LA-U dell'OLIVO
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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331063 volte)
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« Risposta #60 inserito:: Luglio 31, 2010, 08:29:38 am »

31/7/2010

Mollare gli ormeggi

Massimo GRAMELLINI
   
Mi è venuta l’idea per un film, per un poema, per la copertina di un settimanale che fosse eccezionalmente stufo di mettere la solita anoressica di tendenza in copertina. Di più: l’idea per una cartolina di buone vacanze da spedire a tutti i lettori. La ambienterei nel Sud Italia, a Catania. Protagonista maschile, un agente di commercio di quasi cinquant’anni che chiameremo Rosario. Rosario Patané. Conosce una donna un po’ più giovane di lui ma non troppo, che non può chiamarsi che Grazia. Grazia Giandolfo. Rosario e Grazia si innamorano, si sposano e cominciano a coniugare insieme i verbi al futuro. Hanno un sogno: mollare gli ormeggi e navigare lontano dagli oggetti superflui, dalle convenienze sociali e dai rumori di fondo dei telegiornali.

Liberi, finalmente, dalle tossine accumulate in tanti anni di lavoro. E allora vendono. La casa, la macchina, gli elettrodomestici e anche tutti i vestiti, tranne un paio. Poi estinguono i conti in banca e col ricavato comprano il materiale che serve a Rosario per costruire la barca con cui faranno il giro del mondo. Eccoli sulla banchina del porto, in un pomeriggio d’estate, mentre salutano amici e parenti. Torneranno fra cinque anni e con i soldi della barca compreranno un terreno che hanno già adocchiato nella campagna etnea. Lì costruiranno una piccola casa per continuare a viaggiare, stavolta da fermi. Dentro se stessi. Mi sarebbe piaciuto avere un’idea così. Invece Grazia e Rosario esistono davvero. Sono partiti ieri dalla banchina del porto di Catania. Buon viaggio.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41

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« Risposta #61 inserito:: Agosto 07, 2010, 10:04:54 am »

7/8/2010

Il l'aureato
   
Massimo GRAMELLINI

Mi unisco alla ministra Gelmini nel caldeggiare la laurea honoris causa a Umberto Bossi in scienza della comunicazione. Il rettore dell’Università dell’Insubria, cui si deve la brillante iniziativa, non ha certo bisogno di aiuto per redigere le motivazioni del meritato riconoscimento, ma vorrei comunque ricordare il contributo del dottor Bossi alla comunicazione politica in un Paese come il nostro, stremato dal linguaggio ipnotico dei democristiani e da quello inaccessibile di Spadolini, che riusciva a pronunciare anche sette congiuntivi di seguito senza sbagliarne uno.

Dopo una fase pionieristica, nella quale il dottor Bossi ha saputo sapientemente alternare il registro scurrile (è l’età del celodurismo e del tricolore carta igienica) con la metafora guerriera a sfondo erotico (i kalashnikov e lo spadone di Alberto da Giussano piantabile in luoghi ogni volta piacevolmente diversi), negli ultimi tempi l’accademico ha imboccato una strada davvero innovativa: l’abolizione delle parole, retaggio ingannevole del passato, sostituite da ombrelli, diti medi e mani aperte a casseruola. Questa è, al momento, la punta più avanzata della ricerca. Ma confidiamo negli studi del dottor Fabrizio Corona.

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« Risposta #62 inserito:: Agosto 10, 2010, 02:40:36 pm »

10/8/2010

God parade

Massimo GRAMELLINI
   

Il vescovo ausiliario di Salisburgo ha scritto, nero su bianco, che la morte di quei ventuno ragazzi alla Love Parade del luglio scorso è stata una punizione divina. Ballare impasticcati e seminudi per le strade costituisce attività peccaminosa, sostiene il vescovo, ed è perfettamente naturale che Dio colpisca chi tenta di sovvertire l’ordine da lui creato. L’attribuzione a un Ente Supremo di pulsioni umane, come la riparazione di un torto attraverso la vendetta, ripugna a chiunque sia in cerca di spiritualità autentica e contiene una falla che nessun teologo è ancora riuscito a colmare. Se Dio aveva deciso di castigare i baccanti della Love Parade, perché ne ha sterminati solo ventuno, risparmiando gli altri? Ma soprattutto: perché ha preso di mira una moltitudine di giovanotti che, per quanto sballati, non stavano dando fastidio a nessuno, mentre non si accanisce con altrettanta precisione su assassini, ladri, stupratori e tutto ciò di ben più orribile e «peccaminoso» di una danza sfrenata che viene messo in scena ogni giorno dalla tragicommedia umana?

Un parroco della mia infanzia diceva che il Dio Paura è un’invenzione degli uomini per spaventare, inibire e dominare altri uomini.
Gesù, aggiungeva, ci ha insegnato che Dio non è un vecchietto arrabbiato con la barba bianca e il forcone, ma l’energia d’amore di cui è composto l’universo.

Peccato che quel parroco illuminato ci abbia lasciati da tempo. Altrimenti avrei umilmente suggerito al vescovo tonante di andare a lezione di catechismo da lui.

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« Risposta #63 inserito:: Agosto 13, 2010, 04:03:06 pm »

12/8/2010

Massimo Gramellini

La sacra famiglia

Ieri al giornale ho ricevuto questa telefonata.

Non l’ho registrata, ma vi prego di credermi: è vera.

«Buongiorno, dottore, vorrei che lei esprimesse l’indignazione di noi cittadini comuni per i politici senza senso dello Stato. Piazzano le amanti in televisione. Svendono al cognato l’appartamento del partito. Sistemano i figli nelle società a cui poi danno in appalto i soldi pubblici. Cosa si aspetta a cambiare la Costituzione? “L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Ma non scherziamo! L’Italia è una Repubblica di famiglie fondata sulle raccomandazioni. Tengono tutti famiglia, questi politici. E in ogni famiglia c’è una moglie o una compagna che a sua volta è madre, figlia, sorella di qualcuno da piazzare. Come un trapano, ogni mattina lo ricorda al marito: hai chiamato?, hai sentito?, hai saputo? Perché le donne, se possibile, sono peggio degli uomini: per loro esiste solo la famiglia. Il resto - lo Stato, le comunità, le regole - sono impacci da estirpare nella lotta per la vita. E il politico trapanato che fa? Abbozza, finché lei spara la bordata micidiale: “Allora vuol dire che non conti proprio niente…”. L’onorevole maschio si sente ferito nell’orgoglio e fa la telefonata che doveva fare. Ma che non avrebbe mai dovuto fare, mi spiego? Eh, bisognerebbe che entrassimo in politica noi, dottore caro. Aria fresca, aria nuova… A proposito, secondo lei ci sono spazi al giornale per un collaboratore giovane? Ho un nipote che vorrebbe fare il giornalista… abbiamo un nipote… è mia moglie che mi dà il tormento, capisce…».

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« Risposta #64 inserito:: Agosto 28, 2010, 10:24:55 pm »

28/8/2010

Il genitore ridens
   
MASSIMO GRAMELLINI

Della vicenda di Civitanova Marche, dove un gruppo di bulletti da spiaggia fra i dieci e gli undici anni ha preso a calci la sdraio su cui un venditore ambulante si era seduto, gridandogli «amigo, vattene, questa è proprietà privata», mi ha sconvolto soprattutto il comportamento ridanciano dei genitori. Con questo non voglio dire che il resto vada derubricato a ordinaria amministrazione. Pur avendo un ricordo abbastanza vago delle mie vacanze infantili, non ho memoria di un coetaneo che mi proponesse di prendere a calci la sdraio di un venditore ambulante. A dieci anni ci si tirava calci al massimo tra noi.

E comunque nessuno, ma proprio nessuno, sapeva che cosa fosse una proprietà privata e tanto meno che si chiamasse così. Però di una cosa vado assolutamente certo: che se il più bullo della brigata avesse deciso di compiere un gesto tanto infame, lo avrebbe fatto di nascosto dalla sua famiglia, temendone la reazione. Qui invece pare che insegnare il disprezzo verso le persone più deboli stia diventando, per certi genitori, una missione educativa di cui menare gran vanto. Non si spiegherebbero altrimenti le risate con cui i padri e le madri di quei mocciosi hanno accompagnato la scena. Ma che bel gioco. Ma che orgoglio aver cresciuto dei figli così. Par di sentirli: cosa sarà mai, sono solo dei bambini! Oppure (variante Giornale-Libero): perché non parlate dei ragazzi dello stabilimento accanto che buttano per terra le cartacce? La novità, rispetto al passato, non è la cattiveria. È la mancanza d’imbarazzo dei cattivi.

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« Risposta #65 inserito:: Settembre 11, 2010, 05:02:30 pm »

11/9/2010

Scioperati
   

La questione non è se i calciatori possano scioperare. La questione è dove lo trovino, in un momento come questo, il coraggio di scioperare. Non mi si dica che lo fanno per i colleghi meno tutelati, i quali stanno comunque meglio dei loro coetanei con tre lauree. No, questa è gente che abita semplicemente fuori dal mondo. Il loro portavoce Massimo Oddo, un terzino che in pochi anni ha guadagnato più di quanto prenderà in tutta la sua vita uno scienziato, si è permesso di dire che i signorini protestano «contro lo status di oggetto con cui siamo trattati». Non gli basta poter andare dove vogliono, cioè dove li pagano meglio, anche a costo di fare le riserve delle riserve come Oddo. Vogliono di più. E hanno ragione.

La colpa non è loro. La colpa è dei dirigenti che continuano a corrispondere stipendi allucinanti e poi li ricaricano sul prezzo del biglietto, determinando la moria di spettatori negli stadi. La colpa è di noi giornalisti, che spremiamo pagine di interviste dai loro gargarismi banali e trasformiamo in maître-à-penser dei ragazzetti viziati che non leggono un libro e non conoscono una lingua, spesso neanche quella italiana. La colpa è dei tifosi, che hanno fame di idoli, come in politica di leader carismatici, e si dimenticano che i calciatori sono omini del calciobalilla, perché quella che conta è solo la maglia, come in politica dovrebbero contare solo gli interessi e gli ideali.

Scioperate pure, cocchi. Purché le società abbiano il buon gusto di devolvere le vostre succulente trattenute a un fondo per laureati disoccupati.

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« Risposta #66 inserito:: Settembre 28, 2010, 11:59:55 am »

28/9/2010

Macho micio
   
Una capsula di buonumore in mezzo a tanta pesantezza.

Il James Dean della mutua, Fabrizio Maria Corona in Belen, ha avuto una relazione col diversamente longilineo Lele Mora, il cosiddetto manager dei cosiddetti teledivi che amava farsi fotografare in pose da odalisca fra valletti nerboruti. Adesso sappiamo che uno di quei bronzi era lui, il Fabrizio Maria. Lo ha rivelato proprio Mora ai magistrati che indagano su un giro di fatture false, spiegando di aver speso per l’amante uno sproposito in auto, appartamenti e altri ammennicoli rigorosamente esentasse.

Dov’è il buonumore in una storia così triste, direte voi? Ma nella vendetta dell’Immagine, l’unica dea che questi eroi del luccicante nulla siano disposti a onorare. Corona ha costruito il suo mito presso i poveri di spirito sbandierando dalle copertine dei rotocalchi la sua mascolinità «maledetta» e la contabilità delle performance erotiche con la ricarica telefonica Belen: sei giorni la settimana, ovviamente, perché quelli al suo livello il settimo si riposano sempre. Finché si scopre l’altarino, che un mio amico gay aveva sospettato da tempo (infatti non la smette più di ridere). Corona come il predicatore moralista con il conto in banca alle isole Cayman. O come l’estremista vegetariano sorpreso ad azzannare un hamburger da McDonald’s. Dice il saggio: chi ostenta la sua virilità nasconde una doppia verità. E se non vi piace la rima, proviamo con l’assonanza: in fondo al ruggito del macho si può udire il miagolio di un micio.

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« Risposta #67 inserito:: Settembre 29, 2010, 11:47:03 am »

29/9/2010

Con due cuori dentro
   
Massimo Gramellini

Fa’ come noi, Idil: respira. Perché è così che ti abbiamo accolto: con un respiro di stupefazione e di sollievo. Non era facile bucare la corazza del nostro cinismo: la nausea e il disincanto ci hanno reso insensibili alle cattive notizie e sospettosi davanti a quelle buone.
 
Ma tu hai fatto il miracolo. Tu sei il miracolo. Sei nata da una donna che è morta un mese fa. Divorato dal male, il cervello di tua madre aveva sospeso per sempre le trasmissioni. Ma il suo cuore continuava ostinatamente a battere accanto al tuo. Due cuori che palpitano nello stesso corpo: questo fatto, talmente ovvio in un parto da averci fatto dimenticare quanto sia meraviglioso, diventava nel tuo caso una sfida apparente alle leggi di natura. Apparente, Idil, perché tu sei la natura nella sua essenza più profonda. Sei la vita che nasce dalla morte, in una staffetta incessante che a qualcuno sembra non avere scopo, soltanto perché la ragione non ha gli strumenti per coglierlo.
La ragione ha altri compiti, altri meriti. Ha creato la scienza che ti ha permesso di nascere, trasformando il corpo spento di tua madre in un’incubatrice.

E ora sei qui, lontano da dove avresti dovuto essere. Con un padre vedovo, felice e disperato, e cinque fratelli in Somalia tenuti a bada dal più grande di 9 anni. Che la tua avventura abbia inizio, restituendo un po’ di energia anche alla nostra, dispersa in tante boiate.

Adesso è in te che battono idealmente due cuori: la madre e la figlia, la morte e la vita. «Dov’è il principio, là è la fine». E viceversa. Grazie, Idil, per avercelo ricordato.

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« Risposta #68 inserito:: Ottobre 08, 2010, 01:00:15 pm »

8/10/2010

La macchina del dolore

MASSIMO GRAMELLINI
   
Siamo tutti vittime della stessa macchina.
La macchina del dolore, che si nutre di casi umani e in cambio macina numeri dell’Auditel, quelli che fanno la gioia e il fatturato dei pubblicitari. Loro, i burattinai. Gli altri - giornalisti, pubblico, ospiti - i burattini. Colpevoli, naturalmente, ma solo di non avere la forza di strappare il filo. Federica Sciarelli è una giornalista in gamba e una persona perbene, ma forse ha mancato di freddezza. Avuto sentore della notiziaccia, avrebbe dovuto mandare la pubblicità e soltanto dopo, lontano dalle luci della diretta, rivolgersi alla madre in pena, invitandola ad allontanarsi dal video e a chiamare i carabinieri. Una questione di rispetto, ma in questa società di ego arroventati chi ha ancora la forza e la voglia di mettersi nei panni del prossimo, guardando le situazioni dal suo punto di vista?

Noi giornalisti siamo colpevoli di abitare il mondo senza provare a cambiarlo ed è una colpa grave, lo riconosco.

La consapevolezza del potere dei media accresce le nostre responsabilità, ma non può annullare completamente quelle degli altri. Mi riferisco anzitutto agli ospiti dei programmi. Il presenzialismo televisivo della mamma di Sarah ha l’attenuante della buona fede. Ma fino a qualche anno fa i parenti delle persone scomparse andavano in tv per il tempo minimo necessario a leggere un comunicato o pronunciare un appello. Poi si ritiravano nel loro sgomento. Adesso non trovano di meglio che bivaccare per giorni e giorni in tv: non davanti al video ma dentro. Spalancando alla prima telecamera di passaggio la stanza della figlia scomparsa e accettando di partecipare a una trasmissione come «Chi l’ha visto?» dalla casa del cognato, sul quale in quel momento già gravavano forti sospetti.

Non accuso la signora: è cresciuta con questa tv che sembra onnipotente, nel vuoto che c’è.
Una tv che è vita meglio della vita e in cui il Gabibbo ha preso il posto del poliziotto, «Forum» del pretore e «Chi l’ha visto?» del detective Marlowe. Mi limito a riconoscere in quelle come lei la vera carne da macello televisivo. Carne che si immola volontariamente, nella convinzione che oggi la televisione possa darti tutto, persino tua figlia. Giornalisti emotivi, tronisti del dolore. Il ritratto di famiglia è quasi completo. Manca l’ultimo tassello, forse il più importante. I telespettatori. Le tante prefiche guardone che sputano sentenze dal salotto di casa. Ah, quanta sacrosanta indignazione! Peccato che durante il melodramma il pubblico di «Chi l’ha visto?» sia più che raddoppiato. Erano talmente occupati a indignarsi che si sono dimenticati di compiere l’unico gesto che potrebbe davvero cambiare questo sistema fondato sul pigro consenso del popolo: spegnere il televisore.

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« Risposta #69 inserito:: Ottobre 12, 2010, 10:28:42 am »

12/10/2010

Arma letale

di Massimo Gramellini


Ci vuole il porto d’armi per i tassisti, urla la Lega, dopo che a Milano un membro della categoria è stato pestato a sangue da un gruppo di bulli (coperti dalla scandalosa omertà del quartiere) per aver preso sotto le ruote il cockerino senza guinzaglio di una loro conoscente. Ma immaginiamo che quel tassista fosse stato armato e avesse ucciso nella colluttazione uno dei bulli o la proprietaria del cockerino. Adesso qualcuno direbbe che i proprietari di cani hanno diritto di girare armati per difendersi dall’arroganza dei pirati della strada. Ma immaginiamo che la proprietaria del cockerino fosse stata armata e un passante avesse pestato la cacca del suo cane, arrabbiandosi come un bufalo, e la signora in preda alla concitazione del litigio avesse fatto fuoco. Adesso qualcuno direbbe che i passanti hanno diritto di girare armati. Ma immaginiamo che il passante fosse stato armato e avesse pestato la cacca di un alano: nel vedersi circondato dalla proprietaria del cane, dai bulli e dal tassista, avrebbe temuto che gli scatenassero contro il temibile molossoide. Preso dal panico, il passante avrebbe sparato, sbagliando completamente la mira e colpendo l’inquilino del prospiciente caseggiato, sportosi alla finestra per curiosare. Adesso qualcuno direbbe che tutti gli inquilini di tutte le case affacciate su qualche strada hanno diritto di girare armati. Ma immaginiamo che l’unico a essere armato fosse stato il cockerino. Armato di guinzaglio, intendo, come usa nei Paesi civili.

Forse ci saremmo risparmiati questa carneficina.

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« Risposta #70 inserito:: Ottobre 17, 2010, 03:48:12 pm »

15/10/2010

Tante scuse
   
Massimo Gramellini

Il ragazzo romano che con un cazzotto ha mandato in coma un’infermiera romena sotto l’occhio delle telecamere sarà sicuramente un bravo figliolo, solo un po’ nervoso e suscettibile: capita, di questi tempi.

E la lettera che ha indirizzato alla vittima - senza più darle dell’attaccabrighe, ma chiedendole «umilmente scusa» e chiamandola per cognome e nome, come nei certificati penali - sarà sicuramente farina del suo sacco e non dell’avvocato che cerca di evitargli il carcere. La cultura in cui siamo cresciuti è costellata di pecorelle smarrite, figlioli prodighi, simpatici manigoldi che fatta la marachella si nascondono dietro le gonne della mamma singhiozzando i loro «chiedo scusa, non lo farò più». Siamo un popolo d’impuniti, per il quale il lieto fine giustifica i mezzi.

Eppure certi ravvedimenti provvidenziali si lasciano dietro una strana scia. Per dire: secondo i carabinieri, il ragazzo aveva già dato prova in passato delle sue arti pugilistiche, colpendo un passante che si era arrabbiato con lui, dopo che il nostro, a cavallo di uno scooter, gli aveva quasi arrotato il cagnolino. Chissà se, sbollita la tensione, il boxeur si era premurato di mandare una lettera di scuse anche al passante. E al cagnolino. Di sicuro, la prossima volta che mi troverò coinvolto in una disfida isterica, resisterò alla tentazione di reagire, ricordandomi che la persona che mi sta davanti freme dalla voglia di venirmi a trovare in ospedale con un mazzo di scuse.


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« Risposta #71 inserito:: Ottobre 24, 2010, 10:39:07 am »

22/10/2010

L'agente del Fisco
   
Oggi il Buongiorno lo scrive un’agente del Fisco veneta, che non vuole sia riportato il suo nome.


«Lavoro dove si racimolano soldi per un’Italia che langue. Giorni fa arriva da me una persona di colore che in un italiano stentato mi spiega che non sapeva (ma la legge non ammette il non sapere) di dover presentare la dichiarazione dei redditi per aver lavorato da due datori di lavoro diversi nello stesso anno, il 2005. Ora, nel 2010, questa persona è disoccupata, non può pagare, manifesta tutta la sua rabbia di fronte alle nostre leggi e vede in me la rappresentante di uno Stato ingiusto che non riesce a beccare i grandi evasori e allora se la prende con quelli come lui… Questa persona è disperata, una disperazione violenta e minacciosa, tanto che sono costretta, per paura, a far valere la mia posizione di pubblico ufficiale. Di fronte alla mia reazione si spaventa, muove le labbra ma non parla, vedo in lui la fatica di trattenersi, vedo in quegli occhi tutto quel che può avere subito sul lavoro e nella vita. Vedo tutta l’ingiustizia di un mondo sbagliato. Quanto disagio ho provato, quanto desiderio di poter fare qualcosa, quanta voglia di una vita diversa, magari dura per tutti ma anche giusta per tutti… Penso che un lavoro come il mio ti faccia sentire male ma anche bene, che ti faccia sentire più vicino alla realtà vera e non a quella che qualcuno vuole propinarci. Un lavoro così può aiutarti a non essere uno stupido ingranaggio di una stupida macchina. E penso che un lavoro così ti aiuti a mantenere intatto un cervello che sa pensare e un cuore che sa dare».

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« Risposta #72 inserito:: Ottobre 27, 2010, 09:36:47 am »

20/10/2010

Demosilviocrazia

Massimo GRAMELLINI

Basta con questa rugosa democrazia importata dall’estero. Gli iscritti al Pdl ne avranno presto a disposizione una variante «made in Italy»: più snella, dal «design» esclusivo, e disponibile in un elegante e pratico formato. La nuova delibera del Popolo della Libertà stabilisce infatti che i congressi locali del partito potranno eleggere chi come e quando vogliono. Ogni nomina dovrà però passare al vaglio del punto 6 - altrimenti noto come «Abbiamo scherzato» - il quale recita: «Il Presidente può a suo insindacabile giudizio, e senza l’obbligo di motivare la decisione, non dare seguito alle indicazioni delle Assemblee». A nessuno sfuggirà l’originalità del modello, che garantisce a tutti di giocare alla democrazia fino all’ingresso del sovrano. Toccherà poi a lui alzare o abbassare il pollice, confermando o sovvertendo il verdetto della giuria.

È una formula divertente e spettacolare, che coniuga pluralismo e dittatura, turbolenza e obbedienza, libertà e marajà. Ho subito deciso di introdurla fra le mura domestiche, comunicando a mia moglie che, ai sensi del punto 6, d’ora in avanti mi riserverò di «non dare seguito alle sue indicazioni» circa il ritiro dei vestiti in tintoria «a mio insindacabile giudizio» e soprattutto - ah, che meraviglia - «senza l’obbligo di motivare la decisione». Mi ha definito un tiranno assolutista, quando invece è evidente che sono solo un leader moderno e carismatico. Purtroppo le era rimasto un lodo retroattivo e con quello mi ha sbattuto fuori di casa. Chissà se ad Antigua qualcuno mi rimedia un posticino.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=41&ID_articolo=889&ID_sezione=56&sezione=
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« Risposta #73 inserito:: Ottobre 27, 2010, 09:37:33 am »

27/10/2010

Dell'ottusità

Massimo GRAMELLINI

Cosa direste a quel ragazzo di Belluno, salito in corsa sull'ultimo treno della sera, che pur dovendo scendere alla prima stazione non si nasconde italicamente in bagno, ma cerca il controllore per mettersi in regola e si vede comminare una multa di 116 volte superiore al costo del biglietto? Io gli direi: consolati, a un nostro lettore è andata peggio. In viaggio da Torino a Foggia, viene derubato di tutto nel sonno. Va dal capotreno, ottenendo ampie rassicurazioni.

Ma ad Ancona il personale cambia e un nuovo controllore gli chiede il biglietto. «Il suo collega non le ha detto che ho subìto un furto?». No, non gliel'ha detto, e c'è una multa salata da pagare. Ma il lettore non ha più il portafogli e così il funzionario si limita a consegnargli il verbale, invitandolo a scendere alla stazione successiva.

Ormai immerso in un incubo kafkiano, il nostro scende e si precipita al commissariato. «Documenti, prego». Non li ha, i documenti, come può averli, se ha appena spiegato a lorsignori che sul treno i ladri gli hanno portato via tutto? Il commissario scuote la testa. «Lei per me potrebbe essere anche un terrorista». E lo denuncia a piede libero.

La questione è la stessa da millenni: i casi della vita sono più variegati delle caselle di un regolamento. Ma ogni sistema di controllo si giustifica solo con la propria rigidità. Non potendo consentire ai suoi esecutori di usare il filtro flessibile del buonsenso, li mette di fronte a un'alternativa atroce: rispettare le norme così come sono oppure eluderle.

Comportarsi da ottusi o da disonesti, mai da esseri umani.

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« Risposta #74 inserito:: Ottobre 28, 2010, 05:15:11 pm »

28/10/2010

Virtuoso fuori luogo
   
Massimo Gramellini

Ogni volta che vedete i roghi di Terzigno, prima di arrabbiarvi pensate a Vincenzo Cenname. Dopo vi arrabbierete molto di più. Cenname è un ingegnere ambientale, eletto sindaco di un Comune di duemila anime della provincia di Caserta, Camigliano. Alle spalle non ha né la destra né la sinistra, ma una laurea. Sulle spalle una testa. E dentro la testa un sogno: trasformare il suo borgo in una Svizzera col sole. Mette le luci a basso impatto energetico al cimitero e i pannolini lavabili all'asilo nido. Si inventa una moneta, l'eco-euro, spendibile solo in paese, con cui ricompensa i bambini che portano a scuola il vetro da riciclare. Giorno dopo giorno, senza alcun aumento dei costi, cattive abitudini inveterate si trasformano in comportamenti virtuosi, mentre la raccolta differenziata raggiunge percentuali scandinave.

E i luoghi comuni sul Sud immutabile e inemendabile? Rottamati dal sogno di un sindaco casertano che ha meno di quarant'anni. Ci si aspetterebbe la fila di notabili alla sua porta: la prego, ingegner Cenname, venga a insegnarci come si fa. Arriva invece una legge assurda che solo in Campania toglie ai Comuni la raccolta dei rifiuti per affidarla a un carrozzone provinciale. Il sindaco si ribella, sostenuto dall'intera popolazione, ma il prefetto segnala il suo caso al ministro Maroni. In dieci giorni il consiglio comunale viene sciolto e Cenname rottamato neanche fosse un mafioso. Da allora sono passati tre mesi, ma non lo sconforto per l'ottusità di uno Stato che per far rispettare una brutta legge ha sporcato quel po' di pulito che c'era.

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