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Autore Discussione: CASINI...  (Letto 31096 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Dicembre 07, 2008, 12:34:09 am »

Casini: «Il premier statista? Forse statistico. Il Pd è un partito che non c'è»

Il leader dell'Udc: «Alemanno è una grande delusione, E' bravo solo a rubacchiare i consiglieri»

 
 ROMA (6 dicembre) – Sulla formica e la cicala di Berlusconi è pronto a rispondere Pier Ferdinando Casini: «Ha ragione il presidente del Consiglio. L'Italia è un popolo di formiche, purtroppo le cicale sono i politici e coloro che fanno spot piuttosto che assumere provvedimenti impopolari». Il leader dell'Udc ha commentato l'appello lanciato dal premier all'ottimismo per superare la crisi. Casini ha fatto un riferimento anche ai «provvedimenti impopolari» ma necessari, come l'abolizione delle «Province, che è stata promessa in campagna elettorale e che ancora oggi aspettiamo. Al presidente dico: ha ragione a fare professione di ottimismo ma ancora oggi aspettiamo i provvedimenti veri per il ceto medio italiano, che in questi mesi è stato il grande trascurato».

Sui riferimenti al G8 e al G20 fatti sempre da Berlusconi Casini sottolinea: «Purtroppo, nonostante gli annunci, il nostro Paese non ha un grande peso nella politica internazionale. Comunque sarà un fatto positivo tutto quello che si farà per una consapevolezza diversa anche sulla politica economica di alcune scelte di sviluppo che oggi - ha spiegato - in un periodo di recessione, sono indispensabili».

Sky. Dal leader dell'Udc anche una battuta in risposta alle dichiarazioni del presidente del Consiglio sull'innalzamento dell'Iva a Sky, per cui aveva detto di essersi comportato da statista: «Forse si è sbagliato, si è comportato da statistico».

Il Pd è un partito che non esiste, ma non per colpa di Veltroni. Casini lancia poi un allarme "implosione" che riguarderebbe tanto il Pd quanto il Pdl nelle città e nelle regioni. Sul Pd dice: è un «partito che non esiste» ma non dà la colpa a Veltroni: «Mi verrebbe quasi voglia di solidarizzare con Veltroni che invece non ha colpe - ha detto Casini - perché mi sembra che qualsiasi cosa faccia il segretario del Pd non vada bene. Il problema di un partito che non c'è, non può essere caricato tutto sulle spalle del suo leader». Casini ha motivato le sue considerazioni partendo soprattutto dall'irrisolta questione della collocazione del Pd in Europa. «Quello che è accaduto è inconcepibile: Veltroni ha deciso di non sottoscrivere il manifesto elettorale del Pse per le europee che, invece, è stato firmato dal ministro degli Esteri ombra Piero Fassino. Queste - ha concluso Casini - sono alchimie della politica incomprensibili per gli elettori e per i cittadini».

Giustizia, cogliere appello all'unità nazionale. Il leader dell'Udc ha poi detto che «sul tema della giustizia, come delle grandi questioni istituzionali, è necessario cogliere l'appello all'unità nazionale, naturalmente ciascuno nei suoi ambiti di responsabilità: maggioranza e opposizione. L'impazzimento delle Procure, la vera e propria guerra di bande che contrappone spezzoni del potere giudiziario è una grande questione democratica di cui forse solo l'onorevole Di Pietro in Italia non si rende conto».

Costituente a giovani cattolici. Casini ha parlato del progetto della costituente di centro in occasione di un convegno presso l'Hotel Parco dei Principi: «Indirizziamo questa costituente in primo luogo al mondo cattolico e ai giovani che sono estranei alla politica. Vorremmo che fossero con noi in un progetto di partecipazione nuova di politica».

Alemanno sta producendo un topolino. Casini ha poi voluto esprimere la propria delusione nei confronti dell'operato del sindaco di Roma Gianni Alemanno: «La grandissima delusione è il sindaco di Roma che si è presentato come lo sceriffo incontaminato che avrebbe risolto i problemi di Roma e oggi sta amministrando una paralisi della città con nomine di quinta categoria in luoghi di grandissima responsabilità - ha detto - Dopo tutte le attese suscitate in campagna elettorale sta producendo il topolino. Alemanno è bravo soprattutto in una cosa: nel cercare di levare pezzi di classe dirigente agli altri partiti, oggi non deve rubacchiare consiglieri circoscrizionali ad altri partiti per cercare di fare il sindaco di Roma. Noi saremo controllori implacabili del sindaco perché riteniamo che dopo sei mesi ci sia già una delusione profonda. Vogliamo intercettare quella delusione perché siamo difensori civici dei cittadini».

Alleanza con Marrazzo? Se lo scordino. Casini non risparmia l'amministrazione della regione Lazio: «E' un disastro - afferma - Lo dico a chi vagheggia alleanze con l'Udc. Se pensano di fare alleanze con l'Udc sulla base del continuità della giunta Marrazzo, se lo possono levare dalla testa». 

da ilmessaggero.it
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« Risposta #16 inserito:: Dicembre 22, 2008, 03:04:21 pm »

Riforme L’intervista

«Addio al Berlusconi moderato

Vuol diventare re del suo popolo»

Casini: eversione? Non lo è ma elimina di fatto i partiti dalla scena


ROMA — Sabato sera, dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio, ha preferito non reagire a caldo. Si è preso del tempo per riflettere sul lungo «sermone» di fine anno pronunciato da Silvio Berlusconi e sulla proposta, a sorpresa, del presidenzialismo. Ma ora a Pier Ferdinando Casini tutto è chiaro, lampante: «Altro che sorpresa. Il suo è un discorso coerente, molto coerente: vuole eliminare tutto ciò che è di impaccio nel rapporto tra lui e il popolo e così facendo trasformare completamente il quadro politico ». È quasi un grido d’allarme, quello del leader Udc: «Vuole mettere da parte i partiti per il suo progetto plebiscitario». Un progetto dal quale Casini prende nettamente le distanze. Anche se fa notare che è solo la logica conseguenza di un discorso avviato un anno fa: «La nuova proposta è in realtà il compimento della svolta del predellino, quando annunciò un nuovo partito mentre il dibattito nel centrodestra stava salendo di intensità».

Anche questa volta, in effetti, ha fatto l’annuncio più importante solo alla fine, rispondendo all’ultima domanda della conferenza stampa.
«Così è l’uomo. Certo, ci sono state anche le stagioni del Berlusconi moderato, quasi il continuatore della Dc. Ma noi che lo conosciamo bene abbiamo capito da tempo che c’era una differenza tra ciò che diceva e ciò che realmente pensava. E che ieri ha cominciato a dire apertamente ».

Cioè?
«È ormai evidente che Berlusconi non si accontenta più di avere una maggioranza schiacciante in Parlamento. Pensiamo solo ai continui voti di fiducia: nei passati governi, ogni volta che li si chiedeva, ci si sentiva in dovere di giustificarli per non essere sottoposti alle critiche. Ora invece Berlusconi se ne vanta».

Sostiene che è costretto a ricorrere a quel tipo di strumento perché il presidente del Consiglio in Italia non ha poteri adatti per governare.
«Non prendiamoci in giro. Se nel nostro Paese siamo inefficaci è perché la politica è inefficace».

Ripete che ovunque in Europa il premier ha poteri più forti.
«Lasci stare l’alibi dell’Europa. Il presidenzialismo che propone, con l’elezione diretta, porterebbe ad una desertificazione della politica in Italia».

Un’operazione eversiva?
«Non è certo eversione, ma è senza dubbio una trasformazione radicale del sistema che ci ha governato per sessant’anni. Perché porta all’eliminazione, di fatto, dei partiti per privilegiare l’unico rapporto che per Berlusconi conta, cioè quello del "re" con il suo popolo. Certo, non gli si potrebbe dare del tiranno in quanto eletto dalla maggioranza dei cittadini, ma ogni contrappeso sarebbe eliminato. C’è coerenza nel suo progetto: un bipartitismo solo di facciata perché ha l’obiettivo di blindare il rapporto tra il leader e il suo popolo».

Perché insiste tanto con la coerenza del progetto berlusconiano?
«Perché è alla luce del discorso fatto ieri che vanno lette anche altre sue scelte. Basta pensare a quella di evitare in campagna elettorale i temi eticamente sensibili: meglio non creare problemi con questioni che fanno ragionare la gente. Forse ora potete capire meglio perché non abbiamo accettato di entrare del Pdl. E anche la denominazione Popolo della Libertà non è casuale: il popolo si sostituisce al partito».

Non le sembra però che, al momento, l’opposizione sia troppo debole per contrastare i suoi progetti?
«Purtroppo l’opposizione è più che debole: non esiste. O, meglio, ci sono diverse opposizioni. E quella di Di Pietro è certamente funzionale all’egemonia di Berlusconi. Tra l’altro penso che anche lui sarà d’accordo con il presidenzialismo ».

Anche la sua Udc però è all’opposizione. E più volte dal Pd sono giunti appelli al dialogo.
«Veltroni ha fatto bene a scrollarsi di dosso Rifondazione comunista. Poi però, con Di Pietro, è passato dalla padella alla brace. Speriamo che ora accetti il dialogo sulla riforma della giustizia: è il vero banco di prova per il riformismo del Pd».

Vede comunque possibile in futuro un’alleanza con il partito di Veltroni?
«Normalmente in Europa il centro è alternativo alla sinistra. E anche noi lo siamo. Certo, i discorsi di Berlusconi di ieri cambiano completamente il quadro politico. Perché queste tesi si allontanano dalla tradizione del popolarismo».

Quindi?
«Dobbiamo restare coerenti alla nostra anima popolare e al tempo stesso osservare come si evolve la situazione, a che cosa porterà il progetto di Berlusconi. Ma magari nei prossimi giorni farà marcia indietro ».

In Germania la Merkel governa con i socialisti.
«Beh, quella è un’eccezione. Comunque, prima delle prossime Politiche c’è ancora molto tempo. Vedremo, nel frattempo, che cosa succederà. E come reagirà anche il centrodestra alla nuova offensiva berlusconiana ».

Roberto Zuccolini
22 dicembre 2008

da corriere.it
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« Risposta #17 inserito:: Febbraio 21, 2009, 06:03:18 pm »

2009-02-21 14:04

Casini: nostro progetto è il partito della nazione


TODI (PERUGIA) - "La Terza Repubblica nasce all'insegna dell'unità della nazione. Il nostro progetto politico, il partito della nazione, nasce all'insegna della soluzione dei problemi del Paese e fuori da ogni demonizzazione dell'avversario". Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, conclude così, tra gli applausi della platea centrista, la due giorni organizzata a Todi dalla fondazione 'Liberal' di Ferdinando Adornato per lanciare il manifesto dell'Unione di centro. Il leader dell'Udc attacca "il bipartitismo sterile": "Il Pdl, che ha legato il suo destino ad un leader, è molto più aleatorio di quanto si possa immaginare perché i grandi partiti non legano ad un leader la loro storia. I leader passano e i partiti restano. Noi dobbiamo mettere la pietra di una casa che rimane al di là delle persone". Casini propone non "una Margherita del 2020" né un centro strabico a sinistra, ma piuttosto un progetto più alto e ambizioso, che metta insieme coloro che nel Pd hanno un senso di disagio e chi del Pdl vedono tutte le distorsioni, sono chiamati alla disciplina ed ora ed hanno paura". 

da corriere.it
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« Risposta #18 inserito:: Febbraio 21, 2009, 11:38:06 pm »

Intervento a todi al convegno della fondazione «liberal»

Casini rilancia al centro: «Verso un nuovo partito della nazione»

Il leader Udc: «Progetto alto per unire nell'interesse degli italiani. Il Pdl? Vedremo le contraddizioni»


TODI - Il terremoto nel Pd apre nuovi varchi all'ipotesi di un centro moderato. Pier Ferdinando Casini lo sa e mette di fronte all'Udc l'obiettivo di una nuova formazione politica di cui si è parlato a Todi, al seminario della Fondazione Liberal. C'è già anche indea di nome, o quantomeno di ispirazioen: il partito della nazione. «La terza Repubblica - dice Casini chiudendo il convegno- nasce all'insegna dell'unitá della nazione e il progetto del partito della nazione nasce all'insegna della soluzione dei problemi del Paese fuori dalla demonizzazione dell'avversario». Che, dice, aiuta Berlusconi: «Oggi i più grandi alleati di Berlusconi sono Di Pietro e Travaglio, che consentono a Berlusconi di non rispondere ai cittadini che non arrivano a fine mese, mentre noi dobbiamo chiedere a Berlusconi di portare agli italiani il suo rendiconto di metá legislatura sulle cose concrete. Dobbiamo fare il partito della nazione. questa è l'espressione che a me piace, in un Paese che deve recuperare il senso identitario del proprio cammino»

OLTRE IL BIPARTITISMO - Al di là deelle definizioni, a cosa punta Casini? A raccogliere una fetta di eventuali fuoriusciti del Pd? Spiega: non sarà una nuova «Margherita» e neanche un centro che abbia un percorso predeterminato con uno «strabismo a sinistra», ma un progetto «alto» all'insegna dell'unità della Nazione e nel suo esclusivo interesse. Ma in concreto? Il primo obbiettivo è smontare il bipartitismo. «Il principale errore di Veltroni- dice - a cui non sono attribuibili tutti gli errori del Pd, è stato quello di accettare di essere il contraddittore di comodo di Berlusconi che ha una potenza di fuoco senza eguali». Casini ammonisce: «Il bipartitismo senza partiti, e lo testimonia in queste ore il Pd, è finito con l'errore di credere che la sommatoria di forze possa costituirne l'identità. E invece l'identità ci vuole e non bisogna rinnegarla, insieme alle proprie radici 'che non sono un impicciò». Quindi punta anche al Pdl, dove immagina che un dopo berlusconi apra enormi crepe nell'unità apparente di oggi. «Le contraddizioni ci sono e s'incaricheranno le intemperie politiche di farle emergere». L'obiettivo è puntato anche verso imprese e associazionismo. Il richiamo di Montezemolo «è il nostro - dice Casini - mettere al centro i problemi dell'Italia vera variabile politica è anche il nostro richiamo».


21 febbraio 2009
da corriere.it
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« Risposta #19 inserito:: Marzo 08, 2009, 05:16:18 pm »

Casini: «Sto al centro ma cerco un'alleanza con i riformisti»

di Susanna Turco


Per certi versi, e con tutte le difficoltà del caso, Pier Ferdinando Casini si trova al momento nel crocevia che coltiva da una vita. Di là, dicono che due terzi dei voti Udc arrivano dal centrodestra, e che quindi il suo leader tornerà da Berlusconi. A di qua, dicono invece che sta dragando voti all'area ex Margherita, e che prima o poi si alleerà con il Pd.

Vuole illuminarci sui suoi intendimenti?
Lei ha riassunto due versioni di comodo. Abbiamo stretto un patto coi nostri elettori, quello di restare al centro, e lì rimaniamo. Spiace per chi ha aspettative diverse.

Però ora state col pd Dellai a Trento, con Cappellacci in Sardegna, da soli per la provincia di Cosenza.
Il territorio ha un suo protagonismo, non gli si può mettere la camicia di forza.

C'è chi dice che il vostro è un atteggiamento schizofrenico.
Schizofrenia è quella degli altri, che preferiscono in molti casi affidare il proprio futuro a persone che non hanno dimestichezza con l’amministrazione: noi guardiamo il profilo delle candidature

Ma a chi sta parlando?
A chi ritiene che noi ci schieriamo di qua o di là per convenienza: ma chi si muove così, lo fa per prendere posti. Invece noi, i posti li abbiamo persi. Questa è la differenza tra l'Udc e i tanti trasformisti, oggi ben collocati nei partiti maggiori, che ci vogliono dar lezioni.

Si riferisce a Pionati?
No, guardi: francamente mi riferisco a tutti salvo che a lui.

Dice che lei vuol fare il Prodi della situazione. Vuole?
Pionati esiste in quanto insulta me. Contento lui, contenti tutti.

La Russa dice che l'Udc non può fare la politica dei due forni. Lei esclude appoggio organico al Pdl?
Ma certo che sì. La Russa continua a spiegarci come dovremmo far politica, continua a parlarci come se fossimo organicamente schierati nella Pdl. Forse si è distratto.

Forse è dispiaciuto...
Ritiene che ciò che è successo sia un incidente, invece è figlio di un'idea diversa del futuro dell’Italia.

A proposito di futuro, cosa le sembra del Pdl che va per acclamazioni e spartizioni percentuali?
È totalmente coerente: farà un congresso a sua immagine. Non vedo che bisogno ci sia di fare uno scrutinio segreto per Berlusconi: il Pdl è lui, nel bene e nel male.

E cosa c'è di bene, nel Pdl?
Quel che rispetto sono i voti che prende. In politica il popolo ha sempre ragione, e ha votato il Pdl.

La nuova fase di governo Berlusconi, tutta decreti e fiducie?
Del tutto coerente con la sua idea di politica. Per il Cavaliere esiste il popolo e il leader, tutto il resto è un impiccio. Per me esiste la rappresentanza politica, ed è il motivo per cui mi batto per le preferenze. D'altronde, un Parlamento che si fa sistematicamente bypassare dal governo è un posto i cui membri non sono consci del loro ruolo, Non è un caso che siano figli di quel tipo di selezione.

E il ruolo, anche critico, di Fini?
Si rende conto della situazione e ha un disagio oggettivo, dovuto al fatto che è presidente della Camera: cerca di rispondere a tutto questo.

Anche An coltiva questo disagio?
Mi pare chiaro che An si sia accovacciata, che abbia fatto la sua scelta.

Il fatto che Franceschini, ex dc come lei, sia diventato segretario del Pd non le suscita un po' d'invidia?
Ho tanti difetti, l’invidia no.

Non le è venuto in mente che magari anche lei poteva diventare segretario del Pdl, se ci fosse entrato?
Non lo so, ma a quelle condizioni non mi sarebbe interessato. Il problema in politica non è avere una carica anche a costo di perderci l'anima, ma fare ciò di cui si è convinti.

Il Pd dell’ex dc Franceschini può togliere spazio all'Udc o è un potenziale alleato più di prima?
Ritengo questo nominalismo una polpetta avvelenata della politica Il problema del Pd non è la provenienza del segretario di oggi come non lo era di quello di ieri. E qui apro una parentesi su Veltroni.

Prego.
Con Veltroni mi sembra si sia peccato di ingenerosità, perché tutti sappiamo che senza di lui il Pd avrebbe preso almeno 5-6 punti in meno alle politiche. Ma al di là di questo, il punto del Pd sono le politiche che fa.

In che senso?
In periferia il Pd fa alleanze quasi sistematiche col Prc, dopo aver chiuso con quel partito a livello nazionale. Eppoi, per esempio, deve scegliere se stare con la Cgil o con la Cisl. Con Rutelli o con la Finocchiaro sulla legge sul fine vita.

I primi passi di Franceschini la convincono?
No. Però lo conosco fin da ragazzo, è uno bravo, molto determinato e molto decisionista. Non sarà un segretario travicello, sono convinto che durerà a lungo.

Come fu per Zaccagnini?
Esatto. Detto questo, ha fatto la scelta di rassicurare la sinistra. Non lo biasimo, ha la preoccupazione di Di Pietro. Però è avviato a fare del Pd un partito guida del socialismo europeo. Nei Paesi normali queste forze governano o da sole o nelle grandi coalizioni, come in Germania. Ma l’Italia non è un Paese normale.

Quindi?
Abbiamo davanti una legislatura di cinque anni, per cui calma ragazzi. Abbiamo tempo per capire se questo percorso porterà una forza come la mia a evidenziare maggiori elementi di convergenza con la maggioranza o con l'opposizione guidata dal Pd.

La Binetti ha già fatto capire che se il Pd non garantisce candidature coerenti in Europa è pronta ad andarsene. L’Udc sarebbe pronta a offrire rifugio politico ai teodem?
Domanda offensiva per noi e loro. Stanno conducendo una battaglia nel loro partito, è giusto che la facciano fino alla fine. Non è che io possa, o voglia, entrare in casa d’altri come un elefante in una cristalleria, non mi interessa.

Sta per giungere l’ora di rifare il centro?
A me le parole centro, destra e sinistra ormai di danno nausea.

Grande centro?
Ancora peggio. Queste robe non hanno più alcun senso. Ha senso un disegno riformista del Paese, perché l'Italia ha ritardi che non si può più consentire. Ha senso che le persone che la pensano in modo uguale si diano una mano. Non ha più senso che l’opposizione, soprattutto in un momento come questo, speri che passi il cadavere di Berlusconi, perché purtroppo passerà il cadavere dell'Italia.

A giugno scade il mandato di Montezemolo. Può essere della partita?
Montezemolo è maggiorenne e vaccinato. Per me, più gente della cosiddetta società civile fa politica meglio è. Però lasciamolo in pace, non tiriamolo per la giacca.

08 marzo 2009
da unita.it
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« Risposta #20 inserito:: Aprile 10, 2009, 09:22:25 am »

10/4/2009
 
Oltre il populismo
 
 
PIER FERDINANDO CASINI
 
Caro direttore,
esistono differenti visuali da cui osservare e analizzare una realtà complessa come la politica italiana. Se mi ponessi da quella del sociologo e dell’editorialista, ad esempio, devo ammettere che difficilmente potrei scattare una fotografia più nitida nella sostanza di quella immortalata nel fondo di Luca Ricolfi pubblicato in prima pagina sulla Stampa lo scorso lunedì 6 aprile.

Ricolfi osserva come la politica e la democrazia italiane siano cambiate negli ultimi anni, entrando in una fase «post-democratica» in cui «i partiti contano sempre di meno e le identità politiche si forgiano innanzitutto nel rapporto tra elettori e leader». E aggiunge che Pdl e Pd oggi sono praticamente la stessa cosa, «due nomenklature conservatrici», «due oligarchie in cui gli elettori contano quasi niente e le segreterie di partito sono onnipotenti». Concludendo che l’unica fondamentale differenza è che la destra vince perché c’è Berlusconi che «in caso di dissenso decide per tutti», mentre a sinistra la mancanza di un leader, e quindi di decisionismo, allontana gli elettori.

Fotografia perfetta, appunto. Credo però che Ricolfi comprenderà che nell’ottica del politico non ci si possa accontentare di fotografare l’esistente, ma sia necessario spingersi oltre, tentando di indicare una direzione alla società in cui si vive e di trovare soluzioni ai problemi della comunità. Quello che voglio dire è che probabilmente Ricolfi ha ragione: se il centrosinistra negli ultimi quindici anni fosse stato meno litigioso e più decisionista, se avesse avuto un leader capace di zittire ogni dissenso interno alla sua coalizione con un carisma analogo a quello berlusconiano, forse oggi non esisterebbe uno scarto tanto ampio di consensi tra Pdl e Pd. Ma di sicuro ora ci ritroveremmo con due nomenklature conservatrici, due oligarchie «in cui gli elettori contano quasi niente» in grado di contendersi il governo del Paese, anziché una sola.

E allora? Già, la domanda che mi pongo, nell’ottica del politico, almeno nella mia, ma credo anche in quella del cittadino comune, è proprio questa: potremmo accontentarci di uno scenario così cupo per la politica italiana, di un’alternativa tra padella e brace con due grandi contenitori equivalenti, leaderistici, conservatori, populisti, in clamoroso deficit di liberalismo? Contenitori che con la stessa facilità con cui promettono rivoluzioni liberali, grandi riforme, riduzioni di imposte, snellimenti della macchina statale, abolizione delle province, riforma dei servizi pubblici locali, si rimangiano tutto pochi giorni dopo le elezioni. Soggetti politici che votano, o non ostacolano, un federalismo vuoto di contenuti e dannoso nella sostanza perché la confusione di competenze e tra centri di spesa andrà a paralizzare lo Stato centrale senza affiancargliene uno federale in grado di funzionare, solo per inseguire altri ancora più populisti come la Lega.

Personalmente ho deciso di non accontentarmi più, e sono convinto che molti italiani la pensino allo stesso modo e molti altri lo comprenderanno prima o poi.

Populismo e leaderismo in questa fase di «post democrazia», come sostiene Ricolfi, sono armi vincenti per aggiudicarsi la maggioranza. Ma se non producono una buona politica sono armi da abbandonare. Il decadimento economico, vorrei aggiungere anche sociale e morale, del Paese nella Seconda Repubblica non è forse il prodotto dell’utilizzo di quelle armi?

Per questo un anno fa, sapendo a cosa rinunciavamo - una vittoria certa assieme a Berlusconi - e non sapendo a cosa andavamo incontro, abbiamo abbandonato la barca del bipolarismo populista e ci siamo schierati da soli contro i due grandi contenitori. Per questo lavoriamo da un anno al cantiere di un nuovo partito, aperto, democratico, con regole interne, un partito vero insomma, che prende atto del fallimento del sistema attuale e quindi della necessità di chiudere e superare anche l’esperienza dell’Udc, che in quel sistema ha operato, con molti buoni risultati e inevitabilmente anche con diversi errori, per aprirne entro l’anno una nuova e differente, un partito che non dovrà essere né leaderista né populista, ma plurale, ovvero capace di esprimere più voci e più leader che si riconoscano però attorno ai medesimi valori di fondo, del riformismo, del liberalismo economico, del cattolicesimo democratico e popolare e della laicità dell’impegno politico.

Un nuovo soggetto, consapevole dell’esigenza di decisione che il Paese avverte, ma che non incorra nell’errore di identificarsi con il governo anziché di rappresentare le istanze e i problemi della società in cui vive, che non mortifichi le istituzioni e non trascuri il ruolo essenziale del Parlamento. Già Luigi Sturzo, lo stesso che anche Pdl e Pd non perdono occasione di richiamare a parole, scriveva che «bisognerebbe semplificare la procedura parlamentare e spazzare via molte questioni tecniche che potrebbero essere vantaggiosamente affidate a commissioni speciali». Aggiungendo subito dopo: «Ma sarebbe esagerato biasimare troppo severamente la lentezza dei parlamentari. Sono spesso più utili per le leggi che rigettano, che differiscono o rivedono, che per quelle che votano a tamburo battente».

E poco male se non seguiremo anche noi la moda di oggi. Siamo pazienti e tenaci. Quando prima o poi la maggioranza del Paese si accorgerà che populismo e leaderismo sono abiti troppo stretti, almeno ci sarà qualcuno che avrà confezionato un vestito diverso. Sarà stata pure, almeno fino a quel momento, una minoranza, ma forse non così tanto minoranza come si vorrebbe far credere. E in ogni caso le mode, per fortuna anche quelle sbagliate, passano.

Presidente dell’Udc
 
da lastampa.it
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« Risposta #21 inserito:: Maggio 09, 2009, 10:20:23 pm »

Immigrazione, non si placa lo scontro

I vescovi: non si può negare diritto asilo

Il Pdl: respingere i clandestini è un atto legittimo

Casini: «Il governo è al guinzaglio della Lega»

 
   
ROMA (9 maggio) - Non si placa lo scontro sui rimpatri degli immigrati clandestini, mentre altri due gommoni, con alcune decine di migranti a bordo, sono stati intanto segnalati a una ventina di miglia a suddi Lampedusa. Nella zona si stanno dirigendo due motovedette, una della Guardia Costiera e una della Guardia di Finanza.

Venerdì un altro barcone con 88 immigrati, tra cui 24 donne, era stato intercettato a dieci miglia dall'isola. Gli extracomunitari erano stati successivamente trasferiti a Porto Empedocle con le stesse motovedette che li avevano soccorsi.

Maroni. Un fraintendimento generale sulla questione più importante: una cosa è il rimpatrio, un'altra il respingimento, procedura prevista dalle normative europee. Così il ministro dell'Interno, Roberto Maroni torna sulla vicenda del rinvio in Libia dei 277 immigrati, in una intervista a il Foglio. «Il limite tra respingimento e rimpatrio - spiega - sono le acque
territoriali. Se qualcuno sta fuori dalle acque territoriali italiane, io impedisco che tu entri e quindi ti respingo alla frontiera, come avverrebbe a terra». «Perché volevi entrare, che motivo avevi - aggiunge Maroni - non è affar mio, sei sul territorio di un altro Stato e non vedo come io possa valutare se hai il diritto all'asilo, perché non sei sul mio territorio».

«La lotta all'immigrazione clandestina o si fa o non si fa», continua il ministro dell'Interno. «Trovo francamente incomprensibili alcune sue dichiarazioni», aggiunge Maroni e dice:«Confesso di faticare a capire il suo disegno».

Una «provocazione» che ha «il chiaro sapore del razzismo» e che sarebbe stato meglio evitare: così il
quotidiano dei vescovi Avvenire definisce la proposta di carrozze separate per italiani e stranieri sui mezzi pubblici milanesi del leghista Matteo Salvini. In un breve commento riconducibile alla direzione, il giornale della Cei condivide il giudizio dato ieri da molti esponenti del mondo cattolico sui respingimenti in Libia e le nuove norme sulla sicurezza, ribadendo che «non si può mai abdicare al rispetto dele persone e alla loro dignità, che con sè porta diritti inalienabili».

«Negare la possibilità di asilo a chi è respinto in mare resta un punto che merita sicuramente riconsiderazione - afferma la nota - sebbene - ammette - la soluzione non sia semplice». I vescovi chiedono perciò «un monitoraggio del trattamento riservato ai migranti dalla Libia», e ritengono che «un miglioramento del decreto sicurezza» sia «ancora praticabile». Ciò che invece andrebbe «del tutto evitato» - conclude - sono «le "provocazioni" (mezzi pubblici separati per italiani e stranieri) che hanno il chiaro sapore del razzismo».

Vescovo Mazara: siamo alle leggi razziali. La proposta di un esponente leghista di «riservare posti a sedere negli autobus ai passeggeri lombardi dovrebbe far saltare in aria non soltanto i marocchini, gli slavi, i romeni, ma tutti gli italiani. Qui siamo alle leggi razziali». A dirlo è il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero.

Gasparri. «Respingere alle frontiere, terrestri o marine, i clandestini che tentano di entrare nel nostro Paese è un nostro diritto. Il respingimento alle frontiere è un atto legittimo previsto dalle norme dell'Unione europea e da tutti gli accordi internazionali», ha detto Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl. «Il Popolo della libertà è determinato, in attuazione dei suoi programmi, a introdurre il reato di immigrazione clandestina e a sostenere il governo e l'azione di respingimento di quanti vogliano illegalmente entrare in Italia. Esprimeremo con chiarezza questa volontà in Parlamento, consapevoli del fatto che l'Italia ha concesso asilo politico a un gran numero di perseguitati. Il che non ci priva del diritto di attuare una politica di fermezza», ha concluso Gasparri.

Lo «sbilanciamento» del Governo a favore della Lega Nord, di cui sarebbe «al guinzaglio», è stato ribadito ripetutamente da Pier Ferdinando Casini intervenuto a Reggio Emilia alla presentazione dei candidati alle prossime elezioni. Secondo Casini «ci sono pulsioni razziste nella maggioranza». «Quando qualcuno arriva a teorizzare la possibilità di vagoni separati per i residenti, queste sono pulsioni razziste. Non sono maggioritarie, vorrei ben vedere che lo fossero, ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli. Ma bastano già queste per far capire quanto questa politica del Governo è sbilanciata a favore della Lega».

«Hanno votato un federalismo - ha ricordato - che è solo uno spot pubblicitario della Lega, moltiplica i centri di spesa e inasprisce la pressione fiscale». «Questo Governo è al laccio della Lega», ha detto ancora Casini, aggiungendo che l'Esecutivo «è capace di grandi immagini pubblicitarie, di fare effetti speciali, molto meno di sostanza» e sostenendo che «c'è un ricatto permanente della Lega che paralizza le grandi decisioni.


«Le dichiarazioni di Piero Fassino sono vergognose sotto il profilo dell'elementare solidarietà umana, della legalità internazionale e nei confronti della tradizione politica di sinistra da cui egli stesso proviene», ha affermato Pino Arlacchi, responsabile sicurezza internazionale dell'Italia dei Valori ed ex Vicesegretario generale all'Onu. «Fassino afferma che esiste il diritto di un Paese di rispedire alla frontiera una persona che chiede asilo, ma ignora che il diritto di asilo una prassi consolidata da due secoli ed un diritto fondamentale universale da almeno 60 anni», conclude.

È «scandaloso che esponenti del Pd si uniscano alla disumanità del governo» sui temi immigrazione e sicurezza, ha aggiunto Pino Sgobio, dell'ufficio politico del Pdci. «La disumanità del governo - ha osservato - è risaputa. La 'propostà di Salvini ne è l'ultima dimostrazione. Ma che al governo si uniscano cori di consenso agli incivili 'rimpatrì anche di esponenti del Pd come Fassino è scandaloso e palesa la totale schizofrenia che regna in quel partito che fa opposizione solo a parole. A questo governo - ha concluso Sgobio - serve un'opposizione sociale forte: chi non lo comprende o lo scopre solo in campagna elettorale è fuori dal mondo».
 
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« Risposta #22 inserito:: Maggio 25, 2009, 12:08:17 am »

Casini: la Lega ha le chiavi del governo, siamo noi l’unico antidoto a Bossi

di Carlo Fusi
 
 
di Carlo Fusi


ROMA (24 maggio) - «La propaganda in campagna elettorale non ci interessa. E dunque la risposta all’invito del Pd non può che essere un no tondo. Non si possono affrontare argomenti così importanti come la difesa del Parlamento facendo demagogia sulla pelle dei cittadini. Non possiamo far finta di non vedere che mentre si invoca un presunto ”pericolo democratico”, il Pd dichiara di votare sì ad un referendum che consoliderebbe ancora di più Berlusconi senza nemmeno aver bisogno di alleanze. E’ una contraddizione per noi insanabile, e dunque respingiamo al mittente l’invito».

Pier Ferdinando Casini taglia corto: la proposta dei Democratici di un incontro delle opposizioni per ribattere alle affermazioni del Cavaliere è un non senso. Caso mai l’atteggiamento da tenere è un altro. Per esempio sulla riduzione del numero dei i deputati: «Altro che gridare allo scandalo: noi diciamo sì al presidente del Consiglio. Lo prendiamo sul serio, convinti che è lui che non prende sul serio gli italiani. Sfidiamo Berlusconi a presentare un disegno di legge, noi siamo pronti a votarlo. Esattamente come avremmo voluto votare sì all’abolizione delle Province e invece gli italiani sono chiamati alle urne anche per questi enti. Perchè Berlusconi dopo averlo proclamato alle politiche dello scorso anno, poi se l’è dimenticato...».

Onorevole Casini, molti osservatori descrivono il panorama politico italiano in maniera netta: c’è solo Berlusconi. E al massimo un po' di antiberlusconismo radicale. L’Udc sparisce, visto che è fuori da entrambi...
«Noi non ci nutriamo di antiberlusconismo, perchè non fa parte del nostro Dna essere ”contro” qualcuno. Piuttosto l’Udc lavora concretamente per stanare le contraddizioni di tutti. A partire da quelle di Berlusconi: perchè deve essere chiaro soprattutto agli elettori romani e laziali che mentre il premier chiacchiera, la Lega comanda. Non è certo un caso che la Lega abbia imposto i suoi temi, dal federalismo, alle quote latte, all’immigrazione. E’ un continuo pullulare di pulsioni spingendo sugli istinti più bassi dei cittadini, instillando paure. Una classe dirigente degna di questo nome deve guidare, non farsi fagocitare dagli istinti peggiori».

Si riferisce all’immigrazione? Anche a quella clandestina?
«Io dico una cosa semplice. La società multietnica è una realtà, basta guardarsi intorno. Ci son due grandi questioni in ballo. La prima: molti immigrati sono in Italia onestamente e sono indispensabili a tutti noi. La seconda: molti sono delinquenti. Ma quando si fanno le proposte come quelle dei medici spia o delle ronde, vuol dire che si danno risposte finte o demagogiche. Le ronde sono l’abdicazione dello Stato, è lo Stato che getta la spugna. Un messaggio devastante di deresponsabilizzazione, di giustizia fai da te. Quanto ai medici spia, se non avessimo bloccato in Parlamento quella norma scellerata, accanto ai racket della droga e della prostituzione sarebbe sorto quello della sanità in nero, degli ambulatori clandestini per curare gli immigrati».

Insomma un governo a trazione leghista. E Berlusconi subisce senza rendersene conto?
«In parte subisce; in parte si è messo in condizione di subire. Perchè quando si è accetta l’idea di consegnare alla Lega le chiavi della politica italiana consentendo ai leghisti di fare il pieno di voti giocando sul doppio ruolo di partito di lotta e di governo, è come consegnare ad un ladro le chiavi di casa. Non puoi lamentarti se dopo ti sparisce l’argenteria».

Insisto: Berlusconi non se ne rende conto?
«Se ne è reso conto eccome ma adesso non può far niente perchè la Lega, con i suoi numeri, è determinante per il governo, è determinante nelle regioni del Nord e pertanto Berlusconi non può che subire. L’unica possibilità che avrebbe per liberarsi da questo gioco è dire sì al referendum. Ma onestamente non si può chiedere a noi di dargli ancora più potere per liberarsi del condizionamento di Bossi. Sarebbe paradossale. Noi vogliamo far capire agli elettori che il tasso di demagogia ha toccato in Italia vette insopportabili. E che un Paese non si governa nè con le boutade nè con la demagogia, ed è su questo che Berlusconi deve essere smascherato».

In questi giorni torna alla ribalta il macigno giustizia. Il Pd chiede al premier di non avvalersi del Lodo Alfano. Voi su quella norma vi siete astenuti: e adesso?
«Noi ci siamo astenuti proprio per evitare di continuare a fornire alibi a Berlusconi. Per favore, si occupi dei problemi degli italiani e lasci stare i suoi personali: sono 15 anni che li propina. Ci risparmi litanie. Vedo che anche ieri è tornato ad insistere sulla riforma della giustizia. La vuole realizzare davvero? Bene, vale qui ciò che ho detto per la riduzione dei parlamentari: lo sfidiamo a farlo, noi siamo disponibili a discutere, attendiamo che presenti il testo in Parlamento. E’ da un anno che la riforma della giustizia viene annunciata ma per le contraddizioni interne alla maggioranza non se ne fa nulla. E adesso c’è Bossi che fa la sparata sull’elezione popolare dei giudici: manca solo che la politicizzazione della magistratura, da noi più volte denunciata, venga istituzionalizzata come succederebbe se quella proposta venisse accolta. Una pura follia».

Crisi economica. Era devastante fino a qualche settimana fa, ora si dice che il peggio è alle spalle. Qual è la verità? E come giudicate l’azione del governo?
«Il governo gioca di rimessa, spera che passi la nottata ed evitare di affrontare i nodi strutturali. A partire dal più importante: la famiglia, che oggi è il più grande ammortizzatore sociale del Paese. Berlusconi aveva promesso il quoziente familiare: un’altra promessa inevasa. La colpa più grave del governo è l’inerzia. Il ministro Tremonti amministra con giudizio la montagna del debito pubblico, ma evita di affrontare le questioni vere sempre perchè la Lega di mette di traverso. Un esempio? La mancata liberalizzazione dei servizi pubblici locali».

Caso Noemi: ora spuntato foto a iosa. Voi da che parte state?
«Semplice: non bisogna fare del giustizialismo. Detto questo, naturalmente consiglio a Berlusconi di rispondere alle domande che gli rivolge la stampa. Più non lo fa, più aumenteranno. E’ una vicenda che ha alimentato lui stesso: nel momento in cui è andato in tv a dire la sua verità, non può meravigliarsi se gli rivolgono altre domande o rispondere solo a quelle che gli fanno comodo».

Il Pd chiede voti perché, sostiene, se stravince il Pdl c’è un pericolo autoritario. Condivide?
«Sono argomentazioni ridicole. Piuttosto il Pd, se non chiarisce fino in fondo le sue posizioni e continua sotto sotto a coltivare il progetto di bipartitismo, finisce per essere nient’altro che l’avversario di comodo di Berlusconi, e mai un’alternativa credibile. Con il sì al referendum non si creerà il bipartitismo bensì un sistema in cui un partito vincerà sempre e l’altro perderà sempre. Non sono miei considerazioni: è la realtà. Non è un caso che nel Pd monti sempre più l’idea di cambiare posizione sul referendum».

La campagna elettorale italiana si nutre fin troppo di temi ”interni”. E tuttavia milioni di elettori vanno alle urne per rinnovare il Parlamento europeo, per dare un nuovo volto alla Ue. I centristi, l’Udc quali priorità intendono portare in Eurolandia?
«Noi portiamo un messaggio chiaro: che l’Europa sia più vicina ai cittadini. Che su alcuni temi fondamentali, come ad esempio l’immigrazione, non lasci soli i Paesi che subiscono in alcuni casi una sorta di invasione. Sono necessari accordi con i Paesi rivieraschi dell’Unione europea per fare dei campi di accoglienza sulle coste degli Stati nordafricani, pagati dalla Ue e gestiti con la collaborazione delle nazioni Unite. Perché è chiaro che quando un immigrati, un clandestino, arriva a Lampedusa non arriva sulle coste dell’Italia: arriva sulle coste dell’Europa. Un altro terreno fondamentale dell’azione europea è quello dell’energia. Basta svenderci, non andiamo come singoli Paesi e per di più con il cappello in mano dallo zar Putin. Se invece ci andiamo tutti assieme saremo maggiormente in grado di spuntare condizioni buone per il gas e per il petrolio. Come pure sul nucleare occorre un’iniziativa unica dell’Europa. E poi l’Udc andrà in Europa a difendere l’identità cristiana dell’Italia. Difendendo quelle, difendiamo noi stessi, la nostra tradizione, la nostra storia. In un Parlamento europeo che in tante occasioni smarrisce punti di riferimento fondamentali, dall’eutanasia al partito dei pedofili, noi vogliamo difendere l’identità cristiana. E diamo anche un messaggio a chi viene: chi arriva da noi deve essere accettato ma gli extracomunitari devono sapere che arrivano in Paese che ha una storia e regole da accettare». 
 
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« Risposta #23 inserito:: Maggio 27, 2009, 10:13:09 pm »

LE VIDEOCHAT Di CORRIERE.it

Casini: «Il governo usa soldi finti per combattere la crisi»

Il leader dell'Udc: «Segnali devastanti, bisogna fare di più. Il caso Noemi? Non parlo di vallette e ragazzine»


MILANO- «Chi non si pente mai nella vita, vuol dire che ha qualche problema». Pier Ferdinando Casini non si nasconde: ammette che qualche errore, in passato, l'ha commesso. «Quattordici anni fa ero convinto che Berlusconi rappresentasse qualcosa di nuovo. Le cose però sono andate in altro modo». Il leader dell'Udc, durante la videochat con i lettori di Corriere.it, ci tiene però a sottolineare il senso di quella che definisce una «scelta responsabile»: lo strappo con il Pdl. «Abbiamo rinunciato al potere per scommettere sul futuro - afferma Casini - perché siamo contrari a questo finto bipartitismo, un valzer che si balla sulla pelle degli italiani».

SOLDI FINTI - L'ex presidente della Camera attacca soprattutto il governo. «Di fronte alla crisi - dice - sta semplicemente sperando che passi. Berlusconi, invece di mettere in piedi un piano di infrastrutture per rilanciare l'economia, un giorno parla di Ponte sullo Stretto, un giorno di Abruzzo: ma sono sempre gli stessi soldi finti che girano. E invece bisognerebbe iniettare nell'economia italiana qualcosa di reale e immediato, anche perché i segnali sono devastanti». Casini critica Berlusconi e l'esecutivo anche su altri temi. Immigrazione: «Fanno solo demagogia, eccitando gli animi». Riduzione dei parlamentari: «Berlusconi si è inventato che li ridurrà a cento. Ogni campagna elettorale cerca sempre un diversivo per tenere alta la tensione. È come per l'abolizione delle Province: prima l'ha promesso, poi non ha fatto nulla». Non mancano le stoccate al Pdl: «Siamo l'unico paese dove un partito ha eletto a vita il suo leader, una cosa che non accade neanche in Venezuela con Chavez».

SICILIA - A proposito di alleanze: il caso Lombardo in Sicilia (il presidente della Regione ha azzerato la giunta, ndr)? «Se non riesce a governare, sciogliamo le righe e torniamo al voto. Tutti a casa. È inutile l'accanimento terapeutico. Quando Soru in Sardegna non è riuscito a governare non ha cercato altre maggioranze, ha deciso di tornare al voto. Se in Sicilia non si riesce a fare una cosa seria allora sciogliamo l'Assemblea Regionale. Noi non abbiamo paura delle urne, pensiamo di prendere più voti di Lombardo, anche alle Europee».

DI PIETRO E LEGA - Casini è duro anche con Di Pietro: «È come Fregoli (il celebre trasformista, ndr). Prima ha raccolto le firme per il referendum e poi dice che il referendum è un attentato alla democrazia. E la mozione di sfiducia a pochi giorni dalle elezioni è solo una strumentalizzazione per prendere qualche voto in più». Il leader Udc prevede poi un vero e proprio exploit elettorale della Lega: «Vi invito a vedere quanti voti prenderà: è un partito di lotta e di governo. Quando consegni al ladro le chiavi di casa, non ti puoi sorprendere se ti ruba l'argenteria. La Lega crescerà a danno del Pdl e questo scatenerà nuovi attriti nell'alleanza. Ormai la Lega è la forza determinante del Paese. Immigrazione, federalismo: quel che vuole la Lega si fa, quello che non vuole non si fa».

DIALOGO - E il Pd? «Un partito serio con il quale abbiamo instaurato un dialogo - spiega Casini. - Ma sentono troppo il richiamo della foresta della sinistra, tanto che nelle sedi periferiche si rifanno alle alleanze con Rifondazione. In queste condizioni non è possibile un'alleanza con noi». Casini, Letta, Rutelli e Follini insieme: possibile? «C'è spazio per tutti» risponde Casini. Che poi lancia una suggestione: «Perché non pensare a un partito che includa uomini del Pd e del Pdl che la pensano allo stesso modo? Vedrete che qualcosa matura».

CONDANNATI - I lettori gli chiedono conto dei candidati e dei politici condannati. «Quali? - ribatte Casini. - Per me la condanna è soltanto quella passata in giudicato. Parliamo di Cuffaro? Lui ha detto che in caso di conferma di condanna, si dimetterà. Più alla luce del sole di così». Qualcuno ricorda anche il caso Drago (il parlamentare Udc condannato per peculato, sentenza confermata in Cassazione ndr): «È vero. È stata una condanna amara e dura che riguarda l'uso di fondi riservati, una cosa che coinvolge metà della politica italiana. In ogni caso rispettiamo la sentenza».

VALLETTE E RAGAZZINE - Immancabili le domande sul caso Noemi-Berlusconi: «Io mi rifiuto di parlare di vallette e ragazzine in questa campagna elettorale. Berlusconi dice che è tutta una montatura? Il problema l'ha posto sua moglie con una lettera a un giornale. E lui ha fatto diventare questa vicenda ancora più pubblica andando a Porta a Porta. I giornali fanno il loro lavoro, io gli consiglio di rispondere».

STATO LAICO - Tante le domande sulla laicità dello Stato. Casini ribadisce la sua posizione: «Siamo per uno Stato laico che rispetti Dio e la religione. Uno Stato laico si basa sulla libertà, che è anche la libertà dei vescovi di dire quello che pensano. C'è un'interpretazione della laicità che non mi convince: uno Stato che sradica il bisogno di Dio e della religione che è connaturato all'uomo. Questo è uno Stato laicista. Io sono per uno Stato laico». Di nuovo: è è ipotizzabile l'unità politica dei cattolici? «È un problema che non ci poniamo. Certi valori li portiamo avanti perché ne siamo convinti, non perché ci aspettiamo l'aiuto della Chiesa. L'idea dell'unità politica dei cattolici è morta e sepolta. Noi chiediamo soltanto ai cattolici di non essere succubi dei propri partiti. Come fa la Binetti, ad esempio: una persona seria che ha saputo dissociarsi dal suo partito per essere coerente con i propri valori».

MANDATECI A CASA - Questione giovani: le nuove generazioni e la politica. Casini cita Don Milani: «È inutile tenere le mani pulite se si tengono in tasca. Ma io vedo molti giovani in questa campagna elettorale: non sono affatto apatici e indifferenti, cercano di capire, nonostante la politica non li aiuti. Cosa posso dire a questi giovani? Mandateci a casa, se ce la fate: io ho mandato a casa qualcuno, voi mandate a casa me»


Germano Antonucci
27 maggio 2009

da corriere.it
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« Risposta #24 inserito:: Maggio 28, 2009, 10:00:48 am »

Casini: «Berlusconi eletto leader Pdl a vita: peggio di Chavez»
 
 
ROMA (27 maggio) - «Siamo l'unico Paese dove un partito ha eletto a vita il suo leader, una cosa che non accade neanche in Venezuela con Chavez» ha detto oggi il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, che ha parlato anche di immigrazione, delle Camere e della sua rottura con il Pdl. Sull'immigrazione, secondo Casini, i rappresentanti del Pdl «fanno solo demagogia, eccitando gli animi», mentre sulla riduzione dei parlamentari proposta dal premier ribadisce: «Berlusconi si è inventato che li ridurrà a cento. Ogni campagna elettorale cerca sempre un diversivo per tenere alta la tensione, come per l'abolizione delle Province: prima l'ha promesso, poi non ha fatto nulla».

Riguardo al passato, Casini ammette di aver commesso qualche errore - «Quattordici anni fa ero convinto che Berlusconi rappresentasse qualcosa di nuovo - ma si dichiara fiero della sua decisione di "rompere" col Pdl: «Una scelta responsabile: abbiamo rinunciato al potere per scommettere sul futuro, perché siamo contrari a questo finto bipartitismo, un valzer che si balla sulla pelle degli italiani». 
 
da ilmessaggero.it   
 
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« Risposta #25 inserito:: Maggio 31, 2009, 09:13:22 am »

Bossi attacca l'Udc: merita solo legnate

Casini: non fai paura, noi antidoto a Lega
 
 
ROMA (30 maggio) - Botta, risposta e controreplica tra Pier Ferdinando Casini e Umberto Bossi. «Siamo l'antidoto alla Lega Nord alla quale la maggioranza ha consegnato il futuro politico» ha detto oggi il leader dell'Udc. «Non date un solo voto all'Udc, quella parte merita solo legnate» ha replicato il Senatur. «Queste minacce non ci intimidiscono e non ci piegheranno la schiena» ha risposto infine Casini.

Casini: l'antidoto alla Lega siamo noi. «Siamo l'antidoto alla Lega Nord - ha detto il leader dell'Udc. Vogliamo evitare che la Lega sia l'elemento determinante della politica italiana. Che si pensi di andare al voto anticipato è un segno di impotenza politica, ma non si va al voto perché c'è una maggioranza che non sa rispondere alle esigenze del Paese e ha consegnato al Carroccio il futuro politico. Ha dato l'idea di essere una maggioranza bicefala, Berlusconi chiacchiera e la Lega comanda. Quando si consegnano alla Lega le chiavi della politica italiana poi non c'è dubbio che è difficile andare avanti. Berlusconi perché non ha fatto la riforma della giustizia quest'anno? Perché c'erano divisioni che non gli hanno consento di presentarla. Con chi se la prende? Con se stesso, non certo con l'opposizione».

Bossi: Casini è un pirla, vecchi democristiani meritano solo legnate. Davanti alle parole di Casini che dice che Berlusconi chiacchiera e la Lega comanda, e che questo è un danno per il Paese, Bossi replica: «Casini è un pirla. Non date un solo voto all'Udc e alle altre sigle. Questo è il
passato che cerca di tornare. Quella parte merita solo legnate». Parlando delle quote latte, il leader della Lega ha detto che «Casini e la sinistra in aula parlavano degli agricoltori come fossero ladri e delinquenti. Semmai ladri sono i vecchi democristiani, che hanno creato le quote latte in cambio di un po' di finanziamenti per il Sud».

Casini: Bossi non ci intimidisce. «Le minacce di Bossi non ci intimidiscono e le sue bastonate non ci piegheranno la schiena» ribatte il segretario dell'Udc. 
   
 
da ilmessaggero.it
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« Risposta #26 inserito:: Luglio 19, 2009, 11:21:59 am »

19/7/2009 (7:26) - INTERVISTA AL LEADER DELL'UDC

"Al governo con la sinistra in caso di emergenza"
 
Casini: penso all'esempio tedesco ma l'Unione non è riproponibile

MATTIA FELTRI


Onorevole Casini, fra cento giorni il Pd avrà un nuovo segretario. Come segue la sfida fra Bersani, Franceschini e Marino?
«Con interesse, perché il Pd è il secondo partito italiano e dobbiamo capire bene quali sono le indicazioni, i progetti dei candidati. E con un po’ di preoccupazione».

Preoccupazione?
«Mah, insomma, c’è già una candidatura, e mi riferisco a quella di Marino, che di per sé rivela una difficoltà del partito nell’interpretare il rapporto fra il Paese, l’identità cristiana e la sua laicità. Il presupposto della candidatura indica che questo è un nodo irrisolto».

Ma lei quale dei tre vedrebbe più volentieri incoronato?
«No, guardate, io non voglio fare il convitato di pietra. Seguo con interesse e distacco l’evolversi dei lavori, e basta. Qualcun altro, e penso a Di Pietro, anche attraverso Grillo, sta iniettando alte dosi di veleno, lavora alla distruzione del Pd. Non è un caso che Enrico Letta dica che il suo Pd dovrà fare riferimento a Napolitano».

Perché non è un caso?
«Perché oggi il Pd è ondeggiante fra il rispetto delle istituzioni, di cui Napolitano è il garante e il custode, e la deriva dipietrista alla quale il partito corre dietro per non perdere elettori. Portarsi Di Pietro in Parlamento è stato un errore enorme di Veltroni».

Anche perché parlava di vocazione maggioritaria.
«Speravo si fossero liberati di questa illusione che è stato il più grande regalo a Berlusconi. Ma non basta non parlarne più quando, come ha fatto Franceschini, si dice no al sistema elettorale tedesco: cioè si costruisce un equivoco politico e si resuscita come l’araba fenice quel bipartitismo che vuole Berlusconi»

Perfetto, ma quello che vorremmo capire è quanto il congresso del Pd influirà sul futuro dell’Udc. Lei ha in animo un progetto, il grande partito di centro...
«Ed è un progetto che rimane in campo».

Ma un conto è se vince Bersani, un conto se vince Franceschini...
«No, il progetto rimane in campo, va avanti indipendentemente da quello che dicono, fanno e decidono gli altri. Noi abbiamo una processione di dirigenti del Pd che vuole aderire, in queste ultime settimane anche tanti del Pdl. In ogni caso il progetto si rafforza».

Forse è per questo che da sinistra, talvolta, qualcuno ipotizza che lei potrebbe essere il leader di una nuova coalizione di centrosinistra?
«Ma non è possibile. Non potrei mai essere un nuovo Prodi perché che mi mancano due requisiti fondamentali».

Primo?
«Primo, non sono Prodi. Ho un’altra storia. Non esprimo il cattolicesimo dossettiano che è di Romano e che ha nella sua ragione costitutiva di trovare un punto d’incontro tra la sinistra e parte del mondo cattolico. Prodi è irripetibile, è figlio di una storia che privilegia queste assonanze sulla grande questione sociale».

E secondo?
«E in secondo luogo non c’è la mia volontà. Non credo a un simile progetto politico. Se si pensa all’Udc come alla Margherita del 2010 si compie una sciocchezza.
Si ripeterebbero gli stessi errori commessi dall’Unione. Prodi non ha fallito perché è uno stupido, anzi. Ha fallito perché il progetto non stava in piedi allora, e non starebbe in piedi adesso un governo che somma l’estrema sinistra e l’Udc magari passando per Di Pietro».

Quindi non se ne fa niente.
«Niente».

Neanche se il futuro ponesse condizioni nuove, impreviste, diciamo così: d’emergenza?
«Diciamo così: se il futuro ci ponesse davanti a condizioni impreviste, eccezionali, e si pensasse, come in Germania, di mettere in piedi una Grande Coalizione per fare cose limitate nel tempo, per affrontare l’emergenza e per tornare poi a essere alternativi una volta recuperata la normalità, beh, il discorso cambia...».

Ma questo non è il centrosinistra, è il Cln.
«L’esempio è appropriato. E’ chiaro che bisogna capire se e quando ne ricorressero analoghi presupposti storici».

Lei parla in questo modo, eppure anche Roberto Formigoni la invita. Dice che lei è candidato alla successione di Berlusconi insieme con Tremonti e Fini.
«Questa è una carineria di cui lo ringrazio. Ma temo per loro che il Pdl sia una costruzione che non sopravviverà a Berlusconi. Il premier ha un carisma che copre tante magagne e il Partito del Sud, composto da gente che cerca poltrone perché non ne ha, è l’ultimo esempio. Non si pone il problema della futura leadership del Pdl perché il Pdl non ha futuro senza Berlusconi».

Quanto influisce in tutto questo il caso delle escort? L’Udc è rimasto ai margini della polemica.
«Non voglio esprimere pareri anche perché noi, e gli altri partiti, siamo spettatori troppo interessati per farlo. Ritengo che gli italiani leggano e si rendano conto da soli di quello che sta succedendo. Quanto al nostro giudizio, credo lo si immagini. Ma non è certo con mozioni tipo quella di Zanda che si affronta il problema».

Perché?
«Perché è una mozione ridicola, nella quale si dice che chi governa “deve assumere comportamenti coerenti tra la vita pubblica e quella privata”. Cioè si dice che chi governa deve comportarsi bene. E’ una cosa che sta fra l’infantilismo politico e l’ipocrisia moralistica. Le chiacchiere stanno a zero: se il Pd ritiene di censurare Berlusconi per i suoi comportamenti privati e su quelli magari chiede di insediare una commissione d’inchiesta, allora tutti saremo obbligati a dare risposte limpide e chiare.
Ma o si ha questo coraggio o si lascia perdere. Altrimenti siamo davanti a un “vorrei ma non posso” che fa cadere in ridicolo la politica italiana».

da lastampa.it
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« Risposta #27 inserito:: Luglio 19, 2009, 10:59:33 pm »

Berlusconi: patti con l'Udc e un vice per il Pdl

di Marco Conti
 
 
ROMA (19 luglio) - Superato brillantemente l’appuntamento del G8, Silvio Berlusconi si è portato ieri mattina in Sardegna le cartelline che racchiudono gli appunti di lavoro per preparare la ripresa di settembre. Obiettivo del Cavaliere il rafforzamento della coalizione - che passa per una ripresa della capacità espansiva del centrodestra - e l’irrobustimento del Pdl in vista delle elezioni regionali del prossimo anno. In mezzo il nodo del ”partito del Sud” che esponenti della Pdl vorrebbero fondare, e l’attesa per il congresso del Pd il cui esito, nelle considerazioni fatte da Berlusconi negli ultimi giorni, segnerà l’allungamento o meno del periodo di ”tregua” a suo tempo sollecitato dal Capo dello Stato anche in vista di una condivisa fase riformista.

Il Pdl - Solo a settembre si comprenderà in che modo il Cavaliere intende avviare sul territorio la nascita del Pdl. Il riaccendersi della questione Meridionale che di recente ha creato non poche frizioni in alcune regioni, in testa la Sicilia, pone in a Berlusconi il problema della organizzazione del Pdl anche per evitare la proliferazione di veri e propri feudi locali.

La prospettiva è quella di far svolgere al più presto i congressi locali del partito, anche se il premier intende prima risolvere il problema della gestione a tre. Il triumvirato (Bondi, Verdini e La Russa) è però previsto dallo statuto sulla base della logica ”un terzo An e due FI” che fu alla base della nascita del Pdl. Visto che il Cavaliere solitamente preferisce ”aggiungere” piuttosto che ”rimuovere”, nella sua testa matura l’idea di nominare un vicecoordinatore unico ed operativo che formalmente dovrà rispondere ai tre, ma che nei fatti dovrebbe gestire in relativa autonomia non solo i congressi locali ma anche alleanze e candidature.

L’Udc - Proprio in vista delle regionali il Cavaliere nell’ultimo consiglio dei ministri si è lasciato andare ad un peana nei confronti dell’Udc sostenendo che si dovranno trovare accordi con il partito di Pier Ferdinando Casini. Tra i leader dell’Udc e quello del Pdl restano ruggini, ma Berlusconi in questo momento ha interesse a recuperare un rapporto con i centristi per dimostrare che l’attuale centrodestra ha ancora capacità espansiva, per ”cementare” la sua leadership politica non ancora del tutto salda dopo i noti fatti che hanno riguardato la sua vita privata e per usare l’Udc in funzione anti-Lega che vorrebbe propri candidati in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

Ovviamente nella testa del Cavaliere l’eventuale intesa in chiave ”regionali” con l’Udc sarebbe destinata a proiettare ombre anche sulla maggioranza che di fatto, se si troverà un’intesa, dopo la primavera del 2010, sarebbe destinata ad allargarsi al partito di Casini. Quest’ultimo però resiste e di recente, in un articolo firmato con Francesco D’Onofrio, Casini ha volutamente sottolineato l’esigenza di dare «massima autonomia alle realtà locali». Come dire, per le regionali sono possibili intese a tutto campo con il Pdl ma anche con il Pd.

Il Sud - Anche se Casini non ha interesse a ”legarsi” ora le mani, Berlusconi potrebbe accontentarsi di giocare l’Udc contro la Lega e, soprattutto in questa fase, contro Lombardo e il presunto partito del Sud. Magari per arrivare alla sostituzione di Lombardo, previa apposita leggina, visto che i ”dissidenti” Miccichè, Martino e Prestigiacomo, paiono recuperati grazie all’opera di Dell’Utri.

Il Pd - Resta da risolvere il rapporto con il principale partito d’opposizione. Com’è suo solito, Berlusconi preferisce non entrare nelle dispute degli altri partiti, ma è rimasto negativamente impressionato dalla riproposizione da parte di Franceschini della legge sul conflitto d’interessi. Secondo i più stretti collaboratori del premier, il dialogo con il nuovo leader del Pd sarà tanto più facile quanto più sarà in grado di rompere con Di Pietro. In questo senso potrebbe essere Bersani l’interlocutore al quale sottoporre la prospettiva di una stagione di riforme istituzionali che consolidi il bipolarismo.

L’Aquila - Il ”conclave” di maggioranza annunciato dal premier prima del G8 si terrà a Coppito il 6 e 7 agosto a quattro mesi dal terremoto. Non sarà una ”verifica” come teme Bossi, ma quella che qualcuno ha già definito una ”messa cantata” dove tutti i ministri diranno quello che di buono anno fatto e illustreranno i propositi dei prossimi mesi. Seguirà consiglio dei ministri. 
 
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« Risposta #28 inserito:: Dicembre 12, 2009, 03:36:10 pm »

12/12/2009 (7:47)  - INTERVISTA AL LEADER DELL'UDC

Casini: "Voto anticipato?

Un fronte unico anti Silvio"
   
Proposta a Pd e Idv: alleati a difesa della democrazia


CARLO BERTINI
ROMA

Se Berlusconi vuole andare al voto anticipato sappia che si troverà di fronte alle urne uno schieramento repubblicano in difesa della democrazia». Nel suo studio al quinto piano di Montecitorio dove si gode una vista magnifica sui tetti di Roma, Pier Ferdinando Casini distende le gambe su un tavolino sorseggiando un tè con l’aria di chi si sente «in forma smagliante».

E tra un ragionamento e l’altro, Casini non lesina stoccate: dà del «paranoico» al premier, «con simpatia s’intende»; avverte Formigoni che per allearsi con l’Udc alle regionali deve dimostrare di non essere succube della Lega. E annuncia che appoggerebbe Emiliano con il Pd in Puglia anche se Vendola si presentasse lo stesso.

Casini, cosa c’è in fondo al tunnel? Perché questi strappi continui del premier?
«L’unica strategia plausibile è che ritenga di andare al voto anticipato, non c’è altro modo di spiegare un comportamento così dissennato. Così trasmette un’immagine di sua insicurezza e di precarietà dell’Italia. E’ chiaro che in queste condizioni una richiesta di elezioni anticipate farebbe emergere uno schieramento repubblicano a presidio della democrazia. E poiché penso che la democrazia sia un valore io mi schiererei “senza se e senza ma” in sua difesa».

Sta dicendo che se la situazione precipitasse lei farebbe fronte comune alle elezioni con il Pd e Di Pietro?
«Innanzitutto dico che uno schieramento repubblicano dovrebbe interpellare le coscienze di tanti parlamentari della Pdl, che non credo possano accettare una deriva di questo tipo. Aggiungo che una divisione del Paese così lacerante sarebbe perniciosa e mi auguro che Berlusconi non segua questa strada. Ma un caso del genere richiederebbe una risposta inedita rispetto a quelle che si sono prefigurate fino ad oggi. Osservo però che minacciare le elezioni anticipate non significa averle».

Se il Capo dello Stato, in caso di dimissioni del premier, desse un incarico a Fini per un governo istituzionale lei lo voterebbe?
«Chi guida un esecutivo lo decide solo il presidente della Repubblica. E’ chiaro che noi saremmo disponibili a una soluzione istituzionale e continuo a mantenere la mia convinzione che in cinque minuti si potrebbe fare un governo».

Cosa spinge Berlusconi a confliggere con Fini e Napolitano?
«Lui ha una certa allergia alla diversità. Ieri toccava a me, oggi a Fini e domani a qualcun altro. Preferisce un governo a sua immagine e somiglianza. Ma ritenere che questo presidente della Repubblica sia parte di una contesa contro Berlusconi è una fuga dalla realtà. Siamo alla paranoia generalizzata. Che dovrebbe fare Napolitano? Inveire contro i giudici? La deposizione di Graviano dimostra poi che il meccanismo in essere è di garanzia per tutti. E’ una deriva inconcepibile a quindici anni dalla discesa in campo con cento voti di maggioranza. Dov’è questo complotto?».

A proposito, a lei è mai venuto in mente di bonificare i suoi uffici quando era presidente della Camera?
«Sono cose ordinarie, sì l’ho fatto anche io. Ma lo fanno anche a Palazzo Chigi».

Fini, oggetto di attenzioni a destra e sinistra, è stato tirato per la giacca da Rutelli. Un errore o un salto in avanti?
«Io di Rutelli posso parlare solo per le cose giuste che fa. Quelle sbagliate non le commento. Non ho la pretesa di arruolare nessuno in un mio futuro Partito della Nazione, ma se si creeranno condizioni nuove, come dice la canzone, si scoprirà solo vivendo».

Abbiamo cominciato con le politiche, finiamo con le regionali che sono certificate da una data sicura e imminente. Appoggerà Formigoni in Lombardia? E voterebbe Emiliano in Puglia anche se Vendola si presentasse lo stesso?
«Contro Formigoni non abbiamo nulla. Ma se Formigoni vuole fare il “Re Travicello” della Lega ne prenderemo atto. Vedremo intanto se oggi a Milano firmerà con me in segno di solidarietà al cardinale Tettamanzi offeso dai leghisti. Per quel che riguarda la Puglia, ricordo che Emiliano è un sindaco e nella sua giunta c’è l’Udc. Poiché governa bene Bari credo che potrebbe governare bene la sua regione».

da lastampa.it
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« Risposta #29 inserito:: Dicembre 19, 2009, 11:08:01 pm »

Il leader dell'Udc all'assemblea nazionale delle Regioni

Casini: «Troppo odio e veleno in chi guida il Paese. Il dopo Berlusconi è già iniziato»

«Non possiamo lasciare il nord alla Lega che alimenta paure. Grandi riforme, anche con una costituente»


ROMA - «Basta con la caccia alle streghe, ai colpevoli. Ciascuno tolga le ali ai propri falchi, ce ne sono tanti in giro, non c'è solo l'odio militante di Di Pietro ma quello di tanti squadristi giornalistici». Pier Ferdinando Casini attacca chi in queste settimane ha seminato odio, e non risparmia critiche al presidente del Consiglio: «Se Berlusconi pensa di trascinare il Paese sulla strada dell'avventura e delle elezioni anticipate in un attacco dissennato al Quirinale e alla Consulta, dall'Udc avrà le risposte inedite che si merita. Il dopo Berlusconi è già iniziato: o grandi riforme o un grande galleggiamento che porterà il suo bagaglio di odio e rancori».

ODIO - Casini ha accusato chi governa il Paese di avere «troppo veleno». «Abbiamo sentito per troppo tempo il linguaggio delle divisioni del Paese: parole come ronde, medici spia, white christmas, caccia all’extracomunitario, insulti a Tettamanzi, i 100 mila fucili padani di Bossi: questo fa parte dell’armamentario ideologico del passato che genera odio e dà alibi a chi vuole seminare odio», ha aggiunto Casini. «Il nostro è un partito che non ha mai confuso l’avversario politico con il nemico. C’è troppo veleno da parte della classe dirigente che guida il Paese». Per Casini Berlusconi deve inaugurare una stagione che «non preveda la distribuzione di odio, l’accanimento contro gli avversari ma una fase contrassegnata dal rispetto reciproco. Sta a lui scegliere quale strada vorrà intraprendere: le spallate non servono, le scorciatoie nemmeno, noi lavoriamo per una democrazia normale».

NIENTE NORD ALLA LEGA - Sulle alleanze per le regionali della prossima primavera, il leader dell'Udc attacca l'idea di lasciare il nord in mano alla Lega. «Non svendiamo il Nord alla Lega, non accettiamo la decapitazione di Galan e del prefetto di Venezia. Chi guida il Paese non può amplificare le tensioni. Non può essere grancassa delle paure, della pancia che è anche dei nostri elettori. La Lega interpreta questo stato d'animo che c'è. La sinistra non capisce, perché contesta il presupposto che invece c'è». Sulle alleanze: «Vogliamo affrontare le regionali con molta serenità. Non abbiamo alcuna volontà di arruolarci in due eserciti che vogliamo sconfiggere. In molte regioni andremo da soli, in molte faremo alleanze perché non daremo soddisfazione a chi ci vuole ovunque da soli anche dove siamo in condizione di definire chi vince e perde. Andremo da soli dove ci pare, dove lo riteniamo opportuno, e in compagnia dove riteniamo ci siano le condizioni politiche».

RIFORME - «Per le riforme vogliamo una sede legittimata dal Parlamento nella quale ciascuno si assuma le proprie responsabilità, non una conventicola o un cenacolo privato».
Lo ha detto un combattivo Pier Ferdinando Casini, nel corso del suo intervento all'assemblea nazionale delle Regioni a Roma, rilanciando l'idea di un'assemblea costituente: «Chiamiamola come vogliamo, non possiamo impiccarci sulle formule».


19 dicembre 2009
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