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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331978 volte)
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« Risposta #435 inserito:: Aprile 04, 2013, 11:45:34 pm »

Buongiorno
04/04/2013

Innocenti evasioni

Jerome Cahuzac

Massimo Gramellini


Ah, la doppiezza umana. Questa foto ritrae l’allora ministro del Bilancio francese Jerome Cahuzac durante la memorabile conferenza stampa del novembre scorso in cui si scagliò contro gli evasori fiscali. Il ministro li definì traditori della Patria, ingannatori del popolo, disertori sociali. Gonfiò le vene del collo fino a trasformarle in mongolfiere di moralità. Puntò indici implacabili verso un luogo imprecisato dello spazio dove gli immondi individui perpetravano i loro loschi traffici a spese dei contribuenti onesti. Intanto, proprio in quei giorni, dava disposizioni per spostare il suo conto in nero dalla Svizzera a Singapore.

Lo dico senza retorica e senza malanimo: ma come fanno? Come fanno a tuonare contro gli evasori evadendo, a predicare la fedeltà coniugale imbastendo doppie vite, a lesinare dieci euro di aumento ai sottoposti in nome della crisi mettendosene centomila in tasca come «benefit». E soprattutto a non farsi cogliere in fallo quasi mai (per un Cahuzac che cade, altri novantanove continuano a combattere impavidi), mentre l’unica volta che io sono salito sul motorino senza casco, dopo avere scritto un corsivo indignato contro i pirati della strada, ho incontrato un vigile all’incrocio?

da - http://lastampa.it/2013/04/04/cultura/opinioni/buongiorno/innocenti-evasioni-0HXIf7yhPDckpZVzbApBrM/pagina.html
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« Risposta #436 inserito:: Aprile 05, 2013, 06:11:47 pm »

Buongiorno
05/04/2013

Ufficio Sceneggiature

Massimo Gramellini


Ci mancava la Ruby che arringa i cronisti sulle scale del tribunale di Milano, ridotte a set plumbeo delle miserie italiane. Legge un testo forbito, palesemente scritto da altri. E pare di vederlo, l’Ufficio Sceneggiature, al lavoro in un salotto di Arcore oppresso dai quadri con la targhetta del prezzo infilata nella cornice. «

 

Oggi chi mandiamo a fare la vittima sotto il palazzo di Giustizia, avvocato?». «La bionda e la bruna». «Ma non ci sono già state il mese scorso con gli altri dipendenti parlamentari?». «Ha ragione, ragioniere. E se ci spedissimo Ruby? E’ tornata dal Messico apposta». 

 

«Ma chi glielo scrive il copione?». «C’è quello che gli autori di Forum avevano buttato giù per Lavitola. Senta qua: “L’atteggiamento apparentemente amichevole dei magistrati si è trasformato in una tortura psicologica. Mi sento vittima di uno stile investigativo fatto di promesse mai mantenute e domande incessanti sulla mia intimità”». «Non sarà troppo tecnico? Con tutto il rispetto, avvocato, ma è la nipote di Mubarak, mica di Grisham». «Si fidi, ragioniere, la gente è ubriaca di balle. Le beve a garganella. Anzi, sa cosa faccio? Ci aggiungo un moto di sdegno, che la Ruby mi reciterà col broncetto: “Trovo sconcertante e ingiusto che nessun giudice voglia ascoltarmi!”». «Ma se l’hanno convocata due volte e lei non si è mai schiodata dal Messico!». «Ussignur, che temperamatite! Chi vuole che se lo ricordi più! La memoria è stata cancellata per decreto, insieme col falso in bilancio. Su, chiamatemi Ruby per il trucco e parrucco, che fra due ore si va in onda».

da - http://lastampa.it/2013/04/05/cultura/opinioni/buongiorno/ufficio-sceneggiature-rUmc90DvYcmmYbx3EbYRMO/pagina.html
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« Risposta #437 inserito:: Aprile 09, 2013, 05:45:55 pm »

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09/04/2013

L’avvenire è un dinosauro

Massimo Gramellini


Dopo avere dato una rapida scorsa alla lista delle quarantasette notizie terrificanti di giornata, avrei deciso di aggrapparmi alla quarantottesima per respirare un po’ di speranza. All’aeroporto torinese di Caselle stanno montando un dinosauro nell’atrio. Niente paura: non morde e non è stato rubato come lo Chagall ritrovato a casa dell’incolpevole Bettega (la quarantanovesima notizia su cui noi granata, lo ammetto, stiamo maliziosamente sghignazzando da ore). 

Il simpatico dinosauro, coetaneo di Berlusconi e Bersani, è alto quattro metri e lungo quattordici, e rappresenta una delle attrazioni storiche del Museo Regionale di Scienze. Cosa ci fa nell’atrio di un aeroporto? Il testimonial pubblicitario. A costo zero, caratteristica non frequentissima fra i testimonial pubblicitari. Il nuovo museo è stato appena inaugurato, ma non ha soldi per raccontarsi al mondo. Così ha trasferito il suo bestione in un luogo dove ogni anno transitano tre milioni di visitatori potenziali. Dopo aver sentito il padrino dell’iniziativa, l’assessore regionale alla Cultura Michele Coppola, mi sento di tranquillizzare i torinesi: esaurito il suo compito, il dinosauro non prenderà un aereo per emigrare altrove. Dopo la telefonia, la moda, la televisione, ma l’elenco è allungabile a piacere, Torino non perderà anche il suo residente più anziano. Il nostro amico tornerà invece al secondo piano del museo e la notte ai compagni di sala racconterà una storia a lieto fine, la cui morale è più o meno questa: talvolta le buone idee sono gratis e la penuria aguzza sempre l’ingegno.

da - http://lastampa.it/2013/04/09/cultura/opinioni/buongiorno/l-avvenire-e-un-dinosauro-TjMaDMWfqkOTuWmWZM4VzM/pagina.html
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« Risposta #438 inserito:: Aprile 10, 2013, 06:44:34 pm »

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10/04/2013


A posta cieca

Massimo Gramellini


Gianpaolo è un grande brav’uomo con due figli, una moglie, un mutuo, una passione sconsiderata per il Toro. Da oltre vent’anni si alza alle cinque del mattino per andare a lavorare a «La Stampa». Uno dei suoi compiti è lo smistamento della posta. Ieri, arrivando al giornale, l’ho trovato nell’atrio con una pila di buste in grembo. Avevo lasciato a casa il badge e Gianpaolo si è offerto di aprirmi la porta della redazione con il suo, ma per farlo ha dovuto spostare la piramide di pacchetti su una mano sola. Operazione non facile, che ha eseguito con perizia da habitué, mentre mi intratteneva su temi delicatissimi come il contratto in scadenza del capitano granata. Quando ha finalmente appoggiato le buste, una in particolare ha attirato la sua attenzione. Era senza mittente, con i francobolli privi di timbro e i bordi parzialmente scollati. Rivelando un discreto sesto senso e un coraggio temerario, Gianpaolo ha preso una penna e ha aperto la busta un pezzetto alla volta. Conteneva un disco a cui erano appesi dei fili. Il resto è stato affare degli artificieri. Il disco non è scoppiato per puro miracolo: custodiva 48 grammi di polvere pirica, quanti ne sarebbero bastati per fargli perdere un occhio o una mano.

Viviamo tempi di rancori accumulati e poi sparati alla cieca verso obiettivi indefiniti o simbolici. Perciò vorrei chiarire una cosa che sembrerebbe ovvia, ma evidentemente non lo è: se il pacco bomba fosse esploso, non avrebbe colpito il Sistema o la Casta. Avrebbe colpito Gianpaolo, un grande brav’uomo con due figli, una moglie e un mutuo, che da oltre vent’anni si alza alle cinque del mattino per andare a lavorare. 

da - http://www.lastampa.it/2013/04/10/cultura/opinioni/buongiorno/a-posta-cieca-yO3gyZ4JPcXuXb7W6R1MnL/pagina.html
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« Risposta #439 inserito:: Aprile 11, 2013, 11:48:20 am »

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11/04/2013

Liberi tutti

Massimo Gramellini


La Ztl, zona a traffico limitato, ha turbato i sonni dei commercianti di mezzo mondo. Ma in nessun luogo del pianeta aveva provocato le reazioni che si sono viste ieri a Napoli. Petardi e bombe carta sotto il Municipio. Cartelli contro il sindaco De Magistris, già osannato come libertador e ora schifato come munnezza. Serrande dei negozi abbassate ovunque e tizi dall’aspetto poco raccomandabile che si aggirano per controllare che nessuno le rialzi. Sparuti crumiri esposti al grido di «Scemo scemo». Bar saccheggiati da masse urlanti «Libertà!». Turisti costretti a scendere dai pullman delle vacanze con negli occhi la promessa di non tornare più. Lacrimogeni sul lungomare della Coppa America. Commercianti in preghiera nella cattedrale «per chiedere a Dio la grazia di illuminare il sindaco». E in strada una scia salmodiante e interclassista di negozianti, pescatori, tassisti, camorristi, precari, sfollati, centri sociali, ultrà del calcio, politici populisti e agitatori professionali.

Indignarsi non è sbagliato. È inutile. Per motivi che è altrettanto inutile ricordare, a Napoli le regole creano ansia. Forse sarebbe meglio eliminarle del tutto. Consentire alla città di esprimersi secondo il suo estro. Si aboliscano dunque le Ztl e i semafori, i passaggi a livello e le corsie preferenziali (così chiamate, mi spiegò un tassista, perché «di preferenza» ci passano loro), i sensi unici e quelli vietati, il sindaco e il prefetto, la polizia e i vigili urbani. Un caos senza freni troverà da solo quel supremo equilibrio che nessun tentativo di mettere un freno al caos potrà mai ottenere. 

 da - http://lastampa.it/2013/04/11/cultura/opinioni/buongiorno/liberi-tutti-OlGgmYizTqtw1GQDMXOB3H/pagina.html
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« Risposta #440 inserito:: Aprile 14, 2013, 07:30:05 pm »

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12/04/2013

Maledetti, mi amerete

Massimo Gramellini

C’era una volta, in una scuola pericolante, un bambino spigliato e ambizioso con un problema: era adorato dai compagni delle altre classi, ma detestato da quelli della sua. Gli tiravano i capelli, gli pestavano i piedi e appena si girava gli facevano lo sgambetto. «Vattene!», gridavano. «Tu non sei come noi. Hai gusti troppo diversi. A noi piace giocare a scannarci l’un l’altro, però tutti insieme, fingendo di essere amici. Tu invece vuoi sempre fare giochi nuovi e non ti metti mai in fila». Per tutta risposta il bimbo si candidò capoclasse, chiedendo all’intero istituto di votare per lui. E forse sarebbe accaduto davvero, se una bambina vecchissima, la sindacalista della classe, non avesse bloccato le porte dell’aula all’ultimo momento. Il bimbo fu sconfitto, ma rimase seduto al suo posto, tranquillo. Beh, più o meno: usciva di continuo in corridoio a prendersi gli applausi delle altre sezioni. Ma poi tornava sempre nella sua. 

Un giorno alcuni compagni riuscirono a farlo inciampare dalle scale. Con le ginocchia sbucciate, il bambino venne convocato in presidenza: «Ho deciso di spostarti in terza D», esordì severo il preside. «Lì tutti ti amano e ti eleggeranno primo della classe per acclamazione». Il bambino pestò i piedi. «Non voglio lasciare la mia aula, io sono un alunno della terza C!». «Ma quelli della C ti odiano!» disse l’anziano professore in tono ultimativo. Il bambino estrasse un sorriso duro: «E’ proprio per questo che mi piacciono. Vedrà, signor preside, io li cambierò». Il preside gli diede un buffetto. «Non ho ancora capito se mi fai tenerezza o paura. Comunque per oggi torna a posto, Matteo».

DA - http://lastampa.it/2013/04/12/cultura/opinioni/buongiorno/maledetti-mi-amerete-APllrdZhVWjZqE9O1RUuHO/pagina.html
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« Risposta #441 inserito:: Aprile 16, 2013, 02:58:44 pm »

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16/04/2013

D’Alì a qui

Massimo Gramellini


In politica è cambiato tutto, infatti a rappresentare l’Italia nell’Assemblea parlamentare euro-mediterranea (Apem) sarà ancora il senatore berlusconiano Antonio D’Alì, accusato di relazioni pericolose con il padrino della mafia Matteo Messina Denaro in un processo dove l’associazione Libera di don Ciotti si è costituita parte civile. 

 

Dopo avere recitato il mantra del garantista - ogni imputato è innocente fino a sentenza definitiva, anzi fino al giudizio supremo davanti al Padre Celeste e all’arcangelo Ghedini - uno viene assalito da una comitiva di cattivi pensieri. Si pensava che i partiti rinnovati e ringiovaniti dal lavacro elettorale, dovendo proprio mandare un senatore italiano in giro per il mondo, lo scegliessero fra i non imputati per mafia. Si pensava che un presidente del Senato già procuratore antimafia come Piero Grasso avesse, se non il potere, il pedigree per respingere al mittente una nomina imbarazzante, o almeno per denunciarne in pubblico l’inopportunità. 

 

Si pensava che i senatori del partito democratico, sempre così sensibili alle buone cause, avessero qualcosa da ridire sulla vicenda e non si lasciassero prosciugare la voce dalla ragion di Stato spartitoria (a fare coppia con D’Alì nell’assemblea euro-mediterranea sarà un democratico eletto alla Camera). E si pensava che a strillare contro la scelta di D’Alì e l’inciucio con il Piddì fossero i Cinquestelle, che appunto per quello erano stati mandati lì. Invece tutto tace, qui. Così non si sa più cosa pensare. 

da - http://lastampa.it/2013/04/16/cultura/opinioni/buongiorno/d-ali-a-qui-mrCm6JqIaVSU0M9gt5BHwK/pagina.html
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« Risposta #442 inserito:: Aprile 17, 2013, 11:49:28 am »

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17/04/2013

Ma serve un pastore d’anime

Massimo Gramellini


Un cardinale di Curia o un pastore d’anime? A differenza dei porporati che hanno incoronato papa Francesco, i politici di Pd e Pdl intenti a ordire la tela del Conclave presidenziale sembrano rifiutarsi di cogliere la richiesta di uno strappo alle consuetudini che arriva dalla stragrande maggioranza dei cittadini. 

 

Da settant’anni la prassi è di spedire sul Colle un personaggio dell’establishment che nel corso della sua carriera abbia collezionato il minore numero di nemici possibile. In virtù della carica, il prescelto entra in contatto col popolo e con il tempo si trasforma da notabile elitario in padre della Patria. Ora però si avverte l’urgenza di uno scarto, di incoronare un Presidente che sia da subito in sintonia con la pancia e il cuore di questo Paese economicamente e psicologicamente allo stremo. 

 

La scelta, prima ancora che politica, dovrebbe essere caratteriale. Il prossimo Capo dello Stato erediterà da Napolitano, che a sua volta l’aveva ereditata da Ciampi, l’ultima trincea istituzionale rispettata dagli italiani. L’elezione di una personalità percepita come esponente algido della Casta sarebbe masochista, perché romperebbe il filo esilissimo che attraverso il Quirinale tiene ancora l’Italia collegata al Palazzo. Saltato quel filo, colerebbe a picco tutto. 

 

Pur di scongiurare la catastrofe, c’è chi propone di puntare su una figura completamente estranea a quei salotti romani dove politici e grand commis si incontrano di continuo per riconoscersi a vicenda l’appartenenza a una classe privilegiata. Non un Forrest Gump, ma uno che nella vita si sia realizzato per meriti propri e in ambiti diversi dalla frequentazione degli amici degli amici. Eppure sarebbe una soluzione ingenua e troppo rischiosa. La Presidenza della Repubblica non è un premio Nobel o un Oscar alla carriera. E’ un incarico che richiede senso e pratica delle istituzioni. 

 

Prendiamo la bravissima giornalista Milena Gabanelli, che gli iscritti del movimento di Grillo hanno incoronato nelle consultazioni sul web. Chi non si sentirebbe rappresentato da una donna così tenace, capace e di buonsenso? Affiora però il dubbio legittimo che possa transitare di colpo dalla sala montaggio di Report al comando delle Forze Armate e alla presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura. Per quanto la classe dirigente abbia dato pessime prove di sé, conoscere i meccanismi dell’amministrazione dello Stato rimane un requisito necessario per un Paese che non voglia trasformarsi in un set sperimentale. In fondo anche Francesco non è stato scelto fra le guardie svizzere, ma all’interno del collegio cardinalizio.

 

La sfida è trovare un Papa che venga idealmente dalla fine del mondo. Un uomo o una donna che, pur frequentando la Casta per dovere di ufficio, non ne sia stato contaminato nei comportamenti e nelle idee. Ciascun lettore gli impresti la faccia che vuole, ma il/la Presidente che oggi serve all’Italia deve avere come primo requisito una umanità profonda. Serve qualcuno che, pur essendo «uno di loro», sia fin dal primo giorno «uno di noi». 

da - http://lastampa.it/2013/04/17/cultura/opinioni/buongiorno/ma-serve-un-pastore-d-anime-SZDeRgWYx05QL972sZLjCO/pagina.html
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« Risposta #443 inserito:: Aprile 18, 2013, 06:22:57 pm »

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18/04/2013

Uomini e simboli

Massimo Gramellini


«Buongiorno, sono un vigile e lavoro a Torino. Lavoro in moto. Venerdì percorrevo una strada nei dintorni del municipio quando dieci anarchici mi sono sbucati davanti, a volto coperto e armati di bastoni. Ci siamo guardati per un tempo che a me è sembrato lunghissimo. Non so dirle perché, non provavo panico. Paura sì, ma non panico. Avrebbero potuto assalirmi con facilità mentre tentavo di spostare la moto. Invece urlavano, gesticolavano, ma stavano fermi. Quando sono riuscito a ripartire nella direzione opposta hanno cominciato a correre, ma era troppo tardi per raggiungermi, mi hanno tirato solo un paio di sassi che non hanno causato danni. 

«Esiste un flebile muro che separa, per fortuna, l’intenzione della violenza dall’attuazione della stessa. Un muro di cultura, di istinto, non saprei, forse di pietà. La mia calma ha forse ricordato al cervello di quelle persone che non erano di fronte a uno gnu impazzito dalla paura, ma a un uomo che cercava di uscire razionalmente da una situazione pericolosa. Ripensandoci, avrei voluto scendere dalla moto e avvicinarmi amichevolmente, mostrando alla loro rabbia che dentro la divisa c’era una persona come loro, non molto più vecchia di loro. Vent’anni fa ero anch’io tra quelli che manifestavano ed erano arrabbiati, anzi, lo sono ancora e ancora manifesto, se serve, ma l’opzione della violenza vigliacca non l’ho mai presa in considerazione. Ringrazio i miei genitori, che mi hanno insegnato a vedere le persone dietro i simboli. A pensare che su entrambi i lati della barricata c’è qualche papà che, come me, si preoccupa per il futuro del suo bimbo e non vede l’ora di rivederlo».

da - http://lastampa.it/2013/04/18/cultura/opinioni/buongiorno/uomini-e-simboli-2glBzQ9UcIdRiFrp1h9dsI/pagina.html
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« Risposta #444 inserito:: Aprile 27, 2013, 05:02:34 pm »

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26/04/2013

La minestra e il Filadelfia

Massimo Gramellini


«Non trova indecente che, con tanti torinesi senza un piatto di minestra, la città tiri fuori dei soldi per un altro stadio?». Mara, pensionata.

 

Di pancia il suo sfogo non fa una grinza. Però la invito a usare la testa e magari anche il cuore. Lo stadio a cui allude si chiama Filadelfia e vi giocò, senza mai perdere, il Grande Torino. Da quando fu abbattuto, quindici anni fa, rappresenta uno dei tanti buchi neri del paesaggio italiano. In qualunque nazione rispettosa del proprio passato e artefice del proprio futuro, il Filadelfia sarebbe un punto di ritrovo per la comunità e un monumento capace di attrarre turisti della memoria. Potrei commuoverla con ricordi personali - la mano di papà che avvolge la mia mentre mi conduce all’interno del «tempio» e, trent’anni dopo, l’autista del carro funebre che fa percorrere a mio padre l’ultimo giro intorno al rudere in cui aveva trascorso le domeniche migliori della sua gioventù. Potrei insistere sulla scorrettezza dell’informazione che le è stata data: una parte dei fondi che il Comune investirà nella ricostruzione non sono della città, ma del Filadelfia e furono versati da un supermercato per poter edificare in zona. Invece preferisco azzardare un discorso che trascende il tifo e il Filadelfia. I soldi sono pochi, giusto usarli per le minestre. Ma se non vogliamo ridurci a un immenso centro di assistenza sociale, bisognerà pensare anche a creare lavoro. E in un mondo globale la sola chance di sopravvivenza che ci resta è investire nel nostro petrolio: natura, storia, memoria, cultura. Lei non ha idea di quanti piatti di minestra potrebbero riempire i mille Filadelfia d’Italia.

da - http://lastampa.it/2013/04/26/cultura/opinioni/buongiorno/la-minestra-e-il-filadelfia-mjt8en9IyatT09kRQ1B6EN/pagina.html
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« Risposta #445 inserito:: Aprile 27, 2013, 05:09:01 pm »

Buongiorno
27/04/2013

Precari e somari

Massimo Gramellini


«Ho 32 anni e un dottorato di ricerca in lingue straniere. Per sbarcare il lunario e pagare l’affitto dell’appartamento che condivido con il mio compagno ho accettato di dare lezioni private a un quattordicenne svogliato e apatico. Di fronte alla mia ennesima esortazione a cercare il significato di un verbo sul vocabolario di latino, il ragazzo si oppone perché “tanto è come dico io...” (in latino ha la media del 4). 

Cerco di spiegargli con calma che per migliorare è necessario uno sforzo maggiore - compreso quello di sfogliare le pagine del vocabolario - ma lui niente. Allora lo riprendo con maggiore enfasi, dicendogli che nello studio c’è bisogno anche di un po’ di umiltà. Diventa viola dalla rabbia, assume il tono della vittima e mi sbatte la porta di casa in faccia. Il giorno dopo ricevo un sms dalla madre del ragazzino (si faccia attenzione alla modalità di comunicazione scelta della signora). Afferma di avere constatato il turbamento del figlio a seguito delle mie ingiuste critiche. E mi spiega che il rimprovero non è un approccio corretto verso un ragazzo che andrebbe invece appassionato allo studio. In conclusione mi ha “licenziata”. Noi giovani disoccupati viviamo costantemente sotto ricatto: di un contratto a tempo, di un datore di lavoro che sfrutta la tua condizione precaria e perfino di un ragazzino viziato la cui pigrizia è alimentata da genitori che lo giustificano. Se fossi stata zitta e l’avessi assecondato, adesso avrei ancora quel lavoro. Malgrado questo, una parte di me si rallegra di avere ricevuto un’educazione diversa».

(Lettera firmata a Specchio dei tempi). 

da - http://lastampa.it/2013/04/27/cultura/opinioni/buongiorno/precari-e-somari-VeDpApv1lk1Xw2jPRR031J/pagina.html
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« Risposta #446 inserito:: Aprile 30, 2013, 04:43:29 pm »

BUONGIORNO
24/04/2013

Qualcosa tipo una liberazione

MASSIMO GRAMELLINI

Nell’esporre la sua netta contrarietà all’esecuzione di «Fischia il vento e infuria la bufera» durante le celebrazioni del 25 aprile, il commissario prefettizio di Alassio ha spiegato agli ultimi, stupefatti partigiani che la festa della Liberazione è apolitica. Non me ne voglia Sua Eccellenza, ma fatico a trovare una festa più politica dell’abbattimento di una dittatura. Politica in senso nobile e bello, al netto degli orrori reciproci che purtroppo fanno parte di ogni guerra civile. 
 
Oggi il modo più diffuso per commemorare la Liberazione consiste nel rimuoverla, annegandola in un mare di ignoranza. Un signore ha scritto scandalizzato dopo avere udito all’uscita da una scuola la seguente conversazione tra ragazzi: «La prof dice che giovedì non c’è lezione». «Vero, c’è qualcosa tipo… una liberazione». Ma anche i pochi che sanno ancora di che cosa si tratta preferiscono non diffondere troppo la voce «per non offendere i reduci di Salò», come si è premurato di precisare il commissario di Alassio. Una sensibilità meritoria, se non fosse che a furia di attutire il senso del 25 aprile si è finito per ribaltarlo, riducendo la Resistenza alla componente filosovietica e trasformando le ferocie partigiane che pure ci sono state nella prova che fra chi combatteva a fianco degli Alleati e chi stava con i nazisti non esisteva alcuna differenza. La differenza invece c’era, ed era appunto politica. Se avessero vinto i reduci di Salò saremmo diventati una colonia di Hitler. Avendo vinto i partigiani, siamo una democrazia. Nonostante tutto, a 68 anni di distanza, il secondo scenario mi sembra ancora preferibile. Grazie, partigiani. 

da - http://www.lastampa.it/2013/04/24/cultura/opinioni/buongiorno/qualcosa-tipo-una-liberazione-jSwdFGDUFU0zes6exbJjEM/pagina.html
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« Risposta #447 inserito:: Maggio 01, 2013, 11:08:14 pm »

Buongiorno
01/05/2013

Italia Duemilacredici

Massimo Gramellini

Laura ha 24 anni e scrive dal cantiere di un palazzo del Cinquecento dove presta gratis la sua opera di restauratrice, in attesa di un contratto che chissà quando arriverà. Il suo sogno era lavorare con la Maestra che firma il restauro. Ha scoperto una donna insensibile e una professionista approssimativa, abile solo nel conoscere la «gente giusta»: alla sua ombra spocchiosa faticano tecnici formidabili. Poi ci sono i muratori impegnati nella ristrutturazione del palazzo, in maggioranza non italiani. Ogni tanto si perdono nei gesti precisi di Laura: «Ma non fai prima a buttare quel pezzo e a rifarlo daccapo?». Lei spiega che si tratta di un reperto rinascimentale e i muratori arretrano di un passo, intimiditi dal peso della Storia. Un giorno uno di loro, un egiziano dal volto solenne, ha sgridato due colleghi albanesi: «Parlate italiano! Se qui ognuno usa la sua lingua, come facciamo a capirci?». E lì, dice Laura, «nella mente mi si è srotolato un mondo di pensieri: la torre di Babele e la nostra lingua che ci legava tutti in quella stanza, un cantiere multietnico che costruisce il nuovo sulla nostra storia, dove i padroni non si accorgono della competenza e dell’umanità di chi lavora per loro, delle tante piccole formiche che rimettono insieme i pezzi del passato e vedono nell’Italia un’occasione per vivere, la nazione più emozionante che il Mediterraneo abbia generato». 

Buon Primo Maggio, Laura, lavoratrice senza stipendio e sognatrice coi piedi saldamente appoggiati alle nuvole. Anche se il Primo Maggio tornerà a essere una festa soltanto quando saremo riusciti a dare certezze alle formiche di talento come te.

da - http://lastampa.it/2013/05/01/cultura/opinioni/buongiorno/italia-duemilacredici-vxZwwVm0vY4QuGrjrIXdiI/pagina.html
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« Risposta #448 inserito:: Maggio 02, 2013, 06:56:06 pm »

Buongiorno
30/04/2013

Le ragioni di Martina

Massimo Gramellini


Le ragioni dell’odio sono state analizzate a sufficienza. Mi sposterei dall’altra parte del campo, dove abitano le ragioni di Martina. Martina ha ventitré anni e soltanto tre mesi fa ha perso la madre. Si è licenziata per stare accanto al papà carabiniere, che nel tentativo di farle coraggio le diceva: «Siamo un piccolo esercito sgangherato, noi due, ma ce la faremo». Adesso l’esercito è diventato ancora più piccolo. L’esercito è lei, china sul padre intubato in ospedale che la guarda e muove le palpebre, cerca addirittura di parlarle, ma non può. Chissà se vivrà, chissà come vivrà. Le pallottole del pistolero di Palazzo Chigi gli hanno danneggiato il midollo spinale. 

Martina potrebbe inveire o perdonare, per i guardoni del dolore sarebbe la stessa cosa. A loro non interessa la qualità della reazione, ma la sua intensità: superficiale e isterica. Invece la figlia del carabiniere sceglie la strada più dura e più vera: accettare. Tutto, anche l’inaccettabile. «Se riesci a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante, e piegarti a ricostruirle con i tuoi arnesi ormai logori». La poesia di Kipling al figlio rivive nella voce gonfia di questa giovane adulta: «Ho perso un’altra volta il lavoro per seguire mio padre. Tutti i miei progetti sono di nuovo saltati. Pazienza. Si ricomincia. Si rifà un altro piano, un’altra speranza, altri obiettivi». Senza saperlo Martina ha dettato il programma di governo delle nostre vite per gli anni a venire. Le do di tutto cuore la mia fiducia. 

da - http://lastampa.it/2013/04/30/cultura/opinioni/buongiorno/una-figlia-di-nome-martina-vit13HiMnT2sK3v4oLK2vL/pagina.html
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« Risposta #449 inserito:: Maggio 03, 2013, 05:48:59 pm »

Buongiorno
03/05/2013

Meglio Catalano

Massimo Gramellini

Meglio innamorarsi di chi ti ama che di chi non ti vede proprio. Di più: meglio innamorarsi di una persona bella, intelligente e ricca che di un mostro cretino senza soldi. Così come è meglio, molto meglio, avere un lavoro ben pagato a tempo indeterminato e sognare la rivoluzione, piuttosto che averne uno precario sottopagato e dire ancora grazie. Meglio essere uno studente fuori corso e goderti la vita perché tanto prima o poi metterai la testa a posto, che avere la laurea e la testa a posto ma nessuna vita da godere in prospettiva. Meglio fare un mutuo per comprare la casa che vedersi rifiutare un mutuo per pagare la tassa sulla casa. Meglio mangiare poco perché fai la dieta che fare la dieta perché hai poco da mangiare. Meglio essere ricchi e sani che poveri e malati. Ma è comunque meglio essere poveri e malati con la mutua che esserlo senza un’assicurazione privata. Meglio essere allegri in mezzo agli amici che tristi e soli. Ma è meglio essere allegri da soli che tristi in mezzo agli amici, specie se gli amici fanno gli allegri perché hanno paura di restare soli. 

Secondo qualcuno, ma sono opinioni, è meglio essere governati negli anni Settanta dalla democrazia cristiana con i voti dei comunisti che quarant’anni dopo dalla democrazia cristiana con i voti dei comunisti più quello decisivo di Berlusconi. Mentre siamo tutti d’accordo che è meglio avere vent’anni e ascoltare in tv le massime di Catalano a «Quelli della notte» che averne cinquanta e ascoltare in tv che Catalano ha smesso per sempre di dirle. Meglio essere giovani e sorridere per un po’ di stupidaggini che scoprire di non esserlo più e commuoversi, sentendosi anche un po’ stupidi. 

da - http://lastampa.it/2013/05/03/cultura/opinioni/buongiorno/meglio-catalano-cA7aqWW4FwlX5eJ42yPckM/pagina.html
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