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« inserito:: Novembre 10, 2007, 10:09:57 am » |
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«A caccia di emozioni forti»
Le amiche raccontano le notti di Amanda e Raffaele
«Stavano fuori fino all'alba, poi a casa in compagnia Meredith era diversa, non faceva mai entrare nessuno»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
PERUGIA — Era alla ricerca di «emozioni forti » Raffaele Sollecito. Lo aveva scritto sul suo blog il 13 ottobre scorso. Lo ha ripetuto due giorni fa davanti al giudice. E quella voglia di rompere la noia adesso si trasforma in un elemento di accusa, un sostegno al movente dell'omicidio di Meredith Kercher. Amanda e Raffaele, questo dice l'accusa, «avevano la volontà di provare una sensazione nuova ». Forse non bastavano più gli incontri sessuali occasionali, gli spinelli, le ubriacature, le serate trascorse tra una discoteca e un pub fino all'alba. L'unica certezza di questa inchiesta al momento appare la vita sregolata di questi studenti che emerge dai verbali riempiti in questi giorni da chi frequentava la casa dove è avvenuto il delitto, da chi usciva con Amanda, con Meredith.
Dalle parole di quelle giovani straniere che, seppur per poche ore, accettavano la compagnia dei ragazzi incontrati occasionalmente durante il loro peregrinare notturno. Racconta il 2 novembre Amy Frost: «Conosco Meredith da circa due mesi, perché abbiamo frequentato un corso di italiano all'Università per stranieri. Dopo quel periodo abbiamo cominciato a frequentarci e quattro o cinque volte la settimana ci incontravamo per uscire e andare in qualche locale. Spesso andavamo al "Merlin". So che Meredith qualche volta andava in un locale chiamato "Le Chic" dove lavora la sua amica Amanda». E che cosa facessero durante queste uscite lo aggiunge poco dopo ricordando cosa avvenne il 31 ottobre, alla festa di Halloween «quando siamo andate al "Merlin" per ballare e bere. Verso le 2, dopo la chiusura, io, Robyn, Sophie e Meredith accompagnate dal proprietario Pisco Alessio e altri lavoranti siamo andate al Domus dove abbiamo ballato e bevuto sino alle quattro e mezza, cinque. Poi io, Meredith e Robyn siamo tornate a casa a piedi mentre Sophie e due sue amiche, una olandese e un'ucraina, sono rimaste nel locale. Sophie mi ha detto che sono tornate alle sei e mezza accompagnate da un ragazzo di nazionalità turca che aveva conosciuto tempo fa via Internet. Il turco si è intrattenuto presso l'abitazione di Sophie per circa mezz'ora, solo il tempo di mangiare qualcosa».
Ci si incontra, si balla e ci si sballa, si torna a casa con chi capita. Le amiche dicono che Meredith non faceva entrare nessuno in camera tranne il suo fidanzato Giacomo. «Circa tre settimane fa — ricorda Natalie Hayward — mi ha confidato di averlo baciato per la prima volta. So che in seguito hanno anche dormito insieme una sera che lei aveva bevuto molto». È accaduto più volte, come ha confermato Giacomo entrando anche nei dettagli dei rapporti intimi che aveva avuto con la giovane. Ma poi lei aveva detto a Natalie che era attratta anche «da un ragazzo più bello di Giacomo che abitava sempre lì con loro, ma di cui non so il nome ». Amanda invece è diversa, come fa notare una delle due giovani italiane che abitavano nell'appartamento. E come lei stessa ha ammesso, elencando davanti ai poliziotti i nomi dei ragazzi che aveva fatto salire a casa. Tra loro anche Hicham Khir, marocchino di 28 anni che, a leggere i racconti, aveva una certa dimestichezza con le straniere del gruppo. Tanto che dopo il delitto, il suo alibi è stato controllato nei dettagli. «Ho conosciuto Meredith a settembre al "Merlin" — racconta —. Feci conoscenza prima con la sua amica Sophie con la quale tentai un approccio ballando in pista. Ci siamo scambiati i numeri di cellulare e poi, la sera stessa, ci siamo rivisti al "Domus"».
Si perdono di vista per un paio di settimane, si incontrano una sera quando lui la riaccompagna perché «era talmente ubriaca» da non poter andare da sola. Si vedono di nuovo nelle settimane successive e poi alla festa di Halloween «quando in pista ci siamo baciati». Lui tenta l'approccio anche con Meredith, intanto frequenta Amanda. Lo ha ricordato lei stessa durante l'interrogatorio del 3 novembre: «Verso la metà di ottobre, mentre mi trovavo a "Le Chic", dove lavoro, ho incontrato Hicham. Verso le 2.30, quando ho finito il turno, mi offriva un passaggio a casa con il motorino e io ho accettato. Quando siamo arrivati lui mi ha detto che gli dovevo un drink quale ringraziamento. Ero titubante, ma siccome lui ha insistito ho accettato specificando che potevo ritardare solo mezz'ora. Ho pensato che mi volesse portare in un altro bar, ma poi quando siamo arrivati sotto casa sua, dietro sua insistenza sono salita. Mi sono quindi diretta verso una camera dove c'erano altri ragazzi italiani che guardavano la Tv, ma lui mi diceva che dovevo seguirlo in camera. Chiudeva la porta dicendo che voleva parlarmi per conoscermi meglio, mentre io chiedevo di andare via. Abbiamo continuato a discutere di questo circa un'ora, quando alla fine ha desistito e mi ha riaccompagnata a casa». Ma poi un'amica di entrambi la smentisce: «Ho saputo che sono stati a letto».
Fiorenza Saranini 10 novembre 2007
da corriere.it
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« Ultima modifica: Febbraio 25, 2010, 10:16:37 am da Admin »
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 20, 2008, 12:16:45 pm » |
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Rapporti che gli avrebbero consentito di gestire un piano per 20 mila alloggi
E Romeo disse: «Le cose si fanno a Roma»
Affari e appalti nella capitale, così l'imprenditore parlava al telefono con l'assessore napoletano Di Mezza DA UNO DEI NOSTRI INVIATI NAPOLI — «A Roma si fanno le cose, a Napoli fate fatica ». Quando parlava con i suoi amici assessori partenopei Alfredo Romeo si lamentava spesso dei ritardi e degli «errori tattici» commessi nella compilazione di bandi e delibere. E con Ferdinando Di Mezza, il responsabile al Patrimonio finito agli arresti, vantava rapporti che gli avrebbero consentito di gestire un piano per la costruzione di ventimila alloggi. Gli stessi — questo è il sospetto dell'accusa — che l'avrebbero agevolato nell'aggiudicazione dell'appalto per la manutenzione delle strade. Gli atti giudiziari sui contatti dell'imprenditore con i politici capitolini saranno trasmessi ai pubblici ministeri romani la prossima settimana. Nel fascicolo saranno inserite decine di intercettazioni telefoniche, comprese quelle che riguardano il ruolo del giudice del Consiglio di Stato Troiano, sospettato di averlo aiutato a ribaltare la sentenza del Tar del Lazio che aveva annullato la delibera per mettere a posto le strade.
IL MEDIATORE - Mediatore della vicenda — almeno a leggere le intercettazioni allegate all'ordinanza del giudice — era Renzo Lusetti, parlamentare del Pd nei confronti del quale i pubblici ministeri hanno sollecitato l'arresto. I suoi avvocati Massimo Krog e Alessandra Cacchiarelli smentiscono: «È notorio che al telefono, per troncare, si dicono tante cose che poi non si fanno, specie se chi parla è un politico e dall'altra parte c'è un interlocutore così invasivo, come nel caso». Nel marzo 2007, con l'amico Di Mezza, Romeo parlava proprio della Capitale. Romeo: «Le cose nostre tutto bene?». Di Mezza: «Ehmm pare di sì, ora facciamo il bilancio... no, però pare che stanno andando... vabbé poi ci vediamo domani». Romeo: «A me fa piacere sapere qualche tuo commento, sentiamoci perché io sto a Roma tutto il giorno, ma sto pure sabato e domenica e la settimana prossima eh!». Di Mezza: «Ah, quindi ti trattieni a Roma». Romeo: «E sì perché qui dobbiamo fare... a Roma si fanno le cose, a Napoli fate fatica!... Ma adesso fate un piano di acquisizione, un piano di costruzione di ventimila alloggi ». Di Mezza: «A Roma?». Romeo: «Eh... facciamo ventimila alloggi di edilizia residenziale pubblica quel modellino che abbiamo parlato io e te?». Di Mezza: «Lo so». Romeo: «È attuativo... e quindi sto lavorando a questa cosa perché il sindaco ci tiene in modo particolare...». Di Mezza: «Uhmm, uhmm ho capito!».
INTERROGATORI - Gli assessori interrogati ieri dal Gip hanno negato di aver mai agevolato Romeo, sostenendo che i loro rapporti erano «esclusivamente istituzionali, anche se dovevamo subire la sua invadenza per il particolare ruolo che svolgeva per conto del Comune». Enrico Cardillo, responsabile del Bilancio, avrebbe anche affermato di non aver presentato le dimissioni perché spaventato dal possibile coinvolgimento nell'inchiesta: «Volevo dedicarmi all'attività universitaria ». Felice Laudadio, il delegato al Patrimonio indicato dai pubblici ministeri proprio come l'elemento di contatto con gli assessori romani, avrebbe invece dichiarato di essere «un politico inesperto e questo ha fatto sì che Romeo potesse spendere il mio nome».
Fiorenza Sarzanini 20 dicembre 2008
da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Maggio 10, 2009, 06:13:54 pm » |
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Originari di Ghana e Sierra Leone, riaccompagnati nei loro Paesi entro 2 settimane
Libia, nel centro dei «respinti»
«Ma proveremo a ritornare»
Tripoli: i clandestini? Possiamo portarveli a San Pietro
Dal nostro inviato Fiorenza Sarzanini
TRIPOLI — La luce filtra dalle sbarre delle finestre, loro stanno accasciati sulle stuoie, sono scalzi, hanno lo sguardo smarrito. Appena la porticina si apre balzano in piedi, cercano di uscire nel cortile. Vogliono spiegare, raccontare, chiedere aiuto. C’è chi conosce qualche parola di inglese, chi si arrangia con il francese. Hanno la pelle molto scura, la maggior parte sembra provenire dai Paesi dell’Africa subsahariana. I poliziotti li ammassano contro il muro, intimano loro di stare seduti. «Potete parlare, se qualcuno di voi ha qualcosa da chiedere può farlo», gridano. Un ragazzo che dice di avere 16 anni quasi implora: «Mi chiamo Emmanuel, vengo dalla Sierra Leone, i miei genitori sono a Londra. Ero partito per raggiungerli. I soldi per il viaggio me li ha dati mia nonna. Adesso non ho più niente, ma voglio andare da loro. Vi prego ci sarà un modo per riuscire a tornare dì là».
Nel centro di accoglienza di Twescha, 35 chilometri a sud di Tripoli, ci sono gli immigrati che la Libia ha accettato di riprendersi Centro di accoglienza di Twescha, 35 chilometri a sud di Tripoli. Eccoli gli immigrati che la Libia ha accettato di riprendersi. Mercoledì scorso erano sui barconi intercettati nelle acque maltesi. Nella notte sono stati trasferiti sulle motovedette italiane che hanno effettuato l’operazione di respingimento, provocando un caso internazionale, e sono tornati in porto. Li hanno divisi per nazionalità e ora li tengono in questi stanzoni in attesa di riportarli a casa. Non c’è alcuna speranza che possano rimanere, entro due settimane saranno organizzati i voli per il rientro. E tutto ricomincerà daccapo. Perché, come chiarisce Suleyman, ghanese di 24 anni «noi non possiamo restare in Africa. Vogliamo andare in Europa, raggiungere la Grecia. E prima o poi ci riusciremo. Mettiamo i soldi da parte, lavoriamo per pagare i trasferimenti. Un pezzo di strada per volta fino alla costa. Poi ci imbarcano». C’è chi sogna la Germania, chi sostiene di avere parenti in Italia. Samwi ha 19 anni, gli ultimi quattro mesi li ha trascorsi in un casa di Al Zwara — la cittadina all’estremo sud del Paese dove i mercanti di uomini ammassano la loro «merce» — ad aspettare l’ok degli scafisti. Pensava di esserci riuscito e invece la sua traversata non è durata neanche 100 miglia e si dispera. Traore, 20 anni, tira fuori un documento per dimostrare che lui è già entrato nel programma di protezione per i rifugiati, dice che lo ricevuto ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Ma se gli chiedi come mai era su una di quelle barche non sa rispondere, non è in grado di spiegare perché non ha sfruttato questa occasione per provare ad avere una nuova vita. I centri di accoglienza qui sono gestiti dalla polizia, gli agenti di guardia che chiariscono di aver già avviato le verifiche sul tesserino sostengono che potrebbe essere falso.
Dopo le accuse di violazione dei diritti umani arrivate nelle ultime ore, le autorità libiche hanno deciso di consentire una visita nelle strutture, vogliono mostrare al mondo come vengono trattate queste persone. Quando si apre il padiglione dove sono i nigeriani e i ghanesi, la scena vista all’inizio si ripete. Sono quasi tutti ragazzi. Si tirano su, ti circondano «perché devi mandare un messaggio, dire che stiamo bene ma che vogliamo essere liberi». Negano di aver ricevuto maltrattamenti, non hanno segni visibili di percosse. Ricordano di essere rimasti per ore e ore su quei barconi che rischiavano di andare alla deriva. «Abbiamo avuto tanta paura, era buio, potevamo morire», ripetono come in una litania. Fram ha la faccia da ragazzino, racconta di avere 17 anni, di essere giunto dal Gambia. E sostiene di non sapere dove si trova. «Libia? Non capisco. Io volevo andare a Malta». Le donne che erano sui barconi sono state trasferite nel centro di Zawia, 40 chilometri a nord della capitale. Lì finiscono anche i bambini, ma la polizia locale assicura che a bordo l’altra sera non ce n’era nemmeno uno. Le femmine erano 37 e una ventina erano con il marito. «Li abbiamo messi insieme, ma anche loro dovranno lasciare il Paese», chiariscono i responsabili delle strutture.
I centri di accoglienza sono cinti da un muro alto, circondati dal filo spinato. I portoni sono di ferro, la sorveglianza è affidate alle guardie armate. Non ci sono limiti di permanenza, ma si cerca di non farli restare più di 15 giorni. «Perché — chiarisce il direttore di Twescha — siamo sempre in emergenza, anche in questi giorni ci sono 400 persone in più». Al ministero dell’Interno dicono che in Libia ci sono «almeno un milione e mezzo di stranieri che vuole raggiungere l’Europa. Noi spendiamo ogni anno due miliardi e mezzo di dollari per gestire il fenomeno dell’immigrazione clandestina e non siamo più in grado di sostenere il fenomeno». Abdal Muammed, un alto funzionario della sicurezza che ha trattato con l’Italia l’accordo per effettuare i pattugliamenti congiunti, sa bene quante critiche si siano scatenate dopo le operazioni effettuate in acque internazionali. Ma non appare disposto a subire gli attacchi: «Non credo possibile che qualcuno pensi di aver risolto il problema dell’immigrazione clandestina mandando sei motovedette a controllare il mare. Noi siamo pronti a collaborare con il governo di Roma e lo stiamo dimostrando. Ma è l’Europa che deve farsi carico di questa situazione, avviare quei progetti negli Stati d’origine che promette da anni. E soprattutto, l’Unione deve rispettare gli impegni presi nei mesi scorsi: quando abbiamo condotto la mediazione per liberare le infermiere bulgare, sono stati siglati accordi per l’avvio della sorveglianza radar delle nostre frontiere meridionali. Non ne abbiamo saputo più nulla».
Alla durissima presa di posizione del Vaticano, il rappresentante del governo libico risponde con altrettanta fermezza: «Quando abbiamo allentato i controlli siamo stati accusati di mandare la gente a morire. Ora che abbiamo deciso di potenziarli ci accusano di violare i diritti umani. Noi siamo aperti a tutti i tipi di cooperazione, se volete possiamo portare a piazza San Pietro tutti gli stranieri che le vostre navi hanno portato qui. Bisogna capire che la Libia da sola non ce la fa, queste persone scappano dalla fame, non dalla guerra. La coscienza dell’Europa deve svegliarsi perché noi proveremo a fermare chi affronta il mare per avere una vita migliore, però saremo costretti a fermarci se continueremo ad essere il luogo di transito di tutta l’Africa. E saremo costretti a sospendere i controlli delle frontiere verso l’esterno qualora ci rendessimo conto che il peso migratorio sta diventando troppo pesante».
10 maggio 2009 da corriere.it
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« Ultima modifica: Maggio 31, 2009, 10:59:13 am da Admin »
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« Risposta #3 inserito:: Maggio 11, 2009, 09:30:10 am » |
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Il reportage -
Gli immigrati ingannati si tuffano in mare dopo appena 100 miglia
Il nuovo trucco degli scafisti: la base Eni spacciata per l’Italia
DAL NOSTRO INVIATO
TRIPOLI — La nave della Marina Militare italiana entra nel porto di Tripoli poco prima delle 10 e viene fatta ancorare in un’area riservata. A bordo ha il suo carico di persone recuperate in mezzo al mare nella notte e respinte per ordine del governo di Roma. Sono ghanesi, bengalesi, tunisini, marocchini, ma la maggior parte è nigeriana. Ci sono 40 donne, due sono incinte, oltre a due bambini piccolissimi. Hanno tutti sfidato la sorte e sono stati beffati.
Quando scendono dalla scaletta appaiono smarriti, qualcuno si sente male. Molti sono disidratati, sfiniti dalle ore trascorse in balia delle onde in attesa che fossero effettuati i trasbordi per riportarli indietro. Insieme ai poliziotti locali ci sono gli ufficiali di collegamento italiani. Le autorità libiche hanno consentito anche al rappresentante dell’Iom, l’Organizzazione internazionale per i migranti, di assistere allo sbarco e di verificare le loro condizioni. I pullmini aspettano di trasferirli a Twescha e negli altri centri di accoglienza dove sono già stati portati i 227 stranieri recuperati la notte di mercoledì. Il viaggio è finito, infranta è la speranza di raggiungere l’Europa. Li bloccano nelle acque internazionali, ma pure nel deserto. Da quando è scattato l’accordo con l’Italia, le squadre di agenti e dei servizi segreti effettuano pattugliamenti nella zona di Bengasi e sulla strada che da Sirte porta verso la costa per fermare chi entra illegalmente nel Paese. Raccontano di averne presi almeno 2.000 in tre settimane. Spiegano che anche gli scafisti adesso si stanno riorganizzando.
Il generale Hammad Issa è il capo delle unità investigative della polizia libica. Sul tavolo del suo ufficio ha impilato gli ultimi rapporti che raccontano le operazioni di rastrellamento per individuare i trafficanti e le loro «basi». Ha evidenziato le informazioni che possono aiutare a prevenire le loro prossime mosse. Ed è lui a tracciare «la rotta alternativa» che le organizzazioni criminali stanno tentando di aprire per aggirare i controlli. Partenza da Al Zwara o dalle altre località più a ridosso dell’Egitto, con destinazione Creta. Se questo accordo per i pattugliamenti congiunti continuerà a essere attuato, «i criminali dovranno puntare verso Est, potrebbero arrivare fino in Turchia».
Ci sono migliaia di stranieri che sono stati ammassati ad Al Zwara e nelle altre spiagge vicine, in attesa di partire. Hanno attraversato il deserto quando la temperatura non era ancora alta e adesso che si superano i 30 gradi, aspettano il proprio turno. Gli scafisti cercano di caricarne il più possibile sui barconi, ma moltissimi sono stati ingannati. Chi paga per salpare e raggiungere l’Europa sa che il patto lo obbliga a percorrere a nuoto l’ultimo tratto di mare. Ed è questo che consente l’inganno: c’è chi viene scaricato dopo aver percorso appena cento miglia, in prossimità della piattaforma dell’Eni che in mare libico estrae il petrolio e dalla quale partono spesso i rimorchiatori per dare soccorso alle barche in difficoltà. Quando le luci sono appena visibili chi è al timone grida «Italia, arrivati » e ordina di tuffarsi. Ne muoiono moltissimi, travolti dalle onde, stremati dalla fatica. Tanti altri affondano insieme ai mezzi di fortuna dove i trafficanti li hanno stipati. Ieri mattina al porto di Tripoli il rappresentante dell’Iom ha osservato quelle decine di persone mentre, con lo sguardo perso, tentavano di capire quale fosse la loro sorte. «Nessuno ha chiesto asilo — puntualizza Lawrence Hart, che dell’Iom è il responsabile per la Libia — ma noi entreremo nei centri per verificare che i nuclei familiari non siano stati divisi e per assicurarci che vengano trattati bene». Non è a lui che si deve rivolgere chi vuole avviare la pratica per chiedere protezione «ma noi abbiamo l’impegno di coordinare la parte umanitaria », chiarisce per scacciare il sospetto che la sua organizzazione — che qui oltre all’Ue rappresenta Italia, Gran Bretagna e Usa — possa coprire eventuali violazioni dei diritti umani. Dopo l’arrivo il suo delegato ha potuto scambiare qualche parola con gli stranieri. «La maggior parte ha raccontato di essere partita da Al Zwara — dice Hurt — altri non hanno voluto rivelare nulla. Sono spaventati, c’è chi pensa già di riprovarci». In serata arriva la segnalazione che in acque internazionali c’è un altro mezzo. Forse è una barca, più probabilmente un gommone. A bordo ci sarebbero una quarantina di stranieri. Migranti senza ormai speranza di approdare nella terra promessa, l’Italia.
Fiorenza Sarzanini 11 maggio 2009
da corriere.it
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« Risposta #4 inserito:: Maggio 31, 2009, 11:00:26 am » |
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E Zappadu spiegò: «Tra le immagini qualcuno ha riconosciuto Noemi»
Topolanek nudo nel giardino della Villa e nei viali bionde e brune mozzafiato
Berlusconi ha potuto visionare settanta scatti, in uno lui è nel patio accanto a una giovane con un «miniabito» nero
ROMA - Berlusconi ha potuto visionare settanta foto scattate durante le feste organizzate a Villa Certosa. Ed è stato dopo averle esaminate che ha deciso di provare a bloccarne la pubblicazione rivolgendosi al Garante della Privacy con un ricorso d’urgenza. Erano soltanto un campione delle 700 immagini del reporter Antonello Zappadu, ma tanto è bastato per intuire i possibili effetti di un'eventuale loro divulgazione. Anche perché, come ammette lo stesso avvocato del premier Niccolò Ghedini, «almeno una ritrae l'ex primo ministro della repubblica ceca Mirek Topolanek nudo in giardino durante la vacanza trascorsa in Sardegna a casa del presidente nel maggio 2008. C'erano anche i suoi bambini, ma non si può mai sapere che cosa esce sui giornali».
L'ex premier ceco non è l'unico ad essere stato ripreso senza veli. Nelle foto circolate finora ci sono pure ragazze in topless o in atteggiamenti discinti ed è difficile prevedere che cosa potrebbe accadere se finissero su qualche quotidiano o rotocalco. Di qui la scelta di muoversi sul doppio binario — Authority e procura di Roma — con un obiettivo preciso: impedire che qualcuno possa utilizzare gli scatti. Il provvedimento di sequestro trasforma infatti il materiale in «corpo di reato» e dunque chi lo usa può essere denunciato per ricettazione. Una misura che si applica in Italia, ma non all'estero dove sarebbero già state avviate trattative per la vendita del servizio. Immagini divenute preziose perché riguardano anche la festa di Capodanno e le vacanze natalizie offerte dal premier a numerose ragazze e in particolare a Noemi Letizia.
In realtà nell'archivio del fotografo di Olbia — diventato famoso due anni fa per aver «beccato» Berlusconi sempre a Villa Certosa in compagnia di cinque ragazze tra le quali spiccava Angela Sozio, la «rossa» del Grande Fratello — sono documentate moltissime occasioni mondane organizzate dal premier. Prova ne sia che il primo contatto per cedere foto al settimanale Panorama risale al dicembre scorso, quando il caso politico non era ancora esploso e soprattutto non si era a conoscenza della frequentazione di Berlusconi con la ragazza di Portici. Quali sono dunque le immagini che Zappadu offriva al settimanale di proprietà della famiglia del premier? Il direttore Maurizio Belpietro sostiene che riguardavano proprio la visita di Topolanek. «Io non le ho viste — chiarisce — anche perché non ero interessato, ma so che erano proprio quelle. Il giornalista Giacomo Amadori fu contattato da questo fotografo che conosce da tempo e mi ha informato, ma non se n'è fatto nulla. Non ho mai pagato questo tipo di servizi e in ogni caso non c'era niente che valesse la pena. Comunque, non avevo certo a disposizione un milione e mezzo di euro». In realtà dalla visita della delegazione ceca erano trascorsi sette mesi, altre scene erano state immortalate. Soprattutto durante l'estate. In una foto ripresa da lontano, ma che lascia intravedere perfettamente le figure, Berlusconi è nel patio di una delle residenza abitualmente riservate agli ospiti. Accanto ha una splendida ragazza bionda. Poco dietro si stagliano le figure di altre due bellezze mozzafiato. Una indossa un miniabito nero, l'amica ha anche lei un vestito nero. Sullo sfondo si intravede un uomo, ma non è possibile riconoscere il volto. Il premier guarda lontano e sorride.
E poi ci sono le immagini delle ragazze immortalate sotto la doccia. Una sequenza ne mostra due, bellissime, entrambe in topless che si rinfrescano sotto il getto dell'acqua. I corpi sono così vicini che sembra quasi si sovrappongano. È possibile che tra le decine di ospiti di Villa Certosa ci fosse qualcuno particolarmente interessante e proprio questo abbia spinto il fotografo ad offrire il servizio a Panorama. Certo è che, dopo il rifiuto incassato a dicembre, Zappadu ha avuto un nuovo contatto con Amadori. E questa volta ha potuto offrire un piatto davvero gustoso. Lui stesso ha raccontato che tra le bellezze ospiti per le vacanze di Natale ha potuto riprendere «una giovane che la dottoressa Mosca ha riconosciuto come Noemi e altre che a me sembravano minorenni». Tra le settanta foto offerte come test per l'eventuale acquisto, una ritrae una giovane bionda che passeggia nel parco mentre parla al telefonino e a poco distanza si nota un uomo che indossa un giaccone di tipo mimetico. Lei ha un cappotto rosso, i jeans e gli stivali. Sembra trattarsi di un periodo invernale. «La mail con la bozza di contratto — spiega Ghedini — è arrivata il 26 maggio. Allegate c'erano le 70 immagini, divise in due gruppi: quelle di Capodanno e quelle di maggio. Lo stesso Zappadu ha detto che in questa situazione anche quelle di Topolanek erano tornate attuali. Non mi sembra ci fossero immagini di Noemi e in ogni caso i volti erano oscurati. Il prezzo indicato è un milione e mezzo di euro». I collaboratori del fotografo negano che fosse la reale richiesta. «E in ogni caso — ribadiscono — questa volta sono stati loro a cercare Antonello. Amadori ha chiamato e ha chiesto di visionare il materiale. Si sono ricordati di quanto era accaduto a dicembre e hanno voluto sapere che cosa avevamo. Ora hanno chiesto il sequestro, ma noi non abbiamo foto scattate all'interno di Villa Certosa e dunque in giro potrebbero esserci scatti fatti da altri».
Fiorenza Sarzanini
31 maggio 2009 da corriere.it
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« Risposta #5 inserito:: Giugno 02, 2009, 04:33:17 pm » |
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Tra gli ospiti nelle foto Mariano Apicella, una ballerina di flamenco e Topolanek
Gli «scatti» delle feste in Sardegna
Le sequenze delle giovani arrivate anche con aerei di Stato e scortate dai bodyguard del premier
ROMA - La bella ragazza bruna fa capolino sulla scaletta, si guarda intorno, poi scende e si dirige verso il corteo presidenziale. Non c’era soltanto il fedele Mariano Apicella a bordo dell’aereo di Stato atterrato a Olbia il 24 maggio del 2008 per portare in Sardegna Silvio Berlusconi e i suoi ospiti «privati». Dal portellone posto accanto alla scritta «Repubblica Italiana» esce anche un altro signore che raggiunge il cantante napoletano e lo aiuta a caricare i bagagli sull’auto. Dopo sbuca lei, indicata come una ballerina di flamenco chiamata ad allietare le serate di festa. Il premier è ritratto mentre lascia il velivolo dell’Aeronautica militare e quando si ferma a salutare il comitato di accoglienza sulla pista.
In macchinetta con i body guard Eccola la sequenza fotografica al centro delle indagini avviate dalla magistratura di Roma sui voli di Stato. Il reporter sardo Antonello Zappadu, 51 anni, l’ha consegnata insieme alle altre centinaia di foto scattate fuori e dentro Villa Certosa durante l’ultimo anno. Immagini che mostrano le feste e le vacanze sempre caratterizzate dalla presenza di meravigliose ragazze. In piscina in pieno agosto, nel parco durante il mese di ottobre e poi ancora a dicembre quando anche Noemi Letizia fu invitata con l’amica Roberta a trascorrere il Capodanno nella splendida dimora. Passeggiano nei viali le signorine, ma spesso è lo stesso Berlusconi a portarle in giro per far ammirare loro gli angoli più suggestivi della sua residenza. In molte foto si vede il presidente guidare le macchinette elettriche con almeno tre o quattro ragazze. E quando lui non c’è, sono gli agenti della scorta a incaricarsi di trasportare le belle ospiti a bordo delle minicar. Talvolta addirittura con la mimetica addosso. Compiti non strettamente istituzionali che potrebbero convincere la magistratura a verificare se siano consoni a funzionari dello Stato. La scorta del premier è infatti affidata a specialisti che provengono dall’Arma dei carabinieri, dalla polizia e dalla Guardia di Finanza, ma durante il precedente governo guidato da Berlusconi sono tutti passati alle dipendenze del Cesis e adesso dal Dis, la struttura di coordinamento dei servizi segreti.
La trattativa fino al blocco Il sequestro disposto dalla magistratura impedisce la pubblicazione degli scatti interni alla Villa. Proprio quello che l’avvocato Niccolò Ghedini voleva ottenere quando ha consigliato a Berlusconi di presentare un ricorso d’urgenza al Garante della Privacy e un esposto alla Procura di Roma. Il provvedimento disposto dal pubblico ministero trasforma infatti il materiale in «corpo di reato» e dunque per chi lo utilizza può scattare l’accusa di ricettazione. Una misura che però sarà difficile, se non impossibile, far applicare all’estero. Già agli inizi del dicembre scorso Zappadu aveva offerto a giornalista di Panorama, Giacomo Amadori una serie di servizi sul premier, ma poi non se n’era fatto nulla. Ne parlano di nuovo a metà maggio, mentre il fotografo ha già messo in piedi trattative con quotidiani e periodici stranieri. Il 26 maggio il cronista lo invita a spedirgli un campione da far visionare al suo direttore. Il pomeriggio gli scatti vengono consegnati a Berlusconi che dopo averli visionati insieme al legale, decide di bloccarli.
Nell’idromassaggio accanto alle statue La sequenza del maggio 2008 che mostra l’allora primo ministro ceco Mirek Topolanek nudo a bordo piscina con una donna bionda che potrebbe essere la sua nuova fidanzata e un’altra ospite, rischia di creare imbarazzo sulla scena internazionale, anche perché nelle immagini non compaiono affatto i bambini dei quali aveva parlato Ghedini. Sconvenienti devono essere apparse anche le foto delle molte ragazze in bikini o in topless che prendono il sole accanto a statue di bronzo raffiguranti donne nude. Oppure quelle che ne ritraggono altre mentre si scambiano effusioni sotto la doccia. Quando sono accanto al presidente del Consiglio — che indossa sempre pantaloni e maglione blu — sono tutte vestite. Una cautela che invece non sembrano avere se in giro ci sono le guardie del corpo. Tutt’altro abbigliamento sfoggiano a ottobre, quando vengono immortalate fuori e dentro le dependance per gli ospiti. C’è chi sta in pigiama, chi in tuta, chi in baby doll. Gli scatti sono quelli che maggiormente hanno adirato il premier perché riprendono le giovani mentre sono nella stanza, sia pur attaccate alla vetrata che affaccia sul giardino o sulla soglia. E poi ci sono le fotografie delle vacanze natalizie, la settimana che anche Noemi Letizia trascorse a Villa Certosa insieme all’amica Roberta. Le immagini sono prese da una ampia distanza, il teleobiettivo segue gli spostamenti di una bellissima bionda che indossa i jeans in un paio di stivali neri dai tacchi alti e un cappottino rosso. Qualcuno ha creduto di riconoscere proprio Noemi, ma appare difficile riuscire a individuare la ragazzina di Portici in mezzo alle altre bellezze fotografate in villa. Ci sono diverse bionde, tutte alte e slanciate. Ma anche qualche affascinante bruna, una con i riccioli e il basco che spicca tra le altre. Nel dischetto che Zappadu ha consegnato ai carabinieri quando ha saputo di essere stato denunciato per violazione della privacy e truffa le date registrate automaticamente dalle macchine sono quelle del 29 e del 30 dicembre, ma potrebbero contenere pure immagini che si riferiscono ad altre giornate trascorse in Sardegna dalle giovani.
La trasferta del Bagaglino L’interesse di Zappadu per il presidente del Consiglio sembra avere radici antiche e infatti fu sempre lui a riprenderlo mentre era a Villa Cerosa con cinque ragazze tra le quali spiccava Angela Sozio, la 'rossa' del Grande Fratello. Ma ha scattato foto a raffica anche quando era capo dell’opposizione e per i voli utilizzava i suoi aerei privati. C’è una lunghissima sequenza che riprende l’arrivo degli attori del Bagaglino a Olbia a bordo del suo velivolo. Dalla scaletta scendono le ballerine e gli imitatori, si nota anche il regista Pier Francesco Pingitore. Ad attenderli ci sono pulmini blu o grigio metallizzato che poi li accompagneranno nella residenza di Porto Rotondo. In un’altra occasione Silvio Berlusconi è ripreso di notte mentre arriva e si ferma a parlare con alcuni carabinieri. Poi li saluta e si avvia verso la scaletta del velivolo che possiede. A segnare la pista ci sono le luci lungo il percorso. Anche l’interno dell’aereo è illuminato. Una dopo l’altra salgono a bordo alcune ragazze fotografate poco prima mentre scendevano da una delle auto del corteo. Momenti pubblici e privati. C’è Berlusconi che mostra a tre signori e due donne una delle dependance e poi nel tour della residenza a bordo delle minicar. C’è ancora lui che, attorniato da cinque ragazze, passeggia tra i cespugli e sembra invitare le sue ospiti a visitare il resto del giardino. E poi mentre sembra sul punto di lasciare la Sardegna con un gruppo di ospiti che lo attende all’aeroporto per partire insieme al termine di un incontro ufficiale.
Il cordone di sicurezza Le immagini sequestrate a Zappadu mostrano quanto accade all’interno di Villa Certosa, ma mettono in evidenza anche le falle all’interno del sistema di sicurezza che dovrebbe proteggere il presidente del Consiglio da ogni tipo di intrusione. E invece con i suoi teleobbiettivi, il reporter è riuscito a fotografare numerosi punti della immensa tenuta riuscendo a cogliere i particolari e soprattutto ad inquadrare perfettamente volti e figure di chi si trovava oltre il muro di cinta. Fa effetto vedere le guardie in tuta mimetica e potenti fucili al collo, ripresi mentre sono in cima ai muri che circondano la splendida villa, lì dove fanno i turni di vedetta. O addirittura immortalati mentre girano con potenti motociclette da enduro nei viali interni. Un’altra foto fissa l’arrivo dele auto dei carabinieri che varcano il cancello e poi procedono sulla strada principale. E poi ci sono quelle dove si vedono i body guard che vanno avanti e indietro, sempre armati, oppure fanno la spola tra il patio delle case per gli ospiti e gli esterni. Si nota la grande discoteca, c’è l’anfiteatro, ci sono le rocce che servono a dividere le varie zone del parco. Ed è lì che alcune giovani bellezze hanno scelto di adagiarsi a prendere il sole, mai immaginando che qualcuno fosse in grado di appostarsi per ore e ore fino a ricostruire le loro giornate.
Fiorenza Sarzanini 02 giugno 2009
da corriere.it
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« Risposta #6 inserito:: Giugno 11, 2009, 05:31:55 pm » |
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Il caso: Il generale Piccirillo offre le dimissioni, Letta le respinge
«Villa Certosa come un bunker»
Gli 007 davanti al Copasir
I rappresentanti del Pdl nel Copasir indagano sulla protezione dei servizi segreti al premier ROMA — La residenza di Silvio Berlusconi in Sardegna «è protetta secondo il massimo livello di sicurezza possibile rispetto alla sua localizzazione ». Dopo le polemiche seguite alla pubblicazione delle fotografie che documentano le feste e le vacanze organizzate a Villa Certosa, i vertici dei servizi segreti rispondono al governo e al Copasir — il comitato di controllo sull’attività degli 007 — e negano l’esistenza di falle nel dispositivo. Vicenda spinosa che lunedì scorso aveva convinto il generale Giorgio Piccirillo, direttore dell’Aisi, ad offrire le proprie dimissioni al sottosegretario Gianni Letta. Offerta respinta, ma la polemica appare tutt’altro che chiusa, anche perché proprio oggi l’organismo parlamentare avvierà l’istruttoria sui voli di Stato con a bordo gli ospiti del premier, documentati proprio dalle immagini scattate all’aeroporto di Olbia dal reporter Antonello Zappadu.
Erano stati i componenti del Pdl all’interno del Copasir, la scorsa settimana, a chiedere l’avvio di un’indagine per verificare «quale protezione hanno dato e danno al presidente del Consiglio le strutture dello Stato a ciò preposte, in primo luogo uno dei servizi segreti?». L’iniziativa di Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello e Giuseppe Esposito era stata interpretata, soprattutto all’interno della coalizione, come una presa di distanza dallo stesso Letta, che degli 007 è il referente politico. Lunedì sera è stato proprio lui a convocare a palazzo Chigi il direttore del Dis Gianni De Gennaro e quello dell’Aisi, Piccirillo appunto. E quest’ultimo non ha avuto esitazioni: «Se è la mia testa che vogliono, sono pronto». Il sottosegretario non l’ha neanche lasciato finire: «Avete entrambi la mia completa fiducia», ha risposto. E tanto è bastato per procedere all’analisi della relazione che è stata poi consegnata al Copasir e sarà discussa oggi.
Nel documento, con allegate le cartine che illustrano la planimetria della villa di Berlusconi a Porto Rotondo, si specifica che la residenza del premier «confina con abitazioni private, un albergo e una club house, preesistenti rispetto all’acquisto » e che queste circostanze «non consentono una copertura totale rispetto ad eventuali interferenze che avvengono all’esterno». Una situazione che, si sottolinea, è comunque molto più sicura rispetto «all’esposizione dell’Autorità in luoghi pubblici o durante eventi all’aperto ». Fino all’agosto del 2008 la protezione del presidente del Consiglio era affidata al Dis, ma è stata poi trasferita sotto la responsabilità di una divisione dell’Aisi che gestisce il servizio di scorta. Si tratta di circa 120 uomini provenienti dall’Arma dei carabinieri e dalla polizia, passati però alle dipendenze del Servizio. Un decreto firmato il 29 aprile scorso, ma di fatto già applicato sin da dicembre, affida invece al Viminale e dunque alle forze dell’ordine, la responsabilità della vigilanza all’esterno dei luoghi che ospitano il premier: da Villa Certosa a palazzo Grazioli, fino ad Arcore e alle altre residenze a sua disposizione.
Oggi al Copasir sarà ascoltato il direttore del’Aise, l’ammiraglio Bruno Branciforte, che dovrà fornire la movimentazione dei voli Cai — quelli appunto che fanno capo ai servizi segreti — e il loro utilizzo da parte della presidenza del Consiglio e di altre Istituzioni.
Fiorenza Sarzanini 11 giugno 2009
da corriere.it
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« Risposta #7 inserito:: Giugno 17, 2009, 12:40:24 pm » |
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IL NUOVO FILONE
I misteri, i sospetti e le intercettazioni dell'inchiesta di Bari
Un imprenditore pugliese al telefono parla di feste con le ragazze dal premier
Appalti nel settore della sanità concessi in cambio di mazzette. Sarebbe questa l’inchiesta che agita e rafforza l’idea del «complotto» nell’entourage del presidente del Consiglio. Nel corso dell’indagine sarebbero state infatti intercettate conversazioni che riguardano alcune feste organizzate a palazzo Grazioli e a Villa Certosa. E i personaggi coinvolti avrebbero fatto cenno al versamento di soldi alle ragazze invitate a partecipare a queste occasioni mondane. Gli accertamenti su questo fronte sono appena all’inizio, ma le voci corrono velocemente.
Dunque non si esclude che possa essere proprio questa la «scossa al governo» della quale ha parlato domenica scorsa Massimo D’Alema per invitare l’opposizione «a tenersi pronta». Del resto due giorni fa era stato lo stesso ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, pugliese doc, a chiedere con una dichiarazione pubblica a quali informazioni avesse avuto accesso D’Alema, paventando così il sospetto che si riferisse proprio ad un’indagine condotta a Bari. Gli accertamenti sono stati avviati qualche mese fa e riguardano l’attività di un’azienda, la Tecnohospital che si occupa - come è ben evidenziato anche nel suo sito internet - di «tecnologie ospedaliere». A guidarla sono due fratelli, Giampaolo e Claudio Tarantini, che qui in città sono molto conosciuti. Imprenditori che nel giro di pochi anni hanno fatto crescere la propria azienda fino ad ottenere numerose commesse.
Ed è proprio su questo che gli ufficiali della Guardia di Finanza hanno cominciato a svolgere verifiche. L’obiettivo è quello di stabilire se la ditta sia stata favorita negli appalti, da qui l’ipotesi investigativa di corruzione. Giampaolo è noto anche a Porto Rotondo, dove trascorre le estati in una splendida dimora che si trova non troppo distante da Villa Certosa. Con Silvio Berlusconi avrebbe avuto rapporti nel corso degli anni. E sarebbe proprio lui ad avere parlato, durante alcuni colloqui telefonici, delle feste alle quali era stato invitato dal premier. In particolare sarebbero stati captati diversi contatti con ragazze che venivano invitate a recarsi nelle residenze di Berlusconi per partecipare a questi eventi.
A suscitare l’interesse dei magistrati è stato il riferimento al versamento di soldi alle donne che accettavano di partecipare. Bisogna infatti verificare se si tratti di una millanteria o se invece possano esserci stati episodi di induzione alla prostituzione. Gli accertamenti su questo aspetto dell’inchiesta sono appena all’inizio. Si parla di alcune ragazze che sarebbero state convocate in Procura come persone informate sui fatti, ma nulla si sa sull’esito di questi interrogatori. Si tratta comunque di una inchiesta destinata a far rumore e infatti dopo la sortita di Massimo D’Alema si sono rincorse voci e indiscrezioni sulla possibilità che l’indagine potesse avere sviluppi immediati. Un’inchiesta che però alimenta i sospetti denunciati dal Cavaliere in questi giorni di tentativi giudiziari di indebolirlo.
Fiorenza Sarzanini 17 giugno 2009
da corriere.it
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« Risposta #8 inserito:: Giugno 18, 2009, 10:09:45 am » |
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Il nuovo filone
Il pm ha interrogato altre tre ragazze
La D’Addario ha consegnato i nastri e il video degli incontri con il premier
Ci sono almeno tre ragazze che hanno confermato di aver preso soldi per partecipare alle feste a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa. Due sono state interrogate dal pubblico ministero a Bari, l’altra a Roma. Hanno raccontato i dettagli, tanto che una di loro ha chiesto e ottenuto il permesso di poter andare all’estero «per un po’» sostenendo di «temere per la mia sicurezza». Anche Patrizia D’Addario è stata ascoltata per oltre cinque ore dal magistrato Pino Scelsi. La candidata alle elezioni comunali con la lista «La Puglia prima di tutto», che ha rivelato le due serate che avrebbe trascorso con il premier nella residenza capitolina, ha poi depositato le registrazioni audio dei suoi incontri e un video dove lei stessa si sarebbe ripresa con un telefonino. «L’ho fatto— ha fatto mettere a verbale— perché così nessuno potrà smentire che sono stata lì».
Tarantini e le squillo A gestire le ragazze sarebbe stato Giampaolo Tarantini, l’imprenditore pugliese di 35 anni titolare insieme al fratello Claudio, 40 anni, di un’azienda — la Tecnohospital — che si occupa di tecnologie ospedaliere. Per questo è stato iscritto nel registro degli indagati per induzione alla prostituzione e la scorsa settimana è stato interrogato alla presenza di un avvocato. Sono gli stessi vertici della Procura di Bari a confermare che «è in corso un’indagine su questo reato in luoghi esclusivi di Roma e della Sardegna», nata da alcune conversazioni telefoniche durante le quali lo stesso Tarantini avrebbe trattato con le ragazze le trasferte e i compensi. Non sapeva l’imprenditore di essere finito sotto inchiesta per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Secondo l’ipotesi della Guardia di Finanza la sua azienda avrebbe versato laute mazzette per ottenere appalti nel settore sanitario. Un filone di questi accertamenti ha coinvolto tre mesi fa anche l’allora assessore regionale alla Sanità Alberto Tedesco, che per questo si è dimesso dall’incarico. Parlava al telefono con le ragazze Tarantini, ma anche con le persone dell’entourage del premier. E quando ha affrontato l’argomento soldi, sono scattate le verifiche.
Il patto con Patrizia È proprio Tarantini il mediatore che avrebbe portato Patrizia D’Addario alle due feste con Berlusconi. Le era stato presentato da un amico comune che si chiama Max e le disse di chiamarsi Giampi. Di fronte al pubblico ministero la donna ha confermato che «per la prima serata l’accordo prevedeva un versamento di 2.000 euro, ma ne ho presi soltanto 1.000 perché non avevo accettato di rimanere. La seconda volta — era la notte dell’elezione di Barack Obama — sono rimasta e dunque ho lasciato palazzo Grazioli la mattina successiva. Quando sono arrivata in albergo la mia amica che aveva partecipato con me alla serata mi ha chiesto se avevo ricevuto la busta, ma io le ho risposto che non avevo ricevuto nulla. Il mio obiettivo era ricevere un aiuto per portare avanti un progetto immobiliare e Berlusconi mi aveva assicurato che lo avrebbe fatto. Giampaolo mi disse che se lui aveva fatto una promessa, l’avrebbe rispettata ». Il racconto della D’Addario sulle modalità degli incontri coincide con quello verbalizzato dalle altre tre ragazze. Tutte avrebbero specificato di essere state «contattate da Giampaolo che ci chiedeva se eravamo disponibili a partire. Talvolta accadeva poche ore prima e in quel caso i biglietti aerei erano prepagati». Le verifiche della procura riguardano adesso gli spostamenti successivi. Le testimoni avrebbero infatti riferito che le modalità concordate prevedevano che, una volta giunte a Roma, loro arrivassero in taxi fino all’albergo indicato e da lì dovevano attendere l’autista di Giampaolo che le prelevava e le portava a palazzo Grazioli. «Poco prima dell’arrivo — ha sottolineato Patrizia —, ci facevano tirare su i finestrini che erano sempre oscurati. Quando arrivavamo negli hotel ci veniva detto come dovevamo vestirci: abiti eleganti e poco trucco».
Registrazioni e video La candidata alle comunali ha depositato nella segreteria del pubblico ministero cinque o sei cassette audio e un video che la ritrae davanti a uno specchio e poi mostra una camera da letto. In un fotogramma c’è una cornice con una foto di Veronica Lario. Il magistrato dovrà adesso verificare l’attendibilità di questo materiale con una perizia che accerti se la voce incisa sul nastro è davvero quella del premier e se gli ambienti sono effettivamente interni a Palazzo Grazioli. La decisione di convocare le ragazze in Procura è stata presa dopo aver ascoltato le intercettazioni telefoniche di Tarantini. Dopo aver verbalizzato la loro versione, sono stati programmati nuovi interrogatori per le prossime settimane. Nella lista del pubblico ministero ci sarebbero diversi nomi: altre giovani che sarebbero state contattate dall’imprenditore e persone che potrebbero aver avuto un ruolo in questa vicenda. L’elenco comprende i collaboratori dello stesso Tarantini, ma anche i politici che avrebbero deciso di mettere la D’Addario in lista per le comunali. Lei ha specificato che non le fu mai proposto di andare a Villa Certosa, in Sardegna, «però Giampaolo mi disse che c’era la possibilità di andare in vacanza all’estero, mi pare alle Bermuda ». Altre si sarebbero invece accordate per partecipare a feste nella residenza presidenziale di Porto Rotondo.
Fiorenza Sarzanini 18 giugno 2009
da corriere.it
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« Risposta #9 inserito:: Giugno 20, 2009, 07:08:41 pm » |
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Bari, interrogata la seconda ragazza «Anch’io pagata per andare alle feste»
L’amica di Patrizia: non mi sono fermata a Palazzo Grazioli, lei sì
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
BARI — Il racconto di Patrizia D’Addario trova una nuova conferma. Arriva dall’altra ragazza che Gianpaolo Tarantini avrebbe ingaggiato per trascorrere le due serate nella residenza romana di Silvio Berlusconi. La prima si sarebbe svolta a metà ottobre. La seconda il 4 novembre, giorno dell’elezione di Barack Obama. Durante l’interrogatorio che si è svolto in una caserma della Guardia di Finanza, la giovane ha ammesso i viaggi a Roma, i trasferimenti, le soste negli alberghi. E pure lei ha detto di essere stata pagata.
Il racconto di Barbara M. Barbara M. (omettiamo il cognome perché si tratta di una testimone e il suo verbale è stato segretato per ordine del pubblico ministero), ha 23 anni. Gli investigatori l’hanno prelevata ieri mattina alle 8 nella sua abitazione. Tre ore di domande per ricostruire i dettagli dei due incontri avuti con il premier. Le sue dichiarazioni coincidono con quelle della donna che era stata candidata alle elezioni comunali con la lista «La Puglia prima di tutto» schierata con il Pdl, e invece ha deciso di rivelare i suoi incontri con il presidente del Consiglio. Nuova verifiche dovranno adesso essere compiute per ottenere i riscontri. I primi accertamenti avrebbero consentito di verificare che Patrizia D’Addario è effettivamente salita sui voli che aveva indicato ed ha alloggiato insieme all’amica negli alberghi di Roma che erano stati indicati loro proprio da Tarantini. La stanza non sarebbe stata registrata a loro nome, ma entrambe hanno consegnato i documenti alla reception. In particolare, il 4 novembre, furono accolte all’hotel Valadier e da lì sarebbero state poi portate a Palazzo Grazioli. È questa la circostanza più difficile da ricostruire perché riguarda la dimora privata del presidente del Consiglio. Durante l’interrogatorio Barbara ha chiarito di essere andata via al termine della serata e di aver lasciato Patrizia nella residenza del premier. Ha indicato le modalità, ha ricordato i particolari dei due eventi, anche il nome dell’autista e il tipo di automobile utilizzata. Su questi particolari si stanno concentrando adesso gli accertamenti dei finanzieri, per escludere che le due possano essersi messe d’accordo. Barbara dice di essere spaventata, quasi grida quando afferma che «questa storia mi demolisce perché ho solo 23 anni, non posso permettermi di portare addosso un’etichetta così». Non vuole rilevare l’entità del compenso, però afferma: «Certo che ho preso soldi. Io non faccio per piacere di andare alle feste di non so chi. Io per piacere vado alle feste dei miei amici, di mia cugina, di mio fratello. Da una vita faccio questo lavoro di ragazza-immagine. Ho fatto Miss Italia, Miss Mondo, Uomini e Donne, faccio immagine e animazione per lavoro. Se tu mi chiami sapendo chi sono, se mi inviti ovvio che mi paghi, perché io sto prestando un lavoro di immagine».
«Botte dal mio ex» Subito dopo si scaglia contro Patrizia: «L’altra sera sono tornata a casa e ho preso botte dal mio ex fidanzato. L’ho trovato sotto casa con un giornale che parlava di Patrizia e lui sa che lei è una mia amica. A me infatti non mi interessa quello che tu fai per vivere, puoi essere professore o escort, per me è uguale. Io guardo la parte umana. Noi eravamo proprio amiche, lei mi raccontava della sua vita, io della mia. E invece adesso torno a casa e prendo botte, mi ha quasi rotto la mandibola. Lui lo fa per gelosia, non è un estraneo. Mi ha detto: 'Allora quando sei andata a Roma hai fatto le stesse cose pure tu'. E invece no. Però vaglielo a spiegare che io non sono Patrizia ma Barbara e lavoro come ragazza immagine. Lui ha dato tutto per scontato. Ormai lui non ci crede che io non sono rimasta a dormire. E invece è proprio così, io sono andata via e lei è rimasta. Però noi siamo diverse. Lei ha 42 anni ed era all’ultima spiaggia, per me la storia è diversa». Nega di aver nominato un legale: «Non ne ho bisogno. Quando è arrivata la Finanza ho chiamato l’avvocato, ma ora non mi serve».
I rapporti con Tarantini Durante l’interrogatorio Barbara ha parlato anche dei suoi rapporti con Tarantini. Alle ragazze gli inquirenti sono infatti arrivati indagando sulla sua attività imprenditoriale. Fino al 2008 l’uomo ha gestito con il fratello Claudio una società barese — la Tecno Hospital — specializzata nelle tecnologie ospedaliere. L’ipotesi dell’accusa è che abbia versato tangenti per ottenere gli appalti. In cambio delle commesse avrebbe dato soldi, ma — ed è questa la circostanza emersa dall’ascolto delle sue conversazioni telefoniche — avrebbe offerto anche le prestazioni di squillo di lusso. Ragazze giovani e belle che si sarebbero vendute per 500 euro a notte. Patrizia ha detto che la prima proposta per andare a Palazzo Grazioli prevedeva «un compenso di 2.000 euro, ma Gianpaolo me ne diede soltanto 1.000 perché non avevo accettato di rimanere». La seconda volta «non presi soldi perché Berlusconi mi aveva promesso che mi avrebbe aiutato a sbloccare la mia pratica edilizia ». Al magistrato la donna ha consegnato anche alcune registrazioni degli incontri e un video che sostiene di aver girato all’interno del palazzo.
Fiorenza Sarzanini 20 giugno 2009 da corriere.it
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« Risposta #10 inserito:: Giugno 23, 2009, 10:35:32 pm » |
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L'INCHIESTA DI BARI
Intercettate le telefonate con il premier
Le conversazioni di Tarantini.
Nuovi nastri di Patrizia, l’ipotesi di interrogare le guardie del corpo
BARI—Silvio Berlusconi ha parlato più volte al telefono con Gianpaolo Tarantini. La voce del premier è stata intercettata mentre si intrattiene con l’imprenditore accusato di aver portato alle sue feste ragazze a pagamento e per questo indagato per il reato di induzione alla prostituzione. Diversi colloqui che hanno, come confermano alla procura di Bari, «un tenore scherzoso, conviviale». E servono per accordarsi sulle serate, cene e vacanze da trascorrere insieme. Di ben altro tenore sono invece le audiocassette che Patrizia D’Addario ha consegnato ieri alla Guardia di Finanza. Sei nastri incisi dall’ottobre scorso ad oggi che contribuiscono a ricostruire i suoi rapporti con Tarantini e con lo stesso premier. E aggiungono nuovi dettagli al racconto delle due serate trascorse a palazzo Grazioli e della notte passata in compagnia del premier, mentre negli Stati Uniti veniva eletto Barack Obama. Ma non solo: Patrizia ha indicato il nome di una sua amica che ha assistito alla consegna del curriculum a Tarantini, «quando mi disse che mi avrebbero candidato alle elezioni europee».
La donna andava agli appuntamenti con il registratore sempre in borsa. Lo accendeva anche prima di effettuare telefonate ritenute importanti. Come quella del 7 giugno scorso con Barbara Montereale, l’amica che era con lei la seconda volta «e faceva coppia con me per alcuni lavori, per esempio quando siamo andate per un mese a Dubai e siamo state anche con uno sceicco». Quel giorno Patrizia è impaurita perché ha subito un furto e ritiene che si tratti di un avvertimento «perché — ha ribadito ieri — avevo detto a Tarantini che avevo le prove degli incontri con Berlusconi».
Chiama la ragazza e si sfoga. Poi le parla di quanto accaduto il 4 novembre 2008, le chiede se ricorda «come mi accarezzava, mentre eravamo sul divanetto. E come accarezzava te e guardava me». Lei conferma: «Lì c’era lo schifo, faceva tutto davanti alle guardie».
Il riferimento agli uomini della sicurezza è esplicito e adesso appare scontata una convocazione davanti ai magistrati proprio per riscontrare questo racconto. Anche perché le tre ospiti — c’era anche una terza donna, Lucia Rossini — hanno scattato diverse fotografie all’interno del bagno e la stessa Patrizia ha immortalato anche la camera da letto. Due settimane fa, quando fu convocata dal magistrato che aveva intercettato le sue conversazioni con Tarantini e voleva chiarimenti sulla natura del loro rapporto, la D’Addario aveva già consegnato la registrazione che documenta alcuni momenti della nottata trascorsa a palazzo Grazioli. In quell’occasione la donna ammise di essere stata ingaggiata a metà ottobre in cambio di 2.000 euro «ma ne presi soltanto 1.000 perché non era rimasta». E di essere poi stata ricontattata dopo due settimane.
Nelle cassette depositate ieri si sente Gianpaolo che la richiama il 27 gennaio scorso «perché lui ti vuole». Lei chiede: «Ma devo andare a Roma?» e poi rifiuta. Le registrazioni documentano i contatti dell’imprenditore con Patrizia e il suo tentativo, poco dopo la prima trasferta romana nella residenza presidenziale, per farle avere un incontro a pagamento con suo fratello Claudio. La donna si mostra disponibile, ma quando l’uomo la chiama e cerca di fissare l’appuntamento lei risponde di «no». Alcune telefonate registrate da Patrizia erano già conosciute dai magistrati che avevano sotto controllo il telefono dei fratelli Tarantini nell’ambito dell’inchiesta su mazzette che avrebbero pagato per ottenere appalti nel settore delle forniture ospedaliere.
Conversazioni che rivelano quanto ampia e trasversale fosse la rete di Gianpaolo. Assidui vengono definiti i contatti con il vicepresidente della Regione Sandro Frisullo, del Partito Democratico, che avrebbe discusso con l’imprenditore di donne e affari.
Attraverso i loro colloqui gli investigatori della Guardia di Finanza avrebbero ricostruito almeno due appuntamenti in un ristorante del centro e la visita in un appartamento dove si sarebbero svolte feste con ragazze pagate proprio da Tarantini. Nella girandola di contatti sarebbero emersi legami diretti anche tra il politico e Terry De Nicolò, la quarantenne barese trapiantata a Milano che avrebbe a sua volta provveduto a portare ragazze alle feste di Berlusconi.
Fiorenza Sarzanini 23 giugno 2009
da corriere.it
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« Risposta #11 inserito:: Giugno 23, 2009, 10:47:14 pm » |
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IL RACCONTO
«Gianpaolo disse: tutti invitati A villa Certosa senza controlli»
Parla Mannarini, l'ex collaboratore del re delle protesi
BARI—«A Villa Certosa siamo entrati senza essere sottoposti ad alcun controllo. Abbiamo superato tre varchi dove c’erano addirittura dei blindati, ma nessuno ci ha perquisito né ha controllato nelle borse delle signore». Alessandro Mannarini, 35 anni, è indagato nell’inchiesta della procura di Bari per detenzione di sostanze stupefacenti. Ex amico e collaboratore di Gianpaolo Tarantini, ha trascorso l’estate del 2008 nella splendida dimora che l’imprenditore barese aveva affittato a Porto Cervo. Ma sulle ragazze portate a casa del premier giura di non sapere nulla. «Perché—spiega—il 6 settembre i nostri rapporti si sono interrotti ». La vita spericolata del «re delle protesi » ha però avuto modo di conoscerla bene: «Sono amico d’infanzia della moglie e con lui mi frequentavo da quando si sono sposati». E adesso ricorda quella festa «poco prima di ferragosto alla quale Gianpaolo fu invitato e decise di portarci». Ma soprattutto conferma quanto i magistrati avevano già evidenziato: gli accessi incontrollati nelle dimore del presidente del Consiglio. «Ho fatto un video e scattato foto con il telefonino », ricorda, confermando così l’eventualità che molte altre persone— soprattutto tra le ragazze invitate per feste e vacanze—possano avere materiale analogo.
I magistrati lo hanno convocato dopo aver ascoltato le telefonate intercettate sul suo telefonino durante quei due mesi trascorsi in Sardegna. Numerose conversazioni durante le quali si fa riferimento alla droga. «Chiarirò tutto — assicura Mannarini—perché quel telefono era a disposizione della casa e dunque è possibile che non fossi io a parlare ». Lo ha detto anche al magistrato, aprendo così la strada ad altri accertamenti che riguardavano il proprietario della villa, Tarantini appunto, e gli altri suoi ospiti. Gli indizi sull’utilizzo della cocaina sono più d’uno. Lo stesso imprenditore in una conversazione promette ad una ragazza una notte di sesso e droga. Mannarini si chiama fuori: «Sono fatti suoi, ognuno risponde di sé, ma io di coca in quella casa non ne ho mai vista, altrimenti avrei buttato tutti fuori ». In realtà le verifiche riguardano i numerosi eventi organizzati nella villa. Feste con centinaia di ospiti alle quali avrebbe partecipato anche un ragazzo di nome Nick, sospettato di essere un pusher della Bari che conta. Come il «white party» che lo stesso Mannarini si premurò di organizzare. «Accuse infondate— giura lui—millanterie. L’obbligo per gli ospiti era soltanto quello di essere vestiti di bianco».
Nessuna imposizione c’era invece per accedere a Villa Certosa: «Un giorno, verso le 18, Gianpaolo ci disse che eravamo tutti invitati da Berlusconi. In casa eravamo una decina,ma poi lui, generoso come al solito, fece aggiungere anche altri». Mannarini non sa se il premier avesse chiamato direttamente «però ricordo che comunicò a qualcuno i nomi degli ospiti che si erano accodati ». Dice di non essersi affatto stupito «perché noi lì frequentavamo anche persone più importanti». Ma «escluderei che il tramite fra i due possa essere stata Sabina Began, io la conosco e non credo sia andata così». «Alla cena—ricorda—eravamo una sessantina di persone, tutte sedute intorno allo stesso tavolo. Io sono capitato proprio di fronte a Berlusconi. Vicino a me c’era una ragazza e subito dopo Gianpaolo». Aveva portato ragazze? «Lo escluderei, perché quella sera c’era sua moglie». E all’ingresso non siete passati neanche sotto i metal detector? «No. Abbiamo lasciato le auto tra il primo e il secondo portone e siccome bisognava fare circa sei chilometri per arrivare su, ci hanno portato con le macchinette elettriche come quelle del golf». Durante il suo interrogatorio Mannarini, assistito dall’avvocato Marco Vignola, ha fornito i dettagli di quella festa e ha aggiunto che «qualche giorno dopo Gianpaolo fu invitato di nuovo a pranzo perché c’era Abramovich». Poi conferma come le domande mirassero a «conoscere i rapporti tra Tarantini e Berlusconi, ma anche quelli con altri politici, volevano sapere con chi facesse affari ». E lei? «Ho detto che il nostro rapporto si era interrotto, ma avevo saputo che continuava a vedere il premier. Me lo raccontò un amico e io risposi "buon per lui"». Soltanto questo? «Il magistrato mi ha chiesto di Sandro Frisullo. Io ho risposto che lo conosco personalmente perché è di Lecce e li ho visti qualche volta passeggiare insieme. Ma che cosa si siano detti io proprio non lo so».
F. Sar. 23 giugno 2009
da corriere.it
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« Risposta #12 inserito:: Luglio 08, 2009, 12:51:02 pm » |
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Le carte
«Regali e festini in cambio di appalti»
I pm spiegano il «sistema Tarantini»
«Gianpi» e la cocaina agli amici.
Corruzione per il nipote di Matarrese
BARI — Ai primari e ai direttori delle Asl che dovevano acquistare i prodotti della sua azienda avrebbe versato mazzette, ma anche costosi regali. Pagava lui i viaggi a Cuba, le vacanze a Riccione e a New York, auto di grossa cilindrata, buoni benzina, cene per decine di ospiti. Si occupava di fare pressioni sui politici per favorirli nelle nomine e negli incarichi. E quando organizzava le feste per gli amici più intimi nella sua villa di Giovinazzo, la cocaina non sarebbe mai mancata. Eccolo il «sistema Tarantini» svelato dalla procura di Bari.Il pubblico ministero Roberto Rossi chiude il primo filone di indagine sulla Tecnohospital e accusa Gianpaolo Tarantini, 35 anni, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione insieme a suo fratello Claudio e a Salvatore Greco, il politico del Pdl soprannominato Tato, nipote di Antonio Matarrese e coordinatore della campagna elettorale di Raffaele Fitto con la lista «La Puglia prima di tutto».
La rete che porta a Patrizia - L'imprenditore accusato di induzione alla prostituzione per aver portato ragazze a pagamento nelle residenze di Silvio Berlusconi deve rispondere anche di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. Le carte processuali che riguardano la sua attività dal 2001 al 2006, svelano la rete dei suoi contatti per procurarsi la polvere bianca, gli ordinativi di dosi fatti al telefono, la lista degli ospiti. Tra i nomi citati c'è quello di Massimo Verdoscia. È Max, l'uomo che presentò a Tarantini Patrizia D'Addario, la donna di 42 anni che ha raccontato di aver preso mille euro per partecipare a una serata organizzata a palazzo Grazioli a metà ottobre scorso e di essere tornata quindici giorni dopo per trascorrere la notte con il presidente del Consiglio. Di quell'incontro intimo, avvenuto mentre era in corso l'elezione di Barack Obama, ha conservato le registrazioni che ha poi consegnato alla magistratura. E per dimostrare di esserci stata si è anche ripresa con il telefonino in bagno e nella camera da letto. Anche il nome di Tato Greco è legato a quello di Patrizia: fu proprio lui a candidarla nella lista di Fitto per il comune di Bari. Inizialmente ha negato addirittura di conoscerla, ma è stato smentito da un sms di auguri che le inviò lo scorso Natale, ben prima che la vicenda venisse scoperta dai pubblici ministeri.
Affari e mazzette: il socio occulto - Negli atti depositati ieri Greco viene definito «socio occulto della Global System Hospital», società che fa capo ai fratelli Tarantini. Scrive il pubblico ministero nel capo di imputazione:«I tre sono associati, operando congiuntamente e allo stesso fine anche se con relativa autonomia ma con un comune collegamento reso evidente dal medesimo modus operandi sul territorio regionale, quali promotori fra loro e con altre persone al fine di realizzare rilevanti illeciti profitti mediante la commissione di un numero indefinito di reati contro la pubblica amministrazione, in particolare mediante condotte illecite a danno del servizio sanitario nazionale, il turbamento della libertà degli incanti, la falsificazione di provvedimenti amministrativi ovvero a mezzo di atti corruttivi diretti a pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio». Un sistema che — questa è la tesi della Procura — Tarantini avrebbe continuato a utilizzare anche dall'estate del 2008, quando divenne assiduo frequentatore di Silvio Berlusconi. Secondo l'ipotesi accusatoria l'imprenditore ingaggiava ragazze da portare nelle residenze del premier per ottenere vantaggi economici e per questo gli viene contestato il reato di induzione e favoreggiamento della prostituzione. Oltre a Patrizia, altre donne hanno già confermato ai pubblici ministeri di aver preso soldi per andare a Palazzo Grazioli e Villa Certosa, ma in alcune telefonate intercettate si parlerebbe anche di serate nella residenza di Arcore.
L'incarico per la Nazionale - Con i medici e i dirigenti delle Asl Tarantini sapeva essere convincente quando si trattava di piazzare protesi e altri articoli sanitari. E infatti loro giustificavano gli ordinativi effettuati con procedura d'urgenza grazie a una formula standard: «Si tratta di prodotti unici, insostituibili ed infungibili». Sono venti i professori che adesso dovranno difendersi dall'accusa di averlo fatto in cambio di mazzette. La maggior parte ha ottenuto soldi e regali, qualcuno ha preferito invece una raccomandazione. È il caso di Vincenzo Petruzzi, che nel 2003 era direttore sanitario della ex Ausl Bari5. L'uomo è accusato di aver «compiuti atti contrari ai suoi doveri accettando la promessa rivoltagli da Salvatore Greco circa il suo personale interessamento presso i vertici della Lega Calcio, sotteso a farlo tornare a ricoprire un ruolo di caratura internazionale, mondiale, presso la sede di Coverciano, visto che il Petruzzi ha fatto parte dello staff medico della Nazionale di Calcio».
Telefonate e cocaina - Sono state le conversazioni intercettate a rivelare i contatti di Tarantini con una rete fidata di spacciatori, ora finiti con lui nell'inchiesta. Sono una ventina le feste che avrebbe organizzato tra il 2002 e il 2003 dopo acquistate la cocaina e in due casi avrebbe provveduto a farla recapitare a casa ai suoi amici. «Bartolomeo Rossini — è scritto nel capo di imputazione — deteneva e spacciava cocaina a Gianpaolo Tarantini il quale, oltre a consumarla in proprio, la cedeva gratuitamente ad altri in occasione di incontri conviviali che organizzava nella sua villa di Giovinazzo o presso la Masseria Torre Coccaro, ai quali partecipava tra gli altri la sua compagna Angela De Venuto e, almeno in due occasioni, Verdoscia con sua moglie».
Fiorenza Sarzanini 08 luglio 2009
da corriere.it
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« Risposta #13 inserito:: Luglio 21, 2009, 11:10:02 pm » |
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Presto potrebbe essere chiusa l'indagine su Tarantini, indagato anche per droga
I pm pensano a stralciare il «filone escort»
L'inchiesta di Bari: c'è l’ipotesi di una mossa a sorpresa per tutelare il lavoro della Procura
DAL NOSTRO INVIATO
BARI — Una mossa a sorpresa per tutelare l’inchiesta. Si concentra su questo l’attività dei magistrati di Bari che indagano sulle feste organizzate a palazzo Grazioli e Villa Certosa. Perché dopo la pubblicazione sul sito del settimanale L’Espresso di alcune registrazioni degli incontri tra il premier Silvio Berlusconi e Patrizia D’Addario, altri documenti potrebbero essere resi pubblici. E dunque non è escluso che siano gli stessi pubblici ministeri a decidere di chiudere l’indagine sull’attività di Gianpaolo Tarantini, l’imprenditore di 35 anni accusato di induzione e favoreggiamento della prostituzione per aver portato ragazze a pagamento nelle residenze presidenziali. In questo modo tutto il fascicolo processuale sarebbe messo a disposizione degli indagati.
Le verifiche affidate dal sostituto procuratore Giuseppe Scelsi alla Guardia di Finanza un anno fa, sono di fatto terminate. Le intercettazioni telefoniche tra Tarantini e Berlusconi avevano fornito la prima traccia sull’ingaggio di donne per cene e serate. Il resto lo hanno fatto la testimonianza della stessa D’Addario e delle altre ragazze che hanno confermato di essere state contattate dall’imprenditore e di aver ricevuto soldi. Al magistrato, Patrizia ha anche consegnato le registrazioni degli incontri e un video — girato con il suo telefonino — che mostra la camera da letto e il bagno di palazzo Grazioli. Le cassette sono una decina. Le prime quattro erano state depositate al termine dell’interrogatorio che si è svolto l’8 giugno, quando la donna fu convocata dalla procura perché compariva nelle conversazioni con Tarantini. Le altre sono state date agli investigatori il 21 giugno. In entrambi i casi sono state inserite in una busta sigillata e poi firmata da tutte le persone presenti: vale a dire il magistrato, i finanzieri che hanno assistito all’interrogatorio e la testimone. «Quelle buste sono tuttora sigillate », fa sapere adesso il magistrato. La scelta di non trascrivere il contenuto era stata fatta proprio per evitare fughe di notizie, ma anche perché non era stato ritenuto necessario utilizzarle come prova ulteriore.
Sul racconto della donna non c’è infatti mai stato alcun dubbio, anche perché ogni dettaglio è stato controllato e ha trovato conferma. Prenotazioni di aerei, alberghi, spostamenti in macchina: i tasselli hanno trovato coincidenza. E l’ulteriore riscontro è arrivato dalle altre testimoni, in particolare Barbara Montereale, che era a palazzo Grazioli la sera del 4 novembre 2008 quando Patrizia si fermò per trascorrere la notte con il premier. Ma anche da Terry De Niccolò, giovane barese che appena due mesi prima era stata portata da Tarantini a Roma e aveva già fatto identico percorso.
L’ipotesi di uno stralcio si fa adesso più concreta, anche perché da settimane si rincorrono indiscrezioni su sviluppi imminenti e in particolare sul filone che vede indagato Tarantini per detenzione di droga ai fini di spaccio, insieme ad alcuni amici: per animare le feste nella villa che l’estate scorsa aveva affittato a Porto Cervo, l’imprenditore avrebbe ceduto cocaina ai suoi ospiti. Alcune voci dicono che i magistrati avrebbero deciso di sollecitarne l’arresto, altre assicurano che gli accertamenti sono terminati. Ed è proprio per mettere fine a tutto questo che la Procura potrebbe decidere di chiudere l’indagine.
Fiorenza Sarzanini 21 luglio 2009
da corriere.it
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« Risposta #14 inserito:: Luglio 25, 2009, 11:01:26 am » |
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L’indagine/
Nuovi dettagli sulle ragazze a Palazzo Grazioli
L'inchiesta di Bari su Tarantini
I pm accelerano su escort e droga
«Nastri sigillati, la Procura non c’entra»
BARI—La Procura di Bari si blinda e divide l’indagine sull’attività di Gianpaolo Tarantini in tre fascicoli. Gli accertamenti sulle prostitute portate nelle residenze di Silvio Berlusconi e quello sulla cocaina che sarebbe stata ceduta dall’imprenditore pugliese ai propri ospiti sono entrati nella fase conclusiva e per evitare possibili inquinamenti i magistrati hanno deciso di stralciarli dal filone iniziale della corruzione. In questo modo sarà possibile chiudere entro qualche settimana i due procedimenti e mettere tutti gli atti processuali a disposizione degli indagati. Anche perché gli ultimi elementi raccolti consentono di ricostruire nei dettagli i rapporti che legavano lo stesso Gianpaolo Tarantini al presidente del Consiglio. E di scoprire che nel settembre scorso, forse per accreditarsi con il premier, il giovane pugliese riempì due macchine di ragazze che furono poi trasferite a Palazzo Grazioli.
I nastri sigillati - È pesante l’aria che si respira al Palazzo di Giustizia. Dopo la pubblicazione sul sito Internet del settimanale L’Espresso delle registrazioni effettuate da Patrizia D’Addario, si è fatta più forte la convinzione che chi ha veicolato i nastri avesse tra gli obiettivi quello di screditare i pubblici ministeri. E così è toccato al procuratore Emilio Marzano — che lascerà l’incarico a fine mese — chiarire che nulla può essere uscito dai suoi uffici. Il comunicato usa un linguaggio tecnico, ma il contenuto appare fin troppo esplicito: «Occorre precisare che Patrizia D’Addario, a seguito delle dichiarazioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria, ritenne di consegnare agli uffici inquirenti materiale informatico, ritualmente acquisito e adeguatamente custodito in pacchi sigillati collocati in una cassaforte blindata di questo ufficio». Ed ecco il passaggio chiave: «La pubblicazione di conversazioni asseritamente registrate non è pertanto riferibile in modo alcuno agli Uffici di Procura, che non hanno ancora proceduto all’apertura dei plichi sigillati all’ascolto e alla riproduzione del contenuto del suddetto materiale». Le registrazioni a cui si riferisce Marzano sono state consegnate l’8 giugno. Ci sono altre sei cassette, che Patrizia ha depositato il 21 giugno e che non sono state ancora rese note. Una, in particolare, riguarda una telefonata che Tarantini le fece il 27 gennaio scorso — dunque tre mesi dopo la notte trascorsa con il premier—per chiederle di tornare a Palazzo Grazioli «perché lui ti vuole». Ma la donna, come si sente nella conversazione, rifiutò l’invito.
«Eravamo almeno dieci» - Fino ad ora il pubblicoministero Giuseppe Scelsi non ha ritenuto di dover sbobinare i nastri portati da Patrizia perché agli atti processuali sono già allegate le intercettazioni telefoniche che dimostrano quale fosse la natura dei rapporti tra Tarantini e il premier. E il ruolo delle ragazze che l’imprenditore metteva a disposizione. La prima conferma sul reclutamento delle prostitute sarebbe arrivata da una signora, interrogata a Roma qualche giorno prima della D’Addario. Il racconto di Patrizia è riscontrato dalle verifiche su biglietti aerei e prenotazioni di alberghi, ma anche dalle parole di Barbara Montereale e Lucia Rossini che erano con lei la notte dell’elezione di Barack Obama e la lasciarono nella camera da letto del premier. Il resto l’avrebbe fatto Terry De Niccolò, che Gianpaolo Tarantini portò nella residenza romana a metà settembre 2008, dunque poche settimane dopo aver conosciuto Silvio Berlusconi a Villa Certosa.
Le due macchine - Era una delle prime volte, forse addirittura la prima, ed evidentemente l’imprenditore ci teneva a dimostrare che lui poteva essere un buon fornitore. Terry è una testimone, ma così come hanno fatto tutte le altre donne comparse nell’inchiesta, è assistita da un legale e ha scelto l’avvocato Sabino Strambelli. Davanti al pubblico ministero la ragazza ha ricordato che, proprio come accadde a Patrizia, «fui avvertita soltanto poche ore prima che dovevo partecipare a una festa a Roma, ma accettai di partire dopo essermi accordata con Gianpaolo». Anche lei fu sistemata in un albergo di via Margutta, ma prima si recò all’hotel De Russie «per avere disposizioni sulla serata ». Anche a lei Tarantini chiese di indossare un vestito nero e un trucco leggero. Anche a lei furono dati i soldi, 1.000 euro. Ma poi c’è un dettaglio che bene spiega quale fosse il biglietto da visita che l’imprenditore aveva deciso di esibire. «Vennero a prendermi in macchina—ha messo a verbale Terry —. Davanti c’erano Gianpaolo e l’autista Dino. Dietro c’eravamo io e altre ragazze. Mi accorsi poco dopo che non eravamo sole, perché ci seguiva una seconda macchina piena di donne. Alla fine credo fossimo dieci. Varcammo i cancelli di Palazzo Grazioli e ci fecero aspettare qualche minuto nell’atrio prima di salire tutte insieme con lui. Nel salone trovammo Silvio Berlusconi ad aspettarci».
Fiorenza Sarzanini 22 luglio 2009
da corriere.it
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