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Autore Discussione: LIANA MILELLA  (Letto 75191 volte)
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« Risposta #45 inserito:: Agosto 11, 2011, 05:44:03 pm »

8
ago
2011

Il fiuto di Nitto

Liana MILELLA

Sicuramente ce ne vorrà, il ministro Guardasigilli Francesco Nitto Palma, per aver contribuito, con altri, a rovinargli la vacanza in Polinesia. Ha rinunciato. E fa sapere che è al lavoro in ufficio. Dov’è giusto che stia in ore come queste, per il Paese, per i giudici, per i carcerati. Aveva detto al Corriere della Sera, ci pare improvvidamente, che non essendo né il ministro dell’Economia, né quello dell’Interno non vedeva la necessità di una sua permanenza a Roma. Forse, per aver fatto un’affermazione del genere, vuol dire che non è ancora entrato pienamente nel ruolo. E nei doveri che detto ruolo comporta. Soprattutto quello di dare un esempio, il buon esempio. E’ una questione di immagine la sua: un ministro della Giustizia fresco di nomina deve stare al suo posto, pronto ad affrontare tempestivamente qualsiasi grana si presenti. Salvo non voler confermare quella fama che Palma si porta dietro, dai tempi della procura, e di recente del ministero. Di uno, diciamo così, che non si uccide per, e con, il lavoro.

Ha fatto bene a darci retta, signor ministro. Pensi in che disastro sarebbe incorso se, lei assente al sole della Polinesia, si fosse verificata qui in Italia anche una semplice evasione dal carcere. Lei sarebbe finito nel tritacarne. Dovrebbe ringraziare noi, e gli altri, per averle evitato una figuraccia.

E poi, diciamo la verità. Berlusconi l’ha messa lì, in via Arenula, per preparare la strategia d’autunno contro le odiate toghe. Quindi deve studiare e lavorarci sopra. Ma questo, per il vero, avrebbe potuto farlo anche con la pancia all’aria su un’isola  in mezzo all’Oceano. Ma c’è un’altra questione. Attiene all’immagine istituzionale. Proprio così, al senso che si ha, o non si ha, delle istituzioni. Quel senso esige che un Guardasigilli di fresca nomina entra al ministero, divora i problemi, studia la mappa dei collaboratori.

E poi aggiungiamo un’altra verità, che potrà pur suonare pregna di una venatura populista. In tempi di grave crisi, in cui tutto può crollare da un momento all’altro, sarebbe di grande esempio se non solo lei, ma l’intero governo restasse al suo posto. A presidiare palazzo Chigi. Anziché scaricare tutto addosso al solito Gianni Letta. Sarebbe un bel segnale se fossero sospese tutte le vacanze. Se il consiglio dei ministri continuasse a riunirsi per monitorare la situazione.Almeno la gente che vi continua a votare si sentirebbe più tranquilla. (Loro sì, noi no comunque).

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2011/08/08/il-fiuto-di-nitto/?ref=HRER1-1
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« Risposta #46 inserito:: Agosto 16, 2011, 04:01:28 pm »

15
ago
2011

Liana MILELLA


Intercettazioni, lo scoop di Nitto

Adesso che l’happening di Ferragosto sul carcere è finito, sappiamo qual è la notizia che arriva da via Arenula e dal neo Guardasigilli Francesco Nitto Palma. Purtroppo non riguarda il carcere. E non rappresenta neppure una novità. Tutto vecchio, anzi vecchissimo. Nella scia del suo predecessore Angelino Alfano. La “sorpresa” è che Nitto vuole tirare i cordoni della borsa sulle intercettazioni. Mavalà…per dirla alla Ghedini. Proprio sulle intercettazioni dobbiamo risparmiare? Quelle che, ancora in queste settimane, stanno svelando come la corruzione si annida tra i partiti e il patto scellerato politica-affari è ancora così stretto?
Eh sì, è lì che bisogna centellinare l’euro. Nitto cita uno studio di Alfano in base al quale risulta che si potrebbe scendere, nella spesa per gli ascolti, da 300-400mila a 120mila. Lui assicura anche che il potere di investigare resterebbe intatto.Sappiamo bene che ciò è impossibile. L’obiettivo delle ricerche commissionate dall’attuale segretario del Pdl, e quello della sua legge, che a fine settembre sarà in aula alla Camera e sarà votata, è di ridurre drasticamente il potere dei pm di chiedere ascolti. A quel punto, è evidente, un risparmio ci sarà perché non ci sarà più neppure la possibilità di registrare le telefonate. Addio inchiesta P4, visto che il pm dovrà estenuarsi nella richiesta di continue proroghe, di 15 in 15 giorni. Che, merita ricordarlo, non saranno più esaminate dal singolo gip, ma da un tribunale collegiale. E se la procura è situata in un piccolo centro, esse dovranno “viaggiare” verso il capoluogo del distretto. Provate a immaginare quanto tempo si perderà mentre l’intercettato continua a delinquere.
Beh, certo, se l’obiettivo di Nitto è far calare la popolazione carceraria, anche la mannaia sulle intercettazioni può tornare utile. Meno ascolti, meno reati scoperti, meno richieste di custodia cautelare, meno carcere. Ci viene il dubbio che non fosse questo l’obiettivo di Napolitano quando ha chiesto un impegno serio del Parlamento sul sovraffollamento dei penitenziari. Nitto non è favorevole all’amnistia (salvo lasciare spiragli qualora, vedi caso, Berlusconi decida che l’amnistia gli piace). Marco Pannella e i Radicali si battono solo per quella. Nitto contro propone una nuova svuota-carceri, che metta ai domiciliari coloro che devono scontare ancora due anni di pena. Un tampone, l’ennesimo, reso necessario dalla politica securitaria di questo governo e della Lega. Contro gli immigrati, soprattutto, i più deboli, i più indifesi, che certo non hanno un Ghedini che li difende. Accetterà il Carroccio, con l’aria di elezioni che soffia, di votare una nuova svuota carceri? Il dubbio è lecito. Ma stia tranquillo Napolitano. E Pure Pannella. Tagliate le intercettazioni, di certo, in galera ci andrà meno gente. Soprattutto della casta.

DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/2011/08/15/intercettaziini-lo-scoop-di-nitto/?ref=HREA-1
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« Risposta #47 inserito:: Settembre 13, 2011, 04:56:48 pm »

13
set
2011

Liana MILELLA

Quello che non doveva accadere

Non ci si doveva arrivare. E invece ci si è arrivati. A pronunciare la parola “accompagnamento coatto”. Ovviamente del premier Silvio Berlusconi all’interrogatorio con i magistrati di Napoli che indagano sull’estorsione di cui lui sarebbe vittima. L’abbiamo scritto. Il comportamento del presidente del Consiglio dovrebbe essere di esempio per tutti gli altri cittadini. Egli, se chiamato dai giudici, dovrebbe precipitarsi da loro.   Addirittura prevenirne i passi. Di certo non sottrarsi. Invece è proprio questo che è avvenuto e sta avvenendo. Il Cavaliere scappa in Europa, dopo aver sollecitato un incontro che poteva essere tenuto in qualsiasi altro momento, si rifugia dietro un memoriale scritto dai suoi avvocati, evita domande potenzialmente imbarazzanti. Alla fine costringe i magistrati della procura di Napoli a fare la “voce grossa”, a offrirgli altre quattro date, domenica compresa, e poi a parlare, qualora Silvio si nasconda ancora, di un possibile “accompagnamento coatto”. Senza volerlo, o meglio costretti da lui, quei pm  stanno facendo il gioco di Berlusconi, il quale potrà ancora giocare la parte della vittima di fronte agli italiani. Lui contro le toghe che lo perseguitano, nonostante sia la vittima di un’estorsione. Ma proprio sta qui il punto: perché il premier ha versato all’imprenditore barese Tarantini, quello che portava le escort a palazzo Grazioli e a villa Certosa, quasi un milione di euro? Non ci racconti che aiutava una famiglia in difficoltà, perché è una tesi non sostenibile, né credibile. Ma soprattutto: si sieda davanti ai giudici e si faccia fare tutte le domande che essi ritengono necessarie. Se non altro per risparmiare tempo, quello che adesso sta perdendo e che invece dovrebbe spendere concentrandosi sulla disastrosa situazione economica dell’Italia.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2011/09/13/quello-che-non-doveva-accadere/?ref=HREA-1
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« Risposta #48 inserito:: Ottobre 12, 2011, 12:07:33 pm »

10
ott
2011

La brutta fine di Nitto

Liana MILELLA

Ci sono tanti modi per finire una carriera. Nitto Palma, il Guardasigilli, ha scelto la peggiore. Lui, magistrato appena uscito dalla carriera per fare il ministro, va contro i suoi ex colleghi magistrati. Lo fa per ordine del suo padrone, il Cavaliere. Ispettori inviati nelle città dove ci sono le inchieste sul Cavaliere. Dove si valuta e si soppresa il suo destino giudiziario. Quegli ispettori a Bari e a Napoli rappresentano un’ingerenza oltre ogni confine e oltre ogni misura. Sono il segno che si è perso il senso delle istituzioni,  la conferma che, con Berlusconi al potere, la sfera del potere esecutivo vuole avere la meglio sull’ordine giudiziario, pregiudicandolo del tutto. Con ogni mezzo. L’allarme non può che essere grande e profondo.

DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/?ref=HREC1-5
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« Risposta #49 inserito:: Ottobre 13, 2011, 12:07:38 pm »

Il caso

Un vertice sulle intercettazioni

Berlusconi vuol riaprire la partita

Incontro tra alcuni big del Pdl per riprendere in mano il ddl. Possibile anche l'utilizzo della fiducia per far passare le norme.
Berlusconi: "Se andiamo alle elezioni voglio stare tranquillo".

Ieri terzo sit in al Pantheon. "La frenata merito della protesta, ma non ci fidiamo"

di LIANA MILELLA

ROMA - In piazza del Pantheon si plaude allo stop sulle intercettazioni. Grida Di Pietro: "Legge da mafia fascista". Fammoni della Cgil: "Senza rinvio avremmo annunciato una grande manifestazione per coinvolgere cento città e mille blog". Natale della Fnsi: "Ha contato quel 57% di italiani del referendum".

Giulietti di Articolo 21: "Ci riproveranno, non fidatevi". Profezia che si avvera di lì a pochissimo. La riunione a Palazzo Chigi tra Letta, Palma, Ghedini, Cicchitto, Costa, Paniz, Contento - che doveva tenersi 48 ore fa ed era stata cancellata dal programma dopo la débacle in aula - torna all'improvviso d'attualità. Prima la convocano per martedì prossimo. Poi l'anticipano a oggi. È il segno che Berlusconi non ha affatto deciso di mollare sulle intercettazioni. Anzi vuole andare avanti se supera l'ostacolo della fiducia alla Camera.

È una sorpresa, ovviamente. In piazza non lo sanno ancora, anche se tutti si lasciano con il reciproco invito alla "costante vigilanza". E ce n'è ben d'onde. Perché, a quanto riferiscono buone fonti del Pdl, il Cavaliere, ancora l'altra sera nel summit post sconfitta, ha detto ai suoi: "Le intercettazioni devono essere il primo provvedimento che approviamo. Con la fiducia se serve. Soprattutto se andiamo subito alle elezioni voglio stare tranquillo e non voglio paginate di conversazioni sui giornali. Ho bisogno di impostare una campagna mediatica che non deve essere disturbata dalle procure".

Questo spiega la grande accuratezza con cui il relatore Enrico Costa ha continuato a lavorare sulle ultime modifiche. Un lungo confronto con il collega Manlio Contento. Telefonate con il Guardasigilli Nitto Palma e con Niccolò Ghedini. Emendamenti pronti. Che, sostiene Costa, "non potranno che mettere in difficoltà l'Udc, perché voglio proprio vedere come potranno bocciare l'ipotesi di un'udienza-filtro che è migliore di quella della Bongiorno. O ancora l'autorizzazione alle proroghe da parte di un solo giudice che proprio loro hanno proposto. O il fatto che il carcere per i giornalisti diventa oblabile".

E ancora la previsione di Costa sui voti segreti: "Sono certo che sulle intercettazioni prenderemo molti voti in più dei nostri". Il suo ottimismo è contemperato da chi, come il capogruppo Fabrizio Cicchitto, insiste per evitare una conta pericolosa sulle intercettazioni. Una rinuncia per evitare un braccio di ferro che andrebbe a discapito della prescrizione breve.

(13 ottobre 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2011/10/13/news/ddl_intercettazioni-23137857/
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« Risposta #50 inserito:: Novembre 06, 2011, 11:54:40 pm »

5
nov
2011

Liana MILELLA

Fine delle leggi ad personam

Se  un volpone politico come Verdini consiglia a Berlusconi di mollare, allora vuol dire che la stagione del berlusconismo rampante è proprio finita. E se così è, questa è una grande notizia anche per le toghe, e per tutti i partigiani delle toghe. Quelle “buone”, ovviamente, quelle che lavorano, e ce ne sonio tante. E’ una buona notizia perché vuol dire che sta per andare definitivamente in archivio anche la stagione delle leggi ad personam. Anche le ultime rimaste in piedi, le intercettazioni, la prescrizione breve, il processo lungo, tutte e tre in agguato per aggiudicarsi uno spazio parlamentare.  Anche se al posto di Berlusconi a palazzo Chigi andasse Letta, e l’ipotesi non pare sufficientemente corroborata, e si ampliasse il governo all’Udc, comunque gli spazi politici per votare leggi che riguardabno gli affari giudiziari del premier non ci sarebbero più.

Dunque è finita. Niente bavaglio sulle intercettazioni. Magistrati e poliziotti potranno continuare a mettere sotto controllo, per tutto il tempo che serve, i telefoni di persone che potenzialialmente delinquono. Noi giornalisti potremo continuare a pubblicare le conversazioni, come abbiamo fatto noi di Repubblica con i nastri di Lavitola fornendo un incredibile spaccato dei costumi morali e politici dei berluscones. Niente censure, la cronaca giudiziaria continuerà a vivere.

Andrà avanti il processo Mills. Probabilmente fino alla sentenza di primo grado. Non lo colpirà quella prescrizione anticipata che Berlusconi perseguiva con la norma che avrebbe concesso uno sconto a chi era incensurato. Norma catastrofica, e che avrebbe fatto infuriare la nostra signora Maria, uno delle più assidue e severe commentatrici di questo blog, perché avrebbe negato giustizia, magari per una manciata di mesi, a tanti cittadini, oltre al Cavaliere.

Andranno avanti regolarmente anche gli altri processi di Berlusconi. Non sarà approvato il processo lungo, mix micidiale di due norme – divieto di usare le sentenze definitive e giudici obbligati ad accettare le liste testi degli avvocati – che avrebbe enormemente favorito il premier e garantito ai suoi due avvocati, Ghedini e Longo, di scatenarsi in aula. Niente da fare. Tutto in archivio.

Una data importante, da cerchiare in rosso sul calendario. Un de profundis per una brutta stagione, in cui ha brillato il coraggio di chi si è opposto a viso aperto alle richieste del presidente del Consiglio. Un caso esemplare è quello di Giulia Bongiorno, avvocato, finiana, presidente bipartisan della commissione Giustizia, che sulle intercettazioni gli ha letteralmente “dato il tormento” e ha fermato la legge. C’è da augurarsi che in futuro si torni a parlare dei problemi della giustizia, quelli veri.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/?ref=HREA-1
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« Risposta #51 inserito:: Novembre 12, 2011, 12:15:16 pm »

LA SQUADRA

Economia, Monti pensa all'interim e per il Welfare spunta Dell'Aringa

Il ministro della Giustizia scelto tra gli ex della Consulta. Ancora da definire le caselle di Interno e vicepresidenza.

I "politici" Letta e Amato più lontani. Emma Bonino potrebbe entrare nell'esecutivo

di LIANA MILELLA


ROMA - Il vento dei tecnici spazza via i politici. E marginalizza e tiene lontano dal nuovo governo le risse intestine tra le correnti del Pdl. Nessuna riconferma, via pure Frattini dagli Esteri, ma aria nuova, personaggi di alto livello dell'economia (Bini Smaghi, Dell'Aringa), delle istituzioni (De Siervo e Mirabelli), delle gerarchie militari (Mosca Moschini). A questo puntano Napolitano e Monti, un esecutivo inappuntabile, che ricostruisca l'immagine dell'Italia e la "venda" al meglio sullo scenario europeo e internazionale. Questa è la logica. Questo porta in primo piano una manciata di nomi del tutto sottratti alle alchimie dei partiti - Pdl, Pd, Terzo polo - che pure in Parlamento reggeranno le sorti numeriche del nuovo governo.

Un flash per chi esce definitivamente di scena. Di Franco Frattini alla Farnesina s'è detto, al suo posto si ipotizza di mettere l'attuale segretario generale Giampiero Massolo. "Scatoloni pronti", come lui stesso annuncia, per Nitto Palma in via Arenula. Per la poltrona finita nel tritacarne delle leggi ad personam per responsabilità del Cavaliere, si lavora a una figura nettamente al di sopra di ogni sospetto. La soluzione caldeggiata è quella di un presidente della Corte costituzionale. Un nome gettonato è quello di Ugo De Siervo, che ha lasciato il palazzo antistante il Quirinale solo da pochi mesi. In alternativa c'è chi ipotizza un incarico per Cesare Mirabelli, ex della Consulta e anche del Csm. Crollano le chance anche per Raffaele Fitto, oggi agli
Affari regionali, o per la new entry Maurizio Lupi, oggi numero due della Camera. In casa Pdl si tira quasi un sospiro di sollievo perché solo l'assenza di nomine garantisce uno stop alle faide incrociate e mette fine a uno scontro che rischia di mandare in pezzi tutto il partito.

E passiamo alle novità assolute, a quelle in parte già circolate ma che si stabilizzano, al difficile nodo dell'economia che vede il lizza più di un nome di prestigio. È una sorpresa quello di Antonio Catricalà, oggi presidente dell'Antitrust, come candidato alle Attività produttive. È inedita la soluzione, per il ministero della Difesa, di Rolando Mosca Moschini, oggi consigliere militare di Napolitano, ma anche ex comandante generale della Guardia di Finanza e soprattutto componente, per l'Italia, del comando militare dell'Unione europea. Nuova carta anche per il ministero del Welfare, dove perde peso la candidatura dell'attuale segretario della Cisl Raffaele Bonanni, per lasciare spazio a Carlo Dell'Aringa, noto economista della Cattolica. Si consolida il nome dell'oncologo Umberto Veronesi per la salute.
Al Quirinale, per la Giornata per la ricerca sul cancro, a chi lo ha avvicinato e gli ha chiesto conferma dei pronostici, lui ha risposto così: "Non vedo, non sento, non parlo. Sono come la famosa scimmietta". Nessuna indiscrezione anche dalla radicale Emma Bonino che pure al Senato ha incontrato e salutato affettuosamente Monti. Potrebbe essere suo il ministero delle Politiche comunitarie visto che in Europa, giusto ai tempi di Monti, come commissaria aveva quell'incarico.
E siamo al dicastero di via XX settembre, quello di più difficile attribuzione. Per il secondo giorno consecutivo non viene smentito che il futuro premier Monti potrebbe tenere per sé l'interim. Per legare qualsiasi decisione, anche impopolare, al prestigio del suo nome. In alternativa c'è la carta di Lorenzo Bini Smaghi, reduce dalla rinuncia al board della Bce, quella di Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, e quella di Corrado Passera, amministratore delegato di Bancaintesa.

Restano in alto mare i nodi di più difficile soluzione, la vice presidenza e la poltrona di ministro dell'Interno. E qui si giocano le ultime carte di Gianni Letta, che però paiono ormai in scadenza, e di Giuliano Amato. Ma c'è chi, con una forte percentuale, li dà entrambi ormai fuori.

(12 novembre 2011) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2011/11/12/news/totoministri_milella-24882012/
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« Risposta #52 inserito:: Novembre 19, 2011, 11:18:05 am »

16
nov
2011

Liana MILELLA

Cinque punti per la Severino

Benvenuta ministro Severino. Con lei contiamo stia già entrando aria nuova in via Arenula. Aria femminile innanzitutto. E aria aliena dalle leggi ad personam e da commistioni e interessi di qualsiasi tipo.

Non abbiamo dubbi che lei, avvocato, vorrà tenere a freno i suoi colleghi avvocati. Scesi in sciopero giusto in queste ore, senza una controparte, per una lunga settimana (non un solo giorno, come rarissimamente fanno le toghe), lanciando offese a destra e a manca, incuranti del dramma che sta vivendo il Paese. Lei li richiamerà all’ordine e al senso di responsabilità?

Non abbiamo dubbi che rifletterà sulle ispezioni in corso a Napoli e a Bari, promosse dal suo predecessore Nitto Palma, nelle città dove sono in corso indagini sull’ex premier Berlusconi. Lei le cancellerà?

Non abbiamo dubbi che metterà mano allo staff dell’intero ministero. Con un intervento che s’impone come prioritario. Sostituire il capo degli ispettori  Arcibaldo Miller che, come ha dimostrato il Csm in un’archiviazione che suona come una condanna, non garantisce la trasparente indipendenza necessaria per un simile incarico.Lei lo manderà via e ne prenderà un altro?

Non abbiamo dubbi che si prenderà subito in carico, con i fatti e non con le semplici dichiarazioni, la questione delle carceri, dove i morti per suicidio sono arrivati a quota 58.  Dove si vive pressati come sardine. Dove il recupero è ormai una beffa. Lei lavorerà per renderle più vivibili?

Non abbiamo dubbi che comincerà subito a stilare l’elenco delle leggi ad personam sulla giustizia che, da subito, possono essere cancellate. Partendo innanzitutto dal ritirare gli ultimi progetti, tuttora cari a Berlusconi, come le intercettazioni, la prescrizione breve, il processo lungo, che giacciono in Parlamento. Pronti in agguato  per essere rimessi in pista. Lei, ci dia retta, li butti definitivamente nel cestino.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/?ref=HRER1-1
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« Risposta #53 inserito:: Dicembre 28, 2011, 05:52:12 pm »

 
L'INTERVISTA

"La corruzione dilaga cambiamo subito le leggi"

Giampaolino, presidente della Corte dei Conti ritiene necessario "rinforzare" il falso in bilancio. "Non servono interventi episodici, soltanto repressivi, la lotta deve essere sistemica"

di LIANA MILELLA


ROMA - L'Italia, nella lotta alla corruzione, che "inquina e distrugge il mercato, non arriva alla sufficienza". È drastico il giudizio di Luigi Giampaolino, dal luglio 2010 presidente della Corte dei conti. Che non vede, innanzitutto, "un vero, reale, profondo, sostanziale rivolgimento morale" rispetto alla "mala amministrazione".

La sua esperienza al vertice della Corte, ma prima ancora all'Authority dei Lavori pubblici, la rende un testimone prezioso sul fronte della corruzione. Se oggi dovesse dare un voto all'Italia sulla lotta al fenomeno quanto le darebbe?
"Meno della sufficienza, perché si è proseguito sostanzialmente con un'azione, peraltro episodica, soltanto repressiva. La lotta alla corruzione dev'essere invece di sistema. Essa deve iniziare dalla selezione qualitativa e di merito degli operatori, sia pubblici che privati. Proseguire con il controllo e la vigilanza sul loro operato. Concludersi valutando i risultati. Tutto ciò che fuoriesce da questo schema genera mal'amministrazione e corruzione: anzi, è esso stesso mal'amministrazione e corruzione".

In questi anni cos'è successo? La corruzione è aumentata, è diminuita, è rimasta stabile?
"É una domanda alla quale non si può rispondere, con apprezzabile precisione in via quantitativa. L'impressione è che sia rimasta stabile, soprattutto perché non si avverte un reale, profondo, sostanziale rivolgimento morale; l'onestà,
in ogni rapporto anche privato; la valenza del merito; l'etica pubblica; il rispetto del denaro pubblico e di tutte le risorse pubbliche, che sono i beni coattivamente sottratti ai privati e dei quali si deve dar conto".

Ha avvertito nella pubblica amministrazione e nelle imprese da una parte, nei governi dall'altra, un cambio di sensibilità?
"La pubblica amministrazione, anche a seguito della crisi economica, sembra che miri ad avere maggiore consapevolezza della situazione di privilegio in cui talvolta si trova. Quanto alle sue funzioni, ancora non si è realizzata una più rigorosa selezione nella provvista e la garanzia di vagliate e consolidate professionalità, che sono tra i primi antidoti contro la corruzione nei pubblici apparati. Le imprese sembrano avere maggiore consapevolezza della portata disastrosa della corruzione per l'economia in generale, e di conseguenza per esse stesse. Non va dimenticato che la corruzione fa prevalere quelle peggiori, inquina la concorrenza, peggiora, se non distrugge, il mercato".

Gli articoli che puniscono corruzione e concussione, ma anche il falso in bilancio e i reati connessi, sono adeguati o andrebbero rivisitati?
"Andrebbero rivisitati, avendo a parametri non tanto il bene e il prestigio della pubblica amministrazione, ma i valori costituzionali, in particolare gli articoli 97 (buona amministrazione, ndr.) e 41 (libertà d'impresa, ndr.). Indicazioni giunte, per la verità, dalla stessa dottrina penalistica fin dagli anni '70, ma rimaste per buona parte inattuate nella riforma dei reati della pubblica amministrazione. In particolare, la fattispecie del falso in bilancio andrebbe ripristinata in tutta la sua portata di tutela di beni fondamentali dell'economia e di sanzioni di comportamenti che ledono".

Dall'Europa viene spesso la raccomandazione a modificare la prescrizione, i cui termini sono troppo stretti per perseguire reati complessi e "nascosti" come la corruzione. Lo trova un allarme necessario?
"É senza dubbio giusto".

La Ue e l'Onu hanno approvato convenzioni internazionali che l'Italia tarda a ratificare. Se ne può fare a meno?
"É un grave errore, soprattutto perché da lì arrivano modelli vincenti di lotta alla corruzione. Non misure solo repressive, ma accorgimenti organizzativi delle strutture pubbliche e delle imprese private, come nel caso del decreto legislativo 231 del 2007 sulla responsabilità amministrativa delle imprese, emanato proprio per attuare una convenzione internazionale. Ma è soprattutto con i rimedi organizzativi interni alla pubblica amministrazione che occorre agire. Ciò che, per la verità, già in parte persegue il disegno di legge sull'anticorruzione, ora in discussione alla Camera".

Non trova anomalo che quel ddl, dopo due anni, non sia stato ancora approvato?
"Senza dubbio è un ritardo da lamentare e in più di un'occasione, nelle mie audizioni in Parlamento, me ne sono lamentato".

Il contenuto della legge è sufficiente?
"Non lo ritengo tale nell'ultima versione frutto dei lavori in commissione. Occorre una rigenerazione fondata sul merito e sulla professionalità delle pubbliche amministrazioni. Serve un'effettiva, indefettibile, concorrenza, nel mercato. Ci vogliono una generale trasparenza, un'estesa dotazione di banche dati, una seria vigilanza ed efficaci controlli".

Il neo ministro della Giustizia Paola Severino propone di introdurre la corruzione tra privati all'interno dell'impresa. Utile o superfluo, visto che le leggi già esistenti vengono aggirate?
"Sono d'accordo col Guardasigilli, dal momento che le imprese devono essere chiamate, con le loro responsabilità, a ovviare ai grandi fenomeni corruttivi".

Che ne pensa dell'Authority anticorruzione proposta da Francesco Greco?
"Dovrebbe essere oggetto di attenta meditazione. Le Autorità, per essere efficaci, hanno bisogno di una riflessione ordinamentale e di efficaci poteri d'intervento e di sanzioni. La corruzione è un male che pervade tutto il sistema e quindi, solo con il concorso di tutte le Istituzioni, può essere combattuta".

Fu negativo abolire l'Alto commissariato? Serviva, o era solo un carrozzone?
"Vorrei astenermi dall'esprimere un giudizio sulla sua utilità. C'è, innanzitutto, la pubblica amministrazione che deve essere richiamata ai suoi alti compiti e alla sua vera essenza. C'è la Corte dei conti, nella sua struttura centrale e in quella ramificata in ogni Regione, che deve essere modernizzata e potenziata. C'è il giudice penale, con le sue estreme sanzioni che avrebbero bisogno, però, di un processo che le rendesse realmente efficaci".

Un ultimo quesito. L'Italia affronta un drastica manovra economica. Era necessario inserirci un duro capitolo sull'evasione fiscale?
"La manovra, in tutte e tre le scansioni succedutesi quest'anno, è molto fondata sulle entrate e su un rilevante aumento della pressione fiscale. La lotta all'evasione rientra in una tale strategia, anche se non va dimenticato che quanto più viene elevata la pressione fiscale, tanto più vi è pericolo d'evasione. É necessario pertanto spostare l'attenzione anche su altri fattori della struttura economica. Il problema strutturale rimane quello della spesa pubblica e di una riduzione qualitativa della stessa. Una "dura" lotta all'evasione fiscale presuppone sempre, come contro partita, una severa attenzione su come si spendono i soldi pubblici e la certezza che vi sia un'eguale osservanza di tutti gli altri obblighi costituzionali che contornano, se non addirittura sono il presupposto, di quello previsto dall'articolo 53 della Costituzione, l'obbligo per tutti di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva".

(27 dicembre 2011) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2011/12/27/news/corruzione_giampaolino-27247218/
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« Risposta #54 inserito:: Gennaio 18, 2012, 12:21:01 pm »

Laudati, Anm tardiva ma giusta

17
gen
2012

Liana MILELLA

Severino, che peccato…

Dice lei, alla Camera: “E’ un segnale importante”. Si riferisce, il Guardasigilli Paola Severino, al fatto che i componenti del governo – Pdl, Pd, Terzo polo – hanno deciso di sottoscrivere la sua relazione di quasi 30 pagine sullo stato della giustizia in Italia. Solo un “visto, si approvi”. Nulla di più. Nemmeno due righe. Neppure un commento. Senza entrare nel merito.

Né avrebbero potuto. Nonostante la Severino, ben conscia di manovrare materia incandescente, abbia fatto di tutto per non sollevare la minima opposizione. Non quella del Pdl, ché nel testo non c’è una sola riga sulle leggi ad personam e sugli effetti catastrofici che esse hanno avuto. Basta sentire quanto affermano, a distanza di un chilometro in linea d’aria, al residence di Ripetta, magistrati del calibro di Piero Grasso, Piercamillo Davigo, Francesco Greco, Giuseppe Pignatone. Protagonisti di una grande stagione di indagini sulla mafia e sulla corruzione. L’Anm di Luca Palamara li ha riuniti per discutere della corruzione, annessi e connessi, e loro parlano chiarto, niente “politichese”, dicono che la situazione di oggi è frutto di leggi sbagliate, come la sostanziale cancellazione del falso in bilancio e la prescrizione abbassata in versione Cirielli. Si augurano, loro, che si volti pagina, che si torni all’antico, che si diano “ai magistrati gli strumenti per indagare”.

Ma nella relazione della Severino non c’è nulla di tutto ciò. Né potrebbe esserci, in una stagione politica dove comanda ancora il Pdl che proprio quelle leggi ammazza giustizia ha voluto per salvare il suo capo. Tant’è che tra una manciata di giorni, per effetto proprio della Cirielli, si prescrive il processo Mills. All’opposto, c’è addirittura la beffa che, per evitare di dividersi e di spaccare la maggioranza, ci si limita a quel “visto, si approvi”. Perché a voler scrivere una documento, anche breve, ecco che il Pdl chiederebbe di infilarci dentro le intercettazioni, e pure il processo breve e quello lungo. All’opposto, il Pd si vedrebbe costretto a chiedere che non solo non si parli di intercettazioni, ma come ha detto Donatella Ferranti in aula, che si dica che proprio per colpa di quelle leggi adesso “le carceri esplodono”.

Contraddizione nella contraddizione. L’unico applauso esplicito del Pdl per la Severino scroscia quando lei si proclama contro la carcerazione preventiva, cita i 28mila detenuti in attesa di giudizio. Batte le mani Alfonso Papa, che poi la critica per la soluzione delle celle di sicurezza in luogo del carcere. E non basta. Quando la Severino sembra quasi lì lì per dare un parere positivo sulla mozione dell’Idv, che fa l’elenco delle leggi ad personam, tocca al Pd legarle le mani.

Tutti insieme, davvero, solo nel dire no all’amnistia. Quella la vogliono solo i Radicali. Quanto al resto, solo un sì di facciata. Raccontano che l’ex Guardasigilli Angelino Alfano, nel leggere il testo del suo successore, abbia detto: “Parla come ho parlato io”. Soddisfatto che la Severino gli riconosca dei meriti nel calo di processi nel civile e nell’avvio della mediazione, anch’essa civile. Pubblicamente lo dice Enrico Costa. La loro soddisfazione è il tormento del Pd. Ma tant’è. Questa non è di sicuro la stagione delle grandi riforme della giustizia per cancellare le leggi e leggine di Berlusconi. Lo sanno tutti, anche Bersani.

Scritto martedì, 17 gennaio 2012 alle 17:56

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2012/01/17/severino-che-peccato/
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« Risposta #55 inserito:: Gennaio 28, 2012, 06:27:39 pm »

26
gen
2012


Prescrizione, ricatto Pdl

Liana MILELLA

Inutile girarci intorno. La prescrizione e i suoi tempi sono uno snodo fondamentale per la giustizia, ma anche per il governo. Ce la farà il Guardasigilli Paola Severino a sciogliersi dall’abbraccio mortale del Pdl? Questo è l’interrogativo che oggi circolava con insistenza in Cassazione dove, nel corso dell’apertura dell’anno giudiziario, s’è registrata un’importante convergenza tra il vice presidente del Csm Michele Vietti e il primo presidente della Suprema Corte Ernesto Lupo.

Stessa proposta sulla necessità di allungare i tempi della prescrizione, proprio come l’Europa ci ha chiesto più volte. A Repubblica, in un’intervista, lo ha dichiarato Vietti, ipotizzando, come avviene in molti paesi europei, che la prescrizione smetta di “correre” quando il giudice dà il via al processo. Lupo ha espressamente citato l’intervista di Vietti, ha ricordato le critiche della Ue, ha sollecitato un intervento rapido sulla prescrizione.

Oggi si prescrivono, in media, 169mila processi all’anno, tempo e fatica sprecati per le forze dell’ordine e per la magistratura, che indagano inutilmente. Tutti i magistrati, anche quelli più esperti come Davigo e Greco, dicono che, soprattutto per la corruzione, tempi così stretti valgono quanto un’immunità permanente.

Alla Camera sta per ripartire l’iter del ddl anti-corruzione. E’ ora che il governo dica da che parte sta. C’è un solo modo per farlo: presentare un emendamento a questo ddl per “sposare” la proposta Vietti e allineare l’Italia ai paesi più evoluti. Salvo che, nel governo, non sia il Pdl, che nel 2005 volle e varò la Cirielli che accorciava i tempi di prescrizione, a dettare sempre e solo legge.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2012/01/26/prescrizione-il-ricatto-del-pdl/
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« Risposta #56 inserito:: Febbraio 22, 2012, 11:49:42 am »

IL DOSSIER

Addio a tutti i reati più piccoli saranno archiviati senza processo

La Camera sta per modificare il codice di procedura penale per dire basta ai procedimenti contro i "mini crimini".

Così i "fatti di particolare tenuità" come microfurti, liti e ingiurie non saranno più perseguiti: ma la modifica non riguarderà recidivi e delitti gravi

di LIANA MILELLA


ROMA - Piccoli reati addio. Archiviati dal giudice senza arrivare al processo. Niente più primo, secondo, terzo grado. Un decreto per dire che non hanno né il peso né il valore per meritare ore di dibattimento. Proprio perché sono piccoli e occasionali reati. Perché hanno un valore economico modesto. Perché possono essere "perdonati". Alla Camera stanno per approvare un nuovo articolo del codice di procedura penale, il 530bis, il "proscioglimento per particolare tenuità del fatto". Il relatore, il pd Lanfranco Tenaglia, fa l'esempio del furto della mela: "Se la rubo in un supermercato è un furto, ma il danno per il proprietario è tenue. Ma se la rubo alla vecchietta che ne ha comprate tre, quel fatto non sarà tenue". La Lega lo ha già battezzato legge "svuota-processi" dopo quella svuota-carceri. Ribatte la pd Donatella Ferranti: "È un articolo rivoluzionario, una pietra miliare sulla via della depenalizzazione". Basta leggere il testo: "Il giudice pronuncia sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta, la sua occasionalità e l'esiguità delle sue conseguenze dannose o pericolose, il fatto è di particolare tenuità". Chi commette reati di frequente è fuori. Fuori rapine, omicidi, sequestri, violenze sessuali. Il giudice archivia e avvisa la parte offesa che può utilizzare il decreto per rivalersi in sede civile.

Furto al supermercato
Di un capo di biancheria, reggiseno, slip, maglietta intima. Forzando e sganciando la placchetta anti-taccheggio. Il ladro viene scoperto e fermato. Il suo, codice alla mano, è un furto aggravato con violenza sulle cose, a stare agli articoli 624 e 625 del codice penale la persona rischia da uno a sei anni. Ma il giudice prende in mano il caso, valuta innanzitutto l'esiguo valore dell'oggetto portato via, poi si documenta e soppesa la personalità e la storia del soggetto che ha commesso il furto. Scopre che si tratta della prima volta. Il suo non è un reato abituale. Decide di archiviare per la "tenuità del fatto".

Assegni trafugati
Un commerciante in difficoltà economiche e strozzato dagli usurai incassa un assegno di cento euro senza andare troppo per il sottile. Lo riutilizza pagando un fornitore. Purtroppo l'assegno arriva da un furto e il commerciante rischia, come ricettatore e in base all'articolo 648 del codice penale, da due a otto anni di reclusione. Ma se davanti al giudice riesce a dimostrare la sua buona fede, rivela le sue difficoltà, documenta che nella sua vita professionale non è mai incorso in un simile incidente, potrà evitare il processo e ottenere un'archiviazione.

I beni pubblici
Telefonate private di due dipendenti da un ministero di Roma. Nel quale è in corso un'inchiesta proprio per evitare questi abusi. Il primo chiama una volta New York perché suo figlio, che vive lì, è gravemente malato. Il secondo telefona ogni giorno, e a lungo, alla fidanzata che vive a Milano. Il codice, all'articolo 314, punisce il peculato dai tre ai dieci anni. La prima persona potrà fruire di un'archiviazione perché il suo è un "piccolo" reato, una sola chiamata e per ragioni gravi. Il secondo andrà incontro al suo processo perché abusa quotidianamente e di nascosto di un bene pubblico.

Lite di condominio
In un appartamento vive una coppia di coniugi. In quello accanto un gruppo di studenti che spesso invitano gli amici e si divertono fino a notte fonda. Un giorno, dopo l'ennesima nottata, scoppia una lite furibonda in cui volano parole grosse e si arriva alle mani. I vicini si allarmano e chiamano la polizia. Scatta una denuncia per minaccia e violenza privata contro i coniugi. Il 612 prevede il carcere fino a un anno e la procedibilità d'ufficio. Passa qualche giorno e i ragazzi chiedono scusa. Il fatto è isolato, occasionale, non ha precedenti. Il giudice archivia pure questo "piccolo" reato.

Armi dimenticate
Un fucile vecchio, ma funzionante, scoperto in soffitta dalla polizia durante un controllo. Ma il proprietario della casa dice di non saperne niente, poi si ricorda che quel fucile era di suo padre, che aveva un regolare porto d'armi e aveva fatto regolare denuncia. Alla sua morte il figlio non si è più ricordato del fucile chiuso in un baule. La sua è detenzione illegale d'armi punibile da uno a otto anni in base alla legge 895 del 1967 poi modificata da quella del 1974, la 497. Rischia l'arresto in flagranza. Ma se dimostrerà la buona fede e proverà d'aver davvero "dimenticato" il fucile lasciandolo inutilizzato, potrà ottenere un'archiviazione.

Guida in stato di ebbrezza
Un giovane manager va a cena a casa di amici che abitano poco lontano da lui. Tre isolati in tutto. Usa l'auto perché sa che rientrerà tardi. Durante la serata beve un paio di bicchieri di vino e un paio di whisky. Al ritorno, quando sta per arrivare sotto casa, viene fermato da una volante che lo sottopone alla prova del palloncino. Che risulta positiva. In base al codice della strada rischia il sequestro dell'auto, la revoca della patente, il processo. Ma se non ha infranto il codice della strada né provocato incidenti e se il fatto è isolato può usufruire dell'archiviazione.

La diffamazione
Il giornalista scrive un articolo su un personaggio pubblico riportando nel suo pezzo una citazione dal pezzo di un suo collega che contiene una ricostruzione, peraltro non smentita, ma giudicata falsa e diffamatoria solo quando essa viene riportata, per citazione, in questo articolo. L'articolo 595 del codice penale sulla diffamazione infligge una pena da sei mesi a tre anni. Ma se il giornalista può dimostrare che riteneva la fonte attendibile, che non aveva un intento persecutorio nei confronti del destinatario dell'articolo, che il suo curriculum professionale è immacolato, il giudice può archiviare la sua posizione.

Ingiuria aggravata
Due colleghi, di fronte ad altri dello stesso ufficio, litigano per il possesso di una scrivania. S'insultano malamente ("Sei un cornuto..." dice uno all'altro, "tua moglie è una grande p..." risponde l'altro), arrivano alle mani, parte un cazzotto che colpisce a un occhio uno dei due. È un caso classico di ingiuria aggravata, punita dal 594 del codice penale con una pena fino a un anno di carcere. Ma se, di fronte ad altri testimoni che possono provare l'autenticità del fatto, i due si riappacificano veramente, il giudice può valutare l'opportunità di un'archiviazione.

(22 febbraio 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/02/22/news/addio_piccoli_reati-30294883/?ref=HREC1-64
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« Risposta #57 inserito:: Febbraio 23, 2012, 11:37:50 am »

L'INTERVISTA

"Il guadagno non è un imbarazzo con le mie tasse si costruisce un ospedale"

Il ministro della Giustizia prima nella classifica dei redditi del governo parla del suo rapporto con il denaro. "La voglia di trasparenza dei cittadini è legittima. Era dunque necessario soddisfarla. La trasparenza però non si deve trasformare in gossip. Sognavo i soldi solo per viaggiare"

di LIANA MILELLA

ROMA - Il ministro più ricco, lei donna che batte tutti gli altri colleghi maschi, mangia trafelata. Avvocato da 7 milioni di euro, veste un tailleur blu con camicetta rosa. E sopra ci porta pure un "montiano" loden verde. Il cellulare è zeppo di sms, ma non riesce a rispondere ad alcuno. Le mail intasano la casella in via Arenula. Insulti? "No, non me ne sono arrivati". Il denaro per lei? "Penso che non sia tutto nella vita".

Faccia una confessione. Che cosa ha pensato quando ha saputo che avrebbe dovuto rendere pubblici i suoi beni e le sue dichiarazioni dei redditi?
"A dir la verità lo sapevo fin dall'inizio. Penso che ogni personaggio pubblico debba mettere in conto di poter perdere una parte della propria privacy per assicurare la massima trasparenza sul proprio comportamento".

Neppure per un attimo si è detta "ma chi me lo ha fatto fare"?
"È stata una scelta difficile. Ci ho pensato un giorno e una notte, ma alla fine ho accettato perché questo Paese mi ha dato tanto e quindi ho ritenuto, in un momento così critico, di dover restituire qualcosa".

Eppure, uno magari prova imbarazzo, o quantomeno pudore, a far sapere che guadagna tanti soldi... magari poi il vicino ammicca... o no?
"Pudore sì, perché non ho mai voluto ostentare i risultati economici del mio successo professionale. Imbarazzo no, perché
guadagnare non è un peccato se lo si fa lecitamente, producendo altra ricchezza e pagando le tasse".

Insomma, questo è anche il governo che sta chiedendo tanti sacrifici agli italiani, che vuole spezzare la tradizione dell'articolo 18, e diventa scontato che qualcuno, vedendo che lei può contare su un reddito di 7 milioni, dica "eh certo, bravi questi, è facile far pagare gli altri, tanto loro non hanno problemi"...
"Intanto si tratta di 7 milioni meno 4 milioni. In secondo luogo, i sacrifici degli italiani "per bene" si allevierebbero se tutti pagassero le tasse. Conosco bene i sacrifici di chi lavora. Vengo da una famiglia borghese, dalla quale non ho però ereditato proprietà ma solo insegnamenti. A questi redditi sono arrivata solo dopo anni di duro lavoro, supportato da tanta passione".

Questa esplosione di voglia di trasparenza che c'è nel Paese come la giudica? Un ficcanasare insopportabile? Una violazione della privacy cui ognuno ha diritto, o la giusta e coerente conseguenza dopo tante appropriazioni indebite, tanti scandali, tanta corruzione?
"Penso che la voglia di trasparenza dei cittadini sia legittima. Era dunque necessario soddisfarla. La trasparenza, però, non si deve trasformare in un gossip sulla vita di chiunque. Tra le righe di qualche giornale ho letto delle malsane curiosità su dati che nulla hanno a che vedere con il reddito e il patrimonio".

Lei ha detto qualche giorno fa: "Quando renderò pubblici i miei redditi la gente si renderà conto che ho guadagnato molto ma che ho anche contribuito molto all'economia del Paese". Adesso che risulta il ministro più ricco lo ridirebbe?
"Assolutamente sì. E lo possono dire anche gli italiani, che oggi conoscono l'ammontare di tasse, imposte e contributi che ho pagato nel 2010. Con i miei 4 milioni di euro si potrebbe costruire il padiglione di un ospedale o un edificio scolastico, oppure ampliare un carcere. E si può concretizzare il numero di cose che si potrebbero fare se tutti i cittadini compissero il proprio dovere fiscale".

Lei e il denaro. Che cosa vuol dire averne tanto?
"Ho sempre sognato, compatibilmente con i miei impegni, di viaggiare liberamente. Sapere di poterlo fare, certo non ora che sono ministro, mi dà la carica necessaria anche nei momenti più faticosi di lavoro".

Da ragazza, a Napoli, era ugualmente ricca? Il denaro se lo è conquistato o la sua famiglia ha contribuito?
"Sono nata in una famiglia borghese, nella quale lo studio e il merito rappresentavano l'unico mezzo per realizzarsi. Una cultura, questa, ereditata da mio nonno, semplice impiegato postale, che fece studiare e laureare con evidenti sacrifici tutti e sei i suoi figli (di cui tre femmine)".

Lavorava quando studiava all'università?
"All'epoca andava di moda occuparsi di politica e di temi sociali: eravamo in pieno '68".

Come ha speso le sue prime lire? Si ricorda ancora cos'ha desiderato e cos'ha comprato?
"Il mio primo stipendio di borsista era di 125mila lire al mese. Mio marito ne guadagnava 250mila. Incominciammo a mettere da parte 50 mila lire al mese per comprare una barca a vela, assieme ad un amico".

I soldi e il lavoro, quello di avvocato. Si considera un legale che costa tanto? Una persona a stipendio fisso potrebbe ingaggiarla?
"Credo di costare il giusto. E credo anche che i clienti si possano scegliere a prescindere dal loro reddito".

Ha mai difeso qualcuno senza farsi pagare?
"Ho difeso diverse persone senza farmi pagare per varie ragioni: amicizia in primo luogo, solidarietà per temi sociali importanti (ad esempio, non ho mai neanche lontanamente pensato di farmi pagare quando ho assistito la comunità ebraica costituitasi parte civile nel processo Priebke), ma anche senso di giustizia quando mi sono trovata di fronte a persone ingiustamente incolpate alle quali ho voluto assicurare che la giustizia esiste sempre".

Soldi in nero?
"Credo che l'entità della mia dichiarazione fornisca di per sé una risposta. D'altra parte la tipologia dei miei clienti (imprese, aziende e società) non consentirebbe in alcun modo di evitare l'emissione della fattura".

Lei ha una barca e una casa a Cortina. Ora che è ministro le userà di meno. Le mancheranno?
"Molto. Credo che chi lavora intensamente debba avere anche degli spazi personali per ricaricare il corpo e la mente. Mi mancheranno tanto le mie passeggiate in montagna e il contatto con il mare, al quale mio padre mi abituò sin da bambina".

Quando l'ha chiamata Monti e ha accettato di essere il primo Guardasigilli donna della storia italiana ha pensato che avrebbe guadagnato di meno?
"Certamente, l'ho ovviamente messo in conto. Ma penso che il denaro non sia tutto nella vita".

Sia sincera. Adesso che la sua privacy fiscale è online direbbe di nuovo di sì a quella proposta? Non si sente tentata dalla vita di prima?
"Mi conforta la reazione della gente, soprattutto delle persone comuni che mi fermano per strada dicendomi: "Continuate così". Proprio oggi ho ricevuto molte mail sul tema dei redditi. Eccone una. A scriverla è una donna che lavora per la Regione Lazio. Mi dice: 'Professoressa, noi cittadini semplici, noi donne ormai quasi quarantenni da troppi anni senza speranze, noi dipendenti pubblici di basso livello, che vediamo i nostri dirigenti che divorano il denaro pubblico, tutti noi italiani siamo assetati di onestà, di equità e di giustizia. Abbiamo bisogno di modelli come lei e come il ministro Fornero. Non ci deluda!'".

(23 febbraio 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/02/23/news/severino_redditi-30356619/
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« Risposta #58 inserito:: Febbraio 25, 2012, 04:27:23 pm »

21
feb
2012

Rivoluzione “tenue” ma ignorata

Liana MILELLA

Ci vorranno anni per misurare quali devastazioni abbia prodotto Berlusconi nel dibattito sulla giustizia. Non fa più notizia la novità giuridica o l’anomalia nell’applicare la legge, ma solo lo scontro all’ultimo sangue tra i giudici che vogliono fare i processi all’ex premier e lui che vuole sfuggirli. Tutto il resto diventa una non notizia, condannata all’oblio. Di spie ce ne sono tante. Una ce l’abbiamo sott’occhio in queste ore.

La Camera sta trattando una questione “rivoluzionaria”, come l’ha definita sul Sole-24 ore la collega Donatella Stasio. Si tratta di un nuovo articolo del codice di procedura penale, il 530bis. Esso s’intitola così: “Proscioglimento per particolare tenuità del fatto”. E si articola nel seguente modo: “Il giudice pronuncia sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta, la sua occasionalità, e l’esiguità delle sue conseguenze dannose e pericolose, il fatto è di particolare tenuità”.

All’origine una proposta dell’ex giudice e ora deputato Pd Lanfranco Tenaglia. Un lungo dibattito in commissione Giustizia. Alla fine una legge di dieci articoli fortemente ostacolata dalla Lega che già parla di amnistia mascherata e di svuota-processi dopo lo svuota-carceri. Va da sé, per le poche ma esplicite righe del futuro 530bis, che la “rivoluzione” è ben evidente. A legge approvata il giudice, nella sua più ampia discrezionalità, ma nel pieno rispetto dell’azione penale obbligatoria per un atto che invece non costituisce reato, deciderà che un fatto avvenuto non ha la statura criminale per diventare un delitto da perseguire a colpi di codice. Se sarà un fatto “tenue” – il classico furto della mela – esso potrà essere archiviato. Avvisando però la persona offesa e dandole la possibilità di agire in sede civile.

Ora: perché un caso di tale portata non riesce a imporsi e diventare una notizia? Perché anni di potere berlusconiano ci hanno drogato al punto che, senza lo scontro, il sangue, la guerra, non c’è neppure di che scrivere.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2012/02/21/rivoluzione-tenue-ma-ignorata/
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« Risposta #59 inserito:: Febbraio 26, 2012, 06:24:31 pm »

POLITICA E GIUSTIZIA

Una tenaglia di leggi ad personam e il Cavaliere soffoca la sentenza Mills

Il primo colpo dalla Cirielli, poi Lodo e legittimo impedimento.

Ecco come si è arrivati alla prescrizione e al proscioglimento di Berlusconi

di LIANA MILELLA


ROMA - Grazie Cirielli. O per essere più precisi ex Cirielli, visto che il suo estensore, l'ex An oggi presidente della Provincia di Salerno, nel 2005 scaricò la sua creatura proprio quando diventò il contenitore, per mano del forzista Luigi Vitali, della più micidiale delle leggi ad personam, il killer della prescrizione. La ridusse dal massimo della pena più la metà ad un quarto. Il miracolo era fatto. La corruzione, dai dieci anni di tempo in cui la magistratura poteva perseguire il delitto, scendeva a poco più di sette. Le proteste, pur dure, non valsero a nulla. Se oggi non c'è una sentenza sul caso Mills lo si deve a quella legge.

IL METODO SALVA-SILVIO
Incassato il grosso risultato, il Cavaliere e i suoi esperti giuridici, l'avvocato Niccolò Ghedini in primis, non si sono messi tranquilli. Superata la pausa forzata del governo Prodi hanno ripreso con il massimo vigore nel disperato tentativo di cancellare i processi. Per tre anni la fabbrica delle leggi "Salva Silvio" ha funzionato di continuo. Ghedini, Longo, Paniz, al contempo autori e sponsor, le menti giuridiche. A Milano arrancavano i processi Mills, Mediaset, Mediatrade, Ruby, a Roma spuntavano le leggine per tentare di bloccarli. Una rincorsa continua. Indifferenti al fatto che per salvare Silvio si buttano a mare centinaia di altre inchieste. Con aspetti grotteschi come l'exploit dell'anno scorso quando, nel disperato tentativo di stoppare la sentenza Mills, tra Camera e Senato continuavano
a rincorrersi la prescrizione breve, il processo lungo, la blocca-Ruby. Un delirio in cui finivano per confondersi pure gli addetti ai lavori. La fabbrica è entrata in funzione con la nascita del quarto governo del Cavaliere, l'8 maggio del 2008. Ha chiuso i battenti un paio di settimane prima del 16 novembre quando Berlusconi ha gettato la spugna.

SI PARTE CON LA BLOCCA-PROCESSI
Il governo è in carica da nemmeno due mesi ed ecco la prima mossa. Quella che prosegue la tradizione del precedente esecutivo del Cavaliere, il quinquennio 2001-2006 quando, per azzerare i processi Sme, Imi-Sir, lodo Mondadori, si rimpallano le leggi capestro su rogatorie, falso in bilancio, legittimo sospetto (la famosa Cirami), la Cirielli, la Pecorella per cancellare l'appello, il lodo Schifani (il primo scudo congela processi). Nel 2008 lo scatto è felino. Nel decreto sulla sicurezza, firmato dal titolare dell'Interno Bobo Maroni, c'è la norma blocca-processi. Prevede che siano "immediatamente sospesi per un anno quelli relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002 e che si trovino in uno stato compreso tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado". È un "lodino Schifani", ma con la prescrizione bloccata. Esplode la collera dell'Anm ("Qui muoiono 100mila processi") e a ruota quella di Napolitano. Si mette di traverso la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno, che diventerà la spina nel fianco del collega Ghedini. Lui escogita leggi per salvare il suo assistito, lei individua il tranello e lo ferma. I due saranno protagonisti dello scontro epocale sulle intercettazioni, la legge per imbavagliare la stampa.

L'INUTILE CORSA DEL LODO ALFANO
Sulla blocca processi si tratta disperatamente. Berlusconi strappa la promessa di varare un nuovo scudo per congelare i dibattimenti delle alte cariche. Dentro i presidenti della Repubblica, del Consiglio, di Camera e Senato. Resta fuori quello della Consulta. Il Guardasigilli Angelino Alfano firma l'unica legge per cui finirà nei libri di storia, il lodo Alfano. Il 23 luglio 2008 lo scudo viene licenziato da Napolitano con una nota che cita la sentenza 24 del 2004 con cui la Consulta bocciava lo scudo Schifani del 2003. Il presidente, preoccupato, previene le critiche di chi, come Di Pietro, avrebbe preteso lo stop del Colle. Il Quirinale sostiene che, pur senza varare una legge costituzionale come scrive la Corte, esiste "un apprezzabile interesse a garantire il sereno svolgimento delle funzioni". Berlusconi può dormire tranquillo, i suoi processi si fermano. Ma un appello di cento costituzionalisti, il milione di firme per il referendum messo insieme da Di Pietro che le deposita il 7 gennaio 2009, il ricorso alla Corte dei giudici di Milano, producono la bocciatura del lodo, che la Consulta cassa il 7 ottobre 2009.

LA SFIDA DEL PROCESSO BREVE
È durata poco la "pace" del Cavaliere. Che ricomincia ad agitarsi. La sfida di un lodo costituzionale appare irrealistica, tant'è che un nuovo testo viene presentato solo a maggio 2010. Ben altro ha in mente il Pdl. Si scopre quando al Senato, è il 12 novembre 2009, i capigruppo Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello formalizzano il ddl sul processo breve, bizzarra alchimia per cui i dibattimenti devono durare in tutto non più di sei anni e mezzo. Pure quelli già in corso, pur partiti in base alle vecchie regole. Il 20 gennaio il Senato lo approva. Fuori protesta il Popolo viola. La norma prevede di cancellare i processi in corso che, a far data dal maggio 2006, quello dell'indulto di Prodi, per pene fino a dieci anni, non abbiano rispettato i vincoli temporali, tre anni in primo grado, due in secondo, uno e mezzo nel terzo. Una regola costruita a pennello per le cause di Berlusconi. Falcidiati Mills e Mediaset. A rischio Mediatrade.

LA VIA DEL LEGITTIMO IMPEDIMENTO
Dal Colle trapela il chiaro messaggio che così il processo breve non sarà mai controfirmato. I processi premono, Mills soprattutto. Berlusconi tratta di nuovo, come prima del lodo Alfano. Promette di rinunciare al processo breve in cambio di un nuovo scudo. Si ripete la storia della blocca-processi. L'ancora di salvataggio gliela butta l'Udc che s'inventa il legittimo impedimento, legge a tempo per 18 mesi per congelare i processi del premier. L'esile "ponte tibetano", come lo battezza Michele Vietti, diventa legge il 7 aprile 2010. Ma i consiglieri giuridici del premier lo caricano troppo, ci mettono pure i ministri e un meccanismo di sospensione talmente automatico da ledere l'autonomia di decisione del giudice, che per giunta deve fidarsi di un'autocertificazione di palazzo Chigi. Tant'è che la Consulta lo azzoppa meno di un anno dopo, il 13 gennaio 2011.

MINACCIA PRESCRIZIONE BREVE
Berlusconi è di nuovo nudo. Non resta che l'offensiva finale. Il 17 marzo ecco il colpo di scena alla Camera, per mano di Maurizio Paniz ed Enrico Costa. Spunta la prescrizione breve, nuova invenzione della fabbrica Ghedini-Longo. È un emendamento al contestato processo breve, nel frattempo arenato alla Camera, cucito addosso al caso Mills. Si fa un regalo agli incensurati riducendo ancora la prescrizione dopo il "trattamento" Cirielli, dal massimo della pena più un quarto la si porta a un sesto per chi ha il casellario giudiziario pulito. Il Csm calcola fino a 15mila processi "defunti". L'Anm concorda. Ma la Camera lo vota il 13 aprile, Alfano lo difende pubblicamente, il presidente dell'Anm Luca Palamara parla di "amnistia mascherata".

NIENTE PROCESSO LUNGO
Il Pdl stavolta decide di giocare su più tavoli. Un ddl leghista per stoppare il rito abbreviato ai mafiosi diventa il contenitore per un'altra "Salva Silvio". Fa il suo ingresso sul proscenio il processo lungo. Che recita: il giudice deve per forza accettare la lista testi delle difese, non si possono utilizzare le sentenze passate in giudicato in nuovi processi. Giusto il caso Mills. Il Senato lo vota. Ma sulla testa di Silvio cade la tegola Ruby. Tentativi blocca RubyLa stagione delle leggi ad personam sta per chiuderesi, ma con i fuochi d'artificio finali. Ancora Paniz cerca di stoppare l'inchiesta della Boccassini con un conflitto di attribuzione votato dalla Camera il 5 aprile 2011 che sostiene la ministerialità del reato. Due settimane dopo, al Senato, spunta la norma del capogruppo Pdl Franco Mugnai per rendere obbligatoria la sospensione del dibattimento (oggi ne ha diritto solo il giudice) se la parte si rivolge alla Corte. Due conflitti, per Ruby e Mediaset, due stop. Per non lasciare niente d'intentato ecco perfino il tentativo di far passare la norma, nella ratifica della convenzione di Lanzarote, per far andare nelle piccole procure i reati sullo sfruttamento sessuale dei minori. Il Rubygate da Milano finirebbe a Monza. Tutto inutile. La maggioranza è sempre più in crisi. L'alternativa tra processo lungo e prescrizione breve diventa oggetto di vignette satiriche. Il governo cade. I processi vanno avanti.

(26 febbraio 2012) © Riproduzione riservata

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