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Autore Discussione: Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale  (Letto 2140 volte)
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« inserito:: Marzo 12, 2011, 03:24:32 pm »

L'ANALISI

Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale


TRIPOLI - Senza un aiuto dall'esterno che ormai non arriverà più, in pochi giorni i ribelli libici saranno ridotti al silenzio. E se davvero questa previsione si avvererà, sarà per una combinazione di fattori che dovrebbe umiliare l'Europa e gli Stati Uniti per il loro comportamento incosciente: in mille modi hanno incoraggiato i ribelli contro il regime del colonnello Gheddafi senza pensare che, al momento opportuno, non sarebbero riusciti a muovere un passo per aiutarli nell'unico modo che sarebbe stato utile per loro: una limitata ma immediata azione militare. Certo, se questa previsione si avvererà per davvero sarà innanzitutto per l'efficacia della macchina da "guerra totale" di Gheddafi. "Totale" nel senso che affianca la capacità militare a quella della polizia segreta, dello spionaggio e della repressione interna.

Ieri il centro di Zawiya, la città-martire della Tripolitania, era il simbolo di questo metodo integrato. La città appariva come un campo di battaglia devastato da una furia senza pari. Il minareto della moschea tagliato a metà da una cannonata, palazzi sventrati, le strade divelte dal fuoco dei tank e ostruite da decine di auto accartocciate. I ribelli sono stati tutti uccisi o catturati dalla polizia segreta; le loro famiglie minacciate e avvertite una per una. Per Zawiya, troppo vicina a Tripoli, non c'era nessuna probabilità di sopravvivenza, ma lo stesso sembra essere per tutte le altri città della Libia. Potrebbe essere
così perfino per Bengasi.

Oggi, sabato, il governo libico porterà in "gita" i giornalisti embedded a Ras Lanuf appena riconquistata: l'esercito di Gheddafi, appoggiato dall'aviazione, sta allungando la sua presa verso Est. Dopo Ras Lanuf nella notte sono arrivate le prima telefonate che anticipano un attacco ad Adjdabja. Quando cadrà anche questo centro Bengasi sarà completamente isolata ad Ovest.

I ribelli sono costretti a combattere da soli, contro l'aeronautica, i cannoni, i carri armati di Gheddafi. L'aiuto, le incitazioni alla rivolta contro il colonnello arrivate in questi giorni dagli Stati Uniti, il disconoscerlo come interlocutore da parte della Ue potrebbero essere solo un boomerang per dei ribelli che potrebbero non aver calcolato fino in fondo la forza del regime e la riluttanza dell'Europa a qualsiasi coinvolgimento militare. James Clapper, il capo dell'intelligence americana, lo ha detto pubblicamente con quella "criminale" ingenuità tutta americana che non avrà altro effetto che rafforzare il colonnello che gli Usa stessi vorrebbero abbattere: "Alla lunga è probabile che Gheddafi prevarrà".

Gheddafi in queste ore fronteggia un presidente americano che continua a dire "tutte le opzioni sono sul tavolo" ma non ha deciso ancora quale scegliere. Una Unione Europea che ha ripetuto ieri "Gheddafi non è un interlocutore", ma lui presto sceglierà altri interlocutori. E infine una Lega araba che oggi prevedibilmente al Cairo non produrrà nessuna reazione degna di nota.

Nel frattempo il colonnello oltre alle operazioni militari ha rafforzato il controllo politico sulle città che già domina, Tripoli fra tutte. Venerdì nella capitale praticamente nessuno ha avuto il coraggio di scendere in piazza dopo le preghiere. Il quartiere di Tajura è stato riempito di lacrimogeni prima ancora che i fedeli-dissidenti soltanto entrassero nelle moschee. Notte dopo notte, il regime continua a far sparire un giovane da ogni famiglia potenzialmente dissidente, per rafforzare il terrore e avere nelle mani nuovi ostaggi che terrorizzano il resto del gruppo. Ancora: le tre reti televisive libiche oltre a dare le repliche dei discorsi del leader e di Saif, hanno inziato a fare una propaganda martellante, terrorizzante, mostrando le torture e le violenze di cui anche i ribelli si sono resi colpevoli nei primi giorni. Sei soldati libici vengono ripresi seduti su un divano, interrogati fra mille urla: pochi minuti più tardi i loro corpi giacciono in terra, le mani legate dietro la schiena, le gole sgozzate orribilmente.

Un altro video da brividi, riproposto ossessivamente al popolo di Libia, è quello dei ribelli che a Bengasi danzano ed esultano su un carro armato bruciato. Tra le mani, uno di loro esibisce i brandelli del corpo di un soldato, e più tardi qualcosa che viene presentato come il cuore bruciato del soldato. Un ribelle prova anche a calpestarlo con lo stivale. Vere o false che siano, queste immagini rafforzano il senso di terrore nei tripolini, un sdntimento di paura nei confronti della rivolta. Queste immagini di orrori causti dai ribelli rafforzano la legittimità di un regime violento e brutale, ma che da tanti libici continua ad essere considerato "il nostro regime", guidato dall'unico capo capace di tenere unita la Libia.

A 3 settimane dall'inizio della rivolta di Libia, la storia sembra del tutto diversa da quella di Egitto e Tunisia: Gheddafi potrebbe rimanere in circolazione ancora per molto tempo, e presto una pietra tombale potrebbe soffocare in quasi tutta la Libia il movimento dei ribelli. Con Stati Uniti ed Europa che da lontano a chiedere una sola cosa al colonnello: "Dimettiti". Lui non lo farà.

(12 marzo 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/esteri
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