L’INDAGINE PER LE ARMI FALSE SUL SET
Malindi. Il cineasta sardo e il collega romano raccontano i retroscena del rilascio
Trattative super riservate di Farnesina e ambasciata con le autorità kenyote
«Prosciolti grazie anche a Briatore e a Naomi»
Pier Giorgio Pinna
Il parlamentare Antonio Satta: «Finora non si è trovato un aereo per fare tornare a casa i nostri connazionali» SASSARI. È davvera finita. La storia da incubo del mago sardo degli effetti speciali e del suo collega bloccati da oltre un mese in Kenya si è conclusa ieri mattina. Alle 10 il tribunale di Malindi ha scagionato i cineasti dalle accuse per le armi false sul set di «African Game» accogliendo la richiesta di proscioglimento del Pg di Nairobi. «Non luogo a procedere» e caso chiuso, quindi.
Al cagliaritano Silvano Scasseddu e al romano Francesco Papa, 45 anni entrambi, sono stati già restituiti i passaporti. Con ogni probabilità arriveranno in Italia. «Siamo liberi anche grazie a Flavio Briatore, Naomi Campbell ed Emilio Fede che in queste settimane si sono battuti per noi attraverso le loro conoscenze in Kenya», hanno dichiarato i due prima di lasciare l’isola diretti verso la capitale della repubblica africana. «Ma vogliamo ringraziare in particolare il parlamentare gallurese Antonio Satta - hanno spiegato - È stato tra i pochi che ci hanno aiutato con convinzione». E proprio il vicesegretario nazionale vicario dell’Udeur si sta ora adoperando perché, im mancanza di aerei per l’Italia, tutti già a pieno carico, sia inviato dalla presidenza del Consiglio a Nairobi un velivolo che consenta l’immediato rimpatrio dei cineasti. Ma la procedura non è semplice: «Forse se si fosse trattato di nomi illustri del cinema, come già in passato, un jet sarebbe già stato disponibile sulla pista», ha rilevato Satta con amarezza.
Scasseddu e Papa hanno trascorso le ultime ore a Malindi nel Coral Key. È lo stesso villaggio vacanze che in queste settimane li ha ospitati - loro malgrado - dopo l’arresto in due distinte fasi e il successivo rilascio su cauzione. Il Coral Key è un complesso alberghiero frequentato da molti turisti, proprietà di Marco Vancini, uno dei co-produttori della pellicola al centro dell’intera vicenda giudiziaria. Vista l’imputazione iniziale (importazione d’armi: vere o false in origine poco importava perché la legge del Kenya le equipara), rischiavano dai 7 ai 15 anni di galera.
La notizia della fine del calvario dei due italiani, cominciato ai primi di luglio e inaspritosi a metà dello scorso mese, è stata ufficializzata nella tarda mattinata di ieri dalla Farnesina. Fonti del ministero degli Esteri hanno sottolineato come la svolta sia stata favorita dalla «costante e incisiva azione della stessa Farnesina e dell’ambasciata, attivate sin dai momenti immediatamente successivi al fermo dei due connazionali». In particolare, è detto in una nota, «sono stati fatti reiterati passi volti, nel pieno rispetto dell’indipendenza della magistratura locale e condotti nel più completo riserbo, a ottenere la dichiarazione di non luogo a procedere».
A confermare invece l’interessamento di Fede, Briatore e Campbell - rivelato dal sito del settimanale Tv Sorrisi e Canzoni (
www.sorrisi.com) - sono stati gli stessi Scasseddu e Papa. Quest’ultimo, produttore esecutivo del film che vede come protagonista Luca Ward, è amico personale del proprietario del Billionaire. Il general manager della Renault ha vasti interessi economici in Kenya, dove fra l’altro possiede una lussuosa villa. La fotomodella sino a qualche anno fa compagna di Briatore (ora legato a Elisabetta Gregoraci), per sollecitare il rilascio dei cineasti italiani ha invece scritto perfino un accorato appello. «Fateli tornare subito a Roma», ha supplicato sulle pagine del Sunday Nation, il più letto domenicale della repubblica africana. «Tutti fattori decisivi per la nostra liberazione», hanno commentato Scasseddu e Papa, soddisfatti di poter dimenticare le vessazioni e i soprusi subìti in prigione. «Oltre Satta, sentiamo il bisogno di ringraziare l’ambasciata, gli esponenti del governo italiano e l’onorevole Nino Strano, che si sono occupati a lungo della nostra questione», hanno aggiunto.
A dedicarsi agli aspetti legali del caso, l’avvocato di fiducia degli imputati, Tukero Ole Kina. Al penalista capita spesso di assistere europei ritenuti responsabili di reati nel suo Paese. Fra loro, tanti italiani: laggiù la nostra comunità è la più numerosa fra le straniere dopo quella sudafricana. «Ma per Scasseddu e Papa è stata una persecuzione - ha dichiarato ai giornalisti l’avvocatgo - Ho richiamato l’attenzione dei giudici sul valore del film per il mio Paese. La pellicola ha prodotto un business di 600mila euro, tra guadagni, autorizzazioni, diritti. Oltre 200 kenyoti hanno trovato lavoro sul set. In definitiva, una ricaduta economica non trascurabile. E sebbene in Kenya si viva nel timore di attentati terroristici e dunque ci sia scarsa tolleranza per le armi, stavolta non c’era davvero nulla di sospetto: tutto è nato da un equivoco per l’assenza di un semplice permesso quando Scasseddu e Papa non erano ancora arrivati da Roma né a Nairobi né a Malindi».
Adesso il responsabile degli effetti speciali, con alle spalle tante pellicole di sucesso internazionale, così come il produttore esecutivo, si sono comunque detti più sereni. «Non possiamo negare, dopo i giorni del carcere e le prime udienze, di aver avuto paura - hanno sostenuto - Per quanto estranei a ogni accusa, come facevamo a essere sicuri che l’evidenza dei fatti sarebbe emersa in tutta la sua chiarezza?».
Le riprese del film sono state nel frattempo completate a Cinecittà. «Certo, senza di noi, ma il cinema è così: nessuno è indispensabile», hanno commentato lo specialista cagliaritano e il produttore esecutivo. Francesco Papa ha intenzione di tornare presto in Kenya: «Quello nel quale siamo stati coinvolti a causa della semplice mancanza di un permesso non è stato che un incidente - ha detto poco prima di partire da Malindi Qui la gente è ospitale, il paesaggio magnifico. Mi piacerebbe tornare con mio figlio per fare un safari».
(24 agosto 2007)
da espresso.repubblica.it