo scenario non e' serio. Peraltro, credere che Berlusconi e i suoi sodali possano improvvisamente convertirsi ad una concezione della politica seria e responsabile, fatta di molti sacrifici e nessun lustrino come quella proposta e attuata da Monti, è una ingenuità che un politico di lungo corso come Casini può compiere solo se vuole. Noi vogliamo candidare un'alleanza di Democratici e Progressisti a guidare il Paese e faremo di tutto per avere dagli elettori un consenso ampio sulla base di un programma credibile. Ma lo facciamo con la consapevolezza delle sfide che ci attendono. Ed è per questo che il Pd di Bersani ha espresso con nettezza la volontà di costruire un patto di legislatura tra progressisti e moderati per portare avanti le riforme, e su questa base chiede l'impegno di tutti coloro che vorranno partecipare  alle primarie del centrosinistra. Nel 1994 la divisione tra il campo progressista e quello di centro portò alla vittoria di Berlusconi. Non solo noi dovremmo aver imparato la lezione.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=14996
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« Risposta #11 inserito:: Ottobre 19, 2012, 05:00:49 pm »

Buone Primarie a tutti

19 Ottobre 2012

L'editoriale di Marina Sereni

Gli ultimi mesi di legislatura saranno molto impegnativi e determineranno in buona parte le condizioni in cui andremo al voto nella prossima primavera.

Sul piano economico e sociale innanzi tutto. Il Consiglio Europeo di ieri ha mostrato chiaramente la fatica nel confronto tra i principali Stati membri e ha confermato che l'asse Hollande-Monti può portare ad un compromesso ragionevole con la cancelliera tedesca: passi avanti sul terreno dell'unione bancaria, nessun commissariamento dei parlamenti nazionali in materia di bilanci ma anche impegno a non allontanarsi dal sentiero del risanamento.
Come d'abitudine si profila un accordo di principio che tuttavia sara' oggetto di decisioni successive.  All'indomani dell'assegnazione del Premio Nobel per la Pace, l'Unione Europea dovrebbe saper onorare la lungimiranza e il coraggio dei padri fondatori con scelte che rendano la costruzione europea e la moneta unica irreversibili e solidi.
La durezza della crisi, che le manifestazioni in Grecia rendono drammaticamente evidente, produce un malessere profondo anche nella nostra società e impone alla politica, e in particolar modo al Pd e ai progressisti, di non perdere mai di vista le condizioni dei più deboli, di chi ha poco o nulla e non deve essere lasciato solo. Il rapporto Caritas sulla povertà e' un grido di allarme che dobbiamo raccogliere.
Il primo banco di prova per questa sfida e' la Legge di Stabilita' approdata in questi giorni alla Camera. Si intravede nella proposta del Governo l'intenzione di restituire agli italiani qualcosa in cambio dei sacrifici che hanno compiuto in questi ultimi mesi ma il risultato e' molto contraddittorio e contiene degli elementi di iniquità preoccupanti. Il Pd e' al lavoro per presentare proposte emendative, in particolare nella parte fiscale, perché a saldi invariati si possa effettivamente alleggerire il peso sul lavoro, sulle imprese serie, sulle famiglie. Una rimodulazione delle aliquote Irpef e' ragionevole e positiva se si conservano alcune detrazioni, se si da' qualcosa agli incapienti, se si abolisce l'Iva per le cooperative sociali, se si salvaguardano servizi sociali e sanitari essenziali di competenza di Regioni e Enti Locali. Altrimenti sotto la cortina fumogena della riduzione delle tasse si nasconde in realtà un aumento che colpisce di più, direttamente o indirettamente, chi ha di meno. Sugli esodati e' positiva l'istituzione del fondo, che accoglie una nostra battaglia, ma la dotazione finanziaria e' ancora troppo modesta. Quanto alla scuola l'aumento delle ore di insegnamento settimanale da diciotto a ventiquattro ha un impatto inaccettabile sia sulla professionalità degli insegnanti di ruolo sia sulle possibilità di ingresso di nuovi docenti.
Sono questi i punti sui quali nei prossimi giorni ingaggeremo un confronto serrato in Commissione con le altre forze politiche e con il Governo: si tengano fermi i saldi finanziari ma si discuta sul merito e si dia al Parlamento il ruolo che ha (Merkel permettendo!).

Nell'altro ramo del Parlamento, dopo l'approvazione faticosa della legge anticorruzione, insufficiente ma importante in un momento come questo, se non altro perché apre la strada alla incandidabilita' di persone condannate per reati contro la pubblica amministrazione, il banco di prova principale sara' la Legge elettorale. Qui i giochetti della destra sembrano non finire mai. Il testo base della Commissione non ci piace ma noi stiamo lavorando per raggiungere comunque una mediazione mentre dall'altra parte riemergono le tentazioni più inconfessabili. Obiettivo: rendere più difficile la vittoria del centrosinistra o, in alternativa, andare a votare con il Porcellum scaricando la responsabilità sul Pd. Allerta massima, servirà anche la mobilitazione dei cittadini.

Infine le Primarie: ci siamo. Chi aveva immaginato una gara tutta sul ricambio delle classi dirigenti dovrà ora mutare registro. Non e' questo il terreno della competizione: non solo perché con il Pd il rinnovamento e' già iniziato - nelle istituzioni locali, nella direzione del partito, nel Parlamento - ma anche per le scelte di Veltroni e di D'Alema. Ci saranno altri luoghi e momenti per tornare a riflettere su questo nodo, su come il rinnovamento possa e debba coniugarsi con il riconoscimento dei meriti e delle storie personali e collettive. Certo e' che ora la sfida si sposta su un terreno diverso, quello del progetto per l'Italia del futuro, delle idee e delle proposte capaci di unire le tante energie positive di cui disponiamo per fare le riforme e far uscire il Paese dalla crisi. E, chissà perché, quando penso ad una persona capace di unire mi viene in mente Pierluigi Bersani. Buone primarie a tutti.

DA - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=15074
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« Risposta #12 inserito:: Ottobre 27, 2012, 12:07:23 pm »

Dopo la destra di Berlusconi tocca a noi con Bersani

26 Ottobre 2012

L'editoriale di Marina Sereni


Parigi, 26 ott - (Figaro) - Silvio Berlusconi ha rinunciato ufficialmente a ripresentare la sua candidatura a capo del governo italiano, in occasione delle politiche del 2013. Negli ambienti cattolici la popolarità dell'ex primo ministro, dimessosi nel novembre 2011, è stata compromessa dagli scandali sessuali, in particolare il cosiddetto Rubygate, che lo vede imputato in un processo in corso a Milano per induzione alla prostituzione minorile.

Londra, 26 ott - (Financial Times) - Editoriale. Gli addii sono spesso tristi, ma pochi verseranno lacrime per la decisione di Silvio Berlusconi di non ricandidarsi alla guida del governo italiano. I consensi in caduta hanno finalmente convinto il settantaseienne plutocrate a riconsiderare l'ipotesi di un ritorno politico. Dopo due decenni di inazione, spettacolo e scandalo, il Cavaliere ha perso il suo tocco magico.

Berlino, 26 ott - (Spiegel) - Italia, la carriera politica di Berlusconi è alla fine dei suoi giorni: non ci sarà alcun ritorno, il suo partito sta cadendo a pezzi insieme al suo splendore. Ciononostante il Cavaliere tenta un'altra volta di raccogliere i fedelissimi per affrontare i suoi problemi con la giustizia: Berlusconi rischia infatti di essere condannato per abuso d'ufficio nel "processo Ruby". La sua era caratterizzata da processi e scandali per corruzione, orge e contatti con la mafia e la sua politica basata sulla depenalizzazione dell'evasione fiscale e sul lavoro in nero è ormai al tramonto.

Così alcuni dei principali giornali europei danno conto dell'annuncio di Silvio Berlusconi di non ricandidarsi per Palazzo Chigi e di promuovere le primarie per una nuova leadership (nel Pdl? in una coalizione di centro-destra? in una nuova formazione politica?). In Italia molti sottolineano, credo a ragione, che non siamo di fronte ad una vera uscita di scena, che Berlusconi continuerà ad esercitare un'influenza pesante sui giovani a cui dice di voler lasciare il testimone. Chiunque abbia raffrontato i due video, quello della "scesa in campo" e quello del "passo indietro", avrà tuttavia notato l'impietoso peso degli anni, la fine di quel "tocco magico" che ha consentito al Cavaliere di segnare in profondità, molto oltre i confini della destra, l'intero sistema politico italiano. Gli interrogativi e i punti di incertezza su cosa accadrà ora nel campo conservatore sono indubbiamente molto più numerosi dei punti fermi e trovo abbastanza ozioso soffermarsi su ipotesi ancora poco prevedibili.

Personalmente non sono convinta che la mossa di Berlusconi sia sufficiente a riorganizzare in tempi brevi un'offerta politica convincente per gli elettori di centro-destra. Tuttavia siamo di fronte ad una novità che può mettere in movimento varie forze e ciò richiede da parte del Pd un'iniziativa politica consapevole, una interlocuzione con quelle aree di centro e moderate che, a partite dalla cosiddetta agenda Monti ma soprattutto dalle riforme necessarie all'Italia dopo il 2013, possono trovare molti punti in comune con un campo riformista riorganizzato e coeso.

Con buona pace di chi vorrebbe un Pd arroccato e schiacciato a sinistra l'unica proposta per ora in campo, con un contorno comprensibile e impegnativo per il futuro, e' proprio quella della Carta d'intenti dell'alleanza dei Democratici e dei Progressisti. E dovrebbe essere da tutti riconosciuto che siamo arrivati qui per la guida di Bersani, per la sua capacita' di tenere unito il Pd, per aver avuto il coraggio e la responsabilita’ di sostenere Monti, per aver saputo contemporaneamente sia ricostruire una coalizione progressista sia creare le condizioni per un patto di legislatura con forze del centro moderato, costituzionale, europeista interessate come noi a contrastare il populismo e l'antipolitica. Non credo si possa negare che il contributo che AreaDem ha portato alla linea e al profilo del Pd sia stato importante e utile per arrivare fin qui tutti insieme.

Per chi vuole lasciarsi alle spalle, insieme a Berlusconi, anche il "berlusconismo", una concezione della politica fatta di molti lustrini, di promesse vuote, di demagogia e populismo senza riforme, dovrebbe essere determinante il giudizio su ciò che abbiamo fatto e stiamo proponendo dentro questa difficile crisi.

Ultimo in ordine di tempo il nostro impegno per la Legge di Stabilita': il nostro ragionamento e' stato chiaro, come testimonia la relazione dell'On. Pier Paolo Baretta che trovate in questa newsletter. L'incontro tra Bersani e Monti ha aperto la strada a modifiche di sostanza sulle quali lavoreremo in Commissione nelle prossime ore e che vanno nella direzione che auspicavamo. Piuttosto che farci trascinare in astratte polemiche su Monti e il dopo Monti, noi stiamo facendo le nostre battaglie per l'equita’, per il lavoro, per la scuola.

Infine una battuta sulle primarie. Ora che i candidati hanno depositato le firme siamo alla apertura ufficiale della campagna. Insieme a Pier Luigi Bersani ci saranno Matteo Renzi, Laura Puppato, Bruno Tabacci e Nichi Vendola. Se davvero vogliamo fare delle primarie un momento di virtuosa partecipazione democratica dei cittadini, se vogliamo salvaguardare lo strumento delle primarie, che non a caso anche a destra viene ora evocato, dobbiamo fare ogni sforzo per rendere la competizione leale e non rissosa. Le polemiche sulle regole di queste ultime giornate non sono piaciute ai nostri elettori, e nemmeno ai militanti e ai volontari che devono mettersi in moto per organizzare al meglio i luoghi in cui ci si potrà registrare dal 4 novembre e i seggi per il 25.

Non e' un gioco, ne' uno spettacolo televisivo.

E' un grande esercizio di democrazia e di partecipazione da cui vogliamo e possiamo ricavare la forza per vincere le elezioni e governare il Paese. Nessuno lo dimentichia

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=15156
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« Risposta #13 inserito:: Novembre 17, 2012, 03:39:51 pm »

Le Primarie che fanno vincere il PD e il Centrosinistra

16 Novembre 2012

L'editoriale di Marina Sereni


Il confronto televisivo tra i candidati del centrosinistra, di cui tanto hanno parlato commentatori politici ed esperti della comunicazione, ha mostrato plasticamente che, mentre nel campo della destra c'e' una grande confusione, un cumulo di macerie difficili da rimuovere, nel nostro campo c'e' una proposta politica e una classe dirigente seria che, pure nel pieno della competizione, riesce a mandare un messaggio di cambiamento e di speranza. Poi ci sono altri protagonisti sulla scena politica, alcuni intrappolati loro malgrado nella crisi del "berlusconismo" come Di Pietro e l'Idv, altri in rapida quanto contraddittoria ascesa come Beppe Grillo e il M5S, alle prese con una crescita di consenso che aumenta la domanda di democrazia interna.

Mancano nove giorni al 25 Novembre, li possiamo spendere per rafforzare il profilo culturale, ideale e programmatico dell'Alleanza dei Democratici e Progressisti oppure per indebolirlo con polemiche e battibecchi. Eppure i sondaggi che oggi premiano il Pd e il centrosinistra ci dicono che abbiamo bisogno delle idee e dell'impegno di tutti, dentro e fuori il Pd,  per poter realisticamente puntare a vincere alle elezioni e renderci capaci di governare. Non e' tanto difficile da capire.

Rivolgo questa riflessione ovviamente prima di tutto a me stessa, ma non sarei sincera se non dicessi che in particolare da alcuni dei sostenitori di Renzi, da ultimo dalla Leopolda ancora in corso, ho sentito con allarme parole che vanno nella direzione opposta. Parole senza senso, che introducono veleno allo stato puro. Ci si può scherzare, come ho visto e' successo ieri su twitter sull'espressione "scagnozzi", ma non sottovaluterei non solo le scorie che queste polemiche lasciano tra i militanti ma soprattutto  il senso di estraneità che generano tra i semplici elettori.

Mi auguro si tratti di episodi isolati e di incidenti di percorso, sarei preoccupata se qualcuno pensasse che per scaldare l'ambiente e magari conquistare qualche spazio nei mezzi di comunicazione si debba alzare i toni per di più su questioni che riguardano la correttezza del voto e il rispetto delle regole. Meglio, molto meglio, sarebbe che si accendesse il confronto sui programmi e sui contenuti e che lavorassimo tutti - proprio tutti - a far funzionare la macchina organizzativa delle Primarie.

Registrarsi e' complicato, ci dicono alcuni militanti ed elettori, ci vuole qualche minuto e non sempre e non per tutti luoghi e orari degli uffici elettorali sono comodi. C'e' stato fin qui un discreto afflusso ma ora vengono i giorni cruciali. Usiamo bene il sito www.primarieitaliabenecomune.it,  andiamo di persona all'ufficio elettorale più vicino, diffondiamo le informazioni utili per registrarsi prima, evitiamo che il 25 si creino inutili file. Dovrebbe essere interesse di tutti - proprio tutti - far si' che la partecipazione sia la più alta e tranquilla possibile.

Se, come credo, il 25 parteciperanno milioni di elettori ed elettrici e sarà una giornata di festa, avremo fatto una buona cosa non solo per il Pd e per il centrosinistra ma per l'Italia e la sua democrazia.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=15396
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« Risposta #14 inserito:: Novembre 24, 2012, 05:49:53 pm »

L'editoriale di Marina Sereni

Ci siamo quasi. Un milione di persone si sono già registrate per votare alle primarie del centrosinistra di domenica 25 novembre. Molte altre si stanno recando in queste ore negli uffici elettorali, mentre la rete si sta sovraccaricando per le preregistrazioni online. I candidati hanno fatto centinaia di incontri, comizi, assemblee toccando centri grandi e piccoli lungo tutta la penisola. Migliaia e migliaia di volontari sono al lavoro per garantire che domenica seggi ed uffici elettorali funzionino al meglio. Gia' questi dati ci devono rendere orgogliosi del nostro partito, di una grande forza popolare che in poco più di un mese (l'Assemblea Nazionale che diede il via alle Primarie fu il 6 Ottobre!) e' riuscita a mettere in cantiere un grande appuntamento di partecipazione democratica, da cui scaturirà la scelta della personalità che dovrà guidare la coalizione dei Democratici e Progressisti al voto di primavera.

Parlando in queste settimane con i nostri elettori ho sempre cercato di sottolineare questo punto: il centrosinistra, dopo il fallimento drammatico di Berlusconi e della destra, ha forti probabilità di vincere le prossime elezioni. La consultazione di domenica prossima ha dunque forti probabilità di decidere chi davvero sarà a capo del prossimo Governo nel 2013. Le primarie sono dunque un appuntamento politico di grande valore, una vera cessione di sovranità al popolo di centrosinistra.

Nel corso della campagna, come era prevedibile, Bersani ha dimostrato le sue doti di uomo di governo, di leader politico capace di unire il campo riformista e di dialogare con i moderati, di dirigente della famiglia progressista europea. Anche coloro che hanno in queste settimane guardato con simpatia e interesse alle altre candidature converranno sul profilo affidabile e credibile di Pierluigi Bersani. Se vogliamo corrispondere alle aspettative, alle inquietudini, allo scontento di tanti italiani dobbiamo metterci alla guida di un profondo cambiamento del Paese, conquistare il consenso e la forza necessari per proporre e

imporre riforme nel segno dell'equità e della crescita. E solo il Segretario del Pd, non da solo, può realisticamente raccogliere questa sfida. Ancora molti saranno gli indecisi, e vale la pena proprio in queste ore cercarli, parlarci, convincerli che partecipare alle Primarie e votare Bersani e' un modo utile ed efficace per preparare il cambiamento. Buone primarie a tutti!

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=15482
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