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Autore Discussione: SINISTRA DEMOCRATICA -  (Letto 66317 volte)
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« Risposta #60 inserito:: Dicembre 10, 2007, 04:55:47 pm »

Politica       «Il nostro cammino continua ancora più convintamente»

Prodi alla Sinistra: «Avanti con coraggio»

Messaggio del premier ai leader dell'Arcobaleno: «Sarete uno stimolo per il governo»


ROMA - La "Sinistra e l'Arcobaleno"? Può essere uno «stimolo per l'azione di Governo". È quanto scrive Romano Prodi in un messaggio inviato ai quattro leader del nuovo soggetto di sinistra, Franco Giordano, Alfonso Pecoraro Scanio, Oliviero Diliberto e Fabio Mussi. «Cari amici, saluto con gioia l'alleanza in cui avete creduto e che oggi avete sancito nei vostri Stati generali - afferma il premier - È un'occasione decisiva per l'unità della sinistra e dell'ambientalismo, nel segno di valori e impegni comuni che trovano da oggi una strada condivisa».

SOSTEGNO COERENTE - «Auguro a voi e a tutti gli autori di questa importante decisione - prosegue il presidente del Consiglio - di costruire un percorso forte e solidale, capace di generare nuovi stimoli alla democrazia del Paese e all'azione di governo, governo che avete sempre sostenuto con coerenza in questo primo anno e mezzo di legislatura. Il vostro cammino inizia oggi, il nostro continua ancora più convintamente - conclude - perché basato su un dialogo che non viene mai meno. Grazie per il vostro coraggio».


09 dicembre 2007


da corriere.it
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« Risposta #61 inserito:: Dicembre 10, 2007, 04:57:05 pm »

DILIBERTO E IL GOVERNo: «SCETTICO SULLA VERIFICA»

Sinistra Arcobaleno, «puntiamo al 15%»

I leader: «Competeremo da sinistra col Pd».

Ingrao: «Unitevi». Giordano: «Lavoriamo per liste comuni»

 
 
ROMA - Non è un partito ma un "soggetto unitario", non ha la falce e il martello nel simbolo (o forse, come dice Diliberto, ne ha due), vuole competere da sinistra con il Partito Democratico di Walter Veltroni puntando a raccogliere il 15% dei voti, e dice che non intende far cadere il governo di Romano Prodi, a cui chiede però una "svolta" a gennaio. È la Sinistra - l'Arcobaleno, nata ufficialmente alla Fiera di Roma dopo due giorni di assemblea e tenuta a battesimo al canto di "Bella Ciao" (intonata dai leader di Rifondazione Comunista, Pdci, Sinistra Democratica, mentre i Verdi hanno preferito non cantare).

LA CARTA - «Siamo impegnati nella costruzione di un un nuovo soggetto unitario, plurale, federativo», che punta alla costruzione di una «sinistra politica rinnovata», recita la "Carta d'intenti" letta alla fine degli "Stati generali" della nuova formazione. "Sa" avrà come simbolo l'arcobaleno e non la falce e martello, che però spicca ancora sui distintivi di Rifondazione Comunista e del Partito dei Comunisti italiani. I principi a cui fa riferimento la nuova formazione sono "uguaglianza, giustizia, libertà", ma anche "pace, dialogo di civiltà, valore del lavoro e del sapere, centralità dell'ambiente" e ancora "laicità dello stato" e "critica dei modelli patriarcali e maschilisti", dice ancora la Carta, letta dal palco della Fiera alla presenza del segretario del Prc Franco Giordano, del leader del Pdci Oliviero Diliberto, del presidente dei Verdi, il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, e del coordinatore di Sd, il ministro dell'Università Fabio Mussi.

"LANCIAMO UNA SFIDA AL PD" - Se Pecoraro Scanio ha detto esplicitamente nel suo intervento che Sinistra Arcobaleno deve «puntare a superare il 15% dei voti per essere una forza di governo», Giordano, che guida il partito più grande della federazione, ha aggiunto che «da oggi lanciamo una sfida sull'egemonia al Pd», il nuovo partito di centrosinistra nato dall'incontro di Ds e Margherita. «Lavoriamo per presentare alle prossime scadenze elettorali liste comuni con un simbolo comune», ha spiegato Giordano (il prossimo importante turno elettorale previsto è quello del 2009, con il voto per il Parlamento europeo, dove le quattro formazioni di "Sa" siedono attualmente in gruppi diversi). Il leader del Prc ha anche difeso la richiesta di una verifica di governo a gennaio, e ha detto che gli attacchi alla stabilità dell'esecutivo vengono non dalla sinistra ma da "voltagabbana" di centro, in chiara polemica con la senatrice del Pd Paola Binetti, che in settimana non ha votato la fiducia al governo sul decreto sicurezza per un passaggio relativo alla discriminazione degli omosessuali, ma anche con i liberaldemocratici di Dini e con l'Udeur. «Abbiamo rinconquistato un peso, non possiamo accettare che un voltagabbana di turno conti più di un terzo della coalizione» ha detto Giordano. E a proposito dei rapporti con il governo Prodi, il segretario dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto, ha ribadito il suo scetticismo sulla verifica: «Bisogna vedere i fatti concreti che ci verranno proposti. Prima della verifica c'è stato il programma elettorale, poi Caserta, poi il dodecalogo ma dopo di allora non è stato fatto nulla». «Allora è inutile vedersi - conclude - se poi non si rispettano gli accordi».

INGRAO: UNITEVI - Grande protagonista della giornata di chiusura è stato Pietro Ingrao. Sciarpa rossa al collo e bastone in mano, è arrivato all'assemblea dopo la "diserzione" del sabato e il colloquio con 'La Stampa' in cui criticava il progetto di aggregazione con l'ala radicale per la sua eccessiva lentezza. Parole che non hanno però raffreddato l'affetto del suo "popolo": Ingrao è stato infatti accolto da una lunghissima ovazione delle migliaia di militanti presenti. «Io vi dico solo una cosa - ha scandito Ingrao ai presenti - unitevi, unitevi. Dovete fare presto perché la situazione urge e i problemi della vita quotidiana non possono ritardare».

VENDOLA - Applausi anche per Nicky Vendola. «Questo deve essere il nostro cimento del futuro - ha affermato il Governatore della Puglia -. Un parto, un partire, non so se un partito, ma certo una costituente, un soggetto che sappia leggere il cuore della nostra società. Una sinistra - scandisce Vendola - che non è un bignami di ciò che fummo. È doloroso uscire da se stessi, si teme di perdere il proprio patrimonio, ma oggi è necessario. C'è una poesia di Pasolini che dice che "il vento del futuro non cessa di ferire". Ecco, nel parto c'è il dolore, c'è sempre, ma c'è anche la gioia di una nascita». All'assemblea ha partecipato anche Fausto Bertinotti. Ai giornalisti il presidente della Camera ha riservato poche battute: «Sono molto contento, per imparare a nuotare bisogna buttarsi nell'acqua. Oggi mi pare ci sia un grande tuffo».

IRRUZIONE COMITATI - Durante i lavori c'è stato anche un fuori-programma: i 300 manifestanti del comitato "No Dal Molin", giunti da Vicenza per chiedere risposte sulla sospensione dei lavori per la costruzione della base Nato Usa, hanno fatto irruzione nella sala plenaria dove si sta svolgendo l’assemblea. I manifestanti hanno bloccato per un po' gli interventi previsti in scaletta e sono stati accolti dai militanti delle sinistre da fischi e applausi.


09 dicembre 2007

da corriere.it
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« Risposta #62 inserito:: Dicembre 10, 2007, 05:05:42 pm »

Nasce la nuova sinistra, il battesimo con Ingrao e Vendola

Paola Zanca


Il primo a salire sul palco è Nichi Vendola, quello che molti immaginano come il nuovo leader della sinistra unita e che oggi non ha deluso le attese.

Il suo è un discorso da leader, e quello che riceve è un applauso che il pubblico riserva per le grandi occasioni. «Serve il coraggio di una nuova nascita», esordisce, coraggio che dia risposte a quel «sentimento di smarrimento» che attraversa il popolo della sinistra. Per questo, «parte una nuova nascita, un parto non so se un partito – dice – un soggetto che sappia leggere nel cuore della società e che non sia un riassunto di ciò che fummo».

Vendola dà così voce al nuovo e prende il testimone di un padre della sinistra che sale sul palco a benedirlo. È Pietro Ingrao, il grande vecchio che scalda gli animi della platea. Per lui è standing ovation: il suo discorso è «una predica, una raccomandazione che posso fare perché sono vecchio». Ma non è di quelle prediche che non si digeriscono, quelle lunghe e sterminate, sono solo due parole: «Fate presto». Ingrao lancia un grido «in nome dei caduti di Torino»: «Unitevi» dice alle forze politiche della sinistra. E detto da uno che ha attraversato l’ultimo secolo della storia politica italiana è molto di più di un semplice appello.

Sul palco allestito alla Fiera di Roma, oltre ai leader politici, ci sono anche una serie di testimonial della società civile, chiamati a dare il loro contributo a La Sinistra, l’Arcobaleno. Paul Ginzborg, l’ex-girotondino che ora anima il laboratorio politico di Firenze, Marina Fiore del Comitato contro gli F-35, il magistrato Gianfranco Amendola, da sempre impegnato nelle battaglie ambientaliste, il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay. E proprio a Mancuso è capitata la “sventura” di vedersi interrotto dagli altri ospiti d’eccezione della giornata. I No Dal Molin. Più che una visita, la loro è stata un’irruzione. Lo avevano detto da giorni, ma forse l’assemblea della sinistra non se li aspettava così agguerriti.

Mancuso sta parlando del «vergognoso dibattito andato in scena al Senato», quello in merito alla norma che sanzione le discriminazioni di genere e che ha scatenato le ire dei teodem. Dall’altro capo della sala esplode fragoroso il suono delle pentole, dei tamburi artigianali, delle sirene e dei fischietti dei vicentini arrivati in massa a Roma per ribadire il loro no all’ampliamento della base americana.

Sono qualche centinaio – da Vicenza sabato notte all’una e mezza sono partiti 4 pullman, poi qualcuno si è aggregato da altre città – e l’invito a far proseguire l’intervento del presidente dell’Arcigay non lo ascoltano proprio. Serpeggia nervosismo tra la platea e gli organizzatori degli Stati generali. «Dico ai comitati di scendere dal palco...non sappiamo se regge», prova a fermarli un’organizzatrice dal palco, «fatela finita», sbotta qualcun’altro dalla platea. Ma loro niente: armati di un cartello al collo che recita «Moratoria subito», irrompono sul palco e si prendono una mezz’ora di microfono. Quello che – denunciano – gli è stato levato dalla bocca: «Ci stanno prendendo in giro da un anno e mezzo – spiegano – a Vicenza sono venuti molti parlamentari ma non si è visto mai un ministro o un sottosegretario». Spiegano le ragioni della loro lotta, chiedono che la moratoria sull’inizio dei lavori venga presentata in Parlamento, pretendono che i deputati e i senatori presenti si assumano «la responsabilità politica e morale delle azioni di questo governo».

Torna la calma e Mancuso riesce finalmente a concludere il suo intervento. Poi è la volta dei quattro segretari. Pecoraro Scanio, Diliberto, Mussi e Giordano si alternano sul palco per dire la loro sul futuro della sinistra unita. Il ministro dell’Ambiente risponde subito ai No Dal Molin, ribadendo il suo no all’ampliamento della base e impegnandosi a «bloccare ogni azione che non rispetti le leggi dello Stato italiano» e manda a dire al governo che «noi siamo stati leali, lealissimi, a volte anche troppo». Un po’ sottotono l’intervento di Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, che scalda la platea soprattutto quando propone di «inserire il limite di due mandati» per le cariche istituzionali.

Applauditissimo invece il ministro Fabio Mussi.

Sale sul palco e affronta subito le malelingue che lo vorrebbero “pentito” di aver lasciato i Ds. «Vedo il partito democratico – esordisce – e sono contento di essere con voi». Boato della sala. Poi parla di lavoro, di ambiente, di università e ricerca, di corsa al riarmo. E chiude con un messaggio a Prodi: «Noi non lavoriamo per la caduta del governo, ma Romano così non si va avanti: 150 parlamentari – gli urla – non possono contare meno di Dini, di Manzione....». Non riesce a finire l’elenco, la platea lo sovrasta di conferme. Chiude gli Stati generali Rifondazione Comunista. Il segretario Franco Giordano rilancia l'appello di Mussi a «presentarsi sotto lo stesso segno grafico» alle prossime elezioni amministrative. E tutto rosso in viso si rivolge ai suoi compagni di cammino con un urlo quasi disperato: «Non sprechiamo questa occasione, c'è una grande attesa: promettiamo tutti, oggi, qui, che non la deluderemo».

Pubblicato il: 09.12.07
Modificato il: 09.12.07 alle ore 19.30   
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« Risposta #63 inserito:: Dicembre 10, 2007, 05:07:13 pm »

Ingrao, o la certezza del dubbio

Alessia Grossi


Al Palazzo dei congressi domenica mattina il dubbio è se Pietro Ingrao arriverà alla presentazione del suo ultimo libro La pratica del dubbio, appunto. La voce della sua partecipazione inattesa agli Stati generali della sinistra che si svolgono in contemporanea all'altra Fiera, quella di Roma, infatti, comincia a serpeggiare tra la platea che lo attende all'Eur. Mezz'ora di ritardo e il dubbio che non ce la faccia ad arrivare in tempo per la conferenza sta per diventare certezza. Ma la luce dei flash dei fotografi e il lungo applauso che precedono Ingrao per i corridoi di Più libri più liberi illuminano la speranza degli astanti. Così contrariamente a quanto sospettato i dubbiosi si devono ricredere, il «vecchio anziano consumato tra le lotte e nato cento anni fa» - come lui stesso si definisce - non è riuscito neanche questa volta a scontentare i suoi, né politici, né bibliofili.
 
«La storia, la cronaca, l'evocazione della sconfitta, questo ho scritto in questo mio libretto». Così inizia Ingrao la sua lezione di «storia controfattuale» come l'ha definita il professor Santostasi nell'apertura al discorso dell'autore. Al posto della presentazione di quel «libretto smilzo ma intenso» l'autore di testi forse più pesanti come Volevo la luna si cimenta porgendo all'uditorio il suo occhio, l'occhio di colui che «vede l'inizio della storia del secolo scorso nell'assalto al Palazzo d'Inverno e nelle bombe su Hiroshima e Nagasaki, e mette questi eventi di fronte ad un'altra storia, la storia di cento anni di tempeste e di grandi invenzioni, ideologiche ma anche pratiche», la sua storia. Al posto di rifare il percorso che nel libro lo porta a considerare come l'inizio della fine «quel 1973 che ha dato il via alla globalizzazione capitalista» come evocato poco prima da Santostasi, Ingrao propone un'altra chiave di lettura del suo libro. «La Seconda Guerra Mondiale con le armi di distruzione di massa è stata il bigliettino da visita della rivincita della borghesia. La borghesia con Hiroshima e Nagasaki ha annunciato al mondo di essere capace di toccare quel livello di intervento nelle questioni del globo». E il vecchio comunista si fa venire in mente l'ennesimo dubbio. «Sarei curioso di sapere come si insegnano questi avvenimenti nelle scuole» e poi aggiunge. «Sull'altro crinale della guerra c'è la Rivoluzione d'Ottobre, il leninismo, che delineano un altro disegno per la storia, un altro mito che è stato anche il mio e di cui riconosco la sconfitta».
 
Ma per un uomo che «riesce a dare solo certezze» come suggerisce Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, non è sufficiente spiegare la disperazione della sconfitta. Ingrao suggerisce anche la soluzione. «Con il mio libro, però ho voluto dire che tutto questo è chiuso. A noi si presenta un altro quesito. Adesso? Adesso, come dico nelle ultime pagine del mio libretto l'autodistruzione continua - avverte Ingrao - la guerra continua, e continua con la teorizzazione della guerra preventiva. Laddove prima tra la guerra e la non guerra c'era uno spazio di riserva per la vita, oggi siamo davanti alla legittimazione della guerra preventiva di Bush». Il titolo del libro, La pratica del dubbio, seppure evocativo della annosa ricerca di Pietro Ingrao, non rende giustizia al contenuto. Nell'agile libretto non c'è niente che somigli al minimo dubbio, l'autore stesso lo conferma.
 
E sul finire della appassionata e appassionante lezione, quando proprio è necessario stringere e concludere il maestro delle lotte di un secolo ha un'esortazione per tutti: «discutere di ciò che è finito con la sconfitta e di come sia nata dal seno della borghesia la giustificazione della distruzione di massa che dura ancora oggi».
 
Poi, come sempre, con il pugno alzato e un bacio per la platea che lo applaude in piedi Pietro Ingrao conclude: «questo mio libro è l'allusione un po' disperata, e lo dico con una frase un po' retorica ma vera, alla scomparsa della parola pace da questo secolo».
 

Pubblicato il: 10.12.07
Modificato il: 10.12.07 alle ore 5.12   
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« Risposta #64 inserito:: Dicembre 14, 2007, 04:32:47 pm »

Intervento all'Assemblea dell'8 e 9 dicembre

Noi crediamo che l'impegno civile e politico possa riempiere degnamente una vita

di Francesca Butturini*


In questi anni abbiamo condiviso con milioni di ragazze e ragazzi il sogno di un mondo più giusto, in cui il destino degli uomini non fosse asservito e piegato alla logica brutale del mercato e del profitto. In cui la guerra non fosse l’origine e la condizione permanente di un nuovo disordine mondiale, in cui la democrazia non fosse patrimonio e privilegio di una minoranza dell’umanità, in cui gli uomini e le donne non fossero merce ma cittadini. I Forum sociali e ecopacifisti mondiali e europei sono stati tappe importanti del nostro cammino. Le grandi mobilitazioni contro le guerre sono state la nostra piazza e le Marce per la Pace Perugia-Assisi sono state la nostra strada.

Abbiamo dato vita a grandi movimenti studenteschi. Assemblee, autogestioni e occupazioni, cortei e manifestazioni non sono state solo testimonianza effimera ma tappe concrete di un lungo percorso di partecipazione democratica che ha segnato positivamente una lunga stagione della vita politica e civile del nostro paese attraverso la quale abbiamo riportato la dimensione dell’impegno politico e sociale nelle scuole e nelle università, contribuendo a difendere e ampliare i diritti degli studenti e dando forma e senso a un nuovo concetto di cittadinanza studentesca.

Abbiamo iniziato a vivere in una Europa unita e in un mondo globale, in cui però tante sono ancora le frontiere da abbattere, materiali e immateriali, per realizzare una società multietnica e muticulturale in cui cittadinanza e diritti non siano solo un pezzo di carta in fondo a una lunga fila…

Abbiamo lottato contro tutte le mafie, contro la criminalità organizzata che uccide ogni giorno le speranze di cambiamento e di giustizia sociale di un’intera giovane generazione, impedendo –soprattutto nel mezzogiorno– ogni margine di crescita civile e democratica per i più deboli.

Abbiamo scoperto la necessità e l’opportunità di un diverso sviluppo sociale ed economico basato sulla tutela ambientale, salvaguardando le ricchezze e le risorse del nostro pianeta, che permetta nuove forme di occupazione legate a sistemi di produzione eco-sostenibili e a fonti rinnovabili.

Abbiamo difeso il diritto alla memoria storica delle nuove generazioni, in un Paese segnato da nostalgie e beceri revisionismi, contrastando nelle scuole, nelle università, nelle città i movimenti neo-fascisti denunciandone la propaganda revisionista e razzista, perché per noi nati dalla Resistenza il 25 Aprile è non solo un anniversario ma un impegno quotidiano.

Abbiamo lottato per difendere i diritti dei lavoratori, lottiamo per nuovi ulteriori diritti per chi, precario, vive fuori dal nesso lavoro-cittadinanza, o a chi come giovane donna rischia quotidianamente di essere penalizzata due volte: nella vita e nel lavoro. Abbiamo lottato per una diversa dignità del lavoro, liberato dalla piaga del precariato e per fare in modo che in un Paese fondato sul lavoro non si muoia più di lavoro. Già dalla prossima settimana, quando ci uniremo alla lotta dei metalmeccanici per la sicurezza sui luoghi di lavoro contro la vergogna delle morti bianche.

Abbiamo sognato e provato a costruire un mondo in cui le differenze di genere e di orientamento sessuale non fossero più condizione di disuguaglianza e di discriminazione, ma le caratteristiche di una società laica, libera, plurale.
Abbiamo pensato e praticato tempi e modi nuovi di fare politica, rinnovandola nei contenuti, nelle forme e nei linguaggi. Sentiamo l’esigenza di una Politica in grado di liberare le energie e le intelligenze delle giovani generazioni e di superare le incrostazioni gerontocratiche che contribuiscono a bloccare lo sviluppo sociale, culturale e politico del nostro paese. Una sinistra che sappia essere all’altezza del presente: per farlo,a soggetti in carne ed ossa va data centralità. Farsi percorso di emancipazione per le giovani generazioni: questa è la sfida che oggi la nuova sinistra non può permettersi di non affrontare.

Queste lotte sono le nostre lotte, le nostre vite, le nostre storie, la nostra generazione. Quella generazione che oggi sceglie di portare le proprie lotte, le proprie vite,  le proprie storie, individuali e collettive, dentro il progetto ampio e ambizioso di una Sinistra nuova, finalmente plurale e unitaria al tempo stesso...

E per noi giovani che crediamo che l’impegno politico e civile, citando Enrico Berlinguer, possa riempire degnamente una vita, questa nuova sinistra plurale e unitaria non può vivere senza passione e partecipazione di massa, senza il calore e l’anima dei sogni e delle speranze di chi queste lotte le intraprende giorno dopo giorno, senza la consapevolezza che esso serve, anche quando diventa sacrificio, a costruire una società diversa e migliore da quella in cui viviamo, più giusta e inclusiva, più aperta e democratica.
È questo l’impegno che oggi la mia generazione vuole iniziare a condividere con voi. E non può che farlo a Sinistra.

Sd Brescia

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« Risposta #65 inserito:: Dicembre 17, 2007, 03:36:20 pm »

Dopo l'assemblea dell'8 e 9 dicembre non bisogna fermarsi, anzi occorre accellerare il passo (17 dicembre 2007)

Ora dobbamo incontrare la sinistra che c'è, quella fuori dai partiti

di Stelvio Antonini*


Ora tocca a noi che viviamo sul territorio. La scintilla dell'unità della sinistra è scoppiata a Roma l'8 e il 9 dicembre con la grande assemblea nazionale. Non è poco,  non era scontato che oltre 5 mila persone il primo giorno  e 10.000 la domenica arrivassero lì da tutta Italia.

C'erano i dirigenti nazionali e quelli di tutti i livelli che operano nelle città, nelle provincie e nelle regioni; c'erano soprattutto tanti giovani e ragazze e tanti “sconosciuti” che testimoniavano la grande domanda di unità che sale  dal popolo della sinistra più diffusa. C'erano tanti militanti di movimenti (a partire da quelli che lottano contro l'allargamento della base americana di Vicenza),  associazioni, circoli, organizzazioni delle donne, che si sentono di sinistra e che non credono nel PD. Tutti impegnati  in discussioni appassionate nei nove  forum  per riflettere sui grandi temi che segnano il nostro tempo: le guerre, i cambiamenti climatici, la globalizzazione che produce nuovi squilibri tra ricchi e poveri, i nuovi diritti di cittadinanza, il precariato selvaggio che caratterizza le condizioni del lavoro, soprattutto giovanile in Italia, ecc. Questioni planetarie sulle  quali si è confermata una grande visione comune, che rende ancora più paradossale la  frammentazione così forte della sinistra italiana.

Dopo quasi 20 anni, ormai, la sinistra per la prima volta imbocca la strada dell'unità. L'assemblea di Roma assume perciò un forte significato politico e consegna al territorio la responsabilità di camminare svelti, più svelti possibile lungo il percorso che si è aperto.
Passi indietro non sono ammessi,  i cittadini della sinistra non potrebbero passarci sopra  e, naturalmente, i gruppi dirigenti sarebbero giustamente travolti. 

Non possiamo  aspettare che il processo unitario  ci venga distillato dagli imput che possono arrivare dall'”alto”.

La sinistra ha bisogno di una nuova forza politica unitaria – come ha detto in modo accorato Pietro Ingrao a Roma-  che possa dare rappresentanza ai milioni di lavoratori, prima di tutto e che sia capace di pesare adeguatamente sulle politiche governative dei prossimi anni. E' urgente  far emergere le condizioni sociali, di lavoro, di cultura, morali, dei lavoratori per uno sviluppo equo della società. E' assurdo che all'interno di un governo di centro sinistra si debba combattere per cancellare la piaga del precariato o per far rispettare i tempi dei rinnovi contrattuali a milioni di donne e uomini che vivono con salari da fame o, ancora, per rispettare leggi antirazziali vigenti in tutta Europa. La sinistra deve contare di più.; deve assumere  le caratteristiche di una grande forza che sia in grado di governare con pari dignità nei confronti del PD. Le discussioni di questi giorni sulla riforma della legge elettorale mette, invece, in evidenza la voglia di autosufficienza dei partiti più grossi.
I tempi sono cambiati.  Nei decenni precedenti al 1990 il PCI poteva condizionare i governi nazionali e locali anche dall'opposizione. Oggi non è possibile dare risposte concrete alle popolazioni senza esercitare una funzione di governo, come abbiamo potuto sperimentare in questi anni anche nei governi locali o delle Regioni.

Ora, dunque, dobbiamo vedere qui, nelle Marche, le prossime tappe del percorso unitario delle forze che hanno dato vita alla “Sinistra, l'Arcobaleno”.
In questi giorni discutendo insieme il Bilancio della Regione abbiamo potuto constatare  orientamenti unitari anche  sulle esigenze di una nuova impostazione delle politiche regionali. C'è da riformare anche tecnicamente la struttura del bilancio. La regione non deve continuare a praticare forti spazi di gestione. Occorre, ad esempio, cancellare quella miriade di contributi ad Enti, organizzazioni, sagre e feste, oratori, associazioni. La Regione deve programmare e legiferare e valorizzare il ruolo dei comuni e delle provincie. Se si vuole introdurre una tassa sulla benzina, ad esempio, si dovrebbe al tempo stesso avviare una politica dei trasporti e delle infrastrutture radicalmente diversa.  Più ferrovie e autostrade del mare e meno devastazione del territori per strade, a volte non necessarie.  Più mezzi pubblici, meno auto private e pedonalizzazione dei centri storici per ridurre emissioni inquinanti nell'aria, come è stato stabilito a Bali nei giorni scorsi. Semplificare l'Amministrazione pubblica cancellando Enti, commissioni, livelli istituzionali che si sovrappongono, nati in altre epoche e che oggi costituiscono sprechi non più sopportabili. Siamo d'accordo su tutto ciò e su tanto altro. E allora avanti.

Prima tappa; costituiamo il gruppo consiliare della Sinistra, l'Arcobaleno in  consiglio regionale ( anche nelle provincie e nei comuni) con portavoce unico; seconda tappa:  le elezioni amministrative di primavera. A Porto S. Giorgio, Porto. S. Elpidio e Falconara  (comuni sopra i 15.000 abitanti) dobbiamo  lavorare per costruire liste uniche, con quel simbolo reso noto all'assemblea di Roma.  Si sono già  costituiti  coordinamenti  delle forze politiche in diversi comuni e in qualche  provincia, possiamo allora pensare all'apertura   di sedi unitarie.

Ora è necessario incontrare la sinistra organizzata fuori dalle forze politiche per mettere in calendario insieme una grande consultazione popolare sulla carta d'intenti approvata a Roma il  nove dicembre. Le forze politiche non devono commettere l'errore, come il PD, di considerarsi  “autosuficienti”, il vasto popolo della sinistra è soprattuto fuori: Dobbiamo trovarlo e renderlo protagonista.
Tutto ciò è fondamentale anche per abituarci a stare insieme, a confrontarci, a fare sintesi e a lasciare via via alle nostre spalle – come ha detto Oliviero Diliberto – le tensioni, le identità ,  le “orgogliose” differenze del passato.

*Coordinatore regionale Sd delle Marche

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« Risposta #66 inserito:: Dicembre 20, 2007, 10:01:51 pm »

Il Pd a Roma non è autosufficiente.

Quel che è peggio, non è autonomo
Unioni civili: la libertà e i diritti civili sacrificati su quale altare?

di Massimo Cervellini*, Roberto Giulioli**
(19 dicembre 2007)


43 voti contro 12 a favore: con questo voto il Consiglio Comunale di Roma ha respinto le delibere, una di iniziativa consigliare e una popolare che ha raccolto le firme di oltre 10.000 romani, per la istituzione del Registro delle Unioni di fatto.
Una maggioranza anomala,dal PD ad AN passando per Forza Italia. Una maggioranza prona ai poteri forti di questa città, quelli vaticani, che nei giorni precedenti avevano in maniera netta detto no anche a un ordine del giorno del PD.
In questi mesi, in queste settimane Sinistra Democratica è stata protagonista di un continuo tentativo di mediazione tra le varie anime del centro sinistra romano per trovare una soluzione.
Abbiamo lavorato a emendamenti che accogliessero le soluzioni proposte dal Vice Sindaco Garavaglia, abbiamo proposto ordini del giorno che segnalassero al Parlamento la volontà della città di Roma di ottenere una legge sulle unioni di fatto, abbiamo smussato, tolto le virgole le frasi più indigeste a questo e a quello.
Nulla da fare.
Tutto si è andato ad infrangere sul muro veltroniano degli impegni assunti dal Sindaco, nonché Segretario Nazionale del PD, con Bertone e Ruini.
Roma non è una Città qualunque.
E non perché sia la città di Benedetto XVI° come ha detto la Senatrice Binetti. Roma è la Capitale D’Italia, stato libero e laico. Il punto è tutto qui: il Partito Democratico non vuole a Roma il registro delle unioni civili e non vuole che il nostro Paese si doti di una legge europea, che garantisca giusti diritti a donne e uomini, coppie e figli di queste coppie. L’ordine impartito dal Vaticano al Sindaco – Leader non ammetteva margini di autonomia, tanto meno ragionamenti nel merito, seppure scevri da venature ideologiche.
Roma, infatti, ha un Sindaco eletto da oltre il 65% dei romani, che ha fatto dell’inclusione sociale e civile uno dei suoi simboli per l’azione di governo.
In verità, è da tempo che assistiamo ad una involuzione nella cultura politica del Sindaco.
Il modello Roma è ormai piegato verso una remissività concreta e fattiva con i vari imprenditori romani (Caltagirone, Todi, etc etc) e una totale passività di fronte alle gerarchie d’oltretevere: il PD romano,sottomesso a Bettini e Veltroni, è democristianizzato in tutti i sensi.
Nella sua cultura politica, questo emblema è rappresentato dalla elezione a Segretario Romano dell’ex popolare Riccardo Milana, e dalla offensiva che tutti gli ex margherita ( con in testa l’Assessore D’Ubaldo e il Consigliere Piva) sui temi etici e valoriali.
Di più: Veltroni, nella sua ossessione di vincere a mani basse, ha caricato nella sua carovana tanti ex di forza Italia, ex democristiani, liste moderate e ultra moderate a tal punto che il Consiglio Comunale di Roma vede oggi una maggioranza di centro sinistra spesso aggirata da una maggioranza trasversale, moderata e clericale, che determina, blocca, modifica a suo piacimento provvedimenti importanti per la città.
E’ il crepuscolo del modello Roma, si incrina il rapporto tra Veltroni e una parte della città quella laica e di sinistra.
Penso che quando si arriva a rifiutare anche i contenuti del proprio programma, si sia di fronte ad una modificazione oggettiva della propria collocazione politica.
Ora la Sinistra romana deve riflettere: rivalutare e rimodellare il proprio impegno e la propria collocazione nel quadro della maggioranza capitolina, valutandone nelle scelte concrete la sua esistenza.
Dall’altra non eludere il senso di questa dura- nei numeri – sconfitta.
Ripartire dai conflitti sociali, dalle disuguaglianze civili,ricostruire il tessuto connettivo di un rapporto profondo con la città e con i romani e muovere da qui per una nuova stagione politica.
Che non potrà non essere all’insegna della sua unità, pena la sua scomparsa, o la sua residualità.
In questi mesi a Roma abbiamo costruito, sulle cose concrete, in Campidoglio come nella città, una unità d’azione leale e trasparente che ora non deve essere dispersa ma anzi proposta nella sintesi di una lista unitaria della Sinistra e dell’Arcobaleno alla Provincia di Roma.

                                                                           
* Coordinatore Sd Roma
**Capogruppo Sd Comune di Roma                                 

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« Risposta #67 inserito:: Dicembre 20, 2007, 10:09:47 pm »

Sono Mussi e faccio la prima mossa

di Stefania Rossini


Si dice felice della scelta di sinistra. Critica il percorso del Pd.

Rivendica il suo primato nell'affrontare temi trascurati dalla politica.

E afferma di avere rivoluzionato il ministero. Parla il leader della Cosa rossa


Fabio Mussi è uomo capace di giocarsi un amico per una battuta e un partito per un'idea. Poi magari li recupera entrambi, o se ne fa di nuovi. Di amici e di partiti. È andata così con D'Alema, che venne sostituito da Veltroni dopo una vita da 'fratelli gemelli', va così con quel Partito democratico che non è riuscito a considerare a sua misura. "Più guardo il Pd e più sono contento di stare qui", dice oggi che capeggia, un po' in condominio per la verità, la neonata federazione di sinistra. Se c'è un piacere nel fare politica, se quel piacere è socialità, intelletto e sfida, Mussi li incarna e li trasmette più di tutti gli altri.

Tanto che, pure nell'occasione di un'intervista sentimentale, non rinuncia a irretire l'interlocutore con linguaggio erudito e vezzi toscani per convincerlo che è lì, nel suo percorso di vita e di battaglie politiche, la strada giusta e la verità della sinistra. Specie adesso che si trova a ricominciare da capo.

Allora, Mussi, è soddisfatto di questa nuova Cosa rossa?
"Stabiliamo la par condicio. Accetto di chiamarla Cosa rossa se il Partito democratico viene chiamato Cosa grigia. Il nome vero è La sinistra-l'arcobaleno".

Certo che se nel Pd hanno fatto un matrimonio, voi avete messo su una comune. Lì ci sono già conflitti di coppia. Qui che convivenza sarà?
"Mi auguro buona. Noi ci definiamo un 'soggetto unitario plurale federativo'".

Appunto.
"Conosco comuni, come quella berlinese di Rudy Dutschke, che produssero idee niente male".

Ma finirono presto. La vostra quanto durerà?
"Si vedrà. Saremo un riferimento per chi non vuole abdicare alla propria identità, ma una forza a sinistra del Pd sarà utile a tutto il sistema politico italiano".

Non si sente un po' solo? Eravate un gruppetto: lei, Fassino, D'Alema, Veltroni...
"Ricorda Camus? Il riferimento mitico del socialismo era Prometeo, l'uomo che ruba il fuoco agli dei. No, dice Camus, è più adatto Sisifo, costretto a riportare sempre la pietra in cima alla montagna".

Sisifo naturalmente è lei.
"Soltanto perché è di nuovo rotolata a valle la pietra che avevamo trascinato in cima alla montagna con la svolta del 1989".

Chi l'ha buttata giù?
"Un po' tutti. Ora il gioco è a chi mette la bandierina sulla montagnola come si faceva da ragazzi: faccio tutto io, ho la vocazione maggioritaria, eccetera. Ma allora come ora, si tratta di collinette di sabbia".

Sembrava che il leader naturale di questa sinistra arcobaleno fosse lei. Poi è arrivato Vendola. È un destino. Come con D'Alema, c'è sempre un candidato più candidato di lei.
"Guardi che questa frenesia di dirigere io non ce l'ho. È più interessante influire sugli eventi senza il bastone del comando".

Si sente anche un Richelieu?
"No, perché lui agiva nell'ombra. Io rompo gli schemi apertamente. Nel partito sono stato il primo a porre questioni nuove: il nucleare, l'ambiente, la caccia...".

Finirete anche voi per fare le primarie?
"Non credo che sia una politica buona quella che vive rivolgendosi di tanto in tanto al popolo. Se oggi tutto marcia su televisione e plebiscito, grazie, io scendo".

Lei ha altre proposte?
"C'è una frase strepitosa di Oscar Wilde: 'Sarebbe bello fare il socialismo, ma porta via così tante serate!'. Io ho passato quasi tutte le serate della mia vita nelle sezioni, nei cinema, nei teatri, nelle piazze".

Le rimpiange così tanto?
"Non ho mica smesso. Ma quelle discussioni interminabili sono state la parte migliore della politica, quella che ha influito di più sull'Italia moderna".

Ma di che cosa si parla oggi? Con le grandi speranze non sono scomparsi anche i grandi temi?
"Tempo fa mi è arrivata una lettera di un operaio di Piombino che diceva: 'Non vi seguo più, ormai vi occupate soltanto di carcerati, di finocchi e di negri'".

Un po' è vero. Che cosa gli ha risposto?
"Quello che rispondo a lei. C'è una sostituzione di valori che deriva da un'assenza. Gli operai sono spariti, cancellati. Eppure sono sette milioni. Un pezzo di società che tu non vedi più. Così finisce che anche loro non ti vedono più".

Sta rimpiangendo l'operaismo?
"Per carità! Quella era roba per gente che guardava la classe operaia come gli antropologi guardano le tribù amazzoniche. Io voglio ridare centralità al lavoro, continuando a difendere i negri e gli zingari".

Fabio Mussi e Walter VeltroniDimentica gli omosessuali.
"Figuriamoci. Tra i comunisti sono stato il primo a occuparmi dei loro diritti. Nel 1988 andai a un convegno dell'Arcigay organizzato da un giovanissimo Grillini...".

Insomma, è stato il primo in tutto?
"Io leggo, mi informo, sono curioso. E precedo gli altri. Nelle cose migliori che ho fatto sono sempre stato guardato come un tipo bizzarro. Ma questo mi ha aiutato, perché un tempo venivano cooptati i giovani migliori, che coincidevano con quelli che rompevano le scatole. Ora bisogna essere dei cortigiani e si aprono carriere solo ai conformisti".

Questa società non le piace proprio, eh?
"C'è un'evaporazione culturale e morale impressionante. E tutto un mondo di seconda mano: un po' di tecnologia, un po' di apologia di mercato, un po' di magia, un po' di pregiudizio, un po' di religioni. È un bricolage. Lo diceva già Adorno, uno dei miei autori. Sa che ho fatto la tesi su di lui?".

Lo dice spesso. Non tiene nascosti i suoi successi scolastici.
"Tutti nove e dieci al liceo, terza pagella d'Italia alla maturità. Non ho mai capito chi fossero gli altri due. Poi concorso alla Normale: sesto posto nel 1967".

E qui si sa il nome di chi l'ha preceduta...
"Già, D'Alema. Comunque in quelle scuole per figli di professionisti, per me farcela è sempre stato un punto d'onore. La mia era una famiglia di operai convinti di essere un'aristocrazia, portatrice di un principio morale".

Anche la povertà era un valore?
"No, ma eravamo poverissimi. Mio padre divenne improvvisamente cieco e vivemmo per anni con il sussidio di disoccupazione. Per intenderci, si progettava di comprare un paio di scarpe due anni prima".

Quindi fu uno sgobbone per riscattarsi?
"Neanche per sogno. Io apprendo facilmente. Al liceo facevo pallavolo, calcio, mezzofondo, atletica, vela, e studiavo la mattina all'alba. Poi all'università, tra amori e politica, non ho più dormito".

È lì che ha conosciuto sua moglie?
"No, mi misero quella bellezza seduta accanto in quarto ginnasio. Stiamo insieme da quarant'anni ed è ancora una bellezza".

Lei è capace di non temere il tempo che passa?
"Sì perché ho un eccellente rapporto con la morte. Salvo in sogno, per la verità".

Che succede in sogno?
"Catastrofici incidenti aerei, ma molto spettacolari, da film americano. Qualche volta ci rimango secco, altre volte no. Ma sospetto di farli per gustarmi lo spettacolo".

Ha due figlie che lavorano all'università. Non teme un conflitto di interessi?
"Io sono stato cooptato. Loro c'erano già. Erano precarie e precarie sono rimaste. Ma nel frattempo mi hanno dato due stupende nipotine".

Invece lei che ha fatto in questo anno e mezzo da ministro?
"Una rivoluzione. Ho fermato la proliferazione delle sedi, ho bloccato i concorsi per ordinari e ho aperto quelli per ricercatori. Ho mandato in pensione i vecchi professori all'età giusta e dal prossimo anno farò partire l'Agenzia di valutazione. Risultati buoni, premiati. Risultati cattivi, puniti".

Posso chiederle perché tiene da sempre quei baffi e quei capelli che la fanno somigliare un po' a Hitler, un po' a Günter Grass?
"La fisiognomica è una scienza medioevale. Ma lei almeno è benevola, Berlusconi sostiene che sembro un salumiere".

Glielo ha detto in faccia?
"No, ha fatto circolare la voce. L'unica volta che l'ho visto in privato era il 1996 ed era occupato a compiacermi".

Racconti tutto.
"Lo faccio per la prima volta e solo perché si è riaperta la compravendita. Dunque Berlusconi, che considero importante nel senso che basta guardare lui per sapere come non deve essere l'Italia, mi invita a cena. I suoi consiglieri sono tutti lì a dire quanto sono bravo colto e intelligente. A un certo punto lui mi sussurra: 'Ah, con le sue qualità, se lei solo volesse..'".

Che cosa gli ha risposto?
"Così: 'Lei pensa che tutti abbiano un prezzo e invece sarà fregato da quelli che non ce l'hanno'".

E sicuro che andrà a finire così?
"Ci conto".

(19 dicembre 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #68 inserito:: Dicembre 27, 2007, 10:05:34 pm »

Se la sinistra attacca Veltroni

Vincenzo Vita


C’è da riflettere seriamente sulle ultime vicende che hanno diviso il consiglio comunale di Roma, dalle unioni civili al tema dei viaggi di studio per conoscere la tragica storia delle foibe.

Argomenti ovviamente tanto diversi. Tuttavia una lezione da trarne esiste. E riguarda un punto delicato della politica italiana: se ogni occasione è buona per mettere in difficoltà il processo costituente del partito democratico (e il sindaco di Roma, che del Pd è il segretario). Attenzione. Questo non significa eludere le critiche o sorvolare sui limiti del partito in fieri. Ma qui non c’entra. Sembra davvero che vi sia un pre-concetto: quanto più è in difficoltà il Pd tanto più aumenta la presa della Sinistra-Arcobaleno. Non è così. Anzi.

Le due costituenti (e non sembri un paradosso) vanno di pari passo. È un insieme interconnesso. E il dialogo deve continuare, riconoscendo le differenze, ma ben sapendo che il confronto positivo tra le due aree è la condizione per rinsaldare la maggioranza in grado di governare il paese. Ecco perché non si comprende la strategia politica sottesa alla dialettica che ha avuto il suo epifenomeno in Campidoglio. Forse che sulle unioni civili - obiettivo laicamente sacrosanto - si è fatto un passo avanti? O si è lasciata una traccia positiva su una pubblica opinione già sconcertata e amareggiata, riaprendo persino la discussione ormai da tempo definita sulle foibe?

Tra l’altro, la “sinistra critica” ha sempre avuto un atteggiamento molto netto nei riguardi delle storture dei cosiddetti stati “post-rivoluzionari”. Ma andiamo. Dove sta qui l’essere o meno di sinistra? Dobbiamo tutti stare attenti. Ogni prospettiva (non l’una o l’altra) rischia di logorarsi e di svanire se non si riconsegna alla politica autorevolezza e credibilità. Con l’evidente pericolo di dare argomenti ad una destra divisa e in chiara difficoltà. O di far costruire “a tavolino” una posizione nello stesso variegato universo del Pd di integrismo cattolico sugli argomenti della “biopolitica”, a cominciare proprio dalle unioni civili. O, in generale, sull’irrinunciabile carattere laico della sfera pubblica. Il caso di Roma è emblematico. Il doveroso (e convinto) rispetto delle posizioni non può significare indulgenza verso tentazioni distruttive. Si tratta, piuttosto, di cercare sugli argomenti di maggiore delicatezza sedi di dialogo e di intreccio tra storie e sensibilità diverse. Nella stagione post-ideologica valori di riferimento e pratiche o comportamenti concreti si coniugano e si fondono, fino a divenire la stessa cosa. La vecchia impostazione, tipica di un modello di politica che ha concluso il suo corso, fatta di proclami altisonanti e di “routine identitaria” non ha senso. E porta acqua alla decostruzione del discorso politico. Serve un salto di qualità, per evitare di sprecare la straordinaria occasione offerta dalle mobilitazioni recenti (le primarie del Pd, la manifestazione dello scorso 20 ottobre). Per tornare al punto di partenza - Roma - c’è da sottolineare che il “modello” della Capitale è un riferimento di grande rilievo e ha dato un contributo significativo alla riscossa prima, alla vittoria successivamente del centrosinistra. Indebolire simile riferimento è un esemplare esercizio di masochismo, da lasciare augurabilmente a qualche simpatica caricatura televisiva. Tanto più che si approssima la scadenza elettorale della Provincia di Roma, passaggio cruciale ieri e ugualmente domani per la politica italiana. È il caso, quindi, che qualche brutta pagina sia chiusa, per il bene di tutti e anche della sinistra plurale.

Pubblicato il: 27.12.07
Modificato il: 27.12.07 alle ore 8.19   
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« Risposta #69 inserito:: Dicembre 28, 2007, 04:37:41 pm »

"Rispettare il mandato elettorale ricevuto".

E' la risposta del sottosegretario all'economia alle dichiarazioni di Lamberto Dini

La sinistra rilanci l’Unione e il Governo qualificandone l’azione

di Alfiero Grandi*


Nell’affermare che il Governo non avrebbe più i numeri al Senato, Dini, forse, trascura che è stato eletto, proprio al Senato, per sostenere  Prodi e il governo di centro sinistra e, per di più, sulla base del programma concordato dall’Unione. In altre parole, non sostenere il Governo, anche se criticamente, sarebbe un venir meno al mandato e un cambio di fronte che andrebbe contro il mandato ricevuto dagli elettori. Un conto è criticare, votare per proprio conto su aspetti anche importanti, un altro discorso è cambiare fronte, cosa del tutto inaccettabile che dovrebbe portare, come minimo, a rinunciare al mandato parlamentare.

Se si guarda oltre il problema dei comportamenti, che pure è rilevante, occorre dire che la proposta di sostituire al governo Prodi un altro governo non di centro sinistra, chiamato a secondo dei casi istituzionale, di larghe intese o altro ancora, ha come unico risultato rimettere in gioco Berlusconi, e per di più senza avere risolto nè il conflitto di interessi, nè la questione televisiva, quest’ultima apparsa nella sua gravità adesso che è emersa la trama di rapporti che hanno  condizionato e, forse tuttora, condizionano la Rai.

Rimettere in gioco Berlusconi in questa situazione è assolutamente irresponsabile e sicuramente contro il mandato elettorale indicato dal popolo di centro sinistra con il voto. Inoltre, come non vedere che l'agguato al Governo viene portato proprio ora, quando la parte più difficile del lavoro di risanamento è alle spalle ed è iniziata, anche se ancora in modo appena delineato, una fase nuova?

La finanziaria 2008 contiene novità rilevanti sia nella direzione dei redditi delle famiglie sia verso le imprese. Sono soltanto i primi passi che, però, indicano una svolta, che deve diventare sempre più netta e forte e che sarà caratterizzata, anzitutto, dall'alleggerire il peso fiscale sui redditi da lavoro dipendente, già dal prossimo anno, attraverso  l’impegno a utilizzare il prevedibile extragettito fiscale del 2008, in questa direzione. Naturalmente il potere d'acquisto dei salari che, soprattutto, per i livelli più bassi, è diminuito nel tempo, si rivaluta, anzitutto, attraverso il rinnovo dei contratti di lavoro, rafforzando la contrattazione aziendale e, anche, con il contributo dell'alleggerimento della pressione fiscale.
Ora, è del tutto chiaro che impegni come questo verso i lavoratori dipendenti, pur con tutte le difficoltà prevedibili, solo questo governo è in grado di mantenerli, mentre un cambio di quadro politico porterebbe a scenari completamente diversi e certamente meno favorevoli, oltre che più incerti, per i lavoratori.

La stabilità politica è, dunque, decisiva per poter, tutti insieme, controllare una graduale ridistribuzione del reddito a favore dei lavoratori e delle aree sociali più deboli, e puntare su una concentrazione di impegni finanziari in materia di qualità de lavoro, degli investimenti e quindi dello sviluppo, partendo da un impegno sempre più forte nella scuola, nell’università, e nella ricerca.

Quindi, la stabilità politica è un bene prezioso, mentre altre prospettive, per forza di cose, porterebbero a rimettere in gioco Berlusconi e il centro destra, che è esattamente il contrario del mandato elettorale ricevuto dal centro sinistra, e, inoltre, rimetterebbero in discussione i risultati, faticosamente ottenuti, che consentono di guardare con fiducia al futuro.

La sinistra deve quindi  scegliere con nettezza di lavorare per la tenuta e la qualificazione del quadro politico di centro sinistra, che è esattamente il contrario dell’imbarcarsi in altre avventure politiche che non hanno certo l’obiettivo di rispondere alle esigenze dei lavoratori e delle fasce sociali più deboli. Le posizioni di Dini confermano che la sinistra deve più che mai sviluppare una iniziativa politica per rilanciare l’Unione e il Governo, e per qualificarne l’azione. Certo ci sono anche ragioni di insoddisfazione, ma contribuire a fare saltare il “banco” sarebbe un grave errore, perché il tentativo di affossare il Governo ha di mira proprio l’emarginalizzazione dei sindacati, la conferma di una subalternità più che mai classista per i lavoratori. Aiutare chi vuole far saltare tutto sarebbe un errore imperdonabile. Un conto è agire, anche criticamente per migliorare, correggere l’azione del Governo, altro è lavorare per la sua caduta. Se il centro sinistra confermerà, in misura larga, la  volontà di procedere in questa direzione, chi vuole interrompere questa esperienza dovrà assumersi, fino in fondo, le sue responsabilità di fronte al Paese e forse a quel punto si renderà conto di avere lavorato, si spera inutilmente, per il re di Prussia


da sinistra.democratica.it
(27 dicebre 2007)
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« Risposta #70 inserito:: Gennaio 03, 2008, 05:29:56 pm »

Prosegue l'impegno di Sd per la politica pulita in Calabria (2 gennaio 2008)

Il progressivo degrado politico-sociale a Crotone allarma anche la chiesa

di Rita Anania*


A voler considerare il punto di vista  dell’antropologia culturale c’è solo da dire “si salvi chi può!”, dal momento che  il 2008 sarà un anno bisestile, notoriamente foriero di eventi non particolarmente felici. Fuori dalle metafore, l’anno che verrà si prospetta autonomamente portatore di vecchi problemi irrisolti e l’aggravante di conseguenziali nuovi e, si prevede, più gravi.
Quando in uno Stato laico, in cui, come già auspicava il buon Padre Dante nel “De Monarchia”, Stato e Chiesa svolgono ruoli autonomi, e quest’ultima esce allo scoperto denunciando problemi esistenziali di enorme gravità, allora c’è di che allarmarsi. Se lo Stato e le istituzioni che lo rappresentano, a livello centrale e periferico, deve fare i conti con le ferme reprimenda dei rappresentanti dell’Ecclesia, sembra giunto il momento di una decisa inversione di rotta. Siamo arrivati al punto che l’Europa, e non solo, scoperchia “il Vaso di Pandora” ricordandoci che viviamo in “un’Italietta” preda di pericolosi personalismi e non  abbastanza “coraggiosa”. La nostra gloriosa Italia sta avvicinandosi al novero dei paesi in declino e non oso pensare alle conseguenze.
Il nostro Governo centrale sembra  più occupato a salvaguardare la propria sopravvivenza, a scapito della risoluzione dei reali, impellenti problemi che ci accartocciano. 
Serve più “coraggio”, serve liberarsi dalle pastoie dei ricatti più o meno palesi dei “defensor della vis politica”, perché se non si adottano seri ed efficaci provvedimenti, la deriva è dietro l’angolo.
 La politica del sociale e dell’equanimità deve assolutamente essere centrale e la politica stessa deve assolutamente liberarsi di lobby, caste e quant’altro condiziona (o dirige!) la vita del paese.
Una vera democrazia moderna e globalizzata  deve guardare al bene e all’interesse di tutti, specie degli ultimi e non salvaguardare connivenze compromettenti.
Verrebbe da dire “se Sparta piange, Atene non ride”, nel senso che, mentre il Governo centrale “decide di non decidere” sui grandi temi sociali, nelle o in alcune realtà provinciali o regionali la situazione è anche peggiore. Nella nostra provincia crotonese, gli eterni problemi irrisolti sembrano ingigantirsi per la colpevole inefficienza di una classe (!) politica che, a dire del Vescovo di Crotone, non solo è assente, ma addirittura sembra ridotta ad una triarchia o tetrarchia “che tiene in scacco la città”, e che oltretutto “sono figure non  degne di rappresentarci”. Sono parole forti, tanto più preoccupanti, quanto più provengono da una figura schiva e priva di albagie: se è uscito allo scoperto in un incontro ufficiale con la stampa, è segno che la misura è colma. Non si tratta più di mafiosità o clientelismo ma di una necessità di inversione di rotta, di considerare attentamente i reali, pressanti problemi sociali da sempre oggetto della sinistra, spesso liquidata troppo “estrema”, per non dover ammettere  che mette il dito nella piaga ed attenziona  problemi che rischiano di sfuggire  ad ogni controllo.
 Senza voler essere blasfema o fare del facile populismo, sembra sintomatico che le denunce dell’autorevole voce  della chiesa e della Sinistra Democratica, seppure con le dovute differenze, vadano nella medesime direzione e si pongano un obiettivo comune minimo: equità sociale, rispetto delle differenze, ricerca  del bene comune, ripristino delle regole di convivenza civile, attraverso una classe politica libera, autonoma da qualsivoglia condizionamento e personalismo.
Se riusciremo a sincronizzare obiettivi e metodi, “il sole 24 ore” e gli altri organi autorevoli preposti a classificare la qualità  della vita della città, sicuramente saranno “ costretti” ad attribuirci un posto in graduatoria decisamente onorevole, come del resto la nostra storia e la nostra cultura richiedono.

                                                                                                                   
*del Comitato Promotore Nazionale
                         

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« Risposta #71 inserito:: Gennaio 08, 2008, 06:31:32 pm »

Lettera aperta ai quattro segretari pubblicata da Il Manifesto l'8 gennaio 2008

Unire la Sinistra e fare presto

di Francesco Indovina


Cari compagni e caro amico,

gli “stati generali” di dicembre avevano fatto sperare, almeno per le parole pronunziate da alcuni di voi in quella stessa riunione, in un processo di unificazione rapido e fortemente voluto. Ad una sorta di stato di necessità è sembrato sostituirsi la consapevolezza che il passato di divisioni stava alle spalle e che era possibile costituire un soggetto politico nuovo e unitario.

Un soggetto politico che garantisse voce al lavoro, in tutte le sue articolazioni, e ne difendesse e migliorasse le condizioni; che si ponesse l’obiettivo non tanto di conservare lo “stato sociale” ma di costruirlo, il compianto Federico Caffè questo ci ricordava costantemente, tenuto conto delle nuove esigenze e dei mutamenti intervenuti nella società e nella struttura demografica (non minor stato sociale, ma migliore e più adeguato); che si facesse portatrice della ricostruzione della legalità in tutto il paese; che sapesse individuare una politica industriale in grado di garantire crescita, ammodernamento e rispetto per l’ambiente; che sapesse ampliare i diritti di cittadinanza compresi quelli all’informazione e alla partecipazione; che impegnasse il governo ad una politica estera di pace.

Gli stati generali ormai sono dell’anno scorso, ma il nuovo anno non ci porta niente di buono. Mi si potrebbe dire che la “gatta frettolosa fa i gattini ciechi”  ma un parto troppo prolungato può uccidere  madre e neonato e … fa stancare e addormentare i parenti e amici.

Era sembrato che l’invito a “far presto” che insistentemente Pietro Ingrao ci ha fatto, anzi vi ha fatto, non sia stato colto per il suo contenuto politico, ma attribuito all’esigenza di chi ha poco tempo.

Non deve essere difficile, almeno per tre delle quattro formazioni, mettersi insieme; sono unite da una tradizione che sebbene vissuta e ripensata  in modo diverso, ha radici profonde e sicure.  Si capisce che per i Verdi la questione è più complicata, ma se non hanno consapevolezza che solo nel nuovo soggetto politico le loro esigenze possono trovare un collocazione vitale, non è possibile … morire (politicamente) con e per loro.   

Fra pochi giorni ci sarà la verifica (che si spera non sia infausta), ma il “nuovo” soggetto politico parlerà … a quattro voci. Così come per la riforma elettorale, dove chi difende i piccoli partiti non lo fa per affermare un principio democratico ma per un riflesso soggettivo, il che non depone a favore dell’unificazione dato che La sinistra l’arcobaleno non sarà, se sarà, un piccolo partito. 

Non solo non c’è tempo, ma il tempo lavora contro. La nuova formazione ha bisogno di  entusiasmo, di mobilitazione, di attenzione, non di sfilacciamento, di temporeggiamento, questo lavora contro nella società e dentro di ciascuno.  Di questo non vi occupate, ma cosa credete che i compagni aspettano. La sola idea di costruzione di una sinistra unita aveva acceso gli entusiasmi e aveva richiamato all’impegno molti. Ma il tempo passa e gli entusiasmi si affievoliscono e l’impegno non si sa dove … collocarlo.

Tutti sappiamo che è complicato e difficile, che unirsi è molto più oneroso che dividersi, ma presuntuosamente si può dire che la società italiana di questa unione ha bisogno e ne sente l’esigenza. Fuori dal teatrino politico dentro i problemi.

Non ho altro titolo per scrivervi se non quello dell’entusiasmo che l’idea di un nuovo soggetto politico di sinistra mi ha sollecitato. Non potete mortificare me e tantissimi come me, anche perché la mortificazione della mia carne ricadrà su di voi.

Non faccio circolare questa lettera, ma siate certi che potrei raccogliere centinai di firme sotto l’esigenza del far presto.

Auguri e saluti

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« Risposta #72 inserito:: Gennaio 08, 2008, 06:32:48 pm »

Con questo articolo cominciano una sorta di "diario" sulle primarie americane (8 gennaio 2008)

L’offerta politica di Barack Obama

di Aly Baba Faye*


Oggi ci sarà nello Stato di New Hampshire il secondo round della battaglia delle primarie per la conquista della Nomination per la candidatura dei democrats per l’elezione presidenziale americani. Nel frattempo i sondaggi prefigurano una conferma del vantaggio a due cifre a favore del nuovo front runner Barack Obama già vincitore caucus dell’Iowa di giovedì scorso. Ora è presto per fare delle valutazioni definitive su una campagna ancora lunga. Tuttavia ci sono alcuni segnali importanti e qualche da significativo è già emerso relativo al fenomeno Obama e alla sua dote politica. Da un lato una forte innovazione sul piano organizzativo e della comunicazione e dall’altra una linea politica nuova non tanto sul piano dei contenuti veicolati che in fondo si richiamano al tradizionale American Dream ma l’innovazione sta proprio nel fatto che egli insiste su questo aspetto come un patrimonio comune che prescinde dalle divisioni etniche e di classe andando anche oltre le vecchie divisioni partitiche che hanno creato l’ingorgo a Washington. Per quest’ultimo aspetto c’è persino qualche editorialista che avanza l’ipotesi di post-partitismo (over partisanship) che si tradurrebbe in una nuova coalizione di democratici, repubblicani e indipendenti. Il suo non è un nazionalismo spicciolo ma una nuova cittadinanza comunitaria dove le istanze collettive non soffocano la libertà individuale ma neanche quest’ultima deve minare le basi sociali della convivenza. Appunto una comunità di individui uguali in termini di diritti e opportunità e dove tutti abbiano la consapevolezza di essere nella stessa barca e ciascuno possa pensare di essere responsabile per l’altro. Obama è convinto che le sfide che l’America sta affrontando non possono essere giocate con logiche di parte ma con una mobilitazione straordinaria di tutta la comunità. Appunto e pluribus unum una comunità al di là di ogni singolarità. Quindi il suo è un richiamo all’unità nazionale cui sembrano voler rispondere molti cittadini democratici, repubblicani o indipendenti. Un messaggio che ha un forte appeal pieno di fascino per un popolo stufo dei giochetti della politica politicante. Questo sua idea spiega lo stile pacato e il rifiuto del cadere nella politica urlata e nel cinismo. Qualcuno ha scritto sulla leadership di Obama che egli è “un foglio bianco sul quale ciascuno scrive i propri desideri” un’affermazione che, al netto di ogni possibile considerazione negativa, può spiegare l’idea di una nuova politica. Una politica in cui la gente può contare e contribuire alle grandi sfide collettive. Se ci riuscirà o meno non è dato saperlo per ora ma quel che è certo fin da ora è che la politica è cambiata in America e con essa la società americana a partire da una nuova visione della cittadinanza. Una cittadinanza dell’uguaglianza e delle opportunità, una cittadinanza delle libertà per ciascuno e per tutti che faccia cadere le barriere sociali, razziali e religiose, e di genere ecc.  E’ questo approccio che spiega anche la sua visione del mondo e la sua idea di politica estera. Obama pensa ad un ruolo importante degli USA nel mondo, una leadership basata non sulla paura ma sul rispetto. Per questo prefigura un nuovo corso della diplomazia americana che non può basarsi esclusivamente sulla forza militare ma sul dialogo e sull’esempio. Vuole chiudere Guantanamo che definisce una vergogna, vuole il ritiro delle truppe americane dall’Irak e invita Washington ad avviare trattative con l’Iran per trovare soluzioni consensuali sul nucleare e contestualmente al rilancio di una politica di disarmo. Insomma Obama ha una visione su cui sono in molti a voler scommettere forse la formula che potrebbe sintetizzare meglio la sua offerta politica è il richiamo ad un umanesimo cosmopolita nell’era del globalismo. In questo lo ha aiutato molto la sua biografia.

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« Risposta #73 inserito:: Gennaio 20, 2008, 11:29:47 pm »


PAPA: GIORDANO, TRISTEZZA PER POLITICI IN CERCA DI LEGITTIMAZIONE

PERDITA DI IDENTITA' PROGETTUALE NON C'ENTRA CON I FATTI DE 'LA SAPIENZA'


Roma, 20 gen. (Adnkronos) - ''Suscita una certa tristezza vedere tutto l'establishment politico del centrodestra utilizzare l'Angelus del papa a fine di china polemica politica interna.

Cosi' come la perdita di autonomia complessiva di una classe politica che dimostra sempre piu' un deficit di identita' progettuale e che cerca sistematicamente una fonte di legittimazione esterna dalle gerarchie ecclesiastiche. La qual cosa non ha relazione alcuna con le note vicende della 'Sapienza'.

E' questo il segno di un decadimento di parte grande della politica, laica e cattolica, che non ha precedenti nella storia nazionale di questo Paese''.

Lo ha dichiarato il segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano.
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« Risposta #74 inserito:: Gennaio 21, 2008, 01:01:04 am »

20/1/2008 (7:58) - INTERVISTA A FRANCO GIORDANO

"La sfida non ci fa paura Ora più liberi dal governo"
 
«Siamo pronti a discutere sulla relazione depositata da Mastella. E' ora di affrontare la "grande questione morale"»

UGO MAGRI
ROMA


Ha sentito Veltroni, onorevole Giordano? Alle elezioni il Pd si presenterà con liste proprie. La sinistra dovrà nuotare da sola...
«Non sono per nulla intimorito. E nemmeno preoccupato. Anzi. Raccolgo volentieri questa sfida».

In pratica?
«Vorrà dire che il Pd spingerà noi di Rifondazione comunista a creare più rapidamente un soggetto unitario a sinistra. Dove trovino nuova rappresentanza sociale il mondo del lavoro, i giovani, i precari, i movimenti, le culture di cambiamento e di innovazione».

Da Veltroni, quindi, una mano alla Cosa Rossa...
«Non solo a quella. Penso che per noi sia pure uno stimolo a investire sulla progettualità politica e a disinvestire dal governo, dal Palazzo. Perché è nel Palazzo che troviamo la vera separatezza dalla società».

E se quella di Veltroni fosse una minaccia per mettere in riga i piccoli partiti?
«Io lo prendo molto sul serio. Considero la sua uscita un elemento di grande novità sullo scenario politico italiano. Ridefinisce la collocazione delle forze politiche, semplifica il sistema, mette sempre più l'accento sui compiti della politica. Sennonché, per arrivarci, abbiamo un'unica strada: la riforma elettorale».

Non il referendum?
«Assolutamente no. Il referendum alimenta risse, particolarismi, frammentazioni. Rialzerebbe la testa ai vecchi notabili».

Berlusconi però frena. La bozza Bianco gli sembra troppo proporzionale...
«Vorrei dire a Berlusconi che il voto unico, che lui chiede, dà un vantaggio ai partiti più grandi e rende la legge non esattamente proporzionale. La bozza Bianco ci sembra una buona base di partenza. Comunque vedremo, siamo pronti al confronto».

E' che vero che, se il referendum non verrà evitato, voi di Rifondazione farete la crisi?
«Abbiamo detto un'altra cosa: che quei geni i quali si sono inventati questo referendum pensando di semplificare il sistema politico, hanno finito per aumentare al massimo la precarietà del governo. Col risultato che ora è sospeso nel vuoto. Siamo alla vigilia di importanti votazioni, e tutto è legato alle vicende interne dei partiti, alla collocazione di singoli...».

Mastella avverte: o approvate il discorso contro i magistrati, o tutti a casa...
«Siamo pronti a discutere sulla relazione depositata dal ministro Mastella. Ma in alcun modo possiamo accettare una qualunque interferenza con le inchieste. Per noi l'autonomia della magistratura è sacra».

In concreto?
«Penso sia giusto parlare del lavoro concretamente svolto dal ministro. Il resto non c'entra. Semmai, è ora di affrontare quella che Berlinguer chiamava la grande questione morale».

Mercoledì si vota la sfiducia a Pecoraro Scanio. Prodi rischia?
«Se venisse sfiduciato Pecoraro, a parte il problema che si porrebbe immediatamente per il governo, verrebbe travolta una cultura ambientalista, delle regole, dei movimenti, che in questo paese è la più vitale. E riemergerebbero gli interessi dei poteri forti. Gli stessi che hanno impedito, per esempio a Napoli, di mettere mano alle politiche di riciclaggio dei rifiuti».

A proposito di rifiuti: metterete in crisi la giunta Bassolino?
«Andrò domani in Campania. Anche lì penso che dovremo superare rapidamente la frattura tra società e istituzioni. In prospettiva, con il voto. Nell'immediato, con segnali chiari di discontinuità».
 

da lastampa.it
 
 
 
 
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