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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331280 volte)
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« Risposta #180 inserito:: Settembre 04, 2011, 05:12:15 pm »

4/9/2011

Il Pil sullo stomaco

Massimo GRAMELLINI

Possibile che solo due contribuenti italiani su cento guadagnino più di 3000 euro netti al mese? Se i dati del rapporto dell'Acli sui redditi 2011 corrispondessero alla realtà, significherebbe che l'Italia vive dentro un film e molti suoi cittadini sono attori che usano beni di lusso gentilmente offerti dalla produzione. Possibile che, su tre individui che incontrate per strada, uno dichiari al Fisco meno di 600 euro al mese? Tutti precari al primo impiego e pensionati all'ultimo stadio? Tutti membri della Casta o marziani? Prima ancora delle leggi, per combattere chi evade le tasse servirebbe l'indignazione di chi le paga. Invece se uno rapina una banca viene arrestato (a meno che sia il banchiere: in quel caso, come si è visto in America, lo Stato gli darà altri soldi). Mentre se rapina la collettività gode di una certa considerazione sociale.

Anche se ci rifiutiamo di ammetterlo, abbiamo metabolizzato l'esistenza di tre prodotti interni lordi. Il Pil in nero di chi si rifiuta di finanziare i servizi pubblici (a questo servono le tasse), talvolta per sopravvivere, più spesso per godersi la vita a scapito di chi non ce la fa. Il Pil delle mafie con cui si comprano case, aziende, terreni: tanto i soldi non hanno odore, al massimo qualche traccia di cocaina. E infine il Pil dei pirla: noi lavoratori dipendenti. L'unico che compare nelle statistiche ufficiali. L'evasore attraversa crisi e rivoluzioni come la salamandra il fuoco: senza bruciarsi. Purtroppo sarà così fino a quando le vittime non capiranno che quel tizio non sta derubando qualcun altro, ma loro.

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« Risposta #181 inserito:: Settembre 06, 2011, 03:11:28 pm »

6/9/2011

Presa in Giro

Massimo GRAMELLINI

Vi è mai successo di fare un sogno in cui le persone compiono gesti assurdi come se fossero normali e vi guardano come se i pazzi foste voi? Dopo una peperonata sognai un amico che scalava l'Everest in pigiama. Ma nemmeno tutte le peperonate del mondo riuscirebbero a partorire lo scenario surreale che si dipana davanti ai nostri occhi sbarrati: il giro ciclistico della Padania nel centocinquantenario dell'unità d'Italia. Autorizzato dalla federazione del ciclismo, finanziato da fior di sponsor, corso da Ivan Basso e benedetto dal commissario tecnico della nazionale italiana.

Il giro della Padania è un'idea di Bossi e anticipa la sceneggiata del Dio Po toccandone alcuni siti caratteristici. Se poi restasse qualche dubbio sulla paternità della peperonata, il primo della classifica generale indosserà una maglia di colore verde. Ma il vero incubo è stata la reazione degli addetti ai lavori. Un dirigente ciclistico ha detto: c'è anche il giro di Sardegna, eppure non si scandalizza nessuno.

Ho capito, ma la Sardegna esiste, sta nelle cartine geografiche. La Padania solo nella testa di una parte minoritaria di cittadini del Nord.
Vi raccomando poi la reazione dei politici locali del centrosinistra che hanno negato il passaggio della Corsa Verde nelle province amministrate da loro, frapponendo impedimenti fasulli e scuse arzigogolate. Mentre bastava dire: non vi facciamo passare perché la Padania non esiste e quindi non esiste neanche il vostro Giro secessionista, che va fermato per vilipendio dello Stato.

Qualcuno avvisi il ministro degli Interni. Sarà mica in bici anche lui?


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« Risposta #182 inserito:: Settembre 07, 2011, 05:26:35 pm »

7/9/2011

Un po' di dignità

Massimo GRAMELLINI

Il mio premier è Simone Pianigiani, c.t. della nazionale di pallacanestro che, sotto di 21 punti contro Israele, infligge alla sua squadra di talentuosi molluschi una strigliata universale. «Bisogna giocare con un po’ di dignità! Con un po’ di anima! Facciamo a cazzotti, almeno. Ma che czz avete dentro?». Le parolacce di solito mi danno fastidio, ma stavolta mi hanno messo i brividi. E non solo a me: lo sfogo di Pianigiani è uno dei video più cliccati della Rete. Che czz abbiamo dentro? Il problema è tutto lì. Siamo un Paese meraviglioso ed è inutile che vi elenchi i nostri pregi, che sono sempre stati uno in più dei nostri difetti. Siamo sopravvissuti a lanzichenecchi e venditori di tappeti perché a un passo dal baratro abbiamo sempre trovato la mossa del cavallo, lo scatto di dignità. Noi siamo il Gassman debosciato della «Grande Guerra». Quello che davanti all’ufficiale tedesco che ironizza sulla vigliaccheria degli italiani, alza la testa e gli fa: «Allora, visto che parli così, mi te disi propi un bel nient». E pur di non dargliela vinta si fa uccidere, che czz.

Ora, non dico tanto. Però un po’ di anima, di dignità. La classe dirigente ne è priva. Ma noi? Siamo disposti a smetterla di considerarci pedine impotenti di un gioco incomprensibile per riappropriarci del nostro destino? A svegliarci dal torpore lamentoso degli schiavi e a lottare con orgoglio per quello in cui crediamo? Nulla è inarrestabile, neanche il declino. Ci sarà un tempo per ricordarsi di aver avuto paura. Ma non è questo il tempo. Ora bisogna dare tutti qualcosa in più, amare questa comunità e portarla in salvo. Facciamo a cazzotti con la rassegnazione, almeno.

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« Risposta #183 inserito:: Settembre 08, 2011, 04:24:02 pm »

8/9/2011

Indignati e indennizzati

Massimo GRAMELLINI

Non sono mica politici. Sono prestigiatori. Uno è lì che si domanda che fine avrà fatto il dimezzamento dei parlamentari e quelli invece con un colpo di mano si dimezzano i tagli allo stipendio. Dopo aver votato senza battere ciglio l’anticipo dell’età pensionabile per le donne e l’inasprimento dell’Iva per tutti, i senatori prendono in esame l’unica parte della stangata che li interessi davvero: la riduzione delle indennità per i parlamentari forniti di un’altra fonte di reddito. La Manovra del 13 agosto (ormai bisogna specificare la data come sulle etichette dei vini) aveva previsto un taglio agli emolumenti del 50 per cento. Un atto di generosità scriteriata, ora sapientemente ridotto al 20% per la parte eccedente i 90 mila euro. Dai, basta il pensiero. D’altronde fra Iva, pensioni e supertasse per superpirla che non possono evadere, la nuova stangata era già sufficientemente sanguinosa. Perché infierire anche su una categoria disagiata come gli onorevoli con doppio lavoro? Avvocati, medici e commercialisti che lasciano sguarnito l’ufficio professionale per due, a volte addirittura tre giorni la settimana. E lo fanno per noi.

Diciamola tutta. I senatori si aspettavano che i cittadini indicessero una sottoscrizione popolare in difesa delle indennità. Ma il clima vacanziero deve averci distratti e così hanno provveduto direttamente loro, allestendo una raccolta di firme «bipartisan» per scongiurare l’attentato alle proprie tasche. Signore, non perdonare loro perché sanno quello che fanno. E continuano a farlo, pur sapendo che anche noi lo sappiamo.

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« Risposta #184 inserito:: Settembre 09, 2011, 05:53:37 pm »

9/9/2011

Asserragliati nel fortino dei privilegi

Massimo GRAMELLINI

Quando Berlusconi annunciò l’imminente dimezzamento dei parlamentari, due cose furono subito chiare a tutti gli italiani.
Che moriva dalla voglia di farlo, se non altro per dimezzare le spese, visto che li mantiene quasi tutti lui. E che non ci sarebbe riuscito, perché nessuno ha mai visto la forfora votare a favore dello shampoo.

Ricordate? Per addolcire il bicarbonato della Manovra, a fine agosto il governo pensò bene di regalarci una caramella al miele.
La promessa di un disegno di legge costituzionale che avrebbe dimezzato i parlamentari e cancellato le province.
La Casta più obesa del mondo si sarebbe messa in cura dimagrante. Un segnale per i contribuenti: mentre voi stringete la cinghia, noi ci rimettiamo almeno la camicia dentro i pantaloni.

Qualche giorno dopo il segretario del partito del premier scartò la caramella al miele e la distribuì sull’autorevole palco della Berghemfest (sembra uno stopper del Bayern, ma immagino voglia dire Festa di Bergamo): ai primi di settembre, garantì, presenteremo un disegno di legge costituzionale per dimezzare il numero dei parlamentari e abolire le province.

Il disegno di legge costituzionale è stato presentato ieri e prevede soltanto l’abolizione delle province. Il dimezzamento dei parlamentari è stato inghiottito da un buco nero. Chi lo avrebbe mai detto? Stupiti quanto voi, ci siamo messi sulle tracce dello scomparso, interpellandone il padre putativo: Calderoli. L’illustre giurista ci ha tranquillizzati: il dimezzamento non è nel disegno di legge perché era già stato varato dal consiglio dei ministri del 22 luglio scorso. E allora come mai Berlusconi e Alfano, oltre un mese dopo, lo promettevano ai cittadini? Uno promette quel che deve ancora fare, non quel che ha appena fatto. L’ipotesi che il consiglio del 22 luglio avesse approvato il dimezzamento dei parlamentari all’insaputa del premier è stata presa seriamente in considerazione, ma non ha retto alla prova dei fatti. Che sono questi. Il dimezzamento è stato votato dal governo «salvo intese», una formula furbetta che consente di spacciare la riforma come già avvenuta, mentre nella realtà deve ancora passare per le forche caudine di una trattativa con i singoli ministri.

Per farla breve: la proposta di dimezzare gli onorevoli e i senatori non è stata inserita nel disegno di legge di ieri perché si trova già altrove, ma quell’altrove è un provvedimento che giace sepolto in un cassetto di Palazzo Chigi e non è mai stato trasmesso ai due rami del Parlamento. Per farla brevissima: ci hanno preso in giro un’altra volta. La seconda in due giorni, dopo la farsa dello sconto sui tagli alle indennità degli onorevoli muniti di doppio lavoro (e doppia pensione) festosamente promessi dal governo non più tardi di due settimane fa.

Neanche a dire che non si rendano conto di essere detestati. Lo sanno benissimo, tanto che ormai si vergognano di dichiarare in pubblico il mestiere che fanno. Semplicemente se ne infischiano delle reazioni. Asserragliati nel fortino dei loro privilegi, mentre intorno tutto crolla. Senza nemmeno salvare le apparenze e prendere qualche precauzione, come quella di placare la furia dei cittadini compiendo un sacrificio personale. Adesso pensano di cavarsela con la sola abolizione delle province, facendo pagare a un grado più basso della Casta il prezzo della loro eterna intangibilità.

Una classe dirigente si può disfare in tanti modi. Persino con uno scatto finale di orgoglio. La nostra invece - fra ruberie sistematiche, intercettazioni grottesche, barzellette sulle suore stuprate e raccolte di firme bipartisan per la conservazione delle feste dei santi Ambrogio e Gennaro ha compiuto la scelta più consona alla propria mediocrità, decidendo di dissolversi in una bolla infinita di squallore.

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« Risposta #185 inserito:: Settembre 15, 2011, 10:32:55 am »

15/9/2011

Bonatti, l'uomo che ha scalato l'ingiustizia

Muore a 81 anni un mito dell'alpinismo: accusato e assolto per l'impresa del K2

Massimo GRAMELLINI

C’è una storia che contiene tutte le storie del nostro Paese: il pasticcio del K2.

La scomparsa di un italiano immenso come Walter Bonatti ci obbliga ancora una volta a ripassarla per ricordarci chi eravamo, chi siamo e che cosa non dovremo più essere, se vorremo scalare le pareti ghiacciate del futuro.

Nel 1954 l'Italia è una nazione che arranca verso il benessere e ha fame di personaggi positivi e imprese da sogno. Gli altri popoli ci riconoscono estro individuale, ma non credono nelle nostre capacità di lavoro di squadra. Quando la spedizione guidata dal geologo Ardito Desio decide di assaltare la più alta montagna inviolata del mondo, sono in pochi a scommettere sull’esito vittorioso dell’impresa.

E invece il 31 luglio i giornali annunciano a titoli di scatola la conquista del K2. Non è solo un evento sportivo. E' lo spot della rinascita. Di colpo l'Italia diventa di moda e si comincia ad associarne il nome a una parolina magica: boom. Desio e i suoi ragazzi tornano in patria accolti come eroi. Le luci della ribalta investono soprattutto l'uomo che per primo ha raggiunto la vetta: Achille Compagnoni. Alpinista di buon livello ma - per restare in tema non una cima. Il vero fuoriclasse della spedizione si chiama Walter Bonatti, però ha solo ventitré anni e nell'Italia di allora (di allora?) il talento e la gioventù fanno paura, specie quando sono riuniti nella stessa persona. Nonostante Bonatti fosse di gran lunga il più fresco e il più forte, Desio ha affidato l'onore dell'ultimo tratto di ascesa a Compagnoni: affidabile, fedele. E i capi italiani di allora (di allora?) tendono a preferire la fedeltà al talento.

L'episodio di mobbing resterebbe confinato al piccolo mondo dei rifugi alpini, se non subentrasse un'altra consuetudine nostrana: quella di farci del male da soli. Vengono alla luce i particolari: Bonatti si è dovuto accontentare del compito gregario di portare le bombole d'ossigeno per Compagnoni all'ultimo campo. Verso sera si è presentato puntuale all'appuntamento, ma Compagnoni non c'era. Senza avvertirlo, aveva spostato il bivacco centocinquanta metri più in alto. Ormai era buio: Bonatti non poteva più raggiungerlo e neanche tornare indietro. Era stato costretto a sopravvivere a una notte non raccontabile, trascorsa in parete a quaranta gradi sotto zero, senza tende né sacchi a pelo. La guida pakistana che era con lui ci aveva rimesso alcune dita delle mani e dei piedi.

Bonatti ha subìto uno sgarbo mortale, ma è un signore. Alla vigilia della spedizione ha firmato un contratto che lo obbliga al silenzio per due anni e non parla. Non ancora. Non prima che un giornalista lo accusi di essersi salvato la vita, in quella notte da streghe, attingendo alle bombole destinate a Compagnoni, il quale lamenta di averle trovate mezze vuote e di essere arrivato in vetta al K2 senza più ossigeno.

L'accusato si indigna e querela. E così la verità taciuta da tutti emerge nelle aule di tribunale. Bonatti non può aver utilizzato l'ossigeno per la semplice ragione che gli mancava la maschera per respirarlo. E Compagnoni, con la decisione scriteriata di spostare l'ultimo campo più in alto, ha messo a repentaglio la vita del collega-rivale per paura che costui lo sorpassasse, arrivando in cima per primo al posto suo. Soltanto Desio difende ancora il proprio pupillo, forse per difendere se stesso. Ma Bonatti adesso pretende tutta la verità. La spedizione del K2 è stata finanziata da soldi pubblici e quindi occorre renderne conto ai contribuenti, sostiene quel moralista romantico.

Gli ci sono voluti cinquantaquattro anni di lotte e di magoni prima che nel 2008 il Cai (Club Alpino Italiano) cancellasse dai libri sacri della montagna la versione di Desio e vi iscrivesse la sua. Bonatti ha passato la vita a combattere contro un'ingiustizia palese, ma nemmeno l'ingratitudine di tanti ha potuto impedirgli di realizzare i suoi sogni di alpinista, di uomo d'avventura, di uomo. Ed è stato tutto questo, e molto altro, a renderlo così poco e così meravigliosamente italiano.

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« Risposta #186 inserito:: Settembre 18, 2011, 04:23:08 pm »

17/9/2011

Invidiosi?

Massimo GRAMELLINI

Putin ha dichiarato a un congresso di imprenditori che chi critica le notti brave del suo amico Silvio è un invidioso. Il gerarca russo appone la sua firma d’autore all’ideologia che ha dettato legge negli ultimi decenni: il Pensiero Unico Turbomaterialista, il cui acronimo PUT richiama benevolmente il suono di una flatulenza. Secondo tale visione maschilista e totalizzante del mondo, gli esseri umani desiderano soltanto fare orge, intascare mazzette e sculettare in tv, non necessariamente in quest’ordine. È inconcepibile che qualcuno possa nutrire interessi culturali, romantici, spirituali. Quindi chi fa la morale al PUT è come la vecchietta di De Andrè, che dava buoni consigli solo perché non poteva più dare cattivo esempio.

Ora, nessuno è privo di vizi. Ma contesto l’idea che tutti desiderino quella roba lì. Io, per dire, fra una cena con Steve Jobs e una con la consigliera regionale vestita da suora, preferirei conoscere il vecchio Steve, anche vestito normalmente. Il fatto che i media (mea culpa) intervistino le squinzie invece delle ricercatrici, non significa che tutte le ricercatrici ambiscano a diventare squinzie. Esistono ricercatrici felici di esserlo (purtroppo lavorano all’estero), come esistono anziani rappacificati con se stessi che la sera vanno a letto con un buon libro e magari con una persona che amano, ricambiati. E certo non invidiano chi esibisce o ricerca corpi rifatti, volgarità e ignoranza. Vede, signor Putin, non siamo invidiosi. Solo un po’ imbarazzati per quelli, come il suo amico, che non sono più capaci di ascoltare la voce provvidenziale della vergogna.

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« Risposta #187 inserito:: Settembre 20, 2011, 06:00:17 pm »

20/9/2011

I valori dell'Italia

Massimo GRAMELLINI

L’alternativa sarebbe dunque Di Pietro che mette suo figlio in lista, come neanche Mastella. L’alternativa sarebbe De Magistris che si inchina davanti al cardinale per baciare la teca con il sangue liquefatto di San Gennaro. E se il demagogo molisano dice che suo figlio «non è il Trota», comportandosi come quel padre che giustifica i favori concessi al pargolo denigrando quello altrui, il demagogo napoletano discetta sulla «natura identitaria» della festa del santo patrono. Finge di non sapere che l’immagine del sindaco di Napoli che omaggia l’ampolla tesagli dal cardinale ha da secoli un significato ben preciso: la sottomissione dell’autorità civile a quella ecclesiastica. Bel risultato davvero, per uno che si presentava come il sovvertitore delle abitudini sclerotizzate della città.

Non pretendevamo che disertasse la cerimonia del finto miracolo che tutto il mondo ci spernacchia. Sarebbe bastato il silenzio. E un po’ di dignità. Ecco il miracolo che molti elettori si aspettavano da lui e dal partito suo e di Di Pietro. Quell’Italia dei Valori che attraverso le gesta dei suoi volti più noti ci ha appena ricordato quali siano i valori a cui l’Italia non è disposta a rinunciare: familismo e superstizione.

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« Risposta #188 inserito:: Settembre 22, 2011, 05:08:46 pm »

Fatelo scendere

Massimo GRAMELLINI

Mi sento come il passeggero dell’aereo più pazzo del mondo che, mentre l’apparecchio precipita, scosta la tenda della cabina di pilotaggio e scopre che il comandante e le hostess stanno gozzovigliando. Aiuto, fatemi scendere. C’è ancora un paracadute o se lo è portato via Giuanin, nome in codice del peruviano delegato dal Lavitola al ritiro delle bustarelle per i bisognosi? Un paracadute, per favore. Non per me. Per il comandante. Perché le prese in giro, le indignazioni, i severi moniti non bastano più. Qui bisogna costringere il vecchio pilota a mollare la cloche. Non è detto che ci si salvi. Ma con questo si va a sbattere di sicuro. All’atterraggio elettorale mancano ancora diciotto mesi e così non ci arriveremo mai vivi.

Cosa posso fare per convincerla, signor comandante? Scrivere tutti i giorni lo stesso articolo - vattene vattene vattene - fino a quando non se ne va? Ma tanto non se ne va. Augurarmi che lo spread coi titoli tedeschi salga a 500, 5000, 50.000, così saranno i mercati a intimarle lo sfratto? Sarebbe autolesionista. Sperare in una serrata dei Capi di Stato esteri nei suoi confronti: niente Italia al G8 finché a rappresentarla c’è l’amico di Giuanin? Che il destino risparmi al mio Paese questa umiliazione. Confidare nelle dimissioni in blocco di una cinquantina di parlamentari scelti e pagati da lei...? Ecco, mi sono già risposto da solo. Non resta che provare a stimolarla sull’unica materia che, mi dicono, le interessi più della ....: i libri di storia. Se mira ancora a entrarci, Cavaliere, si sbrighi a uscire.

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« Risposta #189 inserito:: Settembre 28, 2011, 09:51:00 am »

28/9/2011

La Patria insonne

Massimo GRAMELLINI

Al telefono di casa Fruttero risponde un amico diversamente giovane che ha appena compiuto 85 anni.

Ciao Carlo, come stai? «Non ho chiuso occhio tutta la notte». Digestione difficile? «Angoscia da talk show». Pensavo non li guardassi. «Li comincio tutti. Poi, quando gli ospiti iniziano a scannarsi o a parlare di donnine, cambio canale». Da qui l'angoscia? «No, la noia. Non arrivano mai al nocciolo. Invece l'altra sera, all'Infedele di Lerner, non si scannavano e non parlavano di donnine». E di cosa, allora? «Del nocciolo. Perciò mi sono agitato». Non sapevi che siamo nei guai? «Non fino a questo punto. Sentendo parlare tutte quelle persone serie, ho finalmente colto il succo della crisi: i soldi». Embè? «Sono finiti». Non farti prendere dal panico. «Ma neanche per il naso. Stanno arrivando tempi duri. Spenta la tele, mi è montata la stessa angoscia che avvertivo nel 1946 alla fine della guerra». A spasso fra le macerie. «Con la differenza che allora c'era lo slancio della ricostruzione. E io avevo vent'anni». Dentro li hai ancora, quindi da te vorrei immagini di speranza. «Ne ho vista una nello studio di Lerner. Quel Mario Monti. Un signore serio, pacato, equilibrato. Ne avremmo bisogno, dopo queste donnine e questo chiasso. Mi dà l'idea che sappia dove mettere le mani». E tu? «Io? Bisogna che non muoia. Non posso prendere congedo proprio adesso. Sarebbe una fuga». Se per andartene aspetti un altro boom economico, hai l'immortalità garantita. «Invece ce ne tireremo fuori. Non dimenticarti chi siamo». Chi siamo, Carlo? «L'Italia, no?».

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« Risposta #190 inserito:: Settembre 29, 2011, 05:00:47 pm »

29/9/2011

Auguri, Cavaliere

Massimo GRAMELLINI

Tutto il mondo sa che in Italia c’è armonia assoluta fra il presidente del Consiglio e i suoi amministrati. Perciò ha destato qualche impressione il comportamento degli imprenditori edili che ieri hanno contestato in pubblico il ministro Matteoli. Da un esame dei giornali dell’ultimo anno risulta infatti che i bolscevichi del mattone sono la prima categoria a manifestare sfiducia nei confronti del governo della libertà, se soltanto si escludono: i veri liberali, gli italiani che non possono espatriare a Bali, i tartassati, gli affamati, gli ultimi e incorreggibili incensurati, i frequentatori del divano della Dandini, i costruttori del tunnel sotto il Gran Sasso finanziato dalla Gelmini, gli orfani e le vedove di Santoro, i nostalgici inconsolabili del decoro, le escort non invitate, le escort invitate ma politicamente non sistemate, il popolo delle partite Iva, i precari a cui lo stipendio non arriva, i vampiri delle intercettazioni, gli elettori leghisti a cui cominciano a girare i Maroni, gli immigrati assiepati sui moli, i costituzionalisti allergici a Calderoli. E ancora: i cattolici devoti, gli agopuntori rivali di Scilipoti, i negozianti che non fanno sconti, i commercialisti che non sopportano Tremonti, i licenziabili che vanno di fretta, gli illusi del liberismo che per anni hanno creduto a Brunetta, il laureato che non potendo affittare casa non si sposa, il tronista in lista d’attesa a Villa Certosa.

Invece il grosso del Paese rimane saldamente nelle mani di Berlusconi.

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« Risposta #191 inserito:: Settembre 30, 2011, 03:37:12 pm »

30/9/2011

Fuori dal tunnel

Massimo GRAMELLINI

Vorrei spezzare un neutrino a favore del portavoce della Gelmini, costretto a dimettersi dopo la topica del comunicato che inneggiava al tunnel fra Ginevra e il Gran Sasso pullulante di particelle parcheggiate in doppia fila. Non è facile portare la voce di un politico della Seconda Repubblica. Quello della Prima leggeva con calma i giornali, incontrava un po’ di persone e trascorreva il resto della giornata a studiare i faldoni di sua competenza, riuscendo talvolta a comprenderli. Il nuovo politico legge solo le rassegne stampa, dove vengono riprodotti gli articoli che parlano di lui. Così giorno dopo giorno crede di conoscersi meglio, mentre la sua dimestichezza coi problemi del mondo non migliora. Anche perché questo forzato dei media vive perennemente «online», gli occhi piantati sull’ultima dichiarazione del politico rivale a cui risponderà con una battuta memorabile prima di correre in tv a farsi intervistare su cose che ignora oppure a un convegno a farsi fischiare da persone che ignora.

Una vitaccia. Mai però come quella del portavoce, che deve studiare per lui, condensando il frutto dei suoi sforzi in un foglio che il politico trasmetterà alle agenzie di stampa prima di averlo riletto o scandirà a favore di telecamera come La Russa l’altra sera a Ballarò: «Persino in Germania, negli ultimi dieci anni, la Borsa ha perso il 30 per cento. Punto più, punto meno». Per il bene del portavoce di La Russa speriamo che nessuno vada a controllare i «database» di Bloomberg Professional, da cui emerge che fra il 2001 e il 2011 la Borsa in Germania è cresciuta del 30,39%. Punto più, punto meno.

Alcuni lettori mi accusano di non aver citato la fonte web da cui avrei assunto il dato sui flussi della Borsa in Germania che sbugiardano La Russa. L’informazione mi è stata segnalata da un collega senza ulteriori indicazioni, per cui ho immaginato in buona fede che fosse di dominio pubblico, nel senso di già uscita su giornali o agenzie di stampa. Altrimenti non avrei avuto alcuna difficoltà a citare phastidio.net. Lo faccio ora, allegando il link. Un caro saluto a tutti.

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« Risposta #192 inserito:: Ottobre 01, 2011, 03:27:37 pm »

1/10/2011

Tedeschi del Sud

Massimo GRAMELLINI

È sconsolante che, con tutti i guai che abbiamo, si debba ancora star qui a spiegare perché il 25 aprile è festa nazionale, oppure che la Padania non esiste, come ha dovuto ricordare anche ieri Napolitano. C’è uno Stato che cade a pezzi, decisioni urgenti e impopolari da prendere, il bisogno disperato di qualcuno che unisca l’Italia indicandole una direzione comune. Invece siamo sempre fermi sulla stessa mattonella, a dividerci sulla cacciata dei nazisti e su chi ha più ladri e mangioni nelle proprie file, ma soprattutto a discettare su un popolo immaginario, il padano, non riconosciuto come tale neppure dalla maggioranza di coloro che dovrebbero farne parte.

Quanta gente dovrà ancora perdere il lavoro, la speranza e la pazienza prima che la politica smetta di occuparsi di ministeri a Monza, giri della Padania e altre pagliacciate persino divertenti in epoca di benessere, ma che in questo clima di povertà incombente scaturiscono lo stesso effetto di una barzelletta sporca raccontata in un ospedale? Se una minoranza di cittadini del Nord è convinta di poter imporre la secessione con un colpo di mano rivoluzionario, smetta di berciare slogan e dia l’assalto ai nostri palazzi d’inverno. Ci troverà lì dentro a difenderli. Se invece il piano del geniale stratega del dito medio è di scommettere sull’apocalisse economica affinché dalle macerie dell’Europa nasca una supernazione tedesca che trasformi l’Italia settentrionale nel suo Mezzogiorno, temo abbia fatto male i suoi calcoli. I tedeschi sono gente seria. Di persone come lui non sanno proprio che farsene.

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« Risposta #193 inserito:: Ottobre 06, 2011, 09:35:04 am »

6/10/2011

Stupefacente

Massimo GRAMELLINI

C’è ancora qualcosa che ha il potere di stupirci? Sfogliamo il notiziario di giornata. La Regione Lazio della sora Polverini, in preda a un attacco di cultura, organizza per gli alunni delle elementari romane la proiezione di una puntata de «I Cesaroni». Olè. Il Partito Democratico riesce a dividersi persino sulla nomina del presidente dell’Anci, l’associazione dei sindaci. Hanno fatto le primarie, non è una battuta, e lo sconfitto ha chiesto il riconteggio: neanche questa è una battuta. Olè. La figlia del presidente del Consiglio manda un esposto al ministro di Giustizia nominato dal presidente del Consiglio per lamentarsi di una sentenza che riguarda un’azienda del presidente del Consiglio. Olè. La Virtus Bologna allunga oltre due milioni di dollari a un giocatore di basket della Nba per giocare una partita sola. Doppio olè (uno a milione). La crisi toglie il sonno agli italiani, invece la Camera si occupa forsennatamente di imbavagliare le intercettazioni, una pratica che interessa soltanto chi sta al telefono coi pregiudicati, mentre i provvedimenti dimagri-casta agitati come turiboli d’incenso per tutta l’estate si devono essere persi in qualche sottoscala. Olè. Le agenzie di rating ci declassano, ma il ministro dell’Economia con delega alla saccenza se ne infischia e pure le Borse, mai andate così bene. Olè.

Mi domando cosa possa ancora scuoterci da tanto torpore. Forse il manipolo di democristiani che, a sentire i sussurri di Palazzo, fra qualche settimana farà cadere il governo: quello sì sarebbe stupefacente.

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« Risposta #194 inserito:: Ottobre 07, 2011, 04:56:57 pm »

7/10/2011

Campione di un tempo passato

Massimo GRAMELLINI

Dopo una lunga riflessione fra sé e sé (i due amici a cui vuole più bene), il presidente del Consiglio ha finalmente colto l’essenza del caso italiano, il motore primo della crisi politica in cui ci stiamo avvitando.

Si tratta del nome del suo partito. Non il declino fisico del capo, la mediocrità dei sottoposti e l’incapacità congenita di mantenere le promesse e riformare un sistema giurassico e corrotto. Nella sua testa di pubblicitario il problema non sono mai le cose, ma le etichette. Checché ne dicano i mercati, gli imprenditori e gli elettori (compresi i suoi), la vita in Italia sarebbe ancora un’immensa pasticceria e lui l’uomo più popolare del globo, se solo il Pdl si chiamasse in un altro modo. Ne consegue che la via d’uscita non può essere un banale decreto per la crescita, ma la ricerca di un nome più simpatico.

A un capannello di ridanciani clientes che gli rinfrescavano l’ego in Parlamento, il primo ministro ha proposto «Forza Gnocca» («Go pussy», sul sito della Cnn): elegante come certe cene. Rimangono perplessità tecniche sul simbolo, ma la consulenza di Bossi sarà in grado di dirimerle: a una parlamentare che osava contestare la raffinatezza di «Forza Gnocca» («Allez Minette», sul sito di Le Monde), un leghista ha risposto in pieno transatlantico di Montecitorio: «Ma vai a farti sc...».

L’impressione è che il premier sia ormai come la situazione: fuori controllo. In preda a una deriva infantile. L’altro ieri ha accolto il Presidente macedone con una battuta sulle macedonie di frutta. Di questo passo ne farà altri all’indietro, mettendosi a giocare a nascondino nei corridoi di palazzo Grazioli o a rubabandiera durante i vertici coi Grandi del mondo, che parlano di cose tanto complicate e noiose.

Ma persino in questo interminabile viale del tramonto, colui che fu Berlusconi rimane fedele alla sua essenza di pubblicitario. Convinto che, di ogni prodotto, ciò che davvero conta sia il pacchetto in cui viene incartato. Dieci anni fa suggerì a Fiat di uscire dalla crisi chiamando le Panda «Ferrari Young». Chissà quante volte avrà cercato di ribattezzare Tremonti «Thatcher» e Calderoli «Einstein» o almeno «Confalonieri». Per vent’anni ha venduto scatole vuote, miracoli italiani, aliquote irlandesi, il mantenimento di un benessere diffuso che la realtà si incaricava giorno dopo giorno di smentire. Non solo per colpa sua. E’ che i tempi sono cambiati e lui da tempo non è più un uomo di questo tempo.

L’ossessione per i nomi (diffusa anche fra i suoi cloni sfocati del centrosinistra) è seconda solo a quella per il potere evocativo dei numeri. Quando vuole elogiare se stesso infila lunghi elenchi cifrati, pur di farci sapere che ha fatto 211 leggi, vinto 23 coppe, presieduto 144 riunioni. Come se il numero fosse di per sé un merito. Confezione e Quantità rappresentano i suoi totem. I totem degli Anni Ottanta, quelli del consumottimismo e dell’indebitamento allegro, che questo Paese ha tentato disperatamente di mantenere in vita fino a oggi, affidandosi al campione che ne incarnava i valori. Purtroppo il Duemilaundici è insensibile alle leggi degli spot. Per uscire da una crisi che prima di essere economica è morale, non basterà infiocchettarla di sorrisi e «patonze». Anche se il partito del premier ha effettivamente dei problemi con un nome: il suo. Quel «Berlusconi», già garanzia di successo, che sta scomparendo da tutti i manifesti. Fino al giorno in cui qualcuno dei clientes che ancora ieri si spanciava per la sua patetica battuta sessista comincerà a negare che un tipo così, capace di venderci il nulla per vent’anni, sia mai realmente esistito.

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