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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331322 volte)
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« Risposta #210 inserito:: Novembre 05, 2011, 11:31:13 am »

5/11/2011

La tragedia non era imprevedibile

Massimo GRAMELLINI

Non possiamo accettare come una fatalità che nel 2011, in una delle più illustri città italiane, si possa ancora morire per un acquazzone troppo forte. Il sindaco Vincenzi è sconvolta dal dolore, ma ci lascia esterrefatti quando afferma che la tragedia era imprevedibile. Imprevedibile dopo quanto era appena successo alle Cinque Terre? Tutti sapevano che su Genova stava per abbattersi una tempesta. Magari non delle dimensioni tropicali che ha poi assunto nella realtà. Ma se ne parlava e scriveva da giorni. «La Stampa» aveva addirittura pubblicato un decalogo del meteorologo Luca Mercalli.

Regole di buon senso: evacuate i piani bassi delle case, riempite uno zaino con i beni di prima necessità e tenetelo a portata di mano in caso di emergenza. Eppure a nessuno dei genovesi interpellati in queste ore è sembrato che le istituzioni avessero colto la drammaticità del momento. E se anche l’avevano colta, di sicuro non sono riusciti a trasmetterla ai cittadini. Sì, la sera prima era scattata l’allerta, con un invito generico a ridurre gli spostamenti. Ma nulla di paragonabile alle decisioni assunte ad agosto dal sindaco di New York, che per il passaggio dell’uragano Irene aveva fatto evacuare intere zone della metropoli, infischiandosene delle patenti di catastrofista e menagramo che i soliti superficiali gli avevano subito affibbiato.

Il sindaco Vincenzi difende la scelta di aver tenuto aperte le scuole e, con esse, quell’illusione di normalità bruscamente smentita dagli eventi. Sta di fatto che al momento dello tsunami un sacco di persone camminavano per Genova munite di borse della spesa e passeggini, come se si trattasse di un venerdì qualsiasi. Sorprese in mezzo alla strada, alcune di loro (comprese due bambine) hanno trovato una morte orribile dentro l’androne della casa in cui si erano rifugiate.

Forse, però, è troppo comodo scaricare sempre tutte le colpe sulle famigerate Autorità. I cittadini dovrebbero cominciare a farsi un esame di coscienza e a chiedersi se esiste davvero una consapevolezza dei cambiamenti climatici in atto. Di fronte agli allarmi che il sistema ansiogeno dei media (portiamo anche noi le nostre responsabilità) rovescia quotidianamente addosso al pubblico, si tende a reagire con stati emotivi estremi: la rimozione o il panico. E’ arrivato il momento di prendere in considerazione una terza ipotesi: la presa di coscienza.
Abitiamo un mondo complesso, seduti su autentiche bombe ambientali che l’incuria e l’avidità umane hanno contribuito a innescare. Prenderne atto non significa disperarsi, ma prepararsi. Cambiare atteggiamento mentale: smetterla di sentirsi invulnerabili e assumere le precauzioni necessarie. Il prefetto Gabrielli, erede di Bertolaso, lamenta la scarsa capacità di auto-protezione degli italiani. Qualche populista d’accatto, pur di blandire gli impulsi più bassi della clientela, ha rivoltato il senso del suo discorso, trasformandolo in un invito ad «arrangiarsi da soli». Mentre è solo un appello a diventare finalmente adulti. Tutti: amministratori e cittadini.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41
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« Risposta #211 inserito:: Novembre 08, 2011, 10:05:18 am »

8/11/2011

Un passo avanti

Massimo GRAMELLINI

Solo i mercati credono ancora a Giuliano Ferrara. Quando il direttore del Foglio ha annunciato che Berlusconi si sarebbe dimesso «a minuti», la Borsa si è trasformata in un carnevale di Rio, salvo precipitare nella più stretta quaresima dopo l’ovvia smentita dell’interessato. Nella migliore delle ipotesi Ferrara è un burlone. Da discreto conoscitore del Cav. dovrebbe sapere che Berlusconi non si è mai dimesso da nulla nella vita. Chi lo ha costruito in una notte di luna piena si è scordato di inserire la retromarcia. Come imprenditore e come politico ha sempre e solo comprato: si ricordano due uniche cessioni di qualche rilievo, la Standa e Kakà, ma entrambe si sono poi rivelate un affare. Un suo amico mi raccontò la natura di B. con una metafora: non è fuoco che brucia, ma acqua che invade. E l’acqua non torna mai indietro. Può essere fermata solo dagli argini. Purtroppo in Italia, lo si è visto anche in questi giorni, quanto ad argini siamo messi maluccio.

Berlusconi è l’Anti Gambero, cioè l’Anti Politico. Un politico, al suo posto, si tirerebbe indietro o di lato e lascerebbe ad altri il compito di scottarsi, scommettendo sulla memoria corta degli italiani per ripresentarsi nel 2013 nei panni di novità candidabile al Quirinale. Ma B. si sente un eroe, un prescelto dal popolo come Napoleone o Gheddafi, fate voi. E gli eroi non arretrano, non trattano, non si dimettono. Gli eroi si inoltrano lungo un sentiero a spirale che li conduce alla gloria e poi alla disfatta, perché persino sull’orlo del baratro non resisteranno alla tentazione di fare un passo avanti.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41
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« Risposta #212 inserito:: Novembre 09, 2011, 05:54:29 pm »

9/11/2011

Senza B

Massimo GRAMELLINI

Se penso a un’Italia senza B, immagino un brigadiere che si addormenta mentre intercetta le telefonate fra il professor Monti e Mario Draghi. Oh, mica voglio un’Italia di banchieri. Ma un po’ grigia e barbosa, sì. Non moralista, morale. Che per qualche tempo si metta a dieta di barzellette, volgarità, ostentazioni d’ignoranza. Dove l’ottimismo non sia la premessa di una truffa, ma la conseguenza di uno sforzo comune. Un’Italia solare, anche nell’energia. Con meno politici e più politica. Meno discorsi da bar e più coerenza fra parole e gesti. Una democrazia sana e contenta di sé, che la smetta di prendere sbandate per gli uomini della provvidenza e si ricordi di essere viva ogni giorno e non solo una volta ogni cinque anni per mettere una crocetta su una scheda compilata da altri. Un’Italia di politici che non parlano di magistrati, ma coi magistrati (se imputati). E di magistrati che parlano con le sentenze e non nei congressi di partito. Di federalisti che non fanno rima con razzisti. Un Paese allegro e però serio. Capace di esportare non solo prodotti belli, ma belle figure. Vorrei essere governato da persone migliori di me. Che non facciano le corna, non giurino sulle zucche e si sfilino un paio di chili dalla pancia, prima di far tirare la cinghia a noi, ripristinando il principio che chi sta in alto deve dare il buon esempio.

Per giungere a un’Italia così, le dimissioni di B rappresentano un primo passo. Adesso devono dimettersi tutti gli altri. Perché più ancora di Berlusconi temo i berluscloni.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41
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« Risposta #213 inserito:: Novembre 13, 2011, 11:12:02 am »

11/11/2011

Il più grande spettacolo

Massimo GRAMELLINI

Nulla di personale, ma quando ho letto di Letta & Letta sottosegretari, zio e nipote nel toto-ministri come in un fumetto di Paperino, mi sono un po’ stranito. Poi hanno iniziato a girare i nomi di Frattini, di La Russa e di una giovane promessa, Giuliano Amato, che fu premier appena 18 anni fa. Ma è stato nel veder rispuntare l’ottantenne Dini al telegiornale che ho avuto un sussulto.

Il governo Monti sarà una cosa seria e dura. Sarà il governo dell’Europa e del capitalismo possibile: non a caso lo osteggiano coloro che ritengono dannosi sia l’uno sia l’altra. Ci giochiamo davvero tutto, stavolta, a cominciare dalla faccia. Ecco perché sarebbe saggio, non solo decente, che a questo giro la politica scendesse dalla giostra. Limitandosi a votare il governo, ma senza ambire a farne parte.

Ai politici di destra e di sinistra si richiede un gesto di generosità che sia anche una forma di espiazione per i disastri, i debiti e i benefici accumulati nei decenni. Un bagno di umiltà da cui potrebbero uscire rigenerati, recuperando la stima di una comunità che li disprezza e rischia di trascinare nel disgusto l’idea stessa di democrazia.

Il più grande spettacolo dopo il big bang berlusconiano non può ridursi al solito inciucio. Bisogna volare alto, o almeno sollevarsi da terra, e oggi purtroppo nell’immaginario collettivo la politica rappresenta la zavorra. Prima di versare lacrime e sangue, gli italiani pretendono che a chiederle non siano i soliti noti. Soprattutto pretendono che siano prima i politici a versarne. E un governo con la Casta dentro non potrebbe mai cancellare i suoi privilegi.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1085&ID_sezione=56
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« Risposta #214 inserito:: Novembre 13, 2011, 11:30:25 am »

12/11/2011

Buonanotte

Massimo GRAMELLINI

Oggi è il giorno che chiude un ventennio, uno dei tanti della nostra storia. E il pensiero va al momento in cui tutto cominciò. Era il 26 gennaio 1994, un mercoledì. Quando, alle cinque e mezzo del pomeriggio, il Tg4 di Emilio Fede trasmise in anteprima la videocassetta della Discesa In Campo. La mossa geniale fu di presentarsi alla Nazione non come un candidato agli esordi, ma come un presidente già in carica. La libreria finta, i fogli bianchi fra le mani (in realtà leggeva da un rullo), il collant sopra la cinepresa per scaldare l’immagine, la scrivania con gli argenti lucidati e le foto dei familiari girate a favore di telecamera, nemmeno un centimetro lasciato al caso o al buongusto.

E poi il discorso, limato fino alla nausea per ottenere un senso rassicurante di vuoto: «Crediamo in un’Italia più prospera e serena, più moderna ed efficiente... Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme, per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano». Era la televendita di un sogno a cui molti italiani hanno creduto in buona fede per mancanza di filtri critici o semplicemente di alternative. Allora nessuno poteva sapere che il set era stato allestito in un angolo del parco di Macherio, durante i lavori di ristrutturazione della villa. C’erano ruspe, sacchi di cemento e tanta polvere, intorno a quel sipario di cartone. Se la telecamera avesse allargato il campo, avrebbe inquadrato delle macerie.
Oggi è il giorno in cui il set viene smontato. Restano le macerie. La pausa pubblicitaria è finita. È tempo di costruire davvero.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=1086&ID_sezione=56
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« Risposta #215 inserito:: Novembre 15, 2011, 11:45:55 am »

15/11/2011



Massimo GRAMELLINI

Fra le ragioni per cui il governo spread-sidenziale di Mario Monti non è ancora riuscito a entusiasmare i mercati va annoverato lo spettacolo incomprensibile offerto dalle consultazioni dei 21 (ventuno) partiti presenti in Parlamento. Fare Italia, Liberaldemocratici, Liberali per l’Italia, Repubblicani Azionisti, Noi Sud, Io Sud, Forza Sud, Popolo e Territorio, Coesione Nazionale, altoatesini, valdostani, vecchi classici come socialisti, repubblicani e radicali e qualche altro manipolo di coraggiosi miracolosamente scampati alla mannaia del bipolarismo. Molte di queste sigle sono ignote persino ai commessi della Camera. Figuriamoci al professor Monti, che durante i colloqui coi vari Nucara, Iannacone e Antonione avrà passato metà del tempo soltanto per capire chi erano e soprattutto chi rappresentavano.

Alle ultime elezioni gli italiani mandarono in Parlamento cinque partiti. Come abbiano fatto, in appena tre anni e mezzo, a diventare ventuno è un mistero per gli osservatori stranieri, ma non per noi. Bastava guardare le facce di chi, dopo l’incontro con Monti, andava a rosolarsi al sole delle telecamere per leggere la sua bella dichiarazione. Arturo Iannacone, che ha fondato un partito la settimana scorsa appena in tempo per le consultazioni, ha persino chiesto ai giornalisti se c’erano domande per lui. E poiché non ce n’era nessuna, se n’è andato sorpreso. Si sente un leader. Ha perfettamente capito che in Italia conviene di più essere il numero uno di un monolocale che il numero due di un grattacielo.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41
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« Risposta #216 inserito:: Novembre 16, 2011, 03:35:13 pm »

16/11/2011

Il tecnico Fiorello

Massimo GRAMELLINI

Una delle ragioni del successo di Fiorello è che da una vita su Raiuno non andava più in onda un programma di Raiuno.
Come gli elenchi di «Vieni via con me», giusto un anno fa, avevano propiziato il risveglio di un’opinione pubblica che si sarebbe poi espressa nei referendum di primavera, il Fiorello in smoking dell’altra sera ha anticipato l’opera di restaurazione del governo tecnico. Il suo, per quanto adattato ai tempi, è stato il classico varietà da Prima Repubblica. Uno spettacolo democristiano nel senso migliore e pippobaudesco del termine: rassicurante, fastoso con sobrietà e divertente senza essere corrosivo. In una parola: professionale. Il conduttore era brillante e leggero, ma non fatuo né insopportabilmente volgare. I cantanti sapevano cantare, i musicisti suonare e i ballerini ballare. Dietro ogni gag, anche alle meno riuscite, si intuiva il lavoro di persone competenti.

In questo senso la restaurazione è una rivoluzione. Nella tivù dei granfratelli che non sanno fare altro che esserci, dove l’incapacità e l’ignoranza ostentate con orgoglio sono diventate la forma più comune di intrattenimento, riaffiora il concetto del merito. L’idea che per fare qualcosa, non solo in tv, il primo requisito non sia essere fortunati o raccomandati, ma essere bravi. Sull’onda del «tecnico» Fiorello, adesso mi aspetto il ripristino dei quiz con le domande difficili e i concorrenti sgobboni. Se poi anche il Tg1 tornasse ad assomigliare a un telegiornale, il ritorno alla realtà, dopo questa lunga ricreazione a base di urla e di pernacchie, potrebbe dirsi compiuto.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41
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« Risposta #217 inserito:: Novembre 17, 2011, 04:50:00 pm »

17/11/2011
 
Bocconi di normalità
 
Massimo GRAMELLINI
 
Si leggono inni assai poco sobri alla sobrietà di questo governo di bocconiani, politecnici e larga Intesa. Sobrietà sembra il nome con cui, dopo un ventennio di villaggio-vacanze, abbiamo deciso di ribattezzare la normalità. Un Paese che in questi anni avesse avuto una classe politica decente non avrebbe avuto bisogno di ricorrere ai sacerdoti del Capitale. Di sicuro un Paese siffatto non considererebbe Monti un uomo sobrio, ma semplicemente uno normale. Perché è normale che un primo ministro abbia il fascino di un sindaco dell’Engadina: mica deve fare l’imbonitore o la rockstar. Che dopo il lavoro vada a vedersi una mostra pagando il biglietto, invece di aprire la porta di casa a prostitute e ricattatori. Che i ministri del governo italiano vestano abiti italiani (preferibilmente scuri) e viaggino su auto italiane (preferibilmente scure). Che non regalino slogan ai giornali e spunti alla satira, che non parlino di calcio e di donne, non raccontino metafore sui leopardi smacchiati, non inciampino sui congiuntivi alla molisana e non mostrino il dito medio a favore di telecamera.

Insomma, dovrebbe essere considerato normale che chi ci governa non sia proprio uno di noi, ma uno meglio di noi. Che un borghese del Nord-Ovest, e in questo governo ce ne sono parecchi, sia una persona seria e magari noiosa, ma non una macchietta. La delega alle barzellette va tolta ai governanti e restituita ai legittimi titolari: i frequentatori dei bar. Anche questa, in fondo, è democrazia.

 
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« Risposta #218 inserito:: Novembre 19, 2011, 10:43:17 am »

18/11/2011

Nostalgia canaglia

Massimo GRAMELLINI

Silvio, mi manchi. L’ho sempre temuto, ma ne ho avuto la certezza ieri pomeriggio. Quando, in piena sonnolenza post-spaghetto e post-discorso programmatico del nuovo premier, mi sono imbattuto in una tua dichiarazione roboante. Te la prendevi con Napolitano «maestrino» e con la stampa «terrorista». Come ai vecchi tempi. Per un attimo ho creduto che tu fossi tornato, che le tue parole riattizzassero polemiche e scavassero indignazioni. Invece niente. Non ti ha filato nessuno. Tutti dietro a quell’altro che parla di «iato» e di «spending review». Persino gli studenti in piazza ti hanno già dimenticato: i loro cartelli sfottevano solo i banchieri. Guarda, non dovrei dirtelo, ma persino i tuoi tg hanno fiutato l’aria sobria e anziché sostenere le tue battaglie contro i mulini forti preferiscono darsi alla cronaca nera. Taccio sulla Rai, per non farti soffrire. Comunque sappi che davanti alla porta di Casini c’è una tale fila di tuoi ex raccomandati che fra un po’ dovranno dargli il numeretto come alle Poste.

Siamo rimasti soli, Silvio. Hai spaccato un Paese, abbassato l’asticella del buongusto al livello dell’elastico degli slip, desertificato i cervelli di due generazioni di telespettatori, abolito il senso di autorità e quello dello Stato (già scarsi anche prima di te), sdoganato un esercito di fascisti, razzisti, squinzie e buzzurri. Soprattutto hai sparato una quantità inverosimile di panzane. Eppure eri la mia musa. Ora basta però, ti devo lasciare. Per il bene della Nazione e mio personale, da domani scriverò solo dei Buongiorno tecnici.

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« Risposta #219 inserito:: Novembre 21, 2011, 05:30:05 pm »

21/11/2011

Urlo di dolore

Massimo GRAMELLINI

Ministro Passera, immagino sia rimasto sconvolto anche lei dalla notizia dell’ennesimo suicidio di un imprenditore italiano. Giancarlo Perin da Borgoricco, un nome che oggi suona quasi beffardo, si è impiccato alla gru della sua azienda edile nel Padovano. Lascia una moglie, due figli e decine di dipendenti ai quali temeva di non riuscire più a pagare lo stipendio, schiacciato com’era fra debitori insolventi, commesse latitanti e banche che con un eufemismo chiamerei insensibili ma che lui, nella lettera scritta alla famiglia prima di uccidersi, ha definito «avide».

Concorderà, ministro, che certi epiloghi non possono essere liquidati alla voce «attacco depressivo». Il dramma di quell’uomo rispecchia la condizione quotidiana di migliaia di piccoli imprenditori che non dormono più la notte e quando ci riescono non fanno sogni ma incubi. Uno in particolare: di fallire e veder scivolare le proprie aziende nelle mani di finanzieri che di notte invece dormono benissimo, perché non vivendo sul territorio ignorano le storie e le facce delle persone la cui vita dipende dalle loro decisioni.

So di non dirle nulla di nuovo. Ma di fronte al corpo di un imprenditore che penzola da una gru dopo l’ultima disperata e vana visita in banca, mi sembra giusto sottoporre alla sua attenzione di ex banchiere e neo-ministro dello Sviluppo l’urlo di dolore che risuona nel Paese e pretende, accanto a risposte strategiche, anche altre più immediate: di buon senso e, in molti casi, di semplice e rivoluzionario buon cuore.

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« Risposta #220 inserito:: Novembre 22, 2011, 12:35:15 pm »

22/11/2011

Il ritorno dello scontro ideologico

Massimo GRAMELLINI

Molti lettori sono rimasti sorpresi, e in qualche caso persino offesi, dai giudizi negativi che Nichi Vendola ha espresso sul programma economico del governo Monti nell’intervista a «Che tempo che fa». Perché il presidente della Puglia fa di ogni erba un fascio, anziché sostenere lo sforzo di persone serie e competenti che cercano di rimediare ai danni d’immagine e di sostanza compiuti dai predecessori?

Il loro stupore è indicativo di quanto sta succedendo nelle teste degli italiani dopo la caduta di Berlusconi.

Per vent’anni la politica da noi è stata un referendum pro o contro una persona fisica. Cosa pensassimo del capitalismo finanziario o delle energie alternative era di importanza secondaria rispetto al fattore dirimente: l’accettazione o il rifiuto del populismo berlusconiano. Quest’anomalia ha prodotto alleanze tattiche e ambiguità inevitabili, alimentate dal fatto che i principali campioni dell’anti-berlusconismo (da Travaglio a Di Pietro) non erano di sinistra.

Ora che la polvere sollevata intorno a quella personalità eccessiva comincia a diradarsi, le idee tornano ad avere un nome e ci si ricomincia a dividere non sull’antropologia, ma sulla politica. Così lo stesso compagno Vendola che ancora un mese fa a «Ballarò», Berlusconi imperante, discettava con Fini circa una loro possibile alleanza, sulla poltrona di Fazio è tornato a indossare i panni
dell’anticapitalista che in Monti vede il liberismo presentabile, ma pur sempre il liberismo: sensibile più alle ragioni del profitto che a quelle dell’ambiente o della giustizia sociale.

Dopo vent’anni di deriva populista c’eravamo dimenticati che in tutto il mondo esiste anche un liberalismo conservatore: serio, colto, perbene. E minoritario, almeno in Italia, perché minoritaria è la borghesia che lo esprime. Fu questo il cruccio di Montanelli e la vera ragione del suo dissidio con Craxi e poi con Berlusconi, che davano voce a un altro genere di borghesia, arrembante e spregiudicata. Forse però ci eravamo dimenticati che esiste anche una sinistra anticapitalista, indisponibile a stilare un programma coerente di governo con altre forze progressiste che pur contrastando Berlusconi accettano la Borsa e le banche. Il Sistema, insomma, e le sue regole del gioco. Quel Sistema e quelle regole che gli indignados italiani, di cui Vendola punta a farsi portavoce, vogliono abbattere perché lo considerano esaurito e ormai espulso dalla storia. In cambio di cosa non è ancora chiaro, visto che il comunismo è morto. Keynes è morto e anche lo Stato Sociale non si sente tanto bene.

Quando Bersani minimizza le divisioni a sinistra, sostenendo che Obama e Clinton, pur stando nello stesso partito, hanno posizioni divergenti su molti temi, dimentica di aggiungere che i due presidenti democratici americani sguazzano entrambi nel capitalismo, mentre Vendola lo vuole superare. Il nodo è tutto lì. Ed è quel nodo che fa dire, a chiunque osservi senza pregiudizi la situazione delle forze in campo nel dopo Berlusconi, che oggi esistono un partito antieuropeista, la Lega, un partito anticapitalista, Vendola più un pezzo di Pd, e in mezzo due democrazie cristiane. Una un po’ più di destra e l’altra un po’ più di sinistra, che non avendo abbastanza voti per vincere in solitudine né abbastanza sintonia d’idee con i partiti estremi per fare squadra con loro, saranno condannate in futuro a governare insieme.

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« Risposta #221 inserito:: Novembre 24, 2011, 06:33:45 pm »

24/11/2011

Il buco nello Stato

Massimo GRAMELLINI

Un’impiegata dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna ha lavorato sei giorni in nove anni. Nel lasso di tempo fra uno sforzo e l’altro è rimasta a casa in malattia o in maternità: immaginaria, dato che figli non ne ha, benché abbia finto di registrarne all’anagrafe almeno un paio. Ammettiamo pure che rappresenti un caso isolato. Ma chi gli stava attorno cosa rappresenta? Prima dell’intervento dei carabinieri nessun collega aveva denunciato la truffa o la sparizione della donna, e non per giorni o per mesi: per anni. Nessun superiore aveva disposto visite mediche a domicilio: forse non sarebbe stata un’impresa titanica, trattandosi di un ospedale. In compenso medici compiacenti le avevano firmato pacchi di certificati senza mai sottoporla a una parvenza d’esame. E funzionari quanto meno distratti avevano preso per buono il suo stato di famiglia di madre con figli a carico, consentendole di detrarli dalle tasse.

Ciascun lettore vada alla sua esperienza personale e rammenti le situazioni in cui lo Stato gli si è posto dinanzi con la maschera dell’inflessibilità o dell’ottusità. Quanti controlli non richiesti abbia subito e come sia stato difficile nei rapporti con sua maestà il Fisco far valere non i propri torti, ma le proprie ragioni. Ogni volta che la cronaca porta alla ribalta una persona capace di fare lo slalom fra le regole, ci chiediamo come sia possibile che i paletti finiscano sul naso sempre agli stessi. A quelli che non sanno o non vogliono scivolare sopra le crepe di questo sistema butterato dall’omertà e dallo scambio di favori.

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« Risposta #222 inserito:: Novembre 25, 2011, 10:53:53 pm »

25/11/2011

La pecora bianca

Massimo GRAMELLINI

Si può comprendere lo stupore che emerge dagli interrogatori di Tommaso Di Lernia, il tizio che ungeva politici e dirigenti per mungere la mammella degli appalti pubblici. A un certo punto del suo peregrinare fra mazzette e fatture false, Di Lernia finisce nell’ufficio di un alto funzionario dell’Enav che si colloca a uno snodo cruciale del percorso tangentizio. Il corruttore ha bisogno della sua firma o della sua omertà. «Andai da lui per cercare di disincagliare la situazione» racconta nel gergo delle deposizioni, «ed egli mi manifestò le sue ragioni, devo dire valide. Allora tentai di offrigli del denaro, ma mi resi conto che non avrebbe accettato nessuna retribuzione».

Dunque il funzionario si attenne alle regole, rifiutandosi di disincagliare e di intascare. Nonostante attorno a lui fosse tutto un fiorire di attività intascanti e disincaglianti: chi si faceva accreditare i soldi all’estero, chi li intestava a una società di comodo, chi maneggiava fondi neri in guanti di velluto. Ma lui niente, «impermeabile a ogni tipo di offerta» lo definisce l’amareggiato Di Lernia. Impermeabile e recidivo. Perché chiunque può avere un momento di sbandamento e rifiutare una mazzetta. Mentre qui siamo di fronte a un caso estremo di onestà continua e reiterata. «Più volte l’amministratore delegato di Finmeccanica mi disse di sistemare la faccenda con tale dirigente perché per lui rappresentava un problema». Difficile dargli torto. Una persona perbene come il dottor Fausto Simoni lì in mezzo era decisamente un problema.

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« Risposta #223 inserito:: Novembre 28, 2011, 07:22:44 pm »

26/11/2011

Senza nemico

Massimo GRAMELLINI

Il nuovo programma di Santoro in onda su Sky e tv locali ha perso in un mese 800 mila spettatori: dai quasi tre milioni dell’esordio ai due scarsi della quarta puntata. Gli invidiosi ne stanno già approfittando per consumare vendette. La realtà è che Santoro tecnicamente rimane un fuoriclasse e la trasmissione non è diversa dalle precedenti. Anzi, se non fosse troppo lunga, sarebbe persino migliore. Allora come si giustifica la crisi d’ascolti?

Un programma non può vagare per l’etere senza il supporto di una rete, così come anche il miglior articolo ha bisogno di appoggiarsi al marchio del giornale a cui dà lustro. Esiste poi una spiegazione più psicologica. In qualsiasi forma di narrativa è essenziale la creazione del Nemico. Harry Potter senza Voldemort ci avrebbe stufato dopo venti pagine. E’ l’incombenza del Nemico a rendere la fruizione della storia un evento rischioso, perciò eccitante. E non esiste antagonista più efficace di colui che dovrebbe esserti amico e invece lavora contro di te.

A Santoro non manca Berlusconi. Manca Mauro Masi. L’ex direttore generale della Rai è stato, a propria insaputa, uno straordinario ufficio stampa: intralciando i campioni dell’azienda, attirava su di loro l’attenzione generale. Finché Santoro era il profeta ribelle che osava attaccare il castellano dalla piazza del castello, anche i curiosi si affacciavano per sbirciare. Ma adesso che predica nel deserto, solo i più motivati lasciano le antiche mura per seguirlo. Gli altri restano al caldo dentro il castello, a guardare il varietà scacciapensieri di Fiorello.

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« Risposta #224 inserito:: Dicembre 06, 2011, 05:19:33 pm »

6/12/2011

Equità

Massimo GRAMELLINI

(s.f.) Contrazione di E-qui-taglio. Diffusissima fra i cavalli e le altre bestie da tiro, come i muli, i buoi e i lavoratori con almeno 42 anni di contributi. Ex moglie dell’ex ministro Tremonti, con il quale ha avuto una figlia: Equitalia.

Esempio di equità: andare in pensione alla stessa età dei tedeschi senza però avere mai percepito gli stipendi francamente esosi dei tedeschi. Altro caso tipico di equità è il raddoppio dell’Ici alle vedove che vivono in case fin troppo grandi, per contribuire al fondo di solidarietà «Mansarde di Stato con vista panoramica abitate dai parlamentari a loro insaputa».

Aggettivo: equo. Nel sentire comune è equo che paghino gli altri, mentre è iniquo che paghi io. La saga «Lamento dell’Equo» di Evasor Multiplex racconta le avventure dei possessori di yacht in nero, che la tassa sui posti-barca costringerà a tentare un attracco di fortuna in qualche isolotto dei mari del Sud, dopo una sosta nei centri di raccolta svizzeri per fare il pieno di banconote non scudabili e difficilmente scusabili. Sinonimi: torna qua, hai da pagà, ma va là. Frasi celebri: «Rogito, equo suv» (pronunciata dal filosofo Cartesio, già ministro tecnico nel governo Ciampi, alla notizia della rivalutazione degli estimi catastali).

Curiosità: dopo le lacrime della ministra Elsa Fornero, alla manovra «Lacrime e Sangue» verrà presto aggiunto il sangue dei pensionati. Per equità.

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