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Autore Discussione: MATTEO RENZI  (Letto 141488 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Febbraio 25, 2014, 05:20:17 pm »

Il Governo Renzi chiede la fiducia alla Camera.
Civati (Pd): Matteo stai sbagliando, ma voto sì.
Applausi in Aula per Bersani e Letta

25 febbraio 2014

Il governo Renzi punta a chiudere la partita della fiducia. L'esecutivo ha incassato all'una di notte, al termine di una maratona di quasi 11 ore, il via libera del Senato con 169 sì e 139 no. Hanno votato a favore Pd, Ncd, Scelta civica, Per l'Italia, Autonomie-Psi-Maie; contro Forza Italia, Lega, M5s, Fdi, Sel e Gal. Oggi la parola passa alla Camera.

A Montecitorio è in corso la discussione generale sulle dichiarazioni programmatiche presentate dal capo del governo. Renzi ha deciso di non pronunciare una seconda volta il discorso, ma ha depositato il resoconto stenografico di ieri. Sono 51 gli iscritti a parlare. Bagarre grillina, con attacchi e ironie sul premier. Applausi in Aula all'arrivo di Pierluigi Bersani e di Enrico Letta. Dopo i 4 interventi a titolo personale di un minuto, è iniziata la replica del segretario del Pd agli interventi della giornata. A seguire le dichiarazioni di voto. A seguire - probabilmente a partire dalle 18,30 - l'appello nominale per il voto di fiducia. Restano le tensioni nel Pd, e il mal di pancia nella minoranza.

Servono sogni e coraggio e se falliamo sarà solo colpa mia, aveva detto il premier nel suo irrituale discorso a Palazzo Madama, pronunciato a braccio. Renzi ha annunciato lo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione, tagli «a due cifre» del cuneo fiscale (pari a 10 miliardi). «Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso», ha twittato nelle prime ore della mattinata il presidente del Consiglio. Ecco la cronaca della giornata.

Ore 16,48. Inizia l'intervento di Renzi
Si è concluso nell'Aula della Camera il dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il premier ora sta tenendo la propria replica.

Ore 16,42. Al via gli interventi a titolo personale
Iniziano gli interventi a titolo personale. Ne sono previsti quattro, dureranno ciascuno un minuto, quindi Matteo Renzi prenderà la parola per una replica.

Ore 16,36. Nardella (Pd): aiutiamo M5s ad andare nell'Italia reale
Il deputato Dario Nardella, renziano, in un intervento in Aula ha attaccato i Cinque Stelle, i «professionisti del dubbio: hanno cambiato idea cinque volte sulla legge elettorale». «Aiutiamoli ad andare nell'Italia reale», ha aggiunto.

Ore 16,22. Letta in aula: applausi dai deputati
L'ex presidente del Consiglio Enrico Letta è arrivato alla Camera dove è in corso il dibattito sulla fiducia al governo Renzi. Appena entrato nell'Aula, l'ex premier è salito fino al banco dove è seduto Pierluigi Bersani, per un caloroso abbraccio. L'Aula ha salutato il suo ingresso con un lungo applauso. Nessun cenno di saluto con Renzi.

Ore 16,08. Cameron telefona a Renzi: bene agenda riforme
Il premier britannico, David Cameron, ha chiamato Matteo Renzi e gli ha fatto gli auguri di buon lavoro. Cameron ha espresso apprezzamento per l'agenda di riforme delineata in Parlamento. In una nota di Palazzo Chigi si legge che nel corso della telefonata i due «hanno condiviso l'obiettivo di promuovere politiche europee in grado di sostenere la crescita economica. I due governi proseguiranno la stretta collaborazione bilaterale sui temi politici ed economici e del comune impegno sulle principali questioni dell'agenda internazionale».

Ore 15,55. Renzi twitta: grazie Bersani, per me è un gesto importante
«Grazie a Bersani per essere in aula oggi. Un gesto non scontato, per me particolarmente importante. Grazie», ha scritto il premier Matteo Renzi in un tweet, al momento dell'ingresso in aula alla Camera dell'ex segretario del pd.

Ore 15,46. I deputati applaudono il ritorno di Pierluigi Bersani
È entrato in Aula alla Camera Pierluigi Bersani, ex segretario del Pd colpito nei giorni scorsi da un malore. Tutti in piedi, applausi dagli scranni dei deputati.

Ore 15,18. Villarosa (M5s) a Renzi: presidente sia sereno
«Vorrei chiudere il mio discorso con un augurio. Le volevo dire: "Stia sereno presidente, stia sereno"». Così Alessio Villarosa, deputato del Movimento Cinque Stelle ha chiuso il suo intervento alla Camera.

Ore 14,57. La seduta è ripresa
È ripresa la seduta della Camera, con la discussione sulle dichiarazioni del governo, in vista della votazione sulla fiducia.

Ore 14,51. Di Maio (M5s): abreve pizzino con Renzi su Facebook
«Tanti giornalisti mi contattano perchè stamattina in Aula hanno visto uno scambio di biglietti (iniziato da lui) tra me e Matteo Renzi. Li hanno definiti "pizzini tra Renzi e Di Maio". Ci conoscete, massima trasparenza, li leggerete a breve», ha assicurato su Facebook il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (M5S).

Ore 14,40. La seduta dell'Aula della Camera è di nuovo sospesa
La seduta dell'Aula della Camera è di nuovo sospesa.

Ore 14,37. Bossi a Renzi: auguri, valutiamo quanto farà
«Presidente Renzi, le faccio gli auguri. Valuteremo le cose che fa. Se saranno giuste non le spareremo addosso tanto per farlo. Valuteremo passo passo». Lo ha detto nell'Aula della Camera l'ex leader della Lega Umberto Bossi intervenendo nel dibattito sulla fiducia.

Ore 14,07. È ripresa la seduta alla Camera
È ripresa la seduta della Camera Riprende in Aula alla Camera la discussione sulle dichiarazioni programmatiche del Governo, in vista del voto dei deputati sulla fiducia all'esecutivo Renzi.

Ore 13,33. Pausa nell'attività dell'Aula
La presidente della Camera Laura Boldrini, che presiede la seduta in cui si discute la richiesta di fiducia del governo Renzi, ha sospeso i lavori per un quarto d'ora. Sarebbero dovuti riprendere alle 13,45, ma i deputati sono ancora in pausa.

Ore 12,52. Civati a Renzi: sì alla fiducia, Matteo stai sbagliando
«Ciao Matteo, volevo solo dirti che stai sbagliando». Ha esordito così il deputato del Pd Pippo Civati nel suo intervento in Aula alla Camera dove è in corso il dibattito sulla fiducia al governo Renzi. «Anche io ho sognato che la nostra generazione arrivasse fin qui - ha spiegato - ma con le elezioni e non con una manovra di palazzo che neanche ai tempi di Rumor. Devono essere sempre gli elettori a scegliere i politici e non viceversa. Credo di rappresentare il disagio di molti elettori del Pd in questo momento. Ho deciso - ha detto ancora Civati - dopo un lungo travaglio di votare a favore della fiducia perché penso, come dice Bersani, che non bisogna sfasciare tutto e non parlo solo del Pd ma anche del Paese. Ho cercato di convincere tutti voi che la strada fosse sbagliata ma non ci sono riuscito».

Ore 11,50. Riprende la seduta
Dopo una sospensione di cinque minuti dei lavori, è ripresa la seduta in Aula alla Camera, dove è in corso la discussione sul discorso programmatico del premier Matteo Renzi, in vista del voto sulla fiducia all'esecutivo.

Ore 11,47. Domani Renzi incontra a Treviso delegazione operai Electrolux
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel corso della visita a Treviso in programma domani, dovrebbe incontrare una delegazione di operai della Electrolux dello stabilimento di Susegana. A quanto si apprende, l'incontro potrebbe avvenire nella sede del comune. I lavoratori dello stabilimento trevigiano sono in presidio da 25 giorni per protestare contro il piano aziendale presentato dalla multinazionale svedese.

Ore 11,45. La seduta dell'Aula è stata sospesa per cinque minuti
La seduta della Camera, dove è in corso la discussione generale in vista del voto sulla fiducia al governo Renzi, è stata sospesa per cinque minuti. Il presidente del Consiglio si è allontanato dall'Aula.

Ore 11,30. Renzi ripreso da Boldrini
Massimiliano Fedriga (Lega) è intervenuto nell'Aula della Camera ma Matteo Renzi stava conversando fitto fitto con Roberto Giachetti (Pd). Il leghista si è lamentato. Immediato l'intervento della presidente Laura Boldrini: «Presidente del Consiglio, viene richiesta la sua attenzione». Renzi ha scrollato le spalle, e si è messo ad ascoltare mentre Giachetti è andato via.

Ore 11,26. Sibilia (M5s): Renzi e Padoan "figli di troika"
Scambio di battute nell'Aula della Camera tra Carlo Sibilia di M5S e la presidente Laura Boldrini, durante il dibattito sulla fiducia alla Camera. Parlando del Fondo per le piccole e medie imprese a cui il presidente del Consiglio ha fatto cenno ieri, Sibilia ha incalzato Renzi dicendo: «il Fondo c'è già, ci devi solo mettere i soldi dentro. A Mattè sveglia!». Ma Boldrini lo ha ripreso duramente: «Usi un tono consono. Il suo tono è totalmente gratuito». Il giovane pentastellato ha replicato: «Presidente che fa? Mi vuole ghigliottinare come ha già fatto il 29 gennaio?». Sibilia ha attaccato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. «Lei e Padoan siete due figli di Troika», ha affermato prima che Boldrini gli togliesse la parola dicendogli che ha finito il tempo a sua disposizione. Sibilia ha replicato con un gestaccio.

Ore 11,25. Fassina (Pd): voto fiducia ma no a delega in bianco
Stefano Fassina, ex viceministro dell'Economia, bersaniano, è intervenuto in Aula e ha ricordato che la sua fiducia all'esecutivo non è in bianco ma è condizionata al merito dei provvedimenti. «Questo voto - ha detto - non abbrevia la distanza di analisi e cultura politica» con Renzi. Quanto alle proposte economiche, l'esponente della minoranza Pd ha sottolineato che «prevale ancora una sostanziale continuità con il paradigma economico in corso, un paradigma che non funziona».

Ore 11,10. Delrio: risorse per programma? Spiegherà bene Padoan
Le risorse per il programma di Governo presentato ieri dal presidente del Consiglio Matteo Renzi? «Le spiegherà bene il professor Padoan», ossia il ministro dell'Economia. Lo ha chiarito il sottosegretario della presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. E a chi chiedeva se ci sono tutte le coperture, Delrio ha replicato: «Ci mancherebbe».

Ore 10,49. Taddei (Pd): in un anno taglio di 8-10 miliardi sul cuneo fiscale
«I tagli al cuneo fiscale? Pensiamo che nell'arco di 12 mesi 8 miliardi siano ampiamente alla portata, a 10 miliardi si può arrivare. Non è un libro dei sogni», ha spiegato il responsabile economico del Pd Filippo Taddei, ospite di 24 Mattino su Radio 24, elenca le cifre del programma economico del governo Renzi.

Ore 10,18. Sono 51 i deputati iscritti a parlare
Sono cinquantuno i deputati iscritti a parlare nel dibattito nell'Aula della Camera sulle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il primo è stato Dario Nardella (Pd), il vicesindaco del premier a Firenze; gli ultimi a parlare saranno tre deputati di M5S: Giulia Sarti, Roberto Fico e Giuseppe Brescia.

Ore 10,09. Al via alla Camera il dibattito su fiducia
Nell'aula della Camera é iniziato il dibattito sulla fiducia al governo Renzi, dopo il via libera di ieri del Senato.

Ore 10,03. Renzi è giunto alla Camera
Matteo Renzi è giunto alla Camera.Il presidente del Consiglio ha incontrato la moglie di Salvatore Girone e la compagna di Massimiliano Latorre, i due marò italiani in India, quindi ha raggiunto l'aula per il dibattito sulla fiducia al suo governo.

Ore 9,50. Cdm su scioglimento consiglio comunale di Scalea (Cs)
Questa mattina si è riunito il Consiglio dei ministri presso la Sala del Governo della Camera. L'esecutivo ha approvato il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del Consiglio comunale di Scalea (Cs) in scadenza oggi. L'atto, spiega una nota di Palazzo Chigi, è stato assunto per consentire il completamento delle operazioni di risanamento delle istituzioni locali nelle quali sono state riscontrate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata. L'affidamento della gestione dell'ente, su proposta del ministro Alfano, sarà in capo a una commissione straordinaria.

Ore 8,45. Il Financial Times: Renzi spieghi meglio i suoi piani di riforma
Matteo Renzi deve spiegare meglio i suoi piani di riforma. È il messaggio del Financial Times, nell'editoriale di oggi intitolato "Matteo Renzi occupa la scena in Italia".

Ore 7,37. Renzi su twitter: ok il Senato, ora la Camera
La giornata del presidente del Consiglio inizia già nelle prime ore della mattinata. «Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso. lavoltabuona». Così questa mattina il presidente del Consiglio Matteo Renzi in un tweet scritto dopo avere ottenuto la fiducia al Senato con 169 voti favorevoli e 139 contrari e alla vigilia del voto alla Camera.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-02-25/il-governo-renzi-chiede-fiducia-camera-premier-poi-si-inizia-lavorare-serio--075630.shtml?uuid=ABXfryy
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« Risposta #31 inserito:: Febbraio 26, 2014, 05:18:02 pm »

Renzi: "Abbassare costo del lavoro a danno delle rendite pure".
"Con Letta tempo sarà galantuomo. Deluso da Cinque Stelle"
   
ROMA - Dopo aver ottenuto la fiducia alla Camera il presidente del Consiglio Matteo Renzi apre le porte di Palazzo Chigi alle telecamere della trasmissione Ballarò e ammette: "Sì, c'è spazio per aumentare la tassazione delle rendite finanziarie, non dico sui Bot ma sulle rendite pure, questo per abbassare il costo del lavoro. Abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie tra le più basse in Europa. L'ipotesi emersa dalle parole di Delrio era sui 100mila che non cambiano se si pagano 15 invece di 10 euro di tasse, ma io dico di attendere la riforma complessiva del sistema del fiscale. C'è la delega ancora aperta".

Renzi si dice deluso dal comportamento dei Cinque Stelle: "Sono rimasto un pò colpito dai grillini, pensavo volessero confrontarsi e invece si sono messi a schioccare le dita come la famiglia Addams". Renzi nega poi che ci siano problemi di conflitto di interessi per i ministri Guidi e Poletti. E ricorda: Silvio Berlusconi "e" uno di quelli che mi hanno votato la sfiducia, non la fiducia".

Per quanto riguarda il gelo con l'ex premier Letta cosa ha provato Renzi? "Ho pensato che è comprensibile, dal punto di vista umano il dispiacere quando si lascia un luogo in cui si è lavorato ma ora risolvo le questioni degli italiani. Avrei preferito un'altra soluzione ma questa accelerazione a noi è stata chiesta". Da chi? "Prima di tutto dal Pd e poi dagli altri alleati".

"Sono molto triste per come è stata riportata la vicenda a Palazzo Chigi con Letta - dice infine -, ma il tempo è galantuomo. Lo so io come sono andate le cose, ma sono convinto lo sappiano anche gli italiani. Io la politica la faccio con il sentimento, non con il risentimento".

Tornando all'economia Renzi spiega: "Padoan è uno con cui decidiamo insieme, ed è importantissimo, condividiamo l'idea di fondo che bisogna mettere in circolo soldi". "Entro un mese - detta intanto tempi il premier - diamo il percorso preciso su quanto e dove prendiamo i soldi per la riduzione del cuneo fiscale, stiamo ragionando sugli oneri sociali".

Ancora una scansione temporale e cifre più esatte per lo sblocco dei debiti della P.A. "La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato. Aiuterà i fondi per lotta al credit crunch, e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A".
L'idea di Renzi è quella di tirare dritto, senza troppo concedere alle mediazioni e alle liturgie della politica. "Non c'è da mediare ma da tirare, da trainare. L'obiettivo finale è la riforma del lavoro, semplificare il fisco, modificare la Pa, cambiare la giustizia, per fare questo sono tutti d'accordo da trent'anni ma poi non lo fanno". "Io vado avanti, al massimo mi mandano a casa. Ma se la politica sbaglia va in malora il Paese", dice perciò a Floris mentre mostra le stanze di Palazzo Chigi, che vuole sia "una casa di vetro in termini di trasparenza".

Il premier non si preoccupa più di tanto delle critiche dopo la fiducia di ieri al Senato. "Alcuni commenti sono stati molto duri - afferma -. Oggi gli italiani più che giudicare le parole vogliono giudicare i fatti". E a chi dice che sembrava parlasse al pubblico fuori dal Palazzo ribatte: "Senatori e telespettatori sono lo stesso pubblico, non sono un pubblico diverso, la gente fuori da qui è quella che ti vota, i senatori sono cittadini che pro tempore svolgono un servizio diverso".

© Riproduzione riservata 26 febbraio 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/26/news/renzi_con_letta_tempo_sar_galantuomo_deluso_da_cinque_stelle_c_spazio_per_tassare_rendite_finanziarie_pure_non_i_bot-79649247/?ref=HREA-1
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« Risposta #32 inserito:: Febbraio 28, 2014, 07:26:14 pm »

Renzi: "Abbassare costo del lavoro a danno delle rendite pure".
"Con Letta tempo sarà galantuomo. Deluso da Cinque Stelle"
   
ROMA - Dopo aver ottenuto la fiducia alla Camera il presidente del Consiglio Matteo Renzi apre le porte di Palazzo Chigi alle telecamere della trasmissione Ballarò e ammette: "Sì, c'è spazio per aumentare la tassazione delle rendite finanziarie, non dico sui Bot ma sulle rendite pure, questo per abbassare il costo del lavoro. Abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie tra le più basse in Europa. L'ipotesi emersa dalle parole di Delrio era sui 100mila che non cambiano se si pagano 15 invece di 10 euro di tasse, ma io dico di attendere la riforma complessiva del sistema del fiscale. C'è la delega ancora aperta".

Renzi si dice deluso dal comportamento dei Cinque Stelle: "Sono rimasto un pò colpito dai grillini, pensavo volessero confrontarsi e invece si sono messi a schioccare le dita come la famiglia Addams". Renzi nega poi che ci siano problemi di conflitto di interessi per i ministri Guidi e Poletti. E ricorda: Silvio Berlusconi "e" uno di quelli che mi hanno votato la sfiducia, non la fiducia".

Per quanto riguarda il gelo con l'ex premier Letta cosa ha provato Renzi? "Ho pensato che è comprensibile, dal punto di vista umano il dispiacere quando si lascia un luogo in cui si è lavorato ma ora risolvo le questioni degli italiani. Avrei preferito un'altra soluzione ma questa accelerazione a noi è stata chiesta". Da chi? "Prima di tutto dal Pd e poi dagli altri alleati".

"Sono molto triste per come è stata riportata la vicenda a Palazzo Chigi con Letta - dice infine -, ma il tempo è galantuomo. Lo so io come sono andate le cose, ma sono convinto lo sappiano anche gli italiani. Io la politica la faccio con il sentimento, non con il risentimento".

Tornando all'economia Renzi spiega: "Padoan è uno con cui decidiamo insieme, ed è importantissimo, condividiamo l'idea di fondo che bisogna mettere in circolo soldi". "Entro un mese - detta intanto tempi il premier - diamo il percorso preciso su quanto e dove prendiamo i soldi per la riduzione del cuneo fiscale, stiamo ragionando sugli oneri sociali".

Ancora una scansione temporale e cifre più esatte per lo sblocco dei debiti della P.A. "La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato. Aiuterà i fondi per lotta al credit crunch, e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A".
L'idea di Renzi è quella di tirare dritto, senza troppo concedere alle mediazioni e alle liturgie della politica. "Non c'è da mediare ma da tirare, da trainare. L'obiettivo finale è la riforma del lavoro, semplificare il fisco, modificare la Pa, cambiare la giustizia, per fare questo sono tutti d'accordo da trent'anni ma poi non lo fanno". "Io vado avanti, al massimo mi mandano a casa. Ma se la politica sbaglia va in malora il Paese", dice perciò a Floris mentre mostra le stanze di Palazzo Chigi, che vuole sia "una casa di vetro in termini di trasparenza".

Il premier non si preoccupa più di tanto delle critiche dopo la fiducia di ieri al Senato. "Alcuni commenti sono stati molto duri - afferma -. Oggi gli italiani più che giudicare le parole vogliono giudicare i fatti". E a chi dice che sembrava parlasse al pubblico fuori dal Palazzo ribatte: "Senatori e telespettatori sono lo stesso pubblico, non sono un pubblico diverso, la gente fuori da qui è quella che ti vota, i senatori sono cittadini che pro tempore svolgono un servizio diverso".

© Riproduzione riservata 26 febbraio 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/26/news/renzi_con_letta_tempo_sar_galantuomo_deluso_da_cinque_stelle_c_spazio_per_tassare_rendite_finanziarie_pure_non_i_bot-79649247/?ref=HREA-1
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« Risposta #33 inserito:: Febbraio 28, 2014, 07:27:26 pm »

Renzi, fiducia anche alla Camera. "Nessun alibi, abbiamo un'unica chance".
"L'Italia non si farà dettare linea da Ue"

Nell'Aula di Montecitorio 378 sì e 220 no. Gelo con Letta, frecciate al M5S ed elogio di Bersani: "Sua presenza qui segno di stile politico, nel Pd c'è democrazia interna". Precisazione sul cuneo fiscale: "Riduzione a doppia cifra era in miliardi non in percentuale". E spiega: "Dalla cassa depositi e prestiti ci aspettiamo 60 miliardi per i debiti della PA".
   
ROMA - Sul finire di una nuova, lunga giornata in Parlamento, Matteo Renzi incassa la fiducia al suo esecutivo anche alla Camera: 378 sì e 220 no (presenti 599, 598 i votanti, un astenuto). Alla Camera Renzi totalizza un voto in meno del precedente inquilino di Palazzo Chigi, Enrico Letta. Ma al voto stasera non hanno partecipato due fedelissimi renziani, Lorenzo Guerini e Luca Lotti: erano in riunione con il presidente del Consiglio.

La fiducia alla Camera segue quella di 24 ore prima, e a notte fonda, al Senato. Il primo passo verso l'investitura parlamentare del nuovo governo, che Renzi aveva salutato stamattina con un tweet: "Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso. #lavoltabuona".

L'appuntamento è pochi minuti prima delle 17, quando il presidente del Consiglio appare a Montecitorio per pronunciare la sua replica dopo un dibattito sulla fiducia che aveva ricalcato il copione del giorno precedente: attacchi durissimi al limite dell'insulto dal Movimento 5 Stelle e appoggio spesso freddo dalla sua maggioranza, a cominciare proprio da ampi settori del suo stesso partito. Una diffidenza che raggiunge il suo apice quando a fare il suo ingresso in Aula è Enrico Letta. L'ex premier passa infatti davanti al banco del governo ignorando sia Renzi che i ministri, preferendo puntare verso lo scranno di Pierluigi Bersani con il quale si è lasciato andare ad un lungo, intenso e commosso abbraccio.

Buona parte del suo discorso, Renzi lo divide tra il rilancio delle linee programmatiche già illustrate al Senato e frecciate al M5S. "Quando sento la parola mafia, i pizzini, usata con leggerezza provo un brivido di dolore, perché questo palazzo ha vissuto momenti devastanti e ci sono stati degli statisti capaci di superare quei momenti", afferma, ricordando la drammatica elezione di Oscar Lulgi Scalfaro a presidente della Repubblica, dopo la strage di Capaci e in risposta alle critiche del M5S. Poi, puntando ancora l'indice contro la mancanza di dissenso e pluralismo all'interno del Movimento, il presidente del Consiglio incalza:  "Quando ho perso alle primarie con Pierluigi Bersani lui non mi ha espulso e il fatto che Bersani sia qui avendo idee diverse dalle mie su molte cose è un segno di stile e rispetto non personale ma politico. Siamo il Pd". "Nel Pd - rincara - non abbiamo un confronto formale. Quando c'è da discutere, confrontarci e litigare lo facciamo. Comprendiamo la difficoltà di capire una cosa complicata, si chiama democrazia interna, è una cosa positiva, provatela anche voi, non fa male e consente di essere delle persone migliori".

Passando alla futura azione del suo esecutivo, Renzi, come aveva già fatto ieri a Palazzo Madama, spiega: "C'è sempre qualcuno a cui attribuire responsabilità, a cui dare la colpa. Per questo è fondamentale dire che questo governo non ha alibi. Se riusciremo a fare quanto promesso, avremo fatto il nostro dovere. Se non ci riusciremo, ho apprezzato l'intervento di Fassina, la responsabilità sarà di chi guida il governo. Non è coraggio ma è realismo".

"All'interno dell'Europa - prosegue il presidente del Consiglio - l'Italia ha un grado di difficoltà maggiore rispetto agli altri paesi, che non nasce nell'ultimo anno o due, non è una responsabilità degli ultimi due governi, è un problema che abbiamo da 15 anni: l'Italia non cresce come il resto dell'Europa". "Abbiamo un'unica chance - sottolinea - prendere ora, qui e adesso l'occasione della timida ripresa che si sta affacciando, per fare l'unica cosa che possiamo fare: cambiare profondamente il nostro Paese, a partire dalla giustizia civile, dal fisco, nella concretezza di tutti i giorni la vita quotidiana degli imprenditori". "Pensiamo - insiste - che il semestre europeo sia una gigantesca opportunità, non una formalità. L'Europa non è il nostro nemico". "L'Europa oggi non dà speranza - dice ancora il premier - perché abbiamo lasciato che il dibattito sull'Europa fosse solo virgole e percentuali. Noi vogliamo un'Europa dove l'Italia non va a prendere la linea per sapere che cosa fare, ma dà un contributo fondamentale, perchè senza l'Italia non c'è l'Europa".

Rispondendo alle molte critiche piovute in mattinata dai banchi di Montecitorio, Renzi spiega: "Questo cambiamento radicale avrebbe meritato un passaggio elettorale, lo dico a chi lo ha sottolineato anche oggi più volte. Ma lo avrebbe meritato se ci fossero state le condizioni per avere il giorno dpo una maggioranza stabile. Se noi fossimo andati a un passaggio elettorale ci saremmo trovati nelle stesse identiche condizioni esattamente di un anno fa".

Il segretario democratico ricorda quindi che "non bastano le riforme costituzionali o elettorali: esiste un'esigenza drammatica, che è quella occupazionale". "La riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale - precisa quindi parlando del problema lavoro - era in miliardi non in percentuale". "Se riduco di 10 miliardi la pressione fiscale non credo possa arrivare un sorrisino" ha affermato Renzi rispondendo a una brusio di derisione che giungeva dall'emiciclo. Altro provvedimento al quale il presidente del Consiglio attribuisce particolare importanza è "lo sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione" che "deve costituire uno shock come accaduto in Spagna". E per farlo si affida alla Cassa Depositi e Prestiti dalla quale, dice a Ballarò, si aspetta 60 miliardi di euro. E, sempre a proposito di economia, da Floris dice che, Bot a parte, "bisogna ragionare sul livello della tassazione delle rendite". Quanto al cuneo fiscale spiega: "Ci sono scuole pensiero diverso, Padoan si è preso tempo per verificarle. Alcuni professori della Bocconi insistono su 20-23 miliardi, altri hanno idea diversa. Un modo è abbassare Irap, un altro è abbassare Irpef, il terzo sul quale stiamo ragionando è quello degli oneri sociali". E comunque, riguardo al suo ministro dell'Economia spiega: "Padoan è uno con cui decidiamo insieme, ed è importantissimo, condividiamo idea di fondo che bisogna mettere in circolo soldi".

Malgrado il gelo con Letta, nel corso del suo intervento Renzi cita due volte il suo predecessore per elogiarne l'operato. La prima, parlando di conti pubblici: "in particolar modo il governo guidato da Enrico Letta ha investito molto su questo punto, lo riconosco in maniera chiara ed evidente". Più tardi, quando parla di province, il premier dà atto al suo predecessore di avere fatto un "primo passo" con il provvedimento Delrio.
 
© Riproduzione riservata 25 febbraio 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/25/news/renzi_discorso_camera-79611067/?ref=HREA-1
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« Risposta #34 inserito:: Marzo 01, 2014, 07:47:00 pm »

Congresso Pse, Renzi saluta l'ingresso del Pd: "Un giorno speciale"

Nel suo intervento il premier ringrazia Bersani e D'Alema e rilancia l'impegno sulla scuola: "La più grande scommessa che dobbiamo vincere è quella dell'educazione".
Plebiscito per la candidatura di Schulz a commissario Ue


01 marzo 2014
   
ROMA - Un manifesto in dieci punti, con il lavoro al primo posto. E' questo il documento approvato oggi al Congresso del Pse a Roma che ha incoronato il tedesco Martin Schultz a candidato per la presidenza della Commissione Europea, con l'obiettivo di "cambiare" l'Europa dopo che i conservatori hanno portato "paura e austerità".

Dal palco ha preso la parola anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, a lungo seduto in prima fila tra Schulz e la segretaria della Cgil, Susanna Camusso.  Renzi ha innazitutto ringraziato Pierluigi Bersani, Piero Fassino, Massimo D'Alema e tutti i predecessori alla guida del Pd e dei suoi 'affluenti'. "Per i democratici è un giorno speciale - ha detto in inglese - perché è un momento molto importante per la nostra comunità. E un pensiero va al mio amico Bersani, a Piero Fassino e Massimo D'Alema e a tutti i leader del Pd  e prima del Pds-Ds".

"Io credo - ha proseguito il segretario democratico - che la più grande scommessa che dobbiamo vincere è quella dell'educazione e l'attenzione verso la scuola, dove si costruisce la condizione dell'Europa economica. Se questo avverrà il Pd sarà orgoglioso di far parte di un cammino economico comune". "L'Europa sociale è condizione e non figlia dell'Europa economica", ha aggiunto. Per realizzare un nuovo modello in Europa, ha insistito il leader del Pd, "l'Italia deve adempiere ai propri obblighi ma noi dobbiamo tenere i conti in ordine non perché ce lo chiede l'Europa ma perché ce lo chiedono i nostri figli".

"In un momento terribile di spread non economico ma per la vita dei cittadini - ha proseguito - noi dobbiamo fare in modo che il piccolo artigiano non veda l'Europa come il problema ma come la soluzione dei problemi, come l'Europa dei cittadini e non dei burocrati. Questo è il nostro obiettivo".

In platea anche il leader di Sel Nichi Vendola.  "Sono qui in segno di amicizia per Martin Schulz e come convinto sostenitore della lista Tsipras, con la speranza che le sinistre aiutino l'Europa a uscire da questo incubo" dell'austerity e "a superare la terribile tenaglia rappresentata in tutta l'Ue dai governi delle larghe intese", ha spiegato.

In conclusione dei lavori il congresso Pse, come detto, ha candidato ufficialmente Martin Schulz alla presidenza della Commissione europea. I delegati hanno espresso 368 voti favorevoli, 2 contrari e 34 astenuti.

"I nostri amici italiani - ha detto tra l'altro Schulz nel suo intervento - ce la stanno mettendo tutta per rendere l'Italia un paese più forte, più giusto, un paese dove Matteo Renzi ha definito un piano di riforme coraggioso per ridare speranza e futuro all'Italia".

© Riproduzione riservata 01 marzo 201

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/01/news/renzi_congresso_pse-79935286/?ref=HRER3-1
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« Risposta #35 inserito:: Marzo 06, 2014, 12:15:24 pm »

Italicum, Matteo Renzi media tra Berlusconi e Alfano e pensa a un suo "lodo": diamoci una scadenza per le riforme

Pubblicato: 03/03/2014 21:38 CET  |  Aggiornato: 03/03/2014 21:38 CET

Se c’è un punto fermo, almeno uno, nella giostra di trattative sulla legge elettorale, è che l’accordo sull’Italicum, di fatto, non c’è più. Inteso come quello che avevano siglato Renzi e Berlusconi per terremotare il governo Letta. È per questo che Renzi, abituato a parlare quando ha cose da dire, preferisce rinviare la riunione del gruppo del Pd in serata. Limitandosi a spargere un po’ di ottimismo: “Siamo alla stretta finale, l’accordo è vicino. Ma bisogna superare varie difficoltà”.

Il problema – e non è un dettaglio – è che le difficoltà, alla vigilia della discussione in Aula, non sono banali. E l’accordo è affidato ai più classici consigli che porta la notte. E allora conviene provare a fissare qualche punto fisso nel labirinto per ricostruire il complesso negoziato. Ad esempio partire da quando, nel corso di una serie di telefonate dirette tra Renzi e Verdini, si capisce che con la formazione del governo tutto è cambiato. Il plenipotenziario di Berlusconi si dice disposto ad aggiustamenti piccoli perché, come ama dire, i numeri sono “birichini” e tutto dipende da come “li incolonni”, ma questo è il massimo del gioco possibile. Bene dunque a ragionare di algoritmi, per risolvere quelle criticità che il professor D’Alimonte ha illustrato al Corriere. Epperò Forza Italia non può accettare né il famoso emendamento Lauricella, né l’emendamento D’Attorre, ovvero: applicare l’Italicum solo per la Camera dei deputati, ma non per il Senato, dove resterebbe in vigore il Consultellum (la legge uscita dalla Consulta).

Per evitare l’emicrania diciamola semplice: sia l’uno che l’altro rappresentano dei deterrenti rispetto alla prospettiva del voto anticipato e legano la legge elettorale alle riforme istituzionali. Detto ancora più direttamente: si vota nel 2018 quando Silvio Berlusconi avrà 81 primavere. Si capisce allora il no, senza se e senza ma di Verdini. E pure il malumore del Cavaliere, in costante contatto telefonico da Arcore affiancato da Giovanni Toti. Insomma, spiega con Renato Brunetta, col Lauricella o affini “salta tutto”. Legge elettorale e riforme devono andare “parallelamente”.

Il problema è che Renzi, critico col Lauricella ai tempi in cui al governo c’era Letta, stavolta cerca una mediazione. Riforme e legge elettorale vanno collegate. Un azzurro di rango spiega: “Renzi ha fatto la politica dei due forni. Prima ha fatto l’accordo con noi sulla legge elettorale, poi con Alfano sul governo dando garanzie sui tempi lunghi. Ora si è incartato”. Il sospetto del Cavaliere però è che il tempo sia foriero di brutte sorprese. E cioè che l’Italicum o si approva adesso o non si approva più: “Il vero obiettivo di Alfano e sinistra Pd – prosegue l’azzurro di rango – è prima prendere tempo, poi cambiare l’Italicum. A quel punto Renzi è incastrato”.

È un sospetto che alberga anche nei pensieri del premier. Il quale sta cercando una mediazione, una sorta di “lodo Renzi. Una mediazione che consenta di non rompere con Forza Italia e, al tempo stesso, di non far saltare il governo. Tra la l’Italicum subito e l’emendamento Lauricella, l’idea è fissare un tempo “determinato” per le riforme. Un Lauricella a tempo, in sostanza: riforme istituzionali e legge elettorale vanno legate ma va fissato un tempo per non arrivare al 2108. Un anno, due. Una qualunque scadenze. Alfano all’inizio ha detto di no. La trattativa è lunga…

Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/03/03/italicum-renzi-berlusconi_n_4892180.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #36 inserito:: Marzo 13, 2014, 11:43:46 pm »

Renzi smantella la riforma Fornero: assegno unico di disoccupazione
Nessuna riforma a colpi di decreto, ma un passaggio parlamentare per chiedere la delega all'esecutivo. Previsti anche il reddito minimo e nuove tutele per le donne in maternità



di GIULIANO BALESTRERI


MILANO - Un disegno di legge per la delega al governo a riformare il lavoro semplificando, anzi, smantellando la legge Fornero. Matteo Renzi frena quindi sul Jobs Act: nessuna riforma a colpi di decreto, ma un passaggio parlamentare nel quale chiederà una delega per cambiare gli ammortizzatori sociali introducendo l'assegno di disoccupazione, il reddito minimo e la tutela delle donne in maternità. Nell'immediato arriva, invece, un decreto legge che fissa a tre anni la durata massima dei contratti di lavoro a tempo determinato, con l'accortezza che i dipendenti a tempo non superino il 20% dei totali dell'azienda. La volontà è anche quella di potenziare e semplificare l'apprendistato che vale appena il 10% degli avviamenti (il 58% sono attraverso i contratti a tempo determinato).

La legge delega prevede inoltre di riforma la cassa integrazione: contributi più bassi per tutti, ma più alti per chi ne fa ricorso. Andrà verso l'esaurimento la cassa in deroga in favore dell'assegno unico di disoccupazione e degli ammortizzatori per tutti (Naspi). Arriverà anche l'agenzia unica del lavoro per coordinare le attività dell'Inps con quelle dei centri di collocamento, mentre aumenteranno le tutele per le donne in maternità anche con contratti atipici.

Per tre anni, inoltre, i contratti a tempo saranno senza causale per evitare contenziosi e agevolare le assunzioni; non saranno neppure più necessarie le pause tra un contratto e l'altro. "Nessun cittadino deve rimanere a casa. Tutti devono avere un'occupazione" ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti che poi dice: "Vogliamo costruire un modello per il quale chi riceve dei sussidi dallo Stato possa aiutare in qualche modo la collettività". Da maggio, poi, si pagherà un miliardo in meno di Inail: l'80% delle imprese italiane pagherà il 14% in meno.

Tra i provvedimenti varati c'è dal primo maggio la "Garanzia per i Giovani" chiesta dalla Ue che ha invitato tutti gli Stati membri ad assicurare ai giovani con meno di 25 anni un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato, tirocinio o altra misura di formazione, entro 4 mesi dall'uscita dal sistema di istruzione formale o dall'inizio della disoccupazione. Il governo Renzi, però, allarga la platea ai giovani fino a 29 anni destinando risorse complessive per 1,5 miliardi alle agenzie regionali. In generale l'obiettivo è quello di offrire una risposta ai ragazzi e alle ragazze che ogni anno si affacciano al mondo del lavoro dopo la conclusione degli studi. Considerato lo specifico contesto italiano tale iniziativa prevede, inoltre, anche azioni mirate ai giovani disoccupati e scoraggiati, che hanno necessità di ricevere un'adeguata attenzione da parte delle strutture preposte alle politiche attive del lavoro.

Nel pacchetto di misure varato dal governo anche un fondo per le imprese sociali da 500 milioni e 600 milioni da destinare al credito d'imposta per i ricercatori con l'obiettivo di creare 100mila posti di lavoro nell'ambito della ricerca entro il 2018.


(12 marzo 2014) © Riproduzione riservata

Da - http://www.repubblica.it/economia/2014/03/12/news/jobs_act_ammortizzatori_sociali-80847833/?ref=HRER3-1
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« Risposta #37 inserito:: Marzo 17, 2014, 12:03:29 pm »

Politica

17/03/2014 - governo viaggio nell’unione
Renzi: “Non siamo da mettere dietro la lavagna”
Oggi vertice tra il presidente del Consiglio e la cancelliera Merkel: se faremo bene il nostro dovere, saremo una guida nell’Ue

Matteo Renzi si presenta alla Bundeskanzleramt, la Cancelleria di Berlino, con un pacchetto di misure e un eloquente auto-spot: «Ad Angela Merkel voglio semplicemente mostrare il percorso di riforme che l’Italia ha in testa, un percorso che non ha fatto nessuno in Europa in questo tempo». In una intervista rilasciata al Tg5 poche ore prima di partire per Berlino, dove oggi pomeriggio incontrerà Angela Merkel, il presidente del Consiglio ripropone alcune metafore collaudate sul tema degli esami all’Italia: «Non siamo gli alunni da mettere dietro la lavagna, siamo l’Italia» e «se facciamo bene il nostro dovere, noi saremo alla guida dell’Europa e non l’ultimo vagone tra quelli ritardatari». 

E sul tasto a lui caro dell’orgoglio nazionalista, Renzi insiste: «Se abbiamo fatto errori siamo pronti a rimediare, ma siamo l’Italia e dobbiamo riprenderci l’orgoglio di essere italiani». Sui provvedimenti in gestazione una battuta: «Semplificare le norme sul lavoro non significa dare più precarietà ma consentire ai ragazzi di lavorare. A me interessano loro, non gli addetti ai lavori, che siano sindacalisti o le associazioni dei categoria».

Parole che confermano un dato consolidato: Matteo Renzi non considera l’incontro di oggi a Berlino come un esame. E non soltanto perché il presidente del Consiglio abbonda di autostima, ma soprattutto perché ha più volte spiegato che la “sua” Italia non vuole sfondare i parametri europei e proprio per questo non intende subire esami né a Bruxelles né a Berlino. Tra l’altro l’enfasi che i mezzi di informazione stanno creando attorno al summit con la Merkel non corrisponde ad un’ansia da prestazione da parte del presidente del Consiglio. 

Tanto per cominciare il vertice intergovernativo di oggi a Berlino è un appuntamento ereditato dal precedente governo e non cercato da Renzi, il quale - come si sa - per la sua prima visita all’estero ha scelto Tunisi. E d’altra parte Angela Merkel è la personalità europea che meglio conosce Matteo Renzi: nello scorso luglio l’allora sindaco di Firenze fu ricevuto a Berlino in forma privata e riservata, mentre il secondo incontro si è svolto, brevemente, al recente vertice europeo d’emergenza sulla questione Ucraina. 

Ma il loro terzo incontro è sicuramente il più importante. Su entrambi i versanti. Angela Merkel non ha nascosto una certa simpatia per Matteo Renzi, del quale la Cancelliera apprezza «l’audacia», come sostiene il direttore di Die Welt Thomas Schmidt. E quanto al presidente del Consiglio, per quanto non abbia concepito il suo mini-tour nelle principali capitali europee - due giorni fa Parigi, oggi Berlino - come un road-show delle sue riforme, naturalmente Renzi attende con curiosità il giudizio della Merkel non solo sulle misure, ma soprattutto sull’escamotage immaginato per realizzarle: la lievitazione del rapporto deficit dal 2,6 al 2,9-3%. Da questo punto di vista le premesse della vigilia sembrano rassicuranti: a Berlino si considera come irrinunciabile il canonico tetto del 3%, mentre sullo sforamento degli obiettivi già programmati, pare non ci siano imperativi categorici per Roma. 

Renzi arriva a Berlino reduce dall’incontro col presidente francese Hollande, un incontro giudicato positivamente all’Eliseo. Un incontro - sottolineano a Firenze - che soltanto una certa enfasi giornalistica ha potuto etichettare come asse Renzi-Hollande in funzione anti-Merkel. Il presidente del Consiglio non intende combattere altri leader europei e nemmeno consolidare assi con nessuno, ma semmai - questo sì - stringere rapporti personali di una certa profondità con i singoli leader, rapporti destinati a diventare utili nei momenti topici, quelli nei quali un Paese o un leader hanno bisogno di alleanze.

Da - http://lastampa.it/2014/03/17/italia/politica/renzi-non-siamo-da-mettere-dietro-la-lavagna-kMQNHTtPzIx1RJs8svmRyK/pagina.html
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« Risposta #38 inserito:: Marzo 18, 2014, 11:56:01 am »

Pinotti: "Su F35 lecito immaginare riduzione"

Il ministro della Difesa si dice pronto a chiudere 385 caserme per rivendere gli immobili e a far scendere il numero dei militari da 190mila a 140mila
16 marzo 2014

ROMA - Sui cacciabombardieri F35 "è lecito immaginare che si può ripensare, si può ridurre, si può rivedere". Lo ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti a "L'intervista di Maria Latella" su Sky Tg24, precisando che l'ordine degli F35 prevede l'acquisto di 90 aerei. Pinotti aggiunge che prima di tagliare o ridurre "bisogna chiedersi: vogliamo un'aeronautica? Dobbiamo chiederci che tipo di difesa vogliamo, quale tipo di protezione ci può servire. C'è un impegno assunto dal governo, aspettiamo la fine dell'indagine conoscitiva per prendere una decisione".

E, sempre in tema di risparmi il ministro ha anche rivelato che il suo dicastero è pronto a chiudere 385 caserme o presidi per poter poi rivendere gli immobili. Per fare questo sarà allestita una task force attiva 12 ore al giorno. "Per dare risposte - ha detto il ministro - per non perdere tempo per mettere i beni della Difesa a disposizione dei Comuni, degli enti locali e anche dei privati. Da tanti anni ci sono immobili fermi, risolvere questo problema non sarà semplice ma è un dovere patriottico". Per quanto riguarda i tagli, "stiamo passando da 190 mila a 150 mila militari da qui al 2024, e pensiamo di tagliare 20 mila unità del personale civile della Difesa. E se ci sono ancora attendenti, li taglieremo".

© Riproduzione riservata 16 marzo 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/16/news/pinotti_f35-81130476/?ref=HREC1-3
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« Risposta #39 inserito:: Marzo 20, 2014, 12:39:51 am »

Spending review, Renzi: "Dobbiamo ancora decidere dove tagliare"

Il premier interviene alla Camera in vista della partecipazione al Consiglio Ue in programma domani a Bruxelles: "Parametro 3% deficit/Pil anacronistico, dobbiamo lottare contro un'Europa espressione della burocrazia"
19 marzo 2014
   
ROMA - Dopo le parole pronunciate ieri nel corso del suo incontro con Massimo D'Alema, Matteo Renzi torna a rilanciare l'allarme populismo anche nel suo intervento alla Camera in vista della partecipazione al Consiglio europeo in programma domani a Bruxelles.

Anche se il tema centrale del suo intervento è l'Europa, Renzi dalla tribuna della Camera non manca di parlare delle vicende italiane. Sulla spending review, dice, "stiamo facendo una analisi politica, il commissario ci ha fatto l'elenco e ora tocca a noi individuare dove tagliare. Ci presenteremo in modo chiaro in Parlamento con le voci dove vogliamo intervenire e dove no".

Scettica sulle capacità di scegliere del premier si mostra Susanna Camusso. "Non c'è dubbio che ci sia bisogno di una revisione della qualità e della quantità della spesa, ma mi sembra che le cose annunciate ieri stanno nella vecchia logica dei tagli lineari e nella compressione dell'occupazione" con "un ritorno alla logica recessiva", lamenta il segretario della Cgil.

Renzi torna anche sul taglio dell'Irpef nelle buste paga di chi guadagna fino a 1.500 euro al mese. "E' solo un primo passo per rivitalizzare il mercato interno ora bloccato", afferma e "deriva da un margine ampio" di copertura che proviene da un intervento sulla spending che presenteremo in Parlamento.

Entrando nel merito del suo viaggio a Bruxelles, il presidente del Consiglio dice: "Credo che chi rappresenta un paese nel Consiglio Ue debba partire da questa Europa che oggi vive una fase di difficoltà evidente agli occhi dei cittadini e non serve il sondaggio dei talk show per ricordarci come sia forte il rischio di una forte affermazione dei partiti populisti e antieuropeisti".

"Dobbiamo lottare contro un'Europa espressione della burocrazia e della tecnocrazia e riprendere lo sguardo alto dei paesi fondatori", ribadisce il premier che cita poi un discorso di 19 anni fa dell'europarlamentare verde Alex Langer: "Stiamo costruendo un'Europa dove si smistano persone e merci ma si svuotano di identità le città e le regioni". "Nei prossimi otto mesi - avverte ancora Renzi - ci sarà un passaggio elettorale rilevante, avremo il cambiamento della commissione Ue e il semestre a cui Letta, che saluto e ringrazio, ha dato importanza e stimolo". "Il rischio di una deriva tecnocratica e burocratica - insiste - non lo avverte solo questo governo e questo Parlamento ma è dentro, insito, nell'animo e nel cuore di chi da anni si batte per un'Europa degna di questo nome".

Nel corso del Consiglio Ue, ricorda il presidente del Consiglio, "avremmo dovuto parlare si crescita, competitività e di occupazione ma le vicende di crisi a cui stiamo assistendo in Ucraina sicuramente saranno particolarmente approfondite" soprattutto "nella cena di domani sera". Per mettere fine alla crisi in Ucraina serve, prosegue, "una soluzione politica", "rispettosa del diritto internazionale e "che non ci faccia tornare indietro rispetto ad un disegno di cortina di ferro che probabilmente è solo negli incubi ma che noi dobbiamo scongiurare".

Poi, nel corso della replica, Renzi interviene anche sull'eventuale sforamento del limite del 3% nel rapporto deficit/pil. "E' oggettivamente un parametro anacronistico", dice il presidente del Consiglio, ma per l'Italia "non ci sarà nessuno sforamento". "Quel che in queste ore sfugge - precisa - non è la discussione su 3% o meno", il governo ritiene che "quel che è necessario non è lo sforamento ma il rispetto del 3% con una modifica, vedremo se possibile, dal 2,6% al 3%".

© Riproduzione riservata 19 marzo 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/19/news/renzi_camera_ue-81358457/?ref=HREA-1
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« Risposta #40 inserito:: Marzo 30, 2014, 11:44:00 am »

Renzi: lunedì riforma Senato. "Pd punta al 40% nel 2018"

Nella direzione dem passa con 93 sì e 12 no la relazione del segretario-premier che indica due vice: Serracchiani e Guerini. Ma Cuperlo e Fassina bocciano la proposta. Elezioni europee: liste il 7-8 aprile.
Sul jobs act è scontro con la minoranza che chiede di riscrivere il dl lavoro. Il ministro Poletti da Bari: "La retribuzione può anche non crescere costantemente". Il premier da Mentana: riforma costituzionale sarà storica
28 marzo 2014

ROMA - Una segreteria coordinata da due vicesegretari. No a ultimatum sul pacchetto lavoro. Via libera del governo a riforma del Senato e del Titolo V già da lunedì. Una riforma di portata "storica" perché segna "la fine del bicameralismo". Matteo Renzi, leader del Pd e presidente del Consiglio, nella sede del Nazareno scandisce le sue priorità nonostante i no della minoranza che si mette di traverso sia sul jobs act sia sulla gestione del partito.

In serata, la road map del partito si esplicita in una lunga intervista a Enrico Mentana su La7. Tornando a reiterare l'elemento del "coraggio" del suo governo: "Non c'era alternativa a buttare in campo riforme coraggiose e giocarsi tutto. Se le riforme non vanno in porto me ne vado a casa: ho messo in gioco me stesso. E' un rischio notevole. Vivo la difficoltà" di governare "con un Parlamento non eletto con liste fatte da me e "di rischiare l'osso del collo". Le priorità, per ora, non sono le forme di governo. Premierato? Cancellierato? Presidenzialismo? "Non è questo il punto centrale. Il vero problema è che la crisi l'hanno pagata le persone normali. Poi c'è il costo della politica. Bisogna intervenire per chi arriva a stento alla fine del mese, questa è la prima mossa che noi abbiamo fatto".

L'obiettivo è portare la disoccupazione "sotto il 10% entro il 2018".  "La disoccupazione è raddoppiata non solo per colpa della crisi ma anche perché l'Italia ha perso delle occasioni, occorrono regole chiare, semplicità dei rapporti tra imprenditori che investono e P.a, e basta anche con i poteri di veto della realtà sindacale". La previsione dell'ex ministro dell'Economia Saccomanni dell'1% di crescita per il 2014 è "ahimè un po' ottimistica. Le nostre cifre non sono queste: nel Def avremo un dato tra lo 0,8% e lo 0,9% di crescita. Con gli 80 euro in busta paga" derivanti dal taglio del cuneo "spero che alla fine si arrivi all'1% e lo si superi".

La riforma istituzionale in cantiere, avverte però il premier, sarà "storica":  "Da questo tavolo - ha spiegato il premier - lunedì noi presenteremo una proposta di legge costituzionale (abbiamo sentito tutti quelli che volevano dire la loro), che parte con l'accordo della maggioranza e di Forza Italia, che è una riforma storica: dice mai più bicameralismo". L'Italia "potrà chiedere all'Europa di cambiare se avrà cambiato prima se stessa".  "O si riforma" il Paese "o crolla tutto. Serve una svolta netta". Quanto a Grillo, "Niente guerra, la competizione è tra chi vuole rimettere in moto l'Italia e chi invece vuole vada male".

La direzione Pd. La relazione di Renzi è stata approvata dalla direzione Pd a favore hanno votato in 93, gli astenuti sono stati 8 e i voti contrari 12. I 12 voti contrari sono stati espressi da Pippo Civati e dagli esponenti a lui vicini, le 8 astensioni sono arrivate da alcuni esponenti dell'area Cuperlo (oltre allo stesso Gianni Cuperlo anche Nico Stumpo, Davide Zoggia, Alfredo D'Attorre, Guglielmo Epifani, Francesco Verducci, Michela Campana, Barbara Pollastrini). Nella relazione: il pacchetto delle riforme, la conduzione del Pd e il dl lavoro.

Il portavoce del Pd Lorenzo Guerini e la governatrice del Friuli Venezia-Giulia Debora Serracchiani reggeranno da oggi il partito, fino a dopo le elezioni europee, anche se sarà poi l'assemblea nazionale a nominarli formalmente vice segretari (videocommento). Nel frattempo, il Pd dovrà lavorare 'pancia a terra' per vincere le elezioni - si vota anche per 4.000 Comuni e due Regioni - rivendicando i primi successi del governo Renzi. Lo ha annunciato oggi lo stesso segretario-premier, durante una riunione della direzione. A mettersi di traverso, però, è stato Stefano Fassina, ex viceministro dell'Economia, seguito a ruota da Gianni Cuperlo, che suggerisce una "formula meno rigida, con la nomina di una figura di coordinamento ed eventualmente di un portavoce".
 
Guerini e la Serracchiani saranno per il momento coordinatori della segreteria, ha detto Renzi, che ha invitato le minoranze del partito a un confronto sulla possibilità di modificare la composizione dell'organo esecutivo del partito: "Non ho intenzione di gestire il partito come avanza-tempo", ha detto Renzi. "La scelta di Guerini e della Serracchiani è uno strumento a garanzia, non un elemento di polemica interna", ha aggiunto il leader rivolto alla minoranza, che contesta la decisione di indicare due reggenti. "Se le varie realtà nel partito hanno voglia, di confrontarsi nella riorganizzazione della segreteria, noi ci siamo", ha commentato il segretario. Dopo le elezioni, a giugno o a luglio, sarà poi l'assemblea nazionale a dover ratificare la scelta.
 
In attesa di chiudere le liste dei candidati per il parlamento europeo - il 7 o l'8 aprile - Renzi ha spronato oggi il suo partito a lavorare per vincere le elezioni, anche in vista del semestre di presidenza italiano dell'Unione europea: "Il Pd oggi ha una responsabilità enorme: a 60 giorni dalle elezioni ha la responsabilità di aver messo in moto un cantiere di cambiamento che suscita aspettative e speranze", ha detto il leader dem, invitando a fare campagna elettorale sulle misure annunciate dal governo in tema di eguaglianza sociale (ma non ancora attuate), come l'aumento in busta paga grazie alla riduzione del cuneo fiscale o la riduzione dell'Irap.
 
Renzi ha poi ribadito di non volere che il suo nome compaia sul simbolo elettorale del Pd alle elezioni e ha invitato anche a non candidare quelli che ha definito "specchietti per le allodole", cioè candidati eccellenti ma che non intendano poi andare a lavorare all'Europarlamento.

Protesta degli esodati. Prima dell'inizio, davanti alla sede del Pd è scattata la protesta del coordinamento degli esodati: "Renzi - hanno tuonato - hai fatto delle promesse, ora passa ai fatti. Quando ci incontriamo?". Poco prima di entrare nella sede del Pd, sia Cuperlo sia Fassina si sono intrattenuti qualche minuto per parlare con gli esponenti del movimento.

Polemiche sul dl lavoro. Il decreto legge sul mercato del lavoro che inizia in questi giorni l'iter parlamentare può essere migliorato ma l'apprendistato e i contratti a termine sono "due punti intoccabili". Con queste parole Renzi tenta di mettere ordine alle scomposte posizioni del suo partito sull'argomento.

Per Fassina si tratta di "una proposta della destra" e dunque di "un'umiliazione intellettuale", mentre per Francesco Verducci, esponente dei 'giovani turchi', il dl è "un passo indietro sbagliato, che va profondamente corretto. Dobbiamo avere la forza di inserire nel dl alcuni elementi di tutela ai lavoratori". A dire che il decreto va cambiato con "un intervento più organico" è lo stesso Cuperlo. Di contro, Paolo Gentiloni ha rimarcato: "Il Pd deve stare attento a non dare l'impressione di smontare pezzo a pezzo il pacchetto del governo su economia e lavoro, e di rompere il c...o a Renzi".

Il decreto sul lavoro "non è una parte a piacere, il pacchetto sta insieme. Se abbiamo scelto di fare un decreto su questo e un disegno di legge delega sul resto è perché abbiamo immaginato l'urgenza di una risposta che è un pezzo di credibilità dell'Italia non solo sui mercati, e lo stiamo vedendo in questi giorni, ma anche rispetto all'equilibrio complessivo della manovra", ha aggiunto.

Renzi, dal canto suo, non ha risparmiato una ulteriore stoccata ai sindacati dicendo che con le attuali norme sul mercato del lavoro, "vidimate" dal sindacato, la disoccupazione giovanile è salita al 42%: "Non si pensi che si risolva il problema del mondo del lavoro rendendo sempre più difficile l'accesso per i nostri giovani. Oggi, stime anche prudenziali dicono che per finanziare la cassa in deroga c'è bisogno di più soldi di quanti immaginati", ha aggiunto Renzi dopo che nei giorni scorsi il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva detto che nel 2014 manca 1 miliardo per finanziare la cassa in deroga.

Ma proprio oggi, arrivando a Bari per partecipare al convegno sul 'capitale umano' di Confindustria, Poletti ha detto a proposito di dinamica della retribuzione: "La retribuzione di una lavoratore non deve essere per forza una retta dritta che sale, ma può anche essere una 'U' rovesciata. Se la retribuzione cala, non è un colpo letale alla dignità dei lavoratori".

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/28/news/al_via_la_direzione_per_la_guida_del_pd_renzi_vede_serracchiani-82148479/
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« Risposta #41 inserito:: Marzo 31, 2014, 11:49:20 pm »

Renzi-Grasso, duello sul Senato. Il premier: chi mi blocca farà i conti con gli elettori

di Marco Conti
      
«Troppa gente vive di politica e questo lo cambieremo. O qualcuno le spiegherà ai propri elettori». Renzi considera la sortita di Grasso un assist, in quanto «fa finalmente emergere chi vuol rispettare l’impegno con i cittadini».

«E chi invece vuole continuare a prenderli in giro». In quella che il premier considera «la battaglia finale», il presidente del Senato viene definito dal mondo renziano come «l’ultimo dei mohicani», «il segretario del partito conservatore di sinistra» che «ha offerto sponda all’appello del gruppo di intellettuali di sinistra che si sono scagliati contro le riforme istituzionali messe in cantiere dal governo-Renzi. Un po’ il presidente del Consiglio se l’aspettava perché, a suo giudizio, la riscrittura dei poteri di palazzo Madama «toglie a molti il diritto di veto». «Indietro non si torna», è però lo slogan che oggi il presidente del Consiglio ribadirà nella conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri che varerà i ddl costituzionali che cancelleranno il bicameralismo, rivedranno le competenze Stato-regioni contenute nel Titolo V della Costituzione, e cancelleranno il Cnel con i suoi 66 consiglieri

DISAFFEZIONE
Una mannaia sulla pletoricità istituzionale sulla quale il presidente del Consiglio ci ha messo la faccia molto più che sul taglio dell’Irpef: «Lascio la politica se non ci riesco». Un modo per mettersi in sintonia con quella crescente massa di elettori che un certo tipo di politica l’hanno lasciata da tempo disertando le urne. Il sondaggio effettuato dall’istituto di ricerca Demopolis per La7 conferma la popolarità della riforma che oggi presenterà il ministro Maria Elena Boschi. Secondo quei dati il 76% degli italiani dice sì a trasformare il Senato in camera delle autonomie non elettivo, anche se solo il 40% crede si possa arrivare anche stavolta al risultato.

Renzi è però convinto di farcela e l’elevarsi del tono dello scontro gli fornisce argomenti per intestarsi una battaglia molto popolare e sulla quale è pronto anche a mettere in gioco il governo e la legislatura. E’ per questo che Renzi è ben contento di trasformare la guerra sotterranea in corso da tempo, in battaglia a tutto campo. Ieri la sortita di Grasso gli ha dato l’occasione giusta per un corpo a corpo cercato. «Se invece di un’intervista fosse intervenuto in aula forse sarebbe stato meglio», sostiene Maria Stella Gelmini esponente di Forza Italia, partito che oggi presenterà una sua proposta di riforma. A Renzi la forma interessa meno, anche se qualcuno dei suoi trova «curioso» che un presidente del Senato «si metta a fare il capogruppo sostenendo che in aula non ci sarebbero i numeri». D’altra parte, pallottoliere alla mano, sinora sono ventisei i senatori venuti allo scoperto, anche a costo di passare per «parrucconi» o di difensori di «un sistema barocco», per dirla con il sottosegretario Graziano Del Rio.

PRESEPE
Più cauto dei venticinque senatori del Pd è il capogruppo Luigi Zanda: «Mi sembra profondamente sbagliato sparacchiare sulle riforme prima di conoscere il testo. Stiamo modificando l’assetto legislativo che il primo potere di tutte le democrazie - aggiunge il capogruppo - è quindi legittimo discutere, ma facciamolo su un testo definitivo e non su voci». E’ probabile che” il presepe” - per dirla con De Filippo - non piaccia a prescindere a chi sa di dover votare la propria soppressione sin dalla prossima legislatura. E’ per questo che tra le più malevoli letture della sortita di Grasso oltre a vederci l’ombra del Quirinale - irritato per non aver avuto modo di leggere il testo della riforma prima del consiglio dei ministri - scorge anche una sorta di candidatura dello stesso Grasso per la presidenza della Repubblica visto che palazzo Madama conserverà questa importante competenza.

Resta il fatto che lo scontro è destinato a diventare trasversale e molto interno ai partiti. A Renzi ieri è stato fatto notare che alle perplessità dell’ex ministro Quagliariello si contrappone l’entusiasmo via twitter di Alfano. Analogo problema in FI con gli azzurri Sisto e Napoli che si scagliano contro Grasso mentre il collega senatore Matteoli ne sposa le tesi.

Lunedì 31 Marzo 2014 - 09:34
Ultimo aggiornamento: 10:37
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Da - http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/POLITICA/renzi_grasso_senato_riforma/notizie/603313.shtml
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« Risposta #42 inserito:: Aprile 21, 2014, 11:41:56 pm »

Renzi: "A maggio 80 euro in busta paga".
Poi l'intervento su incapienti e partite Iva
Il presidente del Consiglio annuncia su Twitter il termine dei lavori: arriva anche un taglio dell'Irap del 10%. Per i dipendenti con reddito tra 8 e 26mila euro lordi un bonus in busta paga. Il premier: "Restituiamo agli italiani quello che è loro stringendo la cinghia alla politica"

di GIULIANO BALESTRERI
   
MILANO - L'#oraics è arrivata. E con lei, da maggio, gli 80 euro in busta paga promessi dal presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi che dopo una riunione lunga due ore esulta: "Sono felice, abbiamo smentito i gufi. Diamo gli 80 euro in busta paga fin dal mese di maggio. Il taglio all'Irpef è strutturale e riduciamo l'Irap del 10%" che scenderà al 3,5%. Tutto senza toccare la Sanità: "E' una vittoria dei cittadini" twitta il ministro Beatrice Lorenzin, confermando quanto detto in precedenza dal premier Matteo Renzi: "Non ci sono tagli".

L'aumento arriverà sotto forma di bonus: non vengono quindi toccate le aliquote Irpef, così come non c'è alcun intervento sui contributi. Le coperture necessarie a finanziare l'operazione ammontano a 6,9 miliardi per il 2014, che salgono a 14 miliardi alla fine dell'anno prossimo: "Stiamo dando agli italiani qualcosa che è degli italiani. E lo facciamo stringendo la cinghia alla politica e allo Stato che in questi anni hanno speso troppo" spiega il premier che continua: "C'erano due ipotesi, la prima dare
10 miliardi a 10 milioni di persone come annunciato a marzo; la seconda prevedeva l'allargamento agli incapienti con una riduzione del bonus. Ma abbiamo scelto di mantenere la prima opzione per coerenza. Per serietà". In sostanza ai 10 milioni di italiani che guadagnano tra gli 8 e i 26mila euro lordi l'anno arriveranno 80 euro in più in busta paga. Nelle prossime settimane, invece, Renzi promette un intervento su partite Iva i incapienti.

Gran parte delle coperture sarà garantita da una stretta alla spesa pubblica che passa anche per un taglio agli stipendi dei dirigenti dello Stato, compresi militari e magistrati: "Vogliamo un Paese più equo. Vogliamo fare la pace. Il tetto massimo è stato abbassato da 311mila a 240mila euro, con 20mila euro al mese si vive benissimo. Per le società non quotate sarà così da subito, per le quotate proporremmo il tetto alla remunerazione dei presidente nelle assemblee degli azionisti. Sarebbe bello se anche le Camere si adeguassero". Il presidente del consiglio insiste sulla serietà del provvedimento: "Siamo stati prudenti sulle stime delle coperture. Qui non ci sono tagli di nessun tipo, ma soldi che entrano nelle tasche degli italiani. Con gli 80 euro - continua Renzi - inizia una rivoluzione strutturale per il Paese".

Sul provvedimento fa il punto anche il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan che spiega: "In questo modo riduciamo i costi per le imprese aumentando la competitività e aumentiamo i consumi con più spese a parità di reddito. In questo modo vogliamo sostenere una ripresa lenta e debole". Secondo il ministro l'impatto sul Pil sarà positivo e strutturale portando l'economia "su un sentiero di crescita più alto".

Nei giorni scorsi era circolate varie indiscrezioni, tra cui quella secondo cui il bonus varrebbe solamente per il 2014. In questo senso Renzi ha confermato che le misure per il prossimo anno saranno inserite nella legge di Stabilità, ma per le coperture - ha spiegato Padoan - "non c'è problema. Anzi, avremo un margine di spesa, 4 miliardi per nuovi interventi: il sogno di chiunque faccia politica economica".
 

(18 aprile 2014) © Riproduzione riservata

Da - http://www.repubblica.it/economia/2014/04/18/news/bonus_irpef_renzi_padoan-83911518/?ref=HREA-1
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« Risposta #43 inserito:: Maggio 01, 2014, 07:39:09 pm »

Politica
29/04/2014

Renzi al Pd: “E ora, tutti in campagna elettorale”
Il premier mobilita i suoi, e li invita a non lasciarsi incantare dai sondaggi.
Il rischio? Dare la vittoria per scontata

Carlo Bertini
Roma

Usa bastone e carota con i senatori dissidenti Matteo Renzi, avvisandoli che se continuerà il gioco dei veti lui potrebbe davvero far saltare il banco e nessuno a quel punto avrebbe un destino assicurato, anzi. Mette in campo la minaccia (pur sapendo che Napolitano non scioglierebbe le Camere nel semestre europeo) tendendo al contempo la mano su un accordo per la riforma del Senato che ancora va fissato nei dettagli essenziali. Per questo il premier oggi non molla sui senatori non eletti, è sempre buona tattica cedere solo all’ultimo minuto sul punto a cui si tiene di più e solo se proprio indispensabile per blindare un voto a larga maggioranza. 

Quello che sta a cuore di più oggi a Renzi è ricompattare il partito e muovere le truppe sul territorio per rastrellare voti, visto che le europee si combattono con le preferenze e l’opera di tutti si rende necessaria alla bisogna. C’è un riflesso anche scaramantico nella battuta consegnata stamane ai senatori Pd sui sondaggi elettorali, “siamo avanti ma ai miei dico non li guardate se no vi meno”. Un riflesso che muove dalla paura che il Pd ricada nel vizio deleterio e funesto di dar la vittoria per scontata e quindi di rilassarsi come se tutto fosse già scritto, comprese le mosse che seguiranno. Non a caso domenica ha lanciato un avviso ai naviganti a non sottovalutare Berlusconi, perché anche se il nemico numero uno di queste europee, quello più insidioso, è Grillo, con il Cavaliere non bisogna scherzare, ”ricordo quando facevano i risolini”, dice Renzi alludendo ai bersaniani che sfottevano il rientro in campo di Silvio e alla sua ennesima e spettacolare rimonta alle politiche 2013.

Quindi se un esponente non certo ostile al premier come Matteo Orfini dice che “è ora che tutti si mettano a fare la campagna elettorale”, se Renzi ha deciso di stare a fianco di molti sindaci ingaggiati nella battaglia in giro per l’Italia, se la narrazione comporta mosse ad effetto anche mediatico come la chiusura parallela nei vari angoli d’Italia di cinque coppie di donne, le capolista e le ministre, è perché attribuisce enorme peso a questo primo test elettorale, senza dare nulla per scontato. Sente il fiato sul collo di Grillo, che ormai tutti i sondaggi danno come secondo partito e in queste corse difendere la posizione di numeri uno è sempre più scomodo che inseguire. Ma gli strateghi del Pd sono fiduciosi, “perché Matteo è posizionato in maniera perfetta, pesca nel bacino elettorale di Grillo e molto anche in quello di Berlusconi, sono loro ad essere in difficoltà”.

Da - http://lastampa.it/2014/04/29/italia/politica/renzi-al-pd-e-ora-tutti-in-campagna-elettorale-B0Qfvgbch32F0AbGLcK9GP/pagina.html
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« Risposta #44 inserito:: Maggio 04, 2014, 12:03:40 pm »

«I sindacati non mi fermano»
Il premier Matteo Renzi: quante resistenze dai prefetti ai segretari comunali. «Mai visto Gelli, mio padre mi ha cresciuto nel mito di Tina Anselmi»

di Aldo Cazzullo

«È iniziata la rivoluzione. Una rivoluzione pacifica, ma che le resistenze del sistema non fermeranno - dice Matteo Renzi al Corriere della Sera -. Il fatto che tutti gli organismi siano contro lo considero un elemento particolarmente incoraggiante: noi non facciamo favoritismi».

Matteo Renzi, la attaccano sindacati e prefetti, protestano le banche, la burocrazia, le Camere di commercio. Non sta esagerando? Come si fa a governare avendo tutti contro?
«Noi siamo qui per cambiare l’Italia. Se qualcuno pensava che fossimo su Scherzi a parte, si sarà ricreduto. Trovo legittimo il malumore di tante realtà. Certo, non mi sarei aspettato che rappresentanti delle istituzioni abituati a servire lo Stato usassero espressioni come “coltellate alla schiena”. Ma il punto è un altro: l’Italia ha tutte le carte in regola per essere un leader nel mondo e il leader in Europa; ma per farlo deve cambiare. Non basta cambiare il Senato o le Province o i poteri delle Regioni; ma se ci riusciamo, se la politica dimostra che può riformare se stessa, allora abbiamo l’autorevolezza morale per cambiare gli intoccabili».

Quale resistenze sta incontrando? Aveva ragione Nardella, quando diceva che l’establishment la considera un barbaro e fa bene, perché lei lo vuole scardinare?
«I miei avversari non sono in trincea. Sono piuttosto nella palude. Nell’establishment ci sono, come dappertutto, forze conservatrici. Ma ci sono anche forze di cambiamento. È evidente che una larga parte della classe dirigente ci osteggia. È altrettanto evidente che noi non arretreremo davanti all’obiettivo di garantire ai cittadini una pubblica amministrazione in cui non si sentano ospiti indesiderati, ma padroni di casa. Se per far questo dobbiamo prenderci un po’ di insulti e contumelie, ce le prendiamo. Non dico che dobbiamo cambiare tutto, ma che dobbiamo cambiare tutti. Sono qui per cambiare il Palazzo; non accetteremo che il Palazzo cambi noi. Non diventeremo “buoni” al punto da modificare il nostro DNA».

I sindacati sono all’opposizione su due fronti: decreto lavoro e riforma della pubblica amministrazione.
«Sono due cantieri aperti. Si confrontino, discutano, ci dicano le loro idee: non abbiamo problemi ad ascoltarli. Ma vogliamo negare che occorra un cambio radicale delle regole del lavoro? La Germania l’ha fatto più di dieci anni fa; e l’ha fatto la sinistra, non la destra radicale. Ora la Germania è leader in Europa. In America il Jobs Act di Obama ha portato la disoccupazione sotto il 7%; noi siamo al 13, e tra i giovani al 42. Dobbiamo fare di tutto per consentire a chi vuole creare lavoro di farlo. Le resistenza del sindacato sono rispettabili, non comprensibili».

Sta dicendo che anche il sindacato è un elemento di conservazione del sistema?
«Il sindacato non può occuparsi solo di chi il lavoro ce l’ha o di chi è in pensione. Anche i sindacati, come la politica, devono farsi un esame di coscienza, devono cambiare. Sogno un sindacato che, nel momento in cui cerchiamo di semplificare le regole, dia una mano e non metta i bastoni tra le ruote. Non vogliamo fare tutto da soli, sulla riforma della pubblica amministrazione aspettiamo anche le loro idee; ma vogliamo che a un certo punto si decida, altrimenti non è politica, è chiacchiericcio. Non vorrei che la polemica derivasse dal fatto che si dimezza il monte ore dei permessi sindacali e che i sindacati saranno obbligati a mettere on line ogni centesimo di spesa. Non i bilanci, che spesso sono illeggibili; ogni centesimo. Di fronte all’avanzare di Grillo e del grillismo la risposta è sfidare i sindacati a viso aperto».

Che c’entra Grillo?
«Mi ha molto colpito l’atteggiamento di Grillo a Piombino. È andato in un’azienda che sta morendo, dove hanno appena spento l’altoforno, a strumentalizzare un dramma con il solo obiettivo di prendere voti e attaccare i sindacati. Ma le persone che vogliono bene ai lavoratori non si comportano così; cercano di salvare i posti di lavoro. Noi abbiamo messo su Piombino più di 200 milioni, riconoscendo come interlocutore unico il presidente della Toscana, che in passato su di me aveva espresso opinioni non particolarmente esaltanti. Non ho attaccato i sindacati su Piombino: li ho coinvolti. Non per questo i sindacati possono fare finta di niente mentre l’Italia soffre. Anche loro devono mettere qualcosa. In ogni caso, non sarà un sindacato a fermarci».

Lei è sicuro che le prefetture siano enti inutili?
«La presenza dello Stato va riorganizzata. Le prefetture appartengono a un modello di Stato diverso da quello di oggi. È possibile ridurne il numero. Che senso ha mandare a casa il ceto politico delle Province e mantenere in ogni provincia uffici distaccati della Ragioneria dello Stato? C’è un filo logico che lega tutto: via le Province, le auto blu, il Cnel, gli stipendi dei super manager; ora iniziamo a semplificare gli organismi dello Stato su base territoriale. Mi ha molto colpito scoprire che esiste un sindacato dei prefetti, e pure un’associazione dei segretari comunali: la sindacalizzazione ha portato anche a questo. Ma non può passare la logica del “cambiate tutto, purché non si inizi da me”; oppure “vai avanti tu, che a me scappa da ridere”. Se l’Italia avrà un sistema burocratico più efficiente, potrà attrarre più investimenti, e restituire speranza ai giovani che non trovano lavoro e ai cinquantenni che lo perdono. Ho incontrato un sacco di investitori stranieri, Padoan ha fatto lo stesso in Europa questa settimana: se riusciamo a cambiare l’Italia, qui i soldi arrivano a palate. A me piace creare posti di lavoro. Se il sindacato dei prefetti, l’associazione dei segretari comunali e la lobby dei consiglieri provinciali si oppongono, è un problema loro, non nostro».

I tecnici del Senato avanzano dubbi sulla copertura del decreto degli 80 euro. Sono oppositori anche loro?
«Con loro vorrei un dibattito pubblico. E vorrei rivedere tutte le scelte che hanno avallato in passato. Comunque non cambia nulla: la decisione spetta alla maggioranza politica, che al Senato è molto compatta. Abbiamo calcolato in modo prudenziale ogni voce. Ora i tecnici del Senato - casualmente - esprimono dubbi. L’avevo messo in conto. L’aspetto più divertente è che io non vivo questa vicenda con la foga di uno che deve dimostrare a tutti i costi che si può fare. Io so che si può fare. Vince chi molla per ultimo. Pensano di trascinarsi in un pantano; ma a me non interessa aver ragione, mi interessa riorganizzare lo Stato, perché vedo lo spazio economico, politico e culturale per fare dell’Italia la guida d’Europa, e trovo allucinante non cogliere l’occasione».

Italia guida d’Europa? Non è una formula da campagna elettorale?
«Lunedì dirò al partito di buttarsi nella sfida: campagna porta a porta; tavolini in piazza. Ma la campagna non serve per una vicenda interna al governo; serve a mandare in Europa persone capaci di riportare l’Italia là dove deve stare. Se si manda Borghezio, non ci si può lamentare dell’immigrazione; se si mandano persone competenti, si può scegliere sull’immigrazione una linea diversa. Se mandiamo i rappresentanti 5 Stelle che credono alle sirene, sconsiglierei di affidare a loro la gestione di Mare Nostrum. Ho stima dei 5 Stelle e ancor più delle sirene, ma è una vicenda un po’ più complicata. I miei amici mi dicono: se hai un buon risultato hai risolto il problema della legittimazione popolare...».

Non è così?
«No. La legittimazione popolare non l’avrò mai, neanche se il Pd stravincesse le Europee; a questo giro è andata così, mi basta la legittimazione costituzionale prevista dalle norme vigenti. I sondaggisti mi dicono che mettere il mio nome nel simbolo varrebbe un paio di punti. Ma lo scopo di queste elezioni non è il fixing dei partiti. È spiegare che le grandi questioni, dalla disoccupazione alle tasse, dipendono dalla credibilità che abbiamo in Europa. Il Pd può essere il primo gruppo parlamentare dei 28 Paesi, e questa è una cosa importante. Ma è molto più importante evitare che il grillismo, inteso come populismo demagogico, caratterizzi il nostro Paese; altrimenti l’Italia sarà sempre meno credibile».

La vedo molto preoccupato da Grillo.
«Sinceramente no. Battono i pugni sul tavolo e dicono: usciamo dall’euro. Ma questo scenario porterebbe code ai bancomat, fallimento delle aziende, bancarotta dei conti pubblici; il modello Argentina di qualche anno fa. Se non riusciamo a spiegarlo, è colpa nostra, non merito di Grillo».

Non la preoccupa anche il ritardo dell’intesa con 13 Regioni per attuare il piano sul lavoro ai giovani?
«Non è questo ritardo a preoccuparmi. È il fatto che dobbiamo imparare a spendere meglio i soldi europei. I miei amici mi dicono anche: non parlare d’Europa. Invece noi parleremo molto d’Europa. Non si tratta di uscire dall’euro, ma di entrare in Europa; perché in questi anni non abbiamo toccato palla».

I tecnici del Senato parlano anche di incostituzionalità dell’aumento delle tasse sulle banche.
«Ma stiamo scherzando? Sono tasse previste per l’esercizio 2014. Non sono retroattive. Di cosa stiamo parlando? Anche su questo dobbiamo organizzare un confronto pubblico».

Carlo De Benedetti prevede elezioni politiche anticipate in autunno. Sbaglia?
«La data delle elezioni la decide il capo dello Stato, non il presidente del Consiglio, né i parlamentari, né un imprenditore, pure autorevole. Quanto alle previsioni, la mia è che si voti nel febbraio 2018, alla scadenza della legislatura».

Qual è la posizione del governo sull’Ucraina? A Roma sta per cominciare il G-7 sull’energia: salterà il condotto South Stream?
«La giornata passa tra emendamenti e comunicati, ma poi la sera prima di andare a letto ti vengono in mente dubbi e pensieri, di fronte al dolore del mondo. Penso al Papa che piange per i ragazzi cristiani crocefissi in Siria. Penso alla situazione delicatissima dell’Ucraina. Noi la stiamo gestendo con rigore e coerenza: come ho detto al premier ucraino Yatsenyuk e al presidente Putin, dobbiamo fare di tutto per lasciare aperto un canale diplomatico, ripartendo dagli accordi di Ginevra. Questa non è la posizione dell’Italia; è la posizione di tutti. Al G-7 diremo che siamo per confermare l’impegno South Stream. Ma la questione energetica non può essere considerata l’altra faccia della questione dei valori. Il problema non è la fornitura di gas per l’anno prossimo; è quale rapporti vogliamo costruire con la Russia, quale futuro vogliamo per la Nato, quale ideale di democrazia e di libertà coltiviamo».

Cos’è successo tra lei e Piero Pelù?
«Sono vecchie polemiche fiorentine che lasciano il tempo che trovano. A me non interessano gli incarichi di Pelù con il Comune, né quanto prende dalla Rai. Mi dispiace solo la spocchia sugli 80 euro da parte di un certo mondo artistico, imprenditoriale, salottiero. Chi parla di elemosina non si rende conto di cosa significhi per chi guadagna 1.100 euro guadagnarne il mese prossimo 1.180. Nessun rinnovo contrattuale ha mai dato ai lavoratori quel che diamo noi. Non chiedo rispetto per me, ma per chi avrà gli 80 euro e per chi è costretto a vivere davvero di elemosina».

Sono in molti a considerarlo un obolo elettorale.
«Non è vero. Arriva in busta paga dopo le elezioni. È una misura stabile. Ed è l’inizio di un vero cambiamento, che da una parte pone un tetto agli stipendi pubblici e dall’altra avvia una battaglia di equità sociale».

Ma perché continuano ad associarla a Licio Gelli? L’ha mai incontrato?
«Mai, ovviamente: è quanto di più lontano ci sia da me. Mio padre, zaccagniniano della sinistra Dc, mi ha cresciuto nel mito di Tina Anselmi. Le parole di Pelù sono una contraddizione in termini. Tra l’altro non gli venivano dal cuore, perché non le ha dette; ha letto un testo che qualcuno gli avrà preparato».

Come giudica l’accenno di discesa in campo di Marina Berlusconi?
«Non so se sia una strategia elettorale sull’immediato. So che è sbagliato sottovalutare Berlusconi. L’anno scorso il Pdl, con Alfano, prese il 21%. Oggi Forza Italia è quasi allo stesso livello. Voglio dire ai miei di aspettare a fare ironie».

Pare quasi che lei tifi perché Berlusconi non affondi, visto che è il perno della sua strategia per le riforme.
«Ma no. A me quel che prende Berlusconi non interessa. Però sono grande abbastanza per ricordare che la sinistra ha sempre riso di Berlusconi in campagna elettorale, per poi piangere. Io voglio ridere dopo, non prima. Massima concentrazione sulle Europee e anche sulle città».

A Firenze pensa di vincere al primo turno?
«Sì, Dario Nardella è bravo. Ma Il simbolo di queste elezioni per me è Prato con Matteo Biffoni. Cinque anni fa il Pd subì una sconfitta storica. Oggi riprenderla significa non solo recuperare l’onore perduto, ma dare una prospettiva di sviluppo a una città manifatturiera degna di stima e di rispetto».

4 maggio 2014 | 08:17
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Da - http://www.corriere.it/politica/14_maggio_04/renzi-intervista-sindacati-non-mi-fermano-bde8ea86-d352-11e3-a38d-e8752493b296.shtml
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