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Autore Discussione: LEGA e news su come condiziona il governo B.  (Letto 81473 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Agosto 04, 2008, 09:51:37 am »

4/8/2008
 
La politica del riciclo
 
 
MICHELE AINIS
 

Magari ci avrò capito poco. O magari la colpa è dei giornali, compreso quello su cui scrivo ora. Ma sta di fatto che quest’estate le notizie sparate in prima pagina mi sembrano per lo più altrettante bufale, storielle buone per i grulli. O meglio, non tanto le notizie: gli annunci di notizie, le trovate reboanti che la politica strombazza ai quattro venti.

Metti le misure contro il bullismo a scuola. Era ora, verrebbe da esclamare. E dunque bentornato al 7 in condotta, che il ministro Gelmini rispolvera dagli archivi del proprio dicastero. Bisogna misurare la disciplina, non solo le interrogazioni in classe. Ma perché, fin qui non succedeva? Nella scuola italiana era forse lecito prendere a pernacchie i professori? No di certo: la condotta già concorre alla valutazione complessiva degli alunni. Tanto che l’anno scorso fece rumore una decisione del Tar che restituì la promozione a un ragazzino dell’istituto Franceschi-Quasimodo di Milano, bocciato perché disturbava le lezioni. Dice: ma il nuovo provvedimento del ministro traduce la condotta in voto, al pari del voto d’italiano. Falso anche questo, almeno per le medie. C’era un «giudizio» sulla condotta, continuerà ad esserci un giudizio.

Però alla riforma Gelmini va attribuito quantomeno il merito d’imporre lo studio dell’educazione civica. Questa sì, è una grande innovazione. Sarà per il mestiere con cui mi guadagno lo stipendio, ma ho sempre un lutto al braccio quando vedo quanta ignoranza circola sulla Costituzione. Solo che nei programmi scolastici l’educazione civica c’è già, e c’è dal 1958. Non a caso digitando «manuale di educazione civica» su Google s’aprono 113 mila siti. Non a caso fra tali manuali s’incontrano quelli scritti da colleghi insigni come Sabino Cassese e Gustavo Zagrebelsky. Poi magari ben pochi professori ne chiedono conto agli studenti, ma questo è un altro paio di maniche.

Tuttavia la Gelmini è in buona compagnia. Qualche settimana fa il ministro Maroni propose di concedere la cittadinanza italiana ai bimbi rom abbandonati dai genitori. C’era stata una polemica furiosa sulla schedatura dei minori nei campi nomadi, e tutti lì a dire quant’è bravo Maroni, lo vedete che non è affatto un orco. Nessuno che gli abbia ricordato come il diritto in questione sia già vigente nel nostro ordinamento dal 1912, con una legge firmata da Vittorio Emanuele III. Dopo di che la legge attuale, che a sua volta risale al 1992, conferma integralmente quel diritto: è cittadino per nascita il figlio di genitori ignoti, e se papà e mamma ti lasciano per strada evidentemente sono ignoti. D’altronde che mai dovremmo fare di questi bambini, attribuirgli la cittadinanza del Burundi?

Infine c’è Brunetta, il ministro che caccia i fannulloni. Visita fiscale al primo giorno di malattia, ha tuonato come Giove. Peccato che essa fosse già prevista dal contratto dei ministeriali, anno 1995. Per essere precisi, quel contratto stabilisce che la visita possa essere disposta al primo giorno d’assenza, ma in seguito varie circolari hanno trasformato il «può» in «deve». Ah, la forza della circolare! Anche Brunetta ne ha appena emanata una (la n. 7), dopo aver dettato l’obbligo di produrre solo certificati rilasciati da una struttura sanitaria pubblica; anche perché altrimenti sui pronto soccorso si sarebbe riversata una folla scalpitante. Sicché la circolare di Brunetta dice che va bene anche il certificato del medico di base. Tutto più o meno come prima, ma intanto l’annuncio ha fatto il giro del pianeta.

Insomma delle due l’una. O i ministri non conoscono le leggi che cercano invano d’emendare, col risultato d’aggiungere diritto alle botti di diritto da cui ci abbeveriamo tutto il santo giorno. O le conoscono, e ne conoscono altresì la scarsa applicazione. Perché in Italia, dopotutto, la vera rivoluzione sarebbe il rispetto delle leggi. Tuttavia per questo servono le competenze giuste, non basta improvvisare. Io però un consiglio ce l’avrei. Abbiamo un ministro per l’Attuazione del programma; affianchiamogli un ministro per la Conoscenza delle leggi, nonché un terzo ministro per la loro Applicazione. Ma per quest’ultimo incarico dovremmo riesumare Che Guevara.

micheleainis@tin.it
 
da lastampa.it
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« Risposta #76 inserito:: Agosto 11, 2008, 12:43:10 am »

A Pontida Il Senatur: conosco solo il mio partito. Resterò in politica finché i padani saranno liberi

Bossi: il dito medio ce l’ho ancora

Il Pdl mantenga la parola o lotterò

«Federalismo una tappa. Poi la polizia locale e una scuola che parli al Nord»



PONTIDA (Bergamo) — «Gli antichi romani tagliavano le dita ai prigionieri, quelle con cui tiravano le corde dell’arco. Ma noi, le dita le abbiamo ancora tutte. Anche il dito medio». L’avvicinarsi della grande sfida del federalismo fiscale spinge Umberto Bossi ad alzare i toni. Nella «sua» Pontida, alla festa del locale Carroccio a cui non manca mai di partecipare, l’avviso ai naviganti percorre tutto il discorso del capo leghista, mai così incendiario da parecchio tempo.

Spiega Bossi infatti che «il federalismo fiscale è soltanto un punto di passaggio, ma il nostro obiettivo è la libertà per tutti popoli del Nord». Di più: Bossi ricorda a tutti che il palazzo non è importante, importante è la Padania: «Noi non abbiamo fondato la Lega per vincere le elezioni, l’abbiamo fondata per tornare liberi ». A conferma del momento delicato nei rapporti tra Lega e resto della coalizione, Bossi poco prima aveva alzato le spalle alla domanda sul congresso del Pdl: «Conosco soltanto il mio partito».

Al fuoco, appunto, c’è il federalismo fiscale: «Presto vedremo se quelli con cui abbiamo trattato manterranno la parola oppure no. Ma se non la manterranno, sarà lotta di liberazione». Bossi sembra arrabbiarsi con «la vergogna della spesa storica. In certe regioni abbiamo una classe dirigente che fa accapponare la pelle. Spendere, spendere, spendere... tutto questo finisce con il federalismo ». Quella che non finisce è la missione del Carroccio e dello stesso Umberto Bossi: «Io starò nella politica fino a quando il Nord non sarà libero e non avrà i suoi diritti. E se non si potranno conquistare democraticamente li conquisteremo con il cuore, con il coraggio e con la battaglia». Di qui, alle nuove rivendicazioni il passo è breve: «Dopo il federalismo chiederemo altre competenze, la polizia locale e la scuola». Ed è proprio quest’ultima, secondo il capo leghista, la chiave di volta: «Ci mandano insegnanti che non sanno niente della nostra storia. E invece noi dobbiamo insegnarla alle nostre famiglie e ai nostri figli, altrimenti non saremo mai liberi». Obbligatorio il riferimento al film sulla battaglia di Legnano: proprio l’altro giorno Bossi è andato a prendere a Malpensa il regista Renzo Martinelli di ritorno dalla Romania dove ha girato le scene della battaglia.

Poco prima di parlare al pubblico, Bossi aveva risposto alle domande dei cronisti. Sull’Expo, ad esempio. Nessuna brutta figura per il ritardo nel decreto per la costituzione della società operativa: «La brutta figura l’ha fatta chi non è riuscito a portare a casa niente». Ma ha ragione Giulio Tremonti che vuole un consiglio d’amministrazione o il sindaco Letizia Moratti che punta a un amministratore unico? «Ci sono tanti soldi in ballo, Tremonti si preoccupa...».

Marco Cremonesi
10 agosto 2008

da corriere.it
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« Risposta #77 inserito:: Agosto 11, 2008, 10:11:02 pm »


LEGA: FERRERO, BORGHEZIO IN CORTEO CON FASCISTI E RAZZISTI

L'ANTI-ISLAMISMO ECCO LA LORO CULTURA DI GOVERNO



Roma, 10 ago.

(Adnkronos) - "Un parlamentare europeo come Mario Borghezio, esponente di un partito di governo e al governo del Paese come la Lega Nord di Umberto Bossi, che si reca a un raduno di sigle e movimenti neofascisti, xenofobi e pericolosi in nome della guerra all'Islam - raduno che e' l'equivalente sostanziale di un raduno di partiti nazisti e razzisti - la dice lunga su quale sia la 'cultura di governo' che anima un partito come la Lega ma anche quella dell'esecutivo delle destre oggi al potere in Italia". Lo afferma il segretario del Prc, Paolo Ferrero.
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« Risposta #78 inserito:: Agosto 13, 2008, 10:59:55 am »

Borghezio: Padania libera e rappresentata all'Onu

 
ROMA (5 agosto) - «Sarà un appuntamento importante. È la Venezia che dovrebbe annunciare, o magari anche salutare, la riforma federale dello Stato. Quindi il federalismo fiscale, ovvero la vicinanza di un obiettivo importante della nostra strategia di liberazione. Se si arriverà con queste buone notizie sarà una tappa importante per la liberazione della Padania». L'eurodeputato della Lega Mario Borghezio in un'intervista ad Affaritaliani.it presenta così la manifestazione del Carroccio di domenica 14 settembre a Venezia, appuntamento per il quale l'esponente leghista indica «l'obiettivo strategico» della libertà della Padania.

«Un giorno la Padania sarà rappresentata all'Onu». «Tutte le volte che vedo un'iniziativa sul Tibet o che riguarda la libertà di altri Paesi o di altri popoli penso che dovremmo esserci anche noi - dice Borghezio - D'altronde, chi l'avrebbe detto che solo pochi anni fa che Estonia, Lettonia, Lituania, Cechia e Slovacchia sarebbero state nazioni libere e autonome? Oggi sono membri dell'Unione europea e nessuno si straccia le vesti. Quindi è più che un sogno, è una certezza: un giorno la Padania sarà uno Stato indipendente, sicuramente rappresentato all'Onu. Quanto all'Ue si vedrà».

«Sono un indipendentista». A chi lo definisce un secessionista, l'esponente leghista risponde: «Non l'ho mai nascosto. Anche se il termine giusto è indipendentista. A Venezia quest'anno ci sarà una buona rappresentanza dei movimenti autonomisti e indipendentisti d'Europa. Mi sono già attivato in tal senso e ho già l'adesione dei fiamminghi, che saranno anche presenti a Paesana in occasione della cerimonia della presa dell'acqua. Ci sarà un eurodeputato».

da ilmessaggero.it
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« Risposta #79 inserito:: Agosto 13, 2008, 09:49:17 pm »

Tremonti, novella «Maga Magò» della scuola italiana

Marina Boscaino


Va molto di moda, tra i ministri del governo Berlusconi, propinare pillole di saggezza sulla scuola. Questa settimana, le esternazioni di Gelmini ci hanno informati - dopo il voto di condotta e dopo i grembiulini - di quanto sia fondante nell'interpretazione del suo mandato ministeriale il problema dei compiti per le vacanze; nonché di quanto un sano approccio conservatore sia l'unico in grado di sanare i problemi della scuola italiana. Problemi che, considerate le sue principali preoccupazioni, il ministro ha evidentemente molto presenti.

È poi stata la volta di Tremonti: con una lunga intervista a La Padania, Tremonti ha propinato formule come una (antipatica) Maga Magò.
Perché, a differenza di quel personaggio bonario, pacioccone e un po' bizzarro, il ministro dell'Economia è violento ed approssimativo. Ma, si sa, sulla scuola ognuno è autorizzato ad esprimere giudizi definitivi. Due i temi principali - «i due mali» - dell'intervista: la valutazione e i libri di testo. Minimo comune denominatore: l'odio per il '68. Che c'azzecca? direbbe qualcuno. Al '68 Tremonti fa risalire l'inizio di ogni male: la cultura velleitaria, il «casino» omnicomprensivo, non meglio identificato; al '68 bisogna ricorrere per individuare il germe dell'idea di sostituire - alle elementari e alle medie - il voto con il giudizio. La necessità ideologica di questa riduzione dogmatica e un po' forzata, ma comprensibile in un uomo di destra, di contenuti eterogenei ad un unico motivo, ha reso ancora più deboli le argomentazioni su tematiche volte evidentemente ad accreditare soluzioni muscolari, logiche di risparmio, letture culturali di basso profilo che il centro destra dedica di norma alla scuola italiana.

L'annoso problema della valutazione, sul quale esimi pedagogisti si interrogano da decenni e che rappresenta uno degli argomenti più complicati relativi al sistema scolastico, viene liquidato da Tremonti in una serie di triti luoghi comuni, in barba ad ogni dibattito scientifico sul tema. Che il governo Berlusconi abbia la necessità di accreditarsi verbalmente come rapido risolutore decisionista dei guai combinati dalla sinistra non è un motivo nuovo. Gravissimo è che un sedicente uomo di cultura non solo affronti l'alternativa tra giudizio sintetico (ottimo, buono ecc) e voto «dove c'è giudizio senza classifica non c'è neanche reale valutazione (...)» non rendendosi conto che sta parlando di alunni dai 6 ai 13 anni; ma addirittura - prendendo in prestito un po' dell'inopportuno senso dell'umorismo dal Grande Capo - che ironizzi violentemente sui giudizi analitici: un passo indietro rispetto a qualunque analisi ragionevole della complessità del problema; nonché della realtà di bambini e preadolescenti. Dice Tremonti: «Ha ottime capacità di socializzazione. Che cosa vuol dire, che fa copiare i compagni? Collaborativo con i docenti; ossia non esita a fare la spia? Molto precoce per la sua età; insomma, beve e fuma?» E così via. Quanto sarcasmo di bassa lega da parte di chi sogna evidentemente una scuola di bambini e ragazzini schedati, inchiodati dal numero che li valuta, omologati e schiacciati in una logica classificatoria e non attenta alle loro singole individualità; tutti con il loro bel grembiulino (possibilmente) griffato; una scuola che si affretti a far fuori un gran numero di insegnanti, parassiti da sistemare, sui quali si formano le classi, come fa capire in seguito il ministro; un sistema scolastico tarato sulla burocrazia e non sui bisogni effettivi delle famiglie. Insomma, un ennesimo quadro catastrofico, in cui insegnanti e scuola - d'accordo, non tutti bravi, non tutti belli - svolgono tuttavia immeritatamente il ruolo dei principali colpevoli.

D'altra parte, però, l'altro grande «male» identificato da Tremonti - il caro-libri, amplificato anche da una tendenza al cambiamento dei testi da parte degli insegnanti, che rende i testi stessi non più utilizzabili, tramandabili da studente a studente - è un problema concreto, oltre che attuale, sul quale non sarebbe corretto dissentire radicalmente dal ministro. Perché, anno dopo anno, l'aumento del costo della vita che grava sulle famiglie italiane è amplificato da questa spesa onerosa e obbligatoria. Tremonti sciorina in maniera puntuale una serie di elementi che rappresenterebbero una soluzione alla questione: parla di e-book, sui quali sarà bene aprire una seria discussione; sottolinea che non è necessario cambiare testi, dal momento che le novità di metodo non hanno portato grandi risultati sul piano didattico; suggerisce solo appendici per i manuali consolidati, che eviterebbero esborsi inutili, in quelle discipline che non prevedano evoluzioni interpretative di breve periodo; fa appello, infine, a «un cambiamento che la gente ci chiede».

Insomma, a parte la confermata stima e considerazione per un eventuale lavoro di ricerca e di affinamento didattico dei docenti, una incoraggiante teoria di buone intenzioni. Ma, mi par bene, anno dopo anno, il problema del caro libri tiene banco tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. Sarebbe interessante, per una volta, provare a vedere, a fronte di tante chiacchiere da ombrellone che fanno sospettare un ennesimo attacco pretestuoso alla scuola pubblica, uno sforzo per fornire risposte concrete. E non una enumerazione di denunce e buone intenzioni che hanno l'amaro retrogusto della demagogia.

Pubblicato il: 13.08.08
Modificato il: 13.08.08 alle ore 10.39   
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« Risposta #80 inserito:: Agosto 14, 2008, 07:57:41 am »

LA NOTA

Governo malato di eccesso di sicurezza

Segni di sfilacciamento su misure anti crimine e riforma della giustizia



Probabilmente si tratta soltanto di sbavature, di iniziative coordinate male. Ma non si può dire che ieri il governo abbia dato prova di compattezza: né sulla questione dell'uso dell'esercito nelle città, né in materia di giustizia, e neppure sul piano dei rapporti di forza parlamentari. Si può anche liquidare come un incidente di percorso il ruzzolone di ieri alla Camera, dove il governo è stato bocciato su un decreto. Ma qualche segnale di sfilacciamento è indubbio. Le divergenze fra il presidente della Camera, Gianfranco Fini e quello del Senato, Renato Schifani sulla riforma del Csm sono emerse in modo esplicito: sebbene Fini si sia poi affrettato a diplomatizzarle.

Il suo accenno ad una politica viziata da una «visione unilaterale» dei rapporti con la magistratura, non è passato inosservato. Ha dato l'impressione di una critica larvata al modo in cui il premier Silvio Berlusconi cerca di plasmare il sistema giudiziario. Nelle parole di Fini si avverte il timore che un braccio di ferro prolungato e sfibrante con i giudici diventi un boomerang per il centrodestra; e non venga capito dall'elettorato. Forse il presidente della Camera dà voce anche alle preoccupazioni del Quirinale, determinato a svelenire la situazione e perplesso di fronte all'ipotesi di una riforma del Csm, di cui Giorgio Napolitano è presidente.

Tuttavia, non si può dare per scontato che fra un mese lo sfondo sarà meno avvelenato. Oggi Antonio Di Pietro presenterà alla Corte di cassazione il quesito referendario che vuole abrogare il lodo Alfano. Quanto alle misure sulla sicurezza, la confusione promette di crescere: oltre tutto con un fronte europeo insidioso per palazzo Chigi. L'attacco del Consiglio d'Europa contro il governo italiano per la politica sui «rom» è la conferma di un rapporto sfibrato e conflittuale.

Mostra un centrodestra guardato a Bruxelles con una diffidenza pervicace. Probabilmente si è di fronte ad un pregiudizio esagerato. Ma certo non è da sottovalutarsi, su un tema delicato come i diritti umani. Non contribuisce alla chiarezza l'eterogeneità delle reazioni sull'utilizzo dei militari nelle città. Nella maggioranza la decisione non incontra consensi unanimi: basta registrare il rifiuto del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ad impiegare i soldati per le strade della capitale. È come se l'esigenza di bruciare le tappe nei primi cento giorni spingesse il governo a prendere misure magari incisive ma viziate da una logica emergenziale; forse, poco meditate; e comunque, non sempre condivise fino in fondo da ogni alleato. Fini propone di rimediare tenendo le Camere aperte più a lungo del solito per approvare le ultime leggi. Ma le assenze che ieri hanno provocato la caduta del cosiddetto «decreto milleproroghe » dicono che il centrodestra in questa fase è almeno distratto; ed incline a disertare l'aula per eccesso di fiducia nei propri numeri parlamentari.


Massimo Franco
30 luglio 2008

da corriere.it
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« Risposta #81 inserito:: Agosto 18, 2008, 04:19:38 pm »

POLITICA

Il ministro: "Mai più col cappello in mano a Roma"

Bozza finale del ddl, oggi l'incontro con Tremonti

Ecco il piano di Calderoli per il nuovo federalismo

DAL nostro inviato PAOLO BERIZZI

 

BERGAMO - Si rigira tra le mani le pagine. Le scorre lentamente, come fossero le Sacre Scritture. Eccola qui, dopo la seconda e decisiva spremitura, l'ultima bozza del disegno di legge sul federalismo fiscale. Il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli - che per scriverla si è giocato le vacanze, "ho iniziato a fine maggio, un lavoraccio, però così com'è direi che può funzionare" - la presenta a Repubblica prima di salire a Lorenzago di Cadore e portarla "in dono" a Tremonti: "Compie gli anni oggi, gli faccio un bel regalo, no?".

Su queste carte, per la Lega, è impressa la madre di tutte le riforme. La rivoluzione democratica che secondo Bossi "cambierà il Paese", che sgraverà il Nord della "zavorra centralista" e farà finalmente decollare il Sud. L'impianto è noto: "I soldi vanno direttamente alle Regioni, alle Province e ai Comuni. Così - dice Calderoli reduce dal summit di Ponte di Legno con Bossi e il ministro dell'Economia - ammazziamo la finanza derivata, quel sistema per cui i soldi finiscono a Roma e poi i sindaci vanno con il cappello in mano a chiedere l'elemosina".

Diciannove articoli spalmati su sette "capi" (le cifre, per la cronaca, sono indicate in numeri romani). Sulla copertina, la scritta: "Schema di disegno di legge per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione: delega al Governo in materia di federalismo fiscale". Tecnicamente c'è da studiare e parecchio. Il titolare della Semplificazione l'ha fatto.

Si è messo sotto assieme a una squadra di professori universitari: costituzionalisti e economisti. "Oggi ci vediamo a Calalzo di Cadore. Abbiamo limato, visto, rivisto. Questo benedetto testo l'ho presentato alle Regioni, ai Comuni, alle Province. Ai gruppi dell'opposizione. Qualcuno diceva che era un testo generico: oggi non lo è più. Però forse abbiamo deluso Rutelli...". Sorride, Calderoli, indica l'articolo 10, quello sul "finanziamento di Roma capitale": "Aveva detto che ci eravamo dimenticati. E invece eccolo, non ho fatto il furbo. Prima era nel codice delle autonomie, adesso l'abbiamo portato di qui per evitare che andasse a traino e finisse in coda...".

Lo "schema" federalista si regge su pilastri cardine: primo, l'autonomia fiscale del territorio (stabilito dall'articolo 119 della Costituzione). Subito dopo c'è il passaggio dalla "spesa storica" alla logica della premialità, degli incentivi agli enti virtuosi. In sostanza: finita la storia che chi più spende - Regioni, Comuni, Province - , e dunque peggio amministra, e dunque dilapida, si becca più soldi dallo Stato.

"Puntando sulle autonomie economico-finanziarie, si responsabilizzano i vari livelli di governo. Ciascun livello deve potersi autofinanziare con un'imposta legata alle competenze più proprie - spiega il ministro - Per il Comune la casa, per la Provincia le auto e i trasporti, e per la Regione tutti i servizi alla persona". Risultato sperato: coinvolgere i Comuni nella lotta all'evasione fiscale. "I sindaci andranno a stanare i furbetti. Perché è nel loro interesse, ne va del finanziamento delle casse".

E qui c'è un altro punto centrale: la tipologia di tributi richiesti al cittadino ("gli enti saranno flessibili nelle detrazioni, nelle esenzioni, nelle deduzioni") sarà collegata ai servizi erogati. "Io cittadino potrò giudicare l'operato degli amministratori, quello che mi offrono e quello che mi chiedono. E' una forma di controllo diretto". Se il sindaco non fa il suo dovere, scattano sanzioni automatiche da parte dello Stato.
Il Sud.

Per i fautori dell'equazione federalismo uguale "interessi del Nord" Calderoli ha la risposta pronta. "Questo sistema è perfettamente compatibile con le Regioni meridionali, anche con quelle più arretrate. Non solo perché gli dà la possibilità di sopravvivere - con la prossima finanziaria alcune scomparirebbero. Ma anche perché indica la strada per il rilancio della loro economia. Io dico: vuoi farti una fiscalità di vantaggio? Benissimo. Però non è più come prima che ti davo 10 milioni e tu sparivi. Così abbatti il nero, la crisi dell'occupazione, la criminalità".

Altri principi contenuti negli articoli: la perequazione ("Se una macchina fa 10 km con un litro dev'essere così a Milano come a Roma come a Palermo") e la solidarietà. "Questo è un federalismo solidale. Le Regioni più ricche devono aiutare quelle meno sviluppate. E lo stesso vale per i Comuni. Ma le risorse ognuno se le gestisce, non saranno più ripartite da Roma".

Il pacchetto è pronto. Il calendario pure. "Stiamo spingendo sull'acceleratore. Dal Cadore scenderemo in Puglia dove scriveremo gli ultimi passaggi. E' un giro d'Italia. Perché questa è una riforma di tutti e per tutto il Paese. Presenterò il disegno di legge con Bossi, Tremonti, Fitto e Ronchi. Nella prima settimana di settembre esame preliminare in consiglio dei ministri. Dopo il 15, l'approvazione. Poi inizia l'iter. L'obiettivo - conclude Calderoli - è partire con il periodo di transitorietà subito dopo il 2009. Quindi si andrà a regime. Gradualmente ma definitivamente. Così, poco alla volta, tutte le macchine faranno 10 km con un litro".

(18 agosto 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #82 inserito:: Agosto 19, 2008, 04:37:29 pm »

A LORENZAGO

Federalismo, Bossi torna all'attacco «Sia la volta buona o ci pensa il popolo»

ROMA - Può durare da tre a cinque anni la transizione verso il definitivo riassetto federale del Paese e i termini scattano dalla fine del 2008, vale a dire dal momento dell'approvazione della legge delega in Parlamento. È il ruolino di marcia indicato dal ministro Roberto Calderoli. Ma intanto Umberto Bossi, tornato a Lorenzago dopo 5 anni, fa sapere che nessuno deve bloccare la riforma come accadde la volta precedente e che, in tal caso, ci sono dietro l'angolo soluzioni «sbrigative».
 
SOLUZIONI SBRIGATIVE - «Speriamo che questa volta sia la volta buona altrimenti dovremo pensare ad altre soluzioni, molto più sbrigative. La volontà popolare di conquistare la libertà può avvenire anche attraverso i mezzi che sa usare il popolo», ha detto il ministro delle Riforme che a sorpresa ha raggiunto Calderoli e Tremonti a Lorenzago dove si festeggia anche il compleanno del ministro dell'Economia. Da Bossi, poi, qualche anticipazione: con la riforma «si potrà arrivare ad una riduzione degli sprechi perchè si cambia il modo di finanziare le regioni, non più sulla spesa storica ma sulla spesa calcolata media». «Oggi - ha aggiunto - è calcolata sulla spesa storica e ogni regione riceve al di là di quanto effettivamente spende».

I PALETTI - Intanto, però alleati e avversari, ma anche le associazioni degli Enti locali, continuano a mettere paletti al suo progetto. A cominciare dalle richieste perentorie del reggente di An. Intervistato dal «Quotidiano nazionale», Ignazio La Russa ha ribadito che la riforma federalista va inserita all'interno di un quadro di riforme istituzionali. Di più non ha aggiunto, ma il riferimento a un bilanciamento di tipo presidenzialista, tema da sempre caro a Fini, rimane sullo sfondo. Come che sia, è un paletto da cui non può prescindere il progetto di Bossi e Calderoli. Del quale si conosce ancora poco. Ma quel poco basta per far mettere le mani avanti a Italo Bocchino, che avverte: mai Alleanza nazionale potrebbe approvare norme penalizzanti per il Mezzogiorno.

BOZZA CALDEROLI - Sono petizioni di principio, non ancora il preludio di una guerra dal momento che la «bozza Calderoli» - diciannove titoli raggruppati in sette capitoli - rimane ignota. Si sa soltanto che il caposaldo deve essere la fine della finanza derivata, cioè la procedura per cui Comuni, Province e Regioni sono stati in questi decenni soltanto ufficiali pagatori di somme la cui entità veniva stabilita dal governo centrale per essere divisa di concerto tra i soggetti interessati. Proprio dai Comuni sono venute le prime e puntuali richieste. Se ne è fatto portavoce il vicepresidente dell'Anci, Osvaldo Napoli. Il quale, pur apprezzando la bozza del ministro leghista, ha chiesto che le funzioni fondamentali di competenza di Comuni e Città metropolitane vengano fissate già nella legge delega e non rimandate ai decreti delegati. Per Napoli, quindi, sono da considerarsi funzioni fondamentali i servizi alla persona, all'ambiente, la catalogazione fiscale dei beni immobili (decentramento del catasto), la sicurezza e il decoro urbano, l'istruzione.

LE RICHIESTE DEI COMUNI - A queste richieste Napoli ne aggiunge un'altra: la possibilità per i Comuni di imporre una tassa di scopo per finanziare fino al 100%, e non al 30% come è attualmente previsto, le opere che vogliono realizzare. Il tutto condito dalla semplificazione radicale della fiscalità sugli immobili, riducendo a una sola «grande tassa» le 10 o 11 tasse sulla casa (un pò sul modello francese). Calderoli legge e annota. Così, proprio rivolto ai sindaci, ha ammonito che sta per finire il tempo dell'indulgenza per i sindaci poco virtuosi. Al cattivo amministratore che non sa governare il bilancio o lo sfora oltre una certa soglia, vanno comminate sanzioni automatiche prevedendo la limitazione delle assunzioni o il blocco della spesa a disposizione del sindaco quando non l'obbligo di imporre nuove tasse locali. Si tratta di un meccanismo sanzionatorio mai venuto alla luce, ma già in qualche misura previsto nel Codice delle Autonomie dell'ex ministro Linda Lanzillotta. (Ansa)


18 agosto 2008

da corriere.it
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« Risposta #83 inserito:: Agosto 25, 2008, 12:45:19 pm »

25/8/2008 (7:24) - L'INTERVISTA

Calderoli: "Formigoni? Lasciatelo parlare..."
 
Il ministro: «Roberto si ricordi che chi va piano va sano e va lontano»

UGO MAGRI
ROMA


Sul federalismo, ministro Roberto Calderoli, lei procede come una lumaca...
«Chi lo sostiene?».

Roberto Formigoni, governatore della Lombardia. Un vostro alleato. Preferirebbe un passo più da bersaglieri.
«Chi va piano va sano e va lontano, dicevano i nostri vecchi. E chi va forte... Tante volte si è provato a realizzare il federalismo, ma regolarmente un bastone è finito tra le ruote».

Qual era lo sbaglio?
«Quello di imporre la soluzione, o di calarla dall’alto».


Lei, invece?
«Cerco di far nascere il federalismo dal basso, dal territorio, da tutto il territorio. Mezzogiorno compreso».

Però intanto Formigoni, un ex democristiano, mette la freccia e la sorpassa in leghismo...
«Mi vengono in mente quei piloti che alla play-station battono tutti. Ma sulla pista vera è diverso».


Cosa succederà quando al Sud cominceranno a fare due conti sul fisco federale?
«Chi si è messo al lavoro, come la Sicilia, ha capito immediatamente che federalismo fiscale significa entrate maggiori, non minori. Mi è piaciuto quello che dice Vendola, presidente della Regione Puglia...».

Ma come! E’ di Rifondazione comunista...
«A me sembra che voglia accettare la sfida federalista. Altri, invece, non ci sono arrivati. Questione di tempo».


Avrà più inciampi a destra o a sinistra?
«Diciamo fifty-fifty».

Il peggior nemico?
«La palude».

Qualcuno obietta: prima di trattare sui soldi, le Regioni devono farsi dare dallo Stato le competenze indicate nella Costituzione. Non è che lei, Calderoli, mette il carro davanti ai buoi?
«Quando cercavamo di fare il federalismo costituzionale, ci dicevano che era meglio partire da quello fiscale. Oggi, il contrario. Ma in fondo conta poco».

Poco?
«Abbiamo studiato le cose in modo da superare il problema. E Formigoni, che se ne intende, sa come».

Lo spieghi a noi.
«Dopo la legge delega sul federalismo fiscale, serviranno i decreti delegati attuativi. Mentre il governo si occuperà di quelli, il Parlamento potrà approvare, nella doppia lettura richiesta, il federalismo costituzionale».

Quanto tempo prevede che ci vorrà, per mettere insieme l’intero pacchetto?
«Un anno, un anno e mezzo al massimo».

Saremo nel 2010, avremo le elezioni regionali. Ancora Formigoni rivela: Berlusconi mi ha già promesso che governatore in Lombardia resterò io... Risulta pure a voi della Lega?
«Ci risulta che si deciderà quando sarà il momento. Lui o uno dei nostri, lo vedremo sotto elezioni».

Ma allora Berlusconi perché promette?
«Per legittimare Formigoni nel suo ruolo attuale. Se già il premier dicesse che nel 2010 il Presidente della Lombardia sarà un altro, Formigoni si domanderebbe che ci sta a fare al Pirellone adesso».

Parlando di elezioni: a che punto siete sulla legge per le Europee?
«Spero di parlarne con Berlusconi in settimana».

Il premier che cosa ha in mente?
«Uno sbarramento del 5 per cento. Per lui sarebbe meglio. Porterebbe ad avere 4 partiti nel Parlamento europeo».

Lei invece?
«Preferirei la soglia al 4 per cento. I partiti rappresentati salirebbero a 5. Rispetto agli 11 attuali, ne resterebbero comunque meno della metà».

Il vantaggio?
«Di avere sostanzialmente lo stesso sbarramento in Europa e alle Politiche nazionali. Un sistema più omogeneo».

Forza Italia vorrebbe Casini di nuovo nell’alleanza. E voi?
«Discorsi estivi. Qualcuno ha aperto perfino alla Santanché... Non perdiamoci tempo».

E se l’Udc tornasse davvero all’ovile?
«La questione non si pone proprio. Casini si è perfino candidato premier in alternativa a Berlusconi. Come farebbe a sedersi nel suo governo?».

da lastampa.it
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« Risposta #84 inserito:: Settembre 02, 2008, 12:11:34 am »

«La lista dei reati inclusi è decisa e non cambierà»

Maroni: intercettazioni, la corruzione resta

«Non dobbiamo più curarci di polemiche fasulle. Vicino al premier c'è chi agisce per convenienza personale»

 
 
ROMA — L'accordo con la Libia? «Noi siamo pronti ai pattugliamenti delle coste, dunque mi aspetto che sia subito operativo. Ma adesso è l'Europa a dover intervenire per fermare i flussi». Il monito del Papa? «L'Italia ha già fatto la sua parte, altri devono rispondere all'appello». Lo scontro sulla giustizia? «Basta con le questioni personali e le polemiche strumentali, abbiamo i numeri e il consenso per approvare una grande riforma». Agosto è trascorso senza particolari emergenze da affrontare, ma Roberto Maroni ha ben presente quali problemi attendono la ripresa dell'attività del governo e in particolare del ministro dell'Interno.

I risarcimenti concessi al regime di Tripoli saranno sufficienti a fermare gli sbarchi? «Il nostro accordo era subordinato alla realizzazione e al finanziamento di un sistema di protezione dei confini libici a sud, nel deserto, che è stato studiato da Finmeccanica. La parte più rilevante del patto, a parte l'autostrada, è questa perché rappresenta la contropartita per avviare i nostri controlli nelle acque libiche».

È convinto che saranno consentiti?
«Motovedette ed equipaggi sono pronti da tempo. Nei prossimi giorni sentirò l'ambasciatore Abdul Hafed Gaddur con il quale avevamo già un'intesa. Manca soltanto il via libera operativo, ma intanto mi aspetto che la polizia locale aumenti i controlli per fermare i flussi. Il nostro obiettivo è la chiusura della rotta, proprio come avvenne con l'Albania».

Fino al 15 agosto gli arrivi erano raddoppiati rispetto allo scorso anno. C'è ancora una situazione di emergenza?
«Il vero problema è che la maggior parte dei clandestini provengono da Paesi in guerra e dunque non ci sono le condizioni per rimpatriarli. Chiedono asilo politico e molti hanno i requisiti per ottenerlo. La collaborazione con Tripoli diventerà fondamentale per il nostro Paese, ma certo non risolverà il problema dell'immigrazione in Europa».

Come si deve intervenire?
«Lunedì prossimo sarò a Parigi e chiederò alla presidenza francese interventi forti e decisivi, anche perché il rischio forte è che si apra una nuova rotta che passa dal Marocco e arriva in Spagna. Il vero rimedio è la trattativa con i Paesi d'origine, ma è l'Unione europea a doverla affrontare in maniera strutturale».

Papa Benedetto XVI chiede ai governi azioni politiche più efficaci per fermare le stragi in mare.
«Condivido le sue parole al cento per cento perché la soluzione è in un grande progetto comune. In assenza di una politica europea ogni Stato cerca di tamponare l'emergenza dei flussi senza però risolvere il problema. L'appello del Pontefice arriva nel momento in cui l'Italia ha dimostrato l'efficacia della politica, adesso tocca all'Europa».

Le carrette affondano nel canale di Sicilia. Rivolgersi a Bruxelles non è un modo per scaricare il problema?
«No, anche perché con l'ampliamento dell'area Schengen l'Italia è espropriata dal controllo sulle frontiere terrestri. Chiudere la porta di Lampedusa non basta. Io propongo un comitato permanente composto da Spagna, Francia, Italia, Malta, Portogallo e Grecia che affronti l'emergenza e definisca le strategie».

Questo secondo lei risponde all'appello del Pontefice?
«La gestione dei flussi migratori è una grande sfida che deve essere affrontata come si fa per l'economia con il consiglio Ecofin e la Banca centrale. La Commissione europea deve avere potere sull'immigrazione e non lasciare iniziativa a singoli Stati. Qualche giorno fa Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato per i rifugiati, ha denunciato le pessime condizioni dei centri di accoglienza maltesi. Perché non si interviene?».

Resta convinto della necessità di rendere l'immigrazione clandestina un reato?
«Ho già chiesto ai capigruppo del Senato di mettere subito in calendario il disegno di legge per approvarlo con urgenza».

Secondo Silvio Berlusconi la vera emergenza sono le intercettazioni. Non è d'accordo?
«Alla Camera c'è il disegno di legge del governo e noi stiamo cercando di capire che cosa ha intenzione di fare il ministro Alfano. Siamo favorevoli alla sua approvazione con la precisazione che deve rimanere la possibilità di eseguire intercettazioni per i reati di mafia e per quelli contro la pubblica amministrazione».

Il premier vuole eliminare corruzione e concussione.
«Il provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri: questi reati ci sono e rimarranno».

Nessuna possibilità di modifica?
«Ascolteremo gli argomenti di Berlusconi, ma la posizione della Lega non è cambiata e non può cambiare. Anche perché non ce ne sarebbe motivo. Dobbiamo avere l'ambizione di lavorare nei prossimi cinque anni per un sistema più moderno efficace senza curarci delle polemiche fasulle e senza farci condizionare dalle convenienze o dalle contingenze».

Si riferisce a Berlusconi?
«Proprio no. Mi riferisco a chi gli sta intorno, a quei consiglieri che pensano di fare i suoi interessi, come è avvenuto con il provvedimento per la sospensione dei processi».

Nella lettera spedita al presidente Schifani è stato lo stesso presidente del Consiglio a rivendicarne la paternità della norma.
«Abbiamo la forza e i numeri per fare una riforma ambiziosa che renda la giustizia equa e utile per i cittadini: questo è il nostro obiettivo. Dobbiamo spoliticizzare quella piccola parte della magistratura che si muove per fini propri e mettere il resto in condizione di perseguire i reati. Sbaglia chi ritiene che dietro questo progetto ci siano chissà quali interessi o addirittura la P2. Noi abbiamo in mente la tutela dei cittadini, le intercettazioni sono soltanto un aspetto».

Quali sono gli altri?
«Separazione delle carriere, obbligatorietà dell'azione penale, giustizia civile. Io dico: superiamo le divisioni e lo scontro con le toghe eliminando l'aspetto punitivo e recuperando una collaborazione fra poteri».



Fiorenza Sarzanini
01 settembre 2008

da corriere.it
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« Risposta #85 inserito:: Settembre 09, 2008, 11:06:15 pm »

L'intervista

Castelli: i nostri voti sono determinanti

Vorrei che gli alleati lo ricordassero

Il sottosegretario del Carroccio: ora contano i risultati


ROMA — Sottosegretario Roberto Castelli, più ci si avvicina al federalismo e più c'è il sospetto che qualcuno voglia frenare, sopire, troncare. Insomma, sabotare. «Sospetto? La certezza. Noi della Lega lo sosteniamo da sempre. Non siamo così ingenui da pensare che si possa a abbandonare un sistema centralista senza incontrare fierissime resistenze».

Resistenze che arrivano anche dal centrodestra. «L'area centralista è trasversale. Ma intorno al federalismo c'è un vasto consenso, anch'esso trasversale. Ci sarà uno scontro culturale oltre che politico». Sui giornali c'è chi teme che la service tax calderoliana aumenti gli esborsi dei cittadini. «Come si fa a dire una cosa del genere? È ovvio che nel complesso la pressione fiscale non aumenterà. Sul Giornale si dice che non si capisce cos'è? Evidentemente è il solito giornalista centralista».

Ma la convince la service tax? «Il nome è immaginifico, ma il concetto è chiaro. Peraltro, non trovavo nulla di scandaloso neanche nell'Ici: un conto è averlo in un sistema centralista, un altro in uno federalista. Ma quello che conta è che i Comuni abbiano una loro capacità impositiva». Berlusconi pare non abbia una gran fretta, che voglia temporeggiare. E La Russa si è precipitato a spiegare che il partito guida al Nord è il Pdl non la Lega. «Berlusconi ha sempre rispettato gli impegni e non dubitiamo che sia ancora così. Quanto ad An, ricordo che il federalismo fiscale è nel programma di governo. Comunque stiamo arrivando al redde rationem e tutti cercano di posizionarsi nelle loro trincee».

Anche la Lega. «Ricordo sommessamente che dal 2001 al 2006 il nostro voto non era determinante. Avevamo un potere di moral suasion, almeno quando l'Udc non faceva le bizze. Ma le cose sono cambiate». È una minaccia? «Non voglio fare veti o ultimatum. Registro solo che ora i nostri voti sono determinanti in Parlamento. Va bene l'amicizia, ma quel che conta ora sono i risultati». E il caso Gelmini? Bossi definisce il ministro «incompetente» e preferisce tre insegnanti a uno. «Non saprei. Ho avuto un maestro unico e mi sono trovato benissimo. Ma conosco altri che ne hanno avuto tre e che si sono trovati altrettanto bene». E sulla giustizia? Fu lei a bocciare i braccialetti elettronici che il nuovo Guardasigilli vuole introdurre. «Allora erano costosissimi e inefficienti. Ma è stato otto anni fa e il ministro assicura che ci sono progressi. Non ho motivo di dubitarne».

Alessandro Trocino
09 settembre 2008

da corriere.it
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« Risposta #86 inserito:: Settembre 11, 2008, 02:34:23 pm »

Ma cosa ci guadagnano veramente i capitani coraggiosi dal salvataggio di Alitalia ?

Il solito: favori dal governo


Pubblicato da Tiziano Scolari alle 11:48 in Alitalia


 
Nei giorni scorsi mi chiedevo che cosa avesse veramente spinto i 16 capitani coraggiosi a investire i loro soldi nel salvataggio di Alitalia.

Certo, la pressione di Berlusconi ha avuto un ruolo importante; certo, il fatto di investire su un'azienda da cui vengono tolti tutti i debiti e a cui vengono lasciate solo le attività che producono utili ha sicuramente aiutato la creazione della cordata italiana. Certo, il fatto che la nuova compagnia gestirà in una situazione di sostanziale monopolio la tratto Milano-Roma, quella che (mi sembra di ricordare) è la terza più redditizia tratta aerea in europa convincerebbe anche me.

Tuttavia queste motivazioni non bastano e come spesso accade mi viene in aiuto L'Espresso che fa una bella fotografia di gruppo degli investitori per spiegare quali sono i reali interessi dietro l'acquisto di Alitalia. 

I sedici investitori hanno tutto da guadagnare nell'aiutare il governo. Numerosi soci della cordata si apprestano a spartire una torta miliardaria. Aeroporti, autostrade, il Ponte sullo Stretto di Messina, gli appalti milanesi per la realizzazione dell'Expo 2015.La famiglia Benetton, le aziende di Salvatore Ligresti e l'imprenditore piemontese Marcellino Gavio sono i nomi di spicco di uno schieramento che con il governo si confronta ogni giorno su tariffe, permessi di costruzione, gare pubbliche, via libera ambientali. A questo terzetto fa capo l'Impregilo, una delle maggiori imprese di costruzioni italiane. E questo solo per iniziare.

Capiamoci, dei privati fanno un investimento solo se hanno da guadagnarci. Però sarebbe nel mio interesse, in quanto cittadino italiano, che nel momento in cui il governo debba decidere a chi far costruire le opere per l'Expo di Milano 2015 (solo per fare un esempio) possa scegliere l'azienda che assicura il miglior rapporto qualità/prezzo. Questo non succederà perchè il governo sarà "costretto" a scegliere quell'azienda di proprietà di uno dei sedici che ha, bontà sua, salvato Alitalia (con i nostri soldi).

Ah ... l'antico male di questo paese, la cattiva commistione tra Politica ed Economia non finisce mai di affliggerci. 


da scheggedivetro.blogosfere.it
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« Risposta #87 inserito:: Settembre 11, 2008, 05:48:24 pm »

Leghisti a congresso con l'estrema destra europea

Marco Filippetti


I leghisti cercano alleanze con l’estrema destra europea per dar manforte alle loro “crociate” contro le moschee. L’eurodeputato Mario Borghezio, parteciperà, dal 19 al 21 settembre, al “Congresso contro l’islamizzazione” indetto a Colonia dal movimento di destra "Pro Köln". Ne dà notizia il sito informativo francese Rue 89 (fondato da giornalisti dell'autorevole quotidiano Libération).

La galassia della destra xenofoba europea si ritroverà nella città tedesca di Colonia per cercare di innalzare muri ideologici e anche fisici contro quella che viene chiamata l'«invasione musulmana», a difesa delle città «cristiane» europee. Si sa che l’ultradestra rivendica da sempre la superiorità cristiana contro “il cattivo" musulmano dalla scimitarra affilata, rievocando episodi epici come la battaglia di Lepanto o quella di Poitiers dove il re cristiano Carlo Martello “cacciò” dalla Francia le truppe musulmane nel 732 dC.

A destare qualche perplessità è la presenza al congresso di un deputato di un partito di governo di un paese fondatore della Ue, nonché titolare del ministero degli interni e delle riforme. Mario Borghezio della Lega Nord appunto.

La Lega è un partito molto complesso, che si potrebbe definire “multilivello”. A differenza dei partiti politici provenienti dalla tradizione novecentesca il “Carroccio” ha decine di anime interne. Quella di governo capitanata da Maroni e Bossi, quella legata ai piccoli e medi imprenditori lombardo-veneti, quella sindacale vicina al mondo del lavoro, quella dei sindaci "sceriffo" con a capo Flavio Tosi, primo cittadino di Verona e Gentilini, pro sindaco di Treviso. Addirittura nei primi anni di fondazione della Lega Nord c’era anche un gruppo che si identificava come “comunisti padani” successivamente disciolti e fuoriusciti.

Ma in questo caso parliamo della Lega populista e xenofoba, quella che nel Nord Est mantiene rapporti con l’estrema destra più razzista come “Forza Nuova”. Quella Lega capitanata da Mario Borghezio che arringa le folle inneggiando violentemente alla superiorità della Padania e alla “cacciata” dei mussulmani e degli immigrati dal nostro Paese. Sicuramente non tutto il partito ha le posizioni di Borghezio. Ma se un eurodeputato leghista partecipa ad un convegno con i neonazisti, le correnti più “moderate” dovrebbero prendere posizione in proposito visto che sono al governo di un Paese democratico.

Tra i movimenti che interverranno ci sarà il fiammingo Vlaams Belang, nato sulle ceneri del Vlaams Blok, partito ultranazionalista sciolto dall’Alta Corte belga per incitamento alla discriminazione e all’odio razziale. Saranno presenti alcuni membri dell’Npd, organizzazione tedesca dichiaratamente neonazista che in certi stati del nord della Germania arriva a prendere il 30 per cento dei consensi. In occasione del 60° anniversario della fine delle seconda guerra mondiale, gli attivisti dell’Npd provocarono duri scontri a Berlino. I neonazisti pretesero di arrivare in corteo alla Porta di Brandeburgo, nei pressi del Memoriale della Shoah, sventolando bandiere con la croce uncinata. Due anni fa invece, alcuni senatori dell’ Npd eletti al Bundestraart (il Senato federale) uscirono dall’aula mentre la Camera osservava un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Auschwitz.

Al convegno hanno aderito anche i “pezzi grossi” dell’estrema destra del Vecchio continente. L’austriaco Fpö, partito dell’ex governatore della Carinzia, Jorge Haider, ma soprattutto il leader del Front National, il francese Jean Marie Le Pen, da sempre punto di riferimento politico delle destre ultranazionaliste. Mario Borghezio intanto ha confermato in una recente intervista la sua presenza, dichiarando di non sapere della partecipazione di gruppi neonazisti.

Altre presenze inquietanti sono quelle dei cosiddetti teorici della destra radicale. Dovrebbe essere certa la presenza del movimento "Lavoro, Famiglia e Patria" di Henry Nitzsche (già membro della Cdu ma indotto ad abbandonare il partito a seguito di sempre più esplicite manifestazioni di simpatia per l’estrema destra neonazista. Nitzsche porta le istanze dell' Npd in Parlamento), e della rivista, anch’essa tedesca, Nation-Europa, fondata da ex appartenenti alle Ss e le cui pagine vantano la firma di Alain de Benoist, ideologo della “Nouvelle Droite” -la nuova destra francese- che tanto successo riscuote anche a casa nostra, come si può riscontrare visitando il sito internet dei “Giovani Padani” (organizzazione giovanile della Lega) che lo inseriscono tra i “Buoni Maestri”, o nei vari spazi informativi dell’estrema destra nostrana.

Ultime adesione vengono da altri movimenti xenofobi tedeschi come i “Republikaner” e la “Deutsche Liga für Volk und Heimat” (cioè lega tedesca per il popolo e la patria). Ci saranno anche ospiti provenienti dal mondo anglosassone e da Oltreoceano. Dagli Usa arriverà il “Robert Taft Group”, e dalla Gran Bretagna gli ultranazionalisti del British National Party, protagonisti della protesta contro la più grande moschea d’Europa, quella di Frinsbury Park a Londra.
 

Secondo lo storico francese Jean-Yves Camus, uno dei maggiori studiosi dei movimenti dell'estrema destra in Europa, gli organizzatori dell'evento si sarebbero riuniti qualche tempo fa ad Anversa per lanciare un movimento europeo contro l'islamizzazione delle città. Quella di Colonia potrebbe essere solo una prima tappa di una strategia comune ben piu ampia. E la Lega che fa?



Pubblicato il: 22.08.08
Modificato il: 11.09.08 alle ore 10.01   
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« Risposta #88 inserito:: Settembre 18, 2008, 03:42:17 pm »

Europa alt a Maroni

Paolo Soldini


Sarà pure di cattivo gusto, ma è difficile sottrarsi alla tentazione del «noi lo avevamo detto». La norma del decreto sicurezza che introduce l’aggravante di «clandestinità» sui reati penali commessi da stranieri non è conforme al diritto comunitario. Va annullata e subito, se l’Italia vuole evitare, oltre che nuove brutte figure, severe sanzioni della Ue. Secondo molti, l’aggravante non è conforme neppure alla Costituzione italiana, come hanno sostenuto questo giornale, i parlamentari dell’opposizione e i più autorevoli costituzionalisti che si sono espressi sull’argomento. Si tratta, insomma, dell’ennesima rodomontata del governo e particolarmente del ministro dell’Interno Roberto Maroni, il quale la sua "tolleranza zero" tende a manifestarla più verso il diritto e la logica che verso i criminali.

L’aspetto "europeo" della (s)maronata è stato ieri evocato dal commissario Ue alla Giustizia Jacques Barrot. Il quale non è, per così dire, il più prevenuto nei confronti del governo di Roma, avendo mostrato molta, molta (forse anche troppa) pazienza nel far correggere e limare a dovere l’ordinanza sulla rivelazione delle impronte dei piccoli rom, fino a renderla quasi potabile alle autorità di Bruxelles. Ma di fronte a una violazione del diritto comunitario tanto palese come quella contenuta nel decreto, nel punto in cui modifica l’art. 61 del codice penale, nemmeno Barrot ha potuto far finta di niente. Il punto principale dell’argomentazione del commissario, così come l’ha riferita ieri il suo portavoce, è che la modifica dell’art. 61, introducendo la residenza illegale tra le circostanze aggravanti di eventuali reati non fa distinzione tra cittadini extracomunitari e cittadini della Ue (la norma è diretta principalmente colntro i rom di origine rumena). Per questo motivo, che era stato richiamato anche dai parlamentari del Pd durante la discussione per la ratifica, il servizio giuridico del Parlamento europeo, su richiesta della deputata rumena Adina Valean, aveva emesso un parere di "incompatibilità" con la normativa Ue, ignorato allegramente, va da sé, dai servizi giuridici del ministero dell’Interno (ma che ci stanno a fare?). Il problema, però, non riguarda solo la mancata distinzione tra comunitari e no. Il decreto, che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 25 luglio ed è in vigore dal 26, viola un principio giuridico fondamentale, e non solo nella giurisprudenza Ue: quello secondo il quale le aggravanti di reato debbono sempre attenere alla condotta del reo e non alla sua condizione. Un principio semplice semplice, che qualunque studente di Giurisprudenza sarebbe in grado di spiegare perfino al ministro leghista.

E non è tutto. Il portavoce di Barrot ha aggiunto che l’intera materia della sicurezza, con i tre decreti ancora non ratificati, è più che discutibile. Ci sono modifiche da fare, ha spiegato e l’intera legislazione è sotto esame. Vediamo ora se Maroni e soci continueranno a far finta di niente.

Pubblicato il: 18.09.08
Modificato il: 18.09.08 alle ore 8.50   
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« Risposta #89 inserito:: Settembre 20, 2008, 10:48:10 am »

La vista del leghista

Maria Novella Oppo


L’Alitalia muore? Per intanto sopravvive in ogni anfratto della tv. I dibattiti si ripetono e gli argomenti pure. Per Berlusconi, e i suoi ripetitori, la colpa è della Cgil e dell’opposizione. E anche se non è vero, il messaggio rimbalza da un canale all’altro, le voci si mischiano, le facce si confondono.

Giovanardi, che è un esteta, si è detto colpito dal confronto tra le immagini dei dipendenti Alitalia che festeggiavano il ritiro di Cai dalla trattativa e quella dei licenziati di Wall Street con le loro scatole di cartone (tutto lì dentro: si vede che per produrre miliardi o buchi di miliardi hanno bisogno di poco).

Ma quello che, tra i tanti partecipanti al talk show a reti unificate, ha colpito di più noi spettatori indefessi, è stato il leghista Salvini.
Il quale ha spiegato (anche in dialetto, per i padani) che a lui della bandierina italiana sulle ali degli aerei non importa un fico. E questo si sapeva.
Poi si è preoccupato solo per i lavoratori di Malpensa, perché, è chiaro, quelli di Fiumicino, essendo romani, possono anche andare a quel Paese (l’Italia?).

Pubblicato il: 20.09.08
Modificato il: 20.09.08 alle ore 8.18   
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