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« Risposta #1 inserito:: Giugno 11, 2009, 05:33:17 pm » |
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L'Idv gli dona una finta laurea. Critiche degli studenti sulla politica anti-immigrati
Gheddafi: l'Italia rinneghi il colonialismo
L'Onda pronta a contestarlo alla Sapienza
«Contro il nostro popolo commesse gravi atrocità, la ferita andava sanata».
«Usa terroristi come Bin Laden»
MILANO - E' una città blindata quella che ospita il leader libico Muammar Gheddafi. Dopo l'accoglienza in pompa magna di ieri e le polemiche che ne sono scaturite - sfociate nella decisione di non concedergli un palcoscenico istituzionale come l'Aula di Palazzo Madama -, il capo del governo di Tripoli era atteso oggi a Palazzo Giustiniani, sede della presidenza del Senato, per l'incontro con il presidente dell'assemblea, Renato Schifani, e con alcuni senatori. A seguire è poi previsto un suo intervento all'Università La Sapienza, dove riceverà una laurea ad honorem in giurisprudenza.
L'INCONTRO CON SCHIFANI - Seguito da un imponente apparato di sicurezza, composto da poliziotti e carabinieri italiani e da agenti libici, Schifani si è presentato a Palazzo Giustiniani con circa 50 minuti di ritardo rispetto all'orario previsto. Si è fermato con la sua limousine bianca davanti all’ingresso dell'edificio (da cui l'enorme limousine su cui si sposta nella capitale non passa), dove è entrato a piedi. Schifani ha parlato di «incontro storico» e ha sottolineato come il trattato di amicizia approvato da un'ampia maggioranza sia «un ponte verso il futuro»: «Dobbiamo investire sul futuro comune, su uno sviluppo congiunto dei nostri continenti - ha detto i capi dei senatori italiani -. Uno sviluppo equilibrato che porti pace e sicurezza, uso razionale delle risorse, governo delle dinamiche migratorie nell'obiettivo di un'armonica convivenza tra i popoli, nel pieno rispetto dei diritti umani riconosciuti dalla Comunità internazionale».
L'INTERVENTO DI GHEDDAFI - Gheddafi nel suo intervento ha citato Berlusconi, Andreotti, Cossiga, Dini e ha parlato di un incontro con «vecchi amici». «L'Italia di oggi non ha nulla a che fare con l'Italia di ieri - ha detto Gheddafi con riferimento all'epoca coloniale - ma per molti anni era rimasta una situazione psicologica di insoddisfazione e di dolore nei confronti dell'Italia. Io ho cercato di lavorare per superare questa condizione, per arrivare ad uno sviluppo dei rapporti tra i due Paesi». «Ho sempre detto che l'Italia doveva chiedere scusa per quanto fatto nel periodo fascista e in quello prefascista - ha aggiunto -. Abbiamo sempre ribadito la necessità di un risarcimento per i danni morali e materiali che ha subito ogni famiglia in Libia. Anche se ogni indennizzo non ha valore di fronte alle atrocità subite dal popolo libico, le atrocità e le umiliazioni, oltre alla distruzione del territorio libico, a causa del colonialismo italiano. Ma noi non chiedevamo nulla di materiale: ma sul piano politico sì. Serviva una condanna del passato e un riconoscimento degli errori del colonialismo». Gheddafi ha spiegato come in passato nessuno avesse messo in conto il fatto che la Libia potesse diventare un Paese di cui l'Italia avrebbe avuto bisogno per le fonti energetiche, una nazione economicamente e militarmente forte: «Altrimenti certo non avrebbero commesso certe atrocità», atrocità «di cui forse oggi molti italiani delle nuove generazioni neppure hanno idea». Ma se si sanano quelle ferite («che andavano sanate, non volevamo ulteriori ostilità») si può davvero puntare a cooperazione. Per questo, ha spiegato, il trattato di amicizia è significativo. Ha poi parlato di «giustizia di Dio» ricordando come poi Mussolini venne giustiziato in piazza.
DITTATURE E TERRORISMO - Con un azzardato paragone con l'epoca dell'impero romano, «quando Giulio Cesare e Augusto governavano da dittatori con l'appoggio del Senato», Gheddafi ha poi trovato una sorta di giustificazione al terrorismo e alle dittature: «Saddam Hussein era stato eletto dagli iracheni - ha detto in sostanza - era una questione interna, perché qualcuno dall'esterno ha deciso di volerlo rimuovere?». Ha poi provato a dare una spiegazione al fenomeno del terrorismo come necessità di «difesa» dalle usurpazioni del mondo occidentale. «Si definiscono terroristi quelli con i fucili e le bombe, ma come definire allora le potenze che hanno missili intercontinentali? Qual è la differenza tra azioni di Bin Laden e l'attacco contro la Libia di Reagan nel 1986? Non era terrorismo quello?». «Se si vuole la pace - ha sottolineato - bisogna mettere da parte l'arroganza, la Terra è stata creata da Dio per tutta l'umanità, non per una sola potenza egemone». Nessuno, ha poi aggiunto, ha premiato la Libia per avere interrotto il programma nucleare, questo giustifica altri Paesi a non interrompere i loro. «Ma non abbiamo voluto produrre armi nucleari - ha aggiunto - anche perché non avevamo nemici contro cui usarle». E quanto alla politica Usa, «grazie a loro che hanno ucciso Saddam si sono spalancate le porte ad Al Qaeda trasformandolo in un emirato estremista».
LA FINTA LAUREA DELL'IDV - Un gruppetto di senatori dell'Idv con il capogruppo Felice Belisario aveva atteso davanti Palazzo Giustiniani il leader libico esibendo un facsimile di un attestato accademico con la scritta «Laurea Horroris Causa» con un riferimento alla violazione dei diritti umani. Il capogruppo Belisario e gli altri senatori avevano appuntato sulla giacca una foto dei resti dell'aereo Pan Am esploso sui cieli della Scozia a Lockerbie con sotto la scritta «270 morti». I sei senatori dell'Idv - oltre Belisario, Stefano Pedica, Pancho Pardi, Giuliana Carlino, Giuseppe Caforio e Elio Lannutti - sono entrati a Palazzo Giustiniani ma non è stato concesso loro di entrare nella Sala Zuccari esibendo la foto e l'attestato di «laurea». La finta onorificenza dovrebbe essere consegnata direttamente al Colonnello all'università La Sapienza e i motivi sono così elencati: «Il colpo di Stato violento e sanguinoso nel 1968; la cacciata vergognosa di 35 mila italiani residenti in Libia il 7 ottobre 1970; il terrorismo con l'elencazione di una serie di attentati attribuiti al leader libico tra cui quello di Lockerbie; la dittatura; le torture; il ricatto minacciandoci di fare cominciare una nuova ondata di clandestini se l'Italia non effettuerà nuovi investimenti in futuro nel suo paese».
LA PROTESTA DEGLI STUDENTI - La presenza di Gheddafi all'ateneo romano non è stata gradita dagli studenti dell'Onda, che contestano anche quella che considerano un'eccessiva militarizzazione dell'intera zona universitaria. «È la prima volta, da tanti anni, che vediamo polizia e carabinieri, in un simile dispiegamento, dentro il perimetro dell'università - sottolinea Francesco Brancaccio, uno dei portavoce del movimento studentesco che oggi promuoverà una protesta contro l'azione di contenimento dell'immigrazione clandestina che vede in qualche modo alleati il governo italiano e quello libico -. Con Gheddafi, che si è auto-invitato, contestiamo il pacchetto sicurezza e la politica scellerata dei respingimenti». «Il governo - spiega Francesco Raparelli, altro volto noto del movimento studentesco romano - ha trovato la via spianata con il leader libico: ad ogni respingimento, infatti, segue l'arresto degli immigrati riportati in Libia». «Il mare non può essere teatro di morte». Gli studenti hanno inoltre trovato un santo patrono per gli immigrati «vittime dei respingimenti selvaggi»: è San Papier, un'icona rappresentante un uomo di colore che tiene nella mano sinistra il globo terrestre con, in bella evidenza, il continente africano. Saranno poi gonfiati canotti per rappresentare il dramma di chi affronta «viaggi della speranza che si trasformano, sempre più spesso, in viaggi di morte», conclude Brancaccio. Morte che sarà rappresentata anche con vernice rossa che sarà adoperata ad imitazione del sangue dei migranti.
SENATO BLINDATO - Anche il Senato è stato trasformato in un fortilizio per l'arrivo di Gheddafi Oltre duecento uomini, tra polizia, carabinieri e guardia di Finanza, sin dalle prime ore del mattino, hanno «bonificato» l'intera area intorno a Palazzo Madama ed i palazzi senatoriali Cenci, Beni Spagnoli e Giustiniani. Ci sono artificieri, reparti cinofili, tiratori scelti all'opera per vigilare sulla sicurezza del leader libico. È stata creata una «zona rossa» protetta. Particolarmente impegnati per la sicurezza anche una cinquantina degli uomini e donne dell'Ispettorato della Polizia di Stato del Senato che fra i loro compiti avranno anche quello di «vigilare» sui servizi di sicurezza libici che hanno il compito di proteggere il Colonnello, fra cui le famose «Amazzoni» fiore all' occhiello della sua guardia personale. Nessuno, infatti, potrebbe entrare armato nei palazzi, ma quasi sempre le delegazioni straniere violano questa regola. In questo caso ogni body-guard armata che riesce a portare all'interno un'arma addosso viene, con discrezione, tenuta sotto controllo da due uomini della sicurezza, armati a loro volta. Per il controllo anti-armi gli agenti indossano speciali guanti metal-detector che vibrano in caso scoprano un'arma. La sicurezza di Muammar Gheddafi è garantita dai Nocs.
11 giugno 2009
da corriere.it
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