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Autore Discussione: MATTEO RENZI  (Letto 141507 volte)
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« inserito:: Febbraio 17, 2009, 05:48:03 pm »

17/2/2009 (7:14) - IL VOLTO NUOVO

"Ci salviamo se il partito si svecchia"
 
Renzi: vincitore delle Primarie, candidato a sindaco di Firenze

Dopo la vittoria alle primarie di Firenze “D’Alema voleva i quarantenni? Eccomi”

JACOPO IACOBONI
INVIATO A FIRENZE


Lo sa chi mi ha convinto a rischiare tutto?». Chi? «D’Alema. Dopo l’assemblea nazionale, a cena ci prende e ci fa, con quell’aria che ha lui, ha presente, tra sfida e sfottò, "voi trenta quarantenni dite sempre che volete più spazio, no? Prendételo. Abbiate il coraggio di una lotta in campo aperto". Voleva la sfida? Eccola. Io non dico che sarò il leader nazionale del Pd, sarei stupido, ora la mia battaglia è semplicemente vincere Firenze, ridare alla città un ruolo nazionale che con Domenici non ha mai avuto. Questa vittoria dimostra però che li possiamo affrontare, loro, con le loro logiche antiche, e battere. E se l’ho fatto io possono farlo anche altri, spero che lo facciano. Basta far capire alla gente che sei fuori dagli apparati, e giocarsi tutto: se perdevo l’ho detto, sarei tornato a lavorare in azienda.

Questo è piaciuto. Ho tifato per Soru, anche se molti amici di sinistra erano delusi da lui, mi hanno detto che stavolta non l’avrebbero più votato...». Matteo Renzi, trentaquattrenne, grande tifoso viola, che ha vinto domenica notte le primarie del centrosinistra fiorentino, è estroverso, ambizioso, cosa che in Italia volentieri ti fanno pagare, specie se hai più talento degli altri. Dunque dovrà stare attento, la sua gara comincia ora. Riceverà batoste. Proveranno ad arginarlo. Ma non sempre lo prenderanno. Chi, è chiaro. La mattina dopo la vittoria in quel disastro che è il Pd libanesizzato di Firenze, è stata un susseguirsi di telefonate, figuratevi quanto felici, di tutto quell’apparato del Pd che, piuttosto che vederlo candidato sindaco, si sarebbe dato una martellata sugli zebedei. «Ore otto, preceduto da una telefonata di Gentiloni mi chiama Veltroni. Mi fa "dai Matteo, complimenti, ora lavoriamo insieme". Magari credeva che io adesso mi sarei barricato col mi gruppo... Non farò così, stia tranquillo, gliel’ho detto. Poi fa un po’ l’imbronciato per certe cose che avevo detto alle Invasioni barbariche». In sostanza: i capi del partito la smettano di evocare la lesa maestà ogni volta che qualcosa non viene deciso nelle loro stanze. «Loro» - sostantivo e aggettivo - è l’espressione che Matteo usa per marcare la sua estraneità. Che è reale ma è, anche, una trovata di marketing. «E io vengo appunto dal marketing...», sorride nel suo studio sventolando il programma, «i miei cento punti».

Indossa una camicia bianca, i pantaloni slim fit, alla sua sinistra, alla parete, una Madonna di scuola raffaellita, alla destra una foto in cui si produce in un compito baciamano a Ratzinger, sul tavolo una copia del libro che ha scritto, "Tra De Gasperi e gli U2". Ultima passione letteraria, Dave Eggers; scrittore classico più amato, Antoine de Saint-Exupéry («ma non "Il piccolo principe", non sia mai, lo scriva; "Terra degli uomini"»); ultimo film visto, a San Valentino, The Millionaire. Renzi è sposato e ha tre figli. E’ cattolico, il suo mito è De Gasperi, ma sul testamento biologico può anche citare Andreotti: «La sua intervista alla Stampa conteneva la posizione più giusta, lasciare una possibilità di scelta. Napolitano ha fatto benissimo a non firmare il decreto. Io che farei se mi capitasse? Uff... che sofferenza solo pensarci... Certo non mi piacerebbe interrompere il cibo e far morire così una persona, a quel punto meglio farle un’iniezione. Ma sono materie su cui non può valere un’ortodossia di partito. E sa perché cito Andreotti? La Dc in fondo era più laica del Pd». E però il Pd alle cozze di Firenze, paradosso, potrebbe essere un’occasione. «Questa città avrebbe bisogno di tre cose, innanzitutto di esser riordinata, rimessa a lucido, quanto sarebbe bello ridare ai fiorentini le Cascine, il nostro parco più bello. Poi bisogna puntare sullo sviluppo, è vero, abbiamo l’eccellenza General Electric, ma la città langue, va rilanciata. La Cassa di risparmio è entrata in San Paolo Intesa, la Banca Toscana chiude e i dipendenti verranno presi dal Nonte dei Paschi...».

Renzi è stato discretamente sostenuto da uomini come Wanda Ferragamo, Bona Frescobaldi, Stefano Ricci. «E m’hanno dato del destro, del berlusconiano. Siamo a questo, nella sinistra di Firenze». La cultura sia anche un po’ paracula. «Nel 2004 per i 500 anni del David l’unica cosa che ha saputo fare Domenici è stato un convegno. Nel 2012 ci sarà l’anniversario della morte di Vespucci. Firenze è la città più americana d’Italia, ha 32 università Usa, più di Londra, più di Parigi. Perché non fare un grande anno americano? Voglio portare Obama in città a celebrarlo. Lui e Michelle hanno nominato una sola città italiana, Firenze». Altro caso-non caso: un suo grande sponsor è stato Paolo Fresco, l’ha introdotto agli ambienti americani della città. Domenici? «Sulla sua onestà personale scommetto. Ma il suo secondo mandato è stato deludente. Cioni? Io credo che dall’inchiesta su Castello non verrà fuori niente su di lui. Vedremo». Sì, vedremo anche se i tanti Crono del Pd lo inghiottiranno; Renzi ha dalla sua financo la forza della preghiera e, al piano terra del palazzo della Provincia di Firenze, l’aiuto della Madonna del Cardellino di Raffaello, che finora ha posato su di lui materno sguardo. «L’avevo pregata, però».

da lastampa.it
« Ultima modifica: Aprile 18, 2016, 12:16:28 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Febbraio 17, 2009, 05:57:10 pm »

Il caso primarie

Renzi e il gelo con il Pd: gli voglio bene, loro non so

Il vincitore: i complimenti di Walter? Mi son morso la lingua

DAL NOSTRO INVIATO

 
 
FIRENZE — Sì, si pole. Alle pareti del comitato di via de Martelli, in faccia al Duomo, c'è John (Kennedy), c'è Bob (Kennedy), c'è Martin Luther King e c'è Obama. «Si pole» in fiorentino sta per «si può», «we can» e Matteo Renzi vuol fare Obama risciacquato in Arno. Stesso uso sfrenato delle tecnologie, Facebook più e-mail, abbinato al ritorno per le strade, al cosiddetto contatto umano. «Davanti alla Coop di Gavinana, quartiere super popolare — ricorda Renzi — un anziano guardandomi ha detto: "Quel Bobby Solo col ciuffo, lo voto, mi sa!"». Solo che qui il partito di Renzi, il Partito democratico, non ci aveva creduto in questo mix: battute, capacità di ascoltare, di fare una carezza e stare in rete, parlare con tutti, rispondere a tutti, l'antico e il moderno, metafora di quel che dovrebbe essere Firenze. «Orgogliosi del domani e gelosi del passato», è la frase che Renzi ha pensato per tv, radio e giornali. Renzi è diventato candidato sindaco del centrosinistra credendoci quasi da solo, contro Lapo Pistelli, responsabile esteri a Roma e Ventura, ministro ombra, e la Lastri, assessore da dieci anni. Ora, sulla porta del comitato c'è un cartello con scritto: «Chiuso per netta superiorità».

Ci fu un momento, durante le polemiche sull'inchiesta giudiziaria che coinvolse l'assessore Cioni, che si parlò di annullare le primarie e Renzi disse al Corriere Fiorentino: «Il Pd nazionale dica pubblicamente che non bisogna fare le primarie e che deve candidarsi a sindaco Fracazzo da Velletri». Poi si decise il ballottaggio, mai introdotto nelle primarie: «Per impedire a me di arrivare primo. Ieri mattina mi ha chiamato Veltroni e mi ha detto: "Meno male che non siamo andati al ballottaggio". Mi sono morso la lingua, mi sono morso...». Ora chiamano tutti. «Stamattina ha chiamato D'Alema ma non ho risposto, non avevo il telefonino sotto mano». Solo nel tardo pomeriggio chiama il sindaco Domenici: «Nel luglio 2008 in un'assemblea del Pd disse: "Tutti possono candidarsi, meno Renzi, che deve restare a fare il presidente della Provincia". Come se la politica fosse una fila alle poste, col numerino...». Ma Renzi è come Guazzaloca a Bologna, l'uomo che strapperà Firenze al dominio comunista e post-comunista? «Macché, io voglio stare nel Pd, voglio dare una mano al Pd».

Solo che adesso sembra che abbia più vantaggi il partito a stare con lei che lei a stare con il partito. Hanno voluto fare la conferenza stampa tutti assieme, segretario regionale, provinciale, cittadino... «Diciamo che io voglio più bene al partito di quanto il partito ne voglia a me». Matteo Renzi, che a 34 anni ha già tre figli (otto, sei e tre anni), va avanti per la sua strada. Addirittura «Cento cose per i primi cento giorni». Cose come isole interrate al posto dei cassonetti, affitti più bassi per le botteghe del centro, luci per vie e monumenti. E poi, dieci assessori invece di sedici e, con il risparmio degli stipendi, mutui per giovani coppie. Piero Luigi Vigna, ex procuratore generale antimafia, consulente per la sicurezza. E tante grazie a Riccardo Nencini, segretario dei socialisti, che ha aiutato tantissimo e conferma per la maggioranza allargata alla Sinistra (area Mussi più area Vendola). E cene con gli industriali, perché con i poteri forti bisogna parlare: «Non sono per far piangere i ricchi, ma perché ridano i poveri». E adesso chi schiererà il centrodestra contro Renzi? «Non so. Giovanni Galli, l'ex portiere della Fiorentina, mi ha mandato un sms di auguri. E' stato il primo. Io un sogno ce l'avrei...». Quale? «Lambertow. Lamberto Dini candidato del centrodestra. Potrei riposarmi un po'!». Renzi è così. Se gli chiedete qual è la zona di Firenze che preferisce, risponderà piazza Vittoria: «Quando andavo al liceo Dante, lì giocavamo la "Cialtrons Cup" di calcio, la Coppa dei cialtroni». E la famosa tramvia che passa accanto al Duomo, punto d'onore della giunta Domenici e del Pd? «Vorrei rivedere certi passaggi dove il tram ci va stretto. Ma per il resto, mica sono per girare per Firenze in mongolfiera!». Renzi è così, per ora ha ragione lui.

Andrea Garibaldi

17 febbraio 2009
da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Marzo 21, 2009, 12:13:46 pm »

Matteo Renzi contro tutti

A soli 34 anni, alle primarie fiorentine del Pd, ha sbaragliato tutti i suoi avversari. Ora dopo le critiche della De Gregorio e della Cgil dovrà guardarsi dai suoi colleghi di partito  Matteo RenziMatteo Renzi, 34 anni, che alle primarie fiorentine del Pd per Palazzo Vecchio a sorpresa ha sbaragliato tutti i suoi avversari, tra cui l'ex ministro ombra Michele Ventura e il parlamentare cattolico Lapo Pistelli, sa bene che più che dallo sfidante del Pdl Giovanni Galli, ex portiere della Fiorentina e del Milan, si deve guardare dai suoi avversari interni.

Un piccolo assaggio lo ha già avuto ad 'Annozero' di Michele Santoro, quando la direttrice de 'l'Unità' Concita De Gregorio lo ha accusato di essere anche lui un uomo di potere. La lista degli anti-Renzi è lunghissima. In prima fila la Cgil che ha polemizzato per l'uscita di Renzi sulla Costituzione e teme che, se dovesse diventare sindaco, si trasformerebbe nel 'Brunetta di sinistra' con i dipendenti di Palazzo Vecchio e delle ex municipalizzate.

Poi alcuni sindaci della cintura fiorentina, come Adriano Chini di Campi Bisenzio, il presidente dell'Ataf (l'azienda dei trasporti) Maria Capezzuoli, ex diessina, il vice sindaco Giuseppe Matulli, ex luogotenente toscano di Ciriaco De Mita. Mentre a livello nazionale il capo della segreteria di Dario Franceschini, il pratese Antonello Giacomelli, alle primarie si è schierato con Ventura, e Rosy Bindi con Pistelli.

Anche Livia Turco non ha perso l'occasione di bacchettare il giovane presidente della Provincia di Firenze. Infine dopo 'Annozero' Giorgio Merlo, deputato Pd, ha tuonato contro il "nuovismo violento del giovanissimo Renzi". Nonostante attacchi e inviti alla moderazione, Renzi va avanti per la sua strada. E tra i manifesti che farà affiggere a Firenze c'è ne uno che ritrae una bambina che fa una linguaccia sullo sfondo di Palazzo Vecchio. Una campagna all'insegna dell'impertinenza nei confronti della nomenklatura.

M. La.

(20 marzo 2009)
da espresso.repubblica.it
« Ultima modifica: Maggio 20, 2013, 11:45:05 am da Admin » Registrato
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« Risposta #3 inserito:: Aprile 02, 2009, 11:09:29 pm »

Voglio un Pd senza più dinosauri

di Denise Pardo


I vecchi leader sono all'ultimo treno. Il segretario si ridiscute dopo le Europee. Renzi, il candidato sindaco, all'attacco: 'Noi giovani chiediamo un partito diverso'.
 
Colloquio con Matteo Renzi 


È un classico caso di nemo propheta in patria, dove la patria è lo stato maggiore del Pd. 'Time' lo ha paragonato a Obama. Più contenuto, anche 'El Pais' ci ha messo del suo. Ma lui, Matteo Renzi, 34 anni, prestante e piacione, sposato con tre figli, presidente della Provincia di Firenze, candidato autoctono alle primarie per la poltrona a sindaco di Firenze dove ha stracciato gli altri pretendenti più organici, è un arruffapopolo della nuova generazione di politici che sta mandando in fibrillazione l'establishment democratico.

Non ha voluto ripresentarsi alla Provincia, pronto in caso di sconfitta alle primarie a lasciare il campo. Non ha avuto remore nel definire il neo segretario Pd Dario Franceschini il "vice-disastro". Renzi va avanti come un carro armato, incurante delle accuse di essere poco di sinistra, pericolosamente moderato.

Adesso, è la volta di una bella polemica con Nicola Zingaretti, il suo collega presidente della Provincia di Roma. Ha detto che il suo taglio alle tasse provinciali sull'acquisto delle auto è stato "un marchettone".
"Dopo il taglio, è accaduto che una serie di aziende romane di autonoleggio abbia fatto un pensierino sui vantaggi di Firenze. Così Zingaretti ha impugnato la delibera, ne ha dette di tutti i colori e si è rivolto pure al Tar, che gli ha dato torto. La verità è che era seccato per un'intervista in cui lo definivo pseudo giovane. Al di là di questo, io ho abbassato le tasse, senza tagliare costi sociali, sia chiaro, e lui no. Perché mi rompe le scatole? Che le abbassi anche lui e siamo pari. Sa che c'è? Per me, diminuire le tasse è di sinistra. Guarda un po'. Mi fa infuriare il fatto che Vincenzo Visco con la pressione fiscale al 43 per cento sia passato per un succhiasangue. Con Tremonti si sta al 43,2 per cento però, la parte del Dracula dei contribuenti la fa sempre il centrosinistra".


A quanto pare non le è bastato il clamore per aver definito Dario Franceschini il vice-disastro. Secondo lei, ora è migliorato?
"Ha scelto un posizionamento politico intelligente. Intelligente? No, forse è un termine un po' forte. Direi saggio. Punta a recuperare l'astensionismo e il consenso passato ad Antonio Di Pietro. È giusto. Oggi, primum vivere. Non sono stato un entusiasta della sua candidatura. Ma adesso, zitti e mosca. Anche lui, quando mi ha chiamato, ha detto: 'L'importante è che si vinca. Dimmi cosa serve'. Quindi: viva Franceschini, ma fino alle Europee. Perché già il giorno dopo si deve decidere cosa fare da grandi. Mi accusano di aver intercettato voti di destra. Vorrei svelare un segreto: alle ultime elezioni abbiamo perso! O troviamo qualcuno che a livello nazionale prenda quei voti border line oppure non vinceremo mai. Ricordo anche che quelli là, che una volta scelgono Prodi, un'altra Berlusconi, sono sempre cittadini italiani".

Le imputano un piglio berlusconiano, in effetti, poco di sinistra.
"Un giorno, sono segnalato come teodem, quello dopo, come l'alfiere dell'antipolitica. Qualcuno vuole capire che siamo un'altra cosa? Siamo un gruppo di ragazzi che ha voglia di fare un partito diverso, il Pd-Pd, un partito democratico per davvero, che se decide di fare le primarie, le fa libere e sul serio, e chi vince vince. E non è che si va al ballottaggio, magari a far la fila davanti alle porte dei maggiorenti del partito in attesa di sapere quello che si deve fare. È così difficile comprendere che c'è gran voglia di una comunicazione e di soluzioni fuori dai vecchi schemi partitici, che sono logori e anti-moderni? Lo sa cosa ha detto l'ex portiere del Milan, Giovanni Galli, candidato Pdl al Comune di Firenze?".

Cosa?
"Ha dichiarato che prima di buttarsi nella campagna elettorale, ha chiesto delle garanzie. Con Galli ho un buon rapporto. E lo apprezzo. Ma questa è la logica diametralmente opposta alla mia. La politica deve essere conquista, deve essere senza rete. Bisogna sudare e combattere, essere pronti a rimettersi in gioco. Come diceva Clint Eastwood: 'Se vuoi una garanzia, allora comprati un tostapane'. Noi, parlo della mia generazione, siamo a un bivio. Dobbiamo scegliere se fare i polli di batteria o avere il coraggio di usare un linguaggio diverso".


Il suo però non va molto a genio, per esempio, a Debora Serracchiani. "È giustissimo che una persona dica quello che pensa. Io non la conosco, anzi a me sta simpatica. Se poi non è reciproco, sopravvivo e se passa per Firenze la ricevo volentieri. Preferisco la discussione vera, profonda: è quella di cui il Pd ha davvero bisogno. Il futuro possibile leader? Può avere il profilo di un'amministratore come Sergio Chiamparino che il sabato mattina prende il trasporto pubblico, se ne va in periferia, ma parla sia agli industriali che al nostro popolo".

Oppure?
"Io spero che si vada verso un congresso vero, in cui chi vuole si candida e tutti si mettono in gioco. E magari esca fuori un outsider, che si chiami Debora Serracchiani o Maurizio Martina, o Federica Mogherini o Giuseppe Civati, uno che mi piace da morire. Certo, bisogna vedere se questi hanno le palle o no di farlo. Il problema è che la generazione dei Pierluigi Bersani e in un certo senso anche dei Chiamparino, non è abituata a dire 'io sono qua, misuriamoci'. Questa volta, però, devono. Mi dispiace dirlo, ma per loro è l'ultimo treno, l'ultima chiamata. Non funzionerà più il meccanismo del 'sono a disposizione del partito, aspetto che me lo chiedano'. Se lo devono togliere dalla testa. Anche perché, dopo di loro, non c'è il diluvio".

C'è Matteo Renzi, invece?
"No, Renzi ha da pensare alla sua città che ama visceralmente. La partita non è semplice. Ma io farò una campagna elettorale andando casa per casa. Questa è una città che si divide su tutto. È stata la città dei guelfi e dei ghibellini. Ma poi i guelfi, tanto per star tranquilli, si divisero pure in bianchi e neri. Io sono un fiorentino vero, non uno che fa il salto della quaglia come Lamberto Dini. Voglio curare Firenze come si merita e non sono in vendita. L'ho spiegato bene al presidente Berlusconi. 'Lei ci prova con tutti', gli ho detto. Il premier ha scelto, praticamente, un dipendente Mediaset. La sua concezione della politica mi fa parafrasare una pubblicità: 'Ci sono cose che non si possono comprare. Per tutto il resto c'è Berlusconi'. Tra l'altro, io apprezzo il Cavaliere per la sua tenacia. E per la sua incredibile, incredibile, capacità quando parla dei problemi italiani, di far dimenticare il lunghissimo tempo che ha passato e passa a Palazzo Chigi".

Dicono che alla Provincia lei abbia fatto bene. Ma a Firenze c'è maretta, dopo il suo exploit di indipendenza. Con il sindaco uscente come sono i rapporti?
"Leonardo Domenici? Un ottimo dirigente di partito, uno bravo che non doveva fare il sindaco e che non voleva che mi candidassi. I Verdi, se potessero, mi termovalorizzerebbero. D'altra parte, li ho buttati fuori dalla giunta. C'è una parte di sinistra che mi detesta e si lamenta di una mia presunta lontananza dai valori dei padri. Vedremo se è più di sinistra piangere sulle questione teoriche della classe operaia o ragionare concretamente su come pulire questa città, creare opportunità di lavoro per i giovani, per la casa, per il recupero di alcune zone degradate, per la creazione di 500 posti di lavoro nel settore culturale... Slogan berlusconiano? La gente però capisce".

È vero che è sostenuto da Comunione e liberazione?
"Io pensavo e speravo di più. Ma il presidente della Compagnia delle opere ha scelto di non andare a votare. Il mio amico, capo delle scuole cattoliche Francesco Neri, idem. E stiamo parlando di rapporti fraterni. Trovo stravagante l'atteggiamento della sinistra verso la Compagnia. L'unico politico che ha chiuso il meeting di Rimini si chiama Pierluigi Bersani. Se Bersani può parlare con la Cdo, non vedo perché non ci possa parlare qualcun altro".

Insomma, secondo l'eretico Renzi, l'homo democraticus a quale nuovo mondo dovrebbe rivolgersi?
"Dobbiamo liberarci dalla scimmia Berlusconi che è sulla nostra spalla, incombente e condizionante. Dobbiamo dimostrare che siamo per il merito, per le capacità individuali. Che non siamo contro la piccola e media impresa o le partite Iva. Arriviamo al governo e cosa scrive Rifondazione sul suo manifesto: 'Anche i ricchi piangano'. Anche i ricchi piangano? Il tema della sinistra, deve essere anche i poveri sorridano. È come se avessimo rinunciato a essere il partito delle opportunità".

Anche Massimo Cacciari la bacchetta. Sostiene che lei chiacchiera troppo.
"Detto da una personcina riservata e taciturna come Cacciari...".

Chi è l'Obama italiano?
"Francamente, al momento vedo solo tanti Joe Biden"

(02 aprile 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #4 inserito:: Febbraio 08, 2011, 05:23:39 pm »

Politica

08/02/2011 - INTERVISTA

Renzi: l'antiberlusconismo danneggia l'opposizione

Il sindaco di Firenze: non siamo in un'emergenza democratica

CARLO BERTINI
ROMA

Comincia con una premessa, «ho fatto un fioretto e per sei mesi non parlo del Pd e del suo vertice». Continua giustificando lo scontento di quelli che protestano pacificamente perché non ce la fanno più. Ma poi, a differenza di quanto declamato all’assemblea nazionale da D’Alema e Franceschini, spiega che a suo avviso «non si può parlare di emergenza democratica per il caso Ruby, ma al massimo di emergenza sessuale».

Per lei gli scontri di Arcore sono un clamoroso regalo a Berlusconi. Condanna solo i tafferugli o anche la scelta di manifestare sotto casa del premier?
«Mi verrebbe da dire, “meno male che Giorgio c’è”, perché il Capo dello Stato, in questo momento di palude della vita politica, è un grande punto di riferimento. Separerei dunque il giudizio sugli esagitati che sono andati lì a cercare lo scontro, da quello su chi è andato lì a manifestare pacificamente con un po’ d’ironia. Politicamente però credo che non basti la protesta, un problema che va avanti da 17 anni. Rispetto la passione civile di molte persone andate lì ed ho fatto una bella discussione su facebook con diversi ragazzi...»

Che sul suo blog gliele hanno cantate. Ne hanno subito approfittato per rinfacciarle il famoso pranzo ad Arcore. O no?
«Non direi, la maggioranza invece è d’accordo con me, 614 persone mi hanno detto ok, una cosa che non mi succedeva da diverso tempo. Dei 340 commenti, la gran parte sono a favore, poi naturalmente c’è chi mi dice basta con queste polemiche, oppure “spiegaci tu se la politica diversa vuol dire andare a cena ad Arcore! Meglio andare in piazza”. Detto questo, credo che il punto sia uscire da questo clima di derby e rissa permanente. Non voglio fare tutte le volte il grillo parlante del Pd che dice “ci vorrebbe ben altro”, ma sono convinto che non sarà la piazza a mandar via Berlusconi. Fermo restando che in un paese civile il premier si difende in tribunale e non in tv».

Dunque lei non ritiene che il caso Ruby segni un degrado morale e che si debba reagire a questa emergenza democratica?
«Io credo che tutto si può dire, tranne che questa vicenda sia un’emergenza democratica. Fatico a capire cosa c’entri Ruby con la democrazia, anche se questo modo di fare è lontano anni luce dal mio modo di vivere che sono per definizione un “anti bunga-bunga”, accusato spesso di essere un bacchettone cattolico».

Quindi il Pd non deve sostenere in questa fase la mobilitazione e l’indignazione della società civile?
«Sono molto colpito, perché ho tanti amici e mia moglie che esprimono il disgusto in generale per la politica e in particolar modo per il governo, un sentimento aumentato in questo momento dal caso Ruby e dall’altro lato ho la convinzione che per sconfiggere Berlusconi de-fi-ni-ti-vamente non si deve cavalcare l’antiberlusconismo. Non ho i sondaggi, ma sono convinto che dopo gli scontri di Arcore, la popolarità del premier sia risalita di colpo. Rispetto profondamente chi ci invita a cavalcare l’antiberlusconismo, ma penso che può vincere solo una sinistra che esca dal muro contro muro. E credo che, distinguendo bene i violenti andati lì apposta, quindi senza fare d’ogni erba un fascio, se vuoi mandare a casa Berlusconi non ti aiutano gli scontri di piazza e non ti serve il ricorso alla magistratura».

Cosa dovrebbe fare quindi l’opposizione?
«Ora nel paese c’è rassegnazione, la sensazione di essersi impantanati sulle cose da fare. E quindi penso che il Pd e in generale la sinistra debbano ridare speranza e entusiasmo, non proporre Sante Alleanze che restituiscono una verginità a Berlusconi consentendogli di fare di nuovo la vittima. Tanto più considerando invece che in questo momento chi rischia di perdere le elezioni è proprio il centrodestra e dunque farei una campagna elettorale vera, dimostrando di essere alternativa sulle cose concrete. Quindi casomai vanno chieste le elezioni, senza però proporre Sante Alleanze che non funzionavano nemmeno nel Medioevo».

da - lastampa.it/politica
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« Risposta #5 inserito:: Febbraio 02, 2013, 05:29:22 pm »

A Firenze Renzi sul palco con Bersani: ha vinto lui, io lo sostengo.

E il segretario: sei protagonista del cambiamento

1 febbraio 2013


I "Pdbrothers" salgono sul palco del Teatro Obihall di Firenze. È il primo evento pubblico tra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il sindaco di Firenze Matteo Renzi dopo le primarie. Esauriti i 2mila posti in sala. Il sito del Pd ha lanciato questo appuntamento con la foto dei Blues Brothers e in rete l'hashtag é diventato subito "pdbrothers".

Il sindaco, primo a parlare, attacca Monti e Berlusconi e avverte: no a un finto unanimismo, e poi accade che Prodi è stato mandato a casa. Ben venga dunque il dialogo tra chi la pensa in modo diverso, anche all'interno dello stesso partito. «Ha ragione Matteo - afferma Bersani nel suo intervento dal palco- , io ci ho creduto, come ci ha creduto lui. Le primarie ci hanno fatto fare dei passi avanti e io voglio riconoscere a matteo di essere stato un protagonista dell'allargamento del Pd. Perché devi rischiare qualcosa, se vuoi il cambiamento». «Noi siamo un partito che ha fatto quello che ha detto. Siamo alternativi alla destra: a quella di Berlusconi, a quella della Lega, ai populismi. La prossima legislatura dovrà essere sull'economia reale», conclude il segretario del Pd.

Renzi: c'è il Pd e non siamo qui per contarci
Il primo a parlare è Renzi. E i tono sono all'insegna dell'ironia. «Auguri al prossimo presidente del Consiglio Pier Luigi Bersani. Vedo qualcuno in prima fila che fa gesti apotropaici...». «Ha vinto lui, io lo sostengo. Abituiamoci alla lealtà. Non ci sono bersaniani e renziani. C'é il Pd e non siamo qui per contarci», afferma il sindaco di Firenze. Che avverte: non bisogna «sottovalutare Berlusconi». «Quanto tempo abbiamo speso a darci reciprocamente garanzie di lealtà?», chiede il rottamatore a chi ha votato Bersani alle primarie, ma «si dicono prima le cose per evitare di fare come il centrosinistra del passato che ha fatto finti unanimismi e poi ha mandato a casa due volte Prodi. Quella pagina non la consentiremo».

Renzi attacca anche Mario Monti. Il professore, dice, «forse si confonde, quando parla del 1921 come data di nascita del Pd, può darsi che parli della sua carta d'identità». «In un anno Monti - osserva a sua volta Bersani - non ci ha mai trovato un difetto e ora da 15 giorni ce ne trova uno al giorno. Quella di oggi sul Pd nato nel '21 è veramente infelice. Si può dire di tutto ma non ferire un progetto di cui non ha neanche una vaga idea».

Su Mps, Bersani: vogliamo commissione di inchiesta dei derivati
Tra le questioni poste dal sindaco di Firenze, anche lo scandalo derivati che ha travolto Mps. «Dal prossimo Governo di centrosinistra - afferma Renzi - ci aspettiamo che Bersani sia capace» di costruire «un rinnovato rapporto tra finanza e politica».«Non siamo delle mammolette e non accettiamo che ci faccia la predica chi ha cancellato il falso in bilancio, che noi reintrodurremo il primo giorno di governo - aggiunge Bersani -. Noi stiamo chiedendo l'istituzione di una commissione di inchiesta sull'utilizzo dei derivati e per una loro regolamentazione più stringente».
Nella vicenda Mps, osserva ancora il segretario del Pd, «c'è stato un eccesso di localismo dal quale bisognava e bisogna emanciparsi».

Il segretario: sostenere governo tecnico non ci ha indeboliti
«Non mi sono pentito» di avere sostenuto il governo Monti, confida poi Bersani. «Un grande partito quando fa quel che fa bene al paese ha fatto il suo, ha fatto la roba giusta e la nostra gente lo ha capito», assicura Bersani, «non ci siamo indeboliti per questo».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-02-01/firenze-renzi-palco-bersani-181407.shtml?uuid=AbrdjPQH
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« Risposta #6 inserito:: Febbraio 02, 2013, 05:31:28 pm »

IL COMIZIO DI FIRENZE

Bersani e Renzi di nuovo insieme: «Basta guerriglie, il Pd è di tutti»

«Berlusconi non va sottovalutato»

E Bersani contro Monti: «Non ha mai trovato un difetto al Pd, ora lo fa tutti i giorni»


Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani di nuovo insieme in un comizio elettorale a Firenze. Per la prima volta dopo le primarie i due esponenti del Pd si sono ritrovati al teatro Obihall di Firenze per un comizio elettorale. La sala è gremita e all'esterno è stato montato anche un maxischermo all'esterno per consentire, a chi non è riuscito ad entrare di seguire il comizio.

«NESSUNA GUERRIGLIA» - Per primo ha preso la parola Renzi, sindaco della città che ha subito chiarito: «La campagna delle primarie è servita per dirci in faccia tutto. Io ora non farò certo una guerriglia che indebolisce lo schieramento. Abituatevi» sottolineando che il Pd «è il solo partito che ha scelto il candidato premier con le primarie». Renzi parla con «spirito costruttivo» e si rivolge a tutti «anche a quelli che non hanno votato per me. Non abbiate paura di chi non la pensa come voi. Non dobbiamo pensare che chi dissente è un nemico. Meglio dirci prima le cose sennò i finti unanimismi hanno fatto sì che per due volte Romano Prodi è andato a casa. Non lo faremo» chiarisce Renzi rivolgendosi agli ex rivali delle primarie, invitando ad evitare gli errori del passato. «Noi non siamo oggi a contarci in un gioco di correnti», qui «non ci sono bersaniani e renziani. Qui c'è il Pd» che è «di tutti».

GLI AVVERSARI - Renzi cita subito gli avversari della campagna elettorale. «Chi sottovaluta Berlusconi commette un errore. Dobbiamo stare attenti a non considerarlo l'uomo del passato ma al tempo stesso non dobbiamo averne paura» spiega Renzi che invita a stare attenti al recupero del Cavaliere. «Non dobbiamo averne paura perchè può ingaggiare Balotelli ma anche se ingaggia il mago Silvan non servirà a far sparire le cose che ha fatto e quelle che non ha fatto». Matteo Renzi «scippa» ancora Balotelli a Berlusconi: «L'Italia giusta è l'Italia di Mario Balotelli, di Mario che abbraccia sua mamma dopo la vittoria con la Germania. In quell'immagine si vede una mamma che abbraccia un figlio e nel nostro pensiero è difficile accettare che quella sia una mamma che abbraccia un figlio. Balotelli ha dovuto aspettare i 18 anni per avere la cittadinanza italiana - ha proseguito Renzi - L'Italia giusta è l'Italia è anche quella dei simboli». Ci sono parole d'ironia anche per Monti. «Oggi Monti ha detto che il Pd è nato nel '21... deve aver confuso con la sua carta d'identità. Forse è nato lui in quella data. Monti per mesi ha detto che non si sarebbe candidato e sarebbe rimasto sopra le parti e ora è nel ring della politica di tutti i giorni con persone molto lontane da lui. Forse non ha capito che Fini non è quello dei tortellini ma quello della Bossi-Fini. Monti candidato non è più credibile».

E BERSANI RESTA IN CAMICIA - «Un primo omaggio a Matteo, che se lo merita». Pier Luigi Bersani prende la parola, sul palco di Firenze, togliendosi la giacca. Matteo Renzi si è presentato sul palco in camicia bianca. «Siamo ancora o al festival delle promesse o all'attacco generico all'avversario, senza che si riesca a mettere al centro il futuro del Paese. Io sono indignato - dice il leader del Pd - per questi giorni di campagna elettorale: abbiamo assistito solo a favole e promesse invereconde e non degne di un paese serio». Cita Beppe Grillo «Gira nelle piazze della Sicilia e va là e promette mille euro al mese a tutti per tre anni. Ovvero 100 miliardi di euro. Almeno Lauro un pacco di pasta glielo dava. L'altra scarpa dopo le elezioni gliela portava». E anche da parte sua arrivano critiche per Mario Monti: «In un anno non ha trovato un difetto al Pd. Son 15 giorni che ogni giorno ne trova uno».

IMU - Pier Luigi Bersani immagina una modifica dell'Imu che la renda più progressiva e preveda l'esenzione di «una fascia di immobili di minor pregio e anche dei mezzi di produzione delle piccole imprese».

I DIRITTI - Diritti e cultura sono altri due punti toccati da Bersani. «Vogliamo essere all'altezza della grande cultura di Firenze. E vogliamo essere all'altezza dei diritti europei: questa dei figli degli immigrati è una vergogna e la risolviamo. Questa dei diritti degli omosessuali e delle unioni civili è una vergogna: e la risolviamo. E anche questa cosa del diritto allo studio dove ci sono 50 mila studenti in meno che possono studiare è una vergogna classista: e noi la risolviamo».

Redazione Online

1 febbraio 2013 | 21:37© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_febbraio_01/bersani-renzi-comizio-elezioni-firenze_c5e6b646-6c92-11e2-9729-7dce41528d1f.shtml
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« Risposta #7 inserito:: Febbraio 02, 2013, 05:32:55 pm »

 Elezioni 2013.

Bersani e Renzi a Firenze puntano sull'unità ed Mps resta fantasma innominato e innominabile.

Il ruolo di Napolitano

Pubblicato: 01/02/2013 20:56 CET


Cosa è successo tra l’intenzione di Pier Luigi Bersani di approfittare della scena fiorentina con Matteo Renzi per lanciare un messaggio sul caso Monte dei Paschi e la realtà? Perché la realtà nel capoluogo toscano parla di un teatro Obihall strapieno (1500 persone dentro, più altre mille negli spazi limitrofi coi maxischermi), di uno show all’insegna dell’unità del Pd, di un sindaco che dà il “benvenuto al prossimo presidente del Consiglio”, di un futuro premier che annuncia una commissione d’inchiesta sul sistema bancario tutto, derivati e il resto. Ma non una parola specifica sul caso Siena: Bersani ha cambiato registro rispetto a sabato scorso, quando sputò fuoco su Mps, citando per bene la banca che è diventato l’incubo elettorale dei Dem, tracciando ricette, minacciando: “Li sbraniamo”, a chi avrebbe osato attaccare. Eppure la città epicentro della tempesta mediatico-giudiziaria che disturba i sonni del Pd è a due passi da Firenze. Cosa è successo?

Dallo staff del segretario ostentano serenità. Tutto è andato come doveva andare. E’ un dato di fatto però che nelle ultime 24 ore qualcosa è cambiato. Il capo dello Stato Giorgio Napolitano è intervenuto per rimettere ordine su un polverone aizzato anche ad arte in campagna elettorale e mirato a gettare fango su Bankitalia e gli organi di vigilanza sulle banche. Un monito in più fasi, quello del presidente della Repubblica: prima l’intervista al Sole24ore, poi il ‘discorsetto’ alla stampa parlamentare ricevuta al Quirinale. La predica è rivolta particolarmente al Pdl, che sta trasformando il caso Monte dei Paschi in un’occasione per regolare i conti con la passata gestione di Palazzo Koch. Basterà per calmare le acque fino al voto? In casa Pd se lo chiedono, pur restando preoccupati. Bersani intanto decide di fare sua la linea di moderazione dei toni, classico primo passo. Il segretario non elude il tema Monte dei Paschi, dicono i suoi, ma lo allarga al sistema bancario in generale che ha bisogno di trasparenza.

E così la kermesse di Firenze diventa un evento tutto ad uso degli elettori del centrosinistra, quelli di oggi e quelli che verranno. Bersani e Renzi che si abbracciano sul palco, entrambi in maniche di camicia per esorcizzare qualsiasi ombra di distanza, il sindaco e il segretario che si passano la staffetta negli interventi, gli applausi per l’unità ritrovata: tutto questo mette la parola fine agli scontri delle primarie, a due mesi di distanza dal ballottaggio. Il pranzo del 3 gennaio a Roma ha rotto il ghiaccio. L’evento pubblico di oggi è quello che serviva per motivare al “voto utile contro la destra” e rassicurare anche i renziani delusi sul futuro. L’Obihall conferma che Renzi non è una risorsa sprecata del partito. Uno: perché il sindaco stesso ha alluso alla possibilità di riprendersi la scena, facendo ben capire a suon di battute che non molla così. Due: perché pure Bersani ha ripetuto il suo mantra: “Dopo Bersani, c’è il Pd”. E’ un meccanismo democratico di cui occorre approfittare: questo sembrava dire il fragore degli applausi della platea.

Una platea che si aspettava di più dal segretario. In prima fila, accucciati sotto il palco, anche sui pavimenti perché i posti erano tutti esauriti, lo senti quell’urlo, ogni tanto arriva: “Va bene, ma devi attaccare!”. Oggi però Bersani non è il leone di sabato scorso. Prima di arrivare all’Obihall ha preso un caffè con Renzi in municipio, nella sala Clemente VII, roba da papi. Insieme hanno deciso di puntare sulla serenità. Dunque, niente schemini secondo cui il sindaco non avrebbe citato il caso Mps, mentre il segretario ne avrebbe parlato a lungo. Era un’idea iniziale tramontata in nome della necessità che entrambi dovevano fare bella figura a Firenze. Dunque, meglio evitare qualsiasi cosa che potesse evocare gli scontri pre-primarie proprio sul rapporto con la finanza e le banche, scoppiati dopo la cena organizzata per Renzi a Milano dal broker Davide Serra.

Il risultato è che: Bersani fa il discorso classico di campagna elettorale, a Renzi il compito di attaccare Mario Monti. “Noi siamo nati nel ’21? Deve essersi confuso con la sua carta d’identità”, dice il sindaco, che approfitta dell’occasione per mostrare come sa essere senza attaccare il segretario. Parla con il solito sussidio di fotografie proiettate sui maxischermi: dagli scatti contro la pena di morte a quelli con la cupola del Brunelleschi fino alla foto di un castello adagiato sulle nuvole. Quest’ultima è l’immagine che più gli serve per parlare ai suoi elettori delle primarie, a quelli che ci sono rimasti male per la sconfitta. Ce li ha lì in sala e si fanno sentire. Per loro, il sindaco cita David Thoreau: “Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non è perduto. E’ quello il posto dove il castello doveva stare, oggi il vostro compito è costruire le fondamenta”. Applausi. Poi la rassicurazione: “Non ci sono bersaniani e renziani: ci sono i democratici. Non siamo qui solo per atto di lealtà, non facciamo questa assemblea perché lo si era detto ma perché c’è bisogno di ognuno di noi: non diamo niente per scontato, mettiamoci in gioco in modo serio verso il voto”. Per Bersani c’è un regalino: una statuetta del Marzocco, il leone simbolo di Firenze: “Spero la metta a Palazzo Chigi, è simbolo di valori, entusiasmo, libertà, bellezza. Non so se Bersani sbranerà qualcuno, ma porterà avanti i valori dell’Italia Giusta”. Fuori, rimbomba la protesta di alcune rsu del comune di Firenze arrabbiate perché senza garanzie di lavoro futuro. Dentro non c’è spazio per musi lunghi.

da - http://www.huffingtonpost.it/2013/02/01/elezioni-2013-bersani-renzi-firenze-puntano-unita-mps-fantasma-innominato-ruolo-di-napolitano-_n_2562363.html
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« Risposta #8 inserito:: Marzo 06, 2013, 12:23:01 pm »

 Elezioni 2013.

Domani la direzione del Pd darà l'ok a Bersani, ma il partito è diviso sul dopo.

Renzi vede Monti e non punta al voto subito.

I suoi: governabilità anche col Pdl

Pubblicato: 05/03/2013 20:52 CET  |  Aggiornato: 05/03/2013 22:16 CET


La crisi post-elettorale ruota intorno ad una scommessa. I grillini ci staranno a fare le trattative per l’elezione dei presidenti delle Camere, per il governo e per l’elezione del presidente della Repubblica? Sembrerà banale, ma è questo il tema intorno al quale si stanno coalizzando grosso modo i due diversi schieramenti trasversali alle prese con il futuro del paese. Da una parte, chi scommette sulla disponibilità del Movimento 5 stelle, nonostante i niet di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Dall’altra, chi scommette sulla loro indisponibilità. Allo stato, chi vincerà potrebbe prendere tutto: presidenze delle Camere, governo e Quirinale. Chi sta con chi? Di certo, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi non stanno dalla stessa parte, non fino in fondo. Anche se non ci sarà scontro tra i due domani nella direzione del Pd. Il colloquio di due ore oggi a Palazzo Chigi tra il sindaco di Firenze e il premier Mario Monti serve però a veicolare questa differenza di approccio interna al Pd.

Bersani. Il segretario del Pd passa gran parte della giornata a scrivere la relazione per la direzione di domani. I suoi danno per certo che la linea di apertura ai grillini passerà. Del resto, anche chi non la sostiene (come i veltroniani) lascia trapelare che domani la discussione sarà accesa, ma non ci sarà resa dei conti, tanto più che i lavori della direzione verranno trasmessi in streaming sul web. Il punto è che mentre il segretario è ancora convinto di poter far breccia nel cuore dei grillini, i suoi avversari interni scommettono sul contrario, ma gli lasceranno portare a termine la missione, convinti che fallirà. Riflettori puntati sull’elezione della presidenza del Senato: sarà quello il primo tavolo di trattativa per il governo che verrà. I bersaniani, sostenuti dai vendoliani di Sel, non escludono di poter trovare un accordo con i cinque stelle, mettendo nel conto di cedere a loro la presidenza di Palazzo Madama (mentre quella del Senato andrebbe al Pd, nome in pista: Dario Franceschini). Naturalmente, non sfugge a nessuno che si tratta di una carica delicatissima, la seconda carica dello Stato, la soluzione naturale se dovesse servire una figura come compia un altro giro di verifiche per una maggioranza di governo (come fu per Marini nel 2008). Ad ogni modo, le trattative per lo scranno più alto del Senato vengono presentate dai bersaniani come test preliminare per capire come andrà sul governo. Se andrà in porto l’intesa con i grillini, lo schema prevede Bersani a Palazzo Chigi e Romano Prodi al Quirinale, in quanto il professore sarebbe gradito ai grillini, in particolar modo avrebbe ottimi rapporti con Gianroberto Casaleggio.

Renzi. Fuori discussione l’idea che possa essere lui a guidare ora un esecutivo di larghe intese, se dovesse fallire il tentativo del segretario con i 5 stelle. Il primo cittadino toscano punta a presentarsi come candidato premier alle prossime politiche, dove non esclude di doversi battere proprio con l’avversario Beppe Grillo. Figurarsi se adesso possa sostenere un’ipotesi di governo con il M5s. Lo ha anche detto nella sua enews: “Grillo bisogna sfidarlo, non inseguirlo”. Questo non significa che domani in direzione sferrerà l’attacco a Bersani. Il segretario del Pd avrà il mandato di proseguire sulla sua linea anche da parte dei renziani, ma dopo, se dovesse fallire, gli uomini del sindaco non punteranno al voto subito come fanno i Giovani Turchi bersaniani. Si dichiarerebbero disposti ad un governo tecnico sostenuto anche dal Pdl, in nome della governabilità. Il vice di Renzi al comune di Firenze, Dario Nardella, neoeletto alla Camera, lo dice a Zapping su Radio 1: “Se i tentativi di Bersani di avvicinarsi al M5s dovessero fallire, trovo legittimo pensare ad un accordo tra Pd e Pdl. Gli italiani non sono preoccupati delle alchimie politiche ma piuttosto di avere un governo stabile che guidi il paese, anche se per fare questo fosse necessaria un'alleanza inedita. Un'alleanza che avrebbe solo l'obiettivo di portare a termine alcuni punti programmatici comuni su questioni urgenti". Poco dopo, sulla sua pagina Facebook, Nardella ritratterà questa dichiarazione: “Non ho auspicato affatto un governo Pd-Pdl, che nascerebbe da tentativi di autoconservazione e di inciucio". Ma i renziani di più stretta osservanza invitano a dar credito al ‘primo Nardella’, in effetti fedelissimo di Matteo.

Governabilità e poi ritorno al voto, che anche per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano resta l’ultima ratio. Del resto, Renzi non ha mai fatto dell’anti-berlusconismo un suo vessillo politico. Dunque se la giocherebbe comunque a distanza da Roma, ma aperto a formule tecniche che garantiscano un governo al paese. In questa cornice, il nome per Palazzo Chigi potrebbe restare ancora quello di Monti, in subordinata quello di uno dei suoi ministri, da Corrado Passera, ad Annamaria Cancellieri oppure Fabrizio Barca. Poche riforme e poi al voto, prevedibilmente non prima dell’autunno oppure magari con le europee del 2014, come prevede Emanuele Macaluso, personalità vicina a Napolitano. In questo quadro, la maggioranza di governo Pd-Pdl-Monti punterebbe ad eleggere al Quirinale, Giuliano Amato.

Monti. Le due ore passate con Renzi a Palazzo Chigi servono a veicolare il messaggio che la maggioranza che ha sostenuto finora il professore al governo non si è liquefatta al sole primaverile, bensì ha ancora un suo senso in questa situazione di caos. Con l'incontro con Renzi oggi e la lettera che chiede ai leader dei partiti un confronto sull'Europa in vista del consiglio Ue della prossima settimana, il premier torna a ritagliarsi un ruolo da tecnico, pronto ad una possibile riconferma a capo dell’esecutivo, con nuovo voto di fiducia, s’intende. Per la cronaca: sull'Europa riceverà Bersani giovedì prossimo, Berlusconi l'8 marzo, Grillo non pervenuto. Il gruppo dei montiani eletti al Senato avrà un ruolo determinante nell’elezione del presidente di Palazzo Madama, secondo lo schema di chi scommette che i grillini resteranno fuori dalle trattative. E non è escluso che in questo caso lo scranno più alto del Senato possa restare nelle mani del Pdl. Ad ogni modo, lasciano filtrare da Palazzo Chigi, i senatori di Scelta civica non la voterebbero una fiducia ad un governo di Bersani con gli M5s.

Napolitano. Oggi il capo dello Stato ha preso atto dell’impossibilità di anticipare al 12 marzo la prima seduta delle Camere. Resta fissata la data di venerdì 15 marzo, cosa non affatto sgradita alle forze politiche (Pd bersaniano in primis) che, anche per via dell’imperscrutabilità dei cinque stelle, navigano ancora nel buio. Non a caso Napolitano ringrazia la “magistratura per lo sforzo di celerità”, segno che il motivo del mancato anticipo non sta nei tempi dell’esame dei ricorsi da parte delle Corti d’appello cui spetta il compito di proclamare gli eletti. Napolitano infatti si raccomanda: “Confido che le operazioni relative all'insediamento delle Camere e alla costituzione dei Gruppi parlamentari si svolgano con la massima sollecitudine possibile". Il capo dello Stato a questo punto sta valutando di assegnare comunque l'incarico a Bersani per la formazione di un governo e se il tentativo fallisse, si metterebbe a lavorare per un governo tecnico, in nome della governabilità.

da - http://www.huffingtonpost.it/2013/03/05/elezioni-2013-domani-la-direzione-pd-ok-bersani-partito-diviso-sul-dopo-renzi-vede-monti-e-non-punta-al-voto-subito-i-suoi-governabilita-anche-con-pdl_n_2812892.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #9 inserito:: Maggio 04, 2013, 03:37:50 pm »

politica
04/05/2013

“Basta rottamare Ricostruiamo l’Italia dei prossimi 20 anni”

Renzi lancia il suo nuovo progetto con un libro: «Letta serio , il suo unico difetto è che è pisano»

Marco Castelnuovo
[marco castelnuovo su g+]
inviato a Dogliani (CN)


Matteo Renzi arriva impeccabile in vestito blu, camicia bianca e cravatta azzurra a Dogliani, provincia di Cuneo. Non sono evidentemente gli abiti di un rottamatore, vestiti che ha - pare - definitivamente dismesso. 

 

Il nuovo Matteo Renzi vuole invece ricostruire. «La rottamazione ha vinto - spiega lui prima di salire sul palco con Giovanni Minoli per il Festival della Tv -. Ha perso le primarie, ma ha vinto le secondarie. Ora c’è bisogno di andare oltre».

E «Oltre la rottamazione» è infatti il titolo del libro che sta per pubblicare con Mondadori: un manifesto politico con il quale il sindaco di Firenze affronterà una fase tutta nuova anche per lui. «Da De Gasperi agli U2» era il titolo del suo primo libro, più immaginifico che solido. «Oltre la rottamazione» invece è quanto di più solido ci sia. È incentrato su tre pilastri: il lavoro, il futuro, la politica. Il capitolo finale è una lettera a Gregorio - nome inventato - che rappresenta un ragazzo che avrà vent’anni nel 2033. Un neonato di oggi. 

Renzi ci tiene a ripeterlo: «Noi dobbiamo restituire fiducia nell’Italia, ridare entusiasmo». Fare politica - per lui- significa proprio questo. «Dobbiamo dare una missione al Paese per i prossimi vent’anni». È la colpa «peggiore» di Berlusconi, il «suo fallimento»: aver gettato questi ultimi vent’anni sprecando l’opportunità di fare le riforme di cui il Paese ha bisogno. 

 

Renzi cerca di vedere a vent’anni ma non dimentica l’oggi e attacca a testa bassa Berlusconi. È il primo, nel suo partito, a dire che non può essere il Cavaliere il capo della Convenzione delle riforme («Farlo diventare padre costituente mi pare inaudito»), risvegliando dal torpore un Pd un po’ ingessato dopo l’avvio del governo delle larghe intese. Conferma che è stato Berlusconi a dire no a un suo possibile incarico da premier per questa stagione: «Mi ha chiamato Alfano per spiegarmi che loro preferivano Letta, anche se non so Napolitano come si sarebbe comportato se i partiti avessero avanzato il mio nome».

Acqua passata. Ora comincia una nuova fase, una terra inesplorata un po’ per tutti. 

 

È il momento di ricostruire forse perché non c’è più niente da rottamare. La classe dirigente che governava il partito è quasi completamente uscita di scena per un fatto molto semplice, secondo il sindaco: «Abbiamo perso le elezioni. Coloro che mi attaccavano in campagna elettorale perché dicevo che bisognava prendere i voti del centrodestra, oggi governano con i ministri del centrodestra». Ma non intende fare la guerra a Letta («Con lui sarò leale come con Bersani»), che è «serio, europeista e ha un solo difetto: essere pisano». Per Renzi, il premier non è un competitore neanche sul terreno del ricambio generazionale («Ho dieci anni meno di lui- scherza -, cioè ben due legislature»). 

 

Conferma che non è adatto per fare il segretario del Pd ma è contento del fatto che nessuno lo viva più come corpo estraneo nel partito («Un appestato», dice lui). Solleva Bersani dall’essere l’unico responsabile della disfatta ma rileva che mentre «Grillo riempiva le piazze, noi ci chiudevamo in un teatro sapendo solo ripetere “lo smacchiamo”».

Ma è l’Italia che ha in testa e da lì intende ripartire più che dal partito. Il libro in uscita segna il primo passo di questa nuova fase. Il secondo passo l’ha fatto ieri sera. Una cena riservatissima a casa dell’ingegner De Benedetti sulle colline di Dogliani. Il nuovo Renzi è pronto per la prossima battaglia.

Twitter@chedisagio

da - http://lastampa.it/2013/05/04/italia/politica/basta-rottamare-ricostruiamo-l-italia-dei-prossimi-anni-gjFa79xyqTkxVif4LA20tI/pagina.html
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« Risposta #10 inserito:: Maggio 11, 2013, 11:04:15 am »

Il Pd cerca un segretario: al via l'assemblea nazionale.

Renzi: non regaliamo il governo al Cav.

di Vittorio Nuti

11 maggio 2013

È iniziata alle 10 di questa mattina presso la Nuova Fiera di Roma l'attesa assemblea nazionale del Partito Democratico con all'ordine del giorno le dimissioni della presidente, Rosy Bindi, del segretario Pierluigi Bersani e dell'intera segreteria, e l'elezione dei nuovi vertici del partito. In pole position, dopo giorni di polemiche e candidature subito rientrate, l'ex leader della Cgil, Guglielmo Epifani, destinato a "traghettare" il partito fino al prossimo congresso, previsto per l'autunno. Su Epifani si sarebbe trovata «un'ampia convergenza», ma la candidatura dovrà comunque passare dal voto segreto in assemblea. Possibile dunque una giornata movimentata: prevista infatti la protesta di OccupyPd, e all'ultimo minuto potrebbe sempre arrivare una contro-candidatura.

Oltre 700 partecipanti, Letta atteso in tarda mattinata
La relazione di apertura è affidata ad uno dei capigruppo parlamentari (probabilmente Roberto Speranza). Le candidature per la segreteria dovranno essere presentate entro le 13 con minimo 95 firme (il 10 per cento dell'assemblea). Per l'elezione del segretario serve la maggioranza dei voti validamente validamente espressi. Si voterà dalla 14 alle 16 di oggi, ed hanno già confermato la loro presenza piu' di 700 membri dell'assemblea. Il premier Enrico Letta dovrebbe arrivare alla riunione in tarda mattinata Atteso anche un documento promosso dai segretari regionali del Pd sulla candidatura di Epifani e per il sostegno al governo Letta e il rilancio del partito.

Renzi: «Il Pd non regali il governo a Berlusconi»
Al centro dei conciliabili dei delegati che già affollano la Fiera di Roma l'ultima intervista su "Repubblica" del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che invita il Pd a non «regalare il governo a Berlusconi», ma a «rivendicarlo», indicando le «priorità e dandogli un'impronta "di sinistra».

Per Renzi, il partito dovrebbe «cambiare gioco» e liberarsi «di questo strano incantesimo che ci paralizza» e a «uscire dallo psicodramma: non trasformiamo l'assemblea in una seduta di autocoscienza». Mentre Berlusconi «studia come tornare a Palazzo Chigi», sottolinea Renzi, «noi siamo sotto shock. Basta con la depressione. Guidiamo noi questo governo. Abbiamo già sprecato un calcio di rigore a febbraio scorso, non sbagliamone un altro».


©RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-05-11/cerca-segretario-assemblea-nazionale-095737.shtml?uuid=AbN5byuH
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« Risposta #11 inserito:: Maggio 21, 2013, 05:03:42 pm »

   
Sull'Imu sfida Renzi-Epifani "Regalo a Silvio". "No, buonsenso"

Il sindaco di Firenze punzecchia il suo partito sulla tassa. Parla di "cambiale a Berlusconi".

Il segretario Pd replica: "Aspetterei la riforma prima di dare giudizi".

Frecciate a Marini: "Non aveva standing per essere presidente". La replica: "Bugiardo, mai chiesto aiuto a lui per il Colle"


ROMA - "L'Imu è una cambiale che si paga all'accordo con Berlusconi. Io credo che sia giusto abbassare le tasse, ma mi piacerebbe capire da dove partire. Noi a Firenze abbiamo abbassato l'irpef". Così Matteo Renzi, parlando a radio 24. Parole che suonano in distonia con quelle pronunciate ieri da Enrico Letta, che nel colloquio con Repubblica aveva respinto l'interpretazione di un esecutivo succube ai voleri del Cavaliere. Ma il segretario del Pd Guglielmo Epifani replica a stretto giro di posta: "Non è un regalo a nessuno, ma al buon senso". A margine della commemorazione per l'anniversario dell'assasinio di Massimo D'Antona, il segretario democratico aggiunge: "Aspetterei la riforma complessiva prima di dare giudizi. E' cambiata una cosa che al tempo di D'Antona non avevamo: oggi c'è la crisi".

Più tardi, a Porta a Porta, il sindaco di Firenze continua: "Il Pd? ha sbagliato un calcio di rigore. Dopo le primarie abbiamo perso le elezioni. Il Pd deve smettere di essere un'associazione che ogni volta che c'è un'elezione le perde". Per Renzi la campagna elettorale" fatta dal Pd e da Bersani "grida vendetta: sono riusciti a rimettere in gioco il centrodestra".

Renzi
ribadisce anche di non puntare a ottobre alla segreteria del Pd. "Se io ora facessi la campagna per diventare segretario del Pd sembrerebbe che il mio obiettivo sia quello di sedermi su una poltrona. Il problema non è cosa voglio fare io, ma cosa vuol fare il partito. È in grado di esprimere idee proprie per il Paese o sta solo a rimorchio? Non si deve preoccupare di cosa fa Berlusconi".

Poi la difesa del governo Letta: "Non faccio il segretario del partito perché se lo faccio immaginando di poter essere candidato dopo è naturale che vado in rotta di collisione col presidente del Consiglio che ha il mio rispetto politico e istituzionale", ha detto il sindaco di Firenze.

"Tra il governo e il partito scelgo l'Italia", ripete il 'rottamatore'. "Non sono interessato a stare nei quattro gruppi del Pd: sono interessato ad aiutare l'Italia e per questo voglio restare a Firenze". "Io penso a dei partiti che non siano un insieme di burocrazie, ma che portino avanti le idee. Io non credo di essere la persona più indicata" per la guida del pd, spiega.
A chi gli ricorda di essere stato tra i possibili premier, nel corso delle consultazioni, Renzi glissa: "se ci fosse stata una telefonata del capo dello Stato. Ma voglio rassicurare, non c'è stata".

"Questo governo è la soluzione più indicata dopo il risultato delle elezioni. Ora si faccia una legge elettorale chiara, dei provvedimenti per far ripartire l'economia e poi si vada a elezioni", continua Renzi a 'Porta a porta'.

Il sindaco di Firenze, torna a parlare della fase in cui il Pd cercò di portare l'ex presidente del Senato al Quirinale, prima di convincere Giorgio Napolitano a ricandidarsi: "Marini non aveva lo standing" per diventare presidente della Repubblica, ha detto Renzi, svelando che nei giorni caldi delle votazioni alla Camera, Marini lo chiamò per chiedere un 'aiutino' e ottenere l'appoggio. Al Quirinale, ci deve andare un cattolico, argomentò l'ex presidente del Senato. "Queste cose - ha replicato Renzi, confermando il tenore della telefonata- mi fanno un po' arrabbiare. Non è accettabile che si chiedano spazi in nome dell'appartenenza religiosa. È inaccettabile dire che al Quirinale ci vuole un cattolico, non stiamo mica facendo le primarie per i vescovi".
 
"Renzi è un bugiardo", è la replica di Marini: "La dichiarazione a Radio 24 di questa mattina, nella quale afferma che io gli avrei telefonato e chiesto sostegno per il Quirinale - aggiunge l'ex presidente dello Stato - mi conferma, anzi mi rafforza della giustezza di tutti i giudizi che fino ad oggi ho espresso su di lui". Marini, quindi, fornisce la sua versione dei fatti: "Nel primo pomeriggio di venerdì 5 aprile un dirigente del Pd fiorentino viene nel mio ufficio a Palazzo Giustiniani chiedendomi di fare una telefonata al presidente del Consiglio regionale della Toscana per invitarlo a rinunciare alla sua elezione a grande elettore per il presidente della Repubblica, a favore di Renzi. Rispondo che una telefonata del genere non l'avrei mai fatta, tanto più che Alberto Monaci in quel periodo aveva anche dei problemi di salute. Dopo mi passa il suo cellulare dicendomi che c'è Renzi in linea per un saluto. Ci scambiamo il saluto senza affrontare alcuna questione, noto soltanto che Renzi è particolarmente gentile. Il presidente del Consiglio Regionale della Toscana venne scelto con voto segreto come grande elettore. Sulla questione ci furono in Toscana e a livello nazionale furiose polemiche per la esclusione di Renzi. Questo è tutto".

(20 maggio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/05/20/news/da_renzi_una_staffilata_a_letta_imu_cambiale_pagata_a_silvio-59192910/
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« Risposta #12 inserito:: Luglio 09, 2013, 05:02:53 pm »

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Pd, Renzi: “A ottobre una nuova Leopolda. Tutti mi chiedono di candidarmi”

Il sindaco di Firenze annuncia per la fine di ottobre un nuovo incontro per discutere "le idee" del partito.

Ma non scioglie le riserve su una sua candidatura: "In tanti mi chiedono di mettermi in gioco. Epifani fissi la data per le primarie"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 luglio 2013


‘Tanti amministratori, tanti sindaci, tanti militanti ripongono nel Pd le loro speranze. E chiedono a me di mettermi in gioco. A loro dico: dobbiamo costruire un Pd moderno, aperto, pensante non pesante”, in cui “vinca la leggerezza, che sia libero da certe burocrazie simil-ministeriali”.
Perché “solo il Pd può fare uscire l’Italia da questa crisi”. Così Matteo Renzi, in una intervista a Repubblica, torna a rivogersi al “traghettatore del Pd”, Guglielmo Epifani, perché “faccia sapere la data del congresso e delle primarie. Per statuto devono avvenire entro il 7 novembre”.
Il primo cittadino di Firenze annuncia che ci sarà un’altra Leopolda ”il prossimo 27 ottobre. Perché è fondamentale che si torni alle idee”.

Renzi tuttavia non scioglie le riserve su una sua candidatura, per la quale aspetta “la data e di sapere se c’è una comunità di persone che crede” nel suo progetto. E’ vero, dice, che D’Alema gli aveva proposto una candidatura alle europee: “Per D’Alema non devo fare il segretario, né il sindaco. Ma tra qualche anno il premier. Non sono d’accordo: non faccio questa battaglia per sistemarmi”. Il governo, dice, va comunque tenuto “fuori da questo dibattito. Enrico sarà più forte se il Pd sarà più forte. L’importante è che non si preoccupi di durare, ma di fare. Abbia come punto di riferimento le idee di Andreatta e non il tirare a campare di Andreotti“.

Il sindaco di Firenze immagina un Pd non più “chiuso in un castello” e “terra di conquista per correnti”. E, ribadisce, “se mi candido, lo faccio indipendentemente da loro. Non vado dietro a patti tra maggiorenti. Questo Pd non esiste, resiste. Ai caminetti romani rispondo sempre con un ‘no grazie’. Non farò scambi di poltrone”. Il Pd, aggiunge, deve “parlare di futuro” e smetterla con “l’dea novecentesca dell’appartenenza”. Nel 2013, dice, “serve un partito aperto”: “Dobbiamo renderlo moderno sapendo che non si discute solo nelle sezioni, che si fa politica anche in rete o nei luoghi del volontariato”.

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/09/pd-renzi-a-ottobre-nuova-leopolda-tutti-mi-chiedono-di-candidarmi/650405/
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« Risposta #13 inserito:: Luglio 11, 2013, 11:49:40 pm »

Renzi e l'«asse» con Bettini

Piano Roma per la segreteria


ROMA - Adesso, quando gli chiedono del modello di partito che ha in mente, Matteo Renzi cita espressamente «il documento di Goffredo Bettini».
Per non parlare dei renziani. Come Graziano Delrio, ministro degli Affari regionali, che rimarca la necessità di «far ragionare i circoli sui contenuti» e rimanda «all'iniziativa di Bettini». O come Angelo Rughetti, deputato vicinissimo al sindaco di Firenze, che giudica l'iniziativa di Bettini «un contributo chiaro e condivisibile in cui si immagina un Pd 2.0, che discute con la società e che individua forme di partecipazione nuove».

Trattandosi del nome tutelare del centrosinistra romano, dell'inventore del «modello» col quale hanno amministrato la Capitale tre degli ultimi quattro sindaci (Francesco Rutelli, Walter Veltroni e adesso Ignazio Marino), è evidente che dall'asse con Bettini Renzi vuole tirar fuori un «piano Roma».
Per il sindaco di Firenze, la Capitale è sempre stata un tallone d'Achille. Alle primarie dell'anno scorso Renzi prese poco meno di 45 mila voti (pari al 29,7 per cento) a fronte dei 106 mila finiti a Pier Luigi Bersani (70,3). Per non parlare della disfida per la scelta del candidato sindaco, in cui l'uomo «benedetto» da Renzi - e cioè Paolo Gentiloni - si era fermato al 15 per cento, al terzo posto dietro Ignazio Marino e David Sassoli.

Da allora, nonostante i pochi mesi trascorsi, sembra passata un'era geologica. E Renzi, che sta costruendo sul territorio nazionale una «rete» fatta soprattutto di sindaci e amministratori locali, su Roma non vuole rimanere indietro.
Da qui il dialogo con Bettini, che ieri ha presentato il suo «contributo al confronto congressuale» corredandolo di firme che vanno molto al di là dei futuri schieramenti congressuali. Lo firmano il prodiano Sandro Gozi e l'ex candidata alle primarie Laura Puppato, il renziano Ivan Scalfarotto e il sindaco di Bologna Virginio Merola, la senatrice aquilana Stefania Pezzopane e il vicepresidente del Parlamento europeo Gianni Pittella, più alcune colonne del Pd romano capitolino come Michele Meta e Roberto Morassut. Senza dimenticare la società civile, il punto forte di Bettini. E cioè la capacità di mettere insieme l'imprenditore Andrea Mondello e il dirigente della Cgil Beniamino Lapadula, il filosofo Giacomo Marramao e l'architetto Stefano Boeri.

Alla presentazione del documento bettiniano, che immagina la trasformazione del Pd da «partito gassoso» a «partito senza correnti in cui le decisioni vengono prese dal basso», sfila anche un pezzo di partito che con Renzi non ha nulla a che fare. Come il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, schierato con Gianni Cuperlo, e Marianna Madia. Ma è l'area dei renziani a presentarsi in massa all'appuntamento che Bettini fissa a mezzogiorno a due passi da Montecitorio. Arriva il ministro Delrio, e spiega che «Renzi segretario darebbe più forza al governo». Si affacciano Paolo Gentiloni, Lorenza Bonaccorsi e Francesco Bonifazi. Bettini, che comunque spiega che il documento sarà rivolto a tutti i candidati alla segreteria, lancia più segnali nei loro confronti. Lo fa quando dice che «come candidato premier Matteo lo voterei subito». Ma lo fa soprattutto quando, a riunione terminata, lascia intendere che il suo vecchio consiglio al sindaco di Firenze di lasciar perdere il partito è ormai superato. «Se Renzi farà il segretario, sarà più forte nella corsa alla premiership. E questo mi pare evidente». Com'è evidente che, nel caso in cui si formalizzasse il suo sostegno alla corsa di Renzi («Adesso è presto, non è il momento di forzare»), la dote che Bettini porterebbe al Rottamatore cambierebbe i rapporti di forza a Roma.

Al punto che, tra i sindaci che in autunno lanceranno la volata renziana, potrebbe anche spuntare il nome di Ignazio Marino. Che si andrebbe ad aggiungere quello di altri big, come il sindaco di Bologna Virginio Merola o quello di Bari Michele Emiliano, pronti a sposare la causa del primo cittadino di Firenze.
«Io sono concentrato sulle idee, più che sulle persone. E Renzi è l'unico che potrebbe far camminare delle idee nel Pd», lascia intendere Bettini. Che, tra le altre cose, cita «anche la battaglia per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, su cui sono d'accordo con lui». Ma il pallino fisso dell'ex coordinatore del Pd all'epoca di Veltroni è «la sconfitta del correntismo». Lo stesso di Renzi, con cui Bettini condivide anche qualche nemico. A cominciare dagli ex popolari e dal tandem Franceschini-Fioroni e da Pier Luigi Bersani, che saranno comunque schierati dalla parte opposta della barricata rispetto a «Matteo».

Tommaso Labate

10 luglio 2013 | 8:11
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da - http://www.corriere.it/politica/13_luglio_10/renzi-asse-bettini_ab798ba2-e920-11e2-a2a0-aaafeae20fe9.shtml?fr=box_primopiano
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« Risposta #14 inserito:: Agosto 08, 2013, 08:54:26 am »

Bosco Albergati

Renzi alla festa Pd: «Ora tocca a noi»

«Caro Letta, niente alibi, il governo dura se fa le cose».

E su Berlusconi: «Sentenze si rispettano, legge è uguale per tutti»


Matteo Renzi sale sul palco della festa Pd di Bosco Albergati (Modena) e cita Ligabue: «Non è tempo per noi». E aggiunge: «e forse non lo sarà mai». Ma non è un discorso pessimista quello del sindaco di Firenze in terra bersaniana. «Ventitrè anni fa un giovane sconosciuto cantautore, Luciano Ligabue, inventò l'inno della mia generazione, una canzone molto bella, ma anche triste, che diceva: 'non è tempo per noi e forse non lo sarà mai", io vorrei che ci domandassimo se davvero non è tempo per noi o se questo è il nostro tempo e torniamo a lavorare per dare all'Italia un futuro». Un futuro su cui Renzi basa tutto il suo one-man-show.

Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd    Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd    Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd    Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd    Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd

PURTROPPO - Dopo il primo applauso dà inizio alla parabola del «purtroppo». «Vorrei che il Pd riprovasse il gusto di inventare e non si limitasse a compiangere i tempi del passato». Esordisce: «Se le generazioni prima di noi avessero detto purtroppo non sarebbero uscite dalle macerie della guerra. Se gli imprenditori detto purtroppo, l'Emila non darebbe uscita dal terremoto». Cosi chiede l'applauso agli emiliani e a se stesso. E lancia una stoccatina ai compagni al governo: «Oggi hanno rinviato la discussione sul testo sul finanziamento ai partiti, penso che per il Pd sia stato un clamoroso autogol»

«ABBIAMO VISTO PASSARE» - Durante il primo intervento alla Festa democratica di Bosco Albergati (il secondo sarà alle 21nel modenese, Matteo Renzi ha commentato le offese al ministro dell'integrazione Cecile Kyenge. «In questi 23 anni abbiamo visto passare di tutto, lo voglio dire qui. Dalle parti di Roma è passata la Lega Nord che dopo Roma ladrona si è piazzata lì e ha fatto di tutto, dai diamanti alle lauree in Albania. E abbiamo visto uno statista in camicia verde che ha insultato un ministro di questa terra. E per questo voglio mandare un grande abbraccio a Cecile Kyenge. Perché i Calderoli passano, la dignità resta».

«PRIMARIE SOCCHIUSE» - «Abbiamo bisogno del partito, ma la vecchia tessera non basta più, in un mondo che è sempre più precario e cambia velocemente, abbiamo bisogno di inventarci un partito diverso che non si basa solo su tessera e appartenenza, certo non basta una pagina Facebook, non bisogna perdere il gusto dell'abbraccio e della stretta di mano». Riferimenti alla vecchia cultura di politica e attacco alle nuove forma di democrazie. Renzi parla a un pubblico non giovanissimo. «Vorrei - ha aggiunto - che il Pd corresse per raggiungere il futuro, e per farlo anche noi avremmo bisogno di innovare. I sociologi parlano di società liquida, il nuovo partito non può basarsi soltanto su tessera o iscrizione e nemmeno solo una pagina facebook». Una stoccatina a Grillo («È il principale sponsor delle larghe intese. È lui che ha paura che le cose cambino» e ancora : «Quella sbandierata apertura al voto telematico di Grillo deve tenere conto che il valorso compagno Tabacci, quello che ha preso meno voti alle primarie tra noi, ha preso più voti di tutti i candidati del M5S alle parlamentarie»). E un rapido riferimento a Berlusconi: «Il compito del Pd è salvare l'Italia, e per salvare l'Italia si parte da un principio: le sentenze si rispettano, la legge è uguale per tutti», afferma riferendosi alla decisione della Cassazione di confermare la condanna a Berlusconi. «È venti anni che stiamo aspettando Berlusconi. Almeno il congresso del Pd possiamo farlo senza di lui». E ancora sul Pd: «Non deve avere paura. Deve giocare d'attacco». Un passaggio anche per Epifani: «A Epifani dico: non passiamo il tempo a pensare come cambiare le regole delle primarie ma passiamo il tempo a parlare dei problemi dell'Italia, non parlando delle primarie socchiuse».

ACCANTO A LETTA - «Siamo al fianco del governo», dice Renzi. «Incoraggiamo Enrico Letta» sostiene, anche se poco prima aveva sostenuto che «bisogna avere il coraggio di tornare alla politica con il coraggio di capire che non si può andare avanti con questi politici». E proprio dall'Emilia che Renzi sceglie di tornare a parlare, mandando un chiaro messaggio a Letta e al Governo: «Vai avanti e fai quello per cui sei stato votato e non cercare alibi in chi sta fuori del parlamento».

NO A «DURARE» - «Il governo non usi la voce del verbo "durare", che è un verbo doroteo, ma la voce del verbo 'fare', dice Renzi incoraggiando il governo Letta a essere il governo del fare. «In quel caso spero che duri il più possibile», sottolinea, «ma non accetto che mi si accusi di logorarlo perchè dico quel che penso». Lo dice più di una volta: siamo al fianco del governo «Perché realizzi impegni presi, a partire da nuova legge elettorale, come quella dei sindaci. Io sleale? Sono quello che ha detto in faccia che ci voleva la rottamazione. Basta con il dire e il non dire»

7 agosto 2013 | 21:44
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Redazione Online

da - http://www.corriere.it/politica/13_agosto_07/renzi-a-festa-pd-a-bosco-albergati-emilia_29f1ee16-ff7e-11e2-a99f-83b0f6990348.shtml
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