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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 330671 volte)
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« Risposta #690 inserito:: Aprile 25, 2015, 04:42:08 pm »

La Renzistenza

22/04/2015
Massimo Gramellini

L’associazione partigiani di Alessandria decide di celebrare il 25 aprile con Cofferati. Ma la sindaca Rossa, che a dispetto del cognome è renziana, pone il veto sull’ex sindacalista e propone Boschi o Pinotti.
I partigiani resistono e non se ne fa nulla. Intanto a Bologna parte la Festa dell’Unità dedicata alla Liberazione, dove non risultano invitati gli esponenti della minoranza: Cuperlo, Civati, Speranza, persino Bersani.

Sarebbe grottesco rimpiangere i riti melmosi della Prima Repubblica, ma democristiani e comunisti avevano un altro stile. Moro e Fanfani si pugnalavano dietro le quinte, però a nessuno dei due sarebbe mai venuto in mente di escludere il rivale da una cerimonia ecumenica del partito. E nel Pci il «centralismo democratico» obbligava i capi delle varie correnti invisibili a sedere sullo stesso palco, applaudendo ritmicamente le prolusioni sterminate del Signor Segretario. Ipocrisie, certo. Ma la vita politica (e non solo quella) è fatta di forme che rivestono una sostanza: la ricerca delle ragioni profonde per cui si sta insieme, pur facendosi ogni giorno la guerra. Nel Partito democratico queste ragioni semplicemente non esistono. Nemmeno la Resistenza, a quanto pare, lo è. Chi vince le primarie emargina gli sconfitti. Lo ha fatto Bersani, e ora Renzi. Colui che afferra il volante si proclama diverso, ma poi anche lui seleziona i compagni di viaggio in base al tasso di fedeltà. Dimenticandosi che alla lunga in politica (e non solo in quella) sono sempre i più fedeli a tradire. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/04/22/cultura/opinioni/buongiorno/la-renzistenza-kjBxebWNmNMYpdGoTelSLI/pagina.html
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« Risposta #691 inserito:: Maggio 02, 2015, 05:12:08 pm »

Exposti a tutto

01/05/2015
Massimo Gramellini

C’è una minoranza di italiani che detesta l’Expo per partito preso o furore anticapitalista. E ce n’è un’altra, altrettanto risicata, che lo ama alla follia e comprende chi intorno all’Expo ha fatto affari o spera di farne. In mezzo rema la maggioranza silenziosa e dubbiosa, che lo avrebbe voluto diverso. Con meno sprechi di tempo e di denaro, e più aderenza al progetto originario: le vie d’acqua e gli orti scomparsi, i progetti artistici rinviati o rinnegati dagli stessi che li avevano partoriti. Eppure, arrivati a questo punto, la maggioranza mugugnante non se la sente di tifare contro, di augurarsi il disastro. Sarà la speranza irrazionale che il grande evento trascini l’Italia fuori dalla crisi. O il semplice, umanissimo desiderio di fare bella figura davanti al mondo, nonostante tutto. 

Per restare al tema dell’Expo, il cibo, ci si sente come uno che ha organizzato il cenone di Capodanno, invitando amici e conoscenti, e alle sette di sera si accorge che il pane nel forno è bruciato, il droghiere ha imbrogliato sulla pasta all’uovo e la nuova serie di piatti comprata per l’occasione e pagata il doppio del suo valore si è rotta durante il trasporto. Gli verrebbe voglia di piangere e annullare la festa, ma i primi invitati sono già per strada e allora non gli resta che farsi la doccia, dare una rassettata alla sala da pranzo, apparecchiare la tavola con i piatti di carta più belli che trova e allargare la faccia in un sorriso: speriamo almeno di divertirci e che vada tutto bene. Ecco, speriamo. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/05/01/cultura/opinioni/buongiorno/exposti-a-tutti-VdgiOiSChsFaidxQK7QDkI/pagina.html
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« Risposta #692 inserito:: Maggio 10, 2015, 04:20:51 pm »

Classe dirigente

09/05/2015
Massimo Gramellini

A poche ore dalla proclamazione dei risultati, in Gran Bretagna i tre leader sconfitti si sono dimessi e quello vittorioso ha già ricevuto l’incarico (reincarico, nel suo caso) dalla Regina. Se fosse solo un problema di leggi, anche noi col brutale Italicum potremmo presto vantare lo stesso genere di chiarezza istituzionale. In realtà le leggi contano molto meno dei caratteri e delle consuetudini. Nemmeno il più perfetto dei sistemi metterà mai un italiano nelle condizioni di accettare l’esito del voto o indurrà gli sconfitti a dimettersi, dichiarandosi sconfitti anziché «non vincitori». E neanche la più straordinaria riforma costituzionale potrà bonificare la vergogna della composizione delle liste elettorali, che attingono a un personale politico scadente e spesso impresentabile. 

L’infornata delle imminenti Regionali sembra un trattato sociologico sugli orrori della società: si va dal postfascista non pentito all’ex leghista che chiama i gay «culattoni», dal candidato in odore di camorra all’amico di Cosentino nella cui abitazione al momento dell’arresto fu trovato un fucile calibro 12. Se poi si pensa che tutti questi begli esemplari convivono nello stesso partito e che questo partito è quello che esprime un presidente del Consiglio che ha messo la trasparenza e il merito ai primi posti del suo programma, ci sarebbe da chiedere asilo politico alla Regina. O più banalmente da chiedere a Renzi, della cui buona fede resto convinto, di porre mano ai criteri di selezione della nuova classe dirigente, perché un baraccone zavorrato da mediocri, riciclati e inquisiti rischia di mandare a fondo noi, ma anche lui.

Da - http://www.lastampa.it/2015/05/09/cultura/opinioni/buongiorno/classe-dirigente-LgExxx84z8Je9LfSBdUDHN/pagina.html
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« Risposta #693 inserito:: Maggio 10, 2015, 04:38:26 pm »

Alta pensione

08/05/2015
Massimo Gramellini

Trovo ingiusto additare come privilegiati coloro che percepiscono una pensione da tremila euro lordi al mese. Ingiusto e emblematico del clima di invidia sociale che si respira in giro. Pensionati d’oro, li hanno chiamati. Ora, è comprensibile che tremila euro (lordi) sembrino molti a chi percepisce certi stipendi di latta, oggi assai in voga tra chi ha meno di quarant’anni e deve già ringraziare di stringere tra le mani un lavoro. Ma proviamo a metterci nei panni di un settantenne ex lavoratore dipendente (il bersaglio perfetto delle spremiture fiscali), che per tutta la vita ha accantonato una parte della retribuzione con l’idea di poterne godere negli anni del meritato riposo. Un lavoratore onesto, magari con dei figli ancora a carico, ai quali di solito la pensione del genitore finisce per essere girata quasi per intero. Perché dovrebbe essere considerato un parassita? Perché dovrebbe sentirsi in colpa e vergognarsi di pretendere ciò che gli spetta? Ha stipulato un patto con lo Stato. E ora che lo Stato lo vanifica, minacciando di restituirgli meno del dovuto, gli si toglie persino il diritto di lamentarsi, in nome di un generico appello alla solidarietà verso i più poveri che viene disatteso ogni giorno dai privilegiati veri. 

Se il «pensionato d’oro» da tremila lordi al mese ha un privilegio (di cui però non ha alcuna colpa) è di appartenere all’ultima generazione che può ancora esigere un trattamento onorevole, perché finanziato dagli stipendi dei cinquantenni. Ma questo è un discorso troppo triste e lo faremo un’altra volta.

Da - http://www.lastampa.it/2015/05/08/cultura/opinioni/buongiorno/alta-pensione-nAB8CMYusUcBTeQVFu44UL/pagina.html
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« Risposta #694 inserito:: Maggio 16, 2015, 04:38:28 pm »

La gita è finita

15/05/2015
Massimo Gramellini

Ma le gite scolastiche hanno ancora un senso? La tragedia del liceale di Padova precipitato dal quinto piano di un albergo milanese in circostanze ancora nebulose riporta tristemente alla ribalta un interrogativo mormorato da anni. Per i ragazzi del Novecento la gita di classe rappresentava un rito di iniziazione. Era in quella terra di nessuno, sganciata dalle consuetudini quotidiane e dalla presenza castrante della famiglia, che si scambiavano i primi baci, si prendeva la prima sbornia e si imparava a cantare in coro una canzone (di solito «Azzurro»). Si visitavano anche parecchi monumenti, a cui però solo una minoranza di esteti dedicava vera attenzione, gli altri essendo più interessati alle divagazioni goliardiche che l’atmosfera sospesa della trasferta poteva garantire.

Oggi quell’atmosfera non esiste più. I ragazzi sono connessi di continuo col mondo e hanno meno urgenza di conoscerlo dai finestrini di un pullman. Non hanno neppure il desiderio impellente di allontanarsi dalla famiglia, dove godono di ogni libertà. I genitori poveri vivono la gita come un salasso o una potenziale umiliazione. Tutti gli altri come un momento di ansia. Quanto ai professori, sono oppressi dalle responsabilità, a cui non fa da contraltare neppure il riconoscimento di uno straordinario. Molti di loro arrivano a sorteggiare il nome del malcapitato che dovrà offrirsi come accompagnatore. Proprio a scuola ci hanno insegnato che in natura ogni cosa esiste finché soddisfa un bisogno. Ma quale bisogno soddisfa oggi la gita scolastica, se non quello di restare ancorati a un’abitudine, a una nostalgia che nessuno prova più? 

Da - http://www.lastampa.it/2015/05/15/cultura/opinioni/buongiorno/la-gita-finita-zy567ZQVIHYIPXpeclQEbO/pagina.html
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« Risposta #695 inserito:: Giugno 06, 2015, 05:43:27 pm »

Una mattina come tante

06/06/2015
Massimo Gramellini

«Allacciate le cinture, si decolla!» proclama Matteo l’Immaginifico al battesimo della nuova Alitalia che ovviamente associa alla nuova Italia, la sua. E l’aereo che decolla di prima mattina da Fiumicino alla volta di Linate torna subito indietro, dopo avere centrato in volo un uccello kamikaze. Forse un gufo. Di sicuro un migrante, ignaro che l’altro Matteo, il Felpato, durante una delle sue rare apparizioni televisive lo avesse derubricato da participio presente del verbo migrare a gerundio: un po’ come ignorante.

Mentre l’aereo con le piume nel motore ritocca terra, qualche metro più sotto, un treno della metropolitana ne tampona un altro, provocando ventuno feriti. Le autorità invocano l’errore umano: l’autista del veicolo tamponato si sarebbe fermato al semaforo rosso. Ma c’è una buona notizia: illesi i pendolari dei treni che ogni giorno collegano la periferia Est di Roma alla stazione Termini, grazie al fatto che, dei cinque macchinisti che avrebbero dovuto guidarli, quattro non si sono presentati al lavoro. Si sospetta un’epidemia fulminante (gerundio?). A questo punto slacciate pure le cinture, tranne quella dei pantaloni. E dopo avere rinunciato a decollare, provate almeno a camminare per le strade della Capitale che traboccano di immondizia. Un’impresa. Anzi una cooperativa, rossa o ciellina poco importa. La raccolta differenziata nel resto d’Italia costa 300 euro a tonnellata, a Roma 900. Per sapere in quali tasche finiscono gli altri 600, citofonare Buzzi-Carminati. Se Roma, come dicono, è la mucca da mungere, loro sono i lattai. E noi i soliti polli.

Da - http://www.lastampa.it/2015/06/06/cultura/opinioni/buongiorno/una-mattina-come-tante-lUTvgbQBB2KcT9i3SSe0zM/pagina.html
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« Risposta #696 inserito:: Giugno 06, 2015, 05:49:26 pm »

Diritto romano

05/06/2015
Massimo Gramellini

Immaginate cosa starà pensando il capo della Mobile di Roma a proposito dei fratelli rom che hanno falciato nove passanti uccidendone una. Cinque giorni per trovarli e appena due per liberarli, ecco cosa starà pensando. Già scarcerato Samuel, il maggiorenne, perché le testimonianze autorevolissime degli altri familiari concordano nell’addossare tutte le responsabilità sul minorenne, destinato a pene più lievi. Davvero strano l’equipaggio di quell’auto, a cui il giudice attribuisce tanta credibilità. Un diciassettenne senza patente al volante di una vettura senza assicurazione che al posto di blocco si fa prendere dal panico e schiaccia il pedale dell’acceleratore credendo si tratti del freno: e non per un attimo, ma per un chilometro intero. La moglie, minorenne come lui, che si prodiga per addestrarlo a un uso corretto della pedaliera. Un padre malato di cuore, forse, che vive in una roulotte infestata dai topi eppure possiede un ingorgo di macchine. Infine Samuel, questo bravo ragazzo che si guarda bene dal soccorrere gli investiti e rimane alla macchia cinque giorni, ma solo per non lasciare il fratellino in balia dei propri fantasmi. E’ una favola ingegnosa, alla quale sembrano credere soltanto quelli che lo hanno rimesso in libertà. 

Chi ha applicato la legge col paraocchi è consapevole che a Roma c’è un quartiere blindato, dove i fascisti di Casa Pound soffiano sull’animo risentito degli abitanti? I fomentatori di odio ringrazieranno per il pacco dono di una liberazione immediata che si fa beffe del senso comune e delle forme elementari di prudenza. Se esiste un sistema legale per fomentare il razzismo, questa decisione lo ha brevettato.

Da - http://www.lastampa.it/2015/06/05/cultura/opinioni/buongiorno/diritto-romano-5tMHQ9lNN5DA6TelzVdZGK/pagina.html

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« Risposta #697 inserito:: Giugno 27, 2015, 10:33:56 am »

Il premier: “Devo tornare il vero Renzi e voglio riprendermi il partito”
«Non ho scelto io i candidati; fosse per me la stagione delle primarie sarebbe finita»
Renzi è presidente del Consiglio dal 22 febbraio 2014 e segretario del Pd dall’8 dicembre 2013


16/06/2015
Massimo Gramellini

«Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D’Attorre e dei Fassina e riprendere in mano il partito». Dopo lo schiaffone di Venezia, che segue di poche settimane quello di Genova, Matteo Renzi non si sente un leader dimezzato. Semmai doppio. Renzi 1 il rinnovatore e Renzi 2 l’istituzionale, che non porta voti e va quindi archiviato al più presto per ritornare alla foga rottamatrice delle origini. Perché nelle urne si può anche perdere, ma perdere con dei candidati imposti e in qualche caso addirittura subiti è il segnale di una leadership distratta o confusa. «Una cosa è certa: le primarie sono in crisi. Dipendesse da me, la loro stagione sarebbe finita».

Nelle speranze di Renzi 1 (ma forse anche 2) lo strumento che lo ha lanciato nel firmamento della politica locale e poi nazionale doveva servire a selezionare una nuova classe dirigente in grado di intercettare l’elettorato in uscita dal berlusconismo. Non è andata così. «Casson, Paita, De Luca, Emiliano, Moretti. Io in quelle scelte non ho messo bocca.» E hai fatto male, sembra suggerirgli all’orecchio Renzi 1. 

Tutti si aspettavano che al ballottaggio una figura come Casson attirasse i voti dei Cinquestelle. Invece per i loro seguaci non esiste un Pd buono e uno cattivo. Pessimo segnale in vista dell’Italicum, dove gli elettori di Grillo e di Salvini potrebbero gemellarsi al ballottaggio contro di lui: «Ma era scritto che Casson perdesse. A Venezia mi è venuto incontro un signore: “Salve, sono l’unico renziano della città…” Era Brugnaro, il candidato del centrodestra che ci ha battuto.» Che ci siano più renziani tra i moderati che tra i progressisti non sembra preoccuparlo. «Questo è un paese moderato, vince chi occupa il centro. Con personalità. Perché se invece degli originali corrono le copie, allora non funziona. In Liguria la Paita non ha perso perché il candidato di Civati le ha tolto dei voti che probabilmente non sarebbero andati comunque a lei. Ha perso perché nell’ultima settimana il 5 per cento degli elettori di centro si è spostato verso Toti». 

 Il Pd si è giocato anche Arezzo, la città di Maria Elena Boschi. «Storicamente ad Arezzo abbiamo vinto solo quando il candidato si chiamava Fanfani. L’ultimo è stato Fanfani Beppe…. I miei giudizi sul voto di domenica non sono in bianco e nero. In alcuni casi, è vero, perdiamo per mancanza di organizzazione. In altri però, come a Mantova, vinciamo dove la Lega è forte. La verità è che ormai la gente vota come le pare, sulla base della persona». 

Prima di rottamarlo, Renzi 1 concede a Renzi 2 l’onore della armi: «Al governo abbiamo fatto cose tecnicamente straordinarie: lavoro, giustizia, legge elettorale, divorzio breve, diritti civili. Anche l’immagine all’esterno è molto migliorata. Non siamo più i malati di Europa e durante l’ultimo G7 gli elogi pubblici di Obama alle nostre riforme sono stati quasi imbarazzanti. E basterebbe dare uno sguardo alle pratiche che abbiamo ereditato per capire che non è affatto vero che Letta era più competente di me, come ha scritto qualcuno (il sottoscritto, ndr)». 

Non è la prima volta che un premier si sente incompreso in patria. Il lamento perpetuo e le accuse ai «gufi» di remare contro fanno parte del Renzi 2. Renzi 1 promette di cambiare tono. E ritmo di marcia. «Da oggi le riforme sono più vicine, non più lontane. Adesso dovrò aumentare i giri, non diminuirli.» Ma per recuperare il consenso perduto sa che governare meglio l’Italia non gli basterà, se non comincerà a governare anche il Pd. «Devo tornare a fare il Renzi pure lì. E farlo davvero. Infischiandomene delle reazioni per aprire una discussione dentro il mio partito. Al governo non c’è mai stata un’infornata di persone in gamba come a questo giro. Penso alle nomine che abbiamo fatto: De Scalzi all’Eni, Starace all’Enel e Moretti a Finmeccanica. La vera accusa che mi si dovrebbe rivolgere non è di avere messo i miei al governo, ma di non averli messi nel partito». 

Restano da capire le ragioni di questa timidezza inattesa. Renzi, 1 o 2, del Pd è il segretario eletto. Ed è unicamente a quella elezione che deve la sua legittimità popolare. «Non ho messo bocca perché pensavo che astenermi fosse un presupposto per stare tutti insieme. E poi ci siamo dimenticati cosa scrivevano di me? L’arroganza al potere, la democratura… Ah, ma adesso basta, si cambia. Anche perché tra un anno si vota nelle grandi città. Torino, Milano, Bologna, Napoli, forse Roma.» Roma? «Se torna Renzi 1, fossi in Marino non starei tranquillo.» Renzi 1 diceva «sereno» ma insomma, ci siamo capiti. 

DA - http://www.lastampa.it/2015/06/16/italia/politica/il-premier-devo-tornare-il-vero-renzi-e-voglio-riprendermi-il-partito-54Pzk0qhog9xAQExTVRzDN/pagina.html
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« Risposta #698 inserito:: Agosto 13, 2016, 10:58:55 pm »


L’ultimo comunista

06/08/2016
Massimo Gramellini

Berlusconi ha venduto il Milan ai ber-lus-ching per 740 milioni di buoni motivi. Nel giorno in cui anche De Mita si è dolorosamente sbarazzato del suo appartamentino romano per 11 milioni (un famoso titolo di Vittorio Feltri negli anni di Tangentopoli recitava «De Mita perde la Bicamerale, gli resta l’attico») è come se la Prima e la Seconda Repubblica si fossero congedate in contemporanea, facendosi pure pagare il disturbo. Berlusconi, come sempre, fa più ridere. Perché sarà anche vero che i cinesi hanno smesso di essere maoisti e persino di mangiare i bambini da un pezzo. Ma è per lo meno curiosa la parabola di un campione dell’anticomunismo che prima si fa compagno di merende di un agente del Kgb come Putin e poi cede il gioiello rossonero della Corona alla banca di uno Stato turbocapitalista che, nonostante tutto, continua orgogliosamente a definirsi comunista.

La verità è che con i «cumunisti» Berlusconi ha sempre fatto ottimi affari. Quasi come con i socialisti. Forse, sotto sotto, è uno di loro. La vocazione simpaticamente dittatoriale («è un Ceausescu buono», disse una volta Confalonieri), la passione per i piani quinquennali (il «contratto con gli italiani») e per le parate che servono a nascondere il vuoto, ma soprattutto la visione totalitaria dell’esistenza fanno di lui un comunista inconsapevole. Ha passato la vita a specchiarsi nel suo modello, inveendogli contro. Era quasi inevitabile che uscissero di scena insieme.

[La presente versione è stata corretta rispetto all’edizione pubblicata sul giornale in edicola] 
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Da - http://www.lastampa.it/2016/08/06/cultura/opinioni/buongiorno/lultimo-comunista-lo1fzxU1BUljy8NwyPv26N/pagina.html
   
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« Risposta #699 inserito:: Novembre 16, 2016, 11:28:30 pm »


L’ignoranza al potere

Pubblicato il 11/11/2016
Ultima modifica il 11/11/2016 alle ore 07:27
Massimo Gramellini

L’ignoranza è una brutta bestia, diceva mio nonno tranviere, che si spezzava la schiena con gli straordinari per consentire al figlio di prendere il diploma e al nipote, un giorno, di imbroccare qualche congiuntivo sulle pagine di un giornale. Oggi mio nonno, come tanti elettori di Trump, non si vergognerebbe affatto di avere studiato poco. Anzi, trasformerebbe il suo complesso di inferiorità in una forma di orgoglio, non considerando più la cultura uno strumento di crescita economica e sociale, ma il segnale distintivo di una camarilla arrogante di privilegiati. E userebbe l’unica arma a sua disposizione, il voto, per fargliela pagare, «a quei signori». Già, ma per fargli pagare cosa? Semplice: di avere raggiunto un traguardo che alla sua famiglia è precluso. 

L’ignorante detesta chi ha studiato perché detesta una società che non consente più a suo figlio di farlo, obbligandolo a contrarre debiti spaventosi per strappare un «foglio di carta» che nella maggiore parte dei casi non garantisce il miglioramento delle sue condizioni, ma si traduce in una mortificazione ulteriore di stipendi bassi e lavori precari. Ogni conservatore diventa rivoluzionario solo quando non ha più nulla da perdere. Allora viene invaso dal rancore e va in cerca di un capro espiatorio e di un vendicatore. Quasi sempre sbagliando mira. Perché è stata la finanza, non la politica e tantomeno la cultura, a costruire questo mondo di sperequazioni odiose. E non sarà un dilettante allo sbaraglio a trovare la formula magica per restituire agli esclusi il progresso perduto.
 
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« Risposta #700 inserito:: Febbraio 12, 2018, 06:10:19 pm »

Baglionismo al potere

Sabato 10 febbraio 2018

  Di Massimo Gramellini

Cantanti che cantano, attori che recitano, presentatrici che presentano, fiorelli che fiorellano e ballerine che ballano, anche a 83 anni. Secondo Baglioni, il successo del festival di Baglioni rappresenta il ritorno al potere dei professionisti e la smentita che in tv funzioni soltanto la mediocrità. Se l’autore di «passerotto non andare via» avesse ragione, si tratterebbe del primo segnale di una controrivoluzione culturale, e mica solo in tv. Veniamo da anni di predominio ideologico dei dilettanti allo sbaraglio, in cui l’idea stessa di competenza ha coinciso con quella di casta. Come all’epoca del comunismo asiatico trionfante, quando gli sgherri di Mao e Pol Pot umiliavano chiunque inforcasse gli occhiali, sintomo di cultura e dunque di privilegio. Per troppo tempo la frase più letta sul web è stata: «Che ci vorrà mai a…» guidare un partito, fare funzionare un’azienda, segnare un gol, organizzare un festival?

Alla rabbia sacrosanta di chi si sente escluso non per mancanza di conoscenza, ma di conoscenze (intese come raccomandazioni) si è aggiunta quella assai meno onesta degli invidiosi, che attribuiscono il proprio fallimento a una congiura e, non sapendo innalzare se stessi, sminuiscono i talenti di chi c’è riuscito. Il Sanremo dei professionisti inaugura un’inversione di tendenza. Ma è inutile illudersi che in politica abbia già fatto proseliti. Dando un’occhiata alle liste, di favini e fiorelli se ne incontrano pochi.

10 febbraio 2018 (modifica il 10 febbraio 2018 | 07:06)
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