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Autore Discussione: LEGA e news su come condiziona il governo B.  (Letto 75576 volte)
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« Risposta #105 inserito:: Gennaio 12, 2009, 05:18:47 pm »

«Chiacchiere in tempi di propaganda»

di Felicia Masocco


«Non so dove il ministro abbia sentito i lavoratori pubblici vergognarsi di dire il proprio mestiere. Mi piacerebbe però sapere da lui quanti dei suoi colleghi politici si vergognano di dire ai figli perché sono inquisiti o indagati. Ho l’impressione che, in percentuale, siano un po’ di più dei lavoratori pubblici. Prima di parlare della dignità di chi lavora, il ministro farebbe bene a occuparsi del ceto politico di cui fa parte».

Carlo Podda, segretario generale di Fp-Cgil, non ci gira intorno. E sulle continue esternazioni del ministro Renato Brunetta ha un’idea precisa.

Quale?
«Dietro i roboanti annunci che si susseguono dal suo insediamento, c’è una pubblica amministrazione nelle stesse condizioni di prima se non peggiori a causa dei tagli alla spesa, dei pensionati non rimpiazzati, dei precari mandati a casa alla scadenza del contratto.
Il ministro continua a pensare che lo stato delle cose possa essere coperto da annunci sempre più iperbolici».

Fumo negli occhi. Anche quando dice che la Cgil è il “nemico”? Se la Cgil dicesse che Brunetta è il nemico scoppierebbe il finimondo.
«Mi pare faccia una certa fatica a contenersi dal punto di vista verbale: si è scusato con la Cgil dopo aver detto chisse ne frega se c’è; ha avuto un piccolo incidente persino con il Vaticano entrando in polemica su chi ha più o meno precari nei suoi uffici; prima ancora aveva tirato fuori lo slogan “colpirne uno per educarne cento”, parole di un’epoca infelice. Non mi stupisce che non si faccia nessuno scrupolo a indicarci come nemici e non come avversari, antagonisti, come gente che semplicemente la pensa diversamente da lui».

Del resto, se gli dite sempre no...
«Non è poi vero:quando lui ha parlato di lotta ai lavoratori infedeli o fannulloni come li chiama, noi abbiamo detto che l’obbiettivo era condivisibile. Ma non possiamo condividere che subisca una trattenuta chi assiste un figlio diversamente abile, chi va a fare una donazione di sangue o di midollo osseo. Il ministro ha riconosciuto che c’erano degli eccessi, con gran clamore mediatico si era recato a casa di una persona colpita dalle misure, aveva promesso correzioni che nessuno ha visto».

Oltre alle chiacchiere non c’è niente?
«Io credo che le chiacchiere del ministro rivelino una fase di difficoltà. La verità è che da fine gennaio le retribuzioni pubbliche diminuiranno come la Cgil aveva denunciato, motivo per cui non abbiamo sottoscritto gli accordi di Palazzo Chigi e nemmeno i contratti. E finirà la propaganda, come è già successo con l’indennità di vacanza contrattuale che per settimane il ministro ha sostenuto sarebbe stata di 160 euro, mentre noi abbiamo diffuso le buste paga dalle quali si vedeva che era di 80 euro lordi. A luglio poi, quasi 70mila precari verranno messi per strada, diverranno 120mila il prossimo anno. Mi pare che il ministro si stia preoccupando di destrutturare la pubblica amministrazione, non di ristrutturarla o riformarla. Per questo avversiamo le sue politiche».

fmasocco@unita.it

12 gennaio 2009
da unita.it
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« Risposta #106 inserito:: Gennaio 12, 2009, 05:21:30 pm »

Maestri e veline

di Oreste Pivetta


Una volta Berlusconi a una ragazzo che lamentava le difficoltà economiche della famiglia rispose che se la doveva prendere con il padre: un fannullone, se non guadagnava abbastanza per far contenti i familiari. Fu il varo di una nuova cultura di governo, sulle cui tracce si animò più avanti il ministro Brunetta, che alla teoria del fancazzismo nella pubblica amministrazione ha dedicato ampi stralci della propria elaborazione. Ieri ha ripreso fotocopia della sentenza berlusconiana e, riassunti a sottospecie umana i suoi dipendenti, ha annunciato che i figli si vergognano dei padri statali, trasformando una categoria del lavoro e dello spirito un tempo ammirata e invidiata in una specie di bolgia tra usurai, ruffiani e traditori dei benefattori, tipo Brunetta. Il quale ministro ha il vizio di sparare, senza riflettere che il male è trasversale e senza ragionare sulle responsabilità di tale epidemia.

Quando scenderà a patti con la necessità di concretezza, di strategie e persino di cultura, facendo il mestiere che si è scelto: quello di ministro che deve organizzare per consentire a tutti di lavorare. Brunetta un merito ce l’ha, però: senza accorgersene indica una delle mutazioni antropologiche di cui ha sofferto il nostro paese. Non solo Pasolini...

Nella caduta dei valori, nell’esaltazione di un solo mito che è il denaro (come insegna il maestro Berlusconi) è evidente che la responsabilità civile di un dipendente pubblico (impiegato o insegnante) mal pagato e per questo mal considerato va a farsi benedire. Onore al meccanico, al suo conto con o senza fattura, onore alla velina, onore all’hostess che scalerà l’isola dei famosi, onore al tronista, onore a Berlusconi.

Ma è quest’Italia che è sbagliata: in un paese giusto un maestro di scuola elementare (pubblica) starebbe al primo posto nella classifica del rispetto nazionale.

opivetta@unita.it


12 gennaio 2009
da unita.it
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« Risposta #107 inserito:: Gennaio 14, 2009, 06:03:46 pm »

L'inganno nordista

di Bianca Di Giovanni


È il cavallo di battaglia della Lega, che sul federalismo ha puntato tutto, persino la sua permanenza al governo.
Il testo redatto da Roberto Calderoli è all’esame di tre commissioni del Senato: Affari Costituzionali, Finanze e Bilancio. Un comitato ristretto sta approntando possibili modifiche, per arrivare a un testo condiviso. Martedì si comincia a votare, il 20 gennaio il testo arriverà in Aula a Palazzo Madama. Anche il Pd ha presentato un suo testo. Si punta a una mediazione tra le due proposte. L’opposizione ha già ottenuto tempi più lunghi (il Carroccio avrebbe voluto chiudere tutto entro il 2008).

L’opposizione ha anche ottenuto che una commissione parlamentare faccia da filtro ai decreti delegati. Altro risultato ottenuto finora: una migliore definizione della fase transitoria. Il primo decreto delegato entro 12 mesi, tutto entro 24 mesi.

Da quel punto in poi decorreranno i 5 anni di transizione previsti dal testo. Ancora molte le questioni aperte, come quello sul passaggio dalla spesa storica ai costi standard. Il Pd propone che la convergenza tra Nord e Sud si misuri su obiettivi di servizi erogati. Molto è ancora da giocare.

Intanto la Lega continua il suo pressing, promettendo più ricchezza e meno tasse a Nord. Un binomio impossibile, a meno che a pagare non sia il Sud.
O magari il bilancio pubblico, con più debito. Per ora, comunque, l’unico testo disponibile è quello del ministro della Semplificazione: noi lo prendiamo sul serio parola per parola.


Ecco le trappole che nasconde.


Un rischio pesante si nasconde dietro la proposta sul federalismo fiscale targata Calderoli: gli italiani non saranno più tutti uguali di fronte allo Stato. È l’accusa più forte contenuta in un dossier redatto dal Nens (Nuova economia, nuova società) sulla proposta depositata nell’autunno scorso dal ministro leghista. L’associazione fondata da Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani analizza punto per punto il testo, fornisce dati sulle entrate e le spese delle singole regioni, fa un parallelo con altri Stati federali. E alla fine, giunge a questa inquietante conclusione: si rischia la balcanizzazione dell’Irpef.

INCOSTITUZIONALE  L’imposta che garantisce la progressività (ognuno paga in base alla sua capacità contributiva) e l’eguaglianza, cioè l’equità orizzontale (un ricco del nord è uguale a un ricco del sud) verrebbe completamente stravolta. La proposta del governo, infatti, «fa riferimento alla territorialità del prelievo - scrivono gli esperti del Nens - che non ha nulla a che vedere con la capacità contributiva, crea numerosi casi di disparità di trattamento ingiustificati e colpisce gravemente il principio di progressività».
Tale principio può essere assicurato soltanto dallo Stato centrale. Insomma, l’Irpef deve rimanere il cardine attorno a cui si tiene insieme la «casa Italia». «La scelta di Calderoli, al contrario - continua il dossier - con l’introduzione della riserva d’aliquota (l’addizionale locale, ndr) e della possibilità di introdurre deduzioni, detrazioni, variazioni di aliquote e quant’altro, crea le premesse per un processo che porterà alla frammentazione del più importante prelievo tributario del paese». Come dire: dietro l’asserita responsabilizzazione dei poteri locali si nasconde un forte spirito secessionista nella proposta, che così finisce per risultare a rischio incostituzionalità.

LUOGHI COMUNI  Il testo del Nens scardina anche altri tasselli della proposta leghista, capovolgendo molti luoghi comuni di cui si nutre la vulgata federalista. Per esempio che «Roma ladrona» (cioè lo Stato centrale) assorba gran parte delle risorse fiscali. In realtà oltre un quinto (il 21,9%) delle entrate totali è già gestito dalle amministrazioni decentrate. Il decentramento dei tributi in Italia ha avuto un’espansione esplosiva negli ultimi 15 anni, passando dall’8,2% sul totale dei tributi del 1990 al 21,9% del 2006. Una quota di gran lunga superiore a quella che si registra in Paesi molto più «federali» dell’Italia. In Germania il fisco locale raggiunge l’11,8%, in Austria il 14,1, in Spagna l’11,9 e la Gran Bretagna, uno Stato unitario ma con regioni dotate di autonomia amministrativa, la quota si ferma al 5,4%. Come dire: una buona fetta di federalismo fiscale già esiste. Non c’è nulla da introdurre ex novo. Semmai c’è da perfezionare, rendendola più efficiente, una macchina già partita. In un bilancio locale, oltre il 40% delle entrate è costituito da tributi. Tutti i livelli delle amministrazioni decentrate hanno già tributi propri: dall’Ici (oggi sulle seconde case) e l’imposta sulle affissioni dei Comuni, a quella sulla circolazione delle Province, all’Irap delle Regioni.

LE SPESE  Se le entrate locali sono quasi il 22% del totale, le spese locali superano il 33%. Si tratta di un livello molto alto. In tutti gli stati, anche quelli federali, si sostengono le spese locali con i trasferimenti dallo Stato centrale. In nessun caso i servizi locali vengono completamente finanziati da tributi locali.

bdigiovanni@unita.it


09 gennaio 2009
da unita.it
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« Risposta #108 inserito:: Gennaio 23, 2009, 12:57:14 pm »

Federalismo, il Pd si astiene.

La Lega pronta a correre da sola alle amministrative

di Roberto Rossi


Prove di dialogo tra Pd e Lega al Senato. Il Partito democratico si è astenuto sul voto del disegno di legge sul federalismo. La decisione, presa dall’assemblea del gruppo, è stata comunicata dal segretario, Walter Veltroni: «Una decisione giusta di una forza che assume la responsabilità» del dialogo «e che ha cambiato il testo originario facendo passare molte proposte». La scelta del Pd è stata molto apprezzata dalla Lega in particolare da Umberto Bossi. «Con la sinistra – ha detto il leader del Carroccio nonché ministro delle Riforme – è stato fatto un lavoro importante. Se non fosse per la sinistra eravamo ancora in Commissione».

L’inattesa sintonia tra i due schieramenti potrebbe portare anche a risvolti clamorosi. Uno di questi potrebbe essere la rottura dell’alleanza della Lega con il Pdl nelle elezioni amministrative che si svolgeranno in primavera. «In alcune specifiche realtà – ci spiega un deputato del Pd del Nord in contatto con il partito di Bossi – la Lega potrebbe decidere di correre da sola. Se questo avvenisse è chiaro che le carte per il centro sinistra sarebbero più incisive».

Il cammino, ci dice ancora la nostra fonte, è piuttosto lungo. Da qui alle elezionui ci sono circa quattro mesi. «E’ chiaro che bisogna ancora lavorare sull’argomento. Ma la strada è ben avviata». D’altronde anche l’astensione del Pd al Senato ha una chiara logica. «Sarebbe stato impossibile spiegare a molti elettori della parte più dinamica del paese un nostro voto. Il partito non deve essere identificato – continua il parlamentare – come quella forza politica che si oppone al cambiamento e all’innovazione. Il gruppo al Senato ha fatto un ottimo lavoro migliorando il testo iniziale e facendo emergere in modo chiaro che vi sono punti aperti non risolti a cominciare dall’apertura finanziaria e accompagnare alla riforma del federalismo fiscale».

Quella del partito di Bossi non è solo riconoscenza. La Lega con il caso Malpensa o Expo ha perso parte del suo appeal tra le piccole e medie industrie lombarde. Quando Silvio Berlusconi dice che con la Lega non ci sono problemi - «no, quando mai» - in parte ha ragione. Però per la Lega rimanere incatenata a un all’alleanza statica con il Pdl potrebbe portare a una lenta ma significativa erosione dei voti. Cosa che Bossi non vuole. Per il partito di Veltroni una “astensione” leghista alle amministrative potrebbe portare a risultati insperati. D’altronde l’elezione del presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, cinque anni fa, avvenne proprio grazie all’astensione leghista. Oggi la storia può ripetersi.


22 gennaio 2009
da unita.it
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« Risposta #109 inserito:: Gennaio 25, 2009, 04:48:53 pm »

2009-01-25 14:25

LAMPEDUSA, SINDACO ACCUSA. TENSIONE A COMIZIO DELLA LEGA
 
LAMPEDUSA (AGRIGENTO) - "Dove era ieri la polizia che presidia l'isola? La verità è che sono stati gli agenti a far uscire i migranti dal Cpa. Nessuno, né i cittadini né io abbiamo istigato gli extracomunitari. Si vergognino questi che dovrebbero essere uomini di legge". Così il sindaco di Lampedusa Dino De Rubeis, ha risposto a chi lo accusa di avere istigato l'allontanamento dal Centro permanente di accoglienza di un migliaio di migranti avvenuto ieri. "Berlusconi dice che gli extracomunitari non sono prigionieri e che possono venire in paese a bere una birra - afferma - Maroni sostiene che devono rimanere nel Cpa. Mi pare che nel governo centrale ci sia molta confusione".

De Rubeis ha annunciato che per martedì è stato indetto un nuovo sciopero generale contro la decisione del Viminale di aprire, sulla maggiore delle Pelagie, un centro di identificazione ed espulsione dei migranti. Per protestare contro la nuova struttura la popolazione è scesa in piazza ed ha scioperato già la scorsa settimana. Sempre martedì dovrebbe essere organizzata una manifestazione a cui - ha detto il sindaco - "parteciperanno parlamentari nazionali e il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo".

TENSIONE A COMIZIO DELLA MARAVENTANO (LEGA)
Ci sono stati momenti di tensione tra la popolazione durante il comizio della senatrice della Lega Angela Maraventano, ex vicesindaco. La politica è stata duramente contestata dalla popolazione che le ha gridato: "Bastarda, ci hai tradito". Alcuni cittadini hanno cercato di avvicinarsi al palco, improvvisato nella piazza del municipio, dove la senatrice ha cercato di spiegare le ragioni del governo che intende aprire a Lampedusa un centro di identificazione e di espulsione dei migranti. Sono intervenuti i carabinieri per bloccare il gruppo di persone che si stava dirigendo verso la Maraventano, ma a riportare la calma sono stati gli stessi cittadini presenti.

 "Il ministro Maroni mi ha assicurato che entro martedì circa 1.200 migranti, ospiti del Cpa di Lampedusa, saranno trasferiti o rimpatriati e lasceranno l'isola. Il governo ha tutto sotto controllo". Aveva detto in precedenza la Maraventano.
"Il governo - aveva aggiunto - ha pagato alla Libia cinque miliardi di euro per fermare il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Ora si tratta di fare rispettare a Gheddafi gli accordi presi".

La senatrice poi aveva preannunciato parte del suo discorso:  "Ai lampedusani dirò e dimostrerò che sono stati portati a sbagliare, che sono stati istigati dal sindaco, che per questo sarà denunciato, e che io non sono una traditrice o una persona venduta".


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E' trascorsa tranquilla la notte nel Centro di prima accoglienza (Cpa) di Lampedusa che, nonostante abbia una capienza massima di 850 posti, ospita attualmente 1.300 migranti. Gli oltre 1.000 extracomunitari, che ieri si erano allontanati dalla struttura di accoglienza ed erano scesi in piazza per chiedere il trasferimento in centri di permanenza temporanea di altre Regioni, sono rientrati. Fino a tarda sera gli abitanti dell'isola li hanno rintracciati e 'scortati' al centro.

E da questa mattina due camionette della polizia, ferme a 500 metri dal Centro di accoglienza di Lampedusa, bloccano l'accesso alla strada che porta alla struttura. La misura è stata adottata, per motivi di sicurezza, dopo i fatti di ieri. E' stata anche rafforzata la presenza delle forze dell'ordine sull'isola.

Continua, intanto, la mobilitazione dei cittadini dell'isola che si oppongono all'apertura del centro di identificazione e espulsione voluta dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni. La popolazione è sostenuta da tutta l'amministrazione comunale.
 
da ansa.it
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« Risposta #110 inserito:: Febbraio 05, 2009, 04:55:24 pm »

La Lega Lombardo

Colloquio con Raffaele Lombardo

di Roberto Di Caro


Da solo alle europee col suo Mpa. Pugno di ferro con gli alleati per mostrare chi comanda in Sicilia. E battere la 'Congiura dei pistacchi' di Cuffaro e Schifani. I piani del governatore. Colloquio con Raffaele Lombardo  Raffaele LombardoNon è tipo che le manda a dire, Raffaele Lombardo, a sentirlo quando la fidata signora Bonanno gli gira le richieste della mattinata: "Quello non lo voglio, con le schifezze che ha combinato non è il caso venga a rottamarsi da noi... Chi? Ha qualcosa da dirmi o è solo per scodinzolarmi attorno?... Ma sono pazzi o cretini? Siamo in emergenza e dovrei subire il loro ostruzionismo?".
L'ultima battuta è per quanti nella sua maggioranza gli hanno ormai dichiarato guerra aperta: l'Udc dell'ex presidente Totò Cuffaro e la parte del Pdl legata al presidente del Senato Renato Schifani e al senatore di Catania Pino Firrarello. I tre del 'Patto del pistacchio', come l'ha chiamato il viceministro Gianfranco Micciché, Forza Italia ma vicino a Lombardo. A Bronte, patria del pistacchio, i tre si sono visti a ridosso dell'Epifania per studiare come far cadere Lombardo: donde l'altra definizione, la 'Congiura dei senatori', che evoca Giulio Cesare e le idi di marzo.

Presidente, le stanno facendo la forca?
"Ci provano. Ma non ci riescono. Ho la sensazione che presto deporranno le armi".

Ma è la sua maggioranza.
"Pezzi. Gente miope. Gelosa. Tutti aggrappati a Berlusconi. Epigoni. Pochi resteranno in campo, gli altri faranno perdere le loro tracce".

Schifani, in effetti, senza Berlusconi...
"L'ha detto lei. Ha un caratteraccio, come me. Ma in fondo è un uomo per molti versi stimabile".

Intanto però, c'è un progetto di legge...
"Sulla morte del presidente. Degli stupidi immaginano che in caso di sfiducia o impedimento io me ne vada a casa e l'assemblea resti. Non è così: si va tutti a casa! Comunque ancora non l'hanno presentato...".

Porta male, una cosa del genere.
"Sì, ma a loro. C'è un Lombardo che si permette... che vuole adeguare il sistema a una prospettiva di federalismo fiscale e alla realtà della recessione: non è che voglio fare la rivoluzione, ma se non razionalizziamo e non tagliamo le spese, affondiamo. E il vecchio sistema cerca di resistere".

Ma in commissione legislativa, per il voto sulla riforma degli Ato, cioè sullo smaltimento rifiuti, se ne sono andati tutti i consiglieri Udc e Pdl.
"Il presidente, Pdl, è rimasto. E definisce 'una benefica rivoluzione' il testo".

Votato solo dai suoi e dal Pd.
"E che dovevo fare? Assecondare gli ostruzionisti? Rischiare il disastro ambientale? Vado avanti con chi ci sta. Il Pd ha fatto passare alcuni emendamenti che non condivido, ma li modificheremo in aula con il buon senso e la buona volontà".

Scusi, ma lei ce l'ha ancora una maggioranza?
"Molto più ampia di prima! Vede, io sono uno che tende all'unanimità. I riottosi, venuti alla luce i loro interessi maligni, non potranno che piegarsi ai superiori interessi della collettività".

Maggioranze a geometria variabile?
"No, è ciò che accade ogni giorno. A dicembre in commissione è uscita una riforma della pubblica amministrazione che taglia assessorati e indennità. Votata all'unanimità. Il trasversalismo è nella logica autonomista: non c'è nulla di ideologico".

Ma ci sono enormi interessi concreti. Sulla riforma della sanità, che attacca il sistema clientelare Udc, parte della sua maggioranza ha presentato un progetto di legge alternativo a quello dell'assessore, l'ex magistrato Massimo Russo.
"Progetto che è stato cestinato. Mi si accusa di attuare il piano di rientro della spesa sanitaria sottoscritto dal precedente governo regionale: con l'imparzialità di un uomo come Russo, che non si fa tirare la giacca da nessuno, compresi i miei amici".

La Sanità siciliana rischia il commissariamento.
"Sarebbe uno scandalo. Metteremmo le carte in tavola, dichiarando tutto ciò che altri hanno fatto per impedirci di raggiungere i risultati attesi".

Però lei rischia la paralisi amministrativa: anche sul piano energetico sono fermi 900 progetti per circa 4 miliardi di euro.
"Perché è stato passato al setaccio e modificato. Contributi a famiglie e imprese perché ciascuno possa installare sul garage o sul capannone il suo pannello solare o il minieolico, stop ai grandi impianti che devastano il territorio e arricchiscono solo grandi imprese non siciliane".

E come la mettiamo con gli scioperi in Gran Bretagna contro la siciliana Irem?
"Ma quella è xenofobia! Si godono milioni di islamici e scioperano contro un regolare appalto vinto da una nostra impresa! Se non fanno marcia indietro non prenderemo neppure in considerazione l'ipotesi del rigassificatore Erg-Shell a Priolo. E ci muoveremo per cacciare dalla Sicilia tutto ciò che c'è di inglese!".

Ce l'ha con le grandi imprese?
"No, ma finora ci hanno lasciato solo inquinamento e qualche posto di lavoro, sempre meno. Ora questi signori devono compensare il territorio. E, col federalismo fiscale, le tasse le devono pagare qui".

Secondo gli esperti, il federalismo fiscale vi costerà sui 6 miliardi di introiti.
"Mi sono battuto e ho ottenuto che nella legge si parlasse di accise sulla benzina. Sa quanto incassa lo Stato sull'energia qui prodotta e la benzina raffinata? Dodici miliardi di euro. Quei soldi dovranno venire a noi. Avremo sei miliardi in più, non in meno".

Nella legge si dice: 'Per nuove funzioni'.
"E noi ce le accolleremo: le ferrovie, tanto peggio di così non può andare. Sono orientato a prendere anche Siremar e Tirrenia, cedere fino al 49 per cento con gara pubblica a un privato che le gestisca e dividere gli utili. Così per le autostrade".

Il governo Berlusconi continua a sfilarle via fondi già stanziati: per finanziare le misure per lo sviluppo, inclusa la rottamazione dei frigoriferi...
"Per ragioni di pronto cassa. Si è impegnato a ripristinarli. E io mi fido del Cavaliere, ho un presidente del Consiglio amico: finché c'è lui non ci sono problemi. Dopo non garantisco, ma sarà fra trent'anni".

Un colpo basso, la legge elettorale per le europee, con sbarramento al 4 per cento.
Lombardo con alcuni sostenitori
in un mercato di Catania"O un modo per rilanciarmi. Ogni impedimento è giovamento, si dice da noi. Che è un modo per credere nella provvidenza divina: lo scriva, anche se lei non ci crede. Comunque noi andremo da soli".

Lei sta trasformando il suo Mpa in una sorta di Lega meridionale.
"Movimento per le autonomie. Un partito leggero al centro, che difende regole e princìpi etici: solidarietà, sussidiarietà, no a fecondazione eterologa ed eutanasia. Sul territorio democraticamente si organizza e sceglie vertici e candidati. Terremo il congresso a fine marzo. Abbiamo consiglieri e deputati in quasi tutte le regioni del Sud, una sede a Milano, contatti in Veneto con ex seguaci del movimento di Panto, a fine mese sarò a Bologna e Firenze. In Puglia sarebbe un bel colpo la Poli Bortone...".

Il suo sbarco al Nord non piacerà alla Lega.
"Avremo un rapporto di alleanza-competizione. Se dovrò fare a pugni con la Lega piuttosto che con Tremonti lo farò in maniera civile e ragionevole".

Con lei verrà Gianfranco Micciché, si dice.
"Ma no! Una delle persone alle quali Berlusconi è più legato è proprio Micciché. Il loro rapporto è viscerale, inscindibile".

E Salvatore Cintola dall'Udc, Nino Strano da An.
"Cintola rischia l'espulsione dall'Udc perché parla bene del mio governo, ma io non potrei garantirgli il posto di senatore che ora lui occupa. Strano è un fraterno amico, ma legatissimo a Fini e La Russa".

Entrambi diedero vita nel '93 a Sicilia libera: poi venne fuori in un'inchiesta che soldi e supervisione erano di Leoluca Bagarella.
"Strano è un esuberante, di minchiate ne ha fatte tante, ma dopo tanti anni di impegno politico non ha un soldo in tasca. E io ho una predilezione per la gente così...".

(05 febbraio 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #111 inserito:: Febbraio 11, 2009, 02:11:44 pm »

Il Carroccio: il coordinamento ad un super assessore

Gli alleati replicano: progetto inutile e incostituzionale

Polizia regionale e ronde padane in Lombardia lite Lega-Forza Italia

di RODOLFO SALA

 

MILANO - Polizia lombarda alle dipendenze della Regione e ronde di cittadini che dovranno essere formati nella stessa Accademia preposta all'aggiornamento degli agenti. La Lega sente il vento delle elezioni e sulla sicurezza va avanti come un treno. Anche a costo di dichiarare guerra ai suoi alleati. Come succede al Pirellone, dove il Carroccio sfida Formigoni e il Pdl presentando un progetto di legge che istituisce la Polizia regionale alle dipendenze di un super-assessorato - anzi, di un "ministero alla Sicurezza" - che dovrebbe coordinare il lavoro delle polizie locali, che ora dipendono da sindaci e presidenti di Provincia. E a capo di questa direzione centrale i leghisti vogliono che ci sia il governatore, oppure un assessore da lui delegato. Ovviamente il testo prevede anche il riconoscimento formale delle ronde: "Abbiano concordato tutto con il ministro Maroni", assicura il capogruppo Stefano Galli.

Ma il progetto presentato ieri va ben oltre la normativa del 2003, che ha regolamentato le polizie locali e previsto l'istituzione dell'Accademia regionale. E i primi ad accorgersene sono gli alleati. Che sparano a zero. L'assessore alla Protezione civile Stefano Maullu, di Forza Italia, ritiene la proposta non solo "inutile perché il coordinamento tra i diversi corpi è già previsto dalla normativa in vigore", ma anche "incostituzionale dal momento che le polizie locali non possono essere in capo alla Regione".

Più che una voce isolata, un fuoco di sbarramento: tutti i forzisti insistono tra l'altro sui costi eccessivi che il varo del "poliziotto lombardo" comporterebbe, e con il capogruppo Paolo Valentini fanno capire che in consiglio regionale daranno battaglia per bocciare il progetto: "Tutto è migliorabile, ma in questo momento non si sentiva la necessità di riformulare completamente la legge attuale". "Una legge - aggiunge il capogruppo di An Roberto Alboni - che anche altre Regioni vogliono adottare".

E l'Udc (partito che i leghisti vorrebbero espellere dal centrodestra lombardo perché non ha votato in Parlamento il federalismo): "Si avvicina il voto e partono gli slogan, ma la strategia di chi soffia sul fuoco non ha senso). Le opposizioni sono sul piede di guerra e parlano di "propaganda per alimentare la paura". Ma i leghisti non mollano: "Noi andiamo avanti".

E di ronde è tornato a parlare ieri Roberto Maroni ai microfoni di Radio 24, ospite della trasmissione di Giuliano Ferrara. "Ma quale razzismo, i primi a istituirle sono stati i sindaci di sinistra, ma ovviamente se una cosa viene fatta dalla Lega, allora è razzista". E comunque dopo l'approvazione del pacchetto sicurezza che le prevede, le ronde adesso sono una realtà: "Associazioni di cittadini che girano disarmati con il telefonino solo per segnalare situazioni di allarme". E magari, insiste Maroni, fossero state istituite prima: "Forse gli ultimi stupri non sarebbero avvenuti". E sempre a proposito delle ultime misure varate in tema di sicurezza, il ministro invoca la fine delle "strumentalizzazioni": "Non c'è alcun obbligo per i medici italiani di denunciare i clandestini che hanno in cura, solo l'abrogazione di una norma del '98 che li obbligava invece a non denunciare".

(10 febbraio 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #112 inserito:: Febbraio 11, 2009, 02:16:07 pm »

«Atteggiamento al livello della classe politica che non riesco a spiegarmi»

Il ministro degli Esteri romeno: «Nel governo italiano incitazioni a xenofobia»

Diaconescu: «Atteggiamenti da parte di rappresentanti del governo italiano volti a incitare alla xenofobia»
 
 
BUCAREST (ROMANIA) - E' ancora tensione diplomatica tra Italia e Romania. Il ministro degli Esteri romeno Cristian Diaconescu ha espresso rammarico per quelli che ha definito «alcuni atteggiamenti, soprattutto da parte di alcuni rappresentanti del governo italiano volti, attraverso una retorica molto aggressiva e provocatrice, a incitare alla xenofobia». Alla radio statale «Romania Actualitati», Diaconescu ha sottolineato come «questo non sia un comportamento europeo».

IL PARERE DEL MINISTRO - «In Italia esiste un certo atteggiamento al livello della classe politica, del governo, che non riesco a spiegarmi», ha proseguito il ministro degli Esteri romeno. «Ogni Stato ha il diritto sovrano di sanzionare con la durezza che ritiene necessaria i reati commessi da qualsiasi persona, ma non è giusto lanciare l'anatema contro un'intera comunità », ha detto ancora Diaconescu, definendo «deplorevoli» i reati commessi dai connazionali all'estero. Inoltre ha ricordato che nelle ultime settimane Bucarest ha avuto contatti diretti con Roma per cooperare nei casi di delinquenza ad opera di romeni. Ricordando la prossima apertura di nuovi consolati in Italia e Spagna, Diaconescu ha sottolineato che, all'estero, i romeni devono capire che «la migliore immagine sarà quella creata da loro stessi». «La delinquenza ci nuoce e a dispetto di tutti gli sforzi possibili a livello istituzionale è quasi impossibile equilibrare la situazione», ha concluso.


10 febbraio 2009
da corriere.it
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« Risposta #113 inserito:: Marzo 20, 2009, 11:57:45 pm »

«Dal ministro frasi pericolose. La protesta è sacrosanta»

di Simone Collini


«Sono affermazioni sconcertanti. Aizzare in questo modo gli animi degli studenti è molto pericoloso».

Achille Serra scuote la testa quando gli vengono riferite le parole di Renato Brunetta, quel «guerriglieri» che il ministro della Pubblica amministrazione ha scagliato contro i ragazzi dell’Onda.

Il senatore del Pd tira fuori un libro che ha pubblicato tre anni fa, quando era prefetto di Roma: “Poliziotto senza pistola”. È come lo avevano ribattezzato i cronisti di Milano, per via della sua propensione per la mediazione. Serra legge la parte dedicata al ‘68, quando da vicecommissario si misurò con la contestazione studentesca. «È colpa dello Stato se in quegli anni difficili si creò un antagonismo forte tra il movimento studentesco e le forze dell’ordine. È colpa dello Stato, che non ha saputo trovare la via del dialogo».


Vede il rischio di un ripetersi della situazione?
«Non si può dire agli studenti che sono dei guerriglieri o, ancora più sconcertante, che non hanno neanche la dignità dei guerriglieri, che sono una cosa seria».

Perché secondo lei il ministro ha fatto simili affermazioni?
«Non saprei, però evidentemente non si è reso conto di che cosa significhi una provocazione dell’ordine pubblico. Aizzare così gli animi degli studenti mi sembra, oltre che superficiale, molto pericoloso».

Condivide l’appello a moderare i termini lanciato ai politici dall’Associazione nazionale funzionari di polizia?
«Pienamente. I funzionari di polizia stanno sulla strada, sanno che con le provocazioni il pericolo di avere delle reazioni scomposte è reale. Lo abbiamo visto nel ‘68, quando lo Stato non seppe trovare la via del dialogo. Che va cercato a tutti i costi e in qualunque modo».

Cosa succedeva allora e che cosa si rischia di far succedere oggi?
«Gli studenti non si rendevano conto che noi poliziotti eravamo dei giovani come loro, e che lanciare una bottiglia molotov a noi non significava tirarla allo Stato. Se si aizzano gli animi a rimetterci sempre sono purtroppo le forze dell’ordine, che si trovano in piazza a dover contrastare la rabbia di questi giovani che si sentono chiamare guerriglieri, e gli studenti stessi».

Il ministro però, pur dopo molte sollecitazioni, non ha fatto dietrofront.
«Io mi auguro che lo faccia, perché per un governo è doveroso ricercare il confronto con i giovani, fino all’esasperazione. In questo caso non c’è stato neanche il minimo tentativo di ricercare un dialogo».

Questo vuol dire che sposa la causa dei contestatori?
«No, non significa questo. Però da tecnico dell’ordine pubblico, più che da politico, non posso non sottolineare il pericolo di certe affermazioni e le conseguenze che possono provocare. Conseguenze che non si vanno poi, se non indirettamente, a riversare sul governo e su chi pronuncia certe parole, ma, ripeto, sulle forze dell’ordine».

Secondo lei la gravità delle affermazioni richiedere un intervento del premier?
«Non credo che Brunetta abbia bisogno di tutele. Il ministro in altre circostanze ha dimostrato di essere molto più prudente, riveda la sua posizione e non definisca più né sbandati né guerriglieri studenti che reclamano una loro autonomia e un loro diritto allo studio. La protesta di questi ragazzi è sacrosanta».
scollini@unita.it


20 marzo 2009
da unita.it
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« Risposta #114 inserito:: Luglio 29, 2009, 05:04:27 pm »

Francesco Scommi ,   28 luglio 2009, 16:48

Le spine del Cavaliere     


Passa il decreto anticrisi alla Camera, ma Berlusconi ha parecchie gatte da pelare con la sua maggioranza. Ammette la necessità di modifiche al Senato per placare la Prestigiacomo che rivuole le deleghe sulla politica energetica, soffoca la protesta leghista sulle missioni all'estero al prezzo di uno smarcamento di Bossi, deve ancora disinnescare la fronda dei parlamentari meridionali

Il dl anticrisi, appena approvato dalla Camera, potrebbe essere modificato in Senato. E' quanto ha anticipato il presidente del Consiglio che, subito dopo il voto sul decreto a Montecitorio, ha risposto con un "penso di sì" alle domande dei cronisti sull'eventualità di introdurre modifiche al provvedimento, anche quelle richieste dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo che oggi ha ribadito di aver avuto "la parola del premier". La Prestigiacomo punta a riacquistare il potere di controllo sulle scelte di politica energetica che il decreto ha sfilato al suo ministero.

Berlusconi era presente oggi nell'Aula della Camera per il voto sul decreto che ha scatenato le proteste dell'opposizione non solo per il merito del provvedimento ma anche per la scelta del governo di ricorrere al voto di fiducia. Annunciando in Aula il voto favorevole del Pdl (che contiene, tra le altre cose, lo scudo fiscale, la maxisanatoria per colf e badanti, la moratoria dei debiti per le piccole e medie imprese per la quale è però necessario un accordo con le banche), il capogruppo del partito alla Camera Fabrizio Cicchitto ha riassunto i provvedimenti approvati in: "Premi per l'occupazione, ammortizzatori sociali, contenimento dei costi bancari, prime modifiche al sistema pensionistico, regolazione delle badanti, scudo fiscale (che si accompagna a provvedimenti contro i paradisi fiscali), intervento sui tempi di pagamento dello Stato alle imprese, detassazione degli investimenti, attenuazione del Patto di stabilità".

Replicando alle accuse dell'opposizione Cicchitto ha poi dichiarato: "Potrei fare un elenco pillola per pillola di questi provvedimenti: ognuno di essi interviene su un problema economico significativo. Vista la situazione preferiamo le pillole dei farmacisti ai bisturi dei chirurghi e dei dottor Stranamore alla Visco, che possono fare tagli devastanti al corpo di una società insieme complessa e delicata qual è la nostra. Meglio le pillole che questo governo sta dando ad un sistema economico insieme vitale e in difficoltà per un'infezione proveniente dall'esterno, che non l'intervento traumatico messo in atto nemmeno a colpi di bisturi, ma usando la sciabola, come avvenne con la legge finanziaria del 2007".

Affondo del capogruppo alla Camera del Pdl anche contro il candidato alla segreteria del Pd Pierluigi Bersani: "Lei, onorevole Bersani, è sempre prodigo nei confronti dell'attuale governo di battute sarcastiche, certamente degne della migliore tradizione parlamentare, e poiché lei è stato anche uno dei ministri, fra i più importanti, del precedente governo, le devo dire che non abbiamo ancora capito se Prodi è caduto per non aver seguito i lungimiranti consigli che lei gli dava, oppure se è venuto meno proprio per aver seguito alla lettera i suoi suggerimenti" ha ironizzato.

Compatto in Aula il fronte Pdl - Lega Nord. I deputati del Carroccio hanno votato sì al decreto anticrisi e il capogruppo alla Camera Roberto Cota ha definito quella del governo "la politica con la 'p' maiuscola che cerca di dare delle risposte concrete a delle esigenze reali, che emergono nella vita di tutti i giorni, mentre invece la politica con la 'p' minuscola si parla addosso e non entra mai nel merito delle cose. Oppure dice tutto e il contrario di tutto, a seconda della convenienza" ha detto Cota precisando che "il governo ha il consenso della gente se governa bene. E noi in questo momento abbiamo il consenso della gente". Il deputato leghista ha anche accusato il Pd di usare "il Parlamento in funzione del vostro congresso, che dovrete celebrare a ottobre. Giorno dopo giorno, state utilizzando le istituzioni - ha detto Cota -. E allora, noi ci auguriamo che questo congresso avvenga al più presto, perché non è interesse di alcuno avere una opposizione che non entra nel merito delle cose. Il nostro interesse, come maggioranza, sarebbe invece quello di avere un'interlocuzione reale sui provvedimenti e proposte alternative" ha detto.

Il premier, tuttavia, deve fare i conti con il dissenso, nei confronti del decreto, del Movimento per l'autonomia di Raffaele Lombardo che non ha partecipato al voto. La protesta dei lombardiani (denunciano la scarsa attenzione del decreto per il Mezzogiorno) fa il paio con una certa fibrillazione che attraversa la componente meridionale del Pdl, a cui si è messo a capo il siciliano Gianfranco Micciché. Il sottosegretario ex Forza Italia punta a recuperare fondi per il Sud e a rafforzare il ruolo dei parlamentari del Mezzogiorno e, all'interno del governo, della conterranea Prestigiacomo. Berlusconi, per tentare di placare la rivolta, ha in cantiere un "piano per il sud" da presentare entro la fine del mese.

Sembra essere rientrato invece, sebbene al prezzo di una spericolata acrobazia diplomatica, l'ammutinamento della Lega nord sulle missioni all'estero. Prima il leader del Carroccio Umberto Bossi, poi il ministro Roberto Calderoli, avevano nei giorni scorsi ostentato scetticismo sull'opportunità politica di proseguire la missione militare in Afghanistan. Calderoni aveva ventilato il ritiro anche dal Libano e dai Balcani. Bossi oggi ha fatto marcia indietro, non rinunciando tuttavia a rimarcare la propria posizione critica: "Mi sembra che portare le donne al voto in Afghanistan sia un'illusione che costa moltissimo. Poi dopo io farò quello che dice la maggioranza". E quello che dice la maggioranza Berlusconi lo ha sintetizzato così: "Non si cambia linea".

da aprileonline.info
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« Risposta #115 inserito:: Agosto 28, 2009, 11:28:45 am »

28/8/2009


Chiesa-Lega la posta è il territorio
   
FRANCO GARELLI


L’aspro dibattito pubblico seguito alla tragedia in mare degli immigrati eritrei indica che siamo forse a un punto di svolta dei rapporti della Chiesa con la Lega Nord, che su questi temi può coinvolgere anche l’esecutivo di cui essa fa parte o di cui sembra essere la padrona. Da entrambe le parti sono volate parole grosse, che hanno portato il Vaticano e la Cei a dire che nel Mediterraneo si sta consumando una nuova Shoah.

Che l’Occidente finge di non vedere; e con lo stato maggiore leghista che ha reagito a muso duro, accusando i Vescovi di dire «parole senza senso», di «inventarsi nuovi comandamenti», di lanciare messaggi che alimentano i viaggi in mare dei clandestini che poi finiscono in tragedie. Dalla Padania è persino giunta la minaccia di rivedere il Concordato, anche se Bossi a questo punto ha smorzato la polemica, ricordando che «la Chiesa fa il suo mestiere, noi il nostro». Ma al di là dei toni più o meno forti, è del tutto evidente che quella che si sta concludendo è una delle settimane di maggior passione e scontro tra la Lega Nord e la Chiesa, per la distanza che ormai separa - in tema di politiche migratorie e sociali - i due mondi.

Oggetto della contesa, dunque, non è la politica globale del governo in carica, che su vari aspetti valorizza la presenza della Chiesa nel paese; ma uno dei suoi punti qualificanti, rappresentato da quell’insistenza sui temi dell’ordine e della sicurezza che - a detta dei vescovi - produce la chiusura del Paese verso gli immigrati e alimenta l’indifferenza verso quanti cercano di emigrare per sfuggire alla fame, alla guerra, a condizioni disumane. La Chiesa non intende disgiungere legalità e solidarietà, ma richiama il governo e la nazione a non vivere solo di ordine pubblico e di respingimenti; così come vorrebbe che le forze politiche che si richiamano all’identità cattolica accettassero le indicazioni della sua dottrina sociale Il nuovo braccio di ferro tra Lega e Chiesa indica almeno tre cose.

Anzitutto che l’unica voce critica sui temi sociali e dell’immigrazione che preoccupa la Lega Nord è quella della Chiesa cattolica, nonostante che nel Paese vi siano molte altre forze sociali, politiche e religiose che da tempo protestano contro le scelte del governo e dei leghisti in questo campo. Proprio perché la considera come la spina nel fianco più ostica per attuare il suo no ad un’Italia multietnica, il Carroccio riconosce alla Chiesa una capacità di mobilitazione pubblica sui temi sociali ben superiore a quella su cui possono contare gli stessi partiti dell’opposizione. A più riprese la Lega si è contrapposta agli appelli del card. Tettamanzi, che auspicava la nascita a Milano di nuove moschee e un rapporto più sereno con l’islam; mentre ha sempre reagito con fastidio alle forti proteste della Cei per l’introduzione del reato di immigrazione clandestina nel pacchetto sicurezza varato dal governo.

In secondo luogo emerge che la Lega Nord ritiene di avere una posizione così forte nel Paese e nell’arena politica da usare con i vescovi toni pesanti, persino ricattatori. Per parare la critica di essere l’anima di una politica migratoria senz’anima, Bossi sfida paradossalmente il Vaticano ad aprire le sue porte ai clandestini, ricordando che proprio la città del Papa è quella che ha le mura più spesse e gli accessi più riservati; in ciò dimenticando tutti i gruppi religiosi e le parrocchie che operano sul territorio per far fronte alle varie emergenze sociali, tra cui quelle dei nuovi flussi migratori.

Infine occorre notare che al centro della contesa tra i vescovi e la Lega Nord vi è la competizione tra due diverse visioni della realtà che passano anche attraverso la questione migratoria. I vescovi italiani, soprattutto quelli del Nord Italia, sono ben consapevoli di quanto la Lega sia radicata sul territorio e della sua capacità di interpretare il sentire di quelle popolazioni. Vent’anni fa i vescovi e i preti della Lombardia e del Veneto, hanno del tutto sottostimato la capacità di penetrazione delle idee leghiste su territori che erano politicamente bianchi, ritenendo che la Dc e i gruppi ecclesiali fossero in grado di interpretare il sentire comune. Oggi Lega e Chiesa invece si contendono il territorio, le domande della gente, la capacità di rappresentare il mondo locale. I preti e i vescovi di alcune aree del Nord sanno che se nelle omelie insistono troppo sui temi della solidarietà verso gli immigrati la gente comincia a rumoreggiare in chiesa; ma sono anche consapevoli che se non tengono alto il loro messaggio sociale e religioso disperdono il senso stesso della proposta cristiana.

La tregua tra Lega Nord e Chiesa sembra dunque sul punto di rompersi. La prima, pur caratterizzandosi perlopiù per un’anima laica, ha da tempo adottato la religione cattolica come una sacra volta per difendere i valori della tradizione contro la presenza multietnica, dell’islam in particolare. Dal canto suo, la Chiesa anche grazie all’ossequio leghista al cattolicesimo ha visto maggiormente riconosciuto il suo ruolo nel paese, certificato dai provvedimenti a suo favore varati dalla maggioranza di governo. Si tratta di un equilibrio destinato a infrangersi se i leghisti chiedono alla Chiesa di occuparsi soltanto delle questioni di sacrestia (lasciando a loro libertà di azione sui temi emergenti) e se la Chiesa non intende rinunciare a giocare in senso forte la sua anima più solidale.

da lastampa.it
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« Risposta #116 inserito:: Settembre 05, 2009, 10:27:53 pm »

Sui media esteri le dimissioni del direttore di Avvenire e il conflitto con la Cei

Le Monde: "Le scappatelle imbarazzano la Chiesa".

Feltri al Nyt: "Mi fate domande ingiuriose"

El Pais: "Berlusconi pericolo pubblico"

Wsj: "Crepa tra Vaticano e premier"


di ENRICO FRANCESCHINI e ANAIS GINORI

LONDRA - Per il quotidiano spagnolo El Pais è "un pericolo pubblico". Il New York Times scrive che, per attaccare chi lo critica, sta "ignorando il proprio paese, messo duramente alle corde dalla crisi finanziaria". Il Wall Street Journal parla di "tensioni sempre più profonde" con il Vaticano. E le dimissioni del direttore dell'Avvenire occupano ampio spazio sulle principali testate della stampa internazionale, in particolare nei paesi cattolici o in regioni, come a New York e Boston negli Stati Uniti, dove la presenza cattolica è particolarmente forte.

In Spagna, per esempio, El Pais, uno dei giornali contro cui il premier ha minacciato azione legale (per la pubblicazione delle foto dei party con donne in topless nelle sua villa in Sardegna), dedica un articolo agli ultimi sviluppi del caso, intitolato "Berlusconi costringe alle dimissioni il direttore del giornale dei vescovi italiani", facendo la sua "prima vittima", e in un editoriale parte, ricostruendo i punti essenziali della vicenda, il giornale afferma senza mezzi termini: "Quest'uomo, è, come ha detto sua moglie Veronica, 'ridicolo', però è anche un pericolo pubblico".

La medesima tesi, cioè che Dino Boffo, dimettendosi dall'Avvenire per le polemiche scatenate dalle accuse di omosessualità contenute in un articolo del Giornale di Vittorio Feltri, di proprietà del fratello di Berlusconi, sia diventato "una vittima" del primo ministro, ossia che l'operazione abbia come mandante ultimo il presidente del Consiglio, è condivisa da altri organi di stampa stranieri, come il New York Times, che mette oggi in prima pagina le dimissioni di Boffo e anche nell'edizione internazionale (l'International Herald Tribune) fa un titolo a quattro colonne: "Giornale cattolico perde un round nelle guerre del sesso in Italia". L'autorevole quotidiano newyorchese sottolinea che il Giornale, "considerato il portavoce della coalizione di centro destra", ha pubblicato un "audace" editoriale che ha preso in giro l'accento "mitteleuropeo" di papa Benedetto XVI, "che è tedesco", e ha esortato la Chiesa cattolica a confrontare la sua "ipocrisia" sulla sessualità di preti dalla "debole carne" così come la sua storia di "sodomia e pedofilia con chierichetti", per poi passare agli attacchi personali contro Boffo.

Il messaggio degli attacchi al direttore dell'Avvenire, prosegue l'articolo, "è chiaro: che un giornale cattolico dovrebbe stare attento a non criticare la vita personale del primo ministro". La corrispondente Rachel Donadio sente anche il parere di Feltri, che afferma di avere pubblicato le notizie sui problemi giudiziari di Boffo "per interessare l'opinione pubblica e per vendere copie", dichiarando di non avere discusso la cosa con Berlusconi: "E' una domanda che trovo irrilevante se non ingiuriosa", dice il direttore del Giornale. Conclude il quotidiano di New York: "Critici e alleati di Berlusconi dicono che egli sta avventurandosi in acque pericolose con la Chiesa e fomentando un ambiente in cui tutte le critiche sono viste come atti di slealtà".

Il titolo del Wall Street Journal è "un direttore dà le dimissioni dopo un conflitto con Berlusconi", e l'articolo afferma che Boffo, "influente direttore di un quotidiano cattolico che aveva criticato la vita privata del primo ministro" italiano, è diventato "vittima di una guerra di giornali che ha aperto una crepa tra il Vaticano e il premier". Le dimissioni, prevede il quotidiano finanziario americano, "aumenteranno probabilmente le tensioni tra il Vaticano e Berlusconi". Parole analoghe usa il quotidiano spagnolo La Vanguardia: "Costretto a dimettersi dopo aver criticato lo stile di vita di Berlusconi, il direttore del giornale dei vescovi è vittima di una campagna di discredito". La notizia ha fatto il giro del mondo: ne parlano l'Irish Examiner in Irlanda, il Toronto Star in Canada, il Clarin in Argentina, il Guardian in Gran Bretagna, la Suddeutsche Zeitung e altri giornali in Germania. Altri due quotidiani britannici, il Telegraph e l'Independent, rivolgono invece l'attenzione alla proiezione del documentario "Videocracy" alla Mostra del Cinema di Venezia: il Telegraph riporta le accuse a Berlusconi di "censura" della pellicola, l'Independent la descrive come un ritratto "del volto comico ma sinistro dell'Italia" berlusconiana. Sempre l'Independent, in un secondo articolo, riferisce le dimissioni di Boffo, affermando che sono la prova che a questo punto "sono stati tolti i guantoni" nel confronto tra il Vaticano e il primo ministro italiano.

Sulla vicenda, lo spagnolo Periodico de Catalunya interviene con un'intervista a Concita De Gregorio, direttrice dell'Unità, che dice: "Boffo è il primo della lista". L'intervistatore le chiede se ha paura, e lei replica: "No, non ho paura. Ma Berlusconi ha scelto Feltri per dirigere il giornale della sua famiglia per attaccare tutta la stampa indipendente".

Il francese Le Monde pubblica oggi un pezzo dal titolo "Le scappatelle di Berlusconi imbarazzano la Chiesa e il Vaticano". Le dimissioni di Boffo vengono considerate una "prima vittoria del clan di Berlusconi nel conflitto in corso", scrive il quotidiano francese che ha intervistato anche il vaticanista di Repubblica Marco Politi. "Una parte della Chiesa non nasconde più il suo imbarazzo", continua il giornale che nota come la "moralità" del Cavaliere non sia l'unico punto di scontro. Anche la politica del governo sull'immigrazione, con la creazione del reato di clandestinità, ha provocato l'ira delle gerarchie ecclesiastiche.

(4 settembre 2009)
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