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Autore Discussione: JEFFREY D. SACHS - Ma dobbiamo cominciare a cambiare  (Letto 2034 volte)
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« inserito:: Ottobre 26, 2011, 05:02:54 pm »

26/10/2011

Ma dobbiamo cominciare a cambiare

JEFFREY D. SACHS*

A 12 anni di distanza dal seimiliardesimo uomo sul pianeta, nel 1999, l’umanità saluterà l’arrivo del suo settemiliardesimo membro nel corso di questo mese. La popolazione mondiale continua a crescere rapidamente e ogni anno nascono circa 75 milioni di persone in più rispetto a quelle che muoiono. Le conseguenze di un mondo affollato da 7 miliardi di persone sono enormi. E a meno che la popolazione mondiale si stabilizzi nel corso del ventunesimo secolo, le conseguenze per l’umanità potrebbero essere spaventose. La popolazione in aumento mette grande pressione su un pianeta che è già sul precipizio della catastrofe ambientale. Trovare cibo, vestiti, una casa ed energia a 7 miliardi di persone è un compito incredibilmente complesso.

L’agricoltura viene già sfruttata in modo sproporzionato e pericoloso. Le foreste pluviali hanno lasciato spazio a nuove coltivazioni. Le falde acquifere, usate per l’irrigazione, si stanno prosciugando. I gas serra emessi nelle attività agricole sono un fattore decisivo del cambiamento climatico in atto. I fertilizzanti stanno avvelenando i fiumi e innumerevoli specie animali sono a rischio di estinzione, privati dall’uomo del loro habitat naturale. Le sfide economiche sono altrettanto preoccupanti. La popolazione sta crescendo più rapidamente proprio nelle nazioni più povere, che spesso sono anche quelle dove l’ambiente è maggiormente a rischio. Per varie ragioni, i poveri tendono ad avere molti più figli. Molti vivono infatti in villaggi nei quali l’aiuto dei più giovani nel lavoro agricolo diventa molto importante. Le società povere generalmente soffrono anche di un’elevata mortalità infantile e questo porta i genitori ad avere più figli, una sorta di «assicurazione» contro la possibile scomparsa degli altri.

Le ragazze raramente arrivano oltre le elementari: vengono date in sposa e diventano madri quando sono ancora molto giovani, in un contesto dove i metodi contraccettivi moderni spesso non sono disponibili o davvero accessibili. Quando una famiglia povera ha sei, sette, otto figli, molti di loro risultano inevitabilmente condannati a una vita nell’indigenza. Troppo spesso, ai genitori mancano i mezzi per garantire adeguate alimentazione, salute ed istruzione. L’analfabetismo e le malattie finiscono per passare di generazione in generazione e i governi di queste nazioni sottosviluppate sono incapaci di rimediare alla situazione, con budget insufficienti per coprire il bisogno di scuole, strade e altre infrastrutture Ecco perché l’arrivo della persona numero 7 miliardi è causa di profonda preoccupazione. Porta con sé più di un interrogativo. Quale sarà il costo di mantenere un pianeta in cui ogni individuo possa condurre una vita felice? Quanto costerà preservare le risorse globali anche per le future generazioni? Esiste davvero uno «sviluppo sostenibile», in un mondo così affollato? Le risposte sono due e implicano un impegnativo compito per i prossimi decenni. Innanzi tutto servono nuove tecnologie per fare in modo che tutte le nostre attività abbiano un minore impatto ambientale.

Urge un cambio di paradigma, dalla dipendenza dai combustibili fossili, carbone, petrolio e gas, ad un’epoca che tragga energia da fonti a basse emissioni di CO2, come il sole e il vento. Un cambiamento che richiede la collaborazione di tutti, a livelli ancora mai verificatisi. La seconda chiave per lo sviluppo sostenibile è la stabilizzazione della popolazione globale. Già accade nei Paesi ricchi e in parte anche in quelli mediamente sviluppati, dove le famiglie scelgono di avere uno o due figli, in media. Il calo del tasso di fertilità dovrebbe essere incoraggiato anche nelle nazioni più povere, dove è possibile - alcuni casi l’hanno dimostrato - ottenere una riduzione dei tassi di fertilità veloce e totalmente volontaria. Due secoli fa, il pensatore britannico Robert Malthus nelle sue celebre tesi avvertì che l’eccessiva crescita della popolazione avrebbe accorciato la vita al progresso economico. La minaccia è ancora viva, ma è un’eventualità, non una sorte inevitabile.

Ci troviamo di fronte a un dovere che non possiamo più rimandare: adottare stili di vita e tecnologie più sostenibili. E sforzarci di contenere la popolazione intorno agli 8 miliardi entro la metà del secolo. Sterzando quindi dal cammino attuale, che ci porterebbe facilmente oltre i 10 miliardi di qui al 2100.

* Economista
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da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9368
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