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Autore Discussione: LIANA MILELLA  (Letto 67358 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Marzo 02, 2011, 06:48:12 pm »

Liana MILELLA

Immunità “a delinquere

2
mar
2011

Silvio immune, sempre e comunque


É più di  un’immunità quella che Silvio Berlusconi chiede per sé in quanto premier e per qualsiasi ministro che venga inquisito dalla magistratura. I giuristi intorno al Cavaliere non solo vagheggiano, ma addirittura teorizzano che già esista, scritto in Costituzione e nella legge dell’89 che attua l’articolo 96 sulle prerogative per chi governa, un percorso alla fine del quale l’inchiesta non può andare avanti. Fulminata da un voto della Camera di appartenenza che pronuncia la magica parola: improcedibile.

Il meccanismo ipotizzato è perverso e ripristina un’immunità piena e totale, addirittura tombale, per chi siede a palazzo Chigi. Proviamo a raccontarla, per come la raccontano le teste d’uovo di Berlusconi. Se un ministro commette un reato, di qualunque natura esso sia, solo per il fatto di essere stato commesso da un membro dell’esecutivo, obbliga il pubblico ministero, come atto dovuto, a inviare le carte al tribunale dei ministri. Dice chi ogni giorno vede e ragiona con il premier: “Anche per sole 24 ore, ma questo è un passaggio obbligato, senza il quale il processo intero rischia la nullità”. A che serve il passaggio? A innescare la spirale dell’autorizzazione delle Camere. Non c’è via di scampo. Se il tribunale dei ministri, condotta la sua istruttoria, decide che il reato commesso è in effetti ministeriale, cioè compiuto dal soggetto-ministro in forza della sua carica, allora le Camere devono dare un’autorizzazione a procedere. Che, ovviamente, negheranno. Se il tribunale dovesse decidere all’opposto, che il delitto non è ministeriale, e quindi può procedere la magistratura ordinaria, comunque anche in questo passaggio le Camere debbono esprimersi sulla “ministerialità” del reato. In quel caso riconoscendola, e negando di nuovo l’autorizzazione a indagare con una delibera di non procedibilità.

Diabolico. Totalmente protettivo. Più di uno scudo. Il Parlamento veste i panni del giudice, della Cassazione, della Consulta.
Fa e disfa sulla natura dei reati. La certezza dell’impunità. Il percorso appena iniziato da Berlusconi alla Camera con il conflitto di attribuzioni alla Consulta per riconoscere la ministerialità del suo reato persegue solo quest’obiettivo. Comunque vada, alla fine della strada del caso Rubygate c’è una Camera dei deputati che DEVE decidere in una sola direzione. Questa: quando il premier ha chiamato la questura di Milano per ottenere la liberazione della sua “fidanzata” Ruby ha commesso un reato ministeriale perché la considerava nipote di Mubarak e voleva evitare un conflitto diplonatico. Se il reato è dunque ministeriale la Camera nega che si possa perseguire.

Punto. Chiuso. Fine.

   
Scritto mercoledì, 2 marzo 2011 alle 13:36
da - milella.blogautore.repubblica.it
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« Risposta #31 inserito:: Marzo 07, 2011, 11:39:04 pm »

IL CASO

I magistrati pronti alla rivolta "Serve uno sciopero immediato"

Sulle mailing list delle toghe parte l'offensiva contro il governo. 

Il procuratore aggiunto di Milano Spataro: "Se vengono annunciate riforme epocali, occorrono risposte altrettanto epocali"

di LIANA MILELLA


ROMA - Assicurano che lo ufficializzeranno a tempo debito, ma già se lo dicono tra loro. Anche al vertice dell'Anm: "Se questi vanno avanti, altro che sciopero faremo". E la magica parola, sciopero, corre nelle mailing list delle toghe per un intero pomeriggio, rimpalla nelle telefonate, assieme all'ormai famoso, forse abusato, ma pur sempre valido slogan "se non ora, quando?". Per dirla con il pm di Milano Armando Spataro: "Se vengono annunciate riforme epocali, occorrono risposte altrettanto epocali..."
Le prime fondate indiscrezioni sulla riforma costituzionale della giustizia compaiono su Repubblica.

Trapela la minaccia di una norma transitoria che farebbe entrare in vigore subito parti definite "devastanti" dai giudici, come il ridimensionamento del Csm, l'autonomia della polizia giudiziaria, il nuovo potere della difesa nei processi. L'esistenza di tal norma non viene ufficialmente smentita per tutta la domenica. Si scatena l'allarme, parte il tam tam della voglia di reagire, di non essere schiacciati da una riforma che subito il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia ribattezza "la controriforma". Quella che, negli scambi di messaggi sul web, fa dire a un'autorevole toga di Magistratura democratica: "L'Anm dovrebbe deliberare immediatamente uno sciopero".

L'accelerazione sul ddl costituzionale produce uno shock. Cui non può che seguire la necessità di un'immediata e forte reazione. Spataro parla a RaiNews24, ribadisce che "nessuna delle riforme annunciate serve per far funzionare la giustizia e per rispondere agli interessi dei cittadini". Poi, a sera, invia in rete il suo messaggio. Cita Gustavo Zagrebelsky: "Ciò che viene presentato come il "nuovo costituzionale" difficilmente potrebbe fregiarsi del titolo di disegno costituzionale organico. Siamo a un bivio: o questa china, o la difesa e la rivitalizzazione della Costituzione che abbiamo. Ognuno... faccia la sua scelta". Spataro, già protagonista di una lettera appello a Napolitano, chiede all'Anm "una risposta in tempi rapidi che non consista nell'ennesimo, per quanto ottimo e condivisibile, comunicato stampa". Aggiunge che questa "non è una messa in mora", ma la richiesta di "una mossa epocale a una riforma epocale".

Non c'è ancora un testo ufficiale, è vero, ma le anticipazioni disegnano un ddl che riscriverà tutto il capitolo della Costituzione sulla magistratura. Scrive il magistrato di Trani Francesco Messina: "Se dovesse passare la devastazione della giustizia che si legge sui giornali, non saranno pochi coloro che penseranno seriamente di cambiare lavoro. Ritengo che nessuno di noi abbia studiato e agito, mirando al modello di magistrato che si vorrebbe imporre". Chi vuole cambiare le regole "avrà il problema di trovare altre persone disponibili". E l'annuncio di una possibile fuga, l'ammissione che se il cambiamento delle regole sarà proprio quello, molti magistrati potrebbero anche decidere di lasciare la toga e cambiare mestiere.

Non è più tempo di "cincischiare", né di "sfogliare margheritine". È tempo di reagire. Il magistrato di Bologna Marco Imperato ricorda il suo appello con 137 adesioni in cui chiedeva all'Anm di sbarcare su Facebook proprio per contrastare i quotidiani attacchi di Berlusconi e aprirsi alla gente. Ma riconosce anche che la minaccia della riforma non è, né potrebbe, essere immediata. Ben che vada, se essa dovesse effettivamente andare avanti, se il governo arriverà fino al termine della legislatura, se ne parla tra due anni. Questo spinge alcuni, anche nell'Anm, ad avere un tono più meditativo. "Facciamo uno sciopero. Bene. E poi? Ne rifacciamo uno a ogni passaggio parlamentare? I nostri passi devono essere più attenti e tenere conto che Berlusconi, mentre tenta in tutti i modi di liberarsi dei suoi processi, ora gioca a fare lo statista. Gliel'avrà consigliata Ferrara 'sta storia delle riforme epocali". Attendere? Interrogarsi? Prevale l'input a lanciare subito un segnale forte per dire "fermatevi, lasciate la Costituzione com'è, non fate prevalere la voglia di dare una lezione ai giudici".

(07 marzo 2011) © Riproduzione riservata
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« Risposta #32 inserito:: Marzo 26, 2011, 12:13:03 pm »

25
mar
2011

Responsabilità civile? Troppi soldi…

A questo punto, è sui soldi che si gioca il destino della magistratura. Soldi, direte voi, e che c’entrano? C’entrano invece, eccome.
Perché ormai l’unico argine a introdurre la nuova formula sulla responsabilità civile dei giudici – dal “dolo o colpa grave” si passa alla “manifesta violazione del diritto” – passa proprio per i soldi. Quanti ne dovrà pagare lo Stato per ogni magistrato che finirà vittima di una richiesta di risarcimento in base alla formula proposta dal leghista Gianluca Pini? Lui, un imprenditore romagnolo che ha alle spalle studi presso un istituto tecnico industriale, non ne saprà molto di diritto, tant’è che in molti, nell’opposizione, vedono alle sue spalle la longa manus di Niccolò Ghedini, l’avvocato del premier. Tant’è che l’emendamento incriminato è stato ribattezzano “norma Ghe-Pini”.

Alla domanda “ma dietro di lei chi c’è”, il Pini se l’è svignata per i corridoi di Montecitorio. La sua preoccupazione, assicura, è che l’Italia non debba pagare chissà quali rimborsi, addirittura tre milioni di euro al giorno, se l’Europa dovesse confermare che la legislazione italiana, dopo il caso Traghetti del Mediterraneo, non garantisce a sufficienza spazi per i risarcimenti. Ma, all’opposto, sorge del tutto doverosa un’altra domanda: quanto dovrà pagare lo Stato italiano se ogni imputato, sentendosi ingiustamente colpito, dovesse chiedere di essere indennizzato?

Intanto, a porre il problema è il finiano Nino Lo Presti, alla vigilia del parere che, sulla nuova responsabilità dei giudici che va in aula lunedì 28 marzo, dovrà dare la commissione Bilancio. Di cui Lo Presti fa parte e dove annuncia battaglia: “Prima di dare un parere come commissione Bilancio, chiederò ufficialmente di sapere a quanto potrebbero ammontare i costi. Altrimenti su cosa daremo questo parere?”. E aggiunge: “Prima di lanciarsi in quest’impresa folle sarebbe stato meglio valutare l’impatto economico di un cambiamento così radicale e irresponsabile per le conseguenze che avrà sul lavoro dei magistrati e sulla serenità delle loro sentenze”. Ai ministri Alfano e Tremonti chiede notizie anche il centrista Roberto Rao.

Ecco dimostrato quindi come la volata sulla responsabilità, che anticipa un pezzo importante della riforma Alfano, rischia di arenarsi proprio sui soldi, su una spesa del tutto priva di copertura, su una fuga in avanti fatta a tasche vuote. La responsabilità “facile” potrebbe perire così, per via di un portafoglio sgonfio.

Scritto venerdì, 25 marzo 2011 alle 17:52

da - milella.blogautore.repubblica.it/2011/03/25/
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« Risposta #33 inserito:: Marzo 28, 2011, 04:33:16 pm »

GIUSTIZIA

Il Csm verso il plenum straordinario sul web la protesta dei magistrati

Inizia una settimana calda, sia sul fronte istituzionale sia su quello delle aule di tribunale.

Responsabilità dei pm, ora il Pdl vuole attenuare il testo

di LIANA MILELLA


ROMA - Mailing list delle toghe, quelle di ogni singola corrente della magistratura e quella globale dell'Anm, intasate per l'allarme sulla stretta che la maggioranza si appresta a imporre sulla responsabilità civile per i giudici. Oggi punibili solo "per dolo o colpa grave", domani per "manifesta violazione del diritto". Cioè qualsiasi decisione giuridica valutabile come anomala. Al Csm togati e laici di centrosinistra sono decisi, nonostante quella che si apre sia una settimana "bianca", quindi di vacanza, a insistere per approvare prima in commissione Riforme, già domani, e poi giovedì in un plenum straordinario, un documento che suoni come una presa di distanza. Nel quale si dichiari come una formula ambigua per chiedere il risarcimento danni alle toghe che sbagliano rischi solo di colpire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e paralizzarne scelte e decisioni. La commissione per le Riforme, presieduta da Vittorio Borraccetti (Md), è già fissata. Il plenum è stato chiesto, ma dovrà essere autorizzato da Napolitano. È presumibile che i componenti laici, che già hanno accusato i colleghi di voler trasformare il Consiglio in una "terza Camera" che emette verdetti politici, si opporranno.

D'altra parte, è vero che la norma sulla responsabilità marcia diritta verso il voto e potrebbe essere legge in poco tempo. Oggi, assieme al processo e alla prescrizione, entrambi "brevi", essa apre una settimana legislativamente calda sul fronte giustizia, per il numero e la portata delle questioni in ballo. Basta guardare il programma di Montecitorio. Da oggi pomeriggio vanno in aula la legge comunitaria, con la nuova formula sulla responsabilità, e il processo breve. Domani il presidente Gianfranco Fini riunisce la giunta per il regolamento che dovrà decidere il destino del conflitto di attribuzioni per Ruby. Come caso "fuori dalla prassi di Montecitorio", così lo ha definito il presidente della Camera, il conflitto sicuramente andrà in aula. Se non questa, al massimo la prossima settimana. In questa la maggioranza vorrebbe votare su responsabilità e prescrizione breve, dove i tempi non sono contingentati. Gli uomini di Niccolò Ghedini stanno lavorando per rendere meno vago il testo del leghista Gianluca Pini, il relatore della Comunitaria. Il quale conferma che ci saranno delle modifiche.

La norma, nell'attuale versione, rischia di scontrasi con un altolà della commissione Bilancio, chiamata domani alle 15 a dare il parere sui costi. Lì saranno i finiani a dare battaglia. Ancora ieri Nino Lo Presti confermava che, prima del parere, pretenderà di conoscere quale sarà l'impatto di una responsabilità in versione "larga". In polemica con il Pdl Enrico Costa, che gli consigliava di presentare un emendamento per far pagare direttamente le toghe, Lo Presti replica che, "senza cambiare l'articolo 28 della Costituzione questo è impossibile". Se la Bilancio, dove i numeri non sono nettamente a favore della maggioranza, dovesse bocciare la norma, il rinvio sarebbe inevitabile. Ma proprio per questo oggi pidiellini e leghisti lavoreranno per un nuovo testo. Di cui dovrà tenere conto anche la commissione Riforme del Csm.

(28 marzo 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/politica/2011/03/28/news
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« Risposta #34 inserito:: Marzo 29, 2011, 12:22:53 pm »

La riforma

Giustizia, lo stop del Quirinale sulla responsabilità dei giudici

Il centrodestra accelera sul processo breve: la prossima settimana il voto finale.

Il Colle chiede correttivi. Csm, scontro Vietti-Pdl

di LIANA MILELLA


ROMA - Non piace al Quirinale l'emendamento Pini sulla responsabilità civile dei giudici. Sbagliato nel metodo, nel merito, nei tempi. Destinato solo ad alimentare un gratuito scontro con la magistratura. E sono giorni che, con un paziente lavorio nel segno della migliore moral suasion, il Colle cerca di far capire a Lega e Pdl che quel testo non solo non può passare così, ma forse sarebbe meglio addirittura metterlo da parte. Non è una ritirata, quella che viene garbatamente suggerita, ma un consiglio che tiene conto anche dello stato dei testi legislativi, visto che da un lato, in commissione Giustizia, c'è da tempo una pratica aperta proprio sulla responsabilità, e dall'altro sta per arrivare la riforma costituzionale Alfano che la contiene. Questo è il punto su cui il Quirinale insiste, non si può liquidare nella legge comunitaria, senza alcun dibattito, senza cercare, se non in extremis, la benché minima condivisione, una questione fondamentale, sentita non solo dai giudici ma anche dalla gente. Non solo, è in dubbio anche fino a che punto il nodo della responsabilità non sia "estraneo per materia", come sostiene il finiano Nino Lo Presti, al resto del provvedimento.

Si deve partire da qui per capire cos'è successo ieri tra Montecitorio e palazzo dei Marescialli, la sede del Csm. Alla Camera parte la doppia discussione generale sulla legge comunitaria, che contiene la norma sulla responsabilità, e quella sul processo breve, che ha in sé
la prescrizione breve. Che il relatore Maurizio Paniz difende strenuamente perché "non è stata scritta per Berlusconi, visto che il processo Mills comunque non sarebbe arrivato a sentenza definitiva prima della sua estinzione naturale a febbraio 2012". Due ddl importanti, sul primo si vota in settimana, il secondo slitta alla prossima.

La questione "calda" ora è la responsabilità. E la moral suasion del Colle pesa, tant'è che il leghista Gianluca Pini, "padre" dell'emendamento definitivo "punitivo e provocatorio" dall'Anm, non esclude una modifica. Due pidiellini come Manlio Contento e Francesco Paolo Sisto lavorano a cambiare il testo e ad attenuare la formula "violazione manifesta del diritto" che avrebbe dovuto sostituire quella "per dolo o colpa grave" integrandole entrambe. Il capogruppo Enrico Costa annuncia che si lavora "per arrivare a un buon testo che non mini l'indipendenza della magistratura". In realtà, la maggioranza sta cercando di tenere il punto giocando sulle parole.

Ma le maglie del Quirinale sono molto strette, anche se il testo dovrà poi andare al Senato. Ma non può essere sottovalutato, e siamo al secondo palazzo di questa storia e di questa giornata, quanto nel frattempo avviene al Csm. Dove, è fondamentale ricordarlo, nulla accade senza che il Quirinale ne sia al corrente, visto che il capo dello Stato è anche il presidente di quel Consiglio. Lì, autorizzato dal comitato di presidenza, ne fanno parte il vice presidente Michele Vietti e i due più alti magistrati in Italia, il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione, è stato dato il via libera a discutere della responsabilità, giusto oggi, nella commissione per le Riforme, con l'ipotesi di tenere anche giovedì un plenum straordinario. I quattro laici del centrodestra (Zanon, Romano, Marini, Palumbo) sono saltati sulla sedia e hanno inviato un'inviperita lettera a Vietti per esprimere "radicale dissenso" sia per la convocazione ad horas via sms, sia per l'idea di dare un parere sull'emendamento Pini.

E qui va registrata una secchissima replica di Vietti, che definisce il tema "tanto rilevante quanto urgente", e ribadisce il diritto del Consiglio "a esprimersi in queste circostanze, secondo una prassi conforme a quella finora costantemente seguita". Quanto alla settimana bianca invocata dai quattro laici, essa "non è una settimana di vacanza, ma l'astensione dall'attività ordinaria per consentire il lavoro dei consiglieri nelle sedi di provenienza, tant'è che in passato è avvenuto abitualmente che essa sia stata dedicata a questioni di particolare urgenza o a questioni ordinarie arretrate". Sarà il Csm oggi a mettere su carta quelle stesse perplessità e quei dubbi che aleggiano al Quirinale. Con i quali la maggioranza deve fare i conti.
 

(29 marzo 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/politica/2011/03/29/news
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« Risposta #35 inserito:: Aprile 10, 2011, 04:50:10 pm »

GIUSTIZIA

Il Cavaliere e la strategia dell'alta tensione "Temo altri stop alla prescrizione breve"

I sospetti su Fini.

E ai suoi dice: devo far capire che la vittima sono io.

Alfano lo rassicura: "Legge a misura di Consulta, pochi processi cancellati"

di LIANA MILELLA


ROMA - C'è un condizionale che tiene in allarme Berlusconi in queste ore. Che lo mette di umor nero e gli fa temere un possibile "agguato" parlamentare. Quel condizionale l'ha pronunciato Fini quando, riferendosi al voto che ci sarà mercoledì a Montecitorio sulla prescrizione breve per gli incensurati, norma che il Cavaliere avrebbe voluto già veder approvata da tempo per liberarsi del processo Mills, ha pronunciato un "dovremmo finire" quel giorno. E lì le orecchie del capogruppo Cicchitto si sono drizzate avvertendo aria di possibile pericolo.

Ma c'è anche dell'altro, sempre nella direzione di un possibile terremoto per bloccare la nuova norma "salva Silvio". Ben altri due elementi di preoccupazione. Il primo riguarda il Pd e un gran lavorio, definito dai berlusconiani di vero e proprio "filibustering", per mandare sotto la maggioranza su uno degli oltre 200 emendamenti ancora da votare. Il secondo attiene alle pressioni che, per quello che hanno subodorato i berlusconiani, il centrosinistra starebbe indirettamente facendo sul Quirinale per spingerlo a bloccare in qualche modo la legge.

Lo scenario che si apre non può che mettere di traverso l'inquilino di Palazzo Chigi. Perché tra martedì e mercoledì la sua maggioranza, nonostante la seduta notturna di martedì sia già in programma, potrebbe subire lo smacco di non riuscire ad approvare la prescrizione breve. Una norma di cui il Cavaliere, nei colloqui con i suoi, parla così: "Sono stanco di sentire e di leggere che la definiscono come una nuova legge ad personam. Scritta per me, per chiudere i miei processi. Essa è esattamente l'opposto. È la reazione, del tutto più che legittima, ai continui abusi giudiziari che sto subendo da 15 anni". E ancora: "Per questo non posso stare zitto, devo parlare e spiegare, devo far capire alla gente che sono io la vittima di un complotto politico, imputato solo per essere fatto fuori politicamente. Per questo non posso rimanere in silenzio, devo parlare e spiegare, devo far capire a tutti che se si approva la prescrizione breve questo serve soltanto per sanare un vulnus che è già stato consumato contro di me". Alle colombe del suo schieramento, a chi gli consiglia prudenza, lui risponde da falco: "Ne ho avuta fin troppa, adesso basta. Non può passare il messaggio che io voglio solo uscire dai processi. Io li sto facendo i processi, ci andrò, ma tutti devono sapere che ai miei danni è stata consumata una violenza giudiziaria pazzesca e ingiustificata".   

Berlusconi guarda con assoluto sospetto verso Fini, continua a non fidarsi di lui nonostante l'esplicito segnale di correttezza istituzionale che, appena pochi giorni fa, il presidente della Camera pur gli ha lanciato consegnando all'aula la richiesta di sollevare il conflitto di attribuzioni alla Consulta. Non vuole assolutamente andare allo scontro con Napolitano e sulla prescrizione fa mostra di essere tranquillo: "Alfano mi ha garantito che questa norma rientra pienamente nelle regole e nei poteri del governo. Gli allarmi sull'impatto sono ingiustificati perché, come mi dice Angelino, essa avrà conseguenze molto limitate sui processi in corso. E poi, scrivendola, sono state seguite le indicazioni della Consulta sulla legge Cirielli". Come quella dell'applicazione ai processi in corso che è stata copiata, pari pari, da una sentenza della Corte.   

Certo, ragiona Berlusconi, la prescrizione breve si sarebbe potuta anche non fare, ma solo se dall'altra parte, dal fronte dei giudici, "non si lavorasse ogni ora della giornata per incastrarmi". Sono tre le "aggressioni" che il premier continua a citare: "Mi hanno aggredito come cittadino, attentando alla mia libertà. Mi hanno aggredito come leader politico, tentando di sbalzarmi di sella. Mi hanno aggredito come imprenditore, con la richiesta di un rimborso milionario. Io sto solo cercando di difendermi". Per questo ha blindato le sue truppe in vista di martedì e mercoledì, nessuna defezione, tutti presenti, nervi saldi per la sua "battaglia di civiltà contro i giudici". 

Nel frattempo lavora mediaticamente per convincere la gente che, "rispetto a quello che ho subito dai giudici una legge come la prescrizione breve è veramente un nonnulla".

(10 aprile 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/politica/2011/04/10/news
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« Risposta #36 inserito:: Aprile 11, 2011, 08:40:27 pm »

GIUSTIZIA

Prescrizione breve, incognita Quirinale

"Ma il premier non accetta frenate"

A Montecitorio vigilia di battaglia: 190 emendamenti da votare in due giorni, con sedute notturne.

Il voto finale forse mercoledì sera. Ma il Pdl teme le preoccupazioni del Quirinale.

Il parere contrario del Csm potrebbe esserne un segnale.

Idv: useremo ogni minuto disponibile, andremo alla prossima settimana

di LIANA MILELLA


ROMA - Non hanno mai pensato, quelli del Pdl, che il voto sulla prescrizione breve per gli incensurati potesse essere una passeggiata. Ma non s'immaginavano neppure tre settimane d'inferno. Adesso che ci sono dentro fino al collo i berlusconiani contano i minuti al voto finale che, secondo i loro calcoli più ottimisti, dovrebbe tenersi mercoledì sera, un po' dopo le sette. Ma le incognite, che uno di loro è pronto a elencare, sono troppe e potrebbero anche far saltare tutto. A partire dai boatos sempre più insistenti che, indirettamente, arrivano dal Quirinale e che descrivono, secondo quanto viene riferito dagli uomini più vicini al Cavaliere, un Napolitano fortemente preoccupato per le conseguenze della legge, per l'impatto che essa potrebbe avere sui processi, per le vittime che si vedrebbero scippare all'improvviso, e del tutto inopinatamente, una giustizia cui hanno diritto e che avevano a portata di mano. Intendiamoci. Mai come in queste ore dal Colle non trapela un fiato. Ma i pidiellini avvertono lo stesso che qualcosa non va ed elencano le ragioni dei sospetti. A partire dal parere del Csm che, prima ancora del voto, ha stroncato la prescrizione breve. Parere che non si sarebbe discusso senza il via libera del Colle. E poi quel dato, sempre del Csm, i 15mila reati in fumo quasi a sostanziare l'espressione "amnistia sostanziale" usata nel parere. Per finire le voci di chi ha parlato col presidente e l'ha trovato preoccupato.

I berlusconiani potrebbero fermarsi a riflettere, ma non hanno alcuna
intenzione di farlo. Tutt'altro. Vogliono andare avanti a spron battuto. Incuranti delle avvisaglie. Decisi ad andare allo scontro con l'opposizione. Che a sua volta è più che decisa a vender cara la pelle. Come dice il capogruppo dell'Idv Massimo Donadi "useremo fino all'ultimo secondo utile per bloccare questa porcata. Loro vogliono il sì per mercoledì? Noi faremo di tutto per portarli nell'altra settimana". Il vice capogruppo del Pd Roberto Giachetti, l'inventore del diabolico scontro sul verbale d'aula, ha in serbo qualcosa per tenere in scacco la maggioranza, ma ovviamente non rompe l'effetto sorpresa. Nel Pdl il suo omologo Simone Baldelli sa che cosa aspetta la maggioranza: "Non sarà un percorso né certo, né liscio, ma all'opposto incerto e impervio, per questo siamo allertati per ogni evenienza, pronti a stare in aula di notte, e fino a venerdì".

I pidiellini sanno che sulla prescrizione breve Berlusconi non accetta sorprese. L'ordine è uno solo: "Andate avanti. Approvatela. L'abbiamo scritta in modo conforme alle indicazioni della Consulta e Napolitano non ha alcun appiglio per fermarla. Non c'è alcuna manifesta incostituzionalità". Se anche il presidente dovesse mettersi per traverso, Berlusconi stavolta è deciso ad andare avanti, addirittura a riapprovare la legge qualora il capo dello Stato non la firmasse.

Ma è ancora presto per simili sfide. Per ora c'è quella sotto il naso, superare il voto alla Camera. Battaglia assai tosta. Dell'opposizione ancora 190 emendamenti da respingere, per altrettanti voti d'aula. Una marea. Complessivamente, il centrosinistra ha ancora una dozzina di ore. Ma a ogni voto maturano nuovi minuti e il tempo potrebbe raddoppiare. Si parte domani alle 15, si va avanti nella notte, fino alle 24 s'è detto, ma potrebbe essere necessario fare l'alba a Montecitorio, com'è avvenuto nella battaglia sugli enti lirici. Tutto per finire mercoledì, con un voto davanti alle telecamere, dopo le 18.

Ma chi, nel Pdl, ha grande esperienza dei lavori d'aula, è preoccupato: "C'è un brutto clima, ci sono troppi assenti, c'è gente che si alza e non vota, e c'è uno scarto di voti troppo basso, sei, quattro, tre voti, per cui si può cadere da un momento all'altro. La norma non è sentita, la Lega vota solo per dovere, ma dissente del tutto. Loro arrivano dai loro paesi dove la gente li ha rimproverati per una norma che favorisce ladri e scippatori. E poi queste vittime che manifestano in strada, queste sì che sono un problema". Le vittime delle stragi di Viareggio, dell'Aquila. Sono giusto le facce che, a quanto dicono quelli del Pdl, allarmano il Quirinale. E possono far precipitare nel limbo la prescrizione breve.

(11 aprile 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/politica/2011/04/11/news/
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« Risposta #37 inserito:: Aprile 15, 2011, 04:35:22 pm »

14
apr
2011

Salva Silvio già in pericolo

Liana MILELLA

Pare proprio che stia andando di nuovo in scena il film del processo breve. Quello che, nella versione hard del Senato, metteva un’inesorabile tagliola sui processi per reati fino a dieci anni facendoli “morire” per sempre alla scadenza del sesto anno. Nel 2010la maggioranza presentò quel ddl e subito protestarono Anm e Csm. Dissero, dati alla mano, che sarebbero saltati tra il 10 e il 40 per cento dei 3,2 milioni di processi penali pendenti. Centinaia, dunque. Si alzò su il Guardasigilli Angelino Alfano e ridimensionò il dato: a scomparire sarebbe stato solo l’1%. Ma Napolitano si allarmò lo stesso e consigliò prudenza al governo. Nel passaggio tra il Senato e la Camera ad affondare è stato il processo breve che, da lama del boia, è diventato solo un’indicazione di massima, un suggerimento, senza effetti demolitori. Ovviamente inutile, a quel punto, per chiudere i dibattimenti del Cavaliere.

Lo stesso film sta per essere girato per la prescrizione breve. Che ha sostituito il processo come legge salva Silvio.
Hanno fatto votare alla Camera un testo che regala agli incensurati (chissà mai per quale ragione) uno sconto sulla prescrizione. Esso, a misura di Berlusconi e del processo Mills, colpisce anche altri processi in tutto il Paese. Settemila per il ministro, 15mila per Csm e Anm. Tutti i reati inseriti, tranne quelli gravi e gravissimi. Quindi anche la strage di Viareggio o il terremoto dell’Aquila, o le violenze sessuali, o i casi di corruzione, di truffa, di bancarotta. Dicono in aula gli uomini del Pdl: comunque quei reati si sarebbero prescritti, qualche mese in meno non fa la differenza. E invece la fa, e anche la fa molto, perché basta un giorno in meno per far saltare un processo (e lo dimostra il caso Mills). E poi conta il principio. Perché fare comunque un regalo, anche di pochi mesi,  a chi può aver determinato il disastro ferroviario?

Napolitano, a Praga, dice solo due parole, “valuterò i termini di questa questione quando saremo vicini al momento dell’approvazione definitiva in Parlamento”. E’ la conferma di quanto si è andato scrivendo in questi giorni, c’è un riflettore del Colle acceso su questa legge. Deciderà il presidente quando, come, se agire. I dubbi sono lì, squadernati nella legge: essa determina una morìa di processi, lo ha confermato lo stesso Alfano; essa crea disparità di trattamento all’interno dello stesso processo; essa grazia alcuni e, magari per pochi giorni, esclude altri; essa produce una differenza difficilmente spiegabile tra incensurati e recidivi; essa pone un termine, quello del processo di primo grado compreso, facilmente contestabile.

Napolitano risponde a una domanda. Ipotizza un percorso. Del resto, anche gli interlocutori di questo blog dimostrano, con i loro numerosi interventi, che c’è una diffusa richiesta di una sua autorevole parola. Si allarma Berlusconi che vuole subito spedire Alfano sul Colle per fare chiarezza sulla legge, per spiegare che, dal suo punto di vista, essa non grazia nessuno. Tranne lui stesso, visto che se andrà in porto, a giugno il processo Mills si chiuderà.

Ma proprio l’allarme di Berlusconi e quel futuro viaggio di Alfano al Quirinale “scoprono” il lato debole della maggioranza e la sua consapevolezza che la legge contiene delle anomalie che potrebbero non passare inosservate sotto il riflettori del Colle. Proprio come per il processo breve.

 
Scritto giovedì, 14 aprile 2011 alle 16:07
da - milella.blogautore.repubblica.it/2011/04/14/
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« Risposta #38 inserito:: Maggio 21, 2011, 04:17:44 pm »

IL RETROSCENA

Giustizia, il Pdl prepara il blitz a due giorni dai ballottaggi

Venerdì 27 rapida sfilata dei capi della magistratura e delle polizie a Montecitorio per il parere sulla riforma.

Rao (Udc): "Di epocale nel cambiamento voluto da Alfano c'è solo la fretta"

di LIANA MILELLA


ROMA - Il segnale è preciso. Volutamente lanciato agli elettori che, come Berlusconi, odiano i giudici. Un ordine del giorno per venerdì 27 maggio, immediata vigilia del voto, per rassicurarli e dire loro che questo governo andrà avanti sulla riforma "epocale" della giustizia. La garanzia che si farà in fretta. E che fretta. Quella per cui dalle ore 9 alle 14, per non più di mezz'ora ciascuno, vengono convocati e richiesti del loro parere sulla riforma le massime autorità delle magistrature e della polizia.

Elenco da paura. Nell'ordine: i vertici della Cassazione Lupo ed Esposito, l'avvocato dello Stato Caramazza, il vice presidente del Csm Vietti, il procuratore antimafia Grasso, i presidenti della Corte dei conti Giampaolino e del Consiglio di Stato De Lise, i capi della polizia Manganelli, dei carabinieri Gallitelli, della Gdf Di Paolo. Tutto in cinque ore. Pausa panino e si riparte con i vertici degli avvocati, Camere penali, Consiglio nazionale forense, Oua. Tutti in coda, al quarto piano di Montecitorio, sala del Mappamondo. Di un venerdì pre-elettorale. In un palazzo dove, in ogni venerdì dell'anno, non c'è ombra di deputati.

Con uno sgarbo istituzionale e sostanziale del tutto gratuito ad alcuni dei protagonisti. Perché è fuori di dubbio che, mentre ci si avvia a separare le carriere dei giudici e dei pm e a dividere in due il Csm, forse Vietti ha diritto ad avere qualche minuto in più. Del pari, i capi delle polizie dovranno spiegare bene che succede
quando ci si appresta a cambiare il rapporto tra pm e pg. Invece è questo il frettoloso elenco, firmato in calce dal segretario generale della Camera Ugo Zampetti, messo a punto dal presidente della commissione Affari costituzionali Donato Bruno, pidiellino doc e buon amico del Guardasigilli Angelino Alfano, cui ha promesso di trainare a rotta di collo il carro della riforma per dargli la soddisfazione di vederla approvata entro luglio. Il centrista Roberto Rao, braccio destro di Casini, riceve la convocazione ed esplode: "È inaccettabile che a due giorni dal ballottaggio, quasi di nascosto, si convochino le due commissioni per ben tredici audizioni".

E mentre tira già aria di defezione tra i protagonisti, infastiditi dalla ressa e dall'oggettiva impossibilità di esporre una linea, Rao aggiunge: "È un'offesa all'intelligenza degli auditi e di noi tutti. La maggioranza vuole strozzare la discussione della riforma. In cui di "epocale", a questo punto, c'è solo la fretta con cui annuncia l'ennesimo spot, utile forse per i ballottaggi, ma di certo non per la giustizia". Allarme anche in casa Pd dove si preparano a dare battaglia il responsabile Giustizia Andrea Orlando e la capogruppo in commissione Giustizia Donatella Ferranti. Ma intanto conta la "carta", quel foglio che prova la voglia del Cavaliere di andare alla resa dei conti.

(21 maggio 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/politica/2011/05/21/news/
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« Risposta #39 inserito:: Giugno 09, 2011, 12:08:07 pm »

IL RETROSCENA

Prescrizione breve subito in Senato se passa il sì al quesito sulla giustizia

La "vendetta" del Pdl in caso di abrogazione del legittimo impedimento: a rischio 15mila processi.

Messaggio a Napolitano: sarebbe l'ultima delle leggi "ad personam"

di LIANA MILELLA 


ROMA - Se tra domenica e lunedì si raggiunge il quorum e vincono i sì per cancellare definitivamente anche l'ultimo brandello del legittimo impedimento, i berlusconiani hanno già pronta la contromossa. L'hanno studiata, facendo i calcoli perfino sui giorni, gli esperti giustizia del Cavaliere. Tra di loro lo chiamano "il risarcimento". Consiste nell'approvare subito al Senato, senza l'ombra di modifiche, la prescrizione breve per gli incensurati.

Lo sconto che, senza sottoporre il premier allo stress delle udienze a Milano e a quello di una possibile condanna per corruzione di un testimone, cancella d'un colpo il processo Mills. E con esso il rischio di una condanna, anche se solo in primo grado, per corruzione. Brutta figura, per un premier, in Italia e all'estero. Prescrizione prevista a febbraio. Sconto di sette mesi. Dibattimento chiuso in autunno.

Il "risarcimento" dunque. Portare a casa una norma ad personam molto contestata perché, come sempre in questi casi (vedi la blocca processi o il processo breve vecchia versione), essa non chiude solo "un" processo, quello di Berlusconi addosso al quale è stata confezionata, ma fulmina pure tutti gli altri che si trovano nelle stesse condizioni. Quindicimila processi all'aria è la stima del Csm e dell'Anm, tra cui alcuni sensibili (s'è parlato della strage ferroviaria di Viareggio). Un dato che il Guardasigilli Angelino Alfano ha smentito e nettamente ridimensionato. Ma che ha preoccupato il Quirinale. Tant'è che proprio lì il capo del governo avrebbe voluto spedire il suo ministro, trattenuto poi dallo stesso presidente, poco incline a trattative sulla giustizia che abbiano come oggetto le leggi per il Cavaliere.

Ma con un referendum perso alle spalle, e la prospettiva di interpretarlo come la definitiva bocciatura di una politica della giustizia tutta imperniata sulla vendetta di Berlusconi contro le toghe per via dei suoi processi, scatterebbe per il premier la linea dell'ultimo favore, dell'ultima volta, dell'ultima legge per se stesso. Per la quale chiedere anche a Napolitano una sorta di lasciapassare del tutto speciale. Tant'è che il vice capogruppo al Senato Gaetano Quagliariello ha fatto il primo passo e ha chiesto al presidente Renato Schifani di mettere il calendario la prescrizione breve. Un passo ufficiale, con toni soft com'è nello stile dell'uomo, ma con l'esplicito riferimento a un voto che determini l'entrata in vigore immediata della norma già sottoposta a due passaggi parlamentari.

Sarebbe l'ultima legge ad personam.

Questo gli ambasciatori con il Colle sono stati incaricati di far sapere a Napolitano. L'ultimo salvacondotto rispetto alla "fabbrica" delle norme "salva Silvio" che tenevano banco fino a un mese prima delle elezioni amministrative. Processo e prescrizione breve, dibattimento lungo (più potere agli avvocati e divieto di usare le sentenze definitive), il comma blocca Ruby (sospensione obbligatoria in caso di conflitto d'attribuzioni, proprio come per l'ultimo processo milanese). Cui si aggiunge la riforma della giustizia, considerata sempre come una lezione per indebolire e ridurre al silenzio le toghe.

Ma adesso il clima è cambiato. La sconfitta alle amministrative viene vista anche come la bocciatura della politica contro i magistrati. Il futuro sarà diverso e la legge sulla prescrizione sarebbe destinata a mettere un sigillo su una stagione che va in soffitta. Ma sull'operazione, studiata nei dettagli, aleggia da ieri la brutta sortita della maggioranza nel voto al Senato sul ddl anti-corruzione. Timori e preoccupazioni per un malessere serpeggiante che potrebbe aggravarsi, soprattutto tra le truppe leghiste, di fronte a un nuovo intervento legislativo per chiudere un processo del Cavaliere. Ma, a ieri sera, l'orientamento era quello di un rischio da correre.

(09 giugno 2011) © Riproduzione riservata
da repubblica.it/politica/2011/06/09/news/
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« Risposta #40 inserito:: Luglio 20, 2011, 11:59:11 am »

IL RETROSCENA

Paura nel Pdl: "Ci tireranno le monetine" il Pd dice no a scambi Papa-Tedesco

Oggi il voto per l'arresto di Alfonso Papa alla Camera e di Alberto Tedesco al Senato.

Il centrosinistra reclama l'arresto per entrambi i deputati. Alfano: "siamo il partito degli onesti non delle manette".

A Palazzo Chigi sono sicuri di poter arrivare a quota 340 con i voti di democratici e Udc

di LIANA MILELLA


ROMA - C'è una paura, in Parlamento, che stringe destra e sinistra. Di salvare prima, in un solo pomeriggio, giusto quello di oggi, Papa alla Camera e Tedesco al Senato. E di ritrovarsi poi, uscendo dai palazzi, con la gente che lancia le monetine in stile Craxi all'uscita del Raphael nel '93.

Un fatto è certo. Per un caso, le due storie - l'ex toga di Napoli Alfonso Papa e l'ex assessore alla Sanità pugliese Alberto Tedesco, imputati entrambi di corruzione (e non solo) - arrivano allo showdown assieme. Per la prima il Pdl insiste nella difesa a oltranza. Parla ai suoi il segretario del partito, e tuttora Guardasigilli, Angelino Alfano, e mette in chiaro che "il partito degli onesti non sarà mai il partito delle manette". Quindi niente arresto per Papa che del ministero da lui retto per tre anni è stato alto dirigente.

Per difenderlo al meglio, e per non fare la figura del topo che fugge nel tombino, ecco che il capogruppo Fabrizio Cicchitto, a sera, dice che sì, anche il Pdl potrebbe chiedere il voto segreto. Pazienza se la Lega non lo vuole. Man nel segreto, stimano nel centrodestra, Papa potrebbe arrivare ad avere 340 voti contro l'arresto. Tutto il Pdl, i Responsabili, almeno metà della Lega, una buona fetta dell'Udc, frange significative del Pd, più schegge varie. Se finisse così sarebbe un en plein.

Dall'altra parte c'è Tedesco. Aspettava da cinque mesi la sua richiesta d'arresto dei magistrati di Bari per lo scandalo della sanità. Dormiva. S'è risvegliata all'improvviso. Il Pd di Bersani e della Finocchiaro l'ha resuscitata e s'è smarcato di netto. Rispetto alle voci melmose del Pdl che mestavano nel ricatto ("Se ci fate arrestare Papa, noi vi fottiamo Tedesco").

Eccolo il risultato: ieri, nella conferenza dei capigruppo a palazzo Madama, la presidente democratica Anna Finocchiaro chiede che su Tedesco si voti subito. Oggi. Di più. Annuncia che "il Pd proporrà che sia concesso l'arresto". Pier Luigi Bersani ci mette il timbro più alto, quello del vertice del partito: "Noi ci opporremo alla Camera e al Senato al voto segreto e siamo favorevoli all'arresto tanto per Papa quanto per Tedesco".

Le sorprese non finiscono qui. Perché il Pd vuole stoppare pure il chiacchiericcio sui dalemiani, cui fa capo Tedesco, pronti a salvare sia lo stesso Tedesco che Papa. Il colpo di teatro sta nel fatto che Tedesco medesimo parlerà in aula e chiederà che si voti per il suo arresto.

La bomba esplode qualche minuto dopo a Montecitorio. Quando lo raccontano a Papa, che passeggia in cortile, impallidisce sotto l'abbronzatura. Non commenta. Il suo destino, ora, è legato a quello di Tedesco. Se l'ex assessore dice sì agli arresti domiciliari, lui pure parlerà. Tre, quattro minuti, alla fine degli interventi. A braccio. Ma all'opposto per respingere l'arresto e ribadire la sua innocenza, perché, carte alla mano, i pm di Napoli lo hanno intercettato illegalmente da deputato. Lui ha "le carte" per dimostrare che non ha preso soldi, che li ha restituiti, e se i pm lo avessero interrogato gliele avrebbe date. Il presidente della giunta Pierluigi Castagnetti, ricorda che esiste "l'istituto delle dimissioni...". Lui non ci pensa proprio. Maurizio Paniz legge il suo intervento a Manlio Contento; "Non dovete arrestarlo perché...".

C'è chi lavora in modo convinto per lui. Alle 17 il sempre Pdl Mario Pepe annuncia che "ha le 30 firme per ottenere il voto segreto". Si fa avanti il Responsabile Domenico Scilipoti con un "ma potrei chiederlo io". "Il voto segreto è giusto, anche se il Pdl non lo chiederà" garantisce il vice capogruppo del Pdl Massimo Corsaro. La strategia, alle 21 e 30, quando il gruppo Pdl si scioglie, è in alto mare. "Che lo chiedano 10 deputati per gruppo, così ci dividiamo le responsabilità" dice uno. "Tanto lo fanno i Responsabili" un altro. "Meglio farlo noi" un altro ancora.

Si deciderà all'ultimo. L'opposizione si prepara ai suoi "buuhhh... buuhhh...". "Il voto segreto serve per coprire le incertezze della Lega" dice il Pd Enrico Franceschini. Antonio Di Pietro chiede "un'assunzione di responsabilità contro la complicità politica e morale". Che per certo non ci sarà. 

(20 luglio 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2011/07/20/news/pdl_monetine-19353413/?ref=HREA-1
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« Risposta #41 inserito:: Luglio 23, 2011, 10:06:27 am »

IL RETROSCENA

Il Cavaliere sfida il Quirinale

"Martedì la norma salva-Ruby"

Il premier vuole l'accelerazione sul cosiddetto processo lungo, in aula prima dell'estate.

Ancora tensione con la Lega: salta la telefonata del chiarimento col Senatur.

Nei sondaggi crolla al 25% la fiducia nel premier e al 26 quella del governo.

Il Colle sale al 90% 

di FRANCESCO BEI e LIANA MILELLA


ROMA - Approvare la norma blocca-Ruby subito, prima della chiusura estiva delle Camere. Per lanciare un segnale preciso sulla giustizia, in controtendenza rispetto alla sconfitta su Alfonso Papa e alle voci insistenti di procure in movimento all'assalto del palazzo. Questo pretende Berlusconi prima delle vacanze. Questo sta chiedendo ai suoi ormai da giorni. "Dobbiamo opporre resistenza e far capire con nettezza che non piegheremo la testa di fronte a questa nuova ondata di giustizialismo dilagante".

Niente di meglio, per riuscirci, che un'altra delle sue leggi ad personam. Quella ribattezzata "processo lungo", che contiene già due zeppe per rallentare i dibattimenti, in particolare i suoi a Milano, Ruby, Mills, Mediaset, Mediatrade. Più poteri alle difese nell'imporre ai giudici la lista dei testi, divieto di usare le sentenze definitive già nei processi in corso. Ma soprattutto l'assist, quella piccola regola che impone, sempre ai giudici, di fermare le udienze in presenza di un conflitto di attribuzione. Giusto il caso di Ruby e di Mediaset.

La Lega già rumoreggia perché l'originario disegno di legge Lussana sul divieto di ottenere il rito abbreviato per i reati da ergastolo è stato stravolto. Ma anche a costo di andare, come per certo si andrà, a un nuovo scontro con il Quirinale, il Cavaliere ha imposto al gruppo del Pdl di piazzare il "processo lungo" nel calendario d'aula la prossima settimana, da martedì, sfidando il centrosinistra e giusto in
tempo per essere approvato prima delle ferie.

Il premier non è riuscito, come avrebbe voluto, nell'originaria pretesa di chiudere la partita addirittura anche alla Camera. Gli hanno spiegato che avrebbero dovuto tenere i deputati incollati alla sedia fino a Ferragosto e questo avrebbe prodotto un altro risultato negativo: far chiudere subito anche la partita sull'arresto di Marco Milanese. Berlusconi conta ora sul fatto che l'approvazione del ddl in un solo ramo del Parlamento - palazzo Madama - possa consentire ai suoi avvocati di premere in Tribunale per fermare i processi.

Il braccio di ferro con il Quirinale e con l'opposizione è comunque assicurato, in questo scorcio di luglio caldo. Potrebbe coincidere anche con l'ultima settimana da Guardasigilli di Angelino Alfano. Lui vuole andare via a tutti i costi dal governo. Vuole mani totalmente libere sul Pdl. A Napolitano ha detto "sto per lasciare". Ma la transizione è difficile. La carta giusta ancora non c'è. E ai vertici del Pdl c'è chi assicura che il cambio di guardia si farà all'inizio della prossima settimana (anche perché Napolitano a metà settimana andrà in vacanza) e chi invece è certo di un rinvio a settembre.

Potrebbe anche diventare necessario imporre la candidatura a chi, per esempio il vice presidente della Camera Maurizio Lupi, preferisce fare quello che sta facendo e occuparsi del partito. Finisce nel grottesco questa sostituzione. Tutti smaniano solitamente per fare il ministro, ma adesso nel Pdl nessuno vuole diventare un "Guardasigilli breve", di breve durata se ad ottobre matura la crisi, con più oneri che onori, soprattutto nel pieno di una nuova Mani pulite. E con un governo che, come rivelano gli stessi sondaggi di palazzo Chigi, non ha mai toccato punte così basse di gradimento.

L'ultima rilevazione, planata sulla scrivania del Cavaliere tre giorni fa, dà la sua fiducia al minimo storico con il 25 per cento, mentre quella del governo nel suo complesso è scesa al 26%. Numeri da brivido, a cui fa invece da contraltare la popolarità al 90% del capo dello Stato.

In questa situazione il premier non è riuscito, come invece avrebbe voluto, a ottenere da Umberto Bossi alcuna assicurazione circa le intenzioni del Carroccio. Ieri la prevista telefonata tra i due leader non c'è stata e con la Lega resta il gelo.

Lo dimostra, da ultimo, la contrapposizione sul disegno di legge Calderoli di riforma della Costituzione. Nel Pdl infatti non ne vogliono sapere, lo ritengono pieno zeppo di errori. I senatori di Berlusconi non hanno alcuna intenzione di dare il via libera a un testo che lascia ai soli deputati il privilegio di votare la fiducia al governo. Con palazzo Madama che, di fatto, sarebbe ridotto a una sorta di Conferenza Stato-Regioni più larga. Per questo ieri in Consiglio dei ministri il ddl è stato approvato "salvo intese", ovvero resta sospeso in un limbo finché non sarà trovato un accordo dentro la maggioranza. Calderoli non l'ha presa bene e si è rifiutato di scendere in conferenza stampa insieme a Berlusconi.

(23 luglio 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2011/07/23/news/legge_salva_ruby-19494840/?ref=HREC1-1
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« Risposta #42 inserito:: Luglio 28, 2011, 05:35:06 pm »

Il ministro che dividerà le toghe

Liana MILELLA

28
lug
2011

Il primo segnale è arrivato

Aveva appena finito di dire, nelle sue prime dichiarazioni, che l’obiettivo del suo prossimo dicastero sarebbe stato quello di ricomporre i rapporti tra politica e giustizia. Parola di Francesco Nitto Palma, l’uomo cui Berlusconi ha deciso di affidare il ministero di via Arenula. Uno a cui non un solo ministro ha fatto gli auguri. Neppure il suo predecessore Angelino Alfano. Detto fatto. Il governo ha messo al Senato la fiducia sul processo lungo. Contro il quale, a palazzo Madama, ex magistrati del rango di Gerardo D’Ambrosio, Felice Casson, Silvia Della Monica, Alberto Maritati, Gianrico Carofiglio, tutti del Pd, un intellettuale come Pancho Pardi e un avvocato come Luigi Li Gotti dell’Idv, per due giorni hanno spiegato in aula le tremende contraddizioni. Ne basti una per tutte: se avvenisse un delitto o uno scontro gravissimo in uno stadio di calcio, le difese, nel corso del processo, potrebbero citare come testimoni tutti quelli che stavano vedendo la partita in quel momento.
Non basta. Dice Pardi che questa è “giustizia di classe”. E lo è, perché solo chi può permettersi avvocati alla Ghedini può anche avere maggiori chance nel dibattimento per farsi valere.
Ma è la coincidenza tra il nuovo ministro e l’ennesima fiducia al Senato su una legge ad personam per il Cavaliere che la dice su chi comanda. Solo Berlusconi. Gli altri, Guardasigilli compreso, sono solo marionette. Si mettano tranquille le toghe. Tutto continuerà ad andare per come va dal 2008. Male.

http://milella.blogautore.repubblica.it/2011/07/28/il-primo-segnale-e-arrivato/?ref=HRER1-1
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« Risposta #43 inserito:: Luglio 29, 2011, 06:01:23 pm »

Il primo segnale è arrivato

29
lug
2011

Liana MILELLA

Il silenzio del neo Guardasigilli

Chi si aspettava le barricate è rimasto deluso. In aula, al Senato, per la fiducia sul processo lungo, nessuna protesta forte delle opposizioni. Solo un po’ di cartelli dei dipietristi con su scritto “ladri di giustizia”. E’ una cronaca povera quella sull’ennesima forzatura del governo e della maggioranza al Senato. Orba soprattutto della prima uscita del neo Guardasigilli Francesco Nitto Palma.
Lui c’è, pronto a ricevere pacche sulle spalle e strette di mano di complimenti per la sua nomina. Ma non parla.

Nonostante l’occasione sia d’oro. Potrebbe tessere le lodi e difendere un provvedimento che avrà come risultato un allungamento smisurato dei tempi dei processi. E’ la vittoria degli avvocati. Il trionfo di Niccolò Ghedini, il legale del premier, che a ogni pie’ sospinto, nelle udienze di Milano, ha sempre lamentato che le sue liste dei testimoni venivano impietosamente “potate” dai presidenti del tribunale di turno. Se questo testo, ormai a settembre, passerà anche alla Camera, Ghedini non potrà più lamentarsi. Potrà pretendere di acquisire tutte le prove e tutti i testi che vuole.

La pecca dei processi, come l’Europa ci rimprovera e com’è scritto in tutte le relazioni degli alti magistrati che aprono gli anni giudiziari, è la loro esasperante lentezza. In futuro essi saranno ancora più lunghi. Non arriveranno mai a conclusione, stretti come saranno tra le centinaia di testi e la prescrizione breve, prossima mossa legislativa del governo Berlusconi.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2011/07/29/il-silenzio-del-neo-guardasigilli/?ref=HRER1-1
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« Risposta #44 inserito:: Agosto 07, 2011, 11:11:14 pm »

7
ago
2011

Gli scrupoli mancati di Nitto

Liana MILELLA

Premessa d’obbligo. Ho volutamente lasciato “vivere” una settimana il blog per dire “ciao” a Peppe D’Avanzo. E’ tanto tempo per un blog, lo so, ma troppo grande è il senso di sperdutezza per la sua partenza. Mi deprime doverlo sostituire con uno dedicato al neo Guardasigilli Francesco Nitto Palma. Ma se non lo scrivessi credo se ne avrebbe a male il suo predecessore Angelino Alfano per le tante volte che l’ho attaccato.
Ora, va detto subito. Alfano, che è un politico di esperienza e un uomo con il “naso mediatico”, non avrebbe mai rilasciato al giornale di famiglia, il “Giornale” appunto, un’intervista che finisce a pagina 10, pure quella pari, che ha una pecca grande come una bella anguria matura. NON HA IL RICHIAMO IN PRIMA PAGINA. Adesso: il neo ministro della Giustizia parla di fatto per la prima volta, se si escludono le dichiarazioni a caldo, a ridosso della nomina. E qual è il titolo dell’intervista che, per chi se la fosse persa, è uscita sabato 6 agosto? “Ho sfidato i Br e la mafia, adesso non temo nulla”. Palma è stato forse minacciato e nessuno se n’è accorto? Eh no, nessuna minaccia, solo un piccolo gossip, il sito Dagospia scopre che sta per andare in vacanza in Polinesia. Parla di un mese, lui rettifica 16 giorni. Si dilunga sul pagamento, sui tempi della prenotazione, sulla possibilità del ritorno. Mezza pagina di roba. In coda c’è pure lo spazio per parlare di riforma costituzionale della giustizia e di intercettazioni.
Gentile ministro Palma, noi non ci siamo simpatici e la convivenza non sarà facile. Ma stiamo ai fatti. Lei pensa davvero che un Guardasigilli di freschissima nomina possa andarsene in vacanza come se niente fosse? Travaglio, sul Fatto, oltre a ribattezzarla Guitto Palma dallo Zitto Calma della prim’ora, le consiglia di rimanere laggiù per 16 anni. Noi siamo più cauti. E le elenchiamo le dieci questioni di cui si deve occupare subito, senza neppure perdere un giorno.
1. Le carceri innanzitutto, come le scrive giusto in queste ore il Pd. Potrebbe andare a trovare il suo compagno di partito Alfonso Papa, detenuto ormai da quasi 20 giorni a Poggioreale, e farsi dare qualche consiglio. Contro il sovraffollamento e la voglia di uccidersi.
2. La mancanza di magistrati nelle zone di frontiera. Questione su cui ha sbattuto la faccia anche Alfano.
3. Il personale amministrativo che non c’è, con i suoi ex colleghi costretti anche a fare i dattilografi, e gli addetti alle fotocopie.
4. La rete informatica della giustizia italiana che fa in continuazione cilecca.
5. Le auto scassate e senza benzina. Le offriamo un’idea: suggerisca che ai suoi colleghi vadano tutte quelle di palazzo Chigi e dei ministeri che sfrecciano nuovissime per Roma.
6. Lavori a un’idea decente, o quantomeno a un’idea, per sveltire i tempi dei processi. E rifletta se non sia il caso di avere il coraggio di chiedere a Berlusconi e Ghedini di bloccare il cammino parlamentare del processo lungo (ma sono certa che questo lei non lo farà mai).
7. Vada a trovare il Cavaliere in Sardegna (sempre mare no? Anche se non è la Polinesia) e gli dica che lei, da ex pubblico ministero, non ha il coraggio di far approvare alla Camera, a fine settembre, il disegno di legge sulle intercettazioni. Perché sarebbe la morte delle indagini.
8. Poi vada da Ghedini, che tanto veleggia lì vicino, faccia la voce grossa, e imponga di buttare nel cestino (per usare un’espressione garbata) la riforma della giustizia. Se non altro perché in ore di grave crisi economica è un assassinio sprecare il tempo sulle cose inutili. E quella riforma lo è.
9. Liberato il campo dalle leggi-imbroglio, calcoli cosa può fare di necessario in questo scorcio di legislatura. Che non sia una norma per Berlusconi, ovviamente.
10. Organizzi un paio di appuntamenti utili per settembre. Un incontro con i capi degli uffici, per sentire la loro voce e i loro bisogni. E veda pure Palamara, il presidente dell’Anm. Lo so, è stato il suo testimone di nozze. Ma è successo tanto tempo fa.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2011/08/07/gli-scrupoli-mancati-di-nitto/?ref=HRER1-1
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