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Autore Discussione: GOFFREDO DE MARCHIS.  (Letto 71159 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Aprile 17, 2010, 11:36:04 pm »

IL CASO

D'Alema: costituente democratica con l'ex leader di An e Casini

Il presidente del Copasir: "Se il Pd avesse un piano potrebbe trovare interlocutori a tutto campo".

Lite con Franceschini. Il capogruppo: alleanze fantasiose

dal nostro inviato GOFFEDRO DE MARCHIS


VALMONTONE - Ora e qui. Il Pd deve presentare subito il suo progetto di riforme istituzionali. L'emergenza è adesso, dice Massimo D'Alema, "ci vorrebbe un costituente democratica" e se il Pd avesse già pronto un piano potrebbe "trovare interlocutori a tutto campo", a cominciare da "Fini e Casini".

Così il presidente del Copasir entra nel "divorzio" tra Berlusconi e il presidente della Camera. "Se noi facciamo una proposta - ripete - Fini e Casini discuteranno con noi". Non dice quale dev'essere la riforma, ma esclude in maniera categorica il presidenzialismo. "Un partito non autoreferenziale evita di avanzare ipotesi che fanno da sponda a Berlusconi. Non si cancella un potere sopra le parti facendolo diventare di parte. Altrimenti si indebolisce il Paese". Un'altra idea invece sarebbe benvenuta. "Possiamo dare la forza di rompere le gabbie di liberarsi a chi si sente prigioniero dall'altra parte".

Al convegno della componente Liberal del Pd, organizzato da Enzo Bianco a Valmontone, i protagonisti sono Pierluigi Bersani, D'Alema, Dario Franceschini, Ignazio Marino, Luigi Zanda, Manzella e Maccanico. Si affilano le armi per la direzione di oggi. All'ex ministro degli Esteri risponde il capogruppo alla Camera e si avvia lo scontro. "Non dobbiamo partire dalle alleanze, ma dalla nostra identità". Frena sulle riforme. Dice, provocando la reazione dura di D'Alema, che "se Fini si piega anche stavolta è difficile dargli credito in futuro". E al sogno di una "costituente democratica" con Fini e Casini, che sembra in tutto e per tutto il disegno di un nuovo asse per le riforme, Franceschini risponde: "Il presidente della Camera? Con lui si può fare una battaglia insieme solo c'è un'emergenza democratica. Ma la sua partita è nel centrodestra. Il resto sono fantasie".

Il duello dialettico si gioca anche sul bipolarismo, sul ruolo dell'Udc, difeso da D'Alema. "In questo bipolarismo il problema non è il potere di ricatto di chi ha l'8%, ma di chi ha lo 0,5. E non mi si dica che io penso solo alle alleanze. Sono strumenti da comizio, solo slogan". D'Alema si stupisce per il muro eretto davanti a Fini in questo momento. "Lui non è solo quello che contesta Berlusconi nella destra. Può essere un interlocutore vero sui contenuti, con me lo è stato. Su immigrazione e bioetica". Il ragionamento è chiaro: "La rottura nel Pdl è nettissima, politica. Non so se questo sfocerà in una crisi parlamentare, ma il rischio c'è". E il Pd ne deve approfittare, senza perdere tempo. Anche per questo D'Alema si schiera con Andrea Orlando. "Sulla giustizia ha fatto una proposta interessante, apprezzata anche dai magistrati".

A Bersani tocca il compito di tenere unito il partito, tanto più ora. Quindi anche Franceschini e D'Alema. "Votare adesso sarebbe una follia", dice il segretario. Si toglie un sassolino dalla scarpa: "Avevo detto che il Pdl non ha vinto le elezioni. I fatti ci stanno dando ragione altrimenti perché questa frattura?". Condivide però l'idea di una crisi irreversibile del sistema. Difende il ruolo del capo dello Stato così com'è oggi: "Dà equilibrio e garanzia". Su Fini però resta cauto: "Un interlocutore? Per il momento sta di là". L'obiettivo è non dividere oggi alla direzione il Pd proprio mentre il centrodestra deflagra.

Ma il confronto potrebbe essere aspro. L'anteprima l'ha offerta sempre D'Alema polemizzando con il moderatore Stefano Menichini, direttore di Europa. Si parla di Puglia e di Vendola, un contestatore della sala rivendica il ruolo di Nichi. "Avremmo vinto anche con Boccia alleati all'Udc - risponde D'Alema -. Abbiamo vinto a Bari, Foggia, Taranto, Brindisi. E lì Vendola non era candidato".

© Riproduzione riservata (17 aprile 2010)
da repubblica.it
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« Risposta #31 inserito:: Giugno 04, 2010, 06:58:15 pm »

Scoppia un caso su Saviano

La Rai taglia la trasmissione 

Al Cda di martedì le puntate preparate dallo scrittore con Fabio Fazio.

La squadra del conduttore di Che tempo fa: "Se dimezzano, non se ne fa niente".

Ma a viale Mazzini temono le serate sull'Aquila e sui rifiuti

di G.DE MARCHIS


ROMA - Come il sarto di Gomorra, anche la Rai si prepara a usare le forbici. Contro Roberto Saviano. La trasmissione che lo scrittore condurrà su Raitre con Fabio Fazio rischia di essere ridimensionata, passando da 4 serate a due. Taglio netto. Che non si giustifica soltanto con la pubblica idiosincrasia manifestata dalla maggioranza e da Berlusconi per l'autore del best seller sulla criminalità organizzata. A Viale Mazzini infatti sono arrivate indiscrezioni sugli argomenti che Saviano vuole trattare in "Vieni via con me", il nome del programma. Una puntata sarà dedicata a Piergiorgio Welby, il malato che chiese e ottenne la sospensione dell'alimentazione forzata per morire. Un'altra alla 'ndrangheta. Ma sono i titoli delle altre serate ad attivare le antenne dei dirigenti al settimo piano. Saviano sta scrivendo due puntate che possono gettare un'ombra sui fiori all'occhiello del governo Berlusconi, peraltro già appassiti dopo l'inchiesta sulla cricca e Guido Bertolaso: una sulla ricostruzione post terremoto in Abruzzo, la seconda sulla vicenda dei rifiuti in Campania.

Nella squadra di Fazio e Saviano l'allarme è già scattato. E la reazione a caldo è da arma finale. "Se ci tolgono due puntate non vanno in onda neanche le altre. Il programma non si fa", tuonano. O tutto il pacchetto o niente. Anche perché la scelta della Rai sarebbe inspiegabile dal punto di vista aziendale. Gli special di Saviano a "Che tempo che fa" hanno avuto enorme successo e la pubblicità per "Vieni via con me" si vende come il pane. Cancellare o ridimensionare la trasmissione è un autogol economico.

I palinsesti per la nuova stagione arrivano sul tavolo di Mauro Masi stamattina. Poi toccherà al consiglio di amministrazione battagliare e decidere, nella riunione di martedì. Ma a Viale Mazzini confermano l'ipotesi del taglio. "Vediamo. Dobbiamo coordinare i programmi su tutte le reti. Forse andranno due puntate quest'anno e due l'anno prossimo". È una soluzione non gradita allo scrittore e alla sua produzione, che sono invece pronti a partire a fine ottobre per quattro serate al mercoledì. Martedì il cda esaminerà anche il taglio di "Parla con me". Il programma, nella bozza circolata ieri, perde una serata sulle quattro settimanali, a vantaggio delle trasmissioni sui 150 anni dell'Unita d'Italia che verranno spalmate anche su Raidue.

Ma i consiglieri affrontano anche il caso Ruffini. L'ex direttore di Raitre è stato reintegrato al suo posto dal giudice. Il suo successore Antonio Di Bella non ci pensa proprio a fare resistenza se non si troverà una soluzione adeguata. "Sono pronto a dimettermi se verrà deciso il reintegro del mio amico Ruffini - avverte Masi -. E fino a quel momento difendo l'autonomia della rete". Come ha fatto anche la Dandini chiedendo di non toccare il programma, per esempio. Il direttore generale quindi deve trovare una via d'uscita. Pensa di proporre a Ruffini la direzione di Raicinema (andando incontro a un no) o la guida di Rainews24, con l'inevitabile sollevazione di Corradino Mineo, già impegnato in una protesta con sit in (oggi) per le parole del viceministro Paolo Romani. Ruffini ha detto a Repubblica: "Voglio tornare a Raitre". E la sentenza del giudice del lavoro è esecutiva. E secondo alcuni consiglieri e lo stesso presidente Garimberti, dicono le voci di corridoio, o Masi trova la strada oppure martedì il cda deve rimettere al suo posto Ruffini. Monta la protesta da destra e sinistra anche per l'ipotesi di uno stop al Fatto del giorno di Monica Setta.

(04 giugno 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/04/news/scoppia_un_caso_su_saviano_la_rai_taglia_la_trasmissione-4560133/?ref=HRER2-1
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« Risposta #32 inserito:: Luglio 14, 2010, 10:38:52 am »

GOVERNO

Bondi: "L'alleanza con Casini? Scelta legittima, Bossi deve capire"

Il ministro della Cultura: anche Bersani si apra al confronto. Il leader della Lega ha la sensibilità politica e il buon senso per guardare con rispetto a questo processo politico


di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - È un altolà al veto di Bossi sull'allargamento della maggioranza a Casini. Nella forma moderata, soft tipica del coordinatore del Pdl e ministro della Cultura Sandro Bondi. Ma la sostanza non cambia. "Il leader della Lega - dice Bondi - possiede il buon senso e la sensibilità politica per guardare con rispetto a questo processo politico, che non intacca minimamente l'attuale alleanza".

Le minacce del Carroccio però sembrano molto serie.
"Qualche giorno fa sulla Padania ho scritto che l'alleanza tra il Pdl e la Lega è indispensabile per modernizzare l'Italia. E ho aggiunto che tra il Pdl e la Lega esiste un nucleo di valori comuni. Ma non posso non considerare che Pdl e Udc fanno parte allo stesso titolo del Ppe e perciò, anche al di là di una comune ispirazione moderata, condividono gli stessi valori di fondo e gli stessi programmi. Per questa ragione, è legittimo che il Pdl continui a perseguire un diverso rapporto con l'Udc, fino a non escludere la possibilità di un riavvicinamento e di una nuova alleanza di governo. Fermo restando il rispetto per la coraggiosa scelta di autonomia di Casini".

Un Pdl diviso è in grado di fare questa operazione? Alemanno sostiene che la vostra gente è stanca dello stillicidio di polemiche tra Fini e Berlusconi. Schifani si augura una pace subito o una rottura definitiva.
"Sono stato probabilmente il primo a dire chiaro e tondo che Fini aveva il merito di aprire una dialettica democratica all'interno del nostro partito. Il problema che ho posto in diverse occasioni è il modo in cui questo confronto viene inteso e condotto. Il modo di questo confronto ha a che fare con la saggezza della politica. Non riesco a concepire Fini come il capo di una corrente interna. Tanto più nel mentre riveste la responsabilità di presidente della Camera, non lo vedo impegnato in una polemica quotidiana con il premier. Lo vedrei di più come co-protagonista, con le proprie idee, del cambiamento del Paese".

Se il Pdl si sfasciasse quali sarebbero le conseguenze? Per il partito ma soprattutto per il governo.
"Il Pdl è un traguardo irreversibile, almeno per i nostri elettori. Sono certo che se prevarrà la razionalità della politica, la saggezza della politica, sapremo riprendere la strada maestra indicata dai cittadini".

Schifani parla di mossa ad effetto di Berlusconi in caso di divorzio. Lei a cosa pensa?
"Credo che mai come in questo momento Berlusconi stia seguendo un percorso ispirato alla politica, alla pazienza certosina e allo sforzo quotidiano di costruire una prospettiva politica solida per il Paese".

Ci sta riuscendo?
"Per fare questo ha bisogno di interlocutori seri e credibili, sia all'interno del partito e penso naturalmente a Fini che fuori del partito, mi riferisco al Pd. Interlocutori capaci di assumere posizioni politiche aperte ad un confronto non lacerante e distruttivo".

Verdini, Cappellacci, il dossier su Caldoro: nel Pdl esplode una gigantesca questione morale. Verdini e Cosentino non dovrebbero dimettersi?
"La questione morale affonda nel sistema partitocratico, che ci è completamente alieno. Per il resto, la cultura del Pdl non è quella del giustizialismo, tanto meno della condanna anticipata tramite i giornali. Questo principio vale per tutti: per i nostri avversari politici e anche per gli esponenti del nostro partito. Compreso Denis Verdini, a cui va la solidarietà di tutto il Pdl. Per quanto riguarda la vicenda campana è noto a tutti che pur essendo io stato amico di Cosentino ho fin dall'inizio, indipendentemente dalle inchieste, proposto il nome di Caldoro per la regione".

Berlusconi odia le correnti. Ma sono uno strumento democratico.
"Le correnti evocano il passato peggiore delle grandi formazioni politiche. Berlusconi prospetta un nuovo movimento politico fondato prevalentemente sugli eletti, privilegiando una partecipazione democratica capillare e resa possibile da strumenti più moderni. Diversi dal semplice tesseramento".

(12 luglio 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/07/12/news/bondi_intervista-5526326/?ref=HRER1-1
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« Risposta #33 inserito:: Luglio 25, 2010, 12:28:29 pm »

L'INTERVISTA

Vendola: "Posso essere l'Obama bianco ho già spiazzato i cecchini dei dossier"

Il Governatore pugliese e leader della SEL: spariglierò il centrosinistra. La vera storia del caso Marchionne

"D'Alema dice che ci sono politici- poeti migliori di me?

Una cosa è sicura: i prosatori del Pd dovranno pur fare un rendiconto, visto che il loro genere letterario ha portato solo sconfitte 

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Se lo paragonano a Barack Obama, se lo chiamano l'Obama bianco, non si schermisce: "È una definizione sconfinatamente lusinghiera. Il presidente americano ha rappresentato la corsa di un outsider. Ha sparigliato nelle primarie, come vorrei fare anch'io, i giochi di palazzo del grande partito democratico. Ha usato un suo svantaggio apparentemente incolmabile, il fatto di essere nero, di venire da una certa periferia, capovolgendolo in un elemento di consenso". Nichi Vendola prende molto sul serio la sua candidatura a leader del centrosinistra. E non lo fa certo da solo. Per dire: mercoledì sera a Roma c'erano più di tremila persone sedute sul prato ad ascoltare il suo dibattito alla festa di Sinistra e libertà.

Presidente Vendola, perché ha lanciato la sfida così presto, "fuori contesto" dice Bersani? Non è anche un tradimento al mandato pugliese ottenuto appena 4 mesi fa?
"Per me era importante rendere esplicita questa opzione che se posso dirlo non è solo una mia libera scelta, ma espressione di una connessione sentimentale con un popolo. Ed è un impegno che esalta il mio lavoro in Puglia. Il contrario di una fuga. Era anche importante farlo perché altrimenti una candidatura che cresceva nelle cose e nelle piazze ma che io non ufficializzavo mi esponeva a essere facile target per i cecchini. Mi sono fatto un po' le ossa e so che la lotta politica si può fare con i dossier, i gossip, la diffamazione. Una candidatura esplicita ridimensiona questi rischi. Oggi infatti renderebbe evidente il carattere strumentale di certi attacchi, come è successo nelle primarie pugliesi. Allora, il tentativo di coinvolgermi in un'inchiesta assurda incontrò una reazione straordinaria della gente".

Sta dicendo che il centrosinistra potrebbe fare a lei quello che il Pdl ha fatto a Caldoro in Campania?
"Io parlo della cattiva politica, che sta dappertutto. A sinistra e a destra".

Non la spaventa la definizione di Obama bianco, che alcuni usano con sarcasmo?
"Mi lusinga. Quando la politica diventa un incontro forte con la vita e con le sue domande allora si ha davvero la percezione che sia il campo dell'alternativa. È l'ingresso del principio speranza di Ernst Bloch, è l'utopia di Altiero Spinelli capace di immaginare al confino il manifesto del federalismo europeo. È uno sguardo sul futuro. Così è andata in America".

Ma questa è l'Italia.
"In Puglia ha funzionato, può funzionare in tutto il Paese. La Puglia è uno dei laboratori della destra, è il luogo del tatarellismo. Qui non ho sconfitto una destra qualunque, ma una politica con una classe dirigente qualificata".

Cosa vuole dire quando parla di nuovo "racconto", di una diversa "narrazione"? D'Alema ironizza su queste suggestioni.
"Non parlo di letteratura, non penso mica a Cesare Pavese. Vuole un esempio concreto?".

Sì.
"Quando una parte del Pd ipotizza che per battere Berlusconi si può fare un governo con Tremonti ferisce a morte la possibilità di uno sguardo autonomo, di un pensiero originale. Tremonti ha trasformato l'Italia in uno stato sudamericano, ne ha fatto uno dei Paesi più squilibrati socialmente e più ingiusti al mondo. Ma il ceto politico vive dentro il Palazzo e cerca le forme dell'estromissione del sovrano senza rendersi conto che il punto è mutare la cultura del regno".

D'Alema dice che se la politica è poesia, beh ci sono poeti migliori di lei...
"Una cosa è sicura: i prosatori del Pd dovranno pur fare un rendiconto di questi anni visto che il loro genere letterario ha portato solo sconfitte".

L'unico ad aver battuto due volte Berlusconi è stato Prodi. Un personaggio molto diverso da lei, un moderato.
"Prodi ha rovesciato alcuni modelli di lotta politica. A me piaceva il tono elevato del suo discorso antipopulista. Mi piaceva la costruzione di una leadership per strada rompendo l'autoreferenzialità del ceto politico. Per me è un esempio da guardare con molta attenzione. Ma non c'è un prototipo e l'idea che si vince solo giocando al centro è davvero fuori tempo e fuori contesto. Appartiene al cinismo che tanto affascina il Palazzo ma ha il difetto di partorire insuccessi a ripetizione. È l'espressione di una straordinaria inadeguatezza culturale".

La Fiat dopo Pomigliano porta la fabbrica in Serbia. La sinistra ha reagito bene?
"Marchionne è uno dei protagonisti della cattiva globalizzazione per cui si mettono in competizione 2 miliardi e mezzo di operai dei Paesi emergenti e 1 miliardo e mezzo di operai dei Paesi occidentali. Una competizione la cui logica conseguenza si chiama schiavismo. In forma moderna, ma schiavismo. La destra fa il suo mestiere: difende l'accordo di Pomigliano, esulta al Senato quando si licenziano i lavoratori di Termoli. Questo è il loro racconto. E quello della sinistra? Il Pd ha prodotto o imbarazzanti e imbarazzati silenzi su Pomigliano o delicati rimbrotti metodologici sul trasferimento in Serbia".

Alla prima uscita da candidato ha definito eroe Carlo Giuliani mettendolo sullo stesso piano di Falcone e Borsellino. Un errore grave, no?
"Per fortuna esiste Youtube, esiste il sito www.lafabbricadinichi.it. 1 Si può vedere e toccare con mano. Non ho mai messo Giuliani sullo stesso piano di Falcone e Borsellino. Ma ricordare cos'è stato il luglio del 2001, la sospensione della democrazia che ci fu a Genova, mi pare doveroso. Le cricche dello squallore agirono anche alla Diaz e a Bolzaneto e appartengono alla storia verminosa e oscura di un potere violento. Si può dire questo o è vietato?".

(25 luglio 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/economia/2010/07/25/news/vendola_posso_essere_l_obama_bianco_ho_gi_spiazzato_i_cecchini_dei_dossier-5812129/?ref=HREC1-2
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« Risposta #34 inserito:: Luglio 28, 2010, 10:50:41 am »

LA POLEMICA

Pd, sulle primarie il gelo di Bersani

"La priorità va data alla coalizione"

Dubbi soprattutto nell'ipotesi di un patto con l'Udc. Cacciari: bisogna farlo subito. Il segretario ripete: "Inventate da noi, le faremo".
Ma il "dogma" non è più indiscutibile, e l'autocandidatura di Vendola risveglia gli anti-gazebo

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - "Prima c'è la politica, poi i gazebo". Nelle parole di Pier Luigi Bersani e dell'attuale gruppo dirigente del Pd non c'è una bocciatura delle primarie per la scelta del candidato premier ("le abbiamo inventate noi e le faremo", ha ripetuto qualche giorno fa il segretario), ma una distanza culturale sì. Politica non significa necessariamente politicismo. Quando Bersani insiste sulle "primarie di coalizione" vuole soprattutto dire che oggi la coalizione non c'è. Non per i ritardi democratici, spiegano i bersaniani, ma perché si aspetta di sapere cosa succede nell'altro campo. Un'implosione del centrodestra? O un patto sul filo di lana tra Berlusconi e Fini? Casini a quel punto verso quale lato guarderebbe? Se Pd e Udc dovessero alla fine avvicinarsi, com'è nei sogni di Bersani, le primarie sarebbero l'ultimo dei problemi. Bisognerebbe innanzitutto costruire l'alternativa Berlusconi e solo in fondo al cammino della consultazione per la premiership, per niente amata dai centristi.

La discesa in campo di Nichi Vendola ha rotto le uova nel paniere di un Pd aperto a varie soluzioni e speranzoso di movimenti in uscita dal Pdl. Da qui le reazioni fredde, a volte acide. Ma sta facendo venire allo scoperto lo scetticismo, se non la vera e propria ostilità dei democratici nei confronti delle primarie. Ed è destinata ad aprire un fronte di scontro tra le varie anime di Largo del Nazareno. Anche a breve. Franco Marini le aborrisce e non ne ha mai fatto mistero. Massimo D'Alema evita di prenderle di petto, ma spesso le ha commentate con sarcasmo non lusinghiero: "La festa delle primarie". Oppure: "Più che le primarie occorre vincere le secondarie, cioè le elezioni". C'è un partito nel partito che i gazebo non li capisce e non li accetta. Beppe Fioroni, un dirigente dato con un piede nel Pd e un altro fuori, è pronto a scommettere: "Il candidato premier non lo sceglieremo con le primarie. Al massimo faremo delle primarie finte come quelle di Prodi". È convinto, Fioroni, che al momento giusto "uscirà fuori un nome forte dal mondo dell'Italia che produce. E anche Vendola farà un passo indietro". Sembra di capire che quel nome forte non sia Bersani, per statuto il candidato unico del Pd alle primarie per Palazzo Chigi. Massimo Cacciari va dritto al punto: "Dove c'è incertezza è giusto fare una consultazione". Ma lui dubbi non ne avrebbe: "Un grande partito andrebbe subito da Casini. Per offrirgli l'alleanza e la candidatura a premier". Quindi, in un colpo solo, il Pd nato dai gazebo rinuncerebbe al suo strumento fondativo e alla corsa del suo segretario. Mamma mia! "Mossa audace? Questo fanno le forze politiche quando sono davvero grandi, se non pensano solo alle rendite di posizione. Non era audace il compromesso storico?", ribatte il filosofo.

Arturo Parisi, l'inventore delle primarie italiane, non ha dubbi: "Il gruppo dirigente, di cui D'Alema è il vero leader ha un teorema chiaro sulle primarie: se si può è bene evitarle. Sono lontanissime dalla cultura tradizionale alla quale appartengono e fa un po' ridere quando dicono che le hanno inventate loro". E l'avvitamento sul tema fa parte "delle tante contraddizioni del Pd". Un esempio? "Attaccano Vendola perché è partito troppo presto. Se è per questo i democratici sono partiti ancora prima visto che lo statuto sancisce: il candidato premier è il segretario del partito, punto. Cioè quello che abbiamo eletto quasi un anno fa!". Qualche crepa voluta nel meccanismo è evidente. Nel Lazio domani l'assemblea regionale si accinge a eleggere il segretario locale e si prepara ad aggirare le primarie nel caso il candidato Piero Latino vada sotto al quorum. Alla Festa dell'Unità di Roma qualche giorno fa Enrico Letta ha spiegato la sua linea sulle comunali di Milano (primavera 2011) criticando la corsa di Pisapia, compagno di partito di Vendola. "Dobbiamo trovare un candidato civico, un Guazzaloca di centrosinistra meneghino (si era pensato all'ipotesi quasi sfumata di Livia Pomodoro ndr). Possiamo battere la Moratti, ma il nostro Guazzaloca non va sottoposto alle primarie - ha detto -. Soffocherebbero le sue possibilità di successo".

Le consultazioni di Milano, Napoli, Torino e Bologna, ossia le prossime scadenze certe, sono destinate ad aprire fragorosamente il problema. Dice Dario Franceschini: "La penso diversamente da Letta: in quelle città le primarie vanno fatte. Prima di Natale. Prendiamo subito questo impegno". E i gazebo nazionali? "È impensabile che non si faccia la consultazione per il premier", scandisce sillaba per sillaba il capogruppo alla Camera. Condivide, sospirando, Nicola Latorre, dalemiano doc: "Si faranno. Perché non si può tornare indietro", aggiunge.

E Vendola? Osserva i movimenti democratici senza troppi timori: "Sterilizzare le primarie? Il Pd può anche decidere il suo suicidio ma a me pare improbabile. Vanno fatte e non perché le chiedo io o Pisapia. Ma perché sono l'unica terapia per guarire il centrosinistra".
 

(28 luglio 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/07/28/news/pd_sulle_primarie_il_gelo_di_bersani_priorit_alla_coalizione_-5879876/?ref=HRER2-1
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« Risposta #35 inserito:: Agosto 06, 2010, 02:53:48 pm »

L'INTERVISTA

Bersani: "Dobbiamo liberarci di Berlusconi. Tremonti? Bene ciò che serve a cambiare"

"A Casini, Vendola e Di Pietro chiedo di evitare veti".

"La legge elettorale deve consentire al cittadino di scegliere gli eletti".

L'Unione? È una formula vecchia".

"Senza la nostra mozione su Caliendo non ci sarebbe stata l'astensione di Fini, Rutelli e dell'Udc"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - "Non si tratta solo di mandare a casa un governo. Dobbiamo superare una fase lunga sedici anni, non due. Dobbiamo liberarci di Berlusconi. Per questo non vado troppo per il sottile e mi rivolgo a tutti. Se è vero che rischia la democrazia, se la posta in gioco è quella, ognuno si assuma le proprie responsabilità. Accorciamo le distanze tra i partiti che vogliono archiviare questa stagione ed evitiamo veti reciproci". Pier Luigi Bersani punta a rimettere al centro dell'opposizione il Partito democratico. "Ora, amichevolmente, sono io a fare qualche domanda a Casini, Vendola, Di Pietro". E a qualche "ribelle" del Pd. Insiste su un governo di transizione e spiega perché. Continua a non escludere nessuna strada anche un esecutivo a guida Tremonti: "Tutto quello che va nella direzione del cambiamento è benvenuto".

L'appello a tutti sembra la chiamata a un Cln antiberlusconiano.
"L'idea del Cln l'ha tirata fuori Casini qualche tempo fa, mica io. Dico una cosa diversa. Se il terreno dello scontro nei prossimi mesi è quello del rapporto tra politica e legalità la proposta del Pd non può che essere molto larga, cioè rivolgersi a tutte le forze di opposizione. Poi ne misureremo la praticabilità, ma questo è il primo passo, il più sensato. Adesso siamo noi a chiedere agli altri di fare una scelta chiara. Il leader dell'Udc vuole fare il terzo polo o il secondo che può diventare il primo? Cos'è precisamente la sua area di responsabilità nazionale? Di Pietro vuole cavalcare tutte le tigri capaci di dividere irrimediabilmente l'opposizione o dare una mano a far cadere Berlusconi? La narrazione di Vendola prende la forma di una compiuta responsabilità di governo? Sono loro a doverci delle risposte. E quando sento dire che il Pd è fuori dai giochi mi torna in mente la vecchia freddura consolatoria degli inglesi: tempesta sulla Manica, Europa isolata".

Eppure qualcuno osserva che il Pd non ha una linea chiara.
"Io vedo che oggi Berlusconi e Bossi fanno la voce grossa, ma sono totalmente nel pallone. Come sono arrivati a questo punto? Grazie all'iniziativa incalzante del Pd e dell'opposizione. Per essere chiari: senza la nostra mozione su Caliendo non ci sarebbe stata l'astensione di Fini, Casini e Rutelli. Non ci sarebbe stato, cioè, il trauma del governo che perde la maggioranza. E' un punto a nostro favore che va rivendicato. Per di più lo abbiamo segnato sul tema clou della disarticolazione del Pdl: la legalità. I commentatori che parlano dell'assenza del Pd dovrebbero sapere che il mestiere della minoranza, nell'era berlusconiana del conformismo e del controllo dell'informazione, è più difficile. Nonostante questo ci stiamo infilando nelle loro crepe e prepariamo l'alternativa con il nostro progetto per l'Italia".

Corteggiando la Lega per un governo-ponte? Non è contraddittorio oltre che una perdita di tempo?
"Non stiamo corteggiando nessuno. Anzi, sfidiamo sia la Lega sia Berlusconi. Da Cosentino a Brancher passando per Caliendo e le leggi ad personam vogliamo capire come fa Bossi a gridare ancora Roma ladrona e a salvare sempre i ladroni di Roma. Quanto a Berlusconi chi crede di spaventare minacciando le elezioni? Il voto anticipato certificherebbe il suo fallimento".

Quindi voi invocate il governo di transizione per stanare Berlusconi, non perché avete paura del voto anticipato.
"In questa situazione, con la barca che fa acqua, non si può andare a un immediato scontro elettorale. Bisogna affrontare i temi sociali, cambiare una legge elettorale deleteria, bonificare le norme che favoriscono la corruzione. Non è un ribaltone, è una fase che consente al Paese di scegliere alternative che non siano nel vecchio film. è il nostro modo per predisporre il sistema alle elezioni. Ma non temiamo affatto il voto. Se ci si arriva però dev'essere chiaro che è Berlusconi a far precipitare tutto. Per problemi suoi, solo suoi. Io non divido con lui questa responsabilità".

Questa benedetta modifica della legge elettorale, senza una definizione, sembra una scusa.
"Il Pd ha approvato un documento molto chiaro. Prima di tutto l'elettore va messo in condizione di scegliersi il parlamentare e di farlo su base territoriale, cioè coi collegi. Poi vogliamo una legge che sia ispirata alla logica bipolare ma con una maggiore flessibilità".

Le coalizioni si decidono prima o dopo il voto?
"I cittadini devono sapere a quale maggioranza affidano il proprio consenso".

Con la legge elettorale volete anche cambiare il quadro delle alleanze del Pd? O rischiate di fare l'Unione-bis?
"L'Unione è una formula vecchia, non più praticabile se non altro perché noi vogliamo offrire al Paese una proposta diversa. Ma non ragiono in vitro. Per il momento mi rivolgo a tutti e chiedo di evitare veti. Chi li mette se ne assume la responsabilità".

Il terzo polo è più un concorrente o un alleato?
"Il terzo polo è qualcosa in divenire. Considero il voto dell'altro ieri un evoluzione importante verso la fine del berlusconismo. Ma per gli italiani quello bipolare è un sistema ormai assodato".

Come si fa indicare Tremonti premier per il governo-ponte dopo aver definito la sua manovra la più iniqua nella storia repubblicana?
"Si fa per principio perché un partito ha il dovere di esprimere inclusioni ed esclusioni nello studio del capo dello Stato. Ma quando si parla di superamento di una fase, è ovvio che più novità ci sono meglio è".

La strada maestra per sconfiggere politicamente Berlusconi non sono le elezioni?
"Certo che sono le elezioni ma c'è modo e modo di arrivarci. Berlusconi se le vuole subito sarà costretto a sceglierne il terreno e il significato. E lo aspetto lì. Fosse il processo breve ne vedremo delle belle".

Cacciari le propone di andare da Casini per offrirgli l'alleanza e la candidatura a premier.
"Mi sembra una pensata tattica. Nel nostro sistema non ci sono più i partiti che distribuiscono le candidature. Abbiamo meccanismi partecipativi. ".

Vuol dire che le primarie ci saranno sicuramente?
"Nello statuto sono previste le primarie di coalizione. Siamo affezionati a questo strumento, anche se non possiamo dettare il compito agli altri".

(06 agosto 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/08/06/news/bersani_intervista-6100711/?ref=HREA-1
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« Risposta #36 inserito:: Settembre 22, 2010, 04:59:59 pm »

IL CASO

E Profumo finisce già in politica "Può essere il papa straniero del Pd"

Il partito ne misurerà la popolarità con un sondaggio. Chiamparino: "Per come lo conosco, non è interessato a un ruolo pubblico".

Il manager ha votato per due volte alle primarie: nel 2005 (candidato Prodi) e poi nel 2007, quando la moglie si candidò con la Bindi

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Neanche il tempo di uscire dalla porta secondaria di Piazza Cordusio e Alessandro Profumo finisce nel totonomi dei futuri leader del Pd. La suggestione del Papa straniero, rilanciata da Walter Veltroni, lo precipita nella mischia, suo malgrado. Segno di un partito agitato, ancora instabile. Tutti dicono: "Impossibile". Ma ne parlano. Dice Sergio Chiamparino, uno dei dirigenti democratici più vicini al banchiere: "Una discussione del tutto assurda. Per quello che lo conosco Profumo non è interessato alla carriera politica". Ma è sicuramente un uomo d'area, un cittadino-elettore del Partito democratico.

Per due volte Profumo si è messo in fila e ha votato alle primarie del centrosinistra. La prima nel 2005 quando fu scelto Romano Prodi. La seconda nel 2007, quando la moglie Sabina Ratti si candidò con Rosy Bindi per entrare nell'assemblea nazionale del Pd. Una partecipazione attiva, pubblica, trasparente. Lasciò molti di stucco. Evidentemente Profumo crede (o credeva) sia nello strumento sia nei principali concorrenti di quella competizione. E nonostante le parole di Chiamparino, in passato gli è stata attribuita la tentazione della politica.

Profumo ha sicuramente un buon rapporto con Massimo D'Alema. Non solo perché Unicredit è la proprietaria della Roma, squadra del cuore dell'ex premier. Nel 2006 il banchiere partecipò a un Forum di Italianieuropei a Sesto San Giovanni insieme con Montezemolo e Enrico Letta che fu soprattutto una celebrazione del ruolo internazionale di D'Alema, allora ministro degli Esteri. Con Pier Luigi Bersani si scontrano due caratteri molto diversi, ma la stima del segretario Pd è indubbia. Piace un manager "vicino" che ha saputo tenere fuori la politica da Unicredit. La Bindi lo ha incontrato un paio di volte con la moglie durante la campagna per le primarie 2007. "Venne alla casa della Carità di don Virginio Colmegna". Luogo di volontariato. Che Profumo frequenta spesso, evitando come la peste i salotti. Scelse dunque la Bindi nel 2007, avversaria di Veltroni in quella corsa. Ma se c'è oggi un uomo libero in grado di scompaginare le carte del centrosinistra e avere il profilo del Papa straniero, quell'uomo può essere Profumo.

Il Pd farà monitorare attraverso i sondaggi il grado di popolarità di un personaggio che ha sempre preferito l'ombra. Succederà nei prossimi giorni. Per ora dirigenti di diversi orientamenti hanno reazioni del tipo "oddio, un'altra grana no". "Io non cerco un papa straniero. E mi sembra eccessivo candidare una persona che mezz'ora fa ha lasciato la sua banca", dice il prodiano Giulio Santagata. Urticante il commento di Beppe Fioroni: "Prendere come leader uno che è appena stato cacciato mi pare un'idea singolare della politica". Ma in privato non sottovaluta affatto le chanche di Profumo: "Un manager di straordinario rilievo". Alle prese con i guai interni i democratici scacciano nuovi fantasmi. Bindi spiega: "È una questione di rispetto. Non possiamo tirare la giacca di un banchiere che ha appena vissuto un momento difficile. E va rispettato un partito che non può subire tutti i giorni il totonomi". Il coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca condivide la linea: "Evitiamo mancanze di riguardo sia verso Profumo sia verso il Pd". Antonio Di Pietro, altro cacciatore di papi esterni alla politica, boccia a suo modo l'idea: "Ognuno faccia il suo mestiere. Di ragionieri che hanno gestito il potere delle lobby l'Italia può fare a meno". Eppure, senza dubbio, i leader Pd cercano o cercheranno Profumo. Sonderanno le sue intenzioni. Se qualcuno punterà su di lui si ricordi che il giro giusto è questo. L'ex ad di Unicredit ha firmato il "patto generazionale" promosso da Luca Josi. Una carta che impegna i contraenti a mollare tutte le poltrone a 60 anni. Profumo ne ha 53.

(22 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/economia/2010/09/22/news/profumo_pd-7301264/?ref=HRER1-1
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« Risposta #37 inserito:: Ottobre 14, 2010, 11:21:54 pm »

POLITICA E INFORMAZIONE

Annozero, Michele alla sfida finale "Non ci sarà pareggio uno dei due via dalla Rai"

Andare alla 7 ?

Al dg piacerebbe tenermi alla Rai, ma in un angolo a fare niente Questo non si può fare.

L'inferno si scatena puntualmente alla vigilia della puntata.

È un massacro, una via crucis. Ma vado avanti

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - La sfida finale nell'Italia del conflitto d'interessi passa anche da qui: Borgo Sant'Angelo 26, redazione di Annozero. "Siamo arrivati allo "show down", dice Michele Santoro. Al momento in cui "una parte salta". Non c'è pareggio. Vincitore o vinto. Viaggio senza ritorno. "O io o Masi", annuncia ai suoi collaboratori. "La storia si avvia all'epilogo". La terza via non esiste, il ritorno a un normale confronto tra il dipendente e la sua azienda impossibile . Perché la sfida è più grande sia di Santoro sia di Masi. Sull'informazione Silvio Berlusconi gioca una battaglia campale senza più freni. "È vero, una parte salta. Siete sicuri che sarò io?". Il conduttore non getta la spugna. Osserva con un sospiro: "Sempre di mercoledì...". Ovvero: "Alla vigilia della puntata si scatena regolarmente l'inferno. È un massacro, una via crucis. Ma vado avanti, rispetto gli impegni presi con il pubblico. E non dimentico che tanta gente sta peggio di me".

Santoro sa che il direttore generale della Rai vive un momento di grande difficoltà. Lunedì scorso ha riunito i 5 consiglieri di maggioranza proponendo il licenziamento del giornalista. "Voi mi seguite in consiglio?". Risposta negativa. Licenziamento rimangiato. Il premier si lamenta perché nessuno degli obiettivi (pubblici dopo le intercettazioni di Trani: Ruffini, Santoro...) è stato portato a casa. La sua delusione aumenta il livello dello scontro. I 10 giorni di sospensione ne sono la conseguenza più immediata. Ma c'è altro? Quando Santoro chiede "siete sicuri che salto io" allude a qualcosa o si limita provocare?

Il conduttore di Annozero affiderà all'editoriale di stasera i suoi pensieri, le prossime mosse. Che per il momento cercano di stare lontano dalla politica. Preferiscono piuttosto inchiodare i vertici della Rai alla pura gestione aziendale. "Ci mettono i bastoni tra le ruote tutte le settimane. Ora ci tagliano due puntate. Basta chiedere a Carlo Freccero, uno che di televisione ne sa più di tutti, cosa significa per un programma appena partito".
Annozero fa ascolti record: milioni di spettatori, inserzionisti che si ingolosiscono e pagano profumatamente la pubblicità nel programma. La sua forza sta qui. La trasmissione cresce di 300 mila ascoltatori a puntata, dalla partenza di quest'anno. "E loro ci fermano - si sfoga Santoro - . Vuol dire ricominciare daccapo quando torneremo in onda".

Ha passato il pomeriggio con gli avvocati. Per studiare l'ennesimo ricorso. Dice di non essere "né rassegnato né stanco". E che sentenza che obbliga la Rai a dargli la prima serata si può aggirare se il Cda vuole. "Masi e il consiglio sono liberi di fare una scelta chiara - ripete nella sua stanza al primo piano di Borgo Sant'Angelo -. La sentenza non costringe la Rai a tenermi. Arriviamo a dicembre, facciamo le nostre 12-13 puntate e chiudiamo lì". Così finirebbero i sabotaggi, i contratti non firmati, i provvedimenti disciplinari, "questo spararci nelle gambe ogni volta che ci muoviamo". Si fa una trattativa, si scioglie il contratto e Santoro può guardarsi intorno, magari puntando l'occhio a La7. "A qualcuno sarebbe piaciuto che me ne andassi gratis dalla Rai, ma questo è impossibile. A Masi piacerebbe tenermi ma in un angolo a fare niente. E anche questo non si può fare". I contratti si strappano, "non c'è bisogno del mobbing".

Tornare alla normalità dei rapporti aziendali sarebbe "la soluzione migliore", dice Santoro. Che ribalta l'accusa di Masi, difende l'editoriale. Era la base per un confronto civile, sostiene. "C'era stato un lungo braccio di ferro - racconta a Freccero che si affaccia nella sua stanza -, l'avvio difficile della nuova stagione. Ma il messaggio era chiaro: ok, adesso si ricomincia". Invece è ricominciato il duello. Alle mosse del direttore generale risponde Santoro con il suo discorso settimanale al popolo di Annozero. La stessa storia, tutti i giovedì. Adesso siamo all'epilogo, secondo il conduttore. O io o lui non è solo uno scontro personale. È una diversa idea di tv, di informazione.

(14 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/10/14/news/annozero_michele_alla_sfida_finale_non_ci_sar_pareggio_uno_dei_due_via_dalla_rai-8031191/?ref=HREC1-3
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« Risposta #38 inserito:: Ottobre 26, 2010, 06:49:03 pm »

POLITICA E TV

Rai, pubblicità a picco in "zona Tg1" "Da luglio a settembre persi tre milioni"

Il telegiornale di Minzolini è il solo a perdere secondi di spot. Ma l'audience è un po' migliorata.

Masi annuncia il piano tagli: meno appalti e blocco del turn over

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Meno 19,5 per cento nel trimestre luglio-settembre, 23 mila secondi invece dei 28 mila dell'anno precedente, quasi 3 milioni di ricavi persi. È la fotografia negativa della raccolta pubblicitaria che ruota intorno alla principale edizione del Tg1, quello delle 20. Sono dati non ufficiali. La Sipra, concessionaria degli spot per la tv pubblica, non fornisce il dettaglio del suo lavoro. Giustamente. Perché non si possono dare elementi di valutazione alla concorrenza. Ma le voci filtrano. Le ha raccolte il responsabile informazione del Pd Matteo Orfini. Ora il senatore Vincenzo Vita annuncia una sua iniziativa: "Chiederò un'audizione dei vertici della Sipra nella commissione di Vigilanza per capire come il conclamato calo dell'ascolto del Tg1 abbia influito sulle entrate pubblicitarie". Di fronte all'organismo di controllo, i manager degli spot dovranno portare le cifre ufficiali.

I mancati ricavi del Tg di Augusto Minzolini sono una goccia nell'oceano del deficit Rai. Mauro Masi sta affrontando il piano industriale in una serie di incontri con i sindacati. Bisogna arginare un rosso che quest'anno si avvicinerà ai 120 milioni di euro, ma che senza un intervento lacrime e sangue può arrivare a 600 milioni nel 2012. Per Viale Mazzini sarebbe il collasso. Ieri il direttore generale ha annunciato una parte della ricetta anti-crisi. Parte subito il taglio del 20 per cento degli appalti esterni, delle consulenze, delle trasferte, delle auto blu. Ancora più doloroso sembra il blocco del turn over e delle retribuzioni. La riunione con i sindacati a Viale Mazzini è durata tre ore. Alla fine le sigle dei lavoratori hanno parlato di una "manovra" molto dura "che richiederà una risposta altrettanto dura".

La goccia del Tg1però marcia insieme con il calo degli ascolti, le polemiche sugli editoriali del suo direttore, la sanzione dell'Agcom per lo squilibrio a favore del centrodestra e di Berlusconi. "Per la Rai, purtroppo, non c'è esclusivamente un problema di credibilità e ascolti, ma anche una conseguente grave perdita di risorse", osserva Orfini. Dalla Sipra giungono indiscrezioni anche sui prossimi listini legati al telegiornale di Raiuno. Dal 1 gennaio la concessionaria sarebbe orientata ad abbassare i prezzi gli spot inseriti nel notiziario delle 20. Sarebbe un altro colpo alle casse dell'azienda. Ma va sottolineato che nell'ultimo mese il Tg1 ha recuperato gli ascolti allontanandosi dai record negativi dei mesi precedenti. Supera stabilmente il Tg5, suo principale concorrente e consolida il suo ruolo di prima fonte informativa del Paese. Oggi viaggia intorno al 27-28 per cento di share. La vendita degli spot da qui a gennaio potrebbe dunque subire un'inversione di tendenza.

Oggi il confronto con gli altri tg Rai è negativo. Secondo Sipra il Tg2 nella sua edizione principale (20,30) guadagna il 9 per cento di secondi pubblicitari venduti. Una crescita in linea con gli ascolti che hanno portato la testata diretta da Mario Orfeo a scavalcare spesso il muro dei 3 milioni di spettatori nel mese di ottobre. Il Tg3 di Bianca Berlinguer guadagna un punto percentuale. I telegiornali dell'emittenti privati hanno gli spot all'interno del notiziario, per quelli Rai invece si vendono gli spazi all'inizio del tg e alla fine. Nel caso della testata di Minzolini si calcola anche la pubblicità che segue l'anticipazione dei titoli in onda alle 19,50. Per l'opposizione la caduta pubblicitaria del Tg1 dimostra che il problema non è solo la linea politica. "Per Reporters sans frontières, addirittura, la libertà di stampa nel nostro Paese è pari a quella del Burkina Faso", sostiene Orfini. Che attacca soprattutto Masi: "Chi dirige la Rai dovrebbe preoccuparsi un po' meno delle ossessioni censorie del presidente del Consiglio e un po' più di questo drammatico calo di credibilità che danneggia, anche economicamente, l'azienda".

(26 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/10/26/news/rai_pubblicita-8436178/?ref=HRER1-1
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« Risposta #39 inserito:: Novembre 09, 2010, 06:02:57 pm »

L'INTERVISTA

"Nessun voto o mozione mi farà dimettere Santoro? Non so se a gennaio andrà in onda"

Il direttore generale di viale Mazzini risponde all'autore di Gomorra: "Mi rivedrò bene il programma". "Pronto a cancellare le partite dell'Italia per salvare i posti in Rai

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Ora la protesta contro Mauro Masi prende corpo con atti concreti superando il confine degli attacchi verbali. Da oggi si celebra il referendum indetto dal sindacato dei giornalisti (Usigrai) per costringerlo alle dimissioni. Il 22, alla Camera, si discute la mozione dei finiani che condanna il direttore generale della Rai "mosso da criteri di opportunità politica". Masi non si scompone. Nella sala riunioni al settimo piano di Viale Mazzini, sfodera solo sorrisi. Rimarrà al suo posto comunque. Niente dimissioni. Anzi. "Dopo la sospensione di Santoro - racconta - sto vivendo un'esperienza nuova: l'esposizione mediatica. Non è male. Mi fermano in strada per l'autografo, mi fanno i cori allo stadio...". A Roberto Saviano, che ancora ieri lo attaccava su Repubblica per la censura a "Vieni via con me", replica: "Saviano sbaglia". Ieri sera ha visto il programma di Raitre in cui Benigni lo ha citato più volte: "L'ho seguito solo a tratti. È una trasmissione articolata, voglio rivederla per dare un giudizio compiuto".

Se il referendum la sfiducia si dimette?
"Io rispondo al cda e all'azionista. Ma i giornalisti devono sapere che ho due obiettivi. Il risanamento dei conti, già avviato. E rendere effettivamente pluralista la Rai. Cioè, far vivere sul serio le regole del contraddittorio. Il mio più grande nemico è il pensiero unico. Se per portare a casa questi risultati devo incassare delle sfiducie ne prendo anche una al giorno".

Il cda è paralizzato. Tiene ferme da cinque mesi le nomine. La maggioranza non sembra seguirla più.
"Il consiglio è definito dalla Gasparri. Una legge che codifica un meccanismo di relazione tra gruppi parlamentari e gran parte dei consiglieri. La Rai risente per forza del clima politico complessivo. Nel consiglio ci sono personalità molto forti, ma tutti insieme stiamo facendo un lavoro serio e rigoroso. Il piano industriale, per esempio, è stato votato all'unanimità".

Partendo con enorme ritardo.
"Non è vero. Ho cercato di salvaguardare il più possibile la pace aziendale".

E lo sciopero dei dipendenti fissato per dicembre?
"Lo hanno proclamato alcune sigle, che rispetto, non la Cisl che è d'accordo sul nostro percorso. Troveremo un'intesa, alla fine. Ma la Rai deve darsi una mossa. Per troppo tempo è rimasta a galleggiare. L'avrei potuto fare anch'io aspettando una leggina ad hoc che ci aiutava dall'esterno con soldi pubblici. Invece no. La Rai deve fare con le sue forze. E un bilancio sano va in parallelo con un riequilibrio delle voci in tv nei programmi d'informazione".

Riequilibrio significa cancellare alcune trasmissioni: Parla con me, Report, Annozero, Vieni via con me?
"Non sono un censore, non ho mai messo il bavaglio a nessuno. Voglio essere giudicato sui fatti. I fatti dicono che tutte le trasmissioni sono in onda. Ma tutti dovrebbero rispettare le stesse regole".

Saviano ha raccontato come ha provato a fermarlo.
"Se insiste su questo sbaglia".

Che ha usato l'arma dei compensi per ostacolare il programma.
"Sui compensi anche osservatori poco teneri con me condividono la linea dell'azienda. Ci sono sprechi da eliminare. Abbiamo già iniziato. Faremo una riflessione molto seria anche sui diritti sportivi. Certe cifre folli non possiamo permettercele. Una partita della nazionale, che pure il servizio pubblico deve seguire, costa ormai parecchi milioni e noi siamo alle prese con un risanamento che punta a mantenere i livelli occupazionali. Tra una partita dell'Italia e i posti di lavoro io scelgo i posti di lavoro".

Per cancellare il pensiero unico di sinistra ha provato a sostituirlo con quello di Berlusconi?
"Questa è un'enormità. Lo dimostra il fatto che a destra mi criticano perché ci sono troppi talk show di segno opposto".

La mozione di Fli sostiene il contrario.
"Dal punto di vista formale, quel documento non cambia nulla. Rispondo al cda e all'azionista. Ma inviterei i deputati che l'hanno scritto a guardare bene il palinsesto della Rai dove il pluralismo è garantito. Del resto, sono un economista abituato a ragionare con i numeri. La Rai sta stravincendo la battaglia degli ascolti. Questo significa qualcosa. Se il pubblico trovasse delle deficienze politiche o di prodotto non ci seguirebbe così numeroso".

Santoro fa ascolti straordinari. Lo vedremo in onda anche a gennaio?
"Non è detto. Non escludo nulla e anche Santoro, che è sempre imprevedibile, non esclude nulla. Con lui avevamo avviato una trattativa utile per tutti. La Rai poteva recuperare uno spazio editoriale che Santoro occupa grazie a due sentenze uniche nel mondo civile, ma penso anche nella galassia più sperduta. Roba da extraterrestri. Allo stesso tempo l'azienda poteva usare la professionalità di Michele in altro modo".

Il Tg1 invece perde pubblico. Ha perso anche il record di imbattibilità con il Tg5.
"Ma ha vinto per un anno intero... I tg stanno pagando la nuova grande offerta dei canali digitali. In più, c'è la nascita di nuovi protagonisti".

Quindi il TgLa7 toglie spettatori al Tg1.
"La presenza di Mentana si sente sull'intero mercato. Ma moltissime critiche a Minzolini sono assolutamente apodittiche".

Alcune sono giuste?
"Lui sa che ci sono degli appunti anche da parte mia. Ma non ne parlo pubblicamente". 

(09 novembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/11/09/news/nessun_voto_o_mozione_mi_far_dimettere_santoro_non_so_se_a_gennaio_andr_in_onda-8903379/?ref=HRER1-1
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« Risposta #40 inserito:: Novembre 17, 2010, 09:11:15 am »

L'INTERVISTA

Saviano: "La Lega dica perché tace sulla mafia infiltrata al Nord"

Lo scrittore dopo le accuse di Maroni: "Inquietante, mi sfida come Sandokan. Se Berlusconi vuole venire a fare un elenco come gli altri, nessun problema. Il nostro successo? Un miracolo"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - "Un attacco del tutto immotivato". Roberto Saviano risponde al ministro dell'Interno Maroni che ha definito "infame" la ricostruzione sulle infiltrazioni di mafia in Lombardia, terra della Lega. "Vieni via con me", alla sua seconda puntata, ha registrato un pazzesco record di ascolti. "Un miracolo", dice Saviano e la sua voce si accende. Ma c'è anche la polemica frontale con il Carroccio. Maroni e lo scrittore si stimano. Ora forse meno. Soprattutto per colpa di un passaggio nelle dichiarazioni del titolare del Viminale. Lì dove sfida Saviano a ripetere le accuse di lunedì "guardandolo negli occhi". Dice Saviano: "Una frase che mi ha molto inquietato".

Perché?
"Mi ha ricordato un altro episodio. Su Repubblica scrissi una lettera a Sandokan Schiavone dopo l'arresto del figlio. Lo invitavo a pentirsi. L'avvocato di Schiavone mi rispose: voglio vedere se Saviano ha il coraggio di dire quelle cose guardando Sandokan negli occhi. Per la prima volta, da allora, ho riascoltato questa espressione. E sulla bocca del ministro dell'Interno certe parole sono davvero inquietanti".

Si può accettare lo stesso la sfida di Maroni?
"La mia risposta è: dove e quando vuole. Posso guardare negli occhi tutti".

Quindi gli sarà concesso il diritto di replica?
"Posso dire questo. Non so che trasmissione abbia visto Maroni. Io non ho fatto altro che raccontare l'inchiesta condotta dalla Boccassini e da Pignatone. Se il ministro deve appellarsi a qualcuno, lo faccia all'Antimafia. Ho segnalato che il politico leghista incontrato dal boss Pino Nieri non è stato arrestato. Ho raccontato che la penetrazione della 'ndrangheta a Milano è gigantesca. Ho citato un'intervista di Miglio, il Professùr come lo chiamavano loro, in cui si propone di costituzionalizzare la mafia. Ma ho riconosciuto il contrasto culturale di Maroni e della Lega, in particolare quella degli esordi, verso la criminalità organizzata. Ho dato atto al ministro di un'operatività vera nei confronti della camorra. Dopo di che, dire, a ogni blitz, "stiamo sconfiggendo le mafie" è un'ingenuità, una miopia".

Anche la denuncia della politica contro i rom e contro gli immigrati era un duro attacco alla politica del Viminale.
"Noi sogniamo un'Italia diversa. Ma non facciamo un programma politico, tantomeno una tribuna politica: è narrazione. Non cerco lo scontro ideologico, non sono entrato nel merito della vicenda politica. Certo, ho raccontato una storia dal mio punto di vista. La logica secondo cui si debba, in ogni occasione, dare spazio anche al punto di vista contrario è tutt'altro che democratica. In questo modo si cerca il litigio, non il racconto. Ciascuno ha la possibilità di rispondere nei propri spazi, il pluralismo è determinato dalle diverse voci".

Non diceva che Maroni era uno dei migliori ministri dell'Interno degli ultimi anni?
"L'ho visto al lavoro nel Casertano e mi è piaciuta la sua capacità operativa. Ma la mia analisi rimane la stessa. Continuo a criticare la serie di proclami ripetuti a ogni arresto. E critico il silenzio culturale sull'infiltrazione della mafia in Lombardia. È un problema cruciale che imprenditori e politici lombardi rimuovono perché non vogliono rinunciare ai capitali del narcotraffico investiti nella regione. Il mio compito è rompere questo silenzio".

Maroni invece tace?
"Si potrebbe fare molto di più anziché prendersela sempre con chi racconta. Si dovrebbe guardare i fatti, andare oltre, non limitarsi a tirare un sospiro di sollievo perché il consigliere regionale leghista non è stato arrestato. Chiedersi perché gli 'ndranghetisti cercano di interloquire con la Lega. Dire la verità, ossia che c'è un nord completamente infiltrato. Io voglio parlare anche a quella parte dell'elettorato leghista che si fa condizionare dai dirigenti e sembra vedere tutto il bene al Nord e tutto il male al Sud. Non è così. Far finta che la 'ndrangheta sia sporca quando spara e pulita quando investe è un problema enorme".

Come spiega il clamoroso successo del programma?
"Non sono un televisivo. Non so come questo miracolo avvenga. Fabio Fazio costruisce la grammatica della trasmissione, gran parte del merito è suo. Credo che a premiarci sia il pubblico giovane, la differenza vera la fanno loro"

Fa piacere strappare spettatori al Grande fratello?
"Sono contento che i giovani possano spostarsi su Raitre divertendosi e ascoltando delle storie. È la dimostrazione che si può rendere concreto il sogno di una tv diversa".

Ci saranno politici il prossimo lunedì?
"Credo di no".

Berlusconi lo inviteresti?
"Se vuol venire a fare un elenco come tutti gli altri, nessun problema".

(17 novembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/11/17/news/saviano_intervista-9190844/?ref=HRER1-1
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« Risposta #41 inserito:: Dicembre 10, 2010, 07:20:37 pm »

L'INIZIATIVA

Musica e Costituzione, il Pd prepara la piazza

Sabato due cortei per lanciare l'alternativa. Prima del comizio di Bersani lettura di articoli della Carta.

Posto d'onore tra i cantanti a Neffa: la sua "Cambierà" è l'inno preferito dal segretario

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - La parte più organizzata della manifestazione riempirà piazza San Giovanni con 100 mila persone. È il risultato di 18 treni speciali, 1500 pullman, di una nave democratica in arrivo dalla Sardegna, tutto preparato dal partito. Ma sabato dovranno essere molti di più i partecipanti perché abbia successo quella che Pier Luigi Bersani definisce "una festa, anzi una festa di liberazione". Il segretario parlerà alla fine, unico politico di un lungo pomeriggio romano, mentre gli altri dirigenti saranno sotto il palco. Tutti o quasi hanno garantito la loro presenza dimenticando mal di pancia, correnti e critiche. D'Alema, Veltroni, Franceschini, Finocchiaro, Zingaretti, anche il criticatissimo Matteo Renzi che nel giro di una settimana passerà dal pranzo di Arcore al corteo anti-Cavaliere. I rottamatori saranno in strada accanto a quelli che vogliono mandare casa, prima o poi. Pippo Civati aderisce con entusiasmo: "A me piacerebbe che ci fosse tutto il centrosinistra e le associazioni e i movimenti".

I cortei che si muoveranno verso l'appuntamento di San Giovanni saranno non più uno ma due. Si muovono alle 14 da Piazza della Repubblica e da Piazzale dei Partigiani. In una festa non può mancare la musica. Ad aprire le due sfilate sono state chiamate due bande musicali, una dalla Basilicata, una dal Piemonte. I Giovani democratici hanno organizzato un pullman-discoteca che si piazzerà al centro del corteo sul modello dei Gay Pride o delle feste rave. Il palco di
Piazza San Giovanni assomiglierà dunque al raduno del Primo maggio, il concertone di Cgil, Cisl e Uil. Bersani interviene alle 15,30-16, quando ancora il sole non è calato. Nella precedente ora e mezza si alterneranno le note dei musicisti.

Comincia la Med Free Orkestra, polifonica con composizione multietnica. Poi tocca a Roy Paci, Nina Zilli, Simone Cristicchi. Il senso di una manifestazione globale è affidato ai collegamenti in streaming con i cortei del Pd all'estero. Due le piazze: Zurigo e Sidney (quest'ultima registrata visto il fuso orario, 12 ore avanti). Il vertice del Pd non vuole parlare di piazza-spallata, ma se si manifesta alla vigilia di un voto di fiducia decisivo qualche segnale bisogna pur mandarlo.

Se quello che unisce i 316 deputati pronti a votare contro Berlusconi è la difesa delle democrazia, delle istituzioni, la denuncia di un premier che non rispetta né l'una né l'altra, non mancherà in piazza la Costituzione, "la più bella del mondo" secondo Bersani. Cinque persone, dal ragazzo all'ottantenne leggeranno altrettanti articoli della Carta: il primo, il terzo, l'articolo 9 sulla cultura già declamato martedì sera da Daniel Barenboin alla Scala, l'articolo 53 sulla tassazione... Questi sono i principi ispiratori del Pd. Questi testi tengono insieme le generazioni, gli uomini e le donne. Al cantante Neffa viene riservato un posto d'onore. Rapper, autore di canzoni molto popolari ma non di culto come altri suoi predecessori, Giovanni Pellino (il suo nome all'anagrafe) ha composto "Cambierà", la colonna sonora scelta dal segretario per chiudere le assemblee democratiche. Abbandonati Vasco Rossi, Jovanotti, Ivano Fossati, i cantautori storici, Bersani si affida a un cantante sperimentale e commerciale insieme (il suo ultimo successo è "Fare a meno di te" in coppia con J-Ax). Neffa suonerà appena prima dell'intervento del leader, fuori dal segmento musicale. Alle 15,30-16 è il momento di Bersani. Farà il bilancio del berlusconismo al tramonto, entrerà nel dettaglio del futuro, del governo di responsabilità, dei rapporti con Fini, Casini, il terzo polo. Spiegherà come sta nascendo l'alternativa.

Alla sede del Pd si compulsano freneticamente i siti del meteo. Le previsioni sono buone, ma l'organizzazione coordinata da Nico Stumpo e finanziata dal tesoriere Antonio Misiani, prevede gagdet sul modello Forza Italia. In caso di pioggia saranno distribuiti ombrelli del Pd. In caso di vento freddo addirittura degli scaldacollo, come quelli che portano i calciatori quando vanno a giocare su campi ghiacciati. Adesso occorre solo aspettare. Per capire quanta gente seguirà il Partito democratico di piazza. E cosa succede da qui a dopodomani nel campo della maggioranza.

(09 dicembre 2010) © Riproduzione riservata
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« Risposta #42 inserito:: Dicembre 17, 2010, 09:01:19 pm »

L'INTERVISTA

Bersani: "Ora alleanza col terzo polo"

Il Pd pensa a sacrificare le primarie

Il leader democratico invoca un nuovo patto per superare Berlusconi.

"Ora si rimette tutto in discussione"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Un patto per la riforma della Repubblica. Un'alleanza per lavoro e crescita. Pier Luigi Bersani prepara una "piattaforma democratica". E la offre a tutte le forze di opposizione, Terzo polo in testa, per andare "non contro Berlusconi ma oltre Berlusconi, oltre il populismo. Non penso a un Cln anti-Cavaliere. Il Pd vuole aprire una fase fondativa".

Segretario, dopo la vittoria numerica ma non politica di Berlusconi alla Camera, perché non chiedete le elezioni anticipate?
"Se ci saranno le elezioni in primavera non avremo paura di affrontarle e vincerle. Ma non toglieremo le castagne dal fuoco a Berlusconi. Lui ha detto al Parlamento "voglio tre voti in più per la stabilità". Adesso vediamo quale stabilità e quale governo è capace di garantire. Se alla fine si andrà al voto dovrà pagare il prezzo: del suo fallimento e dell'ennesima promessa non mantenuta".

Intanto è fallita la vostra spallata al premier ed è tramontato il governo di responsabilità. Il Pd non deve cambiare linea?
"Di quale fallimento stiamo parlando? Avevano 70 voti in più, ora ne hanno 3. Certo, nella nuova fase l'esecutivo di transizione sembra meno praticabile. Ma la sostanza politica c'è ancora. E il Pd, entro gennaio, vuole presentare una proposta a tutte le forze di opposizione di centro e di centrosinistra che può avere anche un profilo elettorale".

Qual
è il senso di questa proposta?
"Partiamo dalla situazione che abbiamo davanti. Il governo Berlusconi punta solo a una sopravvivenza spregiudicata. Cercherà di galleggiare rapinando qualche voto, spargendo veleni come la voce di dirigenti del Pd pronti a passare con lui, mostrando quindi il volto peggiore della politica. Tutti quelli che non vogliono cedere a questa deriva devono prendersi la responsabilità di essere non solo contro Berlusconi ma di andare oltre".

Come?
"Guardando in faccia quello che ci consegna il tramonto del berlusconismo, la crisi di sistema in cui ci ha precipitato. Costruendo da subito una risposta positiva. Per mettere in sicurezza la democrazia e dare una speranza di futuro ai giovani. Noi ci candidiamo a presentare una piattaforma per la riforma della Repubblica, per la crescita e il lavoro".

Nel dettaglio cosa significa?
"Posso dare dei titoli. Riforme istituzionali. Riforma elettorale. Misure per la legalità e sui costi della politica. L'informazione. La riforma della giustizia per i cittadini".

E sul fronte sociale?
"Una riforma fiscale che carichi sull'evasione e le rendite alleggerendo lavoro, impresa e famiglie. Una nuova legislazione sul lavoro che affronti il dramma del precariato. Qualcosa l'abbiamo già detta: abbassare il costo del lavoro stabile, alzare quello del lavoro precario. Un pacchetto di liberalizzazioni".

Questa piattaforma con chi la discuterete?
"Con tutte le forze di opposizione, con le forze sociali. E con il Paese. A gennaio comincerò un tour delle regioni per parlare dei problemi reali. C'è un Italia che vuole cambiare".

Il Terzo polo una risposta ve l'ha già data. In caso di elezioni andranno da soli. Né Pd né Pdl. Perché volete sbattere di nuovo il grugno?
"Vedo che il terzo polo è stato battezzato con una certa urgenza per respingere le sirene berlusconiane. Li capisco, il timore è fondato. Ma se puntano a un ruolo di condizionamento del centrodestra presto dovranno convincersi che è un'illusione. Berlusconi non tratta, compra. L'idea stessa di un Berlusconi condizionato è un ossimoro. Perciò facciamo maturare nel Terzo polo una riflessione. Sapendo che l'idea e il confronto che proponiamo vivrebbero in ogni caso".

Nelle sue parole è scomparsa la formula Nuovo Ulivo. Di Pietro invece vi chiede un immediato matrimonio a tre. Volete abbandonare l'ex pm e Vendola?
"No. Nessun abbandono di nessun genere. Ma chi vuol discutere con noi deve accettare di confrontarsi seriamente con l'esigenza che poniamo. Quella di una riforma democratica e di una riscossa italiana che richiedono da parte di tutti una straordinaria apertura politica".

Siete consapevoli che per allearvi con il terzo polo dovrete rinunciare alle primarie?
"In nome di una strategia che chiede a ogni forza politica di non peccare di egoismo e di dare qualcosa, siamo pronti a mettere in discussione anche i nostri strumenti. Ci interessa l'obiettivo. Poi c'è un problema che riguarda soprattutto noi: le primarie per le amministrative. Possono inibire rapporti più aperti e più larghi non solo con i partiti ma con la società civile. E possono portare elementi di dissociazione dentro il Pd che non fanno bene a nessuno. Bisogna dunque riformarle".

È vero che la scorciatoia per stringere un patto con il Centro passa per l'offerta a Casini della candidatura a Palazzo Chigi?
"Queste sono fantasie. Non banalizziamo il tema parlando di organigrammi".

Ma lei sarebbe disponibile a un passo indietro nella corsa alla premiership?
"Non ho fatto passi avanti e non faccio passi indietro. Metto davanti a tutto il progetto".

Il Pd è impermeabile a nuove fughe e scissioni?
"Sì. Lo ha dimostrato la manifestazione di Piazza San Giovanni, piena di giovani e famiglie, lo dimostrano le battaglie parlamentari di queste settimane. Siamo un partito elastico ma proprio per questo non ci spezziamo".

Non rischiate di appannarvi e svenarvi nella ricerca di alleanze difficili?
"È il contrario. Come si è capito metto il profilo del Pd prima di discussioni astratte sugli alleati. Del resto questa responsabilità ci compete. Perché senza il nostro progetto non è possibile immaginare alleanze vincenti che superino il berlusconismo".

I giovani hanno manifestato martedì scatenando la loro violenza. Come si può fermare in tempo questo fenomeno?
"Tocca alla politica dare una risposta non ambigua di condanna rispetto alla violenza e noi lo facciamo, tocca alle forze dell'ordine fermare i violenti e pur nelle difficoltà l'impegno c'è stato. Bisogna però lavorare di più per prevenire infiltrazioni organizzate. Tocca agli studenti avere estrema attenzione nelle forme organizzative delle loro proteste, di rimarcare la distanza da ogni strumentalizzazione che può vanificare la loro voce, il loro comprensibile disagio". 

(17 dicembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/12/17/news/bersani_ora_alleanza_col_terzo_polo_il_pd_pensa_a_sacrificare_le_primarie-10302796/?ref=HREA-1
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« Risposta #43 inserito:: Dicembre 28, 2010, 12:15:55 am »

GOFFREDO DE MARCHIS

Il rilancio della Lega ultimo jolly anti-voto

Non è un buon segnale per Berlusconi l’intervista di Calderoli a "Repubblica". Al di là dell’irrealistica ipotesi di un sostegno di Pd e Fini al federalismo in cambio della riforma elettorale, dimostra che la Lega non si fida per niente dei risicatissimi tre voti di maggioranza alla Camera. E crede ancora meno alla propaganda sulla nuova risolutiva campagna acquisti lanciata dal premier.

La sicurezza del Cavaliere (arriveremo al 2013, i numeri sono aumentati) si scontra fragorosamente con la sfiducia del Carroccio che continua a puntare tutto sulle elezioni anticipate in primavera. Con i numeri a Montecitorio così ballerini, con le commissioni parlamentari praticamente ingovernabili, Bossi vede sfumare la realizzazione delle rifome, soprattutto quella cara alle regioni del Nord. La commissione per l’attuazione del federalismo, fra le altre, non ha più una maggioranza, sono decisivi i voti di Pd e Fli (da posizioni differenti favorevoli a una forma federale dello Stato) e quelli dell’Udc (contraria all’assetto sognato dai leghisti).

Le innumerevoli aperture del Pdl a Casini stanno irritando il Carroccio che non ci sta a farsi soffiare la golden share del governo. E le parole di Calderoli vogliono dire che anche loro hanno margini di manovra fuori dal cerchio berlusconiano, se vogliono. Il Pd cercherà di infilarsi in questa frattura presentando entro il prossimo mese la sua piattaforma programmatica in cui, è la promessa, ci saranno scelte chiare nette. Sullo sfondo resta la sentenza della Consula sul legittimo impedimento. In caso di responso negativo per il premier la Lega farà la forzatura finale.

http://www.repubblica.it/politica/?ref=HRHM1-2

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« Risposta #44 inserito:: Gennaio 19, 2011, 12:23:01 pm »


di GOFFREDO DE MARCHIS

Il Cavaliere resiste l'opposizione attacca


"Dimettermi? Ma che siete matti!". Silvio Berlusconi mette a tacere le voci sempre più insistenti sul suo passo indietro. A tarda sera si presenta alla riunione degli avvocati del Pdl alla Camera e al solito mostra i muscoli. Montatura mediatica, nessun reato, niente di niente: questa la sua reazione all'inchiesta di Milano. Eppure per tutto il giorno si sono ricorse le ipotesi su un dopo-Cavaliere con la stessa maggioranza. Per la successione i tre nomi già noti: Tremonti, Letta, Alfano. Ma il premier resta il dominus del centrodestra e soprattutto del Pdl. Detta tempi e decisioni. Dunque, o supererà la tempesta di queste ore o la strada più probabile sono le elezioni anticipate.

Nelle aule di Camera e Senato, i capigruppo del Pd Franceschini e Finocchiaro hanno chiesto solennemente le dimissioni del capo del governo. Senza indicare la soluzione alternativa. Nel Partito democratico si fa largo ormai un gruppo che prende atto della situazione e invoca le elezioni anticipate. Sparito il governo tecnico e l'alleanza democratica. Resiste una pattuglia di irriducibili. Tra loro, Franceschini e Gentiloni per esempio che vogliono escludere il ricorso alle urne. Ma anche il Terzo polo appare rassegnato. Casini ripete in maniera sospetta che il Centro è pronto al voto. Stra-pronta la Lega per cui le elezioni, a questo punto a maggio, sono il piano A.

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