LA-U dell'OLIVO
Novembre 23, 2024, 06:51:14 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: 1 ... 7 8 [9] 10 11 ... 16
  Stampa  
Autore Discussione: LEGGERE per capire... non solo la politica.  (Letto 150770 volte)
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #120 inserito:: Luglio 05, 2008, 05:07:40 pm »

Beppe Grillo parteciperà in videoconferenza. Marco Travaglio sul palco

Parisi in piazza, Grillo in video

Tutto pronto per l'8 luglio

Martedì la manifestazione anti-premier in Piazza Navona. I promotori: «Tante adesioni da sezioni del Pd»

 
Beppe Grillo sul palco del V2-Day in piazza San Carlo a Torino (Ansa)
ROMA - Ci saranno politici e personaggi dello spettacolo alla manifestazione anti-premier in programma a Piazza Navona. Tutti in piazza per protestare contro i provvedimenti in materia di giustizia e intercettazioni del governo Berlusconi. Senza essere afflitti dal «complesso di piazza San Giovanni» cioè dall'ansia di portare un milione di persone. L'appuntamento è per l'8 luglio alle 18 e i promotori dell'iniziativa, il direttore di Micromega, Paolo Flores D'Arcais, Pancho Pardi, Furio Colombo e Antonio Di Pietro (leader dell'Idv, unico partito presente in Parlamento ad aver aderito) hanno spiegato in una conferenza stampa a Montecitorio che alla manifestazione ci sarà anche tanta gente del Partito democratico nonostante il vertice del partito abbia deciso di non aderire. «Stanno arrivando tante adesioni di sezioni del Pd, anche da altre città. Tanta gente autorganizzata, al punto che non siamo assolutamente in grado di fare previsioni sull’affluenza».

GRILLO IN VIDEOCONFERENZA - La manifestazione di Piazza Navona serve a difendere una «giustizia indipendente e un'informazione libera», spiega Di Pietro. L'elenco delle adesioni lo fa Flores: sul palco si alterneranno Marco Travaglio, Sabina Guzzanti, Ascanio Celestini, Andrea Camilleri, Rita Borsellino, Moni Ovadia, Lidia Ravera e Arturo Parisi. A causa di impegni lontani da Roma, non sarà presente Beppe Grillo che però interverrà in videoconferenza. «Ci sarà anche il professor Alexian Spinelli, rappresentante del popolo Rom, e molti militanti del Pd - sostiene Flores - che si stanno organizzando per essere presenti. Oltre a semplici cittadini».

SLOGAN - Tre gli slogan scelti: «L'articolo 3 della Costituzione - spiega ancora Flores - che parla dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; poi, secondo slogan, la scritta che campeggia in tutti i tribunali, "la legge è uguale per tutti". Infine, il terzo: la frase di una sentenza della Corte Suprema degli Stati uniti del 1972 che sembra scritta per l'Italia di oggi». A citarla è Furio Colombo: «Nessun governo potrà censurare la libertà di stampa affinchè la stampa sia libera di censurare i governi».

NUMERI - Su quanti saranno in piazza martedì prossimo, Pardi sottolinea: «Non abbiamo il complesso di piazza San Giovanni. Anche se non ci saranno un milione di persone l'importante è esserci e lanciare un messaggio. Questa è un'iniziativa civile che punta a riaprire un nuovo ciclo» a dimostrare anche che «piazza e riformismo vanno perfettamente d'accordo. La sensazione - conclude - è che può ricominciare un nuovo cammino». Di Pietro spiega che «non ci sarà nessuna conta» e che l'opposizione è unita. Sulle presunte divisioni con il Pd, che non ha aderito lanciando invece la proposta di una manifestazione per autunno, l'esponente del Pd, Colombo, aggiunge: «È impossibile immaginare che io possa averlo fatto contro il Pd. Sono un fondatore di quel partito dopo essere stato tutta la vita estraneo ai partiti o al massimo ospite. È perfettamente legittimo manifestare in autunno, e io ci sarò, ma non contraddice l'importanza di incontrare i cittadini in questo momento».


04 luglio 2008

da corriere.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #121 inserito:: Luglio 05, 2008, 05:14:55 pm »

Macelleria messicana

Oreste Pivetta


La definizione del pubblico ministero, ad apertura di requisitoria, ieri, è stata: «Un massacro». Al grido: «Adesso vi finiamo, bastardi. Morirete tutti!». «Macelleria messicana» aveva già spiegato un funzionario di polizia.

Esattamente un anno fa, Michelangelo Fournier, all’epoca vice questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma, aveva raccontato così: «Arrivato al primo piano dell'istituto ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana. Sono rimasto terrorizzato e basito quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: “basta basta” e cacciai via i poliziotti che picchiavano. Intorno alla ragazza per terra c’erano dei grumi che sul momento mi sembrarono materia cerebrale. Ho ordinato per radio ai miei uomini di uscire subito dalla scuola e di chiamare le ambulanze». Le macchie di sangue sulle parenti o sul pavimento della palestra, le ciocche di capelli strappate sui gradini tra il primo e il secondo piano le ricordiamo anche noi.

Come sia andata, sette anni fa, durante la notte dell’irruzione nella scuola Diaz a Genova, come sia andata nei giorni del G8, nelle ore e nei giorni prima e dopo la morte di Carletto Giuliani, non è un mistero e non lo è mai stato. Un massacro, una macelleria, una violenza assurda contro i manifestanti, una violenza di cui si era persa traccia, almeno da decenni, almeno in Italia. Di fronte a tanti, vittime e testimoni, migliaia di testimoni. In quegli stessi giorni cominciò l’innarrestabile e assai rozza corsa alla falsificazione e alla mistificazione, a sminuire, a rimpicciolire. Cominciò sui tavoli di una caserma dei carabinieri imbandita di magliette nere (quelle dei black blok), di assi e di chiodi da carpentieri (quelli raccolti nel cantiere che era la scuola in restauro proprio appresso alla Diaz), di bottiglie incendiarie confezionate per la mostra ad uso dei cronisti. Continuò oscurando responsabilità o indicando colpevoli che non avrebbero avuto nulla da dire, come il prefetto Arnaldo La Barbera, nel frattempo deceduto, o come il prefetto Ansoino Andreassi, teste giudicato “inattendibile” per la semplice ragione che s’era sempre schierato contro l’intervento alla Diaz... Gli altri erano “buoni”, invece, per la semplice ragione che s’erano presentati davanti ai magistrati dopo aver studiato verbali, dopo aver aggiornato e concordato versioni, dopo aver dimenticato quello che andava dimenticato. La procura, nella richiesta di rinvio a giudizio per Gianni De Gennaro, l’ultimo commissario all’immondizia napoletana, prima dell’arrivo (o del ritorno) di Bertolaso, scrisse chiaro: «L’operazione è stata semplice. Si è trattato di eliminare gli accenti sui ruoli di responsabilità degli imputati». Ma non si può occultare e mistificare all’infinito. Che il capo della polizia qualche colpa l’avesse avuta nella gestione dei giorni terribili di Genova sarebbe apparso a chiunque inevitabile. Ma una volta, davanti ai parlamentari, De Gennaro ebbe la sfrontatezza di negare tutto: non so nulla, disse. Come sarebbe stato possibile: il capo della polizia che non sa nulla della Diaz e del resto, di piazze e di strade, di una gestione dell’ordine pubblica che si dovrebbe definire folle, se non si sapesse che i folli non esistono, mentre si sa dell’esistenza ai vertici della polizia di gente istruita di tattiche militari, che sa pensare e riflettere, di lunga esperienza.

Ancora, sette anni dopo, si chiede di “fare luce”. È urgente, dice l’onorevole Melandri, arrivare rapidamente ad accertare le responsabilità di coloro che parteciparono o rivestirono un ruolo nell'irruzione nella scuola Diaz. È uno scandalo che si debba ancora chiedere chi comandava, chi decideva, chi partecipava. Chi organizzava, secondo un piano, non certo sospinto dagli ipotetici furori della “piazza”, l’assalto alla Diaz, di nottetempo, o i pestaggi della caserma Bolzaneto, ore e ore dopo.

Ma la curiosità dovrebbe riguardare anche chi ispirò e chi alla lontana consentì quell’improvviso incrudelirsi dei comportamenti, chi diede licenza al peggio, a un ripiegare in atteggiamenti che non sarebbero dispiaciuti a Videla o a Pinochet.

Il G8 e la sua gestione furono le prime prove del nuovo governo Berlusconi, del nuovo centrodestra, di una cultura.
Castelli, allora ministro della Giustizia (dal cui ministero dipendeva la polizia penitenziaria vista all’opera a Bolzaneto) disse che le violenze viste anche in tv e quelle denunciate erano tutte favole. Ammise soltanto al più episodi isolati o fatti «equivocati dagli imputati». Rimanere in piedi otto ore di fila, le botte o altro di peggio erano solo un equivoco. Del resto, spiegò l’allora ministro, anche i metalmeccanici restano i piedi otto ore di fila. Castelli dimostrò per tutti che non esisteva voglia di capire, di chiarire: altro che rispetto istituzionale e costituzionale o semplicemente rispetto “umano”. Quella affidata a Castelli fu la risposta della politica. Gli altri si accodarono. Per il futuro potrebbe provvedere la norma blocca processi, che, se ci sarà,bloccherà anche Genova e la Diaz.

Pubblicato il: 05.07.08
Modificato il: 05.07.08 alle ore 15.27   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #122 inserito:: Luglio 08, 2008, 10:07:00 am »

Girotondo in piazza Navona: chi va e chi no


La manifestazione di martedì (ore 18, piazza Navona, Roma) è stata indetta ufficialmente da Micromega e dal suo direttore Paolo Flores D'Arcais assieme ai parlamentari Pancho Pardi (Idv) e Furio Colombo (Pd) contro le leggi-canaglia del governo Berlusconi: emendamento salva-premier, legge bavaglio contro le intercettazioni e lodo Alfano.

Ha subito aderito Antonio Di Pietro e tutto il partito dell'Italia dei Valori. Parteciperà anche Sinistra Democratica, il Partito comunista dei lavoratori di Ferrando, l'ex ministro Paolo Ferrero ha annunciato la partecipazione sua e degli aderenti alla sua mozione congressuale di Rifondazione comunista, molti dei Verdi a partire dall'ex capogruppo Angelo Bonelli e dei Comunisti italiani con Manuela Palermi.

Non parteciperà invece il Pd che invece organizzerà una grande manifestazione in autunno contro la politica del governo. No alla partecipazione anche dai Radicali, dalla Cgil (per bocca di Epifani) e dai Socialisti.

A titolo personale parteciperà l'ex ministro Arturo Parisi che spiega: «Veltroni non è il bersaglio della manifestazione di domani, ma il vuoto di democrazia».

Molte le adesioni della società civile: Umberto Eco (che però non potrà essere in piazza), Sabina Guzzanti, Andrea Camilleri, Ascanio Celestini, Revelli, Don Gallo. Oliviero Beha, Oliviero Beha, Lidia Ravera, Lucio Gallino, Dacia Maraini, Gianni Vattimo, Moni Ovaia, Margherita Hack, Nicola Tranfaglia, Giorgio Cremaschi, Pier Giorgio Opifreddi.

Dal palco, oltre ai tre promotori, prenderanno la parola anche Rita Borsellino, capogruppo dell'opposizione all'Assemblea regionale siciliana, Camilleri, che leggerà alcune poesie, Marco Travaglio, lo scrittore e attore Moni Ovaia.

Anche l' Arci per bocca del suo presidente Paolo Beni ha informalmente dichiarato al senatore Pardi che sosterrà la manifestazione, e si attende un comunicato ufficiale nei prossimi giorni.


Pubblicato il: 07.07.08
Modificato il: 07.07.08 alle ore 21.56   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #123 inserito:: Luglio 08, 2008, 10:08:30 am »

Chiamparino: senza federalismo la Lega è una mina vagante

Maria Zegarelli


La Lega è all’ultima chiamata d’appello. Se anche stavolta chiude il bilancio di governo senza aver portato a casa il federalismo, allora il crollo dei consensi sarà inevitabile. È questa la falla che potrebbe aprirsi nella grande famiglia della maggioranza. Sergio Chiamparino, sindaco di Torino ne è convinto. Come è convinto, guardando all’opposizione, che l’appuntamento di domani in piazza Navona, per la manifestazione convocata da Micromega e Idv, sia una sorta di «esorcismo». «È un rito per i media, mi fa venire in mente la moviola, che la si guarda per capire se c’era il rigore oppure no».

Lei come Veltroni, crede che il governo non arriverà a fine legislatura?
«Non so se durerà cinque anni, ma un problema c’è. La Lega aveva raggiunto consensi maggiori di quelli attuali agli inizi degli anni Novanta e poi si è ridotta al 3% perché non ha ottenuto nulla di strutturale delle cose che sono immanenti al suo essere partito, cioè il federalismo. Il risultato è quello che io definisco “la Lega di Borghezio”. Adesso ha ottenuto un consenso popolare importante, ma la parabola può essere la stessa di allora. Con i militari nelle città e le sparate sulla clandestinità potrà durare ancora poco. Credo ci siano fondati elementi deducibili dalla storia di questi anni per ritenere che la Lega se nel giro poco tempo non ottiene qualcosa rischia di ritornare a identificarsi con i Borghezio e questo può innescare il problema vero nel governo».

È lo stesso motivo per cui la Lega è la più interessata a riaprire il dialogo con il Pd. Ci sono margini?
«La Lega ha interesse a puntare sul federalismo fiscale e istituzionale e qui può esserci una coincidenza anche con il nostro interesse perché, o noi siamo in grado di rilanciare e gestire una strategia di forte ammodernamento dello Stato e della Pubblica amministrazione, o rischiamo che una delle ragioni istitutive del Pd evapori. Questo non vuol dire andare d’accordo per forza con Bossi, perché se il federalismo egoistico proclamato dalla Lega non si piega a un’idea di federalismo moderno che rafforzi l’unità del Paese e rilanci la stessa economia non c’è possibilità di incontro. Questo è un paese che ha bisogno di modernizzarsi, la pubblica Amministrazione deve essere efficienti e i cittadini devono tornare a sentire le istituzioni vicine».

A proposito di intese. Che ne pensa del «Lodo Calderoli»?
«Credo che siano tutti temi su cui si possa discutere, a cominciare dalla giustizia, ma nulla di queste materie può essere oggetto di un decreto legge. Sono temi delicati che hanno bisogno di tempi e modi di discussione adeguati».

Ma il tempo è l’unico lusso che il premier non può permettersi. Crede davvero che accetterà una via diversa dal decreto?
«La questione dei tempi è oggettivamente insormontabile, perché non si può pensare di introdurre l’indennità per le quattro alte cariche dello Stato - anche se personalmente la introdurrei soltanto per il Presidente della Repubblica - con un decreto. Ma è evidente che ci troviamo di fronte alla necessità del premier di fermare un processo a suo carico».

Da un sondaggio di Mannheimer emerge un aumento di credito verso il premier e un calo di fiducia nei magistrati. Gli italiani sono diventati indifferenti?
«Questo non mi stupisce affatto. Se c’è una cosa che l’italiano non ha in cima ai propri pensieri è proprio il rispetto delle regole. Questa è una delle ragioni che storicamente ci trasciniamo dietro, ma il discorso sul tema sarebbe lungo. Forse per qualcuno Berlusconi contrapposto ai giudici diventa persino più simpatico. D’altro canto ci sono sondaggi che rivelano che il consenso verso il premier è in calo. Forse in una parte dell’elettorato sta riprendendo piede l’idea che Berlusconi stia governando per risolvere i fatti suoi e non quelli del Paese. Per quanto riguarda il trend sui giudici credo che sia un problema che riguarda la giustizia in generale. Per questo si deve aprire una discussione seria al riguardo. Ma per rendere possibile un confronto tra maggioranza e opposizione è necessario che tolgano di mezzo questo macigno del premier che antepone i suoi interessi personali a tutto il resto. Solo in questo modo cambia il clima politico».

Ieri il premier ha parlato di fascismo e centrosinistra giustizialista. Che replica?
«Che ha un’idea della storia un po’ vaga. Non mi risulta che l’avvento del fascismo sia stato favorito da una sinistra giustizialista. Chiederei un supplemento di istruttoria storica al premier. Quanto al giustizialismo: chiedere che non si faccia la riforma della giustizia partendo dai problemi del primo ministro vuol dire essere giustizialisti?»

Veltroni ha detto ai parlamentari che si deve tornare a parlare al Paese partendo dai temi economici e sociali. Siamo ad un giro di boa?
«Ha ragione Veltroni. Quelle sono le ragioni per cui si va in piazza e si organizza una grande mobilitazione. Quello dell’economia è il tema chiave: la nostra è un’economia bloccata ed è stimata a crescere nei prossimi anni un po’ sopra l’1% solo dal 2011, a un tasso più basso della media europea. Crescono, invecre, i tassi di inflazione. Se continua così siamo destinati ad andare incontro ad un impoverimento generale del Paese. La vera sfida è quella di tornare a far crescere l’Italia, perché se un’economia non cresce, sarò vetere-marxista, non si pone neanche il problema di redistribuzione del reddito o del miglioramento del sistema sociale».


Pubblicato il: 07.07.08
Modificato il: 07.07.08 alle ore 8.21   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #124 inserito:: Luglio 08, 2008, 10:23:22 am »

POLITICA


Dal prossimo fine settimana la petizione lanciata del partito democratico

Contro le leggi ad personam, ma anche su salari, pensioni, scuola e sanità

Pd, via a "Salva l'Italia"

Obiettivo 5 milioni di firme



 ROMA - Alla vigilia della manifestazione di piazza Navona il Pd lancia "Salva l'Italia!", la petizione che il partito di Walter Veltroni ha promosso e che partirà dal prossimo fine settimana per concludersi il 25 ottobre, in occasione della manifestazione nazionale indetta dal partito. Una raccolta di firme che ha al centro due questioni: la difesa delle regole democratiche contro le forzature e le leggi sbagliate del governo; la lotta per far ripartire l'Italia, cominciando da stipendi e pensioni. Tra i primi firmatari, giuristi come Barbera, Mancina, Elia, economisti e protagonisti del mondo del lavoro come Ruffolo, Sangalli, Colaninno, Messori, Ichino, Baretta, Musi.

Stretto tra le polemiche con il governo da una parte e dall'attivismo di Antonio Di Pietro, il Pd prova così a trovare una via d'uscita. Cercando un modo di fare opposizione che non metta l'antiberlusconismo puro e semplice al centro dell'azione. "Nessun ritorno al passato" ripete Veltroni. Si parte così dalla raccolta delle firme per arrivare alla manifestazione che si terrà in autunno.

"Salvare l'Italia, non il premier", è il titolo della parte istituzionale. Il Pd indica "problemi e provvedimenti presi a difesa degli interessi privati del presidente del Consiglio e non certo per aumentare la sicurezza. La maggioranza, che ha puntato in campagna elettorale sul tema della sicurezza, oggi taglia drasticamente fondi e uomini e gioca tutto su provvedimenti demagogici e sbagliati, come la raccolta delle impronte dei bambini rom o il reato di immigrazione clandestina". E ancora: "Leggi ad personam e un sostanziale 'azzeramento' del dibattito parlamentare su una manovra economica improvvisata: questa la miscela avvelenata proposta dal governo e che la petizione vuole battere e fermare".

Ma nella petizione c'è spazio anche per l'emergenza sociale. Si sottolinea "l'incapacità del governo di affrontare i problemi della crisi economica, dell'impoverimento e del reddito di chi vive di salari e pensioni e non arriva più alla fine del mese. Una situazione che il governo ignora, mentre le promesse elettorali vengono clamorosamente smentite. Le tasse, che si diceva di voler abbassare al 40 per cento, cresceranno e resteranno per tutta la legislatura al 42,9 per cento. Mentre per i redditi bassi si inventa la 'carta' per fare la spesa, finanziata soltanto per il 2008 e con 200 milioni, ovvero due euro al mese per ciascun anziano con pensione inferiore ai mille euro al mese".

Ecco le prime firme: Pietro Ichino, Giancarlo Sangalli, Paolo Nerozzi, Pierpaolo Baretta, Adriano Musi, Giorgio Ruffolo, Achille Passoni, Matteo Colaninno, Annarita Fioroni, Francesco Silva, Claudio De Vincenti, Salvatore Brigantini, Marcello Messori, Franco Bassanini, Massimo Brutti, Leopoldo Elia, Carlo Galli, Carlo Fusaro, Claudia Mancina, Augusto Barbera.

(7 luglio 2008)


da repubblica.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #125 inserito:: Luglio 08, 2008, 10:24:17 am »


Una scorciatoia per An

Fini sta lavorando per portare An nel Partito popolare europeo. Un percorso che passa da Strasburgo e che può rivelarsi più difficile del previsto  Gianfranco FiniPassa per Strasburgo la strada che porterà An fin dentro al Partito popolare europeo, passa per l'ampia porta del Parlamento Ue invece che per quella stretta del Ppe. Questa, almeno, è la strategia messa a punto da Fini, Berlusconi e Joseph Daul, il presidente del gruppo parlamentare del Ppe. Daul e Fini si sono incontrati il 24 giugno a Roma, all'ordine del giorno la transumanza di An nel Ppe, un'operazione non facile per chi in Europa è ancora dipinto di nero. La soluzione? Strasburgo. "Dopo le elezioni europee (giugno 2009, ndr)", spiega un'alta fonte del Ppe, "faranno entrare i deputati di An nel gruppo parlamentare del Ppe e poi daranno l'ingresso nel partito come un fatto consumato, evitando la severa procedura prevista per accettare i nuovi membri.

Per Daul il numero di deputati viene molto prima del contenuto ideologico, ma non è cosciente di ciò che può succedere". Essere il primo partito nell'Eurocamera vuol dire poter eleggere i presidenti di Parlamento, Commissione e Consiglio Ue, ma per qualcuno non contano solo le poltrone. "Gli scandinavi", conclude il dirigente del Ppe, "e i democristiani del Benelux sono contrari, già hanno storto il naso all'ingresso del Pp spagnolo e di Forza Italia, ma con An il rigetto è assai più profondo". La strada di Strasburgo può rivelarsi più scivolosa del previsto.

A. D'Arg.

(04 luglio 2008)


Da espresso.repubblica.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #126 inserito:: Luglio 09, 2008, 11:09:09 pm »

«Senza la diversità saremmo finiti, il manifesto antirazzista serve a dire questo»

Francesco Sangermano


Professor Buiatti, da cosa nasce l’esigenza di un manifesto antirazzista come quello che lei ha redatto e che sarà presentato a San Rossore?

«Dal fatto che siamo in un momento sociale e politico molto brutto da vari punti di vista. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’aumento dell’astio e dell’insofferenza fra le persone. C’è una paura collettiva del futuro, una sensazione di perdita di speranza come se fossimo davanti a una crisi economica drammatica quasi come quella del ‘29. Ma non è così».

Cosa genera questa paura?

«La storia ci insegna che in questa fragilità dell’identità di popolo, succede che si tende a cercare un caprio espiatorio. Settant’anni fa erano gli ebrei come me, ora sono i rom, gli immigrati, i diversi in generale».

Si è arrivati, per i rom, perfino a parlare di schedature. Che effetto le fa?

«Sono provocazioni bestiali che incitano, appunto, a trovare in quei soggetti il caprio espiatorio, il nemico da accusare per le cose che non vanno nella nostra società. Esattamente come è accaduto all’epoca nazista o in tutte le guerre etniche. Ma se allora, nella Germania nella quale nacque e si affermò il Nazismo, si era in condizioni di reali crisi, la nostra situazione attuale non è minimamente paragonabile. E anche se non arriveremo a ripetere quei fenomeni, incitare all’odio è comunque altrettanto colpevole».

Il manifesto smonta punto per punto quello dei suoi colleghi di settant’anni fa.

«Era importante fare una verifica della realtà e spiegare in modo corretto, da scienziati, quello che scienziati scorretti avevano teorizzato in passato. Molte volte azioni politiche negative cercano di giustificarsi con concezioni e dati scientifici e noi abbiamo voluto chiarire che i dati scientifici dicono altro».

Ovvero?

«Che le tesi sulla razza di settant’anni fa non hanno alcun fondamento. Non foss’altro perché allora la genetica era veramente agli albori e non sapevano neppure cosa fosse il Dna dato che la doppia elica è stata scoperta nel 1953. Ma il razzismo è nato ben prima della genetica e allora faceva “comodo” attribuire caratteristiche di ereditarietà ai carattere fisici e alla mentalità. Col risultato che se una persona non si poteva cambiare era da considerare un nemico e andava ucciso».

Crede che certi pregiudizi siano presenti ancora oggi in qualche misura?

«Io penso che se chiediamo agli italiani la differenza fra rom e romeno non lo sanno. Eppure non è affatto la stessa cosa. I rom non sono romeni. I rom sono anche romeni. Ma gli uni sono originari addirittura dell’India mentre i romeni sono un popolo di matrice slava e latina. Invece si procede per omologazione perché sigla e nome del popolo si assomigliano. Sembra di ragionare al livello culturale di allora».

Dal punto di vista scientifico, invece, cosa è oggi la diversità?

«Senza la diversità ci troveremmo di fronte a un grande limite culturale. Perché gli esseri umani hanno in sé molta poca variabilità genetica. Piuttosto quello che ci distingue ad esempio dalle scimmie è che noi ci rapportiamo ai diversi ambienti adattandoli a noi e formando in ogni luogo una sua lingua, una sua cultura. Cambiare per adattarsi alle condizioni del pianeta è la nostra ricchezza. Se perdessimo questa variabilità culturale saremmo finiti».

Pubblicato il: 09.07.08
Modificato il: 09.07.08 alle ore 13.14   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #127 inserito:: Luglio 10, 2008, 10:18:08 am »

Veltroni: vera piazza il 25 ottobre «È il Pd la sola opposizione»

A Di Pietro: sta con Grillo, non con noi


«Ciascuno risponde di ciò che fa. Con l'Idv abbiamo fatto un'alleanza, basata sul programma sottoscritto. Noi abbiamo mantenuto la posizione, altri invece hanno preso posizioni diverse». Dunque, dopo ciò che è successo ieri in piazza Navona, «cambia tutto, cambia molto perchè ieri è stata un'occasione per fare chiarezza».
«Ascoltando i contenuti della manifestazione, magari durante la trasferta in Giappone, Silvio Berlusconi, avrà goduto sentendo quelle parole e io mi dispiaccio per chi era in quella piazza». Il segretario del Pd, Walter Veltroni, si dice convinto che ieri i girotondi e Di Pietro «hanno fatto il più bel regalo al presidente del Consiglio».

Quanto alla decisione di Arturo Parisi di essere in piazza, Veltroni evidenzia: «immagino che Parisi si sia reso conto di aver fatto un errore clamoroso». La scelta di non andare ieri a piazza Navona è stata «giusta». «Dopo i discorsi sentiti ieri a piazza Navona, se noi fossimo andati oggi non potremmo ragionevolmente presentarci per quello che siamo. È stato giusto non esserci, non stare lì a sentire quegli attacchi lanciati contro il capo dello Stato, contro il Vaticano...».

Così il segretario del Pd, Walter Veltroni, durante la registrazione di Matrix, in merito ai rapporti tra i Democratici e il partito di Antonio Di Pietro, l'Italia dei Valori. «Ieri si è fatta chiarezza su qualcosa su cui c'era un margine di ambiguità. Una forza della sinistra riformista non va in una piazza in cui poi - sottolinea Veltroni - si ascoltano le follie sentite ieri sera».

«La manifestazione di ieri per la destra non cambia i termini della situazione. Invece se noi il 25 ottobre riusciremo a portare milioni di persone, sarà una scossa importante per il governo». Veltroni ribadisce che «chi urla e va sui giornali poi però non ottiene risultati, come invece il Pd», citando l'esempio del blocco della norma salva-Rete4 e del Dl intercettazioni: «Ed ora speriamo di far saltare il blocca-processi. Ma questo - sottolinea - è grazie alla nostra opposizione e non alle urla e alle chiacchiere di qualcuno. Il nostro posto è di una opposizione seria e responsabile non l'estremismo a doppio senso».

Poi attacca sul Lodo Alfano: «In 48 ore stiamo approvando una legge che consente al presidente del Consiglio di non essere processato». Così il leader del Pd in merito al cosiddetto lodo Alfano. «Ma la priorità del Paese non è il lodo Alfano, ma le persone che non ce la fanno. Perchè - domanda Veltroni - improvvisamente in un'Italia paralizzata economicamente da un mese non si parla d'altro? Perchè c'è una questione che riguarda i problemi del presidente del Consiglio».

E se il dialogo si è rotto è «per responsabilità di Berlusconi, che ha messo al primo posto gli interessi personali».

Poi Veltroni ironizza sul Popolo delle Libertà: «Leggo ogni giorno le dichiarazioni di La Russa per An e di Daniele Capezzone per il pdl. Ma dov'è questo Pdl? Quale numero posso chiamare per mettermi in contatto con loro?», scherza sulla fusione dei due partiti.

Sulle alleanze Veltroni apre sia a sinistra che al centro. Rifondazione comunista e la sinistra radicale in generale devono compiere «una scelta, devono decidere quale profilo vogliono avere perché non è più possibile essere partito di lotta e di governo». «È matura una scelta, partiti di lotta e di Governo non ci possono più essere. O si sta al Governo o si fanno le lotte».

Si vedrà strada facendo se sarà possibile una «convergenza» tra Pd e Udc. Mentana chiede a Veltroni quale sia lo stato dei rapporti con Pier Ferdinando Casini: «Abbiamo scritto insieme una lettera al presidente della Camera, per lamentarci della compressione dei tempi del dibattito parlamentare. C'è un dialogo, però anche questo lo vedremo "in progress". Un parte del suo partito col centrodestra, per esempio Cuffaro in Sicilia e anche in altre città. Lui ha fatto una scelta un pò costretto per la verità: gli hanno un pò chiuso la porta. Ma mi pare se ne sia fatto una ragione».


Di Pietro: non mi dissocio «Io non mi dissocio dal senso vero delle parole di Beppe Grillo, dalle parole di Travaglio e dalla piazza». Il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, risponde così all'aut aut posto da Veltroni: scelga la piazza o i riformisti. «Certo non avrei usato i toni di Sabina Guzzanti - prosegue - ma lei fa satira e io no. Io faccio politica». «L'invidia del mondo politico li spinge a vedere la pagliuzza della satira anzichè la trave delle leggi ad personam», sottolinea Di Pietro. «Nessuno pensi di poter intimidire l'Italia dei Valori con aut aut di sorta. La nostra forza ci proviene direttamente dai cittadini che ci hanno votato e solo ad essi dobbiamo ubbidire, non ad altri», afferma l'ex pm


Veltroni: chiarezza definitiva «Se Di Pietro sceglie Grillo e non il Pd è un elemento di chiarezza definitiva. È una decisione politica». È Walter Veltroni a chiudere così il botta e risposta a distanza con l'ex pm.


Pubblicato il: 09.07.08
Modificato il: 09.07.08 alle ore 21.26   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #128 inserito:: Luglio 11, 2008, 08:03:34 am »

«La sinistra è in un periodo di autodistruttività»

Moretti: «Avvilito da Piazza Navona, organizzatori sono stati irresponsabili»

Il regista: «Gli interventi di Grillo e della Guzzanti hanno oscurato gli obiettivi della manifestazione»

 

ROMA - «Sono molto avvilito per quello che è successo in piazza Navona. Gli organizzatori sono stati degli irresponsabili». Così Nanni Moretti ha commentato la manifestazione di martedì a Roma, il «No Cav Day». Il regista è a Fiesole per ritirare il Premio 'Maestri del Cinema'. «Mi dispiace - ha continuato Moretti - che in questo disastro siano state coinvolte persone come Rita Borsellino, che ha fatto un bel discorso. Ma quando si organizzano queste cose bisogna distinguere. Mi dispiace che tutto sia stato sporcato, mi dispiace che con gli interventi di Grillo e della Guzzanti siano stati oscurati gli obiettivi della manifestazione e, forse, anche la stagione dei movimenti del 2002 che, se mi permettete, era un'altra cosa rispetto alla manifestazione di martedì».

CARICATURA - «Sui girotondi e i movimenti - ha detto ancora Moretti - al di fuori dei partiti, nati nel 2002, spesso è stata fatta una caricatura, non raccontando la verità. Purtroppo, ora quella caricatura è diventata realtà. Non bisogna trovare scuse o pretesti nella non tempestività con la quale in queste settimane si è mosso o non il Pd. È stato irresponsabile chiamare chiunque, uno come Grillo che ha insultato tutto e tutti nello stesso modo. Sono avvilito, frastornato».

SINISTRA AUTODISTRUTTIVA - «Al di là dei progetti politici che mancano, mi sembra che manchino anche le persone e mi sembra che manchi generosità» ha aggiunto Moretti. «Devo dire che è un periodo piuttosto intenso per l'autodistruttività della sinistra e del centrosinistra. Persone che escono da sinistra, dal Pd, e poi stanno nel Partito socialista. Anche alla sinistra del Pd c'è uno spazio, ma quello spazio non viene riempito da niente e da nessuno». Riferendosi poi al suo storico intervento in piazza Navona nel 2002, Moretti ha aggiunto: «Io, nel migliore dei casi, non avevo nulla da guadagnare. Se io ho avuto ragione sono il più dispiaciuto. Allora il germe dell'autodistruttività non c'era». «Io - ha proseguito - non ho mai avuto il mito dell'elettorato buono contrapposto ai partiti cattivi, però bisogna ricordare che nel 2002 sono stati quei movimenti che hanno ridato fiato, ossigeno e fiducia ai partiti di centrosinistra e sinistra. Dicemmo che non ci volevamo sostituire ai partiti, quindi era politica e non antipolitica».


10 luglio 2008

da corriere.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #129 inserito:: Luglio 11, 2008, 10:44:45 pm »

Piero Ignazi

In difesa degli zingari


Sono brutti, sporchi e cattivi. Ma bisogna alzare la voce contro chi li vuole di nuovo marchiare  E vero: gli zingari sono brutti, sporchi e cattivi. Rubano e fanno baccano, non lavorano né mandano i figli a scuola, sono violenti e maschilisti, gozzovigliano e molestano. Averli vicino è un inferno, incontrarli per strada fa stringere la borsa e controllare il portafoglio. Difendere gli zingari è popolare come sventolare la stella di Davide a Teheran.

Eppure bisogna farlo. Perché il razzismo è un veleno sottile e insidioso che si infiltra piano piano nella coscienza collettiva per rendere opinione corrente quello che prima non era nemmeno immaginabile. La storia europea dovrebbe averci insegnato che quando un gruppo sociale, etnico o religioso che sia, viene messo ai margini senza trovare protezione, poi viene privato della sua umanità, e al limite della sua stessa esistenza. Nell'angosciante film di Roman Polanski, 'Il pianista', a ogni restrizione della vita della comunità ebraica, i protagonisti ripetono: "Non è possibile, non possono farci questo"; e invece la discesa agli inferi prosegue inarrestabile, fino alla fine.

Il potere si affida a due risorse per raggiungere il proprio scopo: la paura e l'indifferenza. La paura è alimentata soprattutto attraverso un uso abile e spregiudicato dei mezzi di informazione. Per essere efficace deve prendere spunto da qualcosa di reale o almeno verosimile; e poi innestare un florilegio di mezze verità, di espressioni ambigue, o di vere menzogne, senza timore di arrivare a contraddizioni clamorose come quella del ministro Maroni in merito alla schedatura dei bambini zingari: "Lo facciamo per il loro bene!". Ma sì, Arbeit macht frei!

La paura, e non solo del nemico ma anche dello 'straniero interno', è stata rinvigorita in tempi recenti dall'immigrazione e dall'11 settembre. Qualcuno ricorderà l'isteria collettiva che si diffuse per l''antrace', quella polverina letale che arrivò per lettera a due senatori americani nell'ottobre 2001, e sembrava dover invadere le città di mezzo mondo, tanto che in tutta Europa, Italia compresa, vennero create delle unità di pronto intervento anti-antrace negli ospedali.

Quella paura aveva un aggancio alla realtà - l'attacco terroristico e la morte di quattro persone per contagio - ma venne enfatizzata per convincere il Congresso americano a varare il Patriot Act, una delle norme più liberticide mai approvate in Usa dai tempi del maccartismo. Ad essa si aggiunse la manipolazione dell'informazione per creare il 'nemico esterno', Saddam Hussein, un dittatore reale che oltraggiava con le sue brutalità la comunità internazionale, ma privo di reale pericolosità; una manipolazione inequivocabilmente dimostrata dal libro dell'ex portavoce di George Bush, Scott McClellan, 'What Happened', che censisce tutta la montagna di menzogne dell'amministrazione repubblicana (qualche sostenitore descamisado della guerra in Iraq potrebbe finalmente fare ammenda dopo aver letto questo libro?).

Soffiando su preoccupazioni reali e trasformando sentimenti di insicurezza in fobie e caccia alle streghe si arriva direttamente alla stigmatizzazione di un gruppo sociale. Nulla meglio di un capro espiatorio lenisce le ansie di una società. La Lega è maestra nell'identificare un target sul quale riversare ogni tipo di accusa: dopo aver individuato nei meridionali il primo nemico interno, è passata agli immigrati extracomunitari, e ora tocca agli zingari. Per allentare lo stress sociale alimentato dalla incessante campagna mediatica sull'insicurezza ecco le misure discriminatorie e umilianti del censimento etnico dei rom. Con buona pace di tutti i progetti di integrazione faticosamente perseguiti, nonché suggeriti dalle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Unione europea.

È facile reagire quando si toccano i nostri simili; difficile solidarizzare con gli ultimi, con i brutti, sporchi e cattivi della società. Eppure, quando un esponente della Lega come Matteo Salvini afferma che "è più facile derattizzare i topi che scacciare gli zingari", bisogna alzare la voce. Pochi, troppo pochi ancora, hanno avuto il coraggio di imitare Piero Terracina, ebreo deportato nei lager, sceso a sfilare insieme ai rom per rivendicare il rispetto dei loro diritti. Perché quel 'giusto' certamente non dimentica che nei campi nazisti oltre agli ebrei sono stati sterminati quasi un milione di zingari - anche loro 'topi' del tragico cartoon di Art Spiegelman sull'Olocausto. E adesso li si vuole di nuovo marchiare con la scusa delle impronte digitali. Nel silenzio di tutti i politici cattolici del centrodestra, per una volta sordi al richiamo di alcune voci della Chiesa.

(11 luglio 2008)

da espresso.repubblica.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #130 inserito:: Luglio 12, 2008, 09:07:21 am »

La Politica ai Politici

Beppe Sebaste


La società civile dei cosiddetti girotondi, quella stessa che svegliò dal torpore il centrosinistra di sei anni fa (incerto come oggi se essere in concorrenza o in opposizione al governo), e portò alle primarie per Prodi, ha gremito martedì scorso Piazza Navona per rivendicare essenzialmente una cosa: la difesa della democrazia e della Costituzione. Le parole di Moni Ovadia, Paolo Flores d’Arcais, Andrea Camilleri, Rita Borsellino, Furio Colombo, tra gli altri, erano inequivocabili.

Come quelle di Marco Travaglio, quando spiegava che ciò che viene tacciato di “giustizialismo” altro non è che “difesa della legalità”. Poi c’è stato - unico elemento “berlusconiano”, ovvero dettato da ragioni presumo spettacolari, a riprova del contagio pubblicitario - l'intervento qualunquista e disfattista di Beppe Grillo, che non so dire a che genere appartenga.

Poi, ancora, c’è stato il monologo satirico di Sabina Guzzanti, demonizzato dai giornali di ieri in un coro unanime citando frasi isolate. I suoi cambiamenti di voce e di intonazione erano decisamente teatrali, anche senza bisogno che avesse un naso finto. Era fuori luogo fare satira in Piazza Navona a quella manifestazione? Forse sì. Ma riconosciamo almeno che si tratti di satira: poesia più invettiva. Parole che non vogliono persuadere, né tantomeno vendere qualcosa. Triste e inaccettabile è usare questo “fuori luogo” linguistico come alibi per condannare la manifestazione. In Italia la gente che si indigna si sente molto sola; vorrei che chi siede in Parlamento non scoraggiasse i cittadini che si ritrovano insieme a cercare di restituire pubblicamente alle parole la loro salute mentale. E poi, c'è qualcosa che in Italia, attualmente, non sia “fuori luogo”? Se la satira rispecchia i tempi in cui vive, non è il caso di guardare ciò che prende di mira piuttosto che il dito che lo indica? La critica della volgarità e della barbarie di chi ci governa si ritorce su chi la denuncia. La satira si è sporcata le mani. Ma quanto sporche sono le nostre, che nello spettacolo del governo abbiamo la turpitudine tutti i giorni sotto gli occhi senza scandalizzarci, e ci scandalizziamo quando qualcuno lo dice con chiarezza?

Sabina Guzzanti ha sempre usato il suo talento per denunciare il regime in cui viviamo: regime linguistico (quasi una satira autoreferenziale permanente), ma anche politico, perché dire è fare, e dalle manipolazioni sulle parole nascono quelle sulle persone e le istituzioni. Piuttosto è inquietante che in Italia la satira prenda il posto della politica, poiché questa è latitante. Di fronte al populismo guidato da un pubblicitario di mestiere, il cui governo sta realizzando una a una tutte le più fascistizzanti chiacchiere da bar (fino alla riproposta delle leggi razziali), l’opposizione sembra condividere il linguaggio e l’agenda della destra, rinunciando a dire e vedere che “il re è nudo”. Se i monologhi di Sabina Guizzanti sembrano poco satirici è perché, in una realtà già deformata dalla volgarità, diventano descrizioni iperreali di cose e fatti. Oggi il re non è solo nudo, ma la sua nudità è di un tale squallore che corrode le regole stesse della convivenza civile. Quale altro Paese ha un premier che non solo fa le corna e racconta barzellette a sproposito agli altri capi di Stato, ma mima un mitra contro una giornalista russa, parla al telefono di compravendita di persone, di donne, con un funzionario della tv pubblica, ecc. ecc. ecc.? Però si discute di come vietare le intercettazioni e la loro divulgazione, non della moralità e della legalità del Premier.

Satira, in questi anni, è stato paradossalmente rappresentare la realtà spogliata dalle barocche deformazioni della menzogna. Ricordo anni fa che a un certo punto del suo spettacolo Sabina Guzzanti citava Pier Paolo Pasolini. E si capisce che nel suo retroterra stilistico-morale c’è anche quel gesto di "giustizia poetica" che Pasolini affidò a un celebre testo degli anni Settanta: «Io so. Io so chi sono i mandanti delle stragi. Lo so anche se non ho le prove. Lo so perché sono un intellettuale...». La denuncia senza prove giuridiche è sostenuta da una responsabilità intellettuale e morale: è questa eresia che oggi, purtroppo, occupa il posto della politica, preoccupata soprattutto di smorzare e negare i conflitti.

Cari politici di centrosinistra, non sparate sui comici; restituiteli piuttosto al loro mestiere, cioè fate politica, che è anche e sopratutto moralità, cultura, senso proprio delle parole, come quando la sinistra era vincente anche senza essere di governo.

Pubblicato il: 11.07.08
Modificato il: 11.07.08 alle ore 13.20   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #131 inserito:: Luglio 12, 2008, 11:22:29 am »

Politica
--------------------------------------------------------------------------------

GIUSTIZIA: DARIO FO, SATIRA DEVE ESSERE SFACCIATA CONTRO POTERE VIOLENTO

SU 'MICROMEGA' IL NOBEL DIFENDE LA MANIFESTAZIONE DI PIAZZA NAVONA



Roma, 11 lug. (Adnkronos) - "La satira e' un atto di rifiuto e come tale non puo' che essere acceso, e' una contro-aggressione che risponde allo smacco del potere con uno sghignazzo che non puo' essere elegante. La satira e' nata per capovolgere l'ordine delle cose, per mettere il re in mutande". E' quanto dichiara il premio Nobel Dario Fo a 'MicroMega', commentando la manifestazione di piazza Navona dell'8 luglio, che difende e a cui ribadisce la propria adesione.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #132 inserito:: Luglio 12, 2008, 11:07:08 pm »

«Caro Di Pietro sbagli a rompere col Pd»

Jean Leonard Touadi


È il primo che lascia, che dissente ufficialmente da Antonio Di Pietro. Il deputato di colore Jean Leonard Touadi ha lasciato l’Italia dei Valori, nelle cui file è stato eletto come indipendente, ed è passato al partito di Walter Veltroni. Il tutto a distanza di pochi giorni dalla manifestazione: «No Cav Day» di Piazza Navona. La decisione - spiega lo stesso deputato - «è stata presa perchè una rottura totale con il Pd non è sostenibile»: è stato per primo Veltroni a volerlo in politica, come assessore al Comune di Roma.

Pensieri e stati d’animo scritti nero su bianco in una lettera inviata ieri mattina da Touadi all’ex Pm. Si legge: «In questi giorni ho vissuto una netta contraddizione tra alcune mie profonde convinzioni e le posizioni che sta assumendo il partito. Avrei voluto una più netta presa di distanza dalle parole pronunciate contro il Presidente della Repubblica, contro il partito democratico - sottolinea - e, da cattolico praticante quale sono, contro il Papa». Immediato il commento di Walter Veltroni: «Touadì ha fatto una scelta coerente. Era stato candidato all’interno di una lista che si era impegnata a fare gruppo unitario col Pd» e non lo ha fatto. Dunque, ora, «posti di fronte all’alternativa tra stare con Grillo o con il Pd quelli che volevano stare nel gruppo unitario devono aver sentito una certa sofferenza». Tace, invece, Antonio Di Pietro.

Tra i punti di rottura che hanno contribuito alla maturazione della decisione di Touadi a lasciare l’Idv, c’è infatti il deterioramento della «imprescindibile» alleanza tra Idv e Pd. «Distinti e uniti si disse allora - fa osservare nella lettera il deputato a Di Pietro -. Con il passare delle settimane le ragioni dell’affermazione della legittima identità hanno finito per oscurare quelle dell’unità». Poi il passaggio sul Pd. «Non è sostenibile una rottura con il Pd. Stimo Veltroni e gli voglio bene - precisa Touadi - e pur non risparmiandogli alcune critiche considererei per la mia coerenza sleale oltre che sbagliato politicamente fare nei prossimi mesi campagna contro di lui e il Pd, palesamente o sotto traccia». Tuttavia il deputato non manca di auspicare un leale rapporto con l’Idv. «In quel partito - sottolinea - sono stato accolto a braccia aperte, senza alcuna diffidenza. E mi sono state offerte grandissime opportunità di crescita politica. Di questo sarò sempre grato a Di Pietro, al capogruppo Massimo Donati, al mio stimato maestro Leoluca Orlando. Ma credo anche che la politica vada fatta con coerenza, in rispetto a ciò di cui siamo intimamente convinti». Antonello Soro, capogruppo Pd alla Camera, ha dato a Touadì un caloroso benvenuto: «Un fatto politico importante - ha detto - che premia il nostro modo di fare opposizione».

Pubblicato il: 12.07.08
Modificato il: 12.07.08 alle ore 14.13   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #133 inserito:: Luglio 13, 2008, 12:13:19 pm »

12/7/2008 (20:0) - SCONTRO TRA IDV E PD

Di Pietro: "Una, cento, mille piazze"
 
L' alleanza con il Pd è al capolinea. Il leader dell'Italia dei Valori: "Sono pieno di mail di elettori delusi".

La Procura apre fascicolo sul No Cav Day

RIMINI


Dal gelo al divorzio il passo oggi sembra proprio breve. Storia di un’alleanza, quella tra il Pd e l’Idv, mai giunta alla fusione e sempre rimasta in bilico. E forse, ora, destinata a scoppiare. C’è il caso Touadì, il deputato indipendente che ha lasciato l’Italia dei valori per il Pd; c’è il sospetto di manovre di erosione del Pd contro l’Idv; c’è la candidatura sempre più debole del portavoce nazionale del partito Leoluca Orlando alla presidenza della Vigilanza Rai e poi c’è Tonino che irrompe: «Continueremo a fare una, cento, mille piazze». Altro che «rapporti tesi con gli alleati», mai come oggi Pd e Idv sono stati ai ferri corti.

Il gelo vero dura da qualche giorno e pare che Veltroni e Di Pietro non si parlino direttamente dal giorno della manifestazione di piazza Navona. Dopo il ’No Cav day’ Veltroni ha lanciato il suo aut aut a Di Pietro o con noi o con la piazza e Di Pietro ha risposto: con la piazza. Poco valgono le distanze prese dalle parole di Beppe Grillo contro il capo dello Stato e di Sabina Guzzanti contro il Papa. Di Pietro non si muove di un millimetro dalla sua posizione che anche oggi difende e spiega di non essersi «pentito» rivendicando, in apertura del Forum dei giovani del partito a Bellaria, «di stare sempre con Davide e mai con Golia, con la piazza e non con il potere: per questo continueremo a fare una, cento, mille piazze».

Proprio la manifestazione di Bellaria era stata organizzata, tra gli altri da Jean Leonard Touadì, che ha lasciato il partito di Di Pietro per tornare al Pd, ed è per la sua assenza che tocca all’ex Pm aprire i lavori dell’incontro. Parole di stima nei confronti di Touadì, al quale Di Pietro dice di essere legato da «un rapporto fraterno» ma strali contro il Pd. Il primo: «Continuo a ricevere centinaia di mail - dice Di Pietro - nelle quali molti elettori mi scrivono ho votato Pd, ma la prossima volta...». Il secondo, ancora più appuntito sulle alleanze di nuovo conio di cui parla Francesco Rutelli e su una possibile vicinanza all’Udc: «Adesso stanno facendo i conti, l’Udc invece dell’Idv... voglio proprio vedere la Finocchiaro quando in Sicilia andrà a fare campagna elettorale con Cuffaro».

In realtà da più parti, nelle file del partito, si pone l’accento sul rischio di una manovra di erosione orchestrata dal Pd nei confronti dell’Idv. Solo giochi della politica? qualcuno assicura che il pressing di importanti esponenti democratici nei confronti di Touadì sia stato forte e che qualche cosa si sia tentato con Beppe Giulietti, altro indipendente, animatore di Articolo21, eletto con l’Idv. Francesco Pancho Pardi, che era in piazza lo scorso 8 luglio, giura che «non c’è il pericolo che io o Giulietti lasciamo l’Idv» e, pur rispettandolo come persona, boccia la decisione di Touadì che «al limite si sarebbe dovuto dimettere perchè così ha fatto perdere un seggio all’Italia dei valori».

Il  capo della procura di Roma, Giovanni Ferrara, ha aperto un fascicolo in «atti relativi» sulla manifestazione di martedì scorso a piazza Navona intitolata «No cav day». Il procedimento, ancora senza indagati e senza ipotesi di reato, è stato avviato dopo l’informativa della Digos consegnata ieri a piazzale Clodio. Al vaglio del procuratore ci sono anche i video degli interventi sotto accusa, in particolare quelli di Sabina Guzzanti e Beppe Grillo. Il magistrato dovrà valutare se il materiale acquisito contenga elementi tali da poter individuare il reato di offese nei confronti del presidente della Repubblica e del Pontefice.

da lastampa.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #134 inserito:: Luglio 16, 2008, 10:05:14 pm »

Dichiarazione di voto dell' Italia dei Valori


"Sig. Presidente del Consiglio, anche oggi Lei non c’è!
Lei continua a chiedere al Parlamento la fiducia alla sua persona e nel
suo operato e però continua a non farsi vedere.
E non venga a dirci che è impegnato altrove perché Le posso assicurare che
noi possiamo pure aspettare qualche ora o qualche giorno pur di vederLa in
aula.
Ma forse Lei semplicemente non ritiene di presentarsi perché considera il
Parlamento così alle sue dipendenze da non avere nemmeno bisogno di venire
di persona per chiedere la fiducia.
Nell’uno o nell’altro caso, noi dell’Italia dei Valori, non siamo affatto
disponibili a dargliela la fiducia perché si comporta come uno che ha due
facce: una davanti ed una di dietro.
Con quella davanti, dice agli italiani che questo decreto serve per meglio
combattere la criminalità ma con l’altra faccia – quella di dietro -
spunta le armi e toglie i mezzi finanziari e gli strumenti operativi alla
Magistratura ed alle forze dell’ordine che la criminalità, poi, devono
realmente combatterla e contrastare tutti i giorni.
Ecco allora alcune perle del suo operato di cui è bene che i cittadini
italiani prendano coscienza e conoscenza.
Lei dice che vuole dare sicurezza ai cittadini ma contestualmente ha
appena emanato un decreto con cui sono stati previsti per il prossimo
triennio tagli per oltre 700 milioni di euro dai capitoli del Ministero
dell’Interno e di oltre un miliardo di euro dal Ministero della Difesa
impedendo così l’acquisto di autovetture, carburante, munizioni, divise e
ogni strumento utile per garantire la sicurezza dei cittadini.
Lei dice che vuole utilizzare l’esercito in pattuglie miste con le forze
dell’ordine ma poi con l’altro decreto dispone una riduzione netta nel
triennio dell’organico sia della Polizia di Stato (circa 7000 unità in
meno), che delle altre forze dell’ordine, militari compresi, per un totale
di quasi 40.000 unità.
Lei dice che vuole la carcerazione per i clandestini e poi non solo nulla
ha disposto per l’edilizia penitenziaria ma addirittura ha tagliato i
fondi attualmente stanziati per la manutenzione delle carceri. A meno che
non pensi di mettere i delinquenti che dice di voler combattere a Villa
Certosa!
Peggio ancora ha fatto e sta facendo con l’Amministrazione della
Giustizia.
Lei dice che vuole una Giustizia più efficiente ma poi si limita solo a
caricare i magistrati di altro lavoro senza assegnare loro le dovute
risorse ed i necessari strumenti.
Anzi toglie loro anche quel poco che hanno.
Infatti, per far fronte ai mancati introiti conseguenti alla eliminazione
indiscriminata dell’ICI, ha tolto con il recente decreto legge n. 93 quasi
60 milioni di euro dai fondi già assegnati dal precedente Governo al
Ministero della Giustizia ed oltre 100 milioni di euro da quelli già
assegnati al Ministero dell’Interno.
Beh, no: qualcosa per la Giustizia Lei ha fatto anche con questo decreto
legge.
Per la Giustizia che serve a lei ed agli amici suoi ovviamente non per il
bene del paese.
Sì perché ha fatto inserire nel pacchetto sicurezza una norma che con la
sicurezza non c’azzecca nulla ma che serve ancora una volta a Lei ed a
tale David Mills - coimputato con lei nel processo di Milano - per
corruzione in atti giudiziari.
Mi riferisco alla possibilità prevista nell’odierno decreto legge di
richiedere il patteggiamento anche per i processi già in dibattimento e
dopo che tale procedura era già stata respinta o comunque non richiesta
nella fase precedente al dibattimento stesso.
La ratio della norma originaria sul patteggiamento è nota: ridurre di un
terzo la pena a coloro che non fanno perdere tempo alla giustizia
patteggiando la pena subito e prima del processo. In tal modo si risparmia
tempo ed il giudice non deve – anzi non può - nemmeno motivare sulla
colpevolezza o meno dell’imputato che ha patteggiato.
Lei si è attaccato a questa giusta norma per inserirvi oggi il solito
“emendamento salvapremier” anzi, nel caso di specie, “salva amici del
premier”.
Con l’odierno escamotage - inventato dai suoi consiglieri e difensori che
una ne fanno e cento ne pensano – oggi lei dà la possibilità anche al suo
complice Mills di patteggiare la pena, nonostante il processo sia
praticamente finito e quindi senza alcun risparmio per i tempi
processuali.
Si dirà: e con ciò? Eh no: così il giudice non potrà più pronunciarsi
sulla sua colpevolezza e quindi neanche pronunciarsi sul concorrente del
reato e cioè Lei.
La questione non è di poco conto giacchè - in caso di condanna di David
Mills – si sarebbe posto un grosso problema di permanenza da parte sua al
Governo, sig. Presidente, perché ciò avrebbe comportato anche una sua
condanna politica e morale!
Non c’è che dire, davvero una bella trovata, sig. Presidente del Consiglio
che non c’è!
E non importa se – per ottenere ciò – lei sta facendo emanare una norma
che di fatto si traduce in un ulteriore indulto mascherato ed addirittura
nella impossibilità di mandare in galera coloro che in questi anni hanno
commesso reati gravissimi per i quali dovrebbero essere condannati
addirittura ad una pena effettiva fino a 7 anni e mezzo.
Sì è così, basta fare un po’ di calcoli!
A chi risulta essere condannato fino a 7 anni e mezzo – e quindi anche per
i rapinatori, ladri, estorsori, spacciatori di droga e stupratori – con il
patteggiamento, dovendosi applicare la riduzione di un terzo, la pena
scenderebbe a 5 anni.
Poi – siccome nel frattempo è stato emanato l’indulto devono essere
scontati ulteriori tre anni.
Ne rimangono due, per i quali è previsto dalla legge l’affidamento ai
servizi sociali.
Ecco, ancora una volta dimostrata la sua doppia faccia: a parole dice di
voler combattere la criminalità, nei fatti non esita ad allargare le
maglie della giustizia e mandare per strada fior fiore di delinquenti pur
di ottenerne qualche vantaggio personale.
Noi dell’Italia dei Valori ribadiamo il nostro dissenso su questo decreto
legge non solo perché lei ancora una volta l’ha travisato e rigirato a suo
uso e consumo ma anche per alcune perle di ingiustizia sociale ivi
contenute, fra cui, soprattutto: l’aggravante razziale, che prevede un
aumento di pena nel caso che a commettere un delitto sia un
extracomunitario. Noi riteniamo che i delinquenti siano tutti uguali e che
– per una giovane violentata o una vecchietta rapinata – non faccia alcuna
differenza se subisce la violenza o la rapina da un italiano o da un
extracomunitario. Sempre lo stesso dolore e la stessa umiliazione prova e
noi vogliamo punire i colpevoli allo stesso modo e non con lo “sconto” se
è un ariano italiano.
Non ha senso poi neppure la norma blocca processi nella sua attuale
configurazione giacchè è solo un rinvio di una emergenza che c’e’ e che
lascia i tribunali ingolfati allo stesso modo in cui si trovano oggi.
Anzi li ingolfano ancora di più perché comunque dovranno farsi centinaia
di migliaia di notifiche sia agli imputati per permettere loro di non
usufruirne sia alle parti lese che vogliono azionare le cause civili. E
fra un anno saremo sempre allo stesso punto di partenza.
Ancora più assurda consideriamo la schedatura con le impronte digitali ai
bambini extracomunitari. Anzi la consideriamo un vero e proprio
comportamento xenofobo che non fa onore al nostro paese e che ci riporta
ai tempi bui dell’olio di ricino, di cui lei ogni giorno di più si pone e
propone come degno prosecutore.
Per tutte queste ragioni l’Italia dei Valori Le nega convintamene – con il
cuore e con la mente – la fiducia."

Da  spaziolibero@margheritaonline.it
_______________________________________________
Spaziolibero mailing list
Registrato
Pagine: 1 ... 7 8 [9] 10 11 ... 16
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!