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Autore Discussione: GOFFREDO DE MARCHIS.  (Letto 70792 volte)
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« Risposta #45 inserito:: Febbraio 17, 2011, 12:16:37 pm »

IL CASO

La Bindi candidata premier piace anche a Romano Prodi

L'augurio del professore al compleanno di Rosy.

L'idea di Vendola scuote il Pd. D'Alema: "Scelta da concordare con la coalizione"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Non è solo Nichi Vendola a indicare Rosy Bindi come candidato premier dell'alleanza democratica. Ieri a Montecitorio, dopo l'intervista del governatore della Puglia a Repubblica, molti democratici commentavano anche lo scambio di battute tra Romano Prodi e la Bindi durante la festa dei 60 anni del presidente Pd celebrata sabato scorso. "Ti auguro di diventare presidente del Consiglio, sei la persona giusta", ha detto il Professore alla festeggiata. L'omaggio di sabato scorso è diventato ieri, "non partecipo al totopotere", risposta ufficiale di Prodi a una domanda precisa. Resta la sostanza. In pochi giorni è arrivata una doppia investitura. Da due personalità che nel mondo del centrosinistra godono di popolarità e peso indiscutibili.

Con questi sponsor l'ipotesi finisce per agitare le acque del Partito democratico. Bindi fa i passi necessari a disinnescare la mina. Di buon'ora telefona a Pier Luigi Bersani e gli legge la dichiarazione per le agenzie. "Quello di Vendola è un passo positivo perché finalmente riconosce che c'è bisogno di una larga coalizione democratica", dice Bindi. Eppoi: "Lo ringrazio per la stima ma dobbiamo ripartire dalla politica, senza farci condizionare con nomi e candidature". Ma il gelo del Pd è evidente. Non si sa se indirizzato più verso la presidente o verso Vendola. Massimo D'Alema mette in guardia rispetto a iniziative estemporanee. "Voglio ringraziare Vendola per aver indicato una persona di grande valore - dice
l'ex premier -. Naturalmente, visto che si parla di grande coalizione, il candidato deve essere concordato e non imposto". La bocciatura netta di Giovanna Melandri racconta l'umore dei veltroniani. "Per una grande alleanza vedo bene Mario Monti. Bindi non può federare un'alleanza da Vendola al Terzo polo". Lo stesso Walter Veltroni, nei suoi colloqui privati, esprime un giudizio negativo.

Non ci sono solo le diffidenze. Il presidente della Provincia di Genova Alessandro Repetto scrive una lettera a Bersani per sostenere la Bindi: "Fai un gesto nobile, lancia lei". Paola Concia applaude: "Sono d'accordo con Nichi, occorre una leadership femminile. Ma tutti devono essere d'accordo". Alcuni vedono nelle parole di Vendola un'operazione, l'ennesima, studiata a tavolino per dividere il Partito democratico. Bersani cerca di tamponare ripetendo le parole della presidente. "Non mettiamo il carro davanti ai buoi - dice -. Prima costruiamo la coalizione, prima ancora arriviamo alle elezioni anticipate. Dopo sceglieremo chi saprà interpretare meglio il progetto". Bindi o non Bindi, l'ipotesi del governatore pugliese s'insinua nella maggiore difficoltà del centrosinistra: individuare il leader. "Vendola bleffa. Non indichi la Bindi, offra soluzioni alla crisi. Il modo migliore per aiutare questa maggioranza allo sfascio è indicare nomi e metodi per scegliere i candidati", dice Fioroni. Massimo Donadi dell'Idv considera "la Bindi una persona di qualità ma prima ci sia un incontro delle opposizioni". Il segretario di Prc Paolo Ferrero precisa: "Sì alla Bindi, senza Fini però".

(17 febbraio 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/politica
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« Risposta #46 inserito:: Marzo 07, 2011, 11:53:23 pm »

L'INTERVISTA

Bersani: "Niente passi indietro il patto col Terzo Polo si farà"

Il segretario Pd: "La riforma Alfano? Diversivo populista. Non escludo affatto la mia candidatura per la premiership.

Il governo non arriverà a fine legislatura, anche se Berlusconi userà tutta la sua determinazione per galleggiare"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - La linea resta uguale: arrivare a un'alleanza "tra moderati e progressisti", tra il Terzo polo e il centrosinistra classico.
"Abbiamo delle buone occasioni per realizzare questo incontro - spiega Pier Luigi Bersani -. Alle amministrative, nel passaggio dal primo al secondo turno. In Parlamento, con le battaglie sui temi costituzionali". E se nel Partito democratico qualcuno mette in dubbio la strategia, in vista di tempi lunghi per il voto, "deve con precisione indicare un'altra strada. I semplici dubbi non è che non aiutino me, non aiutano l'alternativa a Berlusconi". Il segretario del Pd parla anche della contestata raccolta di firme per le dimissioni del premier, costellata di sostenitori fasulli online, da Stalin a Hitler a Ruby. "Sono contento che abbia firmato Paperino. Credo invece che contro Berlusconi non firmerà mai la Banda Bassotti".

Fini è sicuro che quest'anno non ci saranno le elezioni anticipate. Lo pensa che lei?
"Non faccio previsioni. So però che le fasi non cambiano ogni 15 giorni. E la fase che stiamo vivendo è quella del tramonto berlusconiano. Sarà un crepuscolo che creerà tensioni drammatiche sul piano politico e istituzionale. Berlusconi si difenderà con tutte le energie per sopravvivere e alla fine del ciclo la ricostruzione democratica avrà bisogno di un concorso di forze. Sono parole che ho pronunciato un anno e mezzo fa. Non ho cambiato idea".

La "linea della fermezza", dopo la sconfitta del 14 dicembre e il voto più lontano, rischia di farle pagare un prezzo anche nel Pd?
"Sfortunatamente l'idea che le fasi cambino a ogni piè sospinto fa breccia anche nel centrosinistra. Pur non facendo pronostici, credo che il governo non arriverà alla fine della legislatura. Allora dico che il nostro campo si deve reggere su tre parole-chiave: tenuta, grinta e progetto. Berlusconi userà tutta la sua determinazione. Noi dobbiamo avere più grinta e più tenuta, non di meno. Nonostante la sua tenacia i sondaggi dimostrano che sta perdendo la presa sull'opinione pubblica mentre l'opposizione migliora la sua capacità di parlare ai cittadini. Eppoi si vota, altro che. A maggio dieci milioni di italiani vanno alle urne per le amministrative. A loro diciamo: vota per la tua città ma anche per il tuo Paese".

Ha detto che sarà un test nazionale. Se l'esito fosse negativo, si dimetterà?
"Non ci penso nemmeno a un esito negativo. So che si voterà in universo politico trasformato rispetto a cinque anni fa. Ma mi aspetto un buon segnale rispetto ai dati delle politiche, delle Europee e delle regionali. Sarebbe un messaggio nazionale".

Ci sono dubbi sull'autenticità dei dieci milioni di firme contro il premier. Online sono tantissime quelle taroccate.
"Fra quelle già raccolte e quelle che arriveranno ai milioni di moduli distribuiti alle famiglie l'obiettivo è raggiunto. Sapevamo che su Internet ci saremmo esposti alla goliardia del centrodestra. Ma chi vuole metterla in burla sbaglia. Abbiamo una certa esperienza di banchetti: non è mai stato così facile raccogliere adesioni. Il nostro compito adesso è tenere viva questa straordinaria partecipazione.
I sondaggi confermano che per gli italiani Berlusconi è l'ostacolo alla soluzione dei problemi. E non parliamo dell'immagine all'estero.
Nei rapporti con certi regimi ci vuole il senso della misura. Il baciamano a Gheddafi è parso l'omaggio a un dittatore non alla Libia.
Oggi rischiamo di pagare un prezzo salato nel rapporto con quei popoli".

Il progetto del Pd è oscurato dalle incertezze sulle alleanze?
"Ho sempre detto che prima delle alleanze c'è il progetto di governo e che il Pd ha la responsabilità di proporlo. Abbiamo un pacchetto di riforme sociali e sulla democrazia. Da lì partiamo. La proposta politica del partito resta assolutamente ferma, si rivolge ai moderati e ai progressisti. Al momento giusto tireremo le somme. L'importante è che il Pd abbia questa impostazione generosa e aperta che ora viene compresa dai cittadini più ancora che dalle forze politiche".

La riforma della giustizia non è una legge ad personam. Il Pd può almeno aspettare il testo prima di emettere la sentenza?
"Le carte vanno viste, per carità. Il punto è che da 17 anni non vediamo mai niente di accettabile. Io non mi aspetto niente di buono.
E nel frattempo ci sono nell'aria e in Parlamento ipotesi di ulteriori leggi ad personam che vanno inquadrate in un'offensiva generale del premier contro la magistratura alla quale ci opporremo. È la solita bandiera populistica di Berlusconi, il solito modo di non andare ai problemi concreti, la solita chiamata a un giudizio di Dio sulla sua persona. Le chiacchiere non possono nascondere che la giustizia è l'unico settore che non ha visto uno straccio di cambiamento a favore dei cittadini. La riforma è solo un grande diversivo e la ricerca di un terreno di scontro".

Sui referendum il Pd ha le idee chiare?
"Sì all'abrogazione del legittimo impedimento. Sì all'abrogazione della legge sul nucleare non per ragioni ideologiche ma perché siamo contro il piano del governo. Peraltro l'esecutivo ha appena fatto un danno alle energie rinnovabili, uno dei pochi settori in crescita, mettendolo nell'assoluta incertezza. Sull'acqua valuteremo. Abbiamo un progetto contro la privatizzazione, l'esito referendario ci porta verso una soluzione non convincente".

23 parlamentari del Pd hanno abbandonato il partito in questi tre anni. Non è preoccupato?
"Mi dispiace molto. Ma registro che nel Paese siamo compresi meglio. Lo dicono i sondaggi".

Scegliere subito il candidato premier darebbe una mano all'opposizione?
"Quando ci saranno le elezioni sarà chiaro lo schieramento e verrà definito il leader che come in tutte le democrazie deve emergere da un processo politico. Anche negli Stati Uniti si decide il candidato in ragione della scadenza elettorale. Una certa deformazione del concetto di leadership è il riflesso del berlusconismo che è in noi, come diceva Gaber".

Lei è sempre in campo?
"Non escludo affatto la mia candidatura. Per il leader del maggior partito di opposizione oltre che un problema di volontà è un dovere d'ufficio esserci. Questo non significa mettere la persona davanti al processo politico".

(07 marzo 2011) © Riproduzione riservata
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« Risposta #47 inserito:: Marzo 10, 2011, 09:52:19 am »

POLITICA E TELEVISIONE

Ferrara: "Tremila euro al giorno così difendo Silvio senza ipocrisie"

Da lunedì "Qui Radio Londra" su RaiUno: "Devo denunciare una crociata neo-puritana".

Io a Palazzo Grazioli? Posso andare a pranzo con chi mi pare Montanelli non lo faceva con Spadolini?


di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Si comincia lunedì, alle 20 e 30, su Raiuno. Una breve sigla, l'inconfondibile sagoma di Giuliano Ferrara seduto alla scrivania girevole. Poi le luci si accendono e il direttore del Foglio, in splendida solitudine, parlerà agli italiani. Ogni giorno dal lunedì al venerdì un editoriale di cinque minuti. Spazio nobilissimo. Il programma si chiama Qui Radio Londra. "Spero di fare polemica, di rompere la cappa di ipocrisia, di dispiacere a certi giornali, a certi commentatori. L'Italia è occupata non da Berlusconi, ma da una mentalità, da un cultura e da un modo di essere delle élite che mi fa venire l'orticaria".

Ma quale credibilità ha un conduttore che fa anche il consigliere del premier?
"Non sono il consigliere di Berlusconi. Faccio un giornale, scrivo dei commenti e in questo senso do consigli alla politica. Sono stato consigliere di Veltroni suggerendogli la vocazione maggioritaria e il partito liquido. Sono stato consigliere della Chiesa cattolica tifando per Ratzinger. E se lavorassi per Berlusconi il mio nome sarebbe nella lista dei bonifici del ragionier Spinelli".

Lei va Palazzo Grazioli quando si riuniscono i direttori dei giornali amici, una sorta di consiglio di guerra. Questo è un fatto.
"Di che parliamo? Posso andare a pranzo con chi mi pare? Montanelli non andava a pranzo con Spadolini, con i segretari dei partiti? È assolutamente normale per un giornalista andare dal premier,
quando viene invitato".

Quanto guadagnerà?
"Tremila euro a puntata, 15 mila euro a settimana. Contratto di due anni, opzione per il terzo".
Arriviamo nel periodo in cui si decide la successione al Quirinale. Ma Berlusconi è fuori dalla corsa, no?
"Non mi sembra. Il presidente della Repubblica lo eleggono i parlamentari, saranno loro a valutare il suo senso dello Stato".

Il bunga bunga è un ostacolo insormontabile, non crede.
"Sapevamo cosa faceva Gronchi nella sua vita privata? E quello che combinava Merzagora, a lungo presidente del Senato? È già uno scandalo sapere di Berlusconi quello che sappiamo. La crociata neopuritana è la vergogna dello Stato italiano".

Sappiamo già come tratterà il processo Ruby. Ma il servizio pubblico è di tutti.
"Il Cavaliere mi darà mille occasioni per parlare male di lui. Sull'inchiesta di Milano però ho le idee chiare: è un processo stregonesco, messo in piedi da pedinatori, giornalisti e magistrati. Un boomerang per gli oppositori del premier. L'alternativa ai leader si costruisce con la politica".

Occuperà lo stesso spazio di Enzo Biagi. Si confronterà con il grande successo di pubblico del giornalista scomparso.
"Il successo di Biagi non è colpa mia. L'avrò visto due volte in tutto".

E se fa flop?
"Ferrara non fa ascolto, gli spettatori scappano. Vedo già i titoli di alcuni giornali".

I dati dei tg dicono che non c'è bisogno di un bilanciamento a favore di Berlusconi. Straripa.
"Straripa perché parlano delle sue riforme o perché è perseguitato dai magistrati? Se mi accusano di aver stuprato la Madonnina vado anch'io tutti i giorni in televisione ma preferirei non esserci".

Il tono del programma è da tv di Stato?
"Non sono Biagi, non accarezzo il pelo del gatto nel verso giusto. Ho messo in conto le critiche. E conosco l'apologo di Arbasino: brillante promessa quando lavoravo a Raitre, solito stronzo quando andai sulle tv di Berlusconi, venerato maestro a Otto e mezzo dove volevano venire tutti. Per un certo ambiente, ora, tornerò il solito stronzo". 

(10 marzo 2011) © Riproduzione riservata
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« Risposta #48 inserito:: Marzo 12, 2011, 03:22:29 pm »



di GOFFREDO DE MARCHIS

Giustizia, la diffidenza del Terzo polo

Una cauta apertura. Ma la disponibilità ad esaminare insieme i punti della riforma della giustizia ha molte condizioni da parte di Fini e Casini. "Non è cupidigia di accordi o inciucio, ma è responsabilità definire le regole dello stare insieme non a colpi di maggioranza ma cercando il confronto di tutte le forze politiche", dice il presidente della Camera lasciando la porta aperta. È una posizione diversa dal no pregiudiziale. Questa risposta non appartiene al Terzo polo. "Noi al tavolo ci saremo, ci sediamo perché il nostro compito, anche dall'opposizione, è quello di contribuire a una legislazione migliore ma con la giusta dose di diffidenza", chiarisce il leader dell'Udc.

Il dialogo è solo all'inizio e può riservare ancora molte incognite.

Ma queste parole bastano ad Angelino Alfano per individuare e isolare le tessere mancanti al mosaico.

"Il Pd - dice il Guardasigilli - ci dica la sua idea, ne discuteremo in Parlamento. Dall'Anm invece vedo solo la difesa di posizioni corporative.

Il Partito democratico però resta fermo sul no, sulla chiusura totale. Anche Walter Veltroni non è disponibile: "In questo clima devo difficile la strada delle riforme. L'ostacolo principale è Berlusconi". Semmai il Pd continua a seguire la via di un rapporto con la Lega sul federalismo. C'è l'apertura di Pier Luigi Bersani: "Se il Carroccio vuole parlare noi siamo qua. Ma non dica che il miliardario sostiene il federalismo".

E ai dissensi interni, ultimo quello di Chiamparino, risponde: "Sotterriamo i picconi. Per me il Pd ha un futuro e lo dimostrano i sondaggi che ci danno in crescita".

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« Risposta #49 inserito:: Marzo 20, 2011, 03:23:33 pm »



di GOFFREDO DE MARCHIS

Libia, un asse premier-Colle

L'ira leghista

Stavolta Palazzo Chigi e Quirinale marciano a braccetto. Silvio Berlusconi tiene informato Giorgio Napolitano delle decisioni prese sull'intervento militare in Libia. Lo chiama al telefono appena concluso il vertice di Parigi. L'Italia mette a disposizione le basi militari per il decollo degli aerei. E' pronta a intervenire attivamente come annuncia il ministro della Difesa Ignazio La Russa. Anche se il premier per il momento esclude. "Mettiamo a disposizione le basi che sono indispensabili. Più avanti valuteremo un intervento diretto".

E assicura: "Le armi di Gheddafi non sono in grado di colpire l'Italia". Ma il nostro Paese è pronto, con i caccia e le portaerei.

Napolitano si compiace con il governo per l'esito del vertice di Parigi e "per l'impegno assunto". Le opposizioni, con qualche maldipancia, garantiscono il loro sostegno all'intervento. Da questo quadro unitario si sfila però la Lega. E se l'operazione militare dovesse avere tempi lunghi la posizione del Carroccio potrebbe diventare imbarazzante per la maggioranza. Non a caso il Pd e Casini mettono l'accento sull'atteggiamento irresponsabile dei leghisti.

Berlusconi minimizza: "Quella di Bossi è solo cautela". Ma questo fronte tutto italiano rischia di allargarsi.

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« Risposta #50 inserito:: Marzo 23, 2011, 04:53:23 pm »



di GOFFREDO DE MARCHIS 

Il voto sulla Libia e i diktal della Lega


E' braccio di ferro sulle mozioni da presentare in Parlamento sull'intervento militare in Libia. Bossi tiene in pugno il centrodestra, chiede condizioni precise soprattutto per fermare l'ondata di immigrati che può partire alla volta dell'Italia. Oggi Pdl e Lega si riuniscono per concordare una posizione comune. Massimo D'Alema conferma il sostegno del Pd alla risoluzione dell'Onu ma avverte: "Non voteremo una mozione contenente pasticci solo per accontentare il Carroccio". Lo stesso D'Alema denuncia la caduta di leadership del nostro paese: "Berlusconi sembra uno spettatore davanti alla guerra. E alcuni suoi ministri, come Maroni e Frattini, speculano sulla tragedia dei migranti".

Si comincia dal Senato, il voto sulla Libia potrebbe arrivare già nel pomeriggio. Poi toccherà alla Camera. Su tutti gli schieramenti c'è la "moral suasion" del Quirinale per avere una soluzione condivisa su un tema tanto delicato. Intanto il capo dello Stato Giorgio Napolitano appoggia la linea del governo per un passaggio del comando alla Nato.

Giornata chiave anche per il federalismo regionale. Se il governo non cede alle richieste del Pd e delle Regioni si può avere il bis del voto sul fisco municipale, cioè un pareggio. Ma la maggioranza berlusconiana continua a seguire il fronte della giustizia. Nella commissione parlamentare rispunta la prescrizione breve, Pdl e Lega l'approvano, il processo Mills che vede imputato Berlusconi con questa norma è virtualmente già concluso. Le opposizioni reagiscono: adesso sappiamo cosa nasconde la riforma della giustizia, dicono, la solita legge ad personam.

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« Risposta #51 inserito:: Aprile 04, 2011, 11:06:25 am »

   
DEMOCRATICI

Parla Bersani: "Alfano servile il Pd in piazza per la giustizia"

Il leader del Partito democratico: "Il guardasigilli è un ministro impastato di arroganza e servilismo".

"Governo tecnico è tramontato, si deve votare"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - "Alfano è arrogante come Berlusconi e servile a Berlusconi". Dunque si scordi il confronto, il "fumoso" dialogo. "Quando annunciò la sua epocale riforma della giustizia - ricorda Pier Luigi Bersani - dissi che entro 15 giorni saremmo tornati alle leggi ad personam. Da martedì voteremo una prescrizione costruita su misura del premier e sul fatto che Ruby è la nipote di Mubarak. Più chiaro di così".

È allarmante anche l'appello alla piazza del ministro della Giustizia?
"Mi allarma innanzitutto l'immagine di Alfano come emerge dall'intervista a Repubblica. Un ministro impastato di arroganza e servilismo. Un ministro che tradisce il suo mestiere e ha uno stile sartoriale perché adatta sempre i suoi provvedimenti ai voleri del capo. Quanto alla chiamata del popolo è un'affermazione sconsiderata. Ma lo avverto: è difficile arrampicarsi sulle piazze quando ci si arrampica sugli specchi".

Il Pd, rifiutando ogni confronto, rischia di apparire conservatore e succube dei magistrati. Ha messo in conto gli effetti negativi di questa posizione?
"Non siamo il partito dei giudici. Anzi, siamo pronti a disturbare i magistrati in nome di un servizio più efficiente per i cittadini come persino Alfano può arguire leggendo le nostre proposte di legge. Ma la riforma costituzionale ha un punto essenziale che è inaccettabile: dà alla politica un potere improprio nell'esercizio
della giustizia. Contro questo e contro le leggi ad personam combatteremo in Parlamento e nelle piazze".

Il Guardasigilli è convinto che il vostro no sia dettato dalla fretta. Per molti dirigenti del Pd, dice, il tempo è quasi scaduto.
"Faccia bene il suo mestiere e queste cose le lasci dire al suo capo".

Sicuro che il Pd riuscirà a reggere senza fratture il doppio binario in piazza e in Parlamento?
"Sarebbe una novità davvero singolare che un grande partito popolare dicesse no alla piazza o no alle aule parlamentari. Non conosco partiti popolari che si facciano di questi problemi".

Ma nel Pd qualcuno invoca l'Aventino e qualcun altro teme scivolamenti verso il dipietrismo.
"Allora chiariamo. Noi combattiamo in Parlamento. Lo rispettiamo e non l'abbandoniamo. Poi ci sono le tattiche parlamentari. Ma Aventino è una parola grossa. Significa andare via dal Parlamento, non uscire dall'aula in certe occasioni".

E la piazza? I vostri potenziali alleati capiranno?
"Noi vogliamo avere un colloquio diretto con i cittadini che a loro volta hanno voglia di essere protagonisti. Martedì saremo al Pantheon. Poi, le notti bianche sulla scuola diventeranno anche per la democrazia. I manifesti contro la Lega tappezzeranno il Nord. I cittadini sono parte di questa battaglia. In modo democratico e civile.

Non siamo noi quelli delle monetine".
Lei chiede le elezioni anticipate. Sotto sotto non pensa ancora a un governo tecnico?
"Ho detto e ripeto: qualsiasi soluzione è migliore dello sfascio attuale. Ma dopo il 14 dicembre e la scesa in campo dei mitici responsabili - che hanno creato un cestino dove si mettono le uova che puoi comprare ovunque - il governo di transizione più che indebolito è tramontato. Per questo dico: si vada subito al voto. Non è una forzatura, basta guardare agli ultimi mesi. Il governo ha prodotto la scossa all'economia finita in un comunicato stampa, la riforma epocale della giustizia invece siamo sempre intorno a Ruby, la posizione ambigua sulla Libia, Parmalat, Edison e tutta la moda che volano verso l'estero".

Sull'arrivo dei profughi il governo sbandiera il successo dei trasferimenti da Lampedusa.
"Invece è un disastro. Noi abbiamo avanzato una proposta. A Tunisi Berlusconi chieda di bloccare i flussi. A chi è già qui si dia lo status temporaneo per circolare in Europa come è successo ai tempi del Kosovo. No alle tendopoli, sì all'accoglienza diffusa. Ma se lo spettacolo è che ogni mattina un ministro dice solidarietà e l'altro fora di ball, allora fanno da soli".

Condivide l'idea di Tremonti: frenare lo "shopping" in Italia con una nuova Iri?
"I buoi sono scappati e loro hanno dormito per due anni. La nostra posizione è chiara: non si possono allestire strumenti pubblici senza avere uno straccio di idea sulle politiche pubbliche. Quando ero all'Industria proposi degli indirizzi di politica industriale. Il governo faccia lo stesso e siamo pronti a discuterne. Ma faremo una battaglia dura contro ipotesi di Iri o Mediobanche organizzate nella versione del sistema di potere".

Proprio martedì e mercoledì al Senato si decide sull'arresto del senatore Pd Tedesco. Alcuni democratici vorrebbero votare contro. Rischiate un cortocircuito con le piazze anti-Berlusconi?
"Ho detto ai senatori: leggete bene le carte e fatevi un vostro legittimo convincimento perché in ballo c'è la libertà personale. E sappiate che il partito non ha niente da tutelare".

Lei come voterebbe?
"Bisognerebbe conoscere bene gli atti giudiziari. Ma posso dire che il Pd ha a cuore un profilo di assoluto rigore".

Ad appena 51 anni Zapatero annuncia che non si ricandiderà alle prossime elezioni. Un fenomenale spot per il rottamatore Renzi.
"Penso esattamente il contrario".

In che senso?
"È una straordinaria pubblicità alla nostra idea di leadership".

Come dice?
"Dopo due legislature è assolutamente necessario un ricambio del leader".

Il vostro album di famiglia è sempre lo stesso da decenni.
"Ma la differenza con l'esperienza spagnola e con altre, non è il ricambio, è la stabilità. Le maggioranze sono garantite per un'intera legislatura e questa garanzia viene dai partiti non dal ghe pensi mi".

Il nuovo può essere Montezemolo?
"Ho trovato positivo il suo appello alle classi dirigenti e agli imprenditori che conoscono benissimo il crollo di credibilità dell'Italia nel mondo. Lo dico da tempo: chi tace oggi come potrà parlare domani?".

Quindi tifa per un suo impegno in politica?
"Tutto quello che mette nuova energia nella cosa pubblica è benvenuto. Purché sia chiaro un punto. Il tramonto di Berlusconi deve coincidere con la fine di un'illusione: una sola persona non ha la bacchetta magica. Il Pd vuole innovare, riformare le istituzioni e i partiti. Ma proprio per avere sia le istituzioni sia i partiti. È il tempo di leadership che siano dentro un collettivo. Solo in Italia si pensa che i problemi si risolvono con la scelta di una singola persona". 

(04 aprile 2011) © Riproduzione riservata
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« Risposta #52 inserito:: Aprile 12, 2011, 06:40:00 pm »

di GOFFREDO DE MARCHIS

Lo schiaffo della Ue al governo

"Mi chiedo se davvero abbia un senso continuare a far parte dell'Unione europea", dopo che questa ha lasciato da sola l'Italia a gestire l'emergenza immigrati. Sono le parole choc di Roberto Maroni dopo lo schiaffo ricevuto dall'Italia a livello europeo. Parole che lasciano il segno, alle quali l'opposizione risponde con durezza. "Vuole che finiamo nell'Unione africana?", si chiede Pier Luigi Bersani. Non dev'essere una boutade, quella del ministro dell'Interno. Maroni rivela che Berlusconi la pensa come lui. Ma le reazioni, anche dalle cancellerie del Vecchio continente, sono allarmate.
La minaccia della Lega fa quasi passare in secondo piano la giornata sul fronte giudiziario. Allo show di Berlusconi davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, dove ha fatto un vero e proprio comizio davanti alla sua rumorosa claque, replica senza mezzi termini Gianfranco Fini: "Il premier non è Superman".  Poi attacca la maggioranza: "Questo è il governo Berlusconi-Scilipoti". E sul processo breve aggiunge: "La legge dev'essere veramente uguale per tutti. Qui invece si sta trascurando l'interesse generale perchè Berlusconi si occupa di una cosa sola". Per Di Pietro il comizio di Berlusconi a Milano "è eversivo" ed Enrico Letta (Pd) per una volta la pensa come l'ex pm.  "Siamo al limite dell'eversione. Berlusconi è andato oltre. Il centrodestra ha vinto le elezioni e ha diritto di governare fino al 2013, ma per favore cambi il presidente del Consiglio perchè sarebbe utile per l'Italia e per loro". E domani la Camera torna ad occuparsi della prescrizione breve che "ucciderà" il processo Mills-Berlusconi: l'approvazione è prevista per mercoledi sera.

da - www.repubblica.it/politica/
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« Risposta #53 inserito:: Aprile 18, 2011, 04:35:18 pm »

di GOFFREDO DE MARCHIS

Berlusconi: test alle amministrative

Dunque avremo presto un assaggio delle elezioni politiche anticipate che sono nell'aria da tempo ma che non arrivano mai. Lo ha detto per primo Pier Luigi Bersani qualche settimana fa: "Le amministrative sono una prova nazionale". Oggi lo ha confermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: "Il voto per sindaci e province è un test nazionale". Il 15 maggio ci si misura anche sull'idea di Paese e sulle forze in campo dopo gli ultimi mesi di scontro frontale. La sfida è aperta.
Il Cavaliere cerca la "conferma che il berlusconismo non è al tramonto", come dice alla presentazione della candidata milanese Letizia Moratti. Ma gli aspiranti sindaci gli interessano fino a un certo punto. Vuole un referendum su di sè nel pieno della bufera giudiziaria che lo riguarda. "Dovete spiegare che cosa sono i comunisti - dice -, spiegare che cosa ha fatto la sinistra al governo. Dovete dire: devi votare per tutelare i tuoi diritti ma anche i tuoi interessi patrimoniali". I primi comunisti per lui restano i magistrati e in particolare i procuratori di Milano. Per non copiare alla lettera i manifesti apparsi nel capoluogo lombardo li definisce "una cellula rossa". Ma quel riferimento alle Br dev'essergli piaciuto non poco. E infine parla di un "patto scellerato" tra i giudici e Gianfranco Fini. Che oggi decide di rispondergli: "Non conosce vergogna".

da repubblica.it
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« Risposta #54 inserito:: Aprile 21, 2011, 10:33:23 pm »

L'INTERVISTA

"Casini con noi prima delle elezioni o Berlusconi vincerà un'altra volta"

Veltroni: "Battere il clima d'odio. Costretti a cercare una soluzione che avvii una fase simile a una ricostruzione postbellica"

di GOFFREDO DE MARCHIS

"Casini con noi prima delle elezioni o Berlusconi vincerà un'altra volta" L'ex segretrario del Partito democratico Walter Veltroni
ROMA - Per Walter Veltroni la prima scelta resta il governo di decantazione, proposta lanciata insieme con il senatore del Pdl Beppe Pisanu. «Siamo costretti a cercare una soluzione che dia la garanzia della fine del berlusconismo. E avvii una fase simile a quella della ricostruzione post bellica». Quali sono le alternative? «La prosecuzione del governo Berlusconi, ossia un disastro per l'Italia. E le elezioni anticipate. Siamo sicuri che un nuova campagna elettorale uguale alle precedenti e dall'esito incerto possa risolvere i problemi?».

Casini e Bersani hanno archiviato l'esecutivo di transizione e puntano dritti al voto anticipato. Stanno sbagliando tutto?
«No. Però mi piacerebbe che la richiesta di elezioni avvenisse contestualmente all'impegno comune per costruire in campagna elettorale uno schieramento di forze largo e sicuramente vincente. Chiedere le elezioni per andare separati rischia di creare le condizioni in cui Berlusconi torna a essere il vincitore. Si ripeta cioè l'errore del ‘94. E in condizioni drammatiche come quelle prodotte alle accelerazioni e dalla forzature di Berlusconi, compresa quella annunciata sulla legge elettorale del Senato».

I sondaggi dicono che anche la coalizione Pd-Idv-Sel avrebbe la meglio sul centrodestra. Vendola nell'intervista a Repubblica propone infatti un patto di consultazione tra queste forze.
«Ho visto i sondaggi. Dicono che il centrosinistra prevale di mezzo punto percentuale. Ma vanno considerati alcuni particolari. Nei sondaggi loro sono spesso sottostimati rispetto a noi; sempre più gente si vergogna di ammettere il voto per il Pdl; Berlusconi ha dimostrato una capacità di recupero nelle campagne elettorali. Non possiamo più permetterci di rischiare. Dobbiamo trovare la strada che garantisca la chiusura della stagione berlusconiana e non la sua riproposizione. Questa garanzia viene da un governo di decantazione o da un'alleanza elettorale di tutte le forze politiche che stanno insieme per un percorso di transizione, poi tornano a dividersi in un bipolarismo maturo e civile. Questo Paese è stanco, ha di fronte sfide difficili, come quella di risanare il bilancio - e nel 2013 ci vorrà una manovra durissima - e evitare l'impoverimento del lavoro e dell'impresa».

E le ambizioni del riformismo italiano dove finiscono?
«La fine di Berlusconi e della sua cultura ci saranno solo quando gli italiani avranno la percezione che comincia una fase nuova. Come succede negli Usa o in Gran Bretagna. Abbiamo il dovere di trasmettere il senso di un ciclo storico, una ennesima pagina della malattia del populismo, che si chiude. Per riuscirci è necessario che scenda in campo il riformismo».

Un governo di passaggio non è la summa dell'antiberlusconismo?
«Non è così. Superare Berlusconi significa liberare la vita pubblica del Paese. Non è un obiettivo di poco conto. Se è possibile farlo già oggi con un governo che marchi una netta discontinuità con il passato, attenui il clima di odio e faccia la riforma elettorale, per me è la soluzione migliore. Del resto è la proposta che il Pd ha avanzato più di un anno fa. La prosecuzione del governo Berlusconi sarebbe un disastro. Napolitano gira per l'Italia e per il mondo dando del nostro Paese l'immagine positiva della sua grandezza. Ma come Penelope lui tesse una tela che si sfascia ogni volta che il premier apre bocca. L'altra strada sono le elezioni anticipate. Temo però che invocare il voto non faccia altro che ingrossare le fila dei responsabili. Altra cosa è delineare la possibilità di un esecutivo non di ribaltone guidato da una figura che comunichi un senso di sicurezza al Paese come fu Ciampi e porti a una transizione morbida verso una vera Seconda repubblica».

Va esclusa la possibilità di una sua ricandidatura a Palazzo Chigi?
«Escludo che se ne debba discutere adesso. Il grande difetto del centrosinistra di questi ultimi anni è aver concentrato il confronto sui nomi. Ne sono stati divorati decine. È un chiaro elemento di fragilità. Ma non si può più giocare. Questo è il tempo di pensieri lunghi, per usare le parole di Berlinguer».

Il clima di odio è alimentato anche da Asor Rosa?
«Certo. L'idea di congelare la democrazia per salvarla è pericolosa. Come lo sono le minacce dei tassisti milanesi all'assessore regionale del Pdl, come lo è quel manifesto che accosta le Br alle procure, come lo è l'incredibile silenzio di Berlusconi su quell'episodio. Perché il Paese vuole bene a Napolitano come ne ha voluto a Ciampi e Scalfaro? Perché li vede come elementi di unità, perché non si piegano alla logica della politica spettacolo. Dovremmo ispirarci a questa politica piuttosto che a certe trasmissioni tv dominate dagli urlatori».

Movimento democratico, la sua area, ha criticato la segreteria Bersani per i sondaggi che inchiodano il Pd al 25 per cento. Ora c'è un lento recupero.
«Il Pd ha preso il 33,4 per cento nelle condizioni più difficili, dopo la travagliata esperienza del governo Prodi. Se abbiamo raggiunto quella soglia nel 2008, in un momento più vantaggioso non possiamo accontentarci. Esiste un elettorato potenziale per il Pd che si aggira intorno al 42 per cento. Dobbiamo guardare a quell'obiettivo. E io ho fiducia che si possa raggiungere».

Un Partito democratico che vuole tenere insieme opposizione parlamentare e piazze è in grado di puntare a quella cifra?
«Le piazze vanno benissimo. Ma poi il discorso pubblico del Pd deve scegliere alcuni temi-chiave. Faccio degli esempi: la fine del precariato con la proposta Ichino; le politiche per far diventare il Pd il più grande partito ecologista italiano; la scelta inequivoca di scuola, università, ricerca e cultura come volano del Paese; una politica più lieve, partiti più leggeri».

Alle amministrative il Pd può dare una spallata a Berlusconi?
«Spallata è un'espressione che mi fa orrore anche perché i teorici delle spallate spesso finiscono in ortopedia. Certo, questo test può avere effetti rilevanti, ma i cittadini vanno a votare per il sindaco, cioè per la persona che più influisce sulla loro vita. Sbagliare scelta significa vivere peggio».

È possibile un'alleanza con il Terzo polo al ballottaggio?
«Me lo auguro. A Napoli tra il candidato sostenuto da Cosentino e Morcone i centristi non dovrebbero avere dubbi. Vedo però che il Terzo polo rivendica un ruolo autonomo. Così torniamo alla logica dei due forni, dei governi contrattati. Invece il futuro del Paese sta in un bipolarismo virtuoso. Per averlo penso sia necessaria una fase di passaggio. Ma come ho detto la fine del berlusconismo ci sarà solo se emergerà una vera e nuova alternativa riformista. Una sfida per togliere al Paese paura, immobilismo e odio affermando innovazione, speranza e spirito di comunità».
 

(21 aprile 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/politica/2011/04/21/news/
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« Risposta #55 inserito:: Ottobre 12, 2011, 12:02:50 pm »

Il retroscena

I sospetti di Bersani: "Puntano a isolarmi ma nel partito restano una minoranza"

Il movimentismo di Walter e gli attacchi espliciti di Gentiloni hanno ferito il segretario.

Ma il segretario, sul governo di transizione, rilancia: "Sono stato io il primo a parlarne, c'è anche la prova filmata del discorso". 

Il nervosismo sulla leadership è legato anche alla vicenda Penati

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Bersani continua a sospettare un uso improprio della bandiera "governo di transizione" da parte di Veltroni. Un modo per schiacciarlo sull'alleanza di Vasto (la foto con lui, Di Pietro e Vendola) e per metterlo ai margini di un ipotetico e remoto esecutivo-ponte. "Ma il primo a parlarne sono stato io", ricorda ai suoi interlocutori. C'è anche la prova filmata: il discorso a Montecitorio sul voto di fiducia alla manovra datato 28 luglio 2010, più di un anno fa.

"Il berlusconismo è finito, il Pd è pronto a una fase di transizione", disse quel giorno. E il video corre su Facebook nelle pagine dei fedelissimi bersaniani. Ma il segretario vuole evitare la polemica, anche se ha registrato le punzecchiature dell'assemblea di Movimento democratico. "Non ho alcuna intenzione di polarizzare lo scontro. C'è stata una riunione della minoranza del partito. Hanno partecipato anche Letta e Franceschini ma non mi risulta si siano iscritti a Modem. E le tesi sostenute in quella sede, esecutivo di transizione a parte, continuano a essere largamente minoritarie nel Pd".

Assemblea più che legittima, ma stavolta Bersani non ne condivide lo spirito. Non a caso ha evitato di farsi vedere, a differenza della convention al Lingotto di Torino dello scorso gennaio dove accettò con calore l'invito e intervenne dal palco.

Il movimentismo di Veltroni (venerdì scorso ha tessuto la sua tela incontrando a pranzo il presidente della Camera Gianfranco Fini),
le parole di dissenso di Paolo Gentiloni ("non è scontato che Bersani sia il nostro leader, neanche se si vota nel 2012) lo hanno ferito. Ha apprezzato invece l'intervento di ieri di Beppe Fioroni che ha chiarito un punto cruciale nella minoranza. "Chi pensa che siamo qui per dire Bersani a casa non ha capito nulla". Modem sulla leadership ha scelto un profilo basso, nessun attacco diretto, nessuna sconfessione. Eppure il ruolo di Bersani rimane nel mirino di più fronti. Magari contrapposti, divisi, ma lo stesso insistenti.

L'annuncio di Matteo Renzi va in questa direzione. "Il big bang del sindaco di Firenze - dice Matteo Orfini, membro della segreteria, alla guida del gruppo di trenta-quarantenni anti-rottamatori - è carico di fuffa. La cornice sarà diversa, però la valanga di idee darà sempre la stessa musica, cioè il tentativo di imprimere una svolta neomoderata al Pd". E Veltroni? "Forse non è la linea di Walter ma in alcune settori di Modem la voglia di logorare Bersani esiste. Ma ieri non c'è stato l'affondo. Semmai un'operazione che punta ad allargare la minoranza sulla base di alcune politiche economiche". Il riferimento è a Enrico Letta e alla condivisione della lettera della Bce a Berlusconi.

La sfida sulla leadership resta dunque sottotraccia. Ma c'è un nervosismo evidente nel Pd e intorno al segretario. Anche e soprattutto per fattori esterni al dibattito interno. Il 21 ottobre, fra dieci giorni, il Tribunale del Riesame decide sulla richiesta di arresto per Filippo Penati da parte della procura di Monza. Sarà riuscito a convincere i pm, domenica, della sua buona fede? Quel "verdetto" rischia di far precipitare di nuovo nella bufera il partito e il suo segretario. Perché è vero che Penati è stato sospeso, ma rimane l'ex capo della segreteria di Bersani.

Sulla questione morale la tensione tra le varie anime del Pd continua a essere visibile e scoperta. Tanto per dire ieri su Facebook se le sono date di santa ragione due giovani leve democratiche, il direttore di Youdem, la tv ufficiale, Chiara Geloni, bersaniana e Pina Picierno, vicinissima a Franceschini ed ex leader dei giovani della Margherita. Una lite feroce intorno alla vicenda Penati e all'acquisto dell'autostrada Milano-Serravalle condita da parolacce, accuse di "berlusconismo" e riferimenti (scherzosi ma non troppo) all'assunzione di stupefacenti.

Bersani cerca di mantenere la barra dritta. Visti i toni morbidi di Modem sulla sua persona, ha ordinato ai suoi collaboratori di non fare commenti. Da D'Alema ha incassato il riferimento all'intervento alla Camera del 2010: "Il segretario è stato il primo a parlare di transizione. Tutti seguono la sua linea".

Ma il governo di emergenza gli appare una chimera difficilissima da raggiungere. Proprio per questo l'unità oggi è tanto più indispensabile. E a Largo del Nazareno sperano che non arrivino spaccature dai prossime tre week end in cui i giovani del Pd si dividono. Prima la riunione dei 30-40enni guidati da Andrea Orlando e Orfini all'Aquila (con Zingaretti e Enrico Rossi guest star), poi Civati e la Serracchiani a Bologna e infine la Leopolda 2 di Renzi a Firenze. Ma sul punto Veltroni dà una mano al vertice del Pd piazzando una frase velenosa: "Ben vengano i tre convegni dei giovani anche se alcuni di loro li conosco da trent'anni...".

(11 ottobre 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2011/10/11/news/sospetti_bersani-23018297/
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« Risposta #56 inserito:: Novembre 04, 2011, 02:50:23 pm »

LA PROTESTA

Bersani e la manifestazione del Pd "In piazza con noi chi ha a cuore l'Italia"

Domani il Partito democratico a San Giovanni a Roma. "Via Berlusconi, ricostruiamo il Paese".

Di Pietro ci sarà. Attesi 4 treni, 2 navi, oltre 700 pullman.

Vendola: "Guardo con grande simpatia"


di GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA - Il Partito democratico "riapre" Piazza San Giovanni alle grandi manifestazioni dopo il sabato nero degli scontri, tre settimane fa. Lo fa per un appuntamento che sarà sicuramente pacifico, ma ha tutte le intenzioni di mandare un chiaro messaggio agli italiani: Berlusconi deve andare a casa. Domani la grande piazza di Roma sarà invasa dal popolo democratico con il caldo suggerimento del segretario Pier Luigi Bersani di sventolare soprattutto bandiere tricolori. "Il nostro intento è di riunire tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro paese per avviare insieme una ricostruzione democratica, sociale ed economica", dice il leader del Pd. Non verranno invocate elezioni, si dirà che c'è bisogno di un cambio a Palazzo Chigi. Subito.

La manifestazione scatta alle 12,30 con la musica, altra protagonista della kermesse. Si comincia con le note dell'ensemble multietnico Med free Orkestra e con Ziggy. Più tardi sul palco saliranno Marlene Kuntz e Roberto Vecchioni. Ma il clou scatta alle 14,30 quando Bersani e gli ospiti daranno un senso politico alla giornata. Sono stati invitati a parlare il leader della Spd Sigmar Gabriel, il candidato alle presidenziali francesi, il socialista François Hollande e il vicepresidente della Dc cilena Jorge Burgos. Sono stati Beppe Fioroni e Lucio D'Ubaldo a organizzare l'arrivo del dirigente sudamericano. In qualche modo andava equilibrata la presenza dei socialisti con un esponente cattolico che desse il senso di un partito progressista, che è fuori dall'alveo del socialismo classico.

In piazza ci saranno banchetti per la raccolta di fondi in favore delle zone alluvionate della Liguria e della Toscana. A rompere le parole dei politici puri, Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissario per i rifugiati, parlerà degli immigrati, dei richiedenti asilo. "Per riprendere il posto che ci meritiamo nel mondo c'è bisogno di uno sforzo corale. Per questo chiediamo a tutti di venire in piazza con noi, alle diverse associazioni impegnate nella società, ai movimenti civili, a coloro che hanno a cuore il futuro degli italiani", dice ancora Bersani in un invito aperto. I militanti del Pd si sono già mossi. È prevista un'affluenza record con 14 treni, 2 navi, oltre 700 pullman già riempiti. Si spera nella clemenza del meteo.

La manifestazione verrà trasmessa in diretta sul sito del Pd (www.partitodemocratico.it), sul twitter di pdnetwork (con # cinque11), sul sito di Youdem, la televisione del partito (www.youdem.tv) e sul satellite (canale 808 della piattaforma di Sky), ma anche sul sito dell'Unità e di Europa, su repubblica.it e corriere. it, su Rainews24 e Skytg24. Ci saranno l'Idv e il suo leader Antonio Di Pietro. Ci sarà anche Matteo Renzi, che partirà per Roma subito dopo la posa della prima pietra della tramvia a Firenze. Mancherà Nichi Vendola che quel giorno accoglie Napolitano in Puglia. Ma il capo di Sel guarda "con grandissima simpatia alla manifestazione". E tifa perché dal popolo Pd sorga un movimento per le elezioni anticipate, scavalcando l'idea di un governo di emergenza. "Auguro un successo a Bersani - spiega Vendola - perché considero l'appuntamento del Pd un pezzo importante della costruzione di un cantiere comune". L'area Marino avrà una sua folta rappresentanza. "La manifestazione è certamente un passaggio importante per mandare a casa il governo Berlusconi", dice il coordinatore Michele Meta.

(04 novembre 2011) © Riproduzione riservata
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« Risposta #57 inserito:: Novembre 08, 2011, 10:00:31 am »

L'intervista

Veltroni sposa l'ipotesi Monti "Niente voto e governo di transizione"

Parla Walter Veltroni: il partito ascolti le preoccupazioni di Prodi. 

"Il Cavaliere ora è solo contro tutti e oscilla tra infantilismi e l'idea di trascinarci alle urne in un finale da Caimano".

Su Renzi: "Non condivido né certe forzature del sindaco di Firenze né reazioni di stampo antico del tipo 'fai il gioco del Cavaliere'"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Un modello per il dopo Berlusconi? Il socialista Papandreou, ancor più che Zapatero. "Il premier greco ha dimostrato cosa significa essere un uomo di Stato. Pur avendo la maggioranza, ha operato per un governo di unità nazionale facendosi da parte". Il parallelo con la Grecia fa capire quanto Walter Veltroni veda nerissimo il futuro di un'Italia con Berlusconi in sella anche solo per qualche giorno. "Sta trascinando il Paese verso un esito che può diventare davvero difficile e persino drammatico", scolpisce l'ex segretario del Pd.

Siamo lontanissimi dai numeri devastanti della crisi ellenica, non crede?
"Certo. Ma il pericolo per l'Italia non sono le sue potenzialità, i suoi fondamentali. È piuttosto un presidente del Consiglio che si ostina a non volere riconoscere la realtà. In questo momento è solo contro tutti: contro i mercati, contro le cancellerie europee, contro i giornali italiani e internazionali, contro parte consistente della sua stessa maggioranza. Berlusconi invece oscilla tra l'asilo infantile con dichiarazioni del tipo "voglio vedere in faccia chi tradisce" e l'idea di trascinare l'Italia a elezioni in un clima che rischia di assomigliare al finale de Il Caimano. I parlamentari del centrodestra devono sapere che l'obiettivo del premier è la corsa alle urne non certo la conclusione della legislatura né la trasformazione in atti parlamentari della lettera alla Ue".

C'è lo spazio per un governo di transizione?
"Io lo sostengo da tempo, l'ho scritto in un appello firmato con Beppe Pisanu molti mesi fa. Vedo che questa mia convinzione è oggi un dato oggettivo. Si può andare a votare con la verifica trimestrale del Fondo monetario, con i mercati che possono attivare meccanismi di esposizione debitoria del Paese tali da non essere sopportabili? No. L'Europa si attende da noi riforme strutturali, misure serie, un clima all'altezza della situazione".

Perché il voto anticipato non garantisce una fase nuova, come avviene in Spagna?
"Perché in Italia c'è una legge elettorale che fa nominare i parlamentari. E rende ancora più indigeribile per i cittadini la politica e la sua macchina organizzativa. Perché contro quella legge sono state raccolte un milione e 200 mila firme referendarie. Perché quella norma non dà alcuna garanzia su un sicuro vincitore in tutti e due i rami del Parlamento. Per tutti questi motivi un governo di transizione è chiamato anche al cambiamento della legge elettorale".

Condivide la scelta di Bersani di dire no sia un governo Letta sia a un governo Schifani?
"Sì. Occorre un segno di discontinuità profonda e al tempo stesso nulla che appaia un ribaltone, cioè una soluzione ostile al centrodestra. Quello che mi sta a cuore è il profilo della personalità che verrà indicata per guidare l'esecutivo. Più è lontana dagli schieramenti, più ha autorevolezza in Europa, più si è tenuta fuori dal conflitto politico degli ultimi anni, meglio è".

È il profilo di Monti. Pdl e Lega possono accettarlo?
"Premessa: sarà il capo dello Stato a valutare la via d'uscita. Per fortuna è persona nella quale si riconoscono tutti gli italiani, un presidio importante delle istituzioni. Monti è una personalità che non può essere considerata ostile dal centrodestra visto che fu nominato commissario europeo proprio da Berlusconi. E il centrosinistra non potrebbe non considerarlo positivamente. Ma come il suo ci sono altri nomi".

È normale che i partiti deleghino a figure super partes il destino dell'Italia?
"Ci sono momenti nella storia di un Paese in cui le forze politiche devono dimostrare di avere una sintonia con lo stato d'animo dell'opinione pubblica. Fu così dopo la Resistenza, è stato così durante gli anni del terrorismo quando non era certo facile far convivere il partito di Berlinguer e il partito di Andreotti e ora siamo costretti a farlo per un breve periodo perché si affaccia la più pericolosa delle minacce per una comunità che viva in democrazia: la recessione".

Non la spaventa un governo che nasce sotto la regia di personaggi come Pomicino e con le fughe di ultrà berlusconiani come Stracquadanio e Carlucci?
"Proprio per questo dico che il nuovo governo non deve essere frutto di operazioni simili a quelle che fa Berlusconi. Anche se i parlamentari che lasciano il Pdl lo fanno, mi sembra, mossi da un autentico disagio e soprattutto consapevoli di non avere altri strumenti, dentro il partito, per esprimerlo".

Il Pd si rifugia di nuovo dietro un esecutivo tecnico?
"Ora la responsabilità di una grande forza riformista consiste nell'evitare il tracollo. Il resto viene dopo. Ma sono convinto sia proprio questo il momento del Pd. Io ho cominciato il mio lavoro di segretario dopo la sfortunata stagione dell'Unione quando Berlusconi aveva il pieno del consenso. Adesso invece il Pd ha di fronte a sé un immenso spazio. Ed è giusto ascoltare la preoccupazione di Prodi sulla difficoltà a raccogliere fino in fondo il consenso. Il Pd dovrebbe far vivere quella che chiamai la sua vocazione maggioritaria e lanciare sui contenuti la sfida riformista. Un partito unito ed aperto. Da questo punto di vista, né certe forzature di Matteo Renzi usate nel passato né, tantomeno, atteggiamenti di chiusura e reazioni di stampo antico del tipo "fai il gioco di Berlusconi" corrispondono all'idea in cui io e altri abbiamo creduto anche quando altri non ci credevano. L'idea di una grande forza riformista, nuova, di cui al Lingotto definimmo contenuti e lineamenti".

Se nasce un governo Monti, poi lo candiderete alle prossime elezioni?
"Non consumiamo altri nomi, altre persone, come abbiamo fatto con una bulimia folle in questi anni. Ripeto: ora una forza riformista cerca di evitare il tracollo del paese e i prezzi sociali. Il resto viene dopo. Sapendo che la vera sfida non è solo quella del rigore ma è quella dell'innovazione, della crescita, dell'equità e soprattutto del cambiamento, anche morale, più coraggioso e radicale. Ciò di cui ha bisogno l'Italia, ciò per cui è nato il Pd".
 

(08 novembre 2011) © Riproduzione riservata
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« Risposta #58 inserito:: Novembre 29, 2011, 12:53:27 am »

Fassina: Capisco Ichino ma è il 2% del Pd

25 novembre 2011 —     

POLITICA INTERNA

ROMA - Niente di personale, dice Pietro Ichino. Niente di personale, replica Stefano Fassina, responsabile economico del Pd di cui i liberal hanno chiesto la testa per le posizioni sul mondo del lavoro e sulle ricette economiche dell' Europa. Fassina, anzi, ringrazia il giusvalorista per aver sgombrato il campo dalla polemica sulle dimissioni. Ognuno resta al suo posto. «La vicenda è chiusa. Hanno parlato i vertici, i segretari regionali, i militanti. Tutti mi hanno difeso», sottolinea Fassina. Meglio così. Restano però le linee opposte all' interno del Partito democratico. E prima o poi, quando il governo comincerà a muoversi sul terreno delle riforme, questa divisione emergerà di nuovo.

Ichino predica una rivoluzione del mercato del lavoro che coniughi la massima flessibilità e la massima sicurezza del lavoratore.
Fassina immagina una rivoluzione contraria considerando fallimentare il ventennio di precarizzazione dell' impiego, bocciando il modello Pomigliano e difendendo la Fiom. «Non voglio alimentare la polemica, siamo un partito serio, guardiamo avanti e io sono concentrato sulla nostra assemblea con il mondo del lavoro e con le piccole e medie imprese di domani a Monza. Verranno tutti gli invitati».

Le sue dunque sono solo precisazioni, ragionamenti. «Nel Pd ci sono due linee su questi temi», ammette Fassina e Ichino sottoscrive. Entrambe hanno diritto di cittadinanza. Però c'è un orientamento prevalente. Di gran lunga prevalente. «Una linea ha il 2 per cento, l'altra il 98 per cento», sottolinea Fassina. «Io capisco Ichino. Lui rappresenta quel 2 per cento e per farlo valere, per difenderlo ha bisogno di andare sui giornali tutti i giorni». Ma la rotta è un' altra, questo dicono i numeri. Il punto è che il governo tecnico sembra pronto a sposare la linea Ichino. «Questoè vero solo in parte - precisa Fassina -. Ho ascoltato il primo intervento pubblico del ministro del Welfare Fornero. Non ho trovato elementi in contrasto con le nostre idee. Ha detto che interverrà sulla vicenda Fiat, che serve un confronto tra le parti, che i diritti dei lavoratori sono una conquista. Mi è piaciuta moltissimo».

E comunque, continua Fassina, «il governo Monti non è il governo del Pd. Ci convivono forze politiche con idee e culture contrapposte, su cui il governo è chiamato a trovare un bilanciamento. Tenere chiaro il profilo del Pd è la migliore assicurazione per la durata di Monti. Così si capirà quali sacrifici fanno i partiti nell' interesse del Paese. Mi sembra che facciano più danni quelli che tirano per la giacca il premier cercando di caratterizzare politicamente il governo».

Ma la sua profezia sui tempi non garantisce lunga vita all' esecutivo: primavera 2012. «Era una battuta, detta prima della sua nascita. Quando ho visto che non c' erano politici e la caratura dei ministri, ho condiviso le parole di Bersani: nessun paletto sulla durata». -

GOFFREDO DE MARCHIS

da - http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/11/25/fassina-capisco-ichino-ma-il-del-pd.html
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« Risposta #59 inserito:: Dicembre 30, 2011, 10:45:43 pm »

LA LETTERA

Europa del futuro e Welfare. Napolitano scuote la politica

Le reazioni alla missiva del capo dello Stato sulle riforme pubblicata su Reset e anticipata da Repubblica.

Urso: "Intervento coraggioso. Napoli: "E' una sfida".

L'economista D'Antoni: "Alcuni hanno perso i propri riferimenti e li cercano altrove"

di GOFFREDO DE MARCHIS

 
ROMA - La vicenda di Giorgio Napolitano si iscrive per lunghi anni nella storia della sinistra italiana. Ecco perché dalla sua lettera Reset pubblicata ieri da Repubblica 1 si sentono interrogati molti dirigenti dell'attuale Partito democratico. Enrico Morando, dirigente liberal del Pd, stimato esperto economico, ha molto apprezzato le parole del presidente della Repubblica. "Il capo dello Stato approfondisce un punto evidente della cultura politica di sinistra, direi della sua ideologia: la difficoltà, negli anni passati, dell'incontro tra il riformismo e la tradizione liberale. Per anni - dice Morando - siamo stati sulla frontiera del noi e loro. Oggi Napolitano spiega che il riformismo della cultura socialista è il liberalsocialismo. Non c'è più il noi e loro". Morando, che fa parte della minoranza di Modem, considera il testo del presidente uno "stimolo anche per il Pd, un invito ad accelerare il suo processo verso un incontro con la cultura liberale".

Naturalmente la grande attualità, legata alle riforme di oggi, è il tema del Welfare, del suo aggiornamento, del taglio alla spesa pubblica. "La sinistra - spiega Morando - non incontrando la cultura liberale ha finito per sostenere uno statalismo assistenziale. Una revisione integrale del concetto di spesa pubblica è necessario. In Italia e in Europa". Per Matteo Orfini, giovane responsabile
Cultura del Pd, vicino all'area di Bersani, "già il Pds aveva fatto i conti con la cultura liberale, accettandola e facendola sua. Cose successe quindi anni fa. Il liberalismo è patrimonio della storia socialista riformista, il neoliberismo no". Ad Orfini è piaciuta la citazione di Tony Judt "autore di uno straordinario libro che condanna i neoliberisti e invita gli americani a guardare al modello del Welfare europeo". Ma che quel modello oggi debba cambiare "siamo tutti d'accordo e condividiamo le parole di Napolitano. Che si debba mettere mano allo squilibrio delle tutele, pure. È di questo che stiamo discutendo nel Pd. E mi sembra che Napolitano non sposi nessuna soluzione particolare". Non è piaciuto invece, almeno su Facebook, a Massimo D'Antoni, il testo del presidente. Senza citarlo l'economista bocconiano, editorialista dell'Unità e legato al responsabile economico Stefano Fassina, critica le parole di Napolitano. "C'è gente che ha perso i propri riferimenti e li cerca altrove, usa termini altrui e non riconosce neanche le proprie conquiste". Insomma, dice D'Antoni con quelli che sono dei semplici post, "c'è chi ha passato una vita nel Pci ma è convinto di venire dal Pli". Sono pensieri "quasi" privati. Ma va tenuto conto che l'articolo del capo dello Stato prende le mosse da una riflessione sulla figura di Einaudi. Era impossibile sottrarsi a ragionamenti sulla cultura liberale.

Napolitano non coinvolge solo la sinistra. "Il richiamo del presidente della Repubblica alle forze riformiste affinché sia realizzata una radicale riforma del welfare è tempestivo, coraggioso e pienamente condivisibile", dice il presidente di Fareitalia Adolfo Urso. Per Osvaldo Napoli, vice capogruppo Pdl "ci vuole oggi un atto di coraggio per superare quella che Napolitano ha diagnosticato come crisi di leadership a livello europeo. Anche sul terreno delle istituzioni l'Italia è chiamata a vincere una sfida forse più decisiva dello spread". Fabrizio Cicchitto, che nel Partito socialista ci ha trascorso una vita, non perde l'occasione per attaccare il vecchio Pci. "La ragione di fondo della distanza fra Einaudi e la sinistra sta nel fatto che in quest'ultima il riformismo era assolutamente minoritario. Nel suo nocciolo duro il Pci era distante sia dal liberalismo sia dal socialismo democratico e ciò pesò, e non poco, nella nascita dell'Europa". Bene quindi ha fatto Napolitano a ripercorrere quella storia. "Serve più riformismo. E in Europa una profonda modifica dell'assetto dell'euro".
 

(30 dicembre 2011) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2011/12/30/news/europa_del_futuro_e_welfare_napolitano_scuote_la_politica-27380774/?ref=HREC1-3
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