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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331899 volte)
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« Risposta #420 inserito:: Marzo 09, 2013, 12:10:13 am »

Buongiorno
08/03/2013

Il coraggio di cambiare

Massimo Gramellini

Mi ha scritto la collega perugina di Margherita Peccati e Daniela Crispolti, le due impiegate (una precaria) della Regione Umbria uccise senza pietà da quell’uomo fragile e disperato che le aveva erette a simbolo di un sistema. E’ una lettera meravigliosa perché sorprendente. Ti aspetti il dolore per le vittime e lo trovi. Ti aspetti la paura che possa succedere di nuovo e la trovi. Ma ti aspetteresti anche il lamento contro chi ha alimentato questo clima, additando la pubblica amministrazione come luogo di ogni nefandezza, e invece non lo trovi. 

 

Anziché crogiolarsi nel vittimismo, specialità nazionale, l’impiegata di Perugia scrive: «Se siamo percepiti come poco trasparenti, autoreferenziali e arroganti, forse dovremmo cercare di cambiare, prima che un’ondata di risentimento cieco e indistinto cambi noi, travolgendo tutto». Il cambiamento, e sono parole che andrebbero recitate a memoria come le tabelline, «non arriverà dall’alto e nemmeno un grilleggiante deus ex machina lo potrà attuare, se non sarà la pubblica amministrazione a volerlo, trovando il coraggio di riempire di contenuti quanto sbandiera ma non attua, a cominciare dalla meritocrazia. Dobbiamo smetterla di sentirci “altro” dalla gente, magari anche un po’ superiori, per poi offenderci appena ci chiamano privilegiati». 

 

Cara signora, taccio il suo nome per non esporla a ritorsioni, ma persone come lei meriterebbero la prima pagina tutti i giorni. In quest’epoca di licenziamenti continui, anche da se stessi, è consolante imbattersi ancora in qualcuno capace di un’assunzione. Di responsabilità.

da - http://lastampa.it/2013/03/08/cultura/opinioni/buongiorno/il-coraggio-di-cambiare-ZJfgWZTMsW5yUWXx3aKGzN/pagina.html
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« Risposta #421 inserito:: Marzo 10, 2013, 04:39:41 pm »

Buongiorno
08/03/2013

Il coraggio di cambiare

Massimo Gramellini


Mi ha scritto la collega perugina di Margherita Peccati e Daniela Crispolti, le due impiegate (una precaria) della Regione Umbria uccise senza pietà da quell’uomo fragile e disperato che le aveva erette a simbolo di un sistema. E’ una lettera meravigliosa perché sorprendente. Ti aspetti il dolore per le vittime e lo trovi. Ti aspetti la paura che possa succedere di nuovo e la trovi. Ma ti aspetteresti anche il lamento contro chi ha alimentato questo clima, additando la pubblica amministrazione come luogo di ogni nefandezza, e invece non lo trovi. 

 

Anziché crogiolarsi nel vittimismo, specialità nazionale, l’impiegata di Perugia scrive: «Se siamo percepiti come poco trasparenti, autoreferenziali e arroganti, forse dovremmo cercare di cambiare, prima che un’ondata di risentimento cieco e indistinto cambi noi, travolgendo tutto». Il cambiamento, e sono parole che andrebbero recitate a memoria come le tabelline, «non arriverà dall’alto e nemmeno un grilleggiante deus ex machina lo potrà attuare, se non sarà la pubblica amministrazione a volerlo, trovando il coraggio di riempire di contenuti quanto sbandiera ma non attua, a cominciare dalla meritocrazia. Dobbiamo smetterla di sentirci “altro” dalla gente, magari anche un po’ superiori, per poi offenderci appena ci chiamano privilegiati». 

 

Cara signora, taccio il suo nome per non esporla a ritorsioni, ma persone come lei meriterebbero la prima pagina tutti i giorni. In quest’epoca di licenziamenti continui, anche da se stessi, è consolante imbattersi ancora in qualcuno capace di un’assunzione. Di responsabilità.

da - http://www.lastampa.it/2013/03/08/cultura/opinioni/buongiorno/il-coraggio-di-cambiare-ZJfgWZTMsW5yUWXx3aKGzN/pagina.html
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« Risposta #422 inserito:: Marzo 12, 2013, 06:45:20 pm »

Buongiorno
12/03/2013

Indignados in doppiopetto

Massimo Gramellini


Si fa presto a dire Sudamerica. Certe cose non succedono più nemmeno lì. 

Sembra l’ultima scena del «Caimano» ma senza il Caimano, impegnato a recitare Polifemo in una fiction sulle visite fiscali. O forse è un cinepanettone fuori stagione, «Ultime vacanze a Bananas», con Danny De Vito nei panni stropicciati di Scilipoti e l’inimitabile Santanché nel ruolo di se stessa. 

La storia di 150 parlamentari, eletti per ridurre le tasse ai lavoratori e restituire l’Imu ai pensionati, che invece marciano compatti sotto un tribunale della Repubblica. 

Pur di rivendicare l’impunità del proprietario del loro partito, contrabbandata per emergenza nazionale. 

Mi piacerebbe conoscere il parere di chi li ha votati. Immagino che avrebbe preferito vederli manifestare davanti a una fabbrica chiusa o a un ufficio di Equitalia fin troppo aperto. Il destino personale del Divo Silvio toglierà forse il sonno alla famosa casalinga di Retequattro, ammesso che esista, ma agli altri? Quelli che lo hanno scelto perché le alternative erano Monti e Bersani potranno anche non andare pazzi per i metodi della Boccassini, ma si identificano davvero nella parabola giudiziaria di un singolo uomo e nella rabbia obbediente dei suoi centurioni? Se è così, siamo perduti. Se un terzo abbondante del nostro Paese è seriamente convinto che il problema più importante, il primo di cui occuparsi, non sia il lavoro che latita o la corruzione che esagera ma l’iter processuale di Berlusconi, significa che stiamo smarrendo la speranza: non di formare un governo, ma di rifondare una comunità.

Non so se sia vero che il Capo aveva sconsigliato la marcia dei suoi indignados in doppiopetto sotto il Palazzo di Giustizia. A occhio (l’altro, naturalmente), sembrerebbe la classica pantomima padronale a cui ci ha abituato da vent’anni: io non volevo, ma loro mi hanno disobbedito per troppo amore. Chiunque abbia cercato di dissuadere i berluscones da questa piazzata ne aveva però visto le conseguenze politiche irreparabili. Adesso chi accetterà di votare un governo, ma anche un Presidente della Repubblica e una legge elettorale, insieme con dei parlamentari che sono entrati in massa dentro il tribunale di Milano e si sono messi arrogantemente in posa sotto la foto di Falcone e Borsellino? Come puoi giocare a calcio con uno che ti urla in modo intimidatorio che l’arbitro è venduto? 

Le immagini di Brunetta e Scilipoti in occhiali da sole sui gradini del tribunale simbolo di Tangentopoli hanno fatto il giro del mondo e sono tornate qui, sotto i nostri sguardi sgranati. Fra due settimane toccherà ai parlamentari di Grillo marciare in Valle di Susa al fianco dei No Tav. La motivazione è diversa e più nobile (non foss’altro perché riguarda un interesse collettivo e non individuale), ma resta il fatto che due dei tre gruppi più folti del Parlamento si scagliano in massa come falangi nei punti caldi dell’Italia smarrita, dilatando mediaticamente lo scontro sociale anziché tentare di ricomporlo nel luogo deputato, per frequentare il quale erano stati votati. E il Pd si ritrova sul campo da solo, diviso come sempre in due squadre che giocano a chi fa più autogol.

da - http://lastampa.it/2013/03/12/cultura/opinioni/buongiorno/indignados-in-doppiopetto-klCNxEmsim3DeD61uSNcpN/pagina.html
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« Risposta #423 inserito:: Marzo 13, 2013, 11:46:35 am »

Buongiorno
13/03/2013

Cercansi lampadine

Massimo Gramellini


Un amico racconta che qualche tempo dopo la morte del nonno ha dovuto liberare la cantina del suo appartamento. Tra le altre cose ha trovato uno scatolone pieno di lampadine fulminate. Era accompagnato da un biglietto scritto a mano: «Casomai in futuro inventassero un sistema per ripararle».

Dietro certi aneddoti affiora un mondo. Pare di vederlo, quell’uomo, mentre accatasta oggetti inutilizzabili in un angolo della cantina con la speranza segreta che un giorno possano servire ancora: se non più a lui, a qualcuno della sua famiglia. C’è chi interpreterà il gesto del nonno come un rifiuto del consumismo o un afflato di tirchieria. Io al contrario vi sento la fiducia nel futuro. È lei che abbiamo perso, è lei che ci sorride nostalgica da questi quadretti del passato che ammorbidiscono i cuori perché sembrano celare una risposta possibile alle angosce presenti. L’Italia è uscita dalle macerie di una guerra mondiale grazie a persone che ragionavano così. Statisti che inseguivano obiettivi e non sondaggi, imprenditori che rinunciavano agli utili per tradurli in investimenti, banchieri che prestavano denaro senza passare subito all’incasso, famiglie che risparmiavano sui cappotti dei figli ma non sui loro studi. Milioni di appassionati della vita che coniugavano i verbi al futuro, pur sapendo che non lo avrebbero goduto ma soltanto propiziato. A chi, seduto su nuove macerie, si chiede da dove ripartire, mi verrebbe da indicare quello scatolone di lampadine bruciate. 

da - http://lastampa.it/2013/03/13/cultura/opinioni/buongiorno/cercasi-lampadine-5ZHMYqG3VOj6LxmkvymDFN/pagina.html
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« Risposta #424 inserito:: Marzo 14, 2013, 06:12:17 pm »

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14/03/2013

La voce del silenzio

Massimo Gramellini


È timido, è semplice, è piemontese, anche se parla come Maradona. Chissà se gli basterà essersi chiamato Francesco per seppellire la pompa della Chiesa e la società dei consumi, entrambe degenerate a livelli insostenibili. Di sicuro uno che al suo primo affaccio dal balcone si mette in ginocchio e riesce a fare tacere per quasi mezzo minuto la folla di Roma può essere capace di qualsiasi impresa. Mezzo minuto di silenzio, cioè di spiritualità, qualcosa di molto più ampio della religiosità. Le parole trasmettono emozioni e pensieri. Il silenzio, sentimenti. Erano anni che lo aspettavamo. Anni orribili di applausi ai funerali e di minuti di silenzio inquinati da coretti da stadio non solo negli stadi. Questo terrore di entrare in contatto con se stessi, contrabbandato per empatia ed espansività. Questo bisogno di buttare sempre tutto fuori, per paura di sentire che cosa c’è dentro, fra la pancia e la testa. Il cuore.

Il gesuita Francesco ha mandato nel mondo il suono dimenticato del silenzio. Per trentadue secondi: in televisione un’eternità. Sarebbe bastato che dalla piazza partisse un «viva» o un «daje» per rovinare tutto. E invece una Roma improvvisamente e miracolosamente afona non gli ha sporcato il primo e fondamentale discorso a bocca chiusa. Ora il suo cammino può cominciare, nonostante le difficoltà del caso. Lui è abituato a girare in metropolitana, ma muoversi coi mezzi a Roma risulta piuttosto complicato. Le strade sono piene di buche, in Curia anche di burroni.

da - http://www.lastampa.it/2013/03/14/cultura/opinioni/buongiorno/la-voce-del-silenzio-4bbk4IBU8fuZ4wuB0e41wM/pagina.html
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« Risposta #425 inserito:: Marzo 15, 2013, 06:34:41 pm »

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15/03/2013

Conclave 1 - Parlamento 0

Massimo Gramellini


Possibile che un centinaio di anziani preti abbiano intercettato in pochi giorni il desiderio di cambiamento che i politici italiani si rifiutano da anni di vedere? Da quando papa Francesco è apparso al balcone, con quella faccia da «santo subito» che i primi gesti si sono incaricati di confermare, le persone normali non smettono di porsi questa domanda. 

 

Chi crede nello Spirito Santo ha la risposta pronta. Gli altri arrancano, ma il buon senso giunge loro in soccorso. Suggerendo che ai cardinali giunti a Roma per l’elezione del successore di Ratzinger sia bastato annusare l’aria di Curia per capire che con un altro pontefice intellettuale si sarebbe rischiato il tracollo. Sesso, soldi, segreti, ricatti, il Vaticano precipitato in un brutto romanzo di Dan Brown. Per risollevare l’umore dei fedeli e la reputazione della ditta non serviva tanto un cesellatore di encicliche, quanto un uomo di cuore. Meglio se provvisto di mano ferma e di una certa energia vitale, per non prendere troppi raffreddori in quelle stanze piene di spifferi. 

 

Tratteggiato l’identikit del momento, hanno individuato la persona giusta e l’hanno votata. Tra alti e bassi, si comportano allo stesso modo da circa duemila anni: è una delle ragioni della loro durata. 

 

E qui scatta il paragone deprimente. Perché mentre le cronache del Conclave raccontano di un Bergoglio che va a saldare il conto dell’albergo la mattina dopo essere diventato papa, quelle della politica insinuano una possibile candidatura alla presidenza del Senato della signora Finocchiaro, di cui solo gli estimatori strettissimi ricordano pensieri e parole, mentre alle folle furibonde che poi votano Grillo il suo nome riporta piuttosto alla mente una fotografia che la ritrae all’Ikea con la scorta intenta a trascinarle il carrello della spesa. 

Intendiamoci. Alzi la mano, o uno scaffale di truciolato, chi osa mettere in dubbio che Finocchiaro sia una persona meravigliosa e una politica eccellente. Però appartiene ad altra epoca storica. E non per età, ma per anzianità di servizio e di linguaggio: incomprensibile senza traduttore automatico. Possibile che, persino dopo la scoppola elettorale, fra i dirigenti di lungo corso di quel partito nemmeno uno sia stato attraversato dal sospetto che in tempi di sommossa sociale contro la Casta certi nomi abbiano sullo stomaco dei cittadini lo stesso effetto di una peperonata a colazione? 

 

Non che dalle parti del Pdl i cervelli sfrigolino meglio. Ieri il collegio cardinalizio della libertà era riunito a conclave nella suite ospedaliera di Polifemo Berlusconi. Fra i porporati più attivi si segnalava Cicchitto, lo stesso Cicchitto su cui già quarant’anni fa si espresse definitivamente Montanelli con uno dei suoi formidabili controcorrente: «A chi ieri gli chiedeva perché avesse fondato una nuova corrente del Psi, l’onorevole Cicchitto ha risposto: “Devo pur vivere anch’io”. Non ne vediamo il motivo».

 

Non serve possedere l’intuito di un cardinale di Santa Romana Chiesa. Ai protagonisti della Seconda Repubblica al crepuscolo basterebbe un giro al mercato (senza scorta) per capire che il loro tempo in politica è finito. Almeno per ora. I vecchi democristiani - cardinali in sedicesimo - sapevano quando era il momento di inabissarsi, di mandare avanti le seconde linee per poi ricomparire al successivo cambio di stagione. Oppure per dedicarsi ad altro, applicando su se stessi quel principio di riconversione esistenziale che oggi la politica auspica soltanto per i cassintegrati. Costretti, e con molti meno mezzi, a reinventarsi la vita a cinquant’anni. Ma i nuovi notabili non hanno il fiuto dei cardinali né l’udito dei democristiani. A furia di credere che la campana suoni sempre per qualcun altro, non si accorgono che è suonata per loro.

da - http://lastampa.it/2013/03/15/cultura/opinioni/buongiorno/conclave-parlamento-hSyV4thzaqq0gmB4cqshDJ/pagina.html
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« Risposta #426 inserito:: Marzo 16, 2013, 05:31:16 pm »

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16/03/2013

Cambiare opinione

Massimo Gramellini

Il senatore Rob Portman era un leone della destra americana e non perdeva occasione per ruggire contro i matrimoni omosessuali. Una sera il figlio Will gli ha detto: “Papà, io amo un uomo e non posso fare altrimenti. Sono così da sempre, da quando riesco a ricordarmi di essere qualcosa.” Rob Portman ha dormito male quella notte. Anche quelle dopo. Ma arriva sempre la notte in cui ricominci a sognare. Una mattina il senatore che detestava tutto ciò che risuonava diverso dalla sua idea di normale si è ritrovato al tavolo della colazione con la moglie, ad ascoltare una voce che diceva “perché vedi, cara, è giusto che Will e il suo ragazzo abbiano una relazione come la nostra, con gli stessi diritti e doveri” e quella voce, incredibile a dirsi, era la sua. Ieri Rob Portman ha firmato l’appello di Obama per i diritti delle coppie gay.

 

Si dice che soltanto i cretini non cambino mai opinione. E la vita deve avere un debole per noi cretini potenziali, perché ci manda di continuo dei segnali con la posta più celere che conosca: il cuore. La confessione di un figlio, le parole di una canzone, ma anche un gesto raccolto per strada che agli altri non dice nulla mentre a noi ribalta una certezza. Il problema non è cambiare opinione, ma cambiarla in malafede. Il problema non è cambiare opinione, ma non cambiarla in ossequio a un pregiudizio pigro. Sono completamente d’accordo a metà con il mister, disse una volta un calciatore. Allora mi parve una sciocchezza, adesso una perla di saggezza inconsapevole. Ho cambiato opinione. 

da - http://lastampa.it/2013/03/16/cultura/opinioni/buongiorno/cambiare-opinione-i6u8g4Htx4VP949mTZXQZI/pagina.html
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« Risposta #427 inserito:: Marzo 18, 2013, 05:09:08 pm »

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17/03/2013

Le mani in tasca

Massimo Gramellini

Uno vale uno, ma uno non vale l’altro. Messo di fronte alla scelta, onestamente non così difficile, fra Piero Grasso e Renato Schifani, l’apriscatole di Grillo si è un po’ inceppato. Intendiamoci. Sempre meglio dell’encefalogramma piatto dei montiani. Le urla che uscivano dalla sala in cui i senatori Cinquestelle stavano discutendo il loro voto sono la musica della democrazia. Ma al momento della sintesi mi sarei aspettato che il buonsenso prevalesse sul pregiudizio, il pragmatismo sull’ideologia. Invece la maggioranza del gruppo che vuole aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno è rimasta fedele al suo Nostromo. Perché un vero rivoluzionario non scende a patti con il Sistema, meno che mai quando il Sistema, per blandirlo, gli mostra il proprio volto migliore: un procuratore Antimafia, una portavoce dell’Onu. 

Il punto è proprio questo: l’elettore di Grillo ha votato Cinquestelle per distruggere il Sistema oppure per rinnovare il cast degli interpreti? Se fosse vera la seconda ipotesi, quella di ieri sarebbe stata la sua vittoria, dato che senza il cambio di clima imposto dal trionfo del movimento, oggi ai vertici dello Stato non siederebbero Grasso e Boldrini, e invece dell’effetto Francesco sul conclave della Repubblica si sarebbe abbattuto l’effetto Franceschini. Immagino che quell’elettore sarà rimasto perplesso nel vedere un leader che grida ai politici «Arrendetevi» imporre ai suoi parlamentari la scheda bianca: il colore della resa. La democrazia è scelta, anche del meno peggio. E’ contaminazione. Diceva don Milani: a che serve avere le mani pulite, se poi si tengono in tasca?

da - http://lastampa.it/2013/03/17/cultura/opinioni/buongiorno/le-mani-in-tasca-maBeJjoBNisQVkHyZrJ4bK/pagina.html
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« Risposta #428 inserito:: Marzo 19, 2013, 11:45:28 am »

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19/03/2013

La cittadina e la strega

Massimo Gramellini

Gentile cittadina Gessica Rostellato, ho letto su Facebook il racconto in prima persona del suo atto di eroismo. Era una notte buia e tempestosa, e lei stava lasciando l’antro di Montecitorio in compagnia di alcuni valorosi concittadini a Cinquestelle, quand’ecco profilarsi sull’uscio un’ombra terrificante: Rosy Bindi. La fattucchiera democratica, che a causa di un incantesimo del mago Porcellum è condannata a non staccarsi mai dalla sua poltrona. La strega Casta ha sorriso, falsamente benevola: «Ma presentiamoci, così cominciamo a conoscerci!». Poi vi ha teso una mano, mentre con l’altra armeggiava nella borsa per estrarne il fluido che vi avrebbe trasformato in seguaci di Mastella. Qualche ingenuo concittadino ha ricambiato il saluto: di lui si sono perse le tracce. Pare lo abbiano visto in una stalla del Pd inneggiare alla santità di D’Alema e al raddoppio del numero dei parlamentari. Ma lei, Gessica, no. Lei ha tirato dritto e se n’è andata, perché - lo ha scritto orgogliosamente - «ti pare che io ti do la mano e ti dico pure piacere? No, guarda, forse non hai capito, non è un piacere!». 

Così si fa. Meglio sembrare maleducati che essere falsi come loro. Perché, diciamola tutta, se un politico tende la mano a un cittadino è solo perché intende sfilargli l’orologio. Nessuna intelligenza con il nemico. Da sempre i cambi di regime non si realizzano con il dialogo ma con la ghigliottina, nei casi meno violenti con il disprezzo. Un dubbio però mi assale, cittadina: e se fosse proprio per questo che le rivoluzioni non hanno mai cambiato la natura del potere, ma solo il volto del suo (provvisorio) detentore? 

da - http://lastampa.it/2013/03/19/cultura/opinioni/buongiorno/la-cittadina-e-la-strega-STnR27DVsFqPVxAyM1vqJM/pagina.html
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« Risposta #429 inserito:: Marzo 20, 2013, 06:51:28 pm »

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20/03/2013

Gli avvelenati

Massimo Gramellini


L’altro giorno un alto dirigente del Pd mi ha inviato questo messaggino straziante: «Vorrei andare in aula a cantare l’Avvelenata di Guccini e poi scomparire definitivamente». 

Qui la politica non c’entra, quello che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi è innanzitutto uno psicodramma umano. Una generazione di notabili del centrosinistra, cresciuta durante il ventennio berlusconiano, si ritrova accomunata al grande avversario nel giudizio universale in atto. Per il popolo di Grillo - avamposto di un sentire molto più diffuso che si estende perlomeno agli elettori di Renzi - i politici della cosiddetta Seconda Repubblica sono tutti uguali, nel senso di egualmente responsabili. Bersani come Berlusconi. Franceschini come Cicchitto. Finocchiaro come Santanchè. 

E loro - i Bersani, i Franceschini, le Finocchiaro - non se ne capacitano. Si sentono diversi, e in alcuni casi - credetemi - lo sono davvero. Ma quando la valanga rotola a valle non fa selezioni. E serve a ben poco elencare i propri meriti: quell’arguta legge invano proposta, quel formidabile comizio purtroppo equivocato, quell’accorato appello rimasto inascoltato. Il disgusto per una classe dirigente che ha fallito nel suo complesso azzera ogni distinguo e trasforma persino i tentativi di sopravvivenza in un ulteriore supplizio. Con la scelta di due facce nuove per le presidenze delle Camere, il buon Bersani ha suggerito l’unica via d’uscita possibile per il governo: metterne una anche lì, sacrificando la sua. 


(«Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni…» Francesco Guccini, L’Avvelenata). 

 da - http://lastampa.it/2013/03/20/cultura/opinioni/buongiorno/gli-avvelenati-oTykDZNnrMQzjMdT4QdgNK/pagina.html
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« Risposta #430 inserito:: Marzo 21, 2013, 05:58:54 pm »

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21/03/2013

L’assessore al tartufo

Massimo Gramellini


A furia di rinfacciare al Pd il suo tormentato conservatorismo, ci eravamo dimenticati che in Italia esiste una nomenclatura incollata alle poltrone senza sensi di colpa: il centrodestra. Per Lega e Pdl lo tsunami di Grillo è una brezza: non li spaventa, non li riguarda. Il parallelo fra la nuova giunta lombarda e quella laziale è illuminante. In Lazio il democratico Zingaretti ha scelto solo assessori esterni, sei donne su dieci, pescate dall’università, dall’impresa e persino (Lidia Ravera) dai bestseller. Invece Maroni ha infarcito il Pirellone di notabili di partito, con l’eccezione di un canoista, benché da quelle parti il ceto politico non abbia dato ultimamente il meglio di sé. E il suo vicino di macroregione Cota? Ha rimpolpato il governo piemontese con due trombati alle elezioni e un ineleggibile, oltre a essersi inventato un assessore con delega al tartufo. 

Possibile che la campana della rottamazione agiti i sonni dei democratici e lasci indifferenti i loro avversari? Qualcuno tira in ballo la differenza fra gli elettorati. Quello di sinistra, più critico e informato, quindi più deluso dalla sua classe dirigente. Quello di destra, più attratto dal carisma dei leader, quindi meno sensibile all’esigenza di cambiare le facce di contorno. Io sospetto invece che gli elettori dei due schieramenti siano esasperati allo stesso modo. Sono i politici del centrodestra a non averlo capito. Convinti di venire sgominati alle elezioni, hanno scambiato la propria sopravvivenza per una vittoria. Tanto da essersi già scordati di avere lasciato per strada 6 milioni di voti, che con un Renzi in campo sarebbero stati molti di più. 

da - http://lastampa.it/2013/03/21/cultura/opinioni/buongiorno/l-assessore-al-tartufo-jmkhV3KFpfM01PPyGBtiAK/pagina.html
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« Risposta #431 inserito:: Marzo 24, 2013, 05:12:31 pm »

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23/03/2013

Lavorare gratis

Massimo Gramellini


Al museo Mandralisca di Cefalù, la casa di tanti capolavori e del «Ritratto d’ignoto marinaio» di Antonello da Messina, sono finiti i soldi per gli stipendi. Il presidente della fondazione, che gestisce i contributi dei privati e aspetta invano da quasi un anno quelli della Regione, ha convocato il personale per comunicare che a Pasqua si chiude. Ma i quindici dipendenti hanno scosso la testa: ci sono scolaresche di tutta Italia che hanno prenotato la visita da mesi, sarebbe un delitto privarle del piacere dell’Ignoto. Pur di tenere aperto il museo, custodi e impiegati hanno così deciso di continuare a lavorare gratis, dimostrando un senso di responsabilità che sconfina nell’apostolato.

Verrebbe voglia di andare ad abbracciarli uno a uno. Purtroppo non sono i soli. Ovunque affiorano situazioni di persone assunte che lavorano senza percepire regolarmente una paga, neppure in nero. Per loro si coniano definizioni pudiche: l’ultima è «volontari». Anche una lingua rotta a tutte le nefandezze come quella italiana prova imbarazzo nel dover ammettere che persino in certe regioni del Sud, dove un tempo la politica inventava lavori inesistenti per giustificare uno stipendio vero, oggi si tiene in piedi un lavoro vero solo grazie a stipendi inesistenti. Ma se qualcuno pensa sul serio di trasformare il lavoro in una branca del volontariato non tiene conto della più elementare legge di natura. Il bene si fa male a pancia vuota ed è compito dello stipendio riempirla. 

da - http://lastampa.it/2013/03/23/cultura/opinioni/buongiorno/lavorare-gratis-CWA4Vzk72IL93e6tRfHwmK/pagina.html
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« Risposta #432 inserito:: Marzo 26, 2013, 12:03:08 pm »

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26/03/2013

Con un poco di zucchero

Massimo Gramellini

Stazione di Brescia, treno fermo da un’ora. L’altoparlante interno irradia scuse per il ritardo «dovuto all’investimento di una persona». Qualche passeggero si scruta le tasche del cuore alla ricerca di scampoli di pietà, ma è interrotto dal prorompere stentoreo di una signora: «Non poteva buttarsi sotto un altro treno?» Lo ripete tre, quattro, cinque volte. Chiudo gli occhi per resistere alla tentazione di buttare di sotto lei e mi appare un’immagine di dieci anni prima, quando durante la discesa nella piramide di Cheope fui colto da un malore. 

Mi appoggiai a una parete dell’orrido budello, reprimendo il desiderio di vomitare. Venni scavalcato da una comitiva di tedeschi, che non mi degnò di uno sguardo, e da una di francesi, che mi rivolse smorfie schifate, come se fosse inciampata nei detriti di un debosciato. Poi sentii una voce: «Ehi mister? Mister… ahò!» Alzai gli occhi e nell’oscurità del budello inquadrai la sagoma di un ragazzino con le braccia tatuate e la maglia numero 10 di Totti. Non poteva sapere di che nazionalità fossi: indossavo un capellino da baseball e un giubbotto pieno di scritte in inglese. Ero semplicemente un essere umano. «You are ok?» si informò. Rantolai qualcosa e allora lui cercò la risposta nelle saccocce dei suoi jeans. Estrasse una bustina di zucchero da bar, sudaticcia e spiegazzata, e me la porse. 

In qualche modo riemersi alla luce, ma quella bustina giace tuttora in un cassetto della mia scrivania. Ogni volta che penso a quanto siamo diventati cupi e rabbiosi, apro il cassetto e mi dico che ho torto. Che anche sotto l’egoismo amaro dei disperati giace uno strato di zucchero. Basta scavare. 

da - http://lastampa.it/2013/03/26/cultura/opinioni/buongiorno/con-un-poco-di-zucchero-8kgrvt0sywJsIoujVNlFyL/pagina.html
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« Risposta #433 inserito:: Marzo 27, 2013, 06:36:17 pm »

Buongiorno
27/03/2013

La casa di vetro

Massimo Gramellini

Basta con la vecchia politica dei segreti e degli inciuci. Oggi i parlamentari di Grillo diranno vaffa a Bersani in streaming. Una telecamera inquadrerà lo storico evento e chiunque transiti nelle vicinanze di un computer potrà godersi l’incontro fra il presidente incaricato e la delegazione Cinquestelle. Tutto si svolgerà in una casa di vetro. Bersani farà le sue proposte, i parlamentari di Grillo le loro, si converrà che non c’è trippa per giaguari e ci si saluterà cordialmente, dandosi appuntamento alla prossima occasione. Questa è la democrazia che ci piace. O no?

Mio padre fu per tutta la vita amministratore di condominio. Dopo averne moderate più di un migliaio, giunse a teorizzare che la migliore assemblea, quella veramente produttiva di risultati, comporta sempre due tempi. Nel primo i condomini si rinfacciano incomprensioni e malumori, nel secondo gettano ponti e abbozzano compromessi: io cedo sul riscaldamento centralizzato, però tu mi concedi il lavatoio accanto al terrazzo condominiale. Ma, diceva, sarebbe impossibile giungere a questa suprema armonia delle dissonanze se i protagonisti si dovessero occupare delle forme. Se cioè agissero con la consapevolezza di essere visti e giudicati dall’esterno. Sapersi osservati induce a compiere uno sforzo di autocontrollo che sconfina nella finzione. Poiché l’orgoglio ti impone di mostrarti duro e puro agli occhi del mondo, perdi intelligenza, capacità di ascolto, elasticità. Almeno finché la telecamera rimane accesa, come dimostrano i pollai televisivi. Poi per fortuna il collegamento in streaming finisce, la casa di vetro abbassa le persiane e si comincia, orrore, a fare politica.

da - http://www.lastampa.it/2013/03/27/cultura/opinioni/buongiorno/la-casa-di-vetro-8fYflk36Lzl4p6aPJgVYrK/pagina.html
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« Risposta #434 inserito:: Aprile 04, 2013, 06:16:15 pm »

Buongiorno
03/04/2013

Una Saggia al Quirinale

Massimo Gramellini


Facendomi portavoce dell’opinione di numerose lettrici, vorrei qui ringraziare il presidente Napolitano per non avere inserito neppure una donna nella lista dei dieci Saggi che hanno dato il cambio all’onnivoro esploratore Bersani nel ruolo di intrattenitori istituzionali. La difficile missione di questi brizzolati esponenti dell’establishment consiste infatti nell’ingannare il tempo fino al conclave che eleggerà il prossimo Capo dello Stato, stilando elenchi di priorità su fogli di carta intestata che fra un paio di settimane si tradurranno in aeroplanini volteggianti. E’ un compito non nuovo ma necessario e nessuno dubita che essi lo adempiranno con scrupolo e senso civico. Soprattutto con quella passione che soltanto i maschi riescono a infondere nelle cose inutili e astratte. 

Le donne no: troppo pragmatiche, troppo legate alla vita. I dibattiti destinati al nulla le lasciano indifferenti e anche un po’ insofferenti. Se qualcuno le avesse incautamente coinvolte, avrebbero forse accettato - per naturale cortesia o legittima vanità - di partecipare alla prima riunione. Ma, annusata l’aria sterile, ci avrebbero messo un attimo a recuperare borsetta e paltò, lasciare i Saggi alla loro saggezza e correre a occuparsi delle decine di adempimenti pratici che costellano la giornata di ogni essere di sesso femminile in un Paese che sulle donne ha scaricato le latitanze della collettività. Se proprio le vogliamo scomodare, che sia per qualcosa di veramente utile e di dolcemente rivoluzionario. Come una Saggia al Quirinale, per esempio. 

da - http://lastampa.it/2013/04/03/cultura/opinioni/buongiorno/una-saggia-al-quirinale-HaNmnsH7eFDB1PjWMq9fEL/pagina.html
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