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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 332135 volte)
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« Risposta #465 inserito:: Giugno 01, 2013, 04:20:05 pm »

Buongiorno
01/06/2013

Brutta ciao

Massimo GRAMELLINI

Oggi il Buongiorno ce lo dà il lettore Antonio Cascio. Racconta di un italiano che se ne va e non è un bel buongiorno, almeno per chi resta. In questa storia riconoscerete un amico, un parente, forse voi stessi. 

Il mio augurio è che qualche politico la legga e la trasformi nella sua ragione di vita, facendo il possibile, ma anche l’impossibile, per fermare l’emorragia di saperi, speranze ed energie che sta dissanguando la terra in cui siamo nati e in cui vorremmo continuare a vivere. 

Questa sera andrò a festeggiare la partenza di un caro amico di 38 anni, che domani prenderà l’aereo destinazione Singapore. Lì lo aspetta un lavoro qualificato, pagato, dignitoso, di alta specializzazione. Un lavoro che ha cercato in Italia per troppo tempo perché, per l’ennesima volta, l’azienda per cui lavorava ha chiuso o delocalizzato. Dovrà occuparsi di internazionalizzazione di un prodotto - tipico italiano, ma non italiano - per i mercati emergenti. 

Sono ovviamente contento per lui, ma stasera, con gli amici di infanzia, non so ancora se festeggeremo un nuovo inizio o intoneremo l’ennesimo «de profundis» della mia generazione. 

L’ennesimo, perché non è il primo amico che parte: ne ho in Francia, in Svizzera e tutti con egregi titoli di studio, competenze e referenze. Tutti partiti perché «qui non trovavano». 

Ho purtroppo l’impressione che i miei cari amici non siano altro che gli avamposti del nuovo emigrante italico. Adesso partono i più bravi, i professionisti, «quelli che hanno mercato», domani toccherà ai disperati. Ma come posso biasimarli? In fin dei conti lasciano un Paese moribondo, senza speranza, senza futuro, dove addirittura le newsletter per le ricerche di lavoro sono a pagamento (sembra una tassa sulla speranza, o peggio, sulla disperazione). Dove le retribuzioni sono le più basse d’Europa e cambiare lavoro è un lusso soltanto pensarlo (ma come puoi minimamente decidere di ricominciare quando hai 40 anni, genitori anziani, figli piccoli e una pressione fiscale che supera il 50%?). Dove il domani fa solo paura e si sono sacrificate intere generazioni sull’altare del «diritto acquisito» e dello «scatto d’anzianità». Un Paese apparentemente fondato sulla famiglia perché il termine «nepotismo» potrebbe suonare male. 

Credo che ormai non ci siano più parole per definire la nostra classe politica, avviluppata su se stessa ed esclusivamente concentrata sulla propria sopravvivenza, troppo occupata a discutere sul sesso degli angeli, sulle guerre interne, sul reciproco discredito, paralizzata, incompetente e, mi viene da dire, senza figli da salutare. 

Mi sento sconfitto, avremmo bisogno di un nuovo domani, di speranza, di futuro. Io mi limito a fare studiare l’inglese ai miei figli, sperando che un giorno, almeno loro, possano raggiungere i miei cari amici non più vicini e troppo lontani. Buon viaggio, «Vecchio».


da - http://lastampa.it/2013/06/01/cultura/opinioni/buongiorno/brutta-ciao-N1CPej4SEWcgtz7f7HhILO/pagina.html
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« Risposta #466 inserito:: Giugno 11, 2013, 05:15:36 pm »

Buongiorno
11/06/2013

Mele marce ma non troppo

Massimo Gramellini


L’elezione a sindaco di Carovigno dell’ex deputato udc Cosimo Mele sta dividendo l’opinione pubblica internazionale. Chi pensa che gli elettori del Comune brindisino lo abbiano votato nonostante lo scandalo boccaccesco di cui Mele fu protagonista nel 2007. E chi invece (ma siamo una minoranza di cinici e burloni) ritiene che lo abbiano scelto proprio per quello: una sorta di premio alla carriera. Era la notte fra il 27 e il 28 luglio quando il deputato di Casini, solerte firmatario di appelli in difesa della famiglia e della moralità pubblica, veniva sorpreso in una suite dell’hotel Flora di via Veneto in compagnia di un paio di fanciulle, nessuna delle quali coniugata con lui. A compromettere la segretezza del convegno subentrò il malore che costrinse una delle ospiti a trasferirsi al pronto soccorso. Nel sangue le trovarono tracce di varie sostanze, tutte abbastanza proibite, e lei accusò l’onorevole di avergliele procurate. Si instaurò un processo, che grazie ai tempi riflessivi della giustizia italiana è tuttora in corso, ma la carriera politica del presunto libertino si rattrappì. Il suo partito, notoriamente frequentato da galantuomini sordi a ogni deviazione dal solco tracciato da Santa Romana Chiesa, gli fece il vuoto intorno. 

A Mele non restò che ritirarsi nella natia Carovigno, di cui fu vicesindaco negli Anni Novanta, prima di essere momentaneamente arrestato per una questione di tangenti, anch’essa ancora sotto il vaglio paziente della magistratura. Ma Carovigno la saggia ha già perdonato e oggi ricomincia da Mele, così come Mele ricomincia da Carovigno. Siamo noi che non sappiamo più dove diavolo andare. 

da - http://lastampa.it/2013/06/11/cultura/opinioni/buongiorno/mele-marce-ma-non-troppo-5UVy3yGxO3OzAiZroXVI5H/pagina.html
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« Risposta #467 inserito:: Giugno 15, 2013, 08:45:29 am »

Buongiorno
14/06/2013

Kyenge e i razzistini

Massimo Gramellini

Appena ho letto della consigliera leghista che augura alla ministra Kyenge di sperimentare uno stupro sulla propria pelle, così potrà rendersi conto di quanto siano brutti sporchi e cattivi i suoi amici neri, per un attimo ho temuto che in Italia fosse arrivato il razzismo. Poi ho guardato le prime pagine di un paio di giornali che avevo sul tavolo, dedite a sbertucciare Kyenge per una strada presa contromano dalla sua scorta, e mi sono tranquillizzato. In Italia il razzismo non esiste. Esiste il razzismino. 

La caratteristica del razzismino è che i suoi adepti, i razzistini, pensano di essere dei dolci al ripieno di marmellata su cui la vita ha versato qualche goccia di liquore (estero), ma non abbastanza da comprometterne la bontà. I razzistini non sono razzisti: solo non sopportano le «negrette» che ambiscono a occupare un ruolo diverso dalla Mamie di «Via col vento». Ai loro occhi la ministra Kyenge non ha nulla che non va, a parte il fatto che è donna, che è nera e che vuole dare la cittadinanza a chi è cresciuto in Italia. Possibile che, con tanti disoccupati in giro, non ci fosse un italiano verace in grado di occuparne la poltrona? Questo non è razzismo, assicura il razzistino, ma buonsenso. E chiamare la ministra Nero di Seppia, ironizzare sulla sua abbronzatura, disegnarla mentre sbuccia banane in posizione da orangutang: neanche questo è razzismo, ma buonumore. Così in due mesi, tra una sessione di buonsenso e un’altra di buonumore, siamo arrivati all’istigazione alla violenza carnale: da parte di una donna, per di più. Forse si avvicina il momento di dire ai razzistini che ci hanno rotto definitivamente le palline.

DA - http://lastampa.it/2013/06/14/cultura/opinioni/buongiorno/kyenge-e-i-razzistini-hI7AGZZe29Cs0ysuCJaEYL/pagina.html
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« Risposta #468 inserito:: Giugno 18, 2013, 05:31:26 pm »

Buongiorno
18/06/2013

Cittadina Realtà

Massimo Gramellini

«Salve, cittadino Cinquestelle, sono un disoccupato senza casa e pieno di debiti, deluso dai partiti che pensano soltanto ai fatti loro. Voi invece siete qui per aiutarmi, giusto?». «Puoi dirlo forte, cittadino disoccupato senza casa e pieno di debiti. Noi ci occupiamo dei problemi veri del Paese. Oggi per esempio stiamo decidendo se mettere ai voti la diretta streaming della riunione in cui si deciderà se sottoporre al voto della Rete la decisione di cacciare dal movimento una cittadina senatrice infetta che ha osato dire che Grillo ogni tanto sbaglia».

«Capisco le esigenze della democrazia diretta, cittadino Cinquestelle. I miei problemi possono aspettare fino a domattina».
«Domattina abbiamo un’altra emergenza, cittadino. Dovremo rendicontare in diretta streaming gli scontrini dei cornetti del bar di Montecitorio, dividendo i cornetti alla crema da quelli al cioccolato e i cornetti dei buoni cittadini dai cornetti dei cittadini infetti».
 
«Potrei avere un cornetto, cittadino? Anche infetto». «Per darti un cornetto devo fare lo scontrino e per fare lo scontrino devo chiedere il permesso alla Rete in diretta streaming. Il problema è che per chiedere la diretta streaming è necessario convocare una riunione del gruppo».

«Convocala, cittadino: sto morendo di fame». «Impossibile, cittadino, il gruppo è già riunito». «Per fare che?». «Te l’ho già detto: per decidere se cacciare o no la senatrice infetta». «Ma quando comincerete a occuparvi della realtà?». «La cittadina Realtà? Va disinfettata, cittadino. E se oppone resistenza, va cacciata. A meno che abbia richiesto lo scontrino».


da - http://lastampa.it/2013/06/18/cultura/opinioni/buongiorno/cittadina-realt-dEMd2ozrIEdPDzTDw3eizH/pagina.html
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« Risposta #469 inserito:: Giugno 19, 2013, 11:50:23 am »

Buongiorno
15/06/2013

Torassic Park

Massimo Gramellini

A Torino sono scomparsi i bebè. Mille in meno dall’inizio dell’anno, il venti per cento. Numeri da collasso sociale. Permangono avvistamenti episodici (ieri davanti alla Mole è stato segnalato un passeggino, però sembra che a bordo ci fosse un disoccupato), mentre fioriscono leggende su ostetriche nostalgiche alle prese con bambolotti di plastica, a cui cantano ninne nanne struggenti. Le cause sono note: gli italiani hanno altro per la testa (per esempio la ricerca di un lavoro che consenta loro di mantenersi) e gli stranieri, che fino all’anno scorso tenevano su la media, si sono adeguati o se ne sono andati. 

Gli etologi spiegano che una comunità si può estinguere in due modi: come i conigli, prolificando all’impazzata fino a distruggere l’habitat, o come i panda: rinunciando a procreare. Il grosso del pianeta, a leggere le statistiche e l’ultimo romanzo di Dan Brown, avrebbe optato per la prima soluzione. In Italia stiamo sperimentando la seconda. Ci si muove su un terreno incognito: mai nella storia dell’homo sapiens sapiens rimbecillitus era esistita una società tanto anziana. Alcuni aspetti sono persino divertenti: per strada ho appena visto un tizio con il bastone in una mano e il telefonino nell’altra che gridava: «Ho settantacinque anni e sono stufo di stare ancora dietro ai tuoi capricci, mamma!». Le parti della commedia umana non possono cambiare. Ma si possono sostituire gli interpreti. Se i bambini non ci sono più, tocca agli adulti fare i bambini, e ai vecchi fare gli adulti. Fare i vecchi, quello è un lusso consentito ormai solo ai miliardari, che invece si ostinano a sentirsi giovani. 

da - http://lastampa.it/2013/06/15/cultura/opinioni/buongiorno/torassic-park-ymjwZ1z9nVOzurmIm5dcbM/pagina.html
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« Risposta #470 inserito:: Giugno 20, 2013, 05:22:41 pm »

Buongiorno
20/06/2013

Ciao ciao signore!

Massimo Gramellini


Il lettore M. di Alessandria ha un figlio di due anni e mezzo che, appena incrocia una persona per strada, le getta la voce al collo: «Ciao ciao signore!», «Ciao ciao signora!». Poi si ferma ad aspettare dallo sconosciuto un cenno che lo rassicuri sul fatto di essere considerato con analoga attenzione. Il quartiere dove M. passeggia con suo figlio è frequentato da una fauna variopinta e stratificata: puoi trovarvi la donna col chador e l’indigeno anziano che rimembra ancora di quando i Grigi dell’Alessandria sconfissero per due a zero il Grande Torino (era il 1947). Ma per il piccolo inesausto salutatore non esistono differenze. Alla donna col chador e all’indigeno anziano affida lo stesso «ciao ciao» ecumenico, da non confondersi col «ciaociao» nevrotico che gli adulti sputano nei loro telefonini al termine di una conversazione.

M. contempla il mondo con gli occhi di suo figlio e pensa al giorno, ormai prossimo, in cui l’incanto finirà. Quando anche lui, come ogni altro abitante del pianeta, comincerà a nutrirsi di contrapposizioni rassicuranti: italiani e stranieri, belli e brutti, ripetenti e promossi, juventini e milanisti. Un piano inclinato, dove per affermare la propria debole individualità si corre sempre più in fretta verso la sottolineatura delle divergenze, fino a sentirsi diversi da tutti gli altri e al tempo stesso così anonimi. Secondo M., la società dovrebbe difendere con i denti la propensione dei bambini di due anni e mezzo a considerare le persone tutte uguali tra loro e tutte uguali a noi. Invece passiamo l’infanzia a dimenticare ciò che a due anni e mezzo sapevamo benissimo. E il resto della vita a cercare di ricordarcelo.

da - http://www.lastampa.it/2013/06/20/cultura/opinioni/buongiorno/ciao-ciao-signore-xGD5DqbFrUlz1bg0e2YWNN/pagina.html
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« Risposta #471 inserito:: Giugno 22, 2013, 05:47:31 pm »

Buongiorno
21/06/2013

In memoria di sé

Massimo Gramellini

Il mondo si dimenticherà di me, le mie invenzioni non mi sopravvivranno. Così diceva Steve Jobs in un video inedito del 1994 che da ieri ronza su telefonini e computer di mezzo mondo, in buona parte ideati da lui. Jobs aveva dunque torto a sottostimarsi. Ma non sarebbe mai diventato Jobs se non avesse avuto quel tarlo: il desiderio di diventare immortale attraverso le sue opere. Prima di prenderlo per un fanatico pieno di sé, provate a rifletterci. L’immortalità è una pulsione comune a tutti gli esseri umani quando creano: un figlio, un progetto, una cosa che non c’era. Si tratta di un sentimento naturale. Innaturale, semmai, è averlo irriso o addirittura rimosso. Ho il sospetto che alla base della nostra infelicità di fondo, di questo malcontento cronico che ci fa uscire di casa ogni mattina con la maschera della rabbia e dell’impotenza dipinta sul volto, non ci siano solo le mille cose pratiche che non vanno, ma anche un vuoto interiore: la mancanza di una certa idea di noi stessi come esseri unici e irripetibili che nel loro piccolo possono cambiare un po’ il mondo. Magari meno di Steve Jobs, ma ciascuno nel suo orticello, scovando e liberando il proprio talento, che quasi mai coincide con quello che ci viene indicato o imposto dagli altri. 

Chiamatemi illuso. Eppure se ogni persona, nella vita privata e in quella pubblica, pensasse di poter davvero lasciare un segno indelebile del suo passaggio, forse al mondo ci sarebbero meno corruzione, meno miseria, meno squallore. Le decadenze sono sempre frutto della sfiducia, di un cinismo che abdica alle ragioni più profonde del nostro esserci: qui, adesso, per fare - nonostante tutto - qualcosa. 

 da - http://lastampa.it/2013/06/21/cultura/opinioni/buongiorno/in-memoria-di-s-guc7k07prSvNKcLqRlXfvI/pagina.html
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« Risposta #472 inserito:: Giugno 26, 2013, 12:17:42 am »

Buongiorno
25/06/2013

Io Ruby, tu Idem

Massimo Gramellini


La ministra Idem si è dimessa: non sopportava di restare in un governo sostenuto da Berlusconi. A parte gli scherzi, fino a pochi anni fa una doppia mazzata come quella di ieri avrebbe creato sconquassi umorali nel Paese. Il politico italiano più conosciuto nel mondo condannato a sette anni e interdetto dai pubblici uffici per reati odiosissimi.

 

Una ministra della Repubblica costretta ad andarsene a casa (pardon, in palestra) per avere evaso le imposte sugli immobili. E invece, se si escludono i giornalisti, i politici e le tifoserie strette, l’impressione è che ormai questi eventi scivolino addosso agli italiani senza lasciare altra impronta che un sospiro di fastidio misto ad assuefazione. L’assillo economico ha scompaginato le priorità, persino quelle dell’ira. Chi non dorme la notte per un mutuo da pagare o un figlio da occupare non riesce a eccitarsi per delle partite di giustizia e potere che si dipanano in un altrove da cui non pensa di poter trarre benefici concreti.

 

Le crisi economiche spolpano la democrazia perché riducono drasticamente l’interesse dei cittadini per la cosa pubblica. Il vero confine, oggi, non è più fra chi sta con i magistrati e chi no, ma fra chi crede ancora nel futuro e chi no. Per rimanere in ambito femminile, Ruby e Idem turbano i sonni degli italiani molto meno di Iva. Esiste solo una donna che potrebbe svegliarci da questo incubo e si chiama Speranza. Ma per ora rimane lì, muta. In attesa che la politica posi i codici dei penalisti e le calcolatrici degli economisti per darle finalmente la parola.


da - http://www.lastampa.it/2013/06/25/cultura/opinioni/buongiorno/io-ruby-tu-idem-WHD8uwoR3UqkRvdui0adgJ/pagina.html
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« Risposta #473 inserito:: Giugno 28, 2013, 06:32:48 pm »

Buongiorno
28/06/2013

Beata ingenuità

Massimo Gramellini

«Ciao, la lettera sul pizzaiolo costretto a scegliere fra posto fisso e diploma di maturità (pubblicata da alcuni giornali e da cui è stato tratto il Buongiorno di ieri, ndr) non è stata una professoressa a scriverla. E’ opera della nostra agenzia. Abbiamo confezionato una storia da dare in pasto ai media, creato un indirizzo di posta ad hoc e inviato la mail ai tre principali quotidiani italiani con preghiera di non pubblicare il nome dell’autrice. Era l’unico modo per sollevare una riflessione sull’assenza di politiche economiche del governo. Sono certa che Gramellini saprà cogliere il senso di questa operazione che non è pubblicitaria, ma è una denuncia della situazione in cui versano le microimprese come la nostra».

Chiara Ioele (Kook Artgency).

---

Ciao Chiara, sono Gramellini della Pirla Agency. Mi sono fidato di un’identità posticcia, che anche ieri mattina hai confermato con dovizia di particolari alla collega incaricata di intervistarti. Se nella lettera della falsa professoressa ci fossero stati riferimenti offensivi ad altre persone, avrei fatto controlli ulteriori. Invece ti ho creduto. Perché sollevavi un tema che mi sta a cuore: il divorzio, tutto italiano, fra lavoro e cultura. E perché la storia che raccontavi aveva il sapore della vita vera. Sono stato un ingenuo, ma se non mi fidassi - entro certi limiti - della buona fede di chi mi scrive, magari ci saremmo persi la storia di Gabriele Francesco - il neonato abbandonato sotto un traliccio - e quella di Pasquale, il pensionato a cui non aveva mai scritto nessuno. Continuerò a coltivare la mia ingenuità: fa comunque meno danni del cinismo. 

da - http://www.lastampa.it/2013/06/28/cultura/opinioni/buongiorno/beata-ingenuit-Y6tXpRIanJbtVmzEh2IoXP/pagina.html
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« Risposta #474 inserito:: Luglio 02, 2013, 04:45:13 pm »

Buongiorno
02/07/2013

Beau Geste

Massimo Gramellini

Il «New York Times» ha scoperto che gli italiani gesticolano, ma non il perché: proverò a svelarlo nell’ultima riga. Prima vorrei confutare un’affermazione contenuta nell’articolo: «Per gli italiani è così naturale gesticolare che faticano a credere che gli altri non lo facciano». Veramente non fatichiamo affatto, per la semplice ragione che gli altri - specie gli americani - gesticolano almeno quanto noi. Solo in modo più nevrotico. L’italiano modello Alberto Sordi compie gesti molli e rotondi: braccia spalancate a croce per esprimere rassegnazione, dita racchiuse a monticello e agitate morbidamente per manifestare una spontanea sfiducia nel prossimo («Ma che stai addì?»). 

Il gesticolare americano è invece rigido, militaresco. Trasuda assertività e procede a scatti in un turbinare di «okay» e di pollicioni svettanti come obelischi a pochi centimetri dal naso dell’interlocutore. Purtroppo da qualche tempo i gesticolatori d’oltreoceano hanno inventato una mossa terrificante: le virgolette. Quando intendono caricare qualche parola di un significato metaforico, sollevano indice e medio di entrambe le mani e graffiano l’aria per significare che stanno virgolettando il discorso. Come tutte le mode orrende, anche questa è dilagata in maniera incontrollabile e ormai ovunque si vedono persone che parlano «fra virgolette», agitando i moncherini in faccia al prossimo. A noi nostalgici del bel gesto andato, non resta che rispondere rispolverando la tradizione autoctona: racchiudere le dita a monticello e agitarle morbidamente. 

P.S. Dimenticavo: gli italiani parlano a gesti per non farsi intercettare dalle cimici degli americani.

da - http://lastampa.it/2013/07/02/cultura/opinioni/buongiorno/beau-geste-umIRAfnxRyADldFr02EMzK/pagina.html
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« Risposta #475 inserito:: Luglio 04, 2013, 12:03:25 am »

Buongiorno
03/07/2013

Ufficio Sfoghi

Massimo Gramellini


Lo relegheranno a caso di ordinaria follia. Un vigile urbano avanti con gli anni che viene accusato di timbrare il cartellino anche per i colleghi. Il processo, la condanna, la destituzione dall’incarico. E intanto il virus nazionale del vittimismo che gli monta dentro, fino a catalizzarsi intorno a un bersaglio in carne e ossa: la sindaca di un paese del Varesotto, teatro di tutta vicenda. Per trasformarla in tragedia manca l’ultimo requisito: il porto d’armi che consente a quest’uomo di mantenere un arsenale di carabine e fucili a pompa. Giuseppe Pegoraro si presenta in Comune, spara al primo cittadino, ferisce anche il secondo, e quando viene infine messo nelle condizioni di non nuocere, le sue prime parole sono quelle di un giustiziere della notte cresciuto a rancore e telefilm: «Adesso ho regolato i miei conti». 

Ordinaria follia. E però quanti Pegoraro, per fortuna senza porto d’armi, solcano ogni giorno le strade del nostro scontento? Quanta rabbia intrisa di mania di persecuzione, alla ricerca spasmodica di un capro espiatorio da sacrificare sull’altare di un regolamento di conti scambiato per giustizia? L’essere umano funziona così da quando frequenta il mondo. A non funzionare più è la comunità che un tempo assorbiva un po’ di questo disagio. Il prete, il medico condotto, il circolo comunista, la famiglia patriarcale. Non facevano miracoli, ma erano camere di decompressione, sfogatoi legalizzati in cui scaricare malumori e risentimenti prima che montassero fino all’impazzimento. Oggi gli sfogatoi sono i social network, ma senza contatto fisico la solitudine fa in fretta a diventare malattia. 

da - http://www.lastampa.it/2013/07/03/cultura/opinioni/buongiorno/ufficio-sfoghi-oeEq4qO6OjJv6X8m2qK5PL/pagina.html
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« Risposta #476 inserito:: Luglio 06, 2013, 07:48:19 pm »

Buongiorno
05/07/2013

Ladri di biciclette

Massimo Gramellini


Sabato scorso un ciclista parcheggia la sua bici da tremila euro sulla punta del molo di un porticciolo di Agrigento per andarsi a fare un giro in barca. Al ritorno dalla gita il ciclista scopre che la bicicletta è stata rubata e, senza troppe speranze, sporge denuncia all’autorità competente. Invece, nonostante siano sotto organico e oberate da ogni genere di reati, le forze dell’ordine trovano il tempo di visionare insieme con il derubato le immagini dell’impianto di videosorveglianza, smascherano il ladro in men che non si dica e recuperano la superaccessoriata refurtiva.

Sempre sabato scorso un ciclista parcheggia la sua bici da duecento euro intorno al palo che fronteggia un bar di Pavia per andarsi a fare un giro in centro. Al ritorno dalla passeggiata il ciclista scopre che la bicicletta è stata rubata e, senza troppe speranze, sporge denuncia all’autorità competente. Purtroppo, poiché sono sotto organico e oberate da ogni genere di reati, le forze dell’ordine non trovano il tempo di visionare le immagini dell’impianto di videosorveglianza, che dopo una settimana (domani) verranno inesorabilmente cancellate, rendendo impossibile lo smascheramento del ladro e il recupero della sottoaccessoriata refurtiva.

Dagli scarni indizi sopra esposti, vi sfido a scoprire quale dei due ciclisti derubati sia il signor Angelino Alfano, ministro degli Interni, e quale la signora Tina Bianco, lettrice de La Stampa.

da - http://lastampa.it/2013/07/05/cultura/opinioni/buongiorno/ladri-di-biciclette-pp43jDBMDdhvDl2S0ebf6K/pagina.html
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« Risposta #477 inserito:: Luglio 06, 2013, 07:52:42 pm »

Buongiorno
06/07/2013

Spirito Tanto

Massimo Gramellini


Ci si abitua a tutto, soprattutto all’incredibile, e con i guai in corso qualsiasi argomento che esuli dal tema Pane & Companatico rischia di essere scambiato per un diversivo. Però. Ieri in tv ho visto con i miei occhi due sant’uomini vestiti uguali che si baciavano due volte sulle guance, si accomodavano fianco a fianco su due sedie e firmavano in due un’enciclica che esalta l’amore di coppia, mentre veniva ufficializzata la notizia che nei prossimi mesi due loro predecessori saranno proclamati santi in contemporanea. 

Qualche democristiano ostile a Renzi interpreterà questa insistenza sul numero 2 come una smentita ad altissimi livelli dello Statuto del Pd che unifica i ruoli di segretario e candidato premier. Ma forse il messaggio della Diade intende parlare anche a noi poveri peccatori, alle nostre doppie vite mai completamente risolte in una superiore unità. Certo che a volere continuare il gioco c’è da restare sbalorditi. I due sant’uomini vestiti uguali, Benedetto e Francesco, abitano entrambi in Vaticano dal giorno di maggio in cui Benedetto vi ha fatto ritorno, e quel giorno era il 2. Francesco ha due residenze: una in cui vive e dice Messa, l’altra in cui si trasferisce la domenica per recitare l’Angelus. L’altro ieri, poi, si era dimesso il vertice dello Ior, direttore e vicedirettore: in coppia. L’importante è non farsi prendere la mano (o le mani, visto che sono due). Davanti alle immagini a specchio dei due Papi, un commentatore televisivo ha detto rapito: «Lo Spirito Santo si è espresso due volte». Anche Lui? C’è già abbastanza doppiezza in questo mondo: almeno lo Spirito rimanga uno solo. 

da - http://lastampa.it/2013/07/06/cultura/opinioni/buongiorno/spirito-tanto-dE6P3PxAciMpCPXOyHuDlL/pagina.html
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« Risposta #478 inserito:: Luglio 09, 2013, 05:18:35 pm »

Buongiorno
09/07/2013

Tra movida e mortorio

Massimo Gramellini

Durante il fine settimana, in una cittadona del Nordovest, un uomo si è accasciato davanti a un locale notturno con la testa spaccata da una bottiglia. Il proprietario del locale ha abbassato le serrande, affidando a un cartello la sua rabbia impotente. Così è ripartita la disfida fra movida e mortorio, fra chi pensa che la presenza in strada di migliaia di persone sia un segno di vitalità e persino di sicurezza, e chi invece preferirebbe una piazza deserta e illuminata male a una popolata da cocainomani e ubriachi, specie se in quella piazza ha la sventura di abitarci con figli piccoli o genitori anziani. 

Avendo condiviso da inquilino dieci anni di vita romana coi nottambuli di Trastevere, ho una certa esperienza di marciapiedi macchiati di vomito e notti trascorse a leggere Simenon mentre sotto la mia finestra si svolgevano gare di peti e raid citofonici. Esaurita la scorta dei Simenon, dovetti rifugiarmi in un quartiere meno divertente. Fin da allora ho maturato la convinzione che per abitare in centro senza prendere l’esaurimento occorra munire la propria abitazione di rotelle, così da spostarla altrove durante il weekend. Purtroppo le fondamenta profonde che caratterizzano le case dei quartieri storici rendono problematica la loro trasformazione in roulotte. Ci sarebbe una soluzione di scorta: che gli assessori concedessero una licenza - non dieci – per ogni isolato, in modo da spandere i locali della movida su una superficie più ampia anziché concentrarli in poche strade. Cento umani per metro quadrato fanno statisticamente meno danni di mille. Ma la politica arruffona e arraffona riesce a farne ancora di più.

da - http://lastampa.it/2013/07/09/cultura/opinioni/buongiorno/tra-movida-e-mortorio-PQhkFFtDC16oJ79H8OUtMJ/pagina.html
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« Risposta #479 inserito:: Luglio 13, 2013, 10:39:23 am »

Buongiorno
13/07/2013

Il cappio espiatorio

Massimo Gramellini

Riunito in seduta permanente dai tempi del tiramolla indiano sui marò, l’Ufficio Figuracce Internazionali (UFI) sta affrontando in queste ore il delicato caso del ratto delle kazake. Il problema, naturalmente, non è riportare indietro la moglie del dissidente che l’Italia ha consegnato, insieme con la figlia, al dittatore dello Stato poco libero del Kazakistan, trattandole come clandestine. Il problema è decidere a chi darne la colpa. Dai primi accertamenti dell’UFI - citiamo il comunicato ufficiale - «è emerso che l’esistenza e l’andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate né al presidente del consiglio, né al ministro dell’interno e neanche al ministro degli esteri o della giustizia». Il comunicato non accenna al ministro dei trasporti (le due espulse hanno viaggiato in aereo) né a quello dell’agricoltura (il Kazakistan ha un’importante tradizione di pastorizia), ma anche da una lista così scarna si deduce che non un solo fondoschiena governativo è rimasto allo scoperto. 

Escludendo l’ex ministro all’edilizia inconsapevole Scajola e il comandante scogliocentrico Schettino, e considerando momentaneamente esaurite le parentele egizie, l’elenco dei capri espiatori di routine comincia a scarseggiare. Restano i giudici che hanno esaminato la pratica e il funzionario dell’ufficio immigrazione che ha visionato i passaporti. Ma non sottovaluterei l’addetto ai bagagli («non poteva non sapere») e la hostess addetta alle salviette. L’importante è che il capro salti fuori al più presto, affinché intorno al suo collo si possa stringere il cappio mediatico che metterà in salvo tutti gli altri. Lunga vita al Kazakitalistan.

da - http://lastampa.it/2013/07/13/cultura/opinioni/buongiorno/il-cappio-espiatorio-J9zFweG2psahk47d0RqI4H/pagina.html
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