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Autore Discussione: GIORGIO BOCCA.  (Letto 140906 volte)
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« inserito:: Giugno 08, 2007, 04:34:45 pm »

OPINIONI

L'ANTITALIANO

Il grande buio dell'informazione
di Giorgio Bocca


Siamo alla confusione delle lingue come ai tempi di Babilonia. E i comunicatori che vivono nel mondo degli inganni del consumismo devono saper mentire con grande mestiere 

Al tempo di Internet, della comunicazione totale e fulminea, l'informazione dell'uomo comune è tornata alla confusione delle lingue, proprio come ai tempi di Babele.

Tutti ascoltano radio e televisioni, molti leggono giornali, moltissimi campano nell'abbondanza e nella confusione delle immagini. Ma sappiamo pochissimo del mondo in cui viviamo e se durerà.

La mancanza di informazione è della maggior parte dei viventi a causa, per cominciare, dell'incomprensibilità crescente del linguaggio: sempre più globale e fitto di espressioni straniere, inglesi la maggioranza, una somma di linguaggi specialistici che ignoriamo sorvolando nella lettura a salti da cavalletta, una fatica nel leggere che superiamo accontentandoci dei titoli, anch'essi in gran parte stranieri e gergali.

Sempre più ampi gli spazi dedicati alla economia e alla finanza del tutto incomprensibili alla maggior parte dei lettori. Giornali come 'Il Sole 24 Ore' o il 'Financial Times' hanno tirature altissime perché acquistati come status symbol di cui si capisce pochissimo.

Uno degli argomenti più seguiti dai lettori è quello di che tempo che fa sul quale la confusione regna sovrana e le contraddizioni di chi informa danno capogiro e nausea. Metà scienziati a giurare che la colpa è dell'uomo e dei veleni che fabbrica, metà a ghignare di queste superstizioni e a ricordare che le mutazioni della natura sono imprevedibili e certo non attribuibili agli uomini. I quali continuano a comportarsi in modi totalmente demenziali e contraddittori per tutto ciò che riguarda la salvezza dell'ambiente e la continuità della specie.

Nei paesi della fame e della miseria le plebi sono felici se il loro governo ha costruito una bomba atomica che non farà cessare la fame, ma di cui potranno morire milioni di persone. E nei paesi del benessere, dove il traffico nelle città è diventato insostenibile, si levano ondate di compiacimento se la mega fabbrica locale produrrà milioni di auto.

Questa incapacità di leggere nel futuro, di capire il futuro, questa voluta cecità sull'ambiente e sulle sue risorse ha provocato movimenti culturali deleteri: il revisionismo antistorico e il liberismo suicida, due movimenti atti a dimenticare il presente e a giocare con il passato.

Il revisionismo arrivato al punto di compiacersi delle più assurde rivisitazioni della storia (vedi la negazione dell'Olocausto) ha l'effetto di distrarre l'attenzione dal presente e di indirizzarla su un passato dalle cento versioni e il liberismo suicida di immaginare una inesistente intelligenza del mercato e un provvidenziale intervento della concorrenza, carico di rischi. Sino a negare, con il revisionismo storico, l'evidenza: che in Italia c'è stata di recente una guerra di popolo chiamata Resistenza, unica base della nostra fragilissima democrazia. E che sono di Stato le poche aziende a livello mondiale l'Enel, l'Eni, la Finmeccanica e la stessa Fiat che senza lo Stato sarebbe defunta le molte volte.

E non solo: nel buio dell'informazione e della conoscenza anche il ritorno agli scontri di religione, fra le verità rivelate e il laicismo, fra la Chiesa e il Parlamento.

Una cosa è certa. I vari mestieri degli informatori sono diventati spesso più che difficili assurdi: devono vivere in un mondo in cui il consumismo impone i suoi inganni che la gente non solo accetta, ma di cui si compiace, devono saper mentire con grande mestiere, non devono vergognarsi del padre giornalista che di lui si preferiva dire "suona il violino in un casino".
 

da espressonline
« Ultima modifica: Aprile 08, 2009, 10:06:46 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 13, 2007, 06:20:04 pm »

Maria Cervi, la bambina che vide l'orrore
Wladimiro Settimelli


Lei, Maria Cervi, quella terribile mattina del 25 novembre del 1943, con la paura che le serrava la gola, vide tutto: i fascisti che sbucavano dalla nebbia intorno alla casa di Fraticello. Vide il padre, Antenore, che con i fratelli Gelindo, Aldo, Ferdinandio, Agostino, Ovidio ed Ettore, sparavano per difendersi. Vide il nonno Alcide che passava da una finestra all’altra della soffitta e faceva partire un colpo dietro l’altro da un vecchio fucile. Poi il silenzio terribile dopo che le munizioni erano finite. Subito dopo, ecco l’arrivo dei fascisti che entrarono in casa urlando. Presero tutti e cominciarono a picchiare.

Poi il fuoco che divorava i fienili e i mobili delle stanze, in mezzo ad un fumo infernale. E loro, le mogli dei Cervi e figli piccoli che guardavano ammutoliti da un angolo dell'aia. Quella fu l'ultima volta che Maria vide il padre Antenore vivo. L'altra notte Maria Cervi, nipote di papà Cervi e figlia di uno dei sette eroici fratelli fucilati dai fascisti a Reggio Emilia, tutti insigniti di medaglia d'oro al valore è deceduta improvvisamente. Era lei, da sempre, l'anima dell'Istituto Alcide Cervi ed era lei che riceveva a Campegine, a Fraticello e a Gattatico, i luoghi della famiglia, i visitatori. Migliaia che arrivavano, dal dopoguerra in poi, da ogni angolo d'Europa per farsi raccontare le sensazioni, le sofferenze. E Maria, paziente, raccontava tutto ai grandi e i ragazzi delle scuole. Lo aveva fatto anche con me nel febbraio dello scorso anno, durante il congresso nazionale dell'Anpi. Come tanti della mia generazione, avevo letto tutto dei Cervi: dal celebre libro di Renato Nicolai alle lunghe biografie delle enciclopedie della Resistenza. Ma, dopo avere conosciuto Maria al congresso dell'Anpi a Chianciano, come un ragazzino delle elementari, non avevo resistito alla voglia di chiederle il racconto di quella mattina. Davvero volevo sapere ancora una volta? Poi aveva cominciato dal descrivere quella famiglia emiliana del tutto particolare. Una famiglia di contadini che si occupava anche della storia del mondo, di biologia, di cose scientifiche legate allo sfruttamento della terra, di coltivazioni particolari, di progresso sociale e, ovviamente, di politica. Aldo, l'«intellettuale», quando avevano deciso di acquistare un trattore era andato a prendere quella «buffa macchina» fin dal concessionario. Maria raccontava: «Non aveva potuto metterci una qualche bandiera sopra, ma a fianco dello sterzo aveva legato un grande mappamondo che sarebbe servito a tutti per conoscere gli altri popoli del mondo».

Poi era comiciata la vera e propria attività antifascista dando aiuto ai partigiani e ai prigionieri di guerra che scappavano dalle prigioni e dai campi. Molti di loro - mi spiegava Maria - erano rimasti nascosti nei fienili anche quando, dopo l'8 settembre, era cominciata la lotta armata. E anche i piccoli di casa Cervi si erano ormai abituati a non dire neanche una parola di quello che vedevano nella grande casa dei padri. Era, quindi, una specie di grande «cellula da combattimento». In mezzo al fieno e nelle stalle c'erano ormai fasci di armi per rifornire i ragazzi in montagna e i fascisti certamente lo immaginavano. Avevano più volte interrogato i Cervi, ma non avevano cavato un ragno dal buco. Poi era arrivata quella gelida mattina di novembre e gli uomini in camicia nera. Erano in tanti perché dei Cervi avevano una paura sfottuta. Subito la sparatoria era diventata terribile. Poi ecco la fine delle munizioni e la resa per tentare di salvare almeno le donne e i bambini. I fratelli furono portati al tiro a segno di Reggio e fucilati uno dopo l'altro. Papà Cervi saprà della strage solo dopo.

Maria Cervi racconta queste cose, calma e serena come sempre. Papà Cervi, decorato con le medaglie dei figli e la sua dal presidente Einaudi, dirà parlando «dei ragazzi» una frase rimasta celebre: «Dopo un raccolto ne viene un altro... ».

Maria Cervi, in tutti questi anni ha lavorato giorno dopo giorno per ricordare gli uomini della sua famiglia, la Resistenza e parlare ai ragazzi delle scuole di libertà, democrazia, giustizia sociale. È stato come se tutti gli altri Cervi avessero lasciato a lei questo grande compito.

La notizia della sua morte ha suscitato cordoglio e rimpianto ovunque. L'Istituto Alcide Cervi l'ha ricordata in un lungo messaggio. Così hanno fatto l'Associazione partigiani di Reggio Emilia, l'Anpi, le associazioni combattentistiche, il segretario Ds Fassino e il ministro D’Alema, il sindaco di Roma Veltroni, il Presidente della Repubblica, i presidenti della Camera e del Senato. La camera ardente è stata allestita presso il Museo Cervi di Gattatico. I funerali si svolgeranno oggi alle ore 13. Il corteo funebre si trasferirà poi a Campegine per l'omaggio davanti al monumento ai sette fratelli Cervi.

Pubblicato il: 13.06.07
Modificato il: 13.06.07 alle ore 9.32   
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« Risposta #2 inserito:: Giugno 25, 2007, 06:59:10 pm »

OPINIONI

L'ANTITALIANO

Bush sempre in cerca di nuovi nemici
di Giorgio Bocca


La politica americana somiglia a quella dell'antico impero romano. E non porta bene. Ora punta a Est, verso la Cina. Una prospettiva davvero poco incoraggiante 
Gli uomini neri, i cattivi, quelli che danno fuoco al nostro bene supremo l'automobile, quelli che spaccano le vetrine delle banche, i nemici del genere umano, i vandali tornano all'assalto delle nostre città e i poliziotti in tenuta antiguerriglia fanno muro, stanno schierati nelle vie e nelle piazze pronti a scattare nella carica con manganelli di acciaio e proiettili di gomma. E noi i moderati, le persone ragionevoli, i timorati dell'ordine stiamo davanti alle televisioni per assistere allo spettacolo del law and order, dei servitori dello Stato che rimettono le cose a posto, mettono in fuga i facinorosi, riportano la calma.

È una storia che ho già ascoltato negli anni Venti, i primi della mia vita: tornava mia madre, la maestra, da un viaggio a Torino e mi raccontava dei rossi che insultavano gli ufficiali e strappavano le bandiere, ma poi intervenivano i soldati della brigata Sassari arrivati dalla Sardegna e riportavano l'ordine a legnate e a fucilate.

Da dove arrivano oggi gli uomini neri, i cattivi, i black blok come li chiamano? Da tutta Europa, da tutto il mondo. Attraversano nazioni e continenti, a piedi, in treno, in aereo e dove arriva il presidente americano George Bush arrivano anche loro. Bush e gli uomini neri, i giovani violenti, i nemici dell'ordine, non si incontrano mai direttamente: i governi che ospitano Bush preparano eserciti di poliziotti per proteggerlo, Bush va nei palazzi del potere, in Vaticano, nella ambasciata americana e i cattivi, i teppisti restano fuori nelle strade a prendere le legnate dei poliziotti.

Ma che senso ha questa guerriglia che si ripete in tutte le città del mondo in cui arrivi Bush? Cos'è la furia di tutti questi giovani violenti, perché questo signore texano con la sua bella moglie ben nutrita desta così violente reazioni?

È difficile dirlo, è molto difficile dirlo, dato che il signore texano è il nostro fedele alleato dai tempi della Seconda guerra mondiale, lo zio americano che ci ha salvato con il piano Marshall, che ci ha protetto dalla minaccia di Stalin e delle divisioni russe pronte a invaderci e che, anche recentemente, ha messo a posto i serbi di Belgrado bombardando Belgrado e i ponti sul Danubio.

D'accordo noi siamo alleati degli Usa e dobbiamo tener fede all'alleanza e compiacerci con i nostri poliziotti quando liquidano a manganellate la teppaglia anti-americana. Ma questo signor Bush non potrebbe per qualche anno, adesso che è caduto il muro di Berlino, preoccuparsi un po' di più dell'inquinamento e dell'effetto serra e un po' meno della guerra prossima ventura? I potentissimi Stati Uniti, ora che il pericolo sovietico è scomparso, non potrebbero guardare al mondo con minor sospetto?

Eppure il quadro dei rapporti internazionali è pochissimo incoraggiante, la preparazione a una nuova guerra mondiale è evidente, l'intero apparato militare della superpotenza è slittato verso l'Est, e a Est non si vede altro possibile avversario che la Cina, sai che prospettiva incoraggiante preparare la guerra contro un nemico che ha un miliardo di uomini.

Non è così? Le basi tedesche create contro l'Urss sono state in buona parte smobilitate e spostate nelle grandi basi di nuova creazione come nel Kosovo; i sommergibili atomici della Maddalena sono andati in Turchia; una nuova enorme base aerea è sorta nelle steppe Kirghise dell'Asia centrale e in Afghanistan il contatto diretto, il contatto di frontiera, è già raggiunto: una valle afgana confina con una regione cinese in cui si trovano rampe missilistiche.

L'equilibrio delle grandi potenze, si dirà, è sempre stato incerto, e con l'era nucleare è un equilibrio del terrore, ma è difficile, molto difficile, contestare che la visione americana del mondo è decisamente pessimista, che per il Pentagono i potenziali nemici si rinnovano di continuo. Ma è la filosofia dell'antico impero romano e non porta bene.
 
da espressonline.it
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« Risposta #3 inserito:: Luglio 01, 2007, 12:08:44 pm »

L'ANTITALIANO

Viva i campioni dell'Italia clericale
di Giorgio Bocca


Berlusconi, Bossi, Casini, Fini... Che modelli di virtù cristiane sono questi che fanno i loro comodi civili ma sono sempre in prima fila a baciare l'anello dei cardinali? Commenta  Fanno bene i Bagnasco, i Bertone e gli altri porporati del Vaticano ad affidare la difesa della sacra famiglia ai timorati onorevoli della destra, e a diffidare dei rossi peccatori nemici della morale. Ma forse farebbero bene a essere più cauti nello scegliere i campioni dell'osservanza cattolica. Ecco qui una sfilata di sepolcri imbiancati che dei precetti di Santa Romana Chiesa se ne infischiano altamente.

Il grande capo dei capi, l'amico del cardinal Sodano, Silvio Berlusconi, quello che ha le zie suore e la madre quasi santa, felice sposo nel 1965 di Carla Dell'Oglio ha divorziato nell'85 e si è risposato con Veronica Lario, due figli con la prima, tre con la seconda. Il fedelissimo capo della Lega il senatur Bossi ha divorziato dalla prima moglie Gigliola Guidali per sposare Manuela Marrone e procreare Renzo, Sirio Eridano e Roberto Libertà, tutti autorizzati a cercarsi un nome più decente. Poi c'è Pier Ferdinando Casini che ha divorziato nell'85 da Roberta Lubich da cui ha avuto due figlie per unirsi ad Azzurra Caltagirone, figlia dell'imprenditore Caltagirone che è fra i suoi finanziatori.

E ora abbiamo Gianfri Fini che si separa dalla moglie Daniela già sposata con un parà della Folgore a cui preferì Fini allora missino, chiamato tortellino perché arrivava da Bologna. La signora Fini si definisce un maschiaccio. La vedova di Giorgio Almirante dice: "Daniela è una donna garbata. Certo non è Rita Levi Montalcini, ma se è per questo neppure lui è Gabriele D'Annunzio. Inoltre non vedo in giro chissà quante first lady dotate di savoir faire".

Daniela del resto non ci teneva alla parte di first lady, passava le sue domeniche sportive nella tribuna d'onore della Lazio all'Olimpico. "La Lazio", diceva, "per me è il massimo, mi riempie la vita". Amava le feste in discoteca con Salvo Sottile, quello invaghito della Gregoraci, si lasciava sfiorare da una inchiesta sulla sanità, inveiva contro gli omosessuali, sfrecciava su auto potenti ad alta velocità fino a quando lei e Gianfri si sono accorti che "seguivano strade diverse", con piena soddisfazione dei colonnelli di An che la vedevano come il fumo negli occhi.


Ma insomma, sono questi i campioni della Italia clericale e osservante. Ricordiamo i tempi felici di papa Pacelli, della nobiltà nera che prestava servizio d'onore in Vaticano, dei Colonna e dei Massimo. Ricordiamo i Lombardi, che già dalla nascita decidevano chi di loro sarebbe stato il predicatore della ortodossia o il generale o il prefetto, ricordiamo le famiglie romane della nobiltà nera che non accettarono i Savoia e la Bella Rosin morganatica.

Ma che modelli di virtù cristiane sono questi che fanno i loro comodi civili, ma poi sono sempre in prima fila a baciare l'anello dei cardinali e a genuflettersi di fronte al papa tedesco? Si legge sui giornali che la coppia Fini ha passato il Capodanno del 2007 in Honduras con amici tra cui Roberto Carminati, il parrucchiere delle Vip che si occupa del nuovo look della signora Daniela e le ha consigliato capelli rossi e tailleur.

Si direbbe che questa nuova classe politica ignori sistematicamente le buone intenzioni che predica e si circondi abitualmente di un generone che sta fra i portaborse e i ruffiani. Daniela Fini adora sparare. Ha tre pistole, una calibro 38 una 9 corto e una 6 e 35 piccolissima "che porto con me la sera quando esco da sola".  Poco prima della separazione la signora si è confidata con il settimanale 'Chi' ha cui ha rivelato che "la cucina la fa sempre lei".
(29 giugno 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #4 inserito:: Luglio 08, 2007, 11:57:38 am »

OPINIONI

L'ANTITALIANO

L'ottimismo dell'informazione
di Giorgio Bocca

I mass media per tirar su il morale alla gente non s'arrestano neppure di fronte al vergognoso.

E spaziano in tutti i campi correndo ai ripari con messaggi consolatori 


In un periodo di tristi previsioni e di stati depressivi ostili ai consumi, l'informazione di massa reagisce con un ottimismo forzato, automatico, senza distinguere, senza temere le esagerazioni. Guardate le pagine degli spettacoli e delle recensioni, ogni giorno c'è uno scrittore sconosciuto del Nebraska o delle Antille che ha venduto un milione di copie, o una cantante negra che ha smerciato due milioni di dischi. Il giorno dopo nessuno ne parla più, ma ci sono già i sostituti.

Nelle pagine milanesi o romane trovano posto comici da strapazzo che non fanno ridere neppure per sbaglio, neppure i carcerati di San Vittore, neppure i barboni del Giambellino, neppure i sindaci che promuovono i melanconici spettacoli con sovvenzioni comunali. Ma la festa continua.

L'ottimismo dell'informazione di massa non si arresta di fronte al vergognoso. Su tutte le cronache la notizia vergognosa che i salari bassi non si muovono, ma quelli dei manager sono saliti del 18 per cento in un anno, ha il suo giusto risalto. E si segnala quello dell'ex presidente dell'Alitalia, Giancarlo Cimoli, che è arrivato a milioni di euro dopo aver portato l'azienda al fallimento, e quello del presidente della Fiat e della Fiera di Bologna Luca Cordero di Montezemolo, che arriva ai sette milioni di euro che in lire fanno svariati miliardi, vedi il capintesta, il capo dell'Enel che gli euro non sa più dove metterli.

Per tirar su il morale alla gente l'informazione di massa ha scoperto che bisogna dir peste e corna del primo ministro Romano Prodi, per non parlare del vice ministro Vincenzo Visco, di cui non si discute la competenza, ma che appare arrogante e scontroso perché ha avuto il coraggio di dare un'occhiata alle alte gerarchie della Guardia di Finanza.

L'ottimismo caritatevole dell'informazione di massa spazia in tutti i campi dell'umana sussistenza. Gli studiosi degli oceani antartici hanno appena scoperto che nei mari ghiacciati esistono nel profondo riserve favolose senza fine di specie ittiche, valanghe di crostacei carnivori. Un esercito di migliaia di scienziati è coinvolto in un progetto internazionale di ricerca di vertebrati e invertebrati e negli ultimi quattro anni hanno scoperto riserve senza fine persino nel canale di Sicilia dove ostriche giganti sono abbarbicate al fondo marino.

Il consumo di materie prime minaccia carestie? L'informazione ottimista di massa corre ai ripari: il consumo insensato esiste, ma si può riparare, per esempio, sostituendo le condutture d'acqua di rame con quelle di plastica.

Le mutazioni climatiche insidiano la vita umana? Niente paura, la scienza sta già passando al contrattacco.

Ogni giorno i media informano che un nuovo aereo a razzo attraverserà l'Atlantico in due ore, che sono già stati venduti centinaia di aerei da 300 passeggeri e che un 358 Airbus a due piani è già disponibile con una sala da pranzo per 20 persone, stanze con letti matrimoniali, bagni con idromassaggio e alloggi per l'equipaggio fra cui fotografo, massaggiatore e piloti di riserva. Un'azienda svedese è pronta anche a fornire una batteria antimissile.

Più il traffico è asfittico, più l'aria è mefitica, più il Vaticano è costretto a mettere fra i peccati più o meno mortali anche i sorpassi e più le vetrine scintillanti della stampa consolatoria e ottimista si riempiono di offerte per i contemporanei purché, s'intende, forniti di un congruo numero di milioni.

da espressonline
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« Risposta #5 inserito:: Luglio 15, 2007, 12:39:56 pm »

L'ANTITALIANO

A pugni nudi contro i terroristi
di Giorgio Bocca


Andavano all'assalto al grido di Allah e sono stati messi al tappeto dai pugni dei coraggiosi e robusti viaggiatori inglesi.

Mi auguro che noi italiani non dobbiamo affrontare simili prove  Un agente vicino alla macchina sospetta in Forth Street Mosque a Glasgow

Bisognerebbe incominciare a capire che cosa è il terrorismo islamico, il terrorismo che cresce nel mondo musulmano contro l'Occidente. Si direbbe un rifiuto della democrazia da parte della teocrazia, delle società governate dal dio Onnipotente, di quelle rette dalle leggi e dalla ragione umane.

E allora di fronte a manifestazioni di terrorismo quali quelle per fortuna abortite in Inghilterra, l'unica reazione possibile è quella di non capire, di non accettare, di continuare nella vita normale. Come se fosse normale che nelle strade della tua città ci siano persone che progettano di ucciderti, che desiderano ucciderti, che considerano il tuo assassinio come un successo civile e religioso. È una scelta per la fermezza che ha profonde tradizioni civili e patriottiche, che ricorda il modo inglese di sopportare i bombardamenti nazisti di Londra.

Se è difficile capire il terrorismo lo è altrettanto combatterlo. La polizia inglese deve sorvegliare 1.100 individui, liberi di circolare nel Regno Unito che sono possibili terroristi, sia per le loro storie personali sia per gli ambienti che frequentano. E nelle due grandi democrazie occidentali, l'americana e l'inglese, i grandi obbiettivi di possibile terrorismo islamico, grosso modo quello che fa capo ad Al Qaeda, ha già ottenuto un grande risultato strategico, quello di impegnare una gran parte degli apparati di polizia occidentali.

Si è avuta la conferma, nei casi di Scozia e Inghilterra, che il terrorismo che semina morte e distruzione non è un terrorismo importato per una operazione speciale, ma il 'terrorismo della porta accanto' dello studente, dell'impiegato, del nato e cresciuto in Inghilterra che sente l'insopportabile bisogno di rischiare la vita per colpire gli infedeli, i satana. È stato trovato un documento che progettava un attacco a un locale di danze, il Tiger Tiger, il cui obiettivo era di far saltare in aria "tutte quelle peccatrici dalle gambe nude".


Ci sono delle ragioni precise, storiche, attuali che provochino la crescita del terrorismo islamico? Tutti ci proviamo a elencarle: l'occupazione dell'Iraq; la presenza di Israele; la repressione dei talebani in Afghanistan, della rivoluzione islamica in Somalia, dopo quella in Algeria; le repressioni degli islamici in Indonesia; le scuole coraniche del Pakistan; l'imperialismo iraniano e tutto ciò che ci riporta ai tempi in cui i guerrieri dell'Islam "passaro il mar e in Francia nocquer tanto", ai tempi cioè in cui tutte le coste del mare latino erano fortificate contro i feroci saraceni.

Si potrebbe dire che l'unica nota positiva di questo nuovo scontro di civiltà è che stavolta i 'mori', i guerrieri di Allah, spesso e volentieri falliscono i loro attacchi, spesso mancano le miracolose combinazioni che hanno provocato la strage di New York. In Scozia si sono visti questi terroristi andare a cozzare con la loro Jeep contro l'ingresso dell'aeroporto. Erano più esperti quelli dell'Ira che provavano il percorso, e alcuni di questi che andavano all'assalto al grido di Allah venivano messi al tappeto dai pugni dai coraggiosi e robusti viaggiatori.

Mi auguro che noi italiani non dobbiamo affrontare simili prove, direi che sarebbero pochi i viaggiatori coraggiosi pronti ad affrontare terroristi armati di molotov che occupano sale d'aspetto minacciando stragi, a pugni nudi come nella noble art.

(13 luglio 2007)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #6 inserito:: Luglio 22, 2007, 02:44:45 pm »

L'ANTITALIANO

Un'altra estate da cretinismo generale
di Giorgio Bocca


Il cretinismo cialtrone imperversa: su tutti i giornali ci sono fotografie di Lele Mora, un procuratore di divette televisive, e di Fabrizio Corona. Commenta  Fabrizio CoronaIl cretinismo in tutte le sue forme, consumistico, sanitario, sessuale, ha rotto gli argini, domina incontrastato, naviga gli oceani, sulle navi giganti delle super crociere dove i vacanzieri stanno come polli nella stia a ingozzarsi di pappe dolciastre, riempie gli schermi televisivi e i giornali. Senza tregua, senza misura.

È possibile che un uomo di media cultura non sappia cosa è una 500 Fiat? Non sappia che è una delle edizioni delle utilitarie cioè delle scatole di sardina che vanno a velocità pazzesche per tener alta la media delle migliaia di morti su strada che neppure i parenti stretti piangono, di cui la pubblica sanità se ne infischia, che le cronache ignorano per abbondanza? È possibile che giornali di 'opinione', come li chiamiamo, ne parlino come la Madonna pellegrina?

E va bene che 'La Stampa' di Torino è un house organ della Fiat ma è il cretinismo totale che dovrebbe un po' spaventare i contemporanei. Sentite: "Se l'abbiamo aspettata a lungo qualche settimana in più non toglie a nessuno il gusto di guidarla. Ne vale la pena perché se è accattivante a prima vista la nuova bambina su strada si rivela addirittura entusiasmante". E noi che ridevamo degli immigrati meridionali che passavano la domenica a lavare e lucidare la nonna della bambina. "Poi la metti in moto e la passione aumenta. Scopri i vani porta oggetti in ogni angolo, la presa Usb, il meglio dei sistemi di connessione interattiva". La gente si ferma per vederla, per toccarla perché "chi la possiede ne farà soprattutto un modello da esibire. L'auto che ride va vissuta con gioia".

Poi c'è il sadomasochismo super cretino dei vacanzieri da crociera. Salgono su una nave gigante per stare sdraiati sulle poltrone a mangiare in continuazione. Come vitelli all'ingrasso. Si alzano solo per andare alle slot machines. Una fiumana di gente che gioca come bambini scemi senza comunicare. Sulla enorme nave ci sono duemila turisti in vacanza e un migliaio di extracomunitari al loro servizio per rifornirli in continuità di prosciutto al forno caramellato al miele e la mela cotta in salsa di lampone. 
Tutti intruppati a fare le stesse gite, le stesse cene di gala, gli stessi balli brasiliani. E poi, a metà pomeriggio, salsicce e lasagne, teglie di pizza a festoni, macchinette che sputano gelati. Si viaggia di notte, ci si sveglia presto, si passa attraverso il metal detector. C'è tutto nella grande nave, anche la sala operatoria, anche il piccolo obitorio biposto.

Il supercretinismo cialtrone imperversa: su tutti i giornali ci sono fotografie di Lele Mora, un procuratore di divette televisive, e di Fabrizio Corona, uno che ha fatto fortuna fotografando e ricattando. Pare che anche Silvio Berlusconi lo voglia usare per la campagna elettorale come uno dei nuovi eroi del nostro tempo, uno che non sa far niente di onesto ma che passa il tempo fra belle donne e belle ville, non come quei poveretti che si battono per le poche lire di una pensione.

Il cretinismo a guardar bene è la professione più redditizia di questo paese. Silvio Berlusconi che è stato per anni capo del governo non sapeva niente dei furfanti che lo circondavano, delle malefatte che combinavano, niente dei miliardi che Craxi mandava in Tunisia o in Centro America, niente degli avvocati che corrompevano i giudici, niente dei fascisti perenni che faceva salire al governo.

Incomincia un'altra estate da cretinismo generale in cui non ci accorgeremo dei mafiosi che si sono impadroniti di Milano, degli assassini balcanici che trapiantano qui le loro mafie. Tutti felici per aver la Cinquecento con lo spruzzo di profumo a comando.

(20 luglio 2007)
da espresso.repubblica.it
« Ultima modifica: Agosto 04, 2007, 09:28:45 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #7 inserito:: Luglio 25, 2007, 05:56:04 pm »

CRONACA

IL COMMENTO

Civiltà in cenere
di GIORGIO BOCCA


Povere case circondate dalle fiamme, nuvole dense di fumo che assediano i centri abitati; il fuoco che lambisce le spiagge spingendo i bagnanti a cercare rifugio in mare, a farsi salvare dalle barche; gente disperata, esasperata, che attende per ore una risposta dei vigili del fuoco con il fazzoletto sulla bocca per riuscire a respirare un'aria piena di ceneri, tossica: qualcuno non ce l'ha fatta, ed è morto asfissiato prigioniero nella sua auto.
È stata una giornata terribile, campale quella di ieri: sugli schermi della tv scorrevano immagini che sembravano riprese a Beirut, ed invece era Peschici, sul Gargano. La protezione civile non ha mai fatto così tanti interventi aerei, oltre cento, sono bruciati migliaia di ettari di bosco , il monte Pollino arde come una immane torcia sulle arsure calabresi, il fuoco spinto dal vento divora il patrimonio di verde nel sud.

Come ogni estate, più di ogni estate. E come ogni estate pubbliche autorità, servitori della Protezione civile, amministratori di comuni e di provincia gridano agli incendiari. Ma questo esercito di piromani, questa nazione di delinquenti pronti a tutto, anche a mandare arrosto donne e bambini alla fine della stagione della paura scompare, non ne resta traccia fra i boschi carbonizzati, il fumo stagnante e le braci ancora ardenti.
Quasi impossibile acciuffarli, se si eccettuano i due misteriosi immigrati che in Sicilia sarebbero stati sorpresi a incendiare dei cespugli rinsecchiti per un dolo che nessuno riesce a immaginare. Nell'ultimo anno, d'altronde, ne sono stati denunciati oltre quattrocento, ne sono stati arrestati appena una decina, ed è probabile che chi è stato preso in fragranza sia già stato liberato.

L'ingegner Bertolaso, capo della Protezione civile, si è scagliato contro l'esercito dei criminali che provocano sciagura e appiccano incendi: "È una guerra criminale, i roghi sono quasi tutti dolosi - ha detto - i piloti dei Canadair mi dicevano che spegnevano un focolaio e ne vedevano accendersi altri quattro altrove". Non è forse vero che i delinquenti riescono a far soldi su tutto, anche sugli alberelli sparsi del Pollino? I piromani possono essere al servizio di grandi o miserabili speculazioni edilizie, possono incendiare un bosco in nome della propria riassunzione come operai dediti alla riforestazione: è accaduto più di una volta. Incendiari si può diventare per sbadataggine, menefreghismo, o perché il caos edilizio in cui la nostra città è cresciuta ci consente di tenere un deposito di bombole di gas tra gli sterpi, dove non dovrebbe essere. E basta una piccola scintilla ad avere un effetto devastante.
Sia dolo o incuria, sempre l'interesse particolare viene posto al di sopra di quello generale.

La svalutazione del bene pubblico è arrivata alla sua massima ignominia, le strade di alcune grandi città coperte dall'immondizia che le autorità municipali non si occupano di trasportare altrove, o non vi riescono. Ma vi è altro e di peggiore dell'incuria ed è il vandalismo di massa. I giovanotti che lanciano sassi sulle automobili e quelli che sforacchiano con pistole e fucili i cartelli delle indicazioni stradali appartengono anche loro all'indomabile razza di bestioni che non sopportano discipline, l'esercito temuto di casseur, di gente che non solo rompe e guasta ma che lo fa con grandissimo gusto per cui non si può prevedere il tempo giusto della ragione e dell'educazione. Il mondo moderno è pieno di casseur di ritorno che arrivati dai deserti aridi e dalle notti buie spaccano le fontane e rompono le lampade. Si vede che il caldo dell'estate scatena tutti i casseur che girano per le nostre strade e sono milioni, molti pronti a uccidere chi li ha sorpassati in auto, o urtati in una folla figuriamoci cosa gli importa se una sigaretta accesa dà fuoco a un bosco e se qualche malcapitato ci brucia vivo.

(25 luglio 2007) 

da repubblica.it
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« Risposta #8 inserito:: Agosto 04, 2007, 09:25:46 pm »

L'ANTITALIANO

I soldi facili delle guerre per la pace
di Giorgio Bocca


Con la riduzione degli eserciti ad agenti di affari colossali, chi potrà opporsi alle loro violenze e ai loro delitti senza fine? 
Quando si tratta di votare le spese militari "per dare le armi ai nostri soldati", scende in Parlamento e nei partiti l'antico unanimismo. Non si è ancora trovato di meglio al mondo per far passare il denaro pubblico dalle casse dello Stato alle tasche dei privati. Così avveniva già ai tempi degli antichi romani secondo una logica ferrea: 'Si vis pacem para bellum'. E con la storia del nemico alle porte tutti erano pronti a pagare.

L'unico che nella sua megalomania romagnola credette di poterne fare a meno fu il duce Benito Mussolini: alla vigilia dell'entrata in guerra i generali gli dissero che erano in pratica privi di artiglieria. Lui rispose che gli sarebbero bastate poche migliaia di morti per sedersi al tavolo della pace. Il capo di Stato maggiore maresciallo Pietro Badoglio capì l'antifona, firmò l'ordine strategico generale "difesa su tutti i fronti". E c'è in Italia della gente che l'impero lo rimpiange: pagava a ufficiali e sottufficiali le indennità di servizio e potevi fumare le Muratti.

Dopo la catastrofica sconfitta il buon affare delle spese militari è stato per anni ridotto al minimo. Ma ora stiamo riprendendoci.

Mi hanno fatto impressione le sedute parlamentari in cui si è discusso il finanziamento delle nostre forze armate e del loro impiego in difesa della pace, come si è soliti dire quando si partecipa in qualche modo a una nuova guerra. Da queste sedute parlamentari viene fuori che tutti i deputati di tutti i partiti hanno un qualche preciso interesse ad approvare queste leggi per cui quelle che ci sono non vengono mai abolite e di nuove ne vengono sempre approvate.

Chi avrebbe mai detto, nel primo dopoguerra, che avremmo dovuto mandare i nostri soldati a difendere la pace nel Kosovo, in Libano, in Angola, a Baghdad, a Kabul? Eppure li abbiamo mandati chiunque fosse il ministro degli Esteri in carica, un democristiano o un comunista, come il D'Alema che se stesse a lui deciderebbe ogni giorno una nuova spedizione.

'Si vis pacem para bellum'. La canzone si ripete in tutte le epoche e non ce ne è un'altra che piaccia di più ai politici che amano la pace. Li avete visti nei telegiornali i deputati della pace appena possono sfilare di fronte a un picchetto militare d'onore? Il ministro della Difesa Parisi che è un passerotto spellacchiato si alza, si impettisce, getta sguardi fieri.

C'è una conoscenza millenaria dei propri vizi in fatto di guerra, delle proprie crudeltà. Il generalissimo Cadorna ha fatto morire migliaia di italiani sul Carso per appoggiare i governi amici che gli assicuravano la carriera.

Che cosa è che l'esercito, tutti gli eserciti di tutte le guerre, possono chiedere ai politici che li mandano, alle politiche estere che se ne servono? La complicità. E con la privatizzazione degli eserciti, con la riduzione degli eserciti ad agenti di affari colossali, chi potrà opporsi alle loro violenze e ai loro delitti senza fine? La Russia di Stalin ha condannato a morte i marinai di Murmansk chiusi nelle loro bare di acciaio, gli americani hanno provato le atomiche sui loro soldati.

L'ultima grande utopia della guerra partigiana e dei suoi condannati a morte fu che valeva la pena di combatterla purché fosse l'ultima. Non lo era come non era l'ultimo buon affare.

La guerra al terrorismo ha riportato di grande attualità, di grande moda la guerra. Bisogna farla per difendersi dalla follia, dal fanatismo, dalla ferocia. Ma bisogna anche farla per fare i soldi facili di tutte le guerre. Per esempio fare le guerre come le grandi aziende logistiche, come la Tav, o come i trasporti aerei supersonici. Farli perché anche gli altri prima o poi li fanno. Che è il modo più sicuro per scomparire tutti dalla faccia della Terra.

da espressonline
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« Risposta #9 inserito:: Agosto 24, 2007, 06:40:13 pm »

L'ANTITALIANO

Dalle valli alpine una lezione di civiltà
di Giorgio Bocca


Non c'è più povertà nelle campagne che conosco. Sono lontani i tempi in cui i contadini erano costretti a emigrare. Oggi è Francia, è Svizzera anche nelle nostre terre  Uno scorcio della ValtellinaNelle nostre valli alpine sono in corso i grandi riti ancestrali in memoria delle grandi miserie patite, dei pantagruelici banchetti desiderati, dei convivi barbari in cui il rosso del vino si mescolava al rosso del sangue. Ogni sera puntualmente ai telegiornali valligiani appaiono le cronache delle colossali mangiate rievocatrici delle lunghe fami, degli interminabili risparmi, delle leggendarie avarizie.

Dalla Valpelline arrivano le immagini della zuppa valpellinenze gigante, 300 porzioni di zuppa distribuite in piazza ai locali e ai turisti. Le telecamere che passano da una tavolata di valdostani arrivati da Parigi che hanno doppia fame arretrata, quella che i loro avi hanno fatto in valle e quella che i loro nonni o bisnonni hanno fatto in Francia ai tempi delle emigrazioni.

Ogni tanto si alzano dai tavoli per andare nelle cucine a vedere come miracolosamente rinasce in abbondanze mai viste la seuppa, la zuppa di brodo, pane, fontina e cavoli, "moltissimi cavoli" raccomanda il cuoco etologo, e "del nostro buon brodo valdostano", perché nei pranzi delle rimembranze popolari il pane, la fontina, i cavoli hanno la bontà inimitabile dei ricordi familiari e paesani, un brodo così non è fatto solo di carne e di acqua, ma della vita povera che si è fatta, dei dialetti che si sono parlati.

I cuochi affettano porzioni enormi di valpellinenze con la crosta bianca oro della fontina fusa con i cavoli bolliti e intanto sulle strade delle valli alpine, nelle gran ferie di agosto passano gli altri cortei festanti e affamati di memorie verso le feste agostane delle polente taragne, delle salsiccie cotte nel vino, delle torte di verdure al formaggio puzzone. E intorno a queste sagre e feste padronali, e pro loco, c'è tutta una intesa rinascita di civiltà contadina, una civiltà in cui automobili e ortaggi e cibi e fami arretrate e pranzi di nozze senza fine dominano, mescolando i loro millenni passati alla modernità.

Conosco bene il Piemonte alpino e la Valtellina, e la nuova civiltà dei formaggi e delle automobili, dei vini e dei meccanici. L'agricoltura che sembrava morta, i contadini che sembravano scomparsi nelle grandi fabbriche cittadine dopo pochi decenni di sradicamento, di lavori servili, di rassegnata offerta di forza lavoro alla modernità cittadina, hanno rimesso in moto un loro nuovo modo di produrre e di distribuire.

In provincia di Cuneo sono nati i frutteti industriali che producono in serie e i loro coltivatori diretti, le decine di migliaia che coltivano le fragole o i lamponi o i peperoni o fanno i formaggi. E tutti lavorano con i loro automezzi e hanno rifatto la casa e vanno in vacanza a Rimini o a Laigueglia e comunque si sono rilanciati nella vita sociale e se non hanno inventato la felicità, hanno però recuperato moltissimo di antico. Hanno ritrovato le loro radici, sono tornati a essere popolo libero, padrone della sua vita, gente di campagna più civile e libera e autonoma di quella di città.

Non c'è più povertà nelle campagne che conosco, sono lontani i tempi in cui i contadini emigravano per 'terre assai lontane' nelle valli in cui si viveva di polenta e di erbe di campo. Ora la domenica i contadini vanno a pranzo in trattoria. È Francia, è Svizzera anche nelle nostre terre.

C'è il rischio che questa nuova Italia contadina persi i suoi modelli, i suoi bisogni, le sue speranze pauperistiche sia politicamente confusa, scambi il populismo dei nuovi demagoghi per libertà e progresso, voti per la Lega o per Berlusconi. Ma non importa, conta che ha superato gli anni dell'abbandono e della rassegnazione, conta che sia ancora padrona di una terra che la fa vivere.

(23 agosto 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #10 inserito:: Agosto 31, 2007, 11:16:17 pm »

L'ANTITALIANO

Che bel delitto merita un applauso
di Giorgio Bocca


È una delle novità assurde di questi tempi fasulli. In cui bisogna far spettacolo e mostrare allegria anche quando si è in lutto e al fondo della tristezza. Commenta  Chiara Poggi nel fotomontaggio con le cugineOgni giorno, al vespro, l'informazione televisiva compie il suo rito funebre. Racconta i morti da automobili sulle strade e i delitti. Non si sa di preciso a chi interessi questo lugubre e orrido notiziario. Per milioni di ascoltatori il fatto che una famiglia sia morta in un incidente stradale a Canicattì o che una giovane donna sia stata pugnalata in casa sua a Casalpusterlengo, sono del tutto indifferenti, ma ci si è fatta l'abitudine e ormai si andrebbe a cena o a dormire meno soddisfatti della giornata se non ci avessero raccontato questa storia di fondo della nostra vita italiana.

Un memento tutto sommato indolore e quasi consolatorio: beh, anche stavolta è toccato ad altri! La televisione riferisce le testimonianze dei passanti o dei vicini di casa, tutte sui delitti: assurde, inventate, di comodo. Sembravano normalissimi, buongiorno e buonasera, brave persone, non ci siamo mai accorti di niente.

E di che cosa avrebbero dovuto accorgersi? Che in quella giornata apparentemente normale a lui o a lei era girata la testa, aveva buttato il bambino dalla finestra e ammazzato lui o lei a coltellate? I testimoni non sapevano niente e non hanno capito niente di quello che è accaduto. Le televisioni lo sanno. E allora, perché non dicono che in questo mondo accadono cose incomprensibili di cui agli altri non importa veramente niente, ma bisogna parlarne? Non consiste in questo la solidarietà umana, la fratellanza?

Nelle sere seguenti il rito informativo funebre viene perfezionato: appaiono mazzi di fiori di fronte alla casa dei morti assassinati, si fanno i funerali, i superstiti quando appare il feretro si uniscono in uno scrosciante applauso. Che cosa significa? È il sollievo per lo scampato pericolo? È un commiato corale? È la prova che anche noi comunità il nostro dovere lo facciamo sempre, adesso anche con fiori e applausi. È una delle novità assurde di questi tempi fasulli in cui bisogna far spettacolo e mostrare allegria anche quando si è in lutto e al fondo della tristezza.
L'applauso per gli assassinati e i suicidi equivale alla musica per tutti e a ogni ora che è diventata una regola nazionale.

I clienti di un bar appena possono mettono assieme una orchestrina, ogni attività umana anche caritatevole anche scientifica tende a manifestarsi con musica sguaiata e dilettantesca, la cultura nazionale consiste principalmente in cori e canzonette, ci sono intellettuali, noti politologi, che esistono perché da giovani hanno fatto parte di una voga canterina.

Presto tornerà di moda anche l'arte naturale del fischio, dello strumento gratuito che tutti possiedono per far musica con il fiato. Ci siamo abituati a vivere per l'assurdo e nell'assurdo. Viviamo al centro di un enorme universo informativo che è riuscito nel nome dell'informazione ad annullarla: volente o nolente anche uno come me che ha passato la vita a informare e a cercare di essere informato si accorge di vivere in un assordante incomprensibile frastuono.

Che cosa è accaduto, per esempio, a metà agosto con lo scoppio di una crisi finanziaria che ha divorato migliaia di miliardi? È accaduto che la pubblica opinione, diciamo i lettori dei giornali e i clienti delle televisioni, hanno saputo di aver perso parte dei loro risparmi senza sapere bene il perché, essendo al di fuori della loro comprensione le spiegazioni forrine dei cosiddetti media.

Miliardi di persone abituate a discutere sul soldo, a risparmiare il soldo, hanno mandato giù senza protesta fiumi di notizie incomprensibili non solo dalla gente comune, ma anche dagli esperti finanziari che in settimane non sono riusciti a spiegarsi e spiegarci che cosa era accaduto. Forse una cosa sola, non pubblicamente ammessa: che il mercato, questa famosa guida superiore della umana economia, in realtà privo di ragione e di controlli, è un uragano che viene per il mondo.
(31 agosto 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #11 inserito:: Settembre 08, 2007, 09:20:15 pm »

L'ANTITALIANO

Noi attratti dalla insensatezza della vita
di Giorgio Bocca


I delitti senza alcuna ragione. Gli incendi dei boschi. Le contraddizioni della scienza. Ci sembra di vivere un'epoca in cui il casuale e il privo di senso dominano incontrastati  Il giornale di oggi eguale a quello di ieri e dell'altro ieri, come se la vita degli uomini si fosse appiattita in un sempre identico: il tempo che fa, di cui parliamo in continuazione senza saperne niente; gli incendi di boschi e altri inspiegabili oltraggi alla natura opera di delinquenti immaginari perché incomprensibili; i delitti senza ragione; le contraddizioni della scienza; le parole a vuoto della politica e la solita alluvione di culi e di tette giovanili.

Da più di un mese i giornali sono pieni del delitto di Garlasco, cioè del nulla che si fa crimine: un amico o parente della vittima che passa un mattino, suona alla porta di una studentessa, viene fatto entrare e la massacra.

La differenza fra l'oggi e il passato è di quantità. È che gli eventi assurdi, incomprensibili, gratuiti, che in passato venivano collocati nella sfera ignota della vita, ci sembrano oggi la totalità, ci sembra cioè di vivere in un'epoca in cui il casuale, il privo di senso dominano incontrastati. L'informazione ha dedicato milioni di pagine al delitto di Cogne e ne dedicherà altrettante al delitto egualmente assurdo di Garlasco e a tutti gli eccidi e torture e sevizie che avvengono senza ragione nelle villette inutilmente blindate dell'Italia.

Perché questa attenzione al delitto senza senso, al sangue versato senza ragione? Questa attenzione almeno è un segno comprensibile del nostro tempo: siamo morbosamente attratti dalla insensatezza della vita, siamo avvinti da questo agguato che ci sovrasta, da questo male che ci circonda e per cui non c'è rimedio, siamo atterriti, ma anche in parte restituiti alla certezza di vivere in un mondo in cui resta l'homo homini lupus, la certezza di vivere in una valle di delitti e di lacrime.

Bisogna essere avanti negli anni e fragili per sentire il peso, il buio di questa esistenza casuale e incerta. Solo la giovinezza e le sue irragionevoli fiducie possono vincere queste paure, ma per quasi tutti, quando il mondo esce dai suoi sogni di potenza e di ferocia e cade in depressione, si torna a vivere di dubbi e di ansie. Da più di un mese
i giornali padani sono pieni della cronaca senza fatti del delitto di Garlasco. Il quotidiano di Pavia ha aumentato le vendite quotidiane di 3 mila copie. In luoghi che per me hanno ricordi profondi.

In una delle rogge dove sono stati trovati abiti insanguinati, abbandonati dall'assassino o da ignoti, si è ucciso, si è annegato sotto i rami di un gelso, lo scrittore Lucio Mastronardi, l'autore de 'Il calzolaio di Vigevano'.

Ci incontravamo qualche sera alle Rotonde di Garlasco, cinque silos di riso alti come un palazzo e collegati da un edificio che avevano trasformato in balera. Il direttore didattico di Vigevano lo aveva cacciato dalla scuola e lui di notte telefonava a sua moglie, la maestra Ficarotta, e le gridava allungando quel nome: "Ficarottaaa". Lei che lo riconosceva gli gridava: "Lucio va a piantè el ris".

E fu a Vigevano che volevano processarmi perché avevo scritto un articolo che cominciava così: "Mille fabbriche una libreria". Di quella Vigevano Mastronardi era l'io parlante. La Vigevano operosa, rozza, impietosa lo avrebbe fatto a pezzi, ma senza di lei, lui non avrebbe mai trovato la rabbia per scrivere. Quando il manoscritto del 'Maestro di Vigevano' arrivò alla Mondadori non gli risposero neppure per dirgli che non interessava.

Ma è cambiato qualcosa in meglio in questi anni? Le grandi case editrici pubblicano in continuazione libri non libri, dell'orrore, della fantascienza, delle perversioni sessuali, e raccolte di delitti senza senso in una vita senza senso per cui bisogna pure sfangarsela.

(06 settembre 2007)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #12 inserito:: Settembre 28, 2007, 10:53:17 pm »

L'ANTITALIANO

I nuovi ricchi fanno massa
di Giorgio Bocca


Previsioni catastrofiche sui cambiamenti climatici ma nessun accordo tra le potenze per porvi rimedio. Globalizzazione che non è universalità ma il nuovo sfruttamento dei ricchi sui poveri  Un ghiacciaio nell'Oceano ArticoPrimo: il grandissimo parlare che si fa delle mutazioni climatiche è in gran parte falso, contraddittorio, condizionato da interessi economici o di potere. Si era appena chiuso il congresso sulle mutazioni climatiche di Roma, ampiamente ripreso dall'informazione come fonte di indiscutibili verità, che il professor Prodi illustre scienziato del clima lo ha definito privo di ogni valore scientifico.

Vale a dire che in fatto di mutazioni climatiche non abbiamo certezze: se dipendano dagli interventi dell'uomo sull'ambiente, dagli spostamenti dell'asse terrestre, dalle tempeste solari, da misteriosi cicli dei massimi sistemi, dalla esistenza o meno di un Dio creatore. Sappiamo che ci fu un tempo in cui la terra era in gran parte ricoperta di ghiacci o frequentata da dinosauri, poi misteriosamente scomparsi, più calda o più fredda di oggi ma non sappiamo il perché.

E ci sembra di aver capito che questa scienza non solo è impotente a spiegarci chi siamo e cosa ci facciamo in questo mondo, ma è anche facilmente corruttibile e usata per ragioni di lucro, per dire che l'attuale dilagante catastrofismo può avere un effetto propulsivo su alcune industrie della sopravvivenza energetica, le più appetibili dal mercato di massa anche se non le più necessarie. La voglia di guadagno prevale e non c'è nemico peggiore per la salvezza dell'umanità.

Quale è stata la risposta dei grandi Stati, delle grandi economie, alla notizia che i ghiacci dell'artico si stanno sciogliendo e che zone enormi di mari e di terre saranno percorribili, coltivabili, usabili? Un accordo per il miglior uso di queste nuove risorse che si offrono alla umanità? La formazione di una autorità mondiale che pianifichi l'uso di quelle terre e di quei mari senza ricadere negli errori del passato? No la risposta di tutti i paesi confinanti con i mari e le terre artiche è stata la rivendicazione del loro possesso e del loro uso esattamente come al tempo del colonialismo. Perché questa è la tendenza assurda della specie e dei suoi dirigenti da sempre: che tutti fanno a gara per rivendicare i vantaggi del libero mercato fingendo di non sapere, di non vedere, che è proprio esso ad affrettare la fine dell'umanità. Non c'è economista, non c'è politico che non faccia pubblico elogio del mercato, dell'iniziativa privata e che non denunci gli errori e i delitti delle gestioni pubbliche.


La condanna del comunismo pianificatore e pubblico è un assioma, una verità indiscutibile, proprio ora che la necessità di un ordine mondiale, di una preveggenza mondiale sono evidenti. Tutti parlano di globalità facendo finta che si tratti di universalità, di una soluzione buona per tutti mentre in pratica si tratta di un nuovo pesantissimo sfruttamento dei ricchi sui poveri. Certo la vita da ricchi nella libera economia è piacevole come non lo è mai stata nei millenni precedenti: i ricchi possono fare tutto, la loro maggioranza relativa li mette al riparo da ogni rivoluzione, le masse dei nuovi ricchi fanno quadrato per evitare ogni sacrificio e per continuare negli sprechi.

E non c'è governo che non accetti le sue condizioni: tutti devono poter rubare impunemente il bene pubblico, tutti devono poter violare le leggi, tutti devono poter invocare e praticare l'abolizione delle tasse. Nuovi demagoghi arringano il popolo promettendo felici anarchie. Ma questo mondo di Bengodi senza voglia di giustizia e senza preveggenza non può durare.

(28 settembre 2007)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #13 inserito:: Ottobre 20, 2007, 04:38:43 pm »

L'ANTITALIANO

La guerra infinita
di Giorgio Bocca


L'impero ne ha fatto una parte integrante della sua economia. E a combattere vanno i poveri che per campare devono arruolarsi  Perpetual war for perpetual peace. Ossia, la guerra infinita, come quella in corso nel Medio Oriente. Nella guerra infinita nessuna sconfitta appare definitiva: il Bush sconfitto in Iraq può essere vincitore in Afghanistan dove la partita è aperta o in Iran dove la guerra è già cominciata senza dichiarazioni ufficiali.
Che cos' è la guerra infinita che riempie le nostre televisioni, i nostri giornali, le nostre perpetue angosce? Come può durare senza soste? Come è possibile che i potenti la alimentino di continuo?

Una delle ragioni per cui esistono queste guerre infinite è la scomparsa in molti paesi, negli Stati Uniti in particolare, della leva militare obbligatoria. Nella Seconda guerra mondiale, quando c'era la leva obbligatoria, il soldato lo facevano tutti e proprio per questo si arrivò a una pace che durò più di mezzo secolo. Furono gli Stati Uniti d'America a capire per primi che la guerra di tutti non era più possibile, che i giovani ricchi piuttosto di fare la guerra del Vietnam preferivano disertare in Canada o in Sudamerica. Allora finì l'esercito di leva e si arrivò all'esercito di mestiere: ufficiali istruiti e bianchi, truppa ignorante e di colore, cioè i poveracci in gran parte neri che per campare dovevano arruolarsi. Di costoro vivi o morti che siano ci si può occupare come carne da cannone. Se uno dei poveracci muore al Pentagono non si disturbano, mandano un telegramma alla famiglia e consegnano il cadavere a domicilio.

La guerra infinita può continuare anche nella ricca America: la riserva di poveri che devono in qualche modo campare è senza fine. La guerra senza fine è possibile, anzi necessaria, perché l'impero ne ha fatto una parte integrante della sua economia: i 150 mila soldati mandati in Iraq, a cui aggiungere i 70 mila contractors, i mercenari che sostituiscono i soldati a stipendio di compagnie private come la gigantesca Halliburton del vicepresidente Dick Cheney, sono costati alla nazione americana una montagna di miliardi finiti per la maggior parte nelle tasche dei ricchi che giustamente considerano la guerra infinita il migliore e più sicuro degli investimenti.


La guerra infinita è possibile perché infinita è la lotta per la sopravvivenza economica. Il presidente americano George Bush ha fatto guerra all'Iraq non perché Saddam Hussein era un dittatore feroce, non per esportare la democrazia, ma perché era in gioco il fondamento dell'impero, cioè l'indissolubile binomio del controllo del petrolio e della supremazia del dollaro. La guerra infinita è possibile perché i suoi artefici ne hanno fatto una guerra globale che si sposta come vuole in tutti i continenti. Le guerre di un tempo si ripetevano nei luoghi cruciali dei confini, montagne o fiumi deputati a ospitare le grandi stragi. Adesso la rocca di Gibilterra è praticamente abbandonata e gli americani sono partiti armi e bagagli dalla Maddalena per le nuove basi in Turchia più vicine all'epicentro bellico.

E le bandiere? Le patrie? Le fanfare? I nastrini delle medaglie e delle guerre? Resistono come i colbacchi e le penne e i picchetti d'onore, perché quanto più la guerra è impossibile tanto più tutti si preparano a farla. L'Inghilterra ha appena costruito una nuova potentissima flotta, la Russia vuol tornare minacciosa come ai tempi di Stalin. Persino i tedeschi hanno rimandato nel mar del Libano le loro navi da guerra e i cinesi tengono pronto un esercito di un milione e mezzo di uomini. La guerra infinita piace a tutti, non c'è piccolo paese che non spenda buona parte delle sue risorse nel commercio delle armi. Prosit.
(19 ottobre 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #14 inserito:: Ottobre 29, 2007, 06:45:23 pm »

L'ANTITALIANO

Il ritorno degli antifascisti
di Giorgio Bocca


I tre milioni e mezzo che hanno votato alle primarie del Pd sono la nostra assicurazione sulla vita e sulla libertà  I tre milioni e mezzo di voti per la nascita del partito democratico sono, sostanzialmente, l'antifascismo che gli italiani, almeno la metà degli italiani, hanno conosciuto negli anni della sconfitta e della vergogna e poi della reazione partigiana. Un antifascismo che esce fisicamente integro dagli anni della mediocrità civile, dell'edonismo grossolano, dell'affarismo senza principi.

Voglio dire che negli italiani che abbiamo visto fare la coda davanti ai seggi elettorali abbiamo visto ritornare l'Italia delle persone oneste, per bene, che sanno leggere e scrivere, che conoscono la buona educazione che vogliono vivere in un paese civile.

Questa Italia antifascista è tornata con i suoi tre milioni e mezzo di voti per una ragione semplice: perché il ritorno del fascismo è un pericolo reale, perché appena gratti il perbenismo borghese di Alleanza nazionale ritrovi i labari della X Mas, i ceffi delle brigate nere, le bandiere con le croci celtiche, i picchiatori di borgata, le signore della fiamma tricolore che vanno in giro con la rivoltella nella borsetta.

I tre milioni e mezzo di voti per il Partito democratico sono l'Italia che ha detto no alla prepotenza di una destra sovversiva che appena perse le elezioni ha ricominciato a chiedere ossessivamente di tornare al governo. Ogni santo giorno tutti i fogli di questa destra, la maggior parte della stampa nazionale compresa quella confindustriale, a dire: Prodi vattene, sinistra radicale scompari, Visco in galera, Tremonti alle finanze, torniamo subito, per cominciare, a un bel governo di coalizione. Con distribuzione di privilegi e di indulgenze alla razza padrona di cui si parla in 'Capitalismo di rapina', l'inchiesta di Biondani, Gerevini e Malagutti che racconta come un gruppo di avventurieri dell'economia abbia saccheggiato il Paese, violato tutte le leggi, derubato i risparmiatori, guadagnato cifre stratosferiche senza che nessuno abbia voluto vedere, capire ciò che stava accadendo.

Dieci anni di affari favolosi per l'Italia peggiore, furba e ladrona: l'Italia dei conti truccati, dei politici corrotti, dei buchi nei bilanci aziendali, delle ruberie personali. Bastava guardare i conti, ma nessuno lo ha fatto.

È questa Italia del privilegio e del malaffare che nei mesi scorsi ha chiesto con arroganza, con prepotenza, di tornare nei palazzi del potere a cui i tre milioni e mezzo di antifascisti si sono opposti. L'offensiva di questa destra alla quale hanno partecipato anche i liberal più altezzosi e supponenti non ha dato tregua.

Usciva un libro in cui si diffamava la Resistenza? Pagine intere di presentazioni di lodi, di recensioni, di giudizi favorevoli da parte di storici e di sociologi. Con la solita giustificazione: è una revisione storica, un fatto di cultura, bisogna parlarne. E poi le televisioni, anche quelle di Stato, presidiate da avanzi di fascismo, grandi giornali affidati a direttori di sicura simpatia nera.

Ma non se ne accorgevano i padroni dell'informazione? Ma sì che se ne accorgevano, ma l'ordine era quello di portar acqua al mulino della destra. E chi lo ha dato quell'ordine? Lo ha dato un affarismo che apprezza il caos, che monetizza la corruzione.

I tre milioni e mezzo che hanno votato per il Partito democratico sono la nostra assicurazione sulla vita e sulla libertà. Ci difendono dalla pigrizia e dalla rassegnazione, dalla cattiva tentazione dell'antipolitica. Ma sì, lasciamoli fare, lasciamoli dire che intanto noi e i nostri figli resteremo onesti e virtuosi. No, nel marcio finiamo di essere tutti eguali, tutti sporchi, tutti disposti a cedere, a lasciar fare.

(29 ottobre 2007)
da espresso.repubblica.it
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