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Autore Discussione: Fiorenza SARZANINI.  (Letto 172132 volte)
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« Risposta #105 inserito:: Giugno 30, 2011, 11:01:16 am »

L'ordinanza

«Non avete fatto il bonifico»
Quel sollecito dell’indagato alla Rotkopf

I 28.800 euro pagati alla società dell’amico Smeriglio


ROMA — «Consegnai a Pronzato complessivi 40.000 euro in due tranches da 20.000 euro l’una. Pronzato di tali somme mi diede la metà: 10.000 euro la prima volta, 10.000 euro la seconda. Consegnai tali somme a Pronzato a Roma, a casa sua in via Frattina. Le consegne avvennero verso la fine dell’anno, l’ultima a Natale del 2010, la prima qualche mese prima». È l’8 giugno scorso. Vincenzo Morichini, l’ex amministratore delegato delle agenzie Ina-Assitalia e ora titolare di una società di mediazione, si presenta davanti al pubblico ministero Paolo Ielo che indaga sull’appalto per la rotta aerea Roma-Isola d’Elba assegnato alla Rotkopf Aviation Italia di Viscardo Paganelli e di suo figlio Riccardo. È indagato per corruzione, sa bene che rischia di finire in carcere. Gli investigatori del Nucleo valutario guidati dal generale Leandro Cuzzocrea hanno già rintracciato un bonifico da 28.800 euro dalla società dei Paganelli alla Ri.Energy di Giuseppe Smeriglio, il segretario di Pronzato, a fronte «di un contratto di consulenza fittizio a giustificazione dei flussi di denaro tra le società ». Lui, accompagnato dal suo avvocato Grazia Volo, capisce che negare sarebbe inutile. E confessa. Del resto le intercettazioni hanno già rivelato quello che il giudice definisce nella sua ordinanza «il patto corruttivo». E lui racconta la storia dall’inizio.

Incontri e «gratifiche»
«La Sdb ha un contratto di consulenza per attività di relazioni istituzionali con la Foretec, società
Franco Pronzato, in una foto tratta dal suo sito,
Franco Pronzato, in una foto tratta dal suo sito,
riconducibile ai Paganelli, così come la Rotkopf Aviation Italia. La società intendeva partecipare al bando, indetto da Enac per l’assegnazione della tratta Elba-Pisa per la cosiddetta continuità territoriale. A tali fini era essenziale essere muniti del Coa, il certificato di operatore aereo. La Rotkopf aveva presentato l’istanza, ma dentro la struttura amministrativa c’erano resistenze perché loro avevano aerei monomotore. Le lungaggini avrebbero seriamente pregiudicato la partecipazione alla gara e quindi proposi a Paganelli di utilizzare Pronzato. Effettivamente contattai Pronzato che si mise a disposizione. Io, lui e Paganelli ci incontrammo almeno 10 volte prima della concessione del Coa... Dopo un po’ di tempo, grazie anche all’intervento di Pronzato, fu rilasciato il Coa e vi fu la gara. Per tali fatti e per mantenere un rapporto che facilitasse la soluzione dei problemi che Rotkopf Aviation poteva incontrare nei rapporti con Enac proposi a Paganelli di erogare gratifiche a Pronzato».

«Su quale conto il bonifico?»
Non bastano evidentemente i soldi consegnati in contanti e così l’accordo prevede che Paganelli effettui un bonifico a Giuseppe Smeriglio «soggetto legato al Pronzato e da questi coinvolto e seguito costantemente nella gestione del pagamento », per questo finito anche lui agli arresti. Così la trattativa viene ricostruita nell’ordinanza. Il 29 aprile 2011 «Pronzato contatta Smeriglio per riferirgli di aver visto determinate persone che la mattina successiva "faranno tutto". Il 2 maggio Smeriglio comunica a Pronzato che "non è arrivato nulla". Pronzato invia un sms a Paganelli: "Non avete fatto il bonifico a Smeriglio". Ed è a questo punto che i due Paganelli parlano al telefono.
Riccardo: «Dimmi papi?»
Viscardo: «Senti chiama Pronzato perché mi ha fatto un sms dicendo "non avete fatto il bonifico a Smeriglio" che stiamo facendo oggi. Digli al coso proprio di stare tranquillo perché è stato fatto, digli che gli arriverà. Noi abbiamo delle procedure interne che non possiamo fargli un saldo unico perché poi quando vengono a fare i controlli ci chiedono perché... capito, fagli capire questo... che sta rompendo i coglioni pure lui».
Riccardo: «Va bene... sì, Viscardo: eh! solo a paga’ stiamo pronti noi».

Poco dopo Viscardo Paganelli invia al Pronzato due sms. «Il bonifico è partito venerdì, come da procedure interne. Noi paghiamo tutte le fatture a fine mese. Non posso fare eccezioni. Mi capisci». E dopo «Domani matina gli mando il Cro». Il giorno dopo Pronzato contatta Smeriglio quando ha la conferma che il bonifico è arrivato per avvisarlo del pagamento: «Senti allora quei signori t’hanno fatto tutto eh!». E poi è lo stesso Paganelli a parlare con Smeriglio e la conversazione fa capire che lo stesso «sistema» è stato usato anche in altre occasioni e con altre persone.

Paganelli: «Ho trattato quella cosa esattamente come tutte le altre mie, capito, esattamente senza nessuna...».
Smeriglio: «Non sapevo niente, perché lui ha telefonato l’altro giorno perché noi chiudiamo a fine mese, l’importante sia andato tutto a posto, siamo a posto».
Paganelli: «Tutto a posto, solo che io le ho trattate esattamente perché quando in passato vennero le prime cose che mi guardarono... e una volta che uno aveva pagato il giorno dopo, mi disse perché?».
Smeriglio: «Esattamente, no no bisogna pagare tutto insieme... molto bene, ti ringrazio, ciao».

Annota il giudice: «Le verifiche effettuate dall’organo inquirente sui movimenti del conto corrente numero 172100 acceso presso il Banco Desio e della Brianza hanno consentito di accertare che la società Rotkopf ha effettivamente disposto, con valuta 4 maggio 2011, un bonifico di 28.800 a favore di Ri.Energy con causale "saldo fattura". E tuttavia presso gli uffici della società non è stato rinvenuto né il contratto di consulenza oggetto della fattura, né qualsivoglia documento che attesi una prestazione di consulenza nel settore trasporti, salvo che il giorno successivo un tale contratto è "quasi magicamente riapparso" per usare l’efficace espressione adoperata dal pubblico ministero».

La lista dei sette
Un falso, dunque, e il sospetto è che sia proprio questo il «"sistema»che Paganelli e Morichini hanno utilizzato anche per altri appalti. La prova sarebbe in quell’elenco di nomi e cifre sequestrato nei suoi uffici e sul quale sarebbero già stati effettuati riscontri. Scrive il giudice nell’ordinanza: «Le cifre indicate nell’appunto sequestrato — e collocate accanto ad altri nomi di persone fisiche e soggetti giuridici — rappresentano l’annotazione di pagamenti tutti eseguiti, si ricava immediatamente e direttamente, come evidenziato dal pubblico ministero, dalla considerazione che le cifre riferite a operazioni economiche ostensibili (che potevano essere riportate nelle scritture della società) sono considerate come pagamenti in contabilità, differentemente dalle altre, riferibili a politici e amministratori—tra i quali è indicato Pronzato — evidentemente in ragione della loro natura non lecita».

Fiorenza Sarzanini

29 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/11_giugno_29/sarzanini_bonifico_6117652e-a215-11e0-b1df-fb414f9ca784.shtml
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« Risposta #106 inserito:: Luglio 08, 2011, 10:06:11 am »

INCHIESTA P4

«Milanese pagava la casa a Tremonti»

La replica: ero solo ospite temporaneo

Per i pm rapporti finanziari poco chiari.

Incontro tra Berlusconi e Adinolfi «Il premier si informò su Tremonti»

   
ROMA - Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha denunciato l’esistenza di «cordate» interne alla Guardia di Finanza in vista della nomina del nuovo comandante generale. La circostanza emerge dall’ordinanza di arresto per il suo ex consigliere politico, il parlamentare del Pdl Marco Milanese che è stato in passato ufficiale delle Fiamme Gialle. Di questo è stato chiesto conto anche al capo di Stato Maggiore Michele Adinolfi, durante l’interrogatorio che si è svolto il 21 giugno scorso di fronte ai pubblici ministeri che indagano sulla cosiddetta P4. E l’alto ufficiale ha rivelato di essere stato convocato da Silvio Berlusconi che gli chiese conto di alcune «trame» contro lo stesso Tremonti. L’incontro con il premier si è svolto agli inizi dello scorso giugno.

L'ABITAZIONE A ROMA - Gli atti processuali, trasmessi ieri alla Camera per sollecitare l’arresto di Milanese, svelano anche come quest’ultimo paghi la casa del ministro Tremonti, una casa in via di campo Marzio, al centro di Roma. Il giudice sottolinea come «l’ immobile è stato concesso in locazione a Milanese Marco per un canone mensile di 8.500 euro, ma viene di fatto utilizzato dal Ministro Tremonti, il quale, a sua volta, risulta aver emesso, nel febbraio 2008, un assegno di 8.000 euro in favore del Milanese». E poi evidenzia: «I rapporti finanziari tra il Tremonti ed il Milanese sono assolutamente poco chiari atteso che Milanese paga mensilmente un canone molto alto il cui complessivo ammontare rispetto alle rate già pagate risulta di oltre centomila euro; non esiste un risarcimento per Milanese; l'assegno del febbraio 2008, risalente dunque nel tempo, attiene evidentemente ad altra partita economica tra i due, essendo isolato nel tempo e risultando emesso un anno prima della nascita del rapporto contrattuale con il Pio Sodalizio dei Piceni».

LA REPLICA DI TREMONTI - In serata arriva la precisazione del ministro Tremonti sulla question della casa romana. «La mia unica abitazione è a Pavia - spiega Tremonti - . Non ho mai avuto casa a Roma. Per le tre sere a settimana che normalmente - da più di quindici anni - trascorro a Roma, ho sempre avuto soluzioni temporanee, prevalentemente in albergo e, come ministro, in caserma. Poi ho accettato l'offerta fattami dall'on. Milanese, per l'utilizzo temporaneo di parte dell'immobile nella sua piena disponibilità utilizzo. Apprese oggi le notizie giudiziarie relative all'immobile - conclude - già da stasera per ovvi motivi di opportunità cambierò sistemazione».

Fiorenza Sarzanini

07 luglio 2011(ultima modifica: 08 luglio 2011 07:33)© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/11_luglio_07/incontro-berlusconi-adinolfi-sarzanini_0cc2155c-a8c1-11e0-ad5c-15112913e24f.shtml
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« Risposta #107 inserito:: Luglio 09, 2011, 04:55:47 pm »

Le carte

«Niente metodo Boffo contro di me

Lo dissi a Silvio in un colloquio»

L'interrogatorio di Tremonti


NAPOLI - Un colloquio chiarificatore con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che si conclude con l'ammonizione pronunciata dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti: «Non vorrei fare la fine di Boffo». A raccontarlo ai magistrati napoletani che indagano sulla P4 e sulla presunta corruzione del parlamentare Pdl Marco Milanese è lo stesso Tremonti, interrogato come testimone il 17 giugno scorso. Gli viene fatta ascoltare una telefonata di dieci giorni prima, il 7 giugno, tra Berlusconi e il capo di Stato maggiore della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, intercettato perché indagato per favoreggiamento e violazione del segreto istruttorio, sospettato di aver informato Luigi Bisignani di essere sotto inchiesta.

Dichiara Tremonti: «Mi viene chiesto se abbia fatto cenno ad una utilizzazione strumentale della Guardia di Finanza ai miei danni da parte dello stesso presidente Berlusconi. Io rispondo che con il presidente del Consiglio ebbi una discussione pochi giorni prima della data della conversazione che ho ascoltato. Nel corso della discussione io e il presidente manifestammo posizioni diverse sulla politica di bilancio. A un certo punto della discussione sono emerse posizioni fortemente critiche in ordine alla mia attività di ministro da parte del presidente del Consiglio. Per inciso e in parallelo su alcuni settori della stampa si manifestava una tendenza spinta alle mie dimissioni se non avessi modificato le mie posizioni. A questo punto se non ricordo male manifestai la mia refrattarietà ad essere oggetto di campagne stampa tipo quella "Boffo". Ciò trovava riscontro in voci in Parlamento che mi sono permesso di segnalare al presidente del Consiglio. In quel contesto - facendo seguito a quanto riferitomi da Milanese su una cena a Napoli a cui avrebbero partecipato, oltre al generale Adinolfi, anche persone vicine al presidente del Consiglio - rappresentai al presidente Berlusconi, in modo devo ammettere caratterialmente reattivo, tra l'alto di una situazione di conflittualità in cui si trovano alcune figure di vertice della Guardia di Finanza. Ricordo che a Berlusconi feci il nome di Adinolfi, più esattamente ricordandomi di una cena a Napoli gli dissi: "Chiedi conferma ad Adinolfi". Si trattò di uno sfogo non avendo io elementi per valutare i comportamenti di Adinolfi sotto il profilo deontologico. Mi chiedete se alla citata cena fossero presenti Paolo Berlusconi e Galliani e vi rispondo che probabilmente Milanese mi fece questi nomi, ma non ne sono sicuro. Con specifico riferimento alla conversazione che ho ascoltato, posso dirvi che la stessa non mi sorprende poiché avevo già voci del rapporto di amicizia o comunque di conoscenza di Adinolfi con il presidente Berlusconi attesa la comune passione per il Milan. Mi permetto di notare - mia impressione - che, dal tono della telefonata che ho ascoltato, le parole del presidente del Consiglio mi sembrano ispirate dal desiderio di un chiarimento in buona fede nei miei confronti. Mi viene chiesto se rientra nella fisiologia istituzionale un rapporto diretto tra il presidente del Consiglio e il capo di Stato maggiore della Guardia di Finanza e io le dico che, per quanto di mia competenza, mi attengo a criteri istituzionali diversi e cioè mi relaziono solo con il comandante generale del Corpo che, sia detto per inciso, è persona che stimo particolarmente. Con riferimento alla conversazione che ho ascoltato ribadisco che non ho mai detto a Berlusconi che lui mi voleva far fuori tramite la Guardia di Finanza. Ritengo che Berlusconi abbia fatto un erroneo collegamento fra diverse frasi da me pronunciate».

Poi Tremonti chiarisce: «Quando parlo di metodo Boffo mi riferisco alla propagazione sui mass media di notizie riservate e/o infondate atte a screditare chi viene preso di mira. Non alludevo dunque come voi mi chiedete all'utilizzazione di notizie di carattere giudiziarie e riservate per fini strumentali. Con riferimento alla vostra indagine, ne ho appreso l'esistenza solo dai giornali». E ancora: «Sull'eventuale esistenza di cordate contrapposte all'interno della Guardia di Finanza, cordate composte da alti ufficiali della stessa. Mi vado sempre più convincendo del fatto che la rimozione dell'impedimento di legge a che gli alti ufficiali della Gdf potessero ricoprire l'incarico di comandante generale è stata, per un verso, positiva, perché al vertice del Corpo viene nominata persona che conosce le problematiche dello stesso e ha le necessarie competenze, ma ha portato anche conseguenze negative, nel senso che si sono creati meccanismi di competizione tra possibili candidati, meccanismi potenzialmente negativi. Voglio essere chiaro: gli alti ufficiali nella prospettiva di diventare comandanti generali hanno preso a coltivare relazioni esterne al Corpo che non trovo opportune: più esattamente c'è il rischio, la tendenza di eccesso di competizione. Mi sono permesso nella mia qualità di ministro, qualche tempo dopo la nomina del primo comandante generale appartenente al Corpo, avendo verificato o avendo avuto voce di un certo attivismo relazionale di alcuni generali in servizio a Roma di suggerire al comandante generale di dare alcune direttive nel senso di avere un tipo di vita più sobria. Gli dissi: "Meno salotti, meno palazzi, consegne in caserma. Ribadisco che nella mia funzione, anche memore di alcune polemiche passate, ho sempre evitato di avere rapporti diretti di tipo operativo con alti ufficiali della Gdf. Applicando correttamente la legge ho ritenuto giusto limitare la mia funzione a quella di indirizzo, esercitando la stessa direttamente ed esclusivamente verso il comandante generale».

Fiorenza Sarzanini

09 luglio 2011 09:28© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/11_luglio_09/le-carte-l-interrogatorio-di-tremonti-foprenza-sarzanini_2272b05e-a9f3-11e0-9d03-960d18ba419d.shtml
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« Risposta #108 inserito:: Luglio 19, 2011, 06:35:04 pm »

P4

Milanese: darò ai pm le mie cassette di sicurezza e i miei tabulati telefonici

Il parlamentare Pdl lo chiede alla Giunta della Camera: «Non ho nulla da temere dalle indagini»


ROMA - Il parlamentare del Pdl Marco Milanese ha chiesto alla giunta della Camera di autorizzare l’apertura delle sue cassette di sicurezza e la consegna dei suoi tabulati telefonici, così come era stato sollecitato dal pubblico ministero Vincenzo Piscitelli che ha chiesto e ottenuto dal giudice il suo arresto per associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di atti.

«CALUNNIA» - L’ex consigliere politico del ministro Giulio Tremonti ha trasmesso, attraverso i suoi legali Franco Coppi e Bruno La Rosa, una nota al procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore per informarlo dell’iniziativa e ha aggiunto: «Ho la certezza, infatti, che le indagini approfondite e senza pregiudizi consentiranno una lettura dei fatti secondo verità, non avendo nulla da temere dalle stesse; auspicando che le investigazioni proseguano con grande celerità ed in ogni direzione, compresa quella diretta a smascherare le vere ragioni della calunnia e delle strumentalizzazioni della mia persona».

Fiorenza Sarzanini

19 luglio 2011 16:38© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/cronache/11_luglio_19/milanese-cassette-sicurezza_eaf64050-b212-11e0-962d-4929506ed0a9.shtml
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« Risposta #109 inserito:: Luglio 28, 2011, 11:56:19 am »

Un favore dopo l'ottenimento degli appalti Sogei. E un occhio di riguardo dalle Entrate

L'affitto di Tremonti e le carte sugli appalti

Le rivelazioni di Di Lernia: «La casa abitata dal ministro in via Campo Marzio era pagata dal costruttore Proietti»

   
ROMA - L'affitto dell'appartamento di via di Campo Marzio, occupato fino a qualche settimana fa dal ministro Giulio Tremonti, sarebbe sempre stato pagato da Angelo Proietti, il titolare della società Edil Ars che lo aveva ristrutturato gratuitamente e aveva ottenuto appalti dalla Sogei. I soldi sarebbero stati consegnati a Marco Milanese, il parlamentare pdl ex consigliere politico dello stesso ministro, accusato di associazione a delinquere, corruzione e violazione di segreto. A raccontarlo ai magistrati di Roma è Tommaso Di Lernia, l'imprenditore arrestato con l'accusa di aver pagato il leasing della barca di Milanese con un sovrapprezzo di oltre 200 mila euro in cambio di «commesse» dell'Enav. E poi dichiara che Tremonti - che al momento non risulta indagato - avrebbe ceduto al «ricatto» del consulente di Finmeccanica Lorenzo Cola, che chiese e ottenne la conferma di Pierfrancesco Guarguaglini alla presidenza della holding. Rivelazioni clamorose che i magistrati stanno adesso verificando, tenendo conto che Di Lernia sostiene pure di aver evitato una verifica fiscale grazie «all'intervento di Milanese su Befera», il direttore dell'Agenzia delle Entrate.

Il canone della casa
È l'11 luglio scorso. Nel carcere di Regina Coeli, dove è detenuto proprio per l'inchiesta sulla barca pagata a Milanese, Di Lernia - dopo aver ricostruito i passaggi dei versamenti - afferma: «Parallelamente sentii parlare di questo Milanese da Guido Pugliesi (amministratore delegato di Enav, ndr ) che da una parte era stanco delle pressioni e dei richiami che Milanese gli aveva fatto per Fabrizio Testa da nominare a Tecno Sky, ma che mi chiedeva anche di far lavorare un certo Angelo Proietti ai subappalti di Palermo che Cola aveva già deciso fossero affidati a Electron di Finmeccanica e a me. Presi tempo con Pugliesi e ne parlai con Cola il quale mi disse che Proietti era il soggetto che Milanese gli aveva descritto come «il tipo che mi dà 10.000 euro al mese per pagare l'affitto a Tremonti. Mi disse di dire a Pugliesi che lo avrebbe fatto chiamare da Milanese e avrebbero instaurato un rapporto amicale e comunque a Proietti in un immediato futuro Selex gli avrebbe dato lavori a Milano».
Il 7 luglio scorso, dopo aver annunciato che avrebbe lasciato la casa «per ovvi motivi di opportunità», Tremonti ha spiegato di aver «accettato l'offerta fattami dall'onorevole Milanese per l'utilizzo temporaneo di parte dell'immobile nella sua piena disponibilità e utilizzo», lasciando intendere di essere stato ospite. Versione diversa da quella contenuta nel memoriale scritto con i suoi legali Franco Coppi e Bruno Larosa e consegnato a Montecitorio due giorni fa da Milanese che nel documento afferma: «Il ministro ha corrisposto, quale partecipazione all'affitto dell'immobile, a partire dalla seconda metà del 2008, la somma mensile di circa 4.000 euro. Settimanalmente e in contanti mi ha corrisposto circa 75.000 euro complessivi». Adesso sarà il pubblico ministero Paolo Ielo a dover effettuare ulteriori accertamenti per stabilire chi davvero abbia pagato quella casa, anche tenendo conto che Proietti è stato iscritto nel registro degli indagati per corruzione insieme a Milanese e all'ex presidente di Sogei Sandro Trevisanato, proprio perché avrebbe ottenuto l'assegnazione degli appalti a trattativa privata in cambio di soldi e favori.

Il blitz dal ministro
Il secondo capitolo affrontato da Di Lernia riguarda Finmeccanica. Dichiara nel verbale: «Nel giugno 2010 Cola mi chiamò e mi disse "sono dispiaciuto per aver fatto fare l'acquisto della barca a quel verme" alludendo a Milanese perché disse che il tizio (Milanese, ndr ) stava sostenendo la candidatura di Flavio Cattaneo a Finmeccanica invece di Guarguaglini, in più aveva saputo che aveva fatto estorsioni a persone di Napoli facendo l'inverso di quanto promesso e che Tremonti non rispondeva alle chiamate telefoniche di Guarguaglini. Lo stesso Cola mi diceva che questa storia non la mandava proprio giù e avrebbe da lì a poco organizzato un blitz dal ministro mostrandogli l'evidenza e la portata delle porcate commesse da lui e dai suoi consiglieri e che di sicuro avrebbe cambiato idea sui vertici di Finmeccanica. Dopo poco tempo Massimo De Cesare (il socio anche lui arrestato per la vicenda della barca, ndr ) mi riferisce che Milanese, per tramite di Fabrizio Testa, volle dirmi che Guarguaglini sarebbe stato riconfermato e da lì a qualche giorno Tremonti gli avrebbe telefonato. Infatti Cola mi disse che il blitz era andato a buon segno».
Anche su questo i magistrati stanno effettuando verifiche soprattutto tenendo conto che Cola, indicato come il vero «braccio destro» di Guarguaglini, collabora da tempo con il pubblico ministero Ielo e ha già svelato il «sistema» che avrebbe consentito di emettere fatture false in favore delle aziende del Gruppo Finmeccanica ed Enav per creare «fondi neri» e così pagare tangenti a politici e manager.

La «verifica» annullata
Di Lernia sostiene di aver incontrato successivamente Proietti nell'ufficio di Pugliesi che lo invitava a chiudere la storia della barca. E spiega: «Dissi a Proietti che avevo bisogno di un favore da Milanese e lui mi diede appuntamento nel suo ufficio il giorno dopo. Lo vidi due giorni dopo portando con me tutto un incartamento riguardante un accertamento dell'Agenzia delle Entrate sulla mia società "Print Sistem" riferito al 2005. Gli dissi che non volevo favoritismi ma solo una buona parola ai fini di una verifica fiscale "serena" poiché avevo denunciato la stessa Agenzia per altre vicende e avevo paura di un accanimento nei confronti della società che amministro. Tre giorni dopo Proietti mi diede appuntamento a piazza del Parlamento e mi disse di stare tranquillo perché Milanese aveva parlato con Befera e mi assicurava nessun accanimento».
È possibile che si decida di acquisire gli atti presso l'Agenzia delle Entrate proprio per stabilire quale fosse la reale portata della verifica e se Milanese abbia effettuato un intervento sul direttore che, a questo punto, potrebbe anche essere ascoltato come testimone.

Il pranzo e le nomine
Del resto l'influenza del consigliere politico del ministro sui dirigenti degli Enti che fanno capo al Tesoro è già emersa negli accertamenti su Sogei. Durante i controlli, i magistrati hanno scoperto che l'avvocato Luigi Fischetti - il legale che a metà di dicembre scorso ospitò l'ormai famoso pranzo con il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo - è stato nominato componente dell'Organismo di Vigilanza di Sogei, nonostante fosse il difensore del costruttore Proietti assegnatario di numerosi appalti. Un'incompatibilità che lui dice di aver «superato lasciando le riunioni quando si parlava del mio cliente, come dimostrano i verbali», ma su questa circostanza sono tuttora in corso riscontri.
Ieri il capo della Procura di Roma ha chiesto ai colleghi napoletani la trasmissione degli atti che riguardano il pranzo a quattro: oltre a Capaldo e Fischetti, Milanese e Tremonti. Un «incontro conviviale» l'ha definito il deputato del Pdl, ma la procura generale presso la Corte d'appello della Capitale ha avviato un'istruttoria per verificare eventuali profili disciplinari: all'epoca Capaldo era infatti l'aggiunto titolare dell'inchiesta su Finmeccanica e alcuni indagati avevano già verbalizzato accuse contro Milanese. «Non sapevo che Milanese era invitato», ha sostenuto lo stesso Capaldo ma questo potrebbe non essere sufficiente ad evitargli il procedimento e le ulteriori verifiche avviate anche dalla procura di Perugia. La scorsa settimana il capo dell'ufficio umbro ha incontrato i colleghi di Napoli, che però negano di aver già affrontato con lui questa vicenda.

Fiorenza Sarzanini

28 luglio 2011 10:15© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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« Risposta #110 inserito:: Luglio 29, 2011, 09:30:54 am »

Le carte

Tangenti, accuse ad altri 5 politici

C'è Brancher. Il nome di Matteoli

Il costruttore Proietti e l'appartamento di Tremonti: è vero, per due anni a quell'affitto ho provveduto io


ROMA - Non ci sono soltanto il ministro Giulio Tremonti e il suo ex consigliere politico Marco Milanese nei verbali dell'imprenditore Tommaso Di Lernia. Il costruttore tuttora agli arresti domiciliari per illecito finanziamento proprio per aver pagato la barca a Milanese in cambio di appalti, ha accusato altri tre politici di centrodestra e uno dell'Udc di aver preso tangenti per l'assegnazione delle «commesse» di Enav e Selex, azienda del gruppo Finmeccanica. Uno di loro è Aldo Brancher, per diciassette giorni ministro per il Federalismo dell'attuale governo e poi costretto a dimettersi perché condannato a Milano, per ricettazione nell'affare Antonveneta. Gli altri sono ancora segretati. In questo sistema di «mazzette» ha coinvolto anche il titolare dei Trasporti Altero Matteoli, definendolo «il politico di riferimento delle imprese che operano su Venezia». Rivelazioni ritenute attendibili dai magistrati che stanno adesso effettuando una serie di ulteriori riscontri. Ma una conferma alle sue dichiarazioni sul pagamento della casa al centro di Roma occupata dal responsabile dell'Economia da parte del titolare della «Edil Ars» Angelo Proietti, sia pur con diverse modalità, è già arrivata dal diretto interessato: «È vero - ha detto - per due anni all'affitto di quell'appartamento ho provveduto io».

La casa di Tremonti
Racconta Di Lernia davanti al giudice e poi conferma al pubblico ministero Paolo Ielo: «Lorenzo Cola (consulente di Finmeccanica che lo aveva coinvolto nel giro degli appalti, anche lui ancora agli arresti domiciliari, ndr ) mi disse che Proietti era il soggetto che Milanese gli aveva descritto come "il tipo che mi dà 10.000 euro al mese per pagare l'affitto a Tremonti"». Il 7 luglio scorso il ministro ha lasciato intendere di essere stato ospite, ma poi è stato Milanese ad affermare - nella memoria consegnata al Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio - che Tremonti gli dava 1.000 euro a settimana, così raggiungendo la metà dell'affitto fissato in 8.000 euro mensili. Ben diverso è il racconto di Proietti al pubblico ministero di Napoli Vincenzo Piscitelli: «Fui io a far avere a Milanese un appartamento del Pio sodalizio dei Piceni e poi lui prese anche quello di via di Campo Marzio. Poiché doveva essere ristrutturato fissai il costo dei lavori in 200 mila euro e quella cifra riuscii a fargliela scalare dal canone. In realtà la ristrutturazione mi costò circa 50 mila euro, la feci a titolo gratuito». Tenendo conto che il canone annuale è di complessivi 96 mila euro, se Proietti dice il vero per due anni quell'appartamento non è costato a Milanese e a Tremonti neanche un centesimo. Da verificare è anche il racconto di Di Lernia sul «ricatto» di Cola a Tremonti. «Gli disse che se non confermava Guarguaglini alla presidenza di Finmeccanica, avrebbe svelato le sue porcate e quelle dei suoi consiglieri», dichiara nel primo interrogatorio alla presenza del suo difensore Natale Perri. Successivamente aggiunge un dettaglio che può servire da riscontro: «So per certo che alla lite ha assistito un testimone. Cola può indicarvi il suo nome».

Le «mazzette» all'estero
Così Di Lernia ricostruisce invece il «sistema» di corruzione: «Ogni impresa ha un politico di riferimento che paga attraverso i vertici di Enav e Selex, oppure direttamente. Io ho pagato direttamente Brancher e il parlamentare dell'Udc attraverso una triangolazione estera: ho portato i soldi a Cipro, poi li ho trasferiti a San Marino e infine li ho prelevati in contanti e distribuiti a Roma. Brancher li voleva fatturati alla sua fondazione "L'Officine della Libertà", gli altri versamenti erano invece "in nero". In totale ho versato circa un milione in due anni. So che anche Cola ha pagato due politici, in totale in dieci anni sono stati versati circa tre milioni e mezzo di euro di tangenti per l'assegnazione degli appalti di Enav e di Selex. C'è un politico di riferimento a Milano, uno a Palermo per le "commesse" che riguardano gli aeroporti di Linate e quello "Falcone e Borsellino". So che a Venezia, per i lavori dell'aeroporto il politico di riferimento era Matteoli».

Regali e soldi ai manager
È lungo anche l'elenco dei manager ai quali Di Lernia racconta di aver versato soldi e regali. Molti di loro, già citati nei precedenti verbali, hanno smentito di aver ottenuto denaro o altre utilità, ma nei nuovi verbali l'imprenditore ha aggiunto ulteriori dettagli. «Anche perché - specifica l'avvocato Perri - può fornire riscontro a quanto sta dichiarando». Afferma Di Lernia: «Il presidente dell'Enav Luigi Martini, soprannominato "il calciatore" perché giocava nella Lazio, è il manager di riferimento della destra. L'amministratore delegato Guido Pugliesi è invece tramite con l'Udc. Io gli ho regalato tre Rolex, uno del valore di 22mila euro. In totale ho comprato dieci Rolex e li ho distribuiti. In questo sistema è inserita anche l'amministratore di Selex Marina Grossi, moglie del presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini». Sul versamento di denaro Di Lernia ha fornito poi altri particolari, ma le verifiche sono tuttora in corso.

Conclusi sono invece i controlli sull'operazione immobiliare che ha coinvolto Ilario Floresta, consigliere di amministrazione di Enav, ex parlamentare di Forza Italia e sottosegretario al Bilancio nel primo governo guidato da Silvio Berlusconi. Il sistema usato per fargli avere 250 mila euro è stato quello delle finte vendite immobiliari: attraverso il commercialista Marco Iannilli è stato firmato un preliminare per la vendita di un appartamento in Egitto. Il contratto non è stato perfezionato e Floresta ha tenuto i soldi della caparra. Di Lernia è però andato oltre: «Quando Iannilli è stato arrestato, Floresta ha preteso che fossi io a versargli i soldi. Ero già pressato da numerose richieste e così gli ho dato circa 15.000 euro per farlo stare buono».

Fiorenza Sarzanini

29 luglio 2011 07:57© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/11_luglio_29/sarzanini_6269387c-b9a2-11e0-9ceb-ac21c519f82b.shtml
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« Risposta #111 inserito:: Settembre 02, 2011, 11:22:29 pm »

Le intercettazioni / Tarantini

«Sabina e Lele, tutti sistemati Adesso Silvio parli con me»

Tarantini: «Lui sa che prendo i soldi da Eni e Finmeccanica, a me ne servono 5 per domani»

Dal nostro inviato  FIORENZA SARZANINI


NAPOLI -- «Sabina è sistemata tutta la vita, se vedi la sua casa dici non è possibile perché sembra la casa di Onassis... Lele Mora ha avuto 4 milioni di euro e Emilio Fede se n'è intascati 800... Ed io non ho mai chiesto un c...! Io sono sempre andato, attraverso te, con i piedi di piombo... Ora mi fai andà a parlà con lui, perché io sono sicuro che io e lui, davanti, da soli, a me lui non mi dà 500, perché lui mi conosce, sa che Gianpaolo Tarantini prende i soldi dall'Eni, prende i soldi da Finmeccanica... lui lo sa che io li prendo, a me ne servono 5 domani? Lui lo sa che io ne prendo 20, perché lui lo sa come so capace io a prenderli i soldi, io li ridò tutti e 5». È il 17 luglio scorso. Gianpaolo Tarantini ha appena scoperto che Valter Lavitola ha preso da Berlusconi 500 mila euro destinati a lui, ma gliene ha consegnati soltanto 100 mila. Lo chiama e al telefono la sua rabbia esplode. Lavitola è in Sudamerica, Tarantini insiste perché gli faccia incontrare il premier. La Sabina di cui parla dovrebbe essere la Began, soprannominata l' Ape regina proprio per essere stata una delle «favorite» del presidente del Consiglio. Fu proprio lei - più volte indicata come una delle «reclutatrici» per le feste a palazzo Grazioli e a Villa Certosa - a far incontrare l'imprenditore barese con Berlusconi. E Tarantini la prende ad esempio per quello che anche lui vuole ottenere. Una strategia che condivide con sua moglie Nicla, visto che la donna - indicata nell'ordinanza come amante di Lavitola - racconta nelle conversazioni intercettate di essere già stata nella residenza romana di Berlusconi per avere soldi e chiede di poterci tornare. Un piano andato a buon fine visto che - come rivela Tarantini nel memoriale che sarà consegnato oggi ai magistrati di Napoli dal suo nuovo legale Alessandro Diddi - con Berlusconi ci sono stati due incontri oltre a quello con la moglie: uno a marzo, l'altro agli inizi di agosto proprio per ottenere l'intera cifra.

«Lele Mora gli fa schifo»
Nella telefonata del 17 luglio Tarantini rivendica di voler trattare direttamente con Berlusconi, ma Lavitola cerca di convincerlo a non fare mosse azzardate, sottolineando come un incontro ci sia già stato.
Lavitola: Gianpà scusa, ma noi ci siamo andati e quello là ti ha fatto così.
Tarantini: E tu gli hai detto 500, perché se parlavo io gli chiedevo 3 milioni e quello diceva "si". Ti assicuro.
Lavitola: Gianpà se tu gli chiedi 3 milioni, quello ci cacciava fuori a tutti e tre
Tarantini: Ma che cosa dici? Ma tu non... con chi stai parlando, ma tu lo conosci a quello?
Lavitola: no, io non lo conosco, per fortuna che lo conosci tu
Tarantini: e allora agli altri sì e a me no? Io so' il coglione de tutta la storia?
Lavitola: ma no, Gianpà io non ci credo agli altri, di tutte queste...
Tarantini: come non ci credo... stanno negli atti i bonifici a Lele Mora
Lavitola: ma lascia perdere, ma tu lo sai qual è il rapporto di Lele Mora con lui o non lo sai?
Tarantini: quale, che gli faceva schifo, te lo dico io che vivevo là dentro, io dormivo a casa sua... gli faceva schifo, gli faceva vomitare
Lavitola: vabbè Gianpà, lascia stà, allora c'hai ragione tu.
Tarantini: allora la casa di Sabina è una finta. Cioè, la casa di Sabina, dove vive ora, è finta.
Lavitola: ma non lo so, io la casa di Sabina non lo so, comunque io ti dico che per quella che è la mia esperienza, tu vai là e gli vai a chiedere tre milioni, quello ti caccia fuori a pedate.
Tarantini: ma io non glieli chiedo. Io a lui gli voglio dire una cosa, mi voglio mettere di fronte e gli voglio dire: «Presidè io non c'ho una lira, sono disperato, sto facendo sta c... di operazione, non ci sta, nel frattempo, per favore, mi vuoi mantenere come Cristo comanda, senza avere rotture di c..... di nessun genere?» Mi deve dire: «No»? Io non ci credo
Lavitola: Gianpà, quello che cosa ti deve dire? Ti deve dire: «lo sto facendo», com'è vero che lo sta facendo
Tarantini: oh! Ma io non voglio avere rotture di c...
Tarantini si mostra preoccupato di avere subito i 500 mila euro. Lavitola gli assicura di averli messi «su un conto chiuso in Uruguay». Tarantini lo invita a non sottovalutarlo: «Ricordati che io a vent'anni andavo in barca con D'Alema e a trenta dormivo da Berlusconi»

Tre incontri dal premier
Nel memoriale Tarantini racconta di aver conosciuto Lavitola «perché i nostri figli vanno a scuola insieme» e di avergli manifestato le sue difficoltà economiche. Ammette di aver ottenuto i 20 mila euro al mese e poi dice di aver chiesto di vedere Berlusconi anche se cerca di negare ogni intento ricattatorio. Poi racconta nel dettaglio i tre incontri: «Il primo fu organizzato nel novembre 2010 a palazzo Grazioli e partecipò soltanto mia moglie; Berlusconi si mostrò dispiaciuto per il clamore mediatico subito dalla mia famiglia. Inizialmente il ruolo di Lavitola mi sembrò genuino, poi assai meno sincero. L'impossibilità di parlare direttamente con il Presidente, per molteplici e intuitive ragioni, mi ha costretto a usarlo come tramite. A marzo 2011, dopo molte insistenze, ci accompagnò ad Arcore. Io ero emozionatissimo e lo ringraziai per gli aiuti che ci faceva pervenire». Il terzo incontro avviene a palazzo Grazioli, Tarantini ha saputo pochi giorni prima che Lavitola si è tenuto 400 mila euro: «Chiesi personalmente scusa al Presidente per aver dubitato della sua generosità. Mi confermò di aver dato già da tempo la somma a Lavitola, dando immediatamente incarico di consegnarla a mia moglie che poteva iniziare un'attività lavorativa».

I pm di Bari e la D'Addario
Nella conversazione del 17 luglio Tarantini si mostra informato su quanto accade a Bari per l'inchiesta in cui è indagato per favoreggiamento della prostituzione per aver portato trenta ragazze a pagamento alle feste di Berlusconi nel 2009. Il giorno precedente sul quotidiano Libero è stata pubblicata un'intervista a Patrizia D'Addario che dice di essere stata «usata» per danneggiare Berlusconi.
Tarantini: è stato fatto per non chiudere le indagini, per non mandare l'avviso di conclusione, così non escono intercettazioni.
Lavitola: che c'entra questo?
Tarantini: perché così riapre il caso, riapre l'indagine.
Lavitola: il pm?
Tarantini: e certo!
Lavitola: embè, è che vantaggio ha il pm a riaprire le indagini, scusa.
Tarantini: no, il vantaggio ce l'abbiamo noi. L'ha fatto apposta Laudati (il procuratore di Bari ndr ) questo, perché, si sono messi d'accordo: nel momento in cui riaprono l'indagine e non mandano l'avviso di conclusione, non escono ... non diventano pubbliche le intercettazioni.
Lavitola: ah, dici tu.
Tarantini: sì e pure Nicola l'ha detto, pure Perroni l'ha detto oggi.

Le ragazze e i soldi
Il Nicola di cui parla Tarantini è l'avvocato Nicola Quaranta che lo difende insieme al collega Giorgio Perroni. Di loro Tarantini parla in altre due conversazioni agli inizi del luglio scorso proprio con riferimento ai rapporti con «il Procuratore».
Tarantini: ho parlato ora con Nicola, di Bari, l'avvocato che ha parlato l'altro giorno... ti dissi che andava a parlare al Capo... là c'è un problema grosso... per telefono come faccio a dirti ste c... di cose... hanno fatto un putiferio... hanno trascritto tutto, cosa che non dovevano fare...
Lavitola: ah...
Tarantini: le mie e le sue e quello lui, il Capo stava cacato nelle mutande, ha detto ti prego, aiutatemi... allora siccome questo dice che non se la può più tenere questa cosa finale, la deve per forza mandare... e se và... dice che non è quello che è uscito il mese scorso, due... sei mesi fà, dice che sono terrificanti... gli ha spiegato anche tutto gliele ha letto, si è molto aperto, gli ha detto tutto... tu mi devi fare un piacere, perché tra l'altro lui gli ha detto a Nicola che lui non poteva farlo, o meglio non sapeva come farlo, di avvisare l'avvocato di Milano, di Roma, quello mio...
Lavitola rifiuta e in una successiva conversazione Tarantini, riferendosi al procuratore aggiunge: «Lui ha detto a Nicola che il suo ruolo è fallito perché lui era convinto di archiviarla». E poi spiega perché sono preoccupati per le intercettazioni di Bari che si riferiscono a Berlusconi: «Ci sono telefonate tra me e le ragazze in cui loro mi dicono che lui il giorno prima gli ha dato i soldi».

Fiorenza Sarzanini

02 settembre 2011 09:26© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/cronache/11_settembre_02/sarzanini-sabina-e-lele-tutti-sistemati_66394426-d525-11e0-b96a-5869f8404a57.shtml
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« Risposta #112 inserito:: Settembre 03, 2011, 06:03:57 pm »

Le intercettazioni / L'ordinanza

«Niente Cartier, fate gli umili»

Lavitola: «Gianpi, tu e tua moglie vivete troppo alla grande. Andate meno al ristorante, e non ingioiellati»

   
NAPOLI - Soldi in contanti versati settimanalmente dalla segretaria del presidente Silvio Berlusconi, ma anche contratti di consulenza con aziende di Stato, missioni all'estero, contatti in corso con gli enti locali, in particolare con la Regione Lazio. Le conversazioni di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola rivelano come i due uomini che hanno ottenuto notorietà muovendosi all'ombra del premier, siano riusciti a ottenere vantaggi proprio grazie a questo rapporto privilegiato con il capo del governo. E così l'imprenditore pugliese rivendica di aver «preso soldi da Eni e Finmeccanica», mentre il giornalista faccendiere mostra dimestichezza quando tratta con i dirigenti della holding specializzata in sistemi di Difesa.

I pagamenti esteri
Scrive il giudice Amalia Primavera nella sua ordinanza: «Sotto diverso profilo, va evidenziato come da molte delle conversazioni sia emerso uno stretto collegamento tra il Lavitola e alcune società del gruppo Finmeccanica operanti prevalentemente all'estero quali, ad esempio, Augusta, Selex e Telespazio Brasile. Nell'operare per conto delle predette società, l'indagato intrattiene un livello di relazioni molto alto, nell'esercizio delle quali pone in essere non meglio precisati movimenti di danaro da impiegare verso terzi». Soldi movimentati fuori dall'Italia e non a caso nel provvedimento di custodia cautelare si evidenzia come «appare già di per sé anomalo ed inquietante che un giornalista come il Lavitola parli di «commissioni« da pagare estero su estero da Finmeccanica». Un nuovo filone investigativo che mira a verificare l'esistenza di eventuali «fondi neri» da utilizzare nel versamento di tangenti o comunque per ricompense «occulte». Del resto i colloqui dimostrano come Tarantini e Lavitola - nonostante si lamentino per le proprie condizioni economiche e continuino a battere cassa a Palazzo Chigi - conducano una vita dal tenore molto alto con cene nei ristoranti alla moda, viaggi in barca, beni di lusso da far sfoggiare alle mogli. Nicla «Ninni» Devenuto, la moglie di Tarantini finita in carcere per concorso in estorsione, chiama in continuazione Lavitola con il quale ha una relazione sentimentale e lo pressa per avere soldi, non fa mistero della sua disperazione.

Le borse di Cartier
Lavitola gestisce la vita dei coniugi che ha conosciuto «perché - dice Tarantini nel suo memoriale - i nostri figli vanno alla stessa scuola, al Villa Flaminia». Ma si preoccupa che i magistrati possano scoprire questo suo rapporto con i due. Si fa chiamare dalle cabine pubbliche e sempre raccomanda: «Statevi attenti al telefono che questa è una delle piste che c'hanno». Nella telefonata del 17 giugno, due giorni dopo l'arresto di Luigi Bisignani, appare terrorizzato di finire in carcere.
Lavitola: voi state avendo un tenore di vita troppo elevato per il reddito... e questi hanno sgamato tutto, che il lavoro è finto.... che la cosa è così... hanno sgamato tutto!

Tarantini: ma quelli di Napoli o quelli di Bergamo?
Lavitola: quelli di Napoli! che significa la stessa cosa... per cui, per piacere attenzione, attenzione estrema, non fate i bambini... io già gliel'ho detto a Ninni due o tre volte con le buone...
Tarantini: Valter, comunque non facciamo un c... cioè a mangiare due volte a settimana andiamo, non è che
Lavitola: ma non hai capito Gianpà... la questione è, digli pure a Ninni di non andare con la borsa di Cartier là, come si chiama... anche se ce l'ha da 10 anni, di cercare di andare una volta in meno al ristorante, perché quello non è il problema se ci va una volta a settimana, il problema è che quando ci vai chi vuole rompere il c..., fa la fotografia che tu entri da «Assunta Madre» (noto ristorante di Roma ndr ), se il pranzo se è 100 euro loro mettono 200, se esce tutto elegante, ingioiellato che c... ne so... con la borsa da 5.000 euro... e fanno la relazione, hai capito? Non è che tu ci devi andare tutte le settimane, fanno la foto una volta e dici normalmente... più volte la settimana, basta che ci sei andato 2 volte, più volte alla settimana può significare pure 6.
Tarantini: eh lo so! ma indagato sono... no?
Lavitola: l'altra cosa non vi fate trovare soldi addosso eh!
Tarantini: non abbiamo niente, a casa sai quanto abbiamo? 800 euro
Lavitola: benissimo!

Missioni e consulenze
Un mese dopo, sempre al telefono con Tarantini che si lamenta perché non ha soldi e non ha più un'attività lavorativa, Lavitola parla di alcune trattative avviate: «C'ho la speranza abbastanza concreta che si facciano le due cose dell'Eni e della Regione, in modo tale che poi il problema sia superato». Certamente ha rapporti frequenti con Finmeccanica. Scrive il giudice nell'ordinanza di custodia cautelare: «Con Paolo Pozzessere (dirigente del Gruppo ndr ) condivide numerosi affari sicuramente tutti da approfondire». In particolare viene citata una conversazione del 5 luglio scorso durante la quale «Lavitola dice di essere ancora a Panama, e aggiunge che dopodomani partirà per l'Argentina, dove ha una cosa importante da fare. Quindi prosegue dicendo che oggi andrà alla controlleria per Telespazio, che spera di sbloccare definitivamente ed ha la riunione con quelli dell'Aeronautica a cui pare gli riescano a dare i GJ27, ma dice di non dire niente (non dice a chi) e Paolo risponde che sarà lui (Valter) a dirglielo. Valter dice che partirà per l'Argentina, dove ha una cosa sua importante da fare e dove deve vedere "'sta cosa di 'ste riunioni", aggiunge che andrà a caccia e dice a Paolo che Telespazio se la negozierà lui "giù"».
Lavitola chiede di essere pagato su un conto che ha in Bulgaria ma Pozzessere rifiuta e successivamente gli spiega che «dopo i casini che hanno avuto in Finmeccanica, hanno dato disposizioni che i consulenti possono essere pagati o sul luogo dove lavorano, in questo caso Panama, o dove c'è la sede legale. Nel caso, tu dovresti spostare la sede, però il pagamento ti può essere fatto solamente dopo. Ovviamente tu dovresti motivare il fatto perché sposti la sede...»

Fiorenza Sarzanini

03 settembre 2011 09:06© RIPRODUZIONE RISERVATA
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« Risposta #113 inserito:: Settembre 10, 2011, 05:57:06 pm »

L'interrogatorio

«Noi rovinati senza i soldi del premier»

L'interrogatorio di Nicla, la moglie di Tarantini. «Sposata? Sì, purtroppo»


NAPOLI - Carcere di Poggioreale, 3 settembre 2011, ore 10.28. Angela Devenuto entra nella sala degli interrogatori, risponde alle domande preliminari del cancelliere. E quando le chiedono se è sposata, verbalizza soltanto una parola: «Purtroppo».
Angela la conoscono tutti come Nicla, è la moglie di Gianpaolo Tarantini. «Nata il 27 dicembre 1977 a Bari», dichiara. Fino a due anni la sua vita era piena di amici, di soldi, di feste e di vacanze. Poi suo marito è finito sotto inchiesta per aver portato escort nelle residenze di Silvio Berlusconi, è stato anche in carcere. E ai magistrati di Napoli che l'hanno arrestata per l'estorsione al presidente del Consiglio in concorso con suo marito e con Valter Lavitola, ha detto in lacrime: «Sono rimasta con lui per amore delle bambine, perché stava passando guai neri, ma lui mi aveva riempito di corna, mi aveva sputtanato in tutta Italia e in tutta Europa». Una settimana fa le hanno concesso i domiciliari. È tornata a vivere nella sua casa romana con le bambine, il cognato e la suocera. Il suo unico contatto con l'esterno è l'avvocato Alessandro Diddi. E proprio a lui Nicla affida la sua preoccupazione, che sfocia talvolta nella disperazione «per quello che potrà essere il nostro futuro».

Da settembre 2010 la famiglia Tarantini viveva con i soldi messi a disposizione da Berlusconi: 20.000 euro al mese, più altri versamenti extra, tutti rigorosamente in contanti. Nicla piange, dice che non sa come fare «perché adesso senza quei soldi che ci dava il Presidente come faremo a campare? Non riusciremo ad andare avanti, a fare più nulla. Lui ci aveva dato anche i 500 mila euro per avviare una nuova attività e invece è tutto finito, ora non abbiamo davvero più nulla». Prima era diverso, lo ha raccontato lei stessa a verbale: «Il Presidente, che è una persona molto buona per come io l'ho conosciuto, disse che praticamente noi ci potevamo rivolgere a Valter per qualsiasi problema che era economico, quindi di vita, perché noi dovevamo mantenere noi, la famiglia di mio marito, tre famiglie e così iniziò».

I magistrati vogliono sapere come fa a sostenere che 20 mila euro al mese non erano sempre sufficienti, le ricordano che non aveva rinunciato ad avere due camerieri, e lei risponde: «Avevamo un sacco di debiti, nonostante mi fossi venduta l'impossibile... benzinaio, salumiere, a Bari di tutto di più. Che ne so, prima mio marito faceva tante cene, tante feste, c'erano conti assurdi tipo 30 mila euro alla rappresentante di vini, cose che tu puoi sostenere solo se hai un'azienda, ma se tu sei una persona che non ha lavoro ti devi solo suicidare... Quando non hai i soldi la gente non ti calcola più. Quando li avevamo, avevamo i centralini telefonici eravamo invitati ovunque e tutti ci volevano, quando siamo caduti in disgrazia a noi la gente non ci guardava più in faccia... lo dissi al Presidente, "sono stanca"... Io mi sono dovuta vendere tutto, dai vestiti, gioielli, orologi, borse...».

Il marito ha rivelato che la scorsa estate aveva ottenuto 20 mila euro per una vacanza a Cortina. Lei dice di essere andata a palazzo Grazioli per chiedere altri soldi «almeno 5 mila euro, ma mi dissero che non era possibile». Dice che parlò «giù con Alfredo», il maggiordomo di Berlusconi, «disse guarda, non è possibile, in questo momento non ce li abbiamo. Risposi, grazie, per carità. Siccome era la prima vacanza che facevamo dopo tre anni, eravamo ospiti da questa nostra amica che prese casa vicino Cortina, non ho pagato niente, però chiaramente, si parte quattro persone, volevo far fare una bella vacanza alle bambine». Poi le chiedono del suo legame con Lavitola, lei non si sottrae: «Io non avevo una relazione... io ero soggiogata mentalmente da Lavitola, pensavo che mi volesse bene e ci sono stati degli episodi, ma io relazione non la considero anche perché lui stava sempre all'estero, l'avrò visto sì e no venti volte in tutta la mia vita... con me si era eretto a uomo fighissimo e io fragile, eppure non sono una cretina, ci ero cascata come una pera». Nega con decisione che Tarantini potesse accettare il patteggiamento nel processo di Bari per evitare la pubblicazione di verbali e intercettazioni «perché poi, scusate - dice rivolgendosi ai pubblici ministeri - per quanto il Presidente ci abbia mantenuti e per quanto affetto ci può essere, mio marito pensa al culo suo, tiene una famiglia e dei figli».

Fiorenza Sarzanini

10 settembre 2011 10:56© RIPRODUZIONE RISERVATA

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« Risposta #114 inserito:: Settembre 14, 2011, 11:50:14 am »

L'INTERROGATORIO

Tarantini sotto tutela, Ghedini dai pm

L'imprenditore: «Fu lui a procurargli il lavoro». In un cooperativa, duemila euro per non far nulla

   
NAPOLI - Un interrogatorio di oltre tre ore e Niccolò Ghedini, parlamentare del Pdl e soprattutto avvocato del presidente del Consiglio, entra ufficialmente come testimone nell'inchiesta di Napoli sulla presunta estorsione a Silvio Berlusconi. Le verifiche dei magistrati avrebbero infatti accertato che è stato lui ad occuparsi di tutte le necessità di Gianpaolo Tarantini. Posto di lavoro, pool di difesa, strategia processuale: a sentire i suoi colleghi e lo stesso Tarantini, lui ha sempre pensato a tutto. E in questo modo ha di fatto messo «sotto tutela» l'imprenditore pugliese indagato per aver reclutato decine di ragazze da portare alle feste del premier. Perquisizioni, sequestri, incontri hanno segnato ieri l'indagine condotta dai pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio, partiti nel pomeriggio per Roma proprio per interrogare il legale deputato. Mentre gli agenti della Digos entravano a casa di Tarantini a sequestrare il suo BlackBerry per esaminare mail e sms contenuti nella memoria.

Andromeda e il finto contratto
È la questione più spinosa e, al momento, quella che potrebbe aprire nuovi scenari investigativi. Riguarda il lavoro offerto a Tarantini mentre era ancora agli arresti domiciliari presso la società Andromeda, specializzata in forniture di servizi d'impresa, dei fratelli Bruno e Antonio Crea, calabresi risultati in collegamento con alcuni boss della 'ndrangheta, che hanno sedi in Puglia, nel Lazio e in Lombardia. Nei giorni scorsi viene interrogato l'avvocato Nico D'Ascola, socio dello studio capitolino di Ghedini e fino a qualche mese fa legale di Tarantini. Gli viene chiesto di chiarire come mai il suo cliente fu assunto ad Andromeda e lui afferma: «Per chiedere la scarcerazione di Tarantini - che era agli arresti domiciliari - era necessario dimostrare che avesse un lavoro e con Ghedini gli trovammo il posto ad Andromeda». Tarantini conferma, sia pur con qualche piccola differenza: «D'Ascola mi disse che c'era un annuncio di questa azienda sul quotidiano romano Il Tempo e di mandare mia moglie a portare il curriculum». Non ci sono problemi, il tempo di sbrigare alcune formalità e arriva l'assunzione.

La conferma di Tarantini
A questo punto è proprio Tarantini - durante l'interrogatorio avvenuto due giorni fa nel carcere di Poggioreale - ad aggiungere i dettagli. «Prendevo 2.000 euro al mese, ma si trattava in realtà di un lavoro fittizio perché non facevo nulla e infatti a un certo punto ho smesso di andare». Una versione che dovrà essere comunque verificata perché le verifiche effettuate dagli inquirenti baresi al momento di concedere i domiciliari avevano invece consentito di scoprire che l'imprenditore si sarebbe occupato di tenere alcuni contatti finalizzati a ottenere contratti e lo stesso avrebbe fatto suo fratello Claudio, ingaggiato come agente in Puglia. Entrambi guidati da Valter Lavitola. E riguarda proprio quest'ultimo l'altra affermazione di Tarantini che viene verificata in queste ore: «Lavitola mi versava un contributo previdenziale di 1.000 euro al mese». Ufficialmente i fratelli Crea sono amici del faccendiere, ma il sospetto è che Lavitola sia in realtà il socio occulto di Andromeda e abbia gestito anche alcuni appalti concessi dalle aziende che fanno capo a Berlusconi.

«Chiedevo perché ero amico di Berlusconi»
I pubblici ministeri domandano a Tarantini come mai scelse D'Ascola come difensore a Bari e lui risponde: «Avevo parlato con il mio legale Nicola Quaranta sollecitandolo a chiedere a Ghedini chi dovessi nominare e lui fece quel nome». Ma perché si rivolse a proprio a Ghedini? Su questo l'imprenditore non ha esitazioni: «Ero amico di Berlusconi, perché non dovevo chiederlo proprio a lui». E aggiunge: «Non ho mai pagato D'Ascola», così confermando di non aver mai versato un euro per la sua difesa. Conferma poi di aver chiesto a Ghedini - sempre attraverso Quaranta - che cosa dovesse dire durante l'indagine e come si dovesse comportare. Del resto sarebbe stato proprio Ghedini a preoccuparsi di sapere se Tarantini avesse ricevuto i 500 mila euro messi a disposizione da Berlusconi. Il ruolo dei legali nella gestione dei rapporti tra Berlusconi e Tarantini viene ritenuto strategico. E proprio per rintracciare le comunicazioni via mail o via sms dell'imprenditore con loro ieri è stato ordinato il sequestro del suo smartphone. Parlando con Lavitola in una conversazione intercettata il 13 luglio scorso l'imprenditore fa infatti riferimento ad alcune comunicazioni con Quaranta «su messenger del BlackBerry» e i pubblici ministeri hanno disposto una perizia tecnica per scoprire che cosa si siano detti. Oggi i nuovi legali - Alessandro Diddi, Ivan Filippelli e Piergerardo Santoro - potranno consultare gli atti dell'accusa depositati al tribunale del Riesame. Da lunedì la battaglia tra le parti si concentra su competenza e scarcerazioni.

Fiorenza Sarzanini

14 settembre 2011 08:43© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/11_settembre_14/tarantini-sotto-tutela-ghedini-dai-pm-fiorenza-sarzanini_abbf72aa-de93-11e0-ab94-411420a89985.shtml
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« Risposta #115 inserito:: Settembre 18, 2011, 04:18:41 pm »

Gli affari - Le pressioni su Finmeccanica

«Cambio telefono, mi spiano» Quello sfogo con Tarantini

Il premier e le escort vestite da segretarie.

L'imprenditore: Sky mi offrì soldi Tarantini


BARI - Anche il capo della sicurezza di Silvio Berlusconi fu coinvolto nell'assistenza alle donne reclutate per le feste. Il 5 settembre 2008 «Gianpaolo Tarantini e Claudio Cecere, collaboratore del premier, si mettono d'accordo come accompagnare le ragazze a palazzo Grazioli», l'imprenditore avvisa le ragazze e alle 21 di quella sera «Cecere comunica che tra un minuto sarà sotto l'Hotel de Russie». Aerei a disposizione, viaggi di Stato, programmi televisivi: le carte dell'inchiesta della Procura di Bari sullo sfruttamento della prostituzione dimostrano come il capo del governo avesse coinvolto tutte queste persone anche nella sua vita pubblica. Tanto che in un'occasione chiese a due escort di seguirlo facendole passare come sue segretarie. Molti di loro avevano il numero del cellulare personale, potevano chiamarlo a tutte le ore. E il 19 settembre è proprio lui a rivelare a Tarantini, che conosce da qualche settimana: «Ho avuto un disastro con il telefono, ho avuto un po' di guasti e ho dovuto cambiarlo perché come al solito me l'avevano messo sotto controllo, ogni tanto mi succede. Ce ne siamo accorti e allora ho cambiato il numero». Tarantini, custode di molti segreti di Berlusconi, rivela invece in un verbale che dopo l'intervista della D'Addario al Corriere della Sera «Murdoch mi propose un contratto miliardario che rifiutai».

«Ha chiesto il tailleur»
Il 17 ottobre Barbara Guerra chiama Tarantini. Annotano gli investigatori: «Amore c'è un piccolo problemino, che mi ha chiesto un tailleur e io non ce l'ho dietro e neanche Anna (Ioanna Visan) perché vuole che scortiamo tipo segretaria. Gianpaolo le dice di mettersi un pantalone e una giacca. Poi le dice: "Vuoi passare di qua?" e lei dice che ora deve andare». Capita che Berlusconi coinvolga queste persone in appuntamenti pubblici. Ma anche che si metta a disposizione per soddisfare le loro esigenze.
Il 5 gennaio 2009 Tarantini con Belén Rodriguez, la sorella e Linda Santaguida devono raggiungerlo in una delle sue ville.
Berlusconi: ottimo a che ora vuoi l'aereo
Tarantini: facciamo così, la chiamo io verso le cinque, magari la chiamo a casa, oppure vuole che mi accordi con Marinella?
Berlusconi: no, dovresti accordarti con la dottoressa Ronzulli... Ti spiego, io mando giù un aereo oggi, lo faccio fermare a Roma a tua disposizione, quindi puoi venire su all'ora che vuoi, domani mattina venite per colazione...
Episodio simile accade anche il 3 febbraio 2009. È scritto nella relazione della Guardia di finanza: «Gianpaolo chiama Marinella, segretaria di Berlusconi, le dice che partirà con il presidente e con lui ci sarà anche Barbara Guerra. Lei gli dice che si deve trovare alle 13.30 all'aeroporto militare di Linate».

«Vai con le geishe»
Il 17 ottobre 2008 Tarantini parla al telefono con la parlamentare del Pdl Elvira Savino. Annotano gli investigatori: «Parlano di lui (Berlusconi) che è indistruttibile. Gianpaolo racconta a Elvira che andrà con lui a Pechino, allora Elvira dice: "E quindi te ne vai cinque giorni a Pechino con le geishe praticamente, cambiate genere..."». Quattro giorni dopo l'imprenditore affronta lo stesso argomento con l'amico Massimo Verdoscia, poi indagato anche lui come partecipe alla presunta associazione per delinquere.
Tarantini: che io per noi sto a faticare io
Verdoscia: per noi, per noi io ancora non vedo nulla qua, io ancora do e do
Tarantini: la calma è la virtù dei forti
Su questo viaggio in Cina Tarantini ha riposto molte speranze ed evidentemente anche il premier aveva agevolato questa partecipazione, tanto che i documenti necessari sono stati preparati a tempo di record. Tarantini glielo racconta vantandosi: «Avere il visto dall'ambasciata cinese è stata un'impresa, perché con le procedure urgenti ci vogliono dodici giorni, mentre per la normalità ci vogliono 36 giorni. Io l'ho avuto in un giorno».

«Ferro caldo»
Per Gianpaolo Tarantini che l'aveva conosciuto un mese prima, e già gli aveva organizzato un paio di serate con le «sue» ragazze, Silvio Berlusconi era «un ferro da battere quando è caldo». Così diceva il 29 settembre 2008 con l'amico Salvatore Castellaneta, spiegando che bisognava raccogliere velocemente le informazioni sul gruppo imprenditoriale di Enrico Intini - amico di tutti e due - per sottoporle al presidente del Consiglio. Ci riuscì, perché di lì a poche settimane il premier gli procurò un incontro con Guido Bertolaso, il potente capo della Protezione civile, per far lavorare le aziende di Intini.
Di questo parlano a febbraio del 2009 l'autista di Tarantini, Dino Mastromarco, con la moglie dell'imprenditore e l'uomo afferma: «Lo fece chiamare da Bertolaso personalmente... Intini mi ricordo che gli disse a Gianpaolo, quel giorno che andarono, "io non sono mai stato ricevuto da Bertolaso, mi ha sempre rifiutato"... eppure Intini passa per uno dei più grossi imprenditori d'Italia». Nell'affare appare coinvolto anche Roberto De Santis, imprenditore di area dalemiana, che più volte insiste con Tarantini per chiudere la partita. In un verbale del novembre 2009 lo stesso Tarantini racconta la sua gita in barca a Ponza proprio con Massimo D'Alema e altri amici, «ricordo che io e lui giocammo a burraco». E quale possa essere il risultato lo racconta Tarantini al fratello Claudio dopo l'incontro con Bertolaso: entrare con una società nella nuova Protezione civile spa che si sta costruendo e che sarà bloccata soltanto dopo gli arresti dei manager accusati di aver assegnato gli appalti in cambio di tangenti.

«A posto con Guarguaglini»
Lo stesso gruppo si muove anche su Finmeccanica. Il 3 febbraio 2009 Intini dice a Tarantini di non aver ancora definito il valore degli accordi con Finmeccanica che erano stati promessi. Scrivono nell'informativa i finanzieri: «A rassicurare Tarantini ci pensava Silvio Berlusconi alcuni giorni dopo, riferendo di aver parlato con Guarguaglini (era il suo secondo intervento sulla presidenza del Gruppo Finmeccanica) che gli aveva garantito che le trattative stavano proseguendo regolarmente: "Niente ho parlato... come ti avevo detto che avrei fatto... lui mi ha detto sì, sì, non ci sono... sta andando avanti tutto, ho parlato personalmente con la persona.... tutto bene, la persona è tranquilla, e perciò andiamo avanti"».
A marzo Tarantini riferisce a Intini «l'aspro disappunto» di Silvio Berlusconi «verso il vertice di Finmeccanica» per il fatto che non aveva ancora concesso le promesse collaborazioni con le società del Gruppo Intini: «Quello disse: "Guagliò... il rispetto delle istituzioni almeno"», racconta riportando una frase del premier

La cena con Borgogni
Nella relazione della finanza sono anche contenuti i particolari di una cena organizzata da Gianpaolo Tarantini il 29 aprile 2009, nella sua casa di Roma, col direttore centrale delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, e con Salvatore Metrangolo, presidente e amministratore delegato di due società del gruppo, che si è dimesso nei giorni scorsi. «Alla cena intervenivano anche Paolo Berlusconi e un suo amico», scrivono gli investigatori. Che aggiungono: «Per intrattenere i suoi ospiti Tarantini reclutava Barbara Guerra, Fadoua Sebbar e Letizia Filippi, la cui disponibilità a concedere favori sessuali in cambio di utilità era stata ormai testata». Seguono i colloqui intercettati in cui l'imprenditore si raccomanda con Barbara: «È una cosa importante, che mi serve a me, capito? Per lavoro...», e quelli in cui le dà indicazioni su come vestirsi: «Amò, però mettiti uma minigonna inguinale... Vestiti proprio a mignotta!».
Il giorno dopo Tarantini commenta con un'altra donna presente alla cena - Micaela Ottomano, segretaria particolare dell'allora sottosegretario allo Sviluppo economico Paolo Romani - «soffermandosi, tra le altre cose, sulla spesa che Gianpaolo aveva dovuto sostenere per reclutare le due ragazze (la Guerra e la Sebbar) che avevano intrattenuto i due dirigenti di Finmeccanica». La Ottomano dice: «Certo che sono due puttanone, ma si vede... Ti è costato altri duemila?». Tarantini glissa: «Nooo». Ottomano: «Che sei generoso, chissà che gli hai dato...». Ieri Borgogni ha precisato di essere «andato via a metà della cena, quando arrivò Paolo Berlusconi».

L'incontro con Romani
Micaela Ottomano, quarantenne avvocato barese, era già stata contatta da Tarantini per organizzare un incontro col sottosegretario Romani, utile a sbloccare una pratica che doveva portare le aziende del Gruppo Intini a gareggiare per la realizzazione del Sistema nazionale integrato delle comunicazioni di Protezione civile. Serviva la firma di un accordo tra Rai e Protezione civile, di cui si sarebbe dovuto occupare Romani. «Primo passo - scrivono gli investigatori - era avvicinare Micaela Ottomano, segretaria particolare di Paolo Romani, perché questa, dietro la promessa di Tarantini di essere presentata al presidente Berlusconi, prevedesse un appuntamento con il sottosegretario».
Dopo averla contattata, il 1° aprile 2009 Tarantini ricevette da Micaela questo sms: «Ciao Gianpaolo, grazie x l'affettuosità e la gentilezza dimostratami. Ci metterò il mass dell'impegno, e tu se riesci cerca di accontentarmi nelle modalità di cui ho detto xché la festa x il mio caso nn va bene. Ti abbraccio». Tre settimane dopo, nuovo contatto tra i due. Riferiscono gli investigatori: «Micaela Ottomano contattava Tarantini e gli diceva che gli avrebbe organizzato un pranzo con Romani per il giovedì. La Ottomano in cambio avrebbe voluto incontrare il presidente Berlusconi».

Fiorenza Sarzanini

18 settembre 2011 09:15© RIPRODUZIONE RISERVATA

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« Risposta #116 inserito:: Settembre 20, 2011, 06:01:14 pm »

il giudice: «credibili le dichiarazioni del premier nella sua memoria»

«Tarantini, l'inchiesta passi a Roma»

Presunto ricatto al premier, la decisione del Gip: «La competenza non è della procura di Napoli»

   
MILANO - Il Gip di Napoli Amelia Primavera si è dichiarata incompetente a decidere sulla scarcerazione di Gianpaolo Tarantini richiesta dagli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli. «In ordine al reato di estorsione - si legge nel provvedimento appena depositato - la competenza è dell'autorità giudiziaria di Roma».

«CREDIBILI LE DICHIARAZIONI DEL PREMIER» - Il Gip si è basato sulle dichiarazioni della segretaria di Berlusconi Marinella Brambilla ma soprattutto su quanto affermato nella sua memoria dallo stesso presidente del Consiglio. Scrive il Gip nell'ordinanza: «La stessa vittima del reato ha confermato di aver corrisposto le somme di denaro sempre a Roma traendole da proprie disponibilità liquide che teneva presso la sua abitazione di Palazzo Grazioli. Dichiarazioni credibili con riferimento al luogo della dazione del denaro oggetto dell'attività estorsiva ipotizzata». Per la decisione del Gip l'avvocato del premier Niccolò Ghedini ha espresso soddisfazione.

Fiorenza Sarzanini

20 settembre 2011 15:59© RIPRODUZIONE RISERVATA

DA - http://www.corriere.it/cronache/11_settembre_20/tarantini-ricatto-berlusconi_59383058-e389-11e0-bc23-ba86791f572a.shtml
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« Risposta #117 inserito:: Settembre 22, 2011, 05:10:59 pm »

Le ragazze

Tra le escort la donna di un boss mafioso

La Tommasi raccomandata dal premier per l'«Isola dei famosi».

L'incontro con le sorelle del Montenegro

 
BARI - Le ragazze lo chiamano «Papi». Per lui è «babuccio». Così, parlando con le ragazze, Gianpaolo Tarantini si riferisce a Silvio Berlusconi. E in continuazione cerca rassicurazioni per sapere che cosa dice di lui quando incontra le donne in privato, se è rimasto contento degli incontri. La sua voglia di compiacerlo traspare in maniera netta e così lo interroga se ha dubbi sulle donne da portare. Proprio una di queste conversazioni intercettate ha consentito di scoprire che fu Berlusconi a raccomandare gli organizzatori dell'«Isola dei Famosi», il programma all'epoca condotto da Simona Ventura su Raidue. Annotano gli investigatori della Guardia di Finanza nel brogliaccio relativo alla telefonata del 10 marzo 2009: «Berlusconi chiama Tarantini. Parlano delle ragazze che saranno presenti alla serata. Tarantini dice che porterà Sara Tommasi. Il presidente dice "quella che abbiamo mandata con un programma speciale a fare un viaggio in Brasile, no in America"». Più volte la Tommasi risulta aver dormito a casa di Berlusconi, anche perché fu lui a contattarla direttamente dopo aver chiesto il numero a «Gianpi».

Barbara Montereale, l'amica di Patrizia D'Addario che proprio quest'ultima portò con sé a palazzo Grazioli, riuscì a partecipare alle feste nonostante le resistenze del suo fidanzato Radames Parisi, nipote del boss Savinuccio Parisi, capo di uno dei più potenti clan della mafia barese, che inizialmente le intima di non andare ma poi acconsente e si fa raccontare nei dettagli sia le serate, sia la vacanza trascorsa dalla ragazza a Villa Certosa in occasione del Capodanno del 2009.

Negli atti processuali compaiono anche telefonate di Raffaella Zardo, compagna di Emilio Fede, che dice di voler andare alle feste del premier ma il direttore del Tg4 non glielo consente e qualche giorno dopo aver saputo che sono in circolazione alcune sue foto con Manuel Casella, ex fidanzato di Amanda Lear, dice a Tarantini: «Sono contenta che escono così capisco che non sto con Emilio Fede... e dopo lui mi ha già tolto da Sipario quindi la gente capisce. Vedi com'è Fede, allora se stai con lui ti fa lavorare, sennò no. Lui non le vuole far pubblicare, addirittura dice che è disposto a comprarle». Berlusconi non sembra apprezzare la Zardo e a Tarantini dice: «Questa qui è una tr... Lui non l'ha mai sc... neanche baciata. Lo sfruttava per lavorare in televisione, era la favola di tutti». Era stata proprio la Zardo a chiedere a Tarantini se il Presidente «può fare qualcosa per far ottenere il passaporto al cognato di Ayda Yespica» e poco dopo lo aveva bloccato: «Lascia stare, ha risolto. Perché l'aveva detto lei personalmente al Presidente ma lui si sarà dimenticato».

Sono svariate le showgirl che si rivolgono a Berlusconi per cercare di risolvere i propri problemi. E lui si mostra evidentemente disponibile. Alcune le ospita in casa per giorni. È Sara Tommasi a riferire a Tarantini che Berlusconi l'ha invitata a cena da lui e le ha chiesto «se non ti scoccia mi hanno fatto una sorpresa c'è qui anche mio fratello con due tipe del Montenegro, però noi stiamo insieme io e te». Secondo gli investigatori potrebbe trattarsi delle due sorelle che, almeno a quanto risulta dall'inchiesta avviata a Milano, «lo hanno tenuto sotto ricatto».

F.Sar.
19 settembre 2011 15:39© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/11_settembre_19/tra-le-escort-la-donna-di-un-boss-mafioso-fiorenza-sarzanini_b0664388-e285-11e0-9b5b-a429ddb6a554.shtml
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« Risposta #118 inserito:: Settembre 25, 2011, 10:58:57 am »

IL CASO TARANTINI

Indagare il premier, la mossa dei pm

La tesi di Napoli: spinse Tarantini a mentire, il caso rimanga a noi


ROMA - È la mossa a sorpresa che potrebbe riaprire la partita. Non c'è più soltanto l'estorsione nella vicenda che ha portato agli arresti Gianpaolo Tarantini e sua moglie Nicla, mentre rimane latitante il faccendiere Valter Lavitola. Adesso i magistrati di Napoli ipotizzano anche un reato da contestare a Silvio Berlusconi. E così rimettono in discussione pure la questione della competenza. Induzione a rendere dichiarazioni mendaci: questo l'addebito contro il premier, che potrebbe essere formalizzato nelle prossime ore. I pubblici ministeri attendono il giudizio del tribunale del Riesame, ma appaiono determinati a procedere con l'iscrizione nel registro degli indagati accusando il presidente del Consiglio di aver «pilotato» i comportamenti processuali di Tarantini in cambio di soldi e altre utilità.

Accade tutto ieri mattina, di fronte al collegio che deve decidere sulla scarcerazione di Tarantini chiesta dai suoi legali Alessandro Diddi, Piergerardo Santoro e Ivan Filippelli. I difensori hanno già incassato la decisione del giudice che trasferisce il fascicolo nella capitale, dunque si concentrano sull'istanza che sollecita il ritorno in libertà del loro assistito. Danno per scontato, come evidenzia Diddi, che non si debba neanche tornare a discutere questo punto, anche tenendo conto che gli atti sono già stati inviati alla Procura di Roma dove i coniugi Tarantini e Lavitola sono già stati indagati per lo stesso reato di estorsione. Puntano soprattutto sul fatto che abbia risposto a ben tre interrogatori, mostrando la massima collaborazione. E invece è proprio da quelle sue dichiarazioni che l'accusa - sostenuta da Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Greco - fonda il cambio di orientamento. Nei verbali Tarantini afferma infatti che Berlusconi non sapeva che le ragazze reclutate per le sue feste fossero prostitute e soprattutto giura che i soldi ricevuti erano soltanto un prestito per avviare una nuova attività.

«È una versione falsa - sostengono i pubblici ministeri - smentita dagli interrogatori dei testimoni, primi fra tutti i collaboratori più stretti di Berlusconi». Woodcock paragona il capo del governo che giura di non essere ricattato e di aver aiutato una famiglia in difficoltà «a coloro che vengono accoltellati e invece sostengono di essersi tagliati mentre affettavano il pane». Poi depositano gli atti dell'inchiesta di Bari sullo sfruttamento della prostituzione che dimostrano come il premier fosse informato dei pagamenti delle donne e vi avesse in parte contribuito. Ricordano l'elenco delle utilità ottenute da Tarantini: almeno 20 mila euro al mese nell'ultimo anno, 500 mila euro attraverso Lavitola (anche se quest'ultimo ne ha trattenuti 400 mila), la tutela legale e il lavoro. Poi sferrano il colpo: «È stato Berlusconi a indurre l'indagato a mentire, dunque gli può essere contestato l'articolo 377 bis del codice penale che appunto punisce con la reclusione da due a sei anni chiunque con violenza o minaccia o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata davanti all'autorità giudiziaria». E su questo «deve indagare Napoli, oppure Lecce che ha già avviato accertamenti sulla gestione dell'indagine da parte dei colleghi baresi».

I magistrati negano che l'iscrizione di Berlusconi sia già avvenuta. Ma - a meno di una smentita clamorosa di questa impostazione accusatoria da parte dei giudici del Riesame - sembra non ci siano dubbi sul fatto che ciò possa avvenire appena la decisione del Tribunale sarà depositata, vale a dire entro lunedì, quando scadranno i termini per decidere sull'eventuale scarcerazione di Tarantini. Anche perché i pubblici ministeri napoletani sono convinti che il reato di estorsione non sia alternativo a quello di induzione e dunque le inchieste di Roma e Napoli potrebbero procedere in maniera parallela.

Una soluzione pacifica caldeggiata anche dalla giunta dell'Anm di Napoli che ieri ha ritenuto di dover intervenire a tutela dei pubblici ministeri «visto che numerosi commentatori, omettendo ogni valutazione nel merito, hanno prospettato lo scenario di una "superprocura" ostinatamente concentrata a perseguire reati commessi da una certa parte politica in spregio alle regole processuali. E di fronte alla costruzione di un simile teorema che muove da posizioni preconcette e si fonda su affermazioni di fatti non corrispondenti al vero, con l'obiettivo di delegittimare la magistratura napoletana gettando discredito sul suo operato, non si può tacere. Anche perché, dopo la dichiarazione di incompetenza, nessun atto investigativo è stato compiuto e di fronte alla conferma di giudizio da parte del gip, si è provveduto a trasmettere immediatamente gli atti».

Fiorenza Sarzanini

24 settembre 2011 09:08© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/11_settembre_24/procura-napoli-sarzanini-estorsione_c7c8f8fa-e66c-11e0-93fc-4b486954fe5e.shtml
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« Risposta #119 inserito:: Settembre 27, 2011, 10:57:08 am »

Gli scenari

Ruoli ribaltati, Gianpi diventa una «vittima»

Oltre a Roma e Napoli il conflitto potrebbe ora allargarsi alla Procura pugliese

 
NAPOLI - La decisione del tribunale di Napoli riapre in maniera clamorosa la partita che si gioca tra magistrati sul ruolo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Perché la scelta di far cadere l'accusa di estorsione contro Gianpaolo Tarantini e sua moglie Nicla accoglie la tesi dei pubblici ministeri napoletani che avevano preannunciato di volerlo indagare per aver indotto l'indagato a rendere dichiarazioni mendaci. Ma sposta la competenza su Bari, ritenendo che lì sia cominciato il reato, poi perfezionato a partire dal settembre 2010 con la complicità del faccendiere Valter Lavitola che ha provveduto materialmente a versare ai coniugi oltre 20.000 euro al mese e ha fatto da tramite per erogare i 500mila euro chiesti dallo stesso «Gianpi» in un'unica soluzione. E questo spiana la strada a un possibile conflitto tra uffici giudiziari.

Bisognerà attendere le motivazioni che saranno depositate oggi e messe a disposizione dei difensori, ma già appare evidente come il Riesame abbia ritenuto illecita la decisione di Berlusconi di mettere «sotto tutela» Tarantini scegliendo per lui gli avvocati, provvedendo alle spese e cercandogli un lavoro mentre l'imprenditore era ai domiciliari proprio per ordine dei giudici pugliesi che lo avevano arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti. Un «controllo» da parte del premier che serviva - questo dice il collegio partenopeo - ad orientare le scelte processuali di Tarantini e a fargli mantenere la tesi iniziale: «Berlusconi non sapeva che le donne portate alle sue feste erano escort». In realtà le telefonate intercettate nel corso dell'inchiesta barese e depositate la scorsa settimana raccontano una storia ben diversa, avvalorando non solo l'ipotesi che il premier fosse a conoscenza della vera professione della maggior parte delle invitate, ma anche che contribuisse al loro mantenimento.
E adesso bisognerà vedere se i magistrati napoletani accetteranno la trasmissione del fascicolo a Bari, come del resto avevano ipotizzato davanti al Riesame chiedendo di valutare proprio la sussistenza di questo reato previsto dall'articolo 377 bis del codice penale. O se invece cercheranno di mantenere l'indagine, forti anche del fatto che il capo della Procura di Bari Antonio Laudati è sotto inchiesta a Lecce proprio perché sospettato di non aver gestito correttamente il processo nella fase istruttoria. La terza ipotesi è che possa essere, appunto, Lecce ad avere la competenza. Ma questo apre un nuovo fronte con Roma che ha ricevuto le carte dal gip di Napoli la scorsa settimana e sta già procedendo per estorsione. I pubblici ministeri capitolini si adegueranno a quanto disposto dall'ordinanza di ieri notte del Riesame, oppure proseguiranno autonomamente non ritenendo che i due reati siano incompatibili? Vale a dire: sosterranno la tesi che Tarantini ricattava Berlusconi e questi a sua volta gli elargiva denaro e altre utilità per costringerlo a seguire la sua strategia?

Bastano questi interrogativi per capire quanto la vicenda si sia aggrovigliata e quanto possa diventare difficile districarsi in questo intreccio di verifiche che comunque continuano a ruotare intorno a un unico e fondamentale nodo: il vero rapporto che si è sviluppato tra Berlusconi e Tarantini dopo le rivelazioni di Patrizia D'Addario, la donna che per prima - in un'intervista al Corriere della Sera - svelò che cosa accadeva durante le serate organizzate nelle residenze del capo del governo. Di certo la decisione presa dal collegio partenopeo sembra credere alla tesi di Tarantini che aveva sempre detto di aver «soltanto chiesto un aiuto al presidente Berlusconi per avviare una nuova attività imprenditoriale» e fa propria l'istanza degli avvocati Alessandro Diddi, Ivan Filippelli e Piergerardo Santoro che avevano sollecitato la remissione in libertà dello stesso «Gianpi» e di sua moglie Nicla. Di fatto viene loro riconosciuto il ruolo di «vittime» di Berlusconi, ma anche di Lavitola. Del resto è stato proprio Tarantini a raccontare come il faccendiere lo tenesse sempre «sotto pressione» «visto che mi diceva che il Presidente non voleva più vedermi e mi spingeva ad avvalorare la tesi che il mio atteggiamento nel processo di Bari potesse cambiare». Un'affermazione confermata dalle telefonate intercettate durante le quali più volte Lavitola dice a Tarantini: «Per costringerti a patteggiare te lo devo chiedere lui in persona».

Fiorenza Sarzanini
fsarzanini@corriere.it

27 settembre 2011 07:20© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/11_settembre_27/sarzanini-berlusconi-tarantini_ed35be90-e8c7-11e0-ba74-9c3904dbbf99.shtml
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