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Autore Discussione: PARTITO DEMOCRATICO (2).  (Letto 39462 volte)
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« Risposta #45 inserito:: Febbraio 20, 2008, 06:10:23 pm »

Verso il voto

Pd, fuori Visco e De Mita. Veltroni sui Radicali: o acccettano o sono fuori

Il vice-ministro dell'Economia: «Spazio ai giovani».

Polemico l'ex dc:«Offeso». Il leader: regole sono per tutti


MILANO - Vincenzo Visco e Ciriaco De Mita sono fuori. Non faranno parte, cioè, delle liste del Partito democratico per le prossime elezioni politiche. Ma se quella del vice ministro dell'Economia è una scelta autonoma, molto apprezzata dal segretario Walter Veltroni, l'esclusione dell'ex esponente Dc provoca una vera e propria rottura. Tanto che lo stesso De Mita ha preso la parola per primo al coordinamento nazionale del Pd, annunciando il suo addio: «Veltroni mi ha mandato un biglietto di auguri per i miei 80 anni dicendo che sono 80 anni della democrazia. Lo ringrazio, continuerò ad essere democratico. Ma io mi ribello a chi vuol far prevalere l'età rispetto all'intelligenza. Se non starò con voi vuol dire che starò contro di voi». Per De Mita si profila un accordo con la Rosa Bianca.

NON È ADDIO - L'unica cosa certa è che per De Mita «non si tratta di un addio alla politica. «Come diceva un poeta spagnolo, 'Quando morirò morirò con la chitarra in mano', io dico che quando morirò farò l'ultimo discorso elettorale», ha assicurato De Mita. Tuttavia anche se De Mita ha smentito, dal candidato premier della Rosa bianca, Bruno Tabacci, è arrivata una nuova conferma: «Che con De Mita ci si parli non è una novità. Succedeva prima quando avevamo opinioni diverse, può avvenire a maggior ragione oggi che le strade potrebbero convergere», ha dichiarato Tabacci, il quale si augura inoltre che sia possibile un accordo elettorale con l’Udc.

VELTRONI - Sull'addio di De Mita secco commento del leader del Pd Walter Veltroni: «Le regole valgono per tutti. De Mita ha già fatto 44 anni e 9 mesi in parlamento. Mi dispiace per la sua decisione di di lasciare il Pd ma io penso, come hanno fatto personalità come Prodi, Amato e altri, che sia giusto dare spazio ad altri e che l'impegno politico non è legato solo ad una candidatura in parlamento».
Poi Veltroni ha replicato a Berlusconi secondo cui il Pd copia il programma del Pdl: «Fa parte della campagna elettorale, ne sentiremo di tutti i colori. Ci sono temi urgenti per il Paese che si affrontano parlandone, ma poi la sostanza è diversa. Nel nostro programma ci sono differenze molto profonde».

RADICALI - Quanto all'alleanza con i Radicali, il leader Pd ha ribadito che le condizioni restano le stesse: nessun altro apparentamento dopo quello con l'Idv. «Se i Radicali accettano e sottoscrivono il programma del Pd ed entrano nelle liste bene, altrimenti non se ne fa nulla. Anche perché il Pd non è disposto ad attendere ancora. La campagna elettorale è ufficialmente iniziata, chi c'è c'è e chi non c'è è fuori». Nel corso di un nuovo incontro, Goffredo Bettini, braccio destro di Veltroni, ha sottoposto ai Radicali un'offerta articolata su questi punti: Emma Bonino ministro in caso di vittoria del Pd alle elezioni, la garanzia di nove esponenti dei Radicali da inserire nelle liste del Pd in posti sicuri, il riconoscimento di una parte del finanziamento che otterrebbe il Pd e la garanzia del 10% degli spazi televisivi destinati ai democratici. I vertici radicali si riuniscono alle 19 per valutare una risposta al Pd, ma Marco Cappato e Rita Bernardini hanno detto che «il rifiuto di Veltroni di accettare il sostegno di una lista elettorale radicale è politicamente incomprensibile».

ADDIO DI VISCO - Diversa l'uscita di scena di Visco, che ha inviato una lettera a Veltroni. ««La mia presenza in Parlamento non è decisiva», scrive il responsabile della politica fiscale che, dopo sette legislature passate in Parlamento, chiede di puntare su un gruppo di «giovani economisti interessati alla politica e ai problemi del Paese». «Ritengo che la mia rinuncia alla candidatura - aggiunge Visco - possa (e debba) essere l'occasione per valorizzare e promuovere alcuni di questi giovani che già hanno dimostrato sul campo le proprie qualità».

INNOVAZIONE - Una decisione apprezzata da Veltroni: «La scelta che hai voluto compiere conferma - una volta di più - il tuo grande spessore politico e istituzionale. È una decisione spontanea e di grande generosità, da parte di una personalità alla quale il Paese e la politica devono davvero molto». L'esclusione di De Mita è invece, per Anna Finocchiaro, un segnale di innovazione. «La rigorosa valutazione delle candidature è un fatto positivo - ha affermato la capogruppo del Partito Democratico al Senato (candidata per la carica di Governatore siciliano) -. È un importante segnale dell'innovazione al di là della storia politica di De Mita»

REAZIONI - Le novità sulla composizione delle liste del Pd provocano reazioni anche tra gli avversari politici. A proposito della rinuncia di Visco, il segretario nazionale de "La Destra", Francesco Storace, si chiede «ora che non c'è più lui, qual è la differenza tra Pdl e Partito democratico?». Il senatore a vita, Francesco Cossiga, ha invece inviato una lettera a De Mita: «Esimio Onorevole, da lunghissimo tempo ormai i nostri rapporti si sono definitivamente deteriorati e si sono non interrotti, ma rotti. Ma Lei rimane pur sempre per me uno dei leader più prestigiosi e intelligenti della Democrazia Cristiana e in essa della Sinistra di Base, anche se pessimo segretario politico e ancor peggiore Ministro e Presidente del consiglio: una versione moderna e democratica del clientelismo meridionale. Lei rimarrà sempre nella storia politica del Paese e in particolare in quella della Democrazia Cristiana». «È ingiusto - aggiunge il presidente emerito della Repubblica - che non la vogliano ricandidare! Non immiserisca però questa Sua figura, La prego - anche a difesa della dignità di tutti noi democratico-cristiani -, insistendo per essere candidato nel Partito Democratico che non La vuole. E, La prego! non scivoli nel patetico e nel ridicolo, dando vita ad una piccola e fasulla lista campana! Caso mai, in cambio, si faccia dare... qualche Asl», conclude Cossiga.


20 febbraio 2008

da corriere.it
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« Risposta #46 inserito:: Febbraio 21, 2008, 04:02:24 pm »

«Ecco i dodici punti per cambiare l'Italia»

Dalle infrastrutture al Sud, dalla riduzione delle tasse alla sicurezza.

E poi giustizia e precarietà dei giovani



ROMA - Dalla Fiera di Roma Walter Veltroni lancia «dodici proposte innovative per cambiare l'Italia». Il candidato premier del Pd le ha esposte alla platea dell'assemblea costituente del Pd.

INFRASTRUTTURE - «Primo: modernizzare l'Italia significa scegliere come priorità le infrastrutture e la qualità ambientale - ha detto - per colmare il ritardo che l'Italia ha accumulato. Diciamo no alla protesta Nimby e sì al coinvolgimento e alla consultazione dei cittadini. Sì agli impianti per produrre energia pulita, ai rigassificatori, ai termovalorizzatori e al completamento della Tav».

MEZZOGIORNO - Secondo punto programmatico «è il grande obiettivo di innovazione del Mezzogiorno, della sua crescita, che è la crescita dell'Italia». Veltroni dice no ad una «politica che disperda fondi in una miriade di programmi, mentre diciamo sì a una drastica e veloce revisione dei programmi europei».

SPESA PUBBLICA - Terzo obiettivo «il controllo della spesa pubblica». Negli anni di governo della destra - spiega Veltroni - è aumentata la spesa primaria corrente, «mentre il governo Prodi ha risanato e migliorato i conti pubblici. Per questo il nostro slogan è spendere meglio, spendere meno».

RIDUZIONE TASSE - Il quarto obiettivo del Pd «è fare quello che non è mai stato fatto: ridurre le tasse ai contribuenti leali, ai lavoratori dipendenti e autonomi che oggi pagano troppo». Un obiettivo che si traduce nello slogan: «Pagare meno, pagare tutti».

LAVORO DONNE - Quinto punto del programma «è investire più di quanto mai sia stato fatto sul lavoro delle donne». Perché «oggi in Italia ci sono tre patologie: bassi tassi di occupazione femminile, bassa natalità e alti tassi di povertà minorile. E noi vogliamo trasformare il capitale umano femminile in un asso per la partita dello sviluppo».

CASE IN AFFITTO - Al sesto punto programmatico c'è il problema della casa. Veltroni vuole aumentare le case in affitto e la «costruzione di circa 700 mila nuove case da mettere sul mercato a canoni compresi tra i 300 e i 500 euro».

DOTE FISCALE - Settimo obiettivo «è quello di invertire il trend demografico mediante l'istituzione di una dote fiscale: 2500 euro al primo figlio e aiuti per gli asili nido». Veltroni ha quindi rimarcato la necessità della lotta alla pedofilia, «il più orrendo dei crimini».

UNIVERSITA' - Ottavo posto nel programma del Pd è quello dell'università. «Cento nuovi campus universitari e scolastici entro il 2010 «perché la società dovrà contare sul talento e sul merito dei ragazzi italiani».

PRECARIETA' - Nono punto: «la lotta alla precarietà, la qualità del lavoro e la sua sicurezza». Per Veltroni «la sicurezza sul lavoro è un diritto fondamentale della persona umana, che non può essere comprato e venduto a nessun prezzo». Quanto ai giovani precari dovranno raggiungere il minimo di 1.000 euro mensili.

SICUREZZA - Decimo obiettivo è quello della sicurezza «perché far sentire sicuri i cittadini è uno dei principali obiettivi del Pd». Il segretario del Pd vuole maggiori fondi per le forze dell'ordine e ribadisce la certezza della pena come uno dei cardini dell'azione di governo del centrosinistra.

GIUSTIZIA - Undicesimo punto è quello della giustizia e della legalità. Ricordando le parole di Napoletano Veltroni dice «che da troppi anni c'è uno scontro nel Paese sulla giustizia e tra politica e magistratura. Proporremo norme innovative per la trasparenza delle nomine di competenza della politica. Nel nostro ordinamento inseriremo il principio della non candidabilità in Parlamento dei cittadini condannati per reati gravissimi connessi alla mafia, camorra e criminalità organizzata o per corruzione o concussione».

 INNOVAZIONE - Ultimo e dodicesimo punto è quello dell'innovazione: «Vogliamo portare la banda larga in tutta l'Italia e garantire a tutti una tv di qualità». Il segretario del Pd dice che è necessario superare il duopolio tv «e correggere gli eccessi di concentrazione delle risorse economiche, accrescendo così il pluralismo e la libertà del sistema».


16 febbraio 2008

da corriere.it
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« Risposta #47 inserito:: Febbraio 24, 2008, 04:14:36 pm »

Chi sono le giovani dello staff di Veltroni: Madia, Mogherini e Mosca

Marianna e le «Walter's Angels»

«Lui ci tira fuori l'anima». «Arriva sempre per primo e dà la carica a tutti»


ROMA — Vista, venerdì, Marianna Madia: carina, alta, capelli che sarebbero piaciuti al Botticelli, e come dire? disorientata. A 27 anni, capolista alla Camera per il Pd, nel Lazio. Così adesso la curiosità è un po' anche quella di trovare, e descrivere, le giovani donne che lavorano con Walter Veltroni. La notizia è che almeno due di loro — e però con ruoli importanti, davvero strategici — sono svelte, efficienti e colte, determinate e ironiche. Belle facce di donne che avanzano e che, la mattina alle 8.30, aspettano «Uolter» (non c'è niente di male se ci scherzano su anche loro) al Loft (la sede, con panorama sul Circo Massimo, del gran capo). «Il guaio è che lui arriva anche prima. Tipo che alle 8 te lo ritrovi già lì, alla scrivania: sorridente, lucido, tonico...».

Infatti, a lei, Federica Mogherini, 34 anni, è venuta una febbre «da, suppongo, stanchezza». Laurea in Scienze Politiche — «È triste se scriviamo che ho preso 110 e lode?» — entra nel Consiglio nazionale dei Ds quando D'Alema, per capirci, poteva esserle padre, e Reichlin, nonno. Adesso, con un marito e una figlia — «Caterina, di 3 anni» — è nell'esecutivo del Pd, con la responsabilità dei rapporti con le istituzioni. «Ma, in realtà, in questa fase, come accennava lei, trascorro molto tempo in sede...». L'incarico, nello staff veltroniano, è decisivo: meglio che lo spieghi lei. «Leggo le email che arrivano a noi, le lettere che giungono ai giornali, e poi mi bevo tutti gli editoriali, i commenti, guardo la tivù, non mi perdo un dibattito, e a Walter preparo una relazione, indico gli argomenti che montano e quelli che scendono». E poi, soprattutto, fa una cosa complicatissima: «Incrocio le notizie di politica con quelle di cronaca, le frullo, e cerco di capire cosa ne può, e ne deve, venir fuori».

Dovreste sentirla. Tira su con il naso, e chiede scusa: «Sa, sono raffreddata...». Roba che certi altri giovani politici tirano fuori fazzoletti vecchi di due giorni. Elegante, perbene, leale. «Ora però lei vuol sapere perché lavoro con Walter, giusto?». Esatto, dottoressa Mogherini... «Perché lui è quello che ci crede per primo. Si sa, in giro, no? Walter è uno coinvolgente, ti tira dentro, ci mette l'anima, e poi finisce con il farci mettere anche la tua...». Già che parliate di anima e non di potere, per adesso, è qualcosa. «Ma, sul serio, le sembra una cosa tanto straordinaria?».

Lasciamo stare e andiamo dalla Alessia Mosca, che è pure più giovane della Mogherini, perché la Mosca di anni ne ha 32 e viene da Monza, laurea in Filosofia, niente figli e niente marito, e quanto poi all'ipotesi di un fidanzato, sospira e lascia — sembra — spiragli. Anche lei: nell'esecutivo del Pd e con un incarico di assoluto rilievo, la responsabilità del settore «lavoro». «Beh, finora ammetto che non è stata esattamente una passeggiata». Facciamo un esempio. «Per dire: quando abbiamo dovuto mettere a punto il programma...». Al tavolo erano seduti Pietro Ichino, Tito Boeri, Cesare Damiano... «Ecco, appunto... Ma sa qual è stata la capacità di Walter?». Quale? «Li ha fatti discutere, li ha messi nelle condizioni di confrontarsi. Facce diverse, pensieri diversi, storie diverse... eppure... ora non vorrei fare la parte di quella che stravede per Walter, però...». La Mosca è una di quelle giovani intelligenze cresciute con Enrico Letta. «Sì, ero nella segreteria tecnica del sottosegretario, nell'ultimo governo ».

Con Letta ha lavorato anche la Marianna Madia, assunta al centro studi Arel prima ancora di laurearsi in Economia, e poi collaboratrice a Rai Educational di Giovanni Minoli, che la stima e l'apprezza, raccontano, moltissimo. L'altro giorno, nella conferenza stampa in cui Veltroni l'ha lanciata come candidata, la Madia non ha fornito titoli eclatanti: parole di «riconoscenza per Walter e per Enrico», un senso «di emozione». Il Giornale ha ricordato che è stata fidanzata con Giulio Napolitano, figlio quarantenne del Capo dello Stato. Anche se poi una neo-laureanda dev'essere libera d'innamorarsi di chi vuole. Pure se con l'handicap di fare bagni, l'estate, all'«Ultima spiaggia», a Capalbio. Un posticino ventoso e pieno di gente non qualsiasi.


Fabrizio Roncone
24 febbraio 2008

da corriere.it
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« Risposta #48 inserito:: Febbraio 24, 2008, 11:25:35 pm »

Finocchiaro: «Cambieremo il volto della Sicilia»

Saverio Lodato


Comunque andrà a finire in Sicilia, la politica per soli uomini non c’è più. Tutto si poteva prevedere tranne che il centro sinistra, per la prima volta in sessanta anni dall’Autonomia, avrebbe indicato una donna per la guida di Palazzo d’Orleans. Tutto si poteva prevedere tranne che, nel giro di poche settimane, la sfida al femminile si sarebbe moltiplicata per due: Anna Finocchiaro, in corsa per la presidenza della regione; Rita Borsellino, in corsa per la presidenza dell’Assemblea regionale siciliana. Tutto, infine, si poteva prevedere, nella regione del 61 a zero, tranne che la campagna elettorale sarebbe iniziata con il centro sinistra all’attacco e il centro destra disorientato, diviso, in difesa.
Anna Finocchiaro, ieri, a Palermo, ha annunciato la sua candidatura in un grande cinema gremito di gente. Applausi a scena aperta.

Si può vincere?
«Ci sono le possibilità. Registro un’attenzione importante di settori tradizionalmente moderati attorno alla mia candidatura. Possiamo farcela con il voto di moderati, professionisti e classe dirigente della società. E non abbiamo paura di provare a vincere, perché non è detto che chi abbaia più forte ha sempre ragione».

Il centrodestra sta messo male?
«È diviso. Continua ad annaspare e mostrare sconquasso sull’ipotesi di una candidatura. E stanno già pagando un prezzo perché disorientano i moderati che notano la nostra compattezza».

Stefania Prestigiacomo c’è o non c’è?
«Non so se, alla fine, accetterà la candidatura. Sarebbe un fatto straordinario: due donne che si candidano in Sicilia. La Prestigiacomo è una persona moderna, pulita, con un’esperienza politica nazionale».

Qual è il messaggio forte del centro sinistra?
«Semplice: Cambia il volto della Sicilia. Slogan molto chiaro, lineare, diretto a chi vuole modificare il percorso che la Sicilia ha seguito sin qui».

Come espliciterà questo messaggio nelle sue liste?
«Mi auguro che anche nelle nostre liste ci sia un Colaninno siciliano, anzi una Colaninno. Ho contattato degli imprenditori. Uno dei miei primi incontri sarà con Confindustria Sicilia. Comprendo le loro difficoltà a esporsi direttamente, ma sono convinta che la Sicilia può cambiare se c’è impegno di tutte le classi dirigenti, non solo della politica, ma di imprenditoria, cultura, università, insieme a donne e giovani».

Si può guarire dall’ossessione del ponte sullo Stretto, come panacea di tutti i mali?
«Il ponte non è prioritario: la Sicilia ha bisogno di valorizzare gli approdi naturali e le strutture portuali e di una forte infrastruttura ferroviaria. I carri ferroviari non riescono a passare perché le gallerie sono troppo basse...»

Ma Berlusconi il ponte lo ha «promesso».
«Berlusconi dice sì. Io ripeto che non è un problema prioritario».

Anche Raffaele Lombardo ci tiene molto.
«Con Lombardo avremmo anche quello gonfiabile».

Chi ben comincia è alla metà dell’opera?
«Una settimana fa ho sciolto pubblicamente la mia riserva, oggi presento la mia candidatura ufficialmente, la settimana prossima, ad Agrigento, prenderà il via la campagna elettorale. Mi limito a dire che stiamo dimostrando un altro stile».

Il ruolo di Rita Borsellino?
«Ho detto che avrei accettato questa sfida colo con Rita Borsellino accanto. Partiamo da quel 41% che ci ha regalato alle ultime elezioni. Entrambe corriamo per vincere. Siamo sicure di farcela. La Sicilia avrà due presidenti: io alla regione, Rita all’assemblea regionale».

E quello di Rosario Crocetta, sindaco di Gela?
«Mi ha scritto una lettera: “Sono al tuo fianco, senza “se” e senza “ma”. Senza chiedere nulla, tranne che intraprendere un nuovo cammino di serenità, lavoro, legalità e sviluppo».

Sul “Foglio”, il siciliano Pietrangelo Buttafuoco, ha scritto che voterà per la Finocchiaro.
«Lo ringrazio. Ben venga anche il suo appoggio».

Ma una donna sceglie a cuor leggero di candidarsi alla guida di quasi sei milioni di siciliani?
«Quando mi hanno chiesto di candidarmi ho vissuto momenti difficili. Ho provato smarrimento, perché pensavo a un altro futuro per me. Poi c’è la voce del cuore che non vacilla e che ti dice qual è la cosa giusta».
saverio.lodato@virgilio.it

Pubblicato il: 24.02.08
Modificato il: 24.02.08 alle ore 12.42   
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« Risposta #49 inserito:: Febbraio 25, 2008, 05:44:07 pm »

25/2/2008 (15:22) - LA SFIDA DEL CENTROSINISTRA

Veltroni lancia il programma del Pd: "Giù le tasse sui salari, più sicurezza"
 
Walter accelera: più aiuti ai precari

Sale la tensione, radicali nel mirino

Lo schiaffo di Famiglia Cristiana: "Pasticcio firmato Veltroni-Pannella"


ROMA
Un programma «realistico e ambizioso», «non fatto di annunci e promesse», e che ha tra le sue priorità una riforma istituzionale e una serie di interventi di carattere economico: dalla riduzione dell’Irpef all’attribuzione di un salario minimo legale per i precari. Walter Veltroni ed Enrico Morando illustrano così il programma del Pd, una trentina di pagine e 12 punti "programmatici" con i quali il Partito Democratico si presenta al responso degli elettori e si candida a guidare il paese.

Il duello Bindi-Bonino
Ma la giornata della presentazione del programma è turbata dalla polemica tra Rosy Bindi e Emma Bonino. Le due ex ministre del governo Prodi, se si confermerà l’intesa con i Radicali, correranno sotto le insegne del Pd. Ma la Bindi attacca: i Radicali «se sono coerenti non dovrebbero firmare e non dovrebbero candidarsi» con il Pd, dice in una intervista a LaStampa . «Rosy Bindi mi stupisce», replica Bonino.

È «stupefacente - continua Bonino - che lei dica sì a Bonino in quanto ministro e non in quanto radicale». Il programma, in cui ci sono vari cenni anche sulle questioni eticamente sensibili, si basa "su 10 pilastri" ed è sviluppato in parole d’ordine che vanno dalla "sicurezza prima di tutto" al "welfare universalistico", dall«educazione come ascensore socialè allo "spendere meglio e meno" al "pagare meno, pagare tutti".

Le riforme: governo light e liste pulite
Il Pd si impegna ad una riforma istituzionale che porti ad una sola Camera legislativa, di 470 membri, e un Senato delle Autonomia con 100 parlamentari. Il modello indicato è il doppio turno alla francese. Il Pd punta poi ad un governo "a la Sarkozy", con con 12 ministeri e non più 60 membri». Prevista l’ineleggibilità dei condannati per reati gravi.

«Se il Pd vincerà le elezioni il primo atto di governo sarà l’aumento delle detrazioni sul lavoro dipendente», promette Veltroni. E tra le misure previste dal programma è previsto un incremento delle detrazioni Irpef per i dipendenti nel 2008 e dal 2009 e poi una riduzione di tutte le aliquote Irpef per un punto in meno l’anno, per tre anni e sostegno alle famiglie con una "dote fiscale" di 2.500 euro per i figli. Una riduzione del carico fiscale sulla contrattazione di secondo livello e sconti di imposta per favorire la capitalizzazione delle imprese sono alcune delle misure previste sul fronte della competitività.

L'affondo del Pdl
Le prime reazioni del Pdl sono ovviamente critiche, con Maurizio Sacconi di FI che sottolinea come le pagine vergate da Veltroni e Morando segnino una «egemonia culturale del centrodestra». E il programma non piace nemmeno alla Sinistra Arcobaleno che, per voce del capogruppo del Prc alla Camera, Gennaro Migliore, lo definisce una «fotocopia» di quello del Pdl. «C’è un neanche tanto nascosto intento di procedere rapidamente verso le larghe intese - dice - e non si tratta di un patto segreto, ma di punti di convergenza espliciti scritti nero su bianco nei programmi elettorali».

Lo schiaffo di Famiglia Cristiana
«Pasticcio veltroniano in salsa pannelliana»: si intitola così un editoriale del numero di Famiglia cristiana in uscita mercoledì. «I cattolici che hanno deciso di fare politica nel Partito democratico - scrive il settimanale dei Paolini - giudicano severamente la scelta di Veltroni di imbarcare nelle liste i radicali di Marco Pannella e di Emma Bonino e si pongono pure qualche dubbio circa la scelta di candidare a Milano il professor Umberto Veronesi, autore di una sorta di manifesto per la "libera scelta di morire", cioè l’eutanasia, anche se lui ha detto che si occuperà solo di migliorare la sanità in Italia. I radicali hanno una concezione ’confessionalè della loro identità. Ogni scelta, ogni nome ha valore simbolico. La squadra di candidati, negoziata con Walter Veltroni, ha una forte fisionomia radicale, connotata su battaglie che, come ha detto Emma Bonino, "non si interrompono affatto". È facile dire quali siano: aborto, eutanasia, depenalizzazione della droga. E poi c’è l’abolizione del Concordato e dell’8 per mille, e sopra ogni cosa un’ideologia libertaria, in salsa pannelliana, alternativa alla storia e ai principi etici, economici e sociali di questo Paese. Basta ascoltare Radio radicale dove quasi ogni giorno sono costantemente attaccati e messi alla berlina Papa, Chiesa e i valori cattolici».

da lastampa.it
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« Risposta #50 inserito:: Febbraio 27, 2008, 04:44:24 pm »

POLITICA

Ancora tensioni sul nodo teodem e radicali. Bonino: "Altre le priorità"

Oggi la convention dei cattolici del Pd "per contarsi". Bindi lancia Bachelet

Pd: "Convivenza laici e cattolici"

Nel Pdl fumata nera sulle liste

Berlusconi e Fini numeri 1 e 2 in tutti i collegi. Ma è scontro sulle quote

I socialisti smentiscono la fuga di nomi eccellenti. "Siamo una realtà anche se piccola"

di CLAUDIA FUSANI

 

ROMA - Veltroni ci crede: "Laici e cattolici possono convivere come succede nei paesi moderni". Ma la smentita arriva poco dopo da un suo, possiamo dire, "prescelto", il matematico Luigi Odifreddi che lo accusa di aver rinunciato a scegliere mettendo insieme la teodem Binetti e la radicale Bonino. E il cerchiobottismo, già riveduto e corretto nelle versione di Crozza con il "ma anche", diventa "il veltronismo".

Si incardina una volta di più sul nodo convivenza laici e cattolici all'interno del Pd la cronaca della giornata politica. Veltroni prova ad uscire dall'angolo prima lanciando la proposta choc per combattere i reati di pedofilia equiparati a quelli di mafia con l'aggiunta se serve, della castrazione chimica. E poi, in serata, in collegamento con gli studi del Tg4 di Fede rilanciando sulle vere priorità del programma e del paese: crescita economica e aumento del potere d'acquisto dei salari. Ma la questione di come far convivere la senatrice teodem Paola Binetti con Emma Bonino è ben lontana dall'essere risolta. E rischia di esplodere proprio domani nell'assemblea che riunisce la anime cattoliche del partito democratico. L'incontro, promosso da Beppe Fioroni e Dario Franceschini, saprà dire qualcosa di più su quanto in realtà il Vaticano chiederà di pesare sul Pd.

Intanto il Pd chiuderà lunedì 3 marzo, con una settimana di anticipo, il puzzle delle liste e delle candidature. Tutto bloccato, invece, sul fronte partito del Popolo delle Libertà. Una riunione fiume a palazzo Grazioli tra lo stato maggiore di Forza Italia e quello di An non ha risolto il nodo fondamentale: quale quota di deputati per Fi e quale per An.

Odifreddi: "Questo è il veltronismo". L'affondo, che non è neppure il primo, arriva mentre il matematico presenta a Roma il Festival della Matematica: "Credo che sia difficile coniugare l'anima laica con quella cattolica. Quando ero nel comitato del Manifesto dei Valori del pd ho cercato di far capire che un partito che si vuole definire laico deve fare una scelta, ma questa scelta non la si è voluta". Non finisce qua. Odifreddi si spiega ancora meglio: "Nel manifesto è rimasta una formulazione che non ho votato che dice che la religione ha un valore pubblico e non solo privato. I radicali accetteranno con difficoltà questa formulazione". Un siluro tra le gambe di Veltroni che da ieri ripete no alle divisioni tra laici e cattolici e che si sforza di tenere fuori dalla campagna elettorale le questioni etiche.

E' un fatto che la parola laicità non compare mai nel programma del Pd. Come che sia, il nodo convivenza laici-cattolici offre per tutto il giorno la sponda al Pdl ma anche ai Socialisti di Boselli, a La Sinistra-L'Arcobaleno e all'Udc per attaccare il Pd e colpirlo su quello che, a torto o a ragione, viene considerato il "punto debole" una volta che il partito nuovo si è liberato dal fardello dei comunisti.

Emma fa la pompiera. Con queste premesse di giornata, diventa delicato anche l'incontro di routine al loft tra Pd e Radicali. Dura un'oretta ed è "andato benissimo" dice Emma Bonino uscendo. "Non ho nessuna polemica da fare e ritengo che le priorità dei nostri elettori riguardino i problemi economici. Non ho veti da porre a nessuno" ha aggiunto. Detto questo la firma al programma ancora non è stata messa ("questioni tecniche, di impegni reciproci di Emma e Walter ma ci sarà in settimana" spiegano al loft). I presenti all'incontro raccontano comunque di un Veltroni assolutamente non preoccupato per la questione laici e cattolici. Che poi, alla fine, si potrebbe chiudere "con qualche posto in più in lista per i teodem". Confermati i nomi dei nove radicali candidati tra cui Bonino, Bernardini, Farina vedova Coscioni, Poretti, Mellano, Turco, Mirella Parachini, compagna storica di Pannella, Beltrandi, Elisabetta Zamparutti.

Rebus candidature nel Pdl. Berlusconi non ha ancora cominciato la campagna elettorale. Misura le uscite, centellina le dichiarazioni, scrive lettere alla famiglie italiane e ai gazebo del Pdl che spunteranno nelle piazze italiane nel prossimo fine settimana. Insomma, un copione opposto a quello di Veltroni. Un po' per scelta. Un po' perchè le cose, dopo il faticoso accordo con l'Mpa di Lombardo, non sono affatto chiare nel Pdl. Oggi ci doveva essere la riunione decisiva tra Fi e An. Ma di nuovo da palazzo Grazioli è uscita fumata nera. Con Berlusconi i numeri 2 e 3 di Forza Italia Bondi e Cicchitto; dall'altra parte i generali di Fini, assente per altri impegni: La Russa e Matteoli.

La composizione delle liste fa i conti, in partenza, con i seguenti numeri: il Pdl conta di avere 360 seggi alla Camera (su un totale di 630) e 168-170 al Senato (su un totale di 315). Il blocco resta intorno a un punto: il rapporto di Forza tra Fi e An da cui discendono le quote per l'uno o per l'altro in lista. Forza Italia sostiene, sondaggi alla mano, di avere, con i circoli di Dell'Utri e della Brambilla, il 90 per cento del Pdl relegando An ben sotto il 10 per cento. A specchio dovrebbero quindi essere le quote in lista al netto dei posti-seggi che vanno lasciati a nord alla Lega e al sud all'Mpa. Un possibile accordo potrebbe ruotare intorno al 70 per cento dei posti per Fi e 30% per An. Un rapporto di 3 a 1 che sta stretto a via della Scrofa. E ai cespugli del pdl, ad esempio all'ex Udc Carlo Giovanardi. Situazione bloccata, dunque. L'unica certezza è che Berlusconi sarà capolista ovunque e Fini numero 2 ovunque. Altri nomi, oggi, non sono stati all'ordine del giorno della riunione.

Il Pd chiude le liste lunedì prossimo. La confusione è ancora tanta anche al loft sede del Pd dove è riunito in pianta stabile il tavolo delle candidature coordinato da Goffredo Bettini e Dario Franceschini. Domani ci sarà la riunione definitiva con i coordinatori regionali. Il timore, dal territorio, è che alla fine i posti lasciati liberi da Roma siano molto meno di quelli previsti. Veltroni anche oggi ha lanciato la sua candidatura a effetto, quello del prefetto Achille Serra, Commissario anticorruzione e per la Sanità in Calabria. Il Pd dovrebbe poter contare su circa 300 seggi tra Camera e Senato. Una quarantina di posti sono riservati a Veltroni, nove per i Radicali, altrettanti per Di Pietro, Prodi ne ha prenotati 5-6, 32 le deroghe per i vip della politica di cui 22 già occupate (per le restanti 10 sarà lotta ai lunghi coltelli). "Lunedì chiudiamo" assicura il capogruppo alla camera Antonello Soro. Con una settimana di anticipo. Sorprese potrebbero arrivare per i teodem (Andrea Riccardi, il fondatore di Sant'Egidio?).

Rosy Bindi lancia la candidatura di Giovanni Bachelet.

Rosa Bianca-Udc, incontro decisivo. Dovrebbe esserci oggi tra Casini e Pezzotta. La Rosa Bianca chiede la par condicio, il 50 per cento dei posti e un tandem Casini-Tabacci per la premiership. Il nodo è questo. Oggi la risposta.

I socialisti da soli. "Piccoli quanto si vuole ma non in vendita". Dal quartier generale di Boselli viene smentita categoricamente la voce che Veltroni terrebbe in caldo sei posti per coinvolgere all'ultimo momenti altrettanti nomi di peso del partito di Boselli. "Noi siamo una realtà, anche in Europa col Pse - dicono. Al loft fanno fatica a comprendere questa realtà".

(26 febbraio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #51 inserito:: Febbraio 28, 2008, 03:38:49 pm »

2008-02-28 11:00

Gesuiti: la novita' e' stata creata dal Pd

CITTA' DEL VATICANO - La "novità" delle prossime elezioni "é costituita dalla decisione del Partito Democratico di presentarsi da solo alle elezioni": è quanto afferma la rivista dei gesuiti "Civiltà Cattolica" che fa discendere da questa mossa politica del Pd tutte le altre. Infatti, scrive padre Michele Simone, "la nascita del Partito Democratico e la decisione di presentarsi con un proprio programma ha, in un certo senso, 'costretto' il centrodestra a formare anch'esso una lista unitaria", mentre i partiti di sinistra ex alleati dell'Unione hanno dato vita alla lista unitaria detta 'Sinistra Arcobaleno'.

Ma il nuovo panorama partitico, specie per quanto riguarda il centro - avverte il gesuita - sarà chiaro solo al momento del deposito ufficiale delle liste elettorali che avverrà a marzo. E su ciò, la prestigiosa rivista della Congregazione di Gesù si riserva di intervenire in una prossima puntata. 

da ansa.it
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« Risposta #52 inserito:: Febbraio 29, 2008, 08:41:00 am »

Roma | 13 febbraio 2008

Veltroni: "Basta con i governi del minimo comune denominatore"

 Valter VeltroniVedi anche Elezioni, Di Pietro col Pd.

Udc: pronti ad andare da soli


Chiavi partito democratico~ politica italiana"Alla Sinistra faccio gli auguri di buona fortuna, ma noi abbiamo un altro progetto ed e' giunto il momento di dirselo. Basta con i governi del minimo comune denominatore. Questo tempo e' finito". Il leader del Pd Walter Veltroni definisce la separazione dalla sinistra radicale come "una liberazione reciproca".

E agli esponenti della Sinistra che definiscono il Pd come un partito di centro, Veltroni ribadisce: "Il Pd e' un partito di centrosinistra, perche' non esistono solo il centro e la sinistra".

Politica locale
"Bisogna fare una discussione sul programma, a livello locale non si deve discutere di politica estera ma delle scelte locali. Bisogna distinguere la dimensione della politica nazionale, che richiede scelte innovative, e la dimensione locale, dove ci possono essere alleanze diverse". Ha sottolineato  Veltroni a proposito delle scelte in vista delle elezioni amministrative.

Non faro' piangere i ricchi
La questione salariale e' "assolutamente urgente", serve un intervento immediato, avendo chiaro che "il problema non e' far piangere i ricchi, il problema e' far crescere la societa', l'economia". Veltroni, torna a chiedere un intervento "su salari e produttivita'", da realizzare attraverso "le risorse della lotta all'evasione fiscale".

L'importante, sottolinea, e' capire che "la societa' deve crescere tutta insieme. Dobbiamo puntare ad un aumento del Pil che consenta una redistribuzione piu' elevata. E' chiaro che c'e' bisogno di un intervento di redistribuzione, ma non secondo una logica punitiva".

Casini e Berlusconi
"Ieri Berlusconi ha usato espressioni liquidatorie" nei confronti di Casini. Ha detto Veltroni. "Dire a un alleato - ha proseguito il leader del Pd - che e' stata colpa sua aver fermato l'azione del governo Berlusconi significa dire 'arrivederci, buonanotte'". Secondo Veltroni "e' chiaro che ormai nell'opposizione c'e' un centro e una destra".

Ministri prima del voto
Annuncero' a un certo punto della campagna elettorale, non so se tutti e dodici, ma una parte dei ministri" del mio Governo. Ha detto il aggiungendo che "saranno dodici e penso ci voglia una forte innovazione nella compagine governativa".

Afghanistan
"Bisogna portare la pace in Afghanistan. Sarebbe l'errore piu' grave venire via e lasciare l'Afghanistan al dominio dei talebani". Cosi' il segretario del Pd, Walter Veltroni. Il leader dei Democratici si augura, poi, che si possano "creare le condizioni per una convergenza su queste materie" tra i vari schieramenti politici, perche' "secondo me dovrebbe farsi strada l'idea che, prima di tutto il resto, devono prevalere gli interessi nazionali del paese".   

Regolamenti parlamentari subito
I regolamenti parlamentari possono essere cambiati tutti, prima del voto. Il segretario del Pd, Walter Veltroni, si rivolge al leader del Pdl, Silvio Berlusconi: "Invito Berlusconi a fare il passo che manca: approvare ora, in questo Parlamento, una riforma dei regolamenti che consenta di fare cio' che gli italiani chiedono, per fare in modo che i gruppi parlamentari corrispondano alle liste presentate alle elezioni".

Veltroni, inoltre, rivendica la scelta del Pd di correre da solo e spiega: "Grazie alla decisione unilaterale, all'atto di coraggio che abbiamo fatto, abbiamo gia' in parte realizzato una riforma elettorale...". Veltroni sottolinea infatti che "anche nel centrodestra si sta riducendo il numero delle liste".

Sondaggi
"Voglio mostrare sondaggi veri, nell'ultima settimana abbiamo recuperato due punti di percentuale e il distacco tra i due schieramenti e' piu' piccolo di quanto si pensa". Ha detto Veltroni.

Con Di Pietro
Walter Veltroni ha deciso che il Pd fara' un accordo elettorale con l'Italia dei valori di Antonio di Pietro perche' "Idv sara' nel gruppo del Pd e perche' annuncia uno scioglimento progressivo del partito" per entrare nel Pd. Cosi' Walter Veltroni, durante la registrazione di 'Porta a porta' spiega la scelta di accettare un apparentamento con la lista dell'ex Pm alle prossime elezioni.

Prodi ottimo premier
Il leader del Pd, a proposito del presidente del Consiglio ha poi detto: "Prodi e' un signore, ha detto non mi ricandido quando nella vita politica italiana stanno tutti appesi al sipario".

"Distinguo il governo Prodi dalla sua coalizione. Nelle condizioni date, Prodi ha fatto un ottimo lavoro. Anzi, fantastico viste le condizioni in cui ha operato. Era la coalizione che era sbagliata". Veltroni ha quindi definito Prodi "un ottimo premier".



Tav e rifiuti
Sull'emergenza rifiuti a Napoli "una parte di responsabilita' ce l'hanno tutti, nessuno puo' far finta di fare il marziano. Se per cinque anni hai nominato un commissario, sei responsabile come gli altri". Ha detto Veltroni, che ha sottolineato che "in tutti i paesi europei si fanno i termovalorizzatori", e che serve "un presidio sanitario che attesti che non ci sono rischi: servono tutte le garanzie di sicurezza, pero' basta con il tempo dei veti, ora e' tempo delle decisioni".
   
Infine, sulla Tav, Veltroni ha concluso: "Dove c'e' l'alta velocita' c'e' meno trasporto su gomma. Mi devono dire cosa e' ecologicamente piu' conveniente. L'ambientalismo moderno ci garantisce, non e' vero che prima si stava meglio".

da rainews24.rai.it
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« Risposta #53 inserito:: Marzo 04, 2008, 03:15:53 pm »

Pd, chiusura record sulle candidature: 35% sono donne


Il coordinamento nazionale del Pd ha approvato tutte le liste per le candidature alle prossime elezioni ma sono in corso ancora delle limature sulla Campania.

Le liste di candidati del Pd alle prossime elezioni «confermano l'inizio di una stagione di cambiamento». Il vicesegretario del partito Dario Franceschini, conversando con i giornalisti, commenta così il via libera alle candidature del partito per Camera e Senato dato questo pomeriggio dal coordinamento nazionale. Franceschini sottolinea che le liste sono state votate «praticamente all'unanimità, se si eccettuano una o due astensioni per questioni di metodo». «Nelle liste - dice ancora Franceschini - c'è molta innovazione, così come c'eravamo impegnati a fare». In particolare, sottolinea, viene praticamente raddoppiata la presenza femminile, «saranno sicuramente più di cento le parlamentari donne del Pd». Un risultato ottenuto anche «grazie al sacrificio di alcuni parlamentari che avevano fatto meno di tre legislature».

Franceschini, inoltre, ci tiene a «sottolineare i tempi (con cui sono state approvate le liste, ndr). La tradizione della formazione delle liste vuole che si arrivi sempre fino all'ultima notte disponibile, invece noi abbiamo finito una settimana prima, senza notti dei lunghi coltelli».

Infine, Franceschini spiega che in materia di deroghe rispetto al limite dei tre mandati «abbiamo rispettato quanto previsto dallo statuto». Per quanto riguarda il mancato inserimento di Stefano Ceccanti nelle liste, il vicesegretario del Pd si limita a sottolineare che è stato però candidato Salvatore Vassallo. 


Nella regione per la Camera, nella prima circoscrizione, il capolista dovrebbe essere Massimo D'Alema, seguito da Luigi Nicolais e Giulio Santagata, mentre al Senato il capolista sarebbe Marco Follini. Il nodo dovrà comunque essere sciolto entro la serata.

Il chirurgo Ignazio Marino è il capolista al senato del Pd in Sicilia. Il coordinamento nazionale del partito di Veltroni candida al secondo posto Enzo Bianco, seguito da Nino Papania, Anna Serafini, Wladimiro Crisafulli e Benedetto Adragna. In lista fra i candidati anche Nuccio Cusumano.

Il Pd non ricandida il vice presidente della Commissione antimafia, Giuseppe Lumia. Il deputato uscente aveva presentato richiesta di deroga rispetto alla regola del partito, secondo la quale non si può ricandidare chi ha tre legislature alle spalle. Secondo ambienti del Pd, il coordinamento nazionale ha invece concesso la deroga a Enzo Bianco, che sarà candidato al secondo posto al senato in Sicilia.

Ecco i capolista regione per regione Piemonte: Piero Fassino e Luigi Bobba alla Camera, Emma Bonino al Senato. Liguria: Giovanna Melandri alla Camera e Roberta Pinotti al Senato. Lombardia: Matteo Colaninno, Enrico Letta e Antonello Soro alla Camera, Umberto Veronesi al Senato. Trentino Alto Adige: Gianclaudio Bressa alla Camera. Veneto: Massimo Calearo e Rosy Bindi alla Camera, Enrico Morando al Senato. Friuli Venezia Giulia: Cesare Damiano alla Camera e Carlo Pegorer al Senato. Emilia Romagna: Pierluigi Bersani alla Camera e Anna Finocchiaro al Senato. Toscana: Dario Franceschini alla camera e Vannino Chiti al Senato. Marche: Maria Paola Merloni alla Camera e Giorgio Tonini al Senato. Umbria: Marina Sereni alla Camera e Francesco Rutelli al Senato. Lazio: Marianna Madia e Donatella Ferranti alla Camera, Franco Marini al Senato. Abruzzo: Livia Turco alla Camera e Franco Marini al Senato. Molise: Roberto Ruta alla Camera e Augusto Massa al Senato. Campania: Pina Picierno e Massimo D'Alema alla Camera, Marco Follini al Senato. Puglia: Massimo D'Alema alla Camera e Paolo De Castro al Senato. Basilicata: Salvatore Margiotta alla Camera e Nicola Latorre al Senato. Calabria: Marco Minniti alla Camera e Luigi De Sena al Senato. Sicilia: Loredana Ilardi e Giuseppe Fioroni alla Camera, Ignazio Marino al Senato. Sardegna: Arturo Parisi alla Camera e Antonello Cabras al Senato.


CALABRIA Marco Minniti alla Camera e Luigi De Sena al Senato: questi i capilista del Pd in Calabria per le elezioni del 13 e 14 aprile. Secondo quanto si è appreso in Calabria, la lista approvata stasera dal Coordinamento nazionale del Pd, presieduto da Walter Veltroni, vede al numero due per la Camera Rosa Calipari, senatrice uscente e vedova del funzionario del Sisme ucciso in Iraq. Seguono Nicodemo Oliverio, deputato uscente ed ex segretario nazionale organizzativo della Margherita; Franco Laratta, deputato uscente; Doris Lo Moro, presidente dell'assemblea del Pd della Calabria e consigiere regionale; Maria Grazia Laganà, deputato uscente e vedova di Francesco Fortugno, e Cesare Marini, ex senatore socialista. Per quanto riguarda il Senato, dopo De Sena, ex prefetto di Reggio Calabria e già vicecapo vicario della Polizia, seguono nella lista Franco Bruno, senatore uscente; Daniella Muzzucconi; Dorina Bianchi, deputato uscente; Paolo Abramo, presidente della Camera di commercio di Catanzaro, ed al sesto posto Mimmo Pappaterra, socialista, presidente del Parco nazionale del Pollino.

Nelle liste del Pd per la Camera ed il Senato approvate stasera non figura alcun esponente del Pdm, il partito fondato due anni dal presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, dopo la sua uscita dalla Margherita. Il simbolo del Pdm nei giorni scorsi era stato depositato al Viminale con candidato premier Salvatore Audia, coordinatore provinciale del partito a Cosenza e stretto collaboratore dell'assessore regionale all'Agricoltura, Mario Pirillo. Non è al momento noto il pensiero e l'atteggiamento del presidente Loiero, ma dai suoi «colonnellì si coglie un sentimento di irritazione.

LIGURIA Due donne, Roberta Pinotti, presidente uscente della commissione Difesa della Camera, al Senato e Giovanna Melandri, già ministro allo sport e politiche giovanili, alla Camera, sono state scelte come capolista del Pd in Liguria. L'elenco delle candidature è stato ufficializzato questo pomeriggio. Consistente la rappresentanza femminile al Senato, dove in Liguria si presenteranno anche Claudio Gustavino, capogruppo uscente dell'Ulivo in consiglio regionale; Luigi Lusi, ex tesoriere nazionale della Margherita; Stefano Fassina, consigliere economico del viceministro Vincenzo Visco; Brunella Ricci, imperiese; Iolanda Pastine, consigliere a Santa Margherita (Genova); Paola Sisti, assessore provinciale alla Spezia; Giovanna Risso, assessore comunale ad Andora (Savona). Alla Camera dei Deputati, dopo la Melandri, sono in lizza Andrea Orlando, dirigente nazionale del Pd; Francesco Garofani, giornalista ed intellettuale di area cattolica; Mario Tullo, segretario regionale del Pd ligure; Massimo Zunino, deputato savonese; Sabina Rossa, senatrice uscente; Lorenzo Forcieri, sottosegretario alla Difesa, spezzino; Egidio Banti, deputato Margherita; Romolo Benvenuto, deputato Ds; Paolo Veardo, assessore comunale di Genova; Valentina Ghio, assessore a Sestri Levante (Genova); Raffaella Paita, assessore comunale alla Spezia; Giancarlo Campora, sindaco di Campomorone (Genova); Danila Satragno, jazzista, componente dell'esecutivo ligure del Pd, savonese; Sergio Scibilia, consigliere provinciale ad Imperia; Umberto Galazzo, sindaco di Ameglia (La Spezia); Francesca Orlandini, genovese, iscritta all'associazione Genova-Europa.

SICILIA Il ministro per la Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, è il capolista del Pd alla Camera nel collegio Sicilia occidentale. Alessandra Siragusa, capogruppo del partito nel consiglio comunale di Palermo, è al secondo posto. Nella lista ci sono, in ordine, il vice ministro per le Infrastrutture Angelo Capodicasa, il vice ministro per lo Sviluppo economico Sergio D'Antoni, Piero Martino dell'ufficio stampa nazionale del partito, Daniela Cardinale figlia dell'ex ministro per le Telecomunicazioni Salvatore che aveva annunciato che non si sarebbe candidato, l'ex Enzo Carra, il vice segretario del Pd Tonino Russo. Al nono posto Loredana Ilardi, la lavoratrice del call-center Alicos di Palermo, accreditata alla vigilia come capolista.


Pubblicato il: 03.03.08
Modificato il: 03.03.08 alle ore 21.33   
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« Risposta #54 inserito:: Marzo 04, 2008, 04:54:41 pm »

Ma dietro le quinte scoppia il caso Lumia: «L’antimafia non è una priorità»

Maria Zegarelli


Ad annunciare la guerra sulle liste sono soprattutto le regioni che si ritengono penalizzate dalle scelte partite da Roma. Esclusi eccellenti, malumori e maldipancia: la battaglia sul chi entra e chi esce è stata all’ultimo posto. Come nel caso di Giuseppe Lumia, vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia fuori dalle nomination. «È un momento delicato e importante - commenta a caldo - Come al solito nella nostra regione la lotta alla mafia viene vista dalla politica più come un problema che come una priorità e una risorsa». Lumia, finito nel mirino di Provenzano e «condannato a morte» dal boss, come rivelato dal pentito Giuffré, annuncia che rifletterà sul da farsi anche rispetto al Pd, mentre proprio sulla sua esclusione è esplosa una polemica destinata a proseguire nei prossimi giorni.

Non è stata un’impresa facile per gli occupanti il “tavolo degli Otto”. Vero, c’erano tutti e alla fine se si volesse disegnare la classica torta il 51% dei candidati “blindati” andrebbe all’area facente capo ai Ds e il restante 49 a quella della Margherita. Ma Nicola Latorre, Maurizio Migliavacca, Goffredo Bettini per i Ds, Beppe Fioroni, Paolo Gentiloni, Rosy Bindi, Talmoro e Franceschini - coordinatore- per la Margherita, il problema maggiore è stato quello di conciliare le indicazioni che arrivavano dai territori con le decisioni nazionali. «Noi siamo soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto - dice Latorre - perché gli obiettivi che ci eravamo posti sono stati rispettati: raddoppiare il numero delle donne, aprire alla società civile, tenere insieme le diverse anime del partito». Ma si raccontano telefonate di fuoco fino a tutto ieri pomeriggio. Da alcune regioni, come la Campania e la Sicilia sono fioccate dimissioni e richieste di dimissioni per la mancata candidatura di persone legate al territorio. Piero Fassino quando ha comunicato a Mimmo Lucà, coordinatore dei cristiano sociali Mimmo Lucà, che è stato piazzato al 9° posto in Piemonte si è sentito rispondere: «Piero, apprezzo il tuo impegno, ma il Pd mi sta mettendo fuori». Lucà oggi presenterà le dimissioni da coordinatore, poi valuterà che fare con il Pd. «Veltroni ci ha fatto fuori», ha confessato con amarezza ai suoi. Barbara Pollastrini ha fatto del tutto per far entrare in lista il costituzionalista Stefano Ceccanti (ritenuto vicino allo stesso segretario Pd), candidatura ritenuta da tutti autorevole, e finita nello scaricabarile generale: dal Loft dicono che doveva essere la Toscana a proporlo, dalla Toscana il segretario regionale del Pd, Andrea Manciulli parla di «equivoco: nessuno, tantomeno il cosiddetto Tavolo degli Otto, ha mai proposto alla Toscana di presentare nelle proprie liste come espressione del territorio il professor Stefano Ceccanti». La vicecapogruppo alla Camera Marina Sereni si è battuta per Gianfranco Burchiellaro che invece resta fuori.

«La verità è che la Margherita ha difeso i suoi, Veltroni i suoi, gli unici a farne le spese sono stati gli ex Ds», lamentano deputati e senatori uscenti. Amareggiato anche da Nando Dalla Chiesa, che di legislature alle spalle ne ha diverse, «ma in fondo pago il fatto di essermi schierato con la Bindi alle primarie». Dice «no grazie», Beatrice Magnolfi, amareggiata, «ma non è una tragedia», alla quale è stata proposto un 12° posto nella lista Toscana Senato, dove l’elezione sarebbe stata altamente improbabile.

Se ne va da Roma «per niente soddisfatto di come sono andate le cose», il segretario regionale della Sicilia, Francantonio Genovese: «Hanno deciso tutto da Roma». A Siracusa è scoppiato un caso: il Pd provinciale, in una nota annuncia che i gruppi dirigenti locali si dicono pronti alle dimissioni per la mancanza di loro rappresentanti in lista. «la prima volta in 60 anni», denunciano. A Caserta il segretario provinciale, Sandro De Franciscis, ha lasciato la riunione romana annunciando le proprie dimissioni: «Caserta e la sua provincia - dice furibondo annunciando che non farà campagna elettorale - esce massacrata. Un territorio con un milione di abitanti è stato ignorato. La notizia è che evidentemente il Pd pensa che non ci sia bisogno del voto dei casertani».

Pubblicato il: 04.03.08
Modificato il: 04.03.08 alle ore 10.22   
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« Risposta #55 inserito:: Marzo 05, 2008, 10:27:46 am »

Il ministro radicale: «non sono un oggetto, in piemonte non corro»

Pd, Bonino: «Patti non rispettati»

E Bettini: «Liste decise, tutti eleggibili»

Pannella: «Non rompiamo, ma non ci fotterete». Veltroni: «Col pareggio riforme, poi si rivoti»

 
ROMA - «Non rompiamo con il Partito democratico ma vogliamo che i nove nomi radicali frutto del patto con Veltroni siano tutti eletti. Chiediamo quindi che siano messi in posti eleggibili, se non è possibile come capilista, almeno come numeri due delle circoscrizioni più popolate». Dopo lo strappo minacciato in mattinata da Emma Bonino, tocca al vecchio leader radicale, Marco Pannella, firmare la tregua con il Pd.

ALMENO TRE SONO FUORI - Pannella ha spiegato come dei nove radicali inseriti nelle liste del Pd almeno tre siano quasi matematicamente fuori dal Parlamento. Si tratta di Maria Coscioni in Friuli, Matteo Mecacci a Lazio 2 e Elisabetta Zamparutti in Basilicata. «Il patto prevede nove eletti e invece almeno tre sono giá fuori. Noi non rompiamo - ha scandito Pannella - ma attenti, su questa questione non ci fottete».

BETTINI: LISTE NON SI TOCCANO - «Per noi i nove candidati radicali sono tutti ampiamente eleggibili. Sette sono in posizione di assoluto privilegio. Due in posizioni buone, ma di combattimento». Il coordinatore nazionale della fase costituente del Pd, Goffredo Bettini, replica senza lasciare fare nessuna apertura alle polemiche sollevate da Pannella e Bonino. «Il sistema elettorale - spiega Bettini - ha mille variabili e ci sono decine di personalità di primo piano ed anche parlamentari uscenti che hanno accettato una candidatura con rischi assai maggiori. Le liste non sono modificabili. È impensabile riaprire ora una trattativa. Sta ai Radicali dimostrare, di fronte ad uno sforzo del Pd giudicato da tutti grande e generoso, se davvero vogliono partecipare a una avventura comune o se considerano le liste del Pd un mero strumento per conservare se stessi».

RADICALI ALL'ATTACCO - All'indomani della chiusura delle liste (in anticipo rispetto al Pdl, cosa che ha fatto esultare il candidato premier Walter Veltroni) Emma Bonino aveva lanciato un durissimo attacco sulle candidature. «Dalla lista dei candidati radicali, scritta a penna, emerge chiaramente che la proposta da loro fatta dei 9 eletti non è stata mantenuta», ha detto il ministro per le Politiche Comunitarie, nel filo diretto di lunedì mattina a Radio Radicale. La Bonino ha sottolineato che non è una questione di trattativa, ma «non c'è la certezza che saremo eletti tutti. Chiediamo e vogliamo la certezza che il Pd sia coerente con la proposta che ci ha fatto», ha aggiunto il ministro radicale. Poi la stoccata sugli alleati: «Ad oggi risultano inaffidabili rispetto alle proposte che ci hanno fatto. Non è questione di trattative da suk, chiediamo che si facciano solo carico del rispetto della proposta da loro fatta».

«NON SONO UN OGGETTO» - Riguardo alla sua personale candidatura la Bonino ha anche avvertito: «Non intendo candidarmi in Piemonte perchè non sono un soprammobile, da loro sbrecciato, che si può prendere e spostare dove vogliono. Non sono un oggetto che può essere usato o spostato. Stando così le cose - ha aggiunto - non sono nemmeno convinta che valga la pena di essere candidata da qualche parte».

LA REPLICA DI VELTRONI - La replica di Veltroni non si fa attendere: «I nove eletti radicali ci sono, ci sono» ha detto il candidato premier del Pd rispondendo a Bruno Vespa circa le perplessità avanzate da Emma Bonino mentre l'ex sindaco di Roma stava registrando "Porta a porta".

PAREGGIO? RIFORME E POI VOTO - Larghe intese per le riforme e poi di nuovo il voto. Se il 13 e 14 aprile gli elettori dovessero decretare un pareggio tra Pd e Pdl, secondo Walter Veltroni la strada da intraprendere dovrebbe essere quella delle riforme. «Io penso di vincere e che gli italiani sanno che questa volta è l'occasione nella quale votando un partito si garantisce governabilità. Ma se non sarà, si dovranno fare le riforme e poi tornare al voto», ha aggiunto Veltroni.

«BERLUSCONI NON È UN UOMO DI STATO» - Ospite di Bruno Vespa, il leader del Pd ha ricordato che sulla modifica della legge elettorale si era «ad un passo dal poterla realizzare». E in proposito ha aggiunto: «Berlusconi non vuole far dimenticare Prodi? È qui che si vede la differenza tra un uomo politico ed un uomo di Stato e cioè cosa conta di più se gli interessi del Paese o i propri» ha detto Veltroni. Il segretario del Pd è anche tornato sulla questione rifiuti a Napoli e sulla vicenda Bassolino. «Il mio giudizio l'ho già espresso e ho già detto che serve una fase nuova e di discontinuità. Ha ragione Bassolino nel dire che ora, nel mezzo della crisi, non può lasciare» afferma il segretario del Pd. «Finita l'emergenza, però - ribadisce Veltroni - serve un segno di discontinuità profondo, che deve essere sottoposto al giudizio degli elettori. Mi aspetto dalla coscienza di Bassolino, che è una persona responsabile, che, finita l'emergenza, si apra una fase nuova». Berlusconi, dal canto suo, ha respinto al mittente le accuse di non essere un uomo di Stato rivoltegli dal leader del Pd. «Sono affermazioni ineleganti e lontanissime dalla realtà» ha detto il Cavaliere.


04 marzo 2008

da corriere.it
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« Risposta #56 inserito:: Marzo 05, 2008, 10:29:10 am »

Vecchi vizi

La fossa delle (non) Marianne

Nei primi posti in lista (lista Pd; nel Pdl va anche peggio) ci sono le poche donne notabili, e le Marianne.

Quelle ragazze entusiaste e molto giovani, come la romana Marianna Madia, candidate a sorpresa (anche loro). Più giù nella lista, nei posti da ineleggibili, c'è la fossa delle Non Marianne.

Profonda più che mai nel collegio Lombardia 1; dal ventesimo posto a scendere, finalmente maggioritarie, ci sono 12 donne candidate su 21. In alto, solo tre femmine su 19: l'attiva benché non milanesissima ministra Linda Lanzillotta, l'ex dirigente Ds Emilia De Biase, la ragazza del loft democratico Alessia Mosca in quota Marianne. Buone, per carità, ma poche. E se ci si informa sulle Non Marianne, viene da pensare che capovolgendo la lista il Pd prenderebbe un po' più di voti. O perlomeno, rappresenterebbe meglio i suoi elettori.

E le sue elettrici. Sembra un brutto dispetto (i più brutti sono quelli involontari, spesso) che per Milano, la città italiana con più donne che lavorano e più diffuse eccellenze femminili, sia stata approntata una lista Piddì così scarsa di deputate sicure; e così abbondante di angeli della bassa classifica, donne che si candidano per passione e/o militanza, fanno campagna veramente, sono parte attiva della città che (non) le elegge. O meglio delle città: molte Non Marianne vengono dalla Milano-città infinita che va da Malpensa o Orio al Serio, da Piacenza alla Svizzera; come Rita Vergani, vicesindaco di Cinisello, Emanuela Beacco, giovane presidente del consiglio comunale di Giussano, Patrizia Gioacchini, consigliere a Brugherio. Ci sono avvocate (Lisa Noja, 34 anni, quasi una Marianna), architetti (Elena Buscemi), volendo anche filosofe (Teodora Crippa), e qualche vera ragazza (Ilaria Cova, ex segretario dei giovani della Margherita). Pazienza.

Erano liste complicate. Ci si è dovuti mettere d'accordo sui posti, sugli importanti da garantire e sui bravi funzionari a cui garantire la pensione; e poi c'erano i candidati extra-politici di richiamo, e le ragazze-immagine, e poi...
Poi c'è una nuova (ma anche vecchia) situazione imbarazzante che si poteva evitare (ma anche no).
Certo, proprio a Milano.

Pazienza, la milanese media ha talmente da fare che magari non se ne accorgerà (proprio perché sono così brave a organizzare vite e lavori impossibili, le milanesi medie — città infinita inclusa — andrebbero candidate in massa; non l'hanno capito neanche stavolta, però).


Maria Laura Rodotà
05 marzo 2008

da corriere.it
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« Risposta #57 inserito:: Marzo 05, 2008, 10:30:15 am »

Quote rosa Piemonte e Lazio: qui rappresentanza inadeguata

Donne, in lista il 30 per cento Ma tante nei posti «perdenti»

Il caso Milano: su 15 solo tre hanno la possibilità di «passare»


MILANO — Garantito: sulle barricate non ci monterà nessuna. Ma qualche delusione, quella c'è. Per una presenza femminile nelle liste del Pd che non tiene dietro a tutte le aspettative: neppure Marianna Madia e Pina Picierno, capolista giovani e belle, possono saziare quel che il nuovo corso ha messo in movimento. Walter Veltroni ieri lo ha ribadito: «Verrà eletto il doppio delle donne». E Dario Franceschini garantisce che «le parlamentari saranno sicuramente più di cento, grazie anche al sacrificio di alcuni uscenti che avevano fatto meno di tre legislature ». Però, per una rigorosissima Emilia Romagna che su 64 candidati schiera 32 donne, c'è anche — per esempio — il Piemonte. Dove la senatrice Magda Negri si sdegna e parla apertamente di «penalizzazione delle donne: quattro o cinque candidate tra i possibili 20 eletti sono una miseria, ben al di sotto del 30 per cento previsto dalle regole». Anche qui, dipende da come la si vede. Perché il segretario del Pd sotto alla Mole, Gianfranco Morgando, fa notare che se tutto funzionerà come deve, «in Parlamento entreranno sei donne, due in più di quelle che entrarono nel 2006».

Poco rosa anche in Lombardia. Nella circoscrizione di Milano, per bene che vada, di donne ne entreranno soltanto tre: Linda Lanzillotta, Emilia De Biasi e Alessia Mosca. Per trovare un'altra esponente di genere, bisogna scorrere la lista per un bel pezzo, e arrivare al posto numero 20. In compenso, dopo si sciala come neppure in Emilia: tra il 21 e il 40 — nessuna chance di elezione salvo calamità naturali — le donne sono 11. Un po' meglio va al Senato, quattro donne su 14 presumibili futuri senatori. Decisamente meglio va in Veneto, dove il comandamento dell'«una eletta su tre» dovrebbe essere rispettato. Ma in Friuli, c'è chi si strappa i capelli. Nessuna donna tra i quattro a seggio garantito. E la quinta, se entrerà, sarà la radicale Maria Coscioni.

In Lazio, chi scuote la testa è Silvia Costa. Lei, in quanto assessore regionale, si era ritirata dalla corsa. E lunedì, a caldo, aveva detto di trovare «inadeguata e in condizioni di precarietà di risultato la rappresentanza femminile nelle liste del Lazio». Con il passare delle ore, non ha cambiato idea, anche se premette che la sua «non è una critica tragica ». Però, in «alcuni casi non basta dire è giovane e mai ha fatto politica: per essere messi in lista, bisognerebbe aver dimostrato di essere in grado di impegnarsi nel lavoro per la collettività». Insomma, va bene il nuovo: «Ma non deve per forza sostituire personalità importanti e dalle capacità utili e riconosciute». Pensa all'ex sottosegretario Cristina De Luca, collocata nella scomoda posizione numero 14. Chi non si può lamentare è invece la Campania. Teresa Armato ricorda che «qui le uscenti erano quattro, ora in posizione utile siamo in otto. Veltroni ha mantenuto la parola».

Marco Cremonesi
05 marzo 2008

da corriere.it
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« Risposta #58 inserito:: Marzo 06, 2008, 03:29:13 pm »

POLITICA

IL PUNTO

Liste del Pd, la rosa e le spine

di MARCO BRACCONI


A fare le liste, il Pd è stato il più veloce, e con i tempi della politica italiana non è poco. Tra i candidati ci sono tante donne e tanti giovani. E nell'Italia del ceto politico immobile e delle caste intoccabili, quella di Veltroni è una radicale e indubbia operazione di rinnovamento. Ma lo svecchiamento veltroniano lascia qualche scontento e in qualche caso apre problemi politici che adesso il leader democratico è chiamato rapidamente a risolvere.

Gli esclusi, eccellenti o meno, sembrano il meno. Anche se l'assenza del numero due dell'Antimafia Lumia promette ancora strascichi polemici. Più complicato il caso Pannella, che con lo sciopero della sete si guadagnerà presenze mediatiche dalle possibili ricadute negative per l'immagine del partito.

La questione radicale ha agitato il loft democratico per giorni. La trattativa infinita, l'accordo, i mal di pancia interni dell'area cattolica, l'attacco di Famiglia Cristiana, qualche decimo di punto ceduto nei sondaggi. Poi, il braccio di ferro sulle posizioni in lista, e dalla Rosa nel Pugno coi socialisti Bonino e C. sono diventati una spina nel fianco del Pd.

Il segretario democratico ha messo oggi la parola fine: "Liste chiuse, un accordo politico non si vive come un tram su cui salire". Ma i pannelliani non sembrano disposti ad accettare il game over. Lo sciopero della sete che l'anziano leader radicale brandisce davanti alla porta del loft è arma pericolosa. Ma Veltroni - che dopo l'accordo avrebbe preferito far calmare le acque agitate di Binetti e soci - continua a scommettere sul decisionismo. Si accontentino, la questione è archiviata. E saranno le ultime settimane di campagna elettorale a dire se gli indecisi lo interpreteranno come un segnale di chiusura o, al contrario, di affidabilità e determinazione.

Diverso il caso Calearo. Non ci sono scioperi della sete in vista, ma la personalità dell'ex leader di Federmeccanica non è semplice da gestire in un partito che ha metà delle sue radici nella storia della sinistra e proprio a sinistra ha ora un avversario senza se e senza ma. L'uomo, lo ha dimostrato in questi giorni, non ha intenzione di facilitare il compito ai vertici del partito: dubbi sull'articolo 18, distinguo sulle sanzioni per le morti bianche, benedizione di Mastella per aver fatto cadere il governo Prodi. Apriti cielo. Su quest'ultimo passaggio insorgono gli ulivisti da Bindi a Parisi. Chiedono precisazioni, correzioni, smentite.

L'ennesima conferma che con il voto di aprile l'ex sindaco di Roma si gioca tutto. O la "strategia della rivoluzione" paga - dall'andare da soli ai nomi in lista - o dopo il 14 aprile non pochi saranno quelli che si presenteranno a chiedere il conto.

(5 marzo 2008)
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« Risposta #59 inserito:: Marzo 07, 2008, 03:12:16 pm »

7/3/2008 (7:37) - REPORTAGE

Sul pullman di Walter sognando il pareggio
 
Il Giro d’Italia in cerca dei voti per la rimonta

FABIO MARTINI
INVIATO A FORLI’


Anche alla Fiera di Forlì la sequenza si ripete secondo una sceneggiatura studiata e collaudata in 27 repliche: Veltroni scende dal pullman verde, dal marciapiede si levano urla belluine «Wal-ter, Wal-ter», lui fa l’occhietto, stringe mani e intanto, dentro la sala, parte il «Mi fido di te» di Jovanotti. E quando Veltroni entra nel catino, gli applausi scattano in serie. Quando il leader sale sul palco. Quando il leader saluta la gente. Quando dalla folla parte il grido «Sei bravo Walter!». A fine comizio, dalla regia fanno partire l’Inno di Mameli ad un volume assordante. E dopo lo sconcerto delle prime tappe (a Pescara, a Campobasso, a Isernia la gente sussurrava o taceva), da una decina di giorni più di metà del pubblico canta "Fratelli d’Italia" e qualcuno lo fa a squarciagola. Veltroni trascina e lui ci crede ancora. Eppure, da due giorni c’è una novità. E’ come se un velo di sincerità avvolgesse le sue parole: «Non so dire quale sarà l’esito delle elezioni, però so che già oggi abbiamo fatto una grande rivoluzione», ha detto ieri a Forlì. E due giorni fa, a Parma, aveva sostenuto: «Questo grande partito sarà, comunque sia, o il primo partito italiano che governerà il Paese, o una delle più grandi forze riformiste di questo continente, ciò che in Italia non c’è mai stato». Proprio così. Come se vincere o perdere sia più o meno equivalente. Tanto è vero che dopo aver scandito nel dettaglio per 18 giorni sondaggi e quote dei bookmakers, ieri Veltroni ha annunciato: «Vi assicuro che non sarò preso dalla sondaggite acuta».

Da due giorni - e la novità non è trascurabile - è come se per Veltroni la vittoria sia ridimensionata a possibilità, esattamente come una sconfitta molto onorevole. Certo, soprattutto a Bologna, il leader del Pd ha ripetuto che la vittoria è vicina, eppure un certo eclettismo degli ultimi dieci giorni (radicali-teodem, Tyssen-Calearo, Umberto Veronesi e i portaborse) sembra aver interrotto la rimonta, così almeno dicono quasi tutti - non tutti - i sondaggi. Ma nella campagna di Veltorni resta un effetto-pullman, non misurabile in voti ma palpabile. Ogni volta lui gigioneggia: «Mancano ancora 82 tappe e spero di arrivare vivo!», ma il tour de force in 110 province lo ha voluto lui. Quattordici anni fa, anche se allora non si seppe, fu proprio il giovane Walter a consigliare al professor Prodi: «Sarebbe bello poter girare l’Italia con un pullman, come ha fatto Clinton due anni fa». Era il 1994 e un anno dopo proprio il pullman dell’Ulivo sarebbe diventato uno dei pochi simboli, capaci di comunicare da sinistra qualcosa all’opinione pubblica. Veltroni lo sa: negli Stati Uniti alcuni studi hanno dimostrato che se la televisione resta importante, in una stagione di virtualità il contatto personale può irradiare e moltiplicare i consensi.

I pullman in realtà sono due, perfettamente uguali. Una "omonimia" che talora produce effetti comici. C’è quello di Veltroni guidato da Vittorio, un romano «ovviamente romanista», che a 42 ha già venti anni sulle spalle «da autista, soprattutto di turisti». In ogni piazza però approda per primo il pullman dei giornalisti. Col risultato che telecamere e tifosi assediano puntualmente la porta girevole del bus sbagliato. Ieri sera, in piazza Maggiore a Bologna, una ragazza bolognese giurava al suo ragazzo: «Dietro i vetri, ho visto Walter, sta scendendo, ora lo vedrai anche tu». Ma dalla porta del pullman è sceso un silenzioso giornalista del "Sunday Times". In compenso i cronisti al seguito sono coccolatissimi, grazie allo staff di colleghi, Luigia, Federica e Guendalina e grazie ad una segretaria, la "sora Laura", che rifornisce la truppa di cornetti caldi, biscotti e bevande. Certo, da qualche giorno Veltroni ha tirato fuori il D’Alema che è in lui, sferzando quei grandi giornali che a suo avviso deformano le notizie, guidati come sono da «cinquantacinque-sessantennni che sono arrivati ad un età nella quale cominciano a pensare che potevano fare qualcos’altro e appena vedono uno di 25 anni che diventa deputato, vorrebbero strangolarlo!».

Comitati elettorali itineranti, i pullman sono alimentati da una piccola comunità. C’è il "produttore", Lino Paganelli, che è il capo delle Feste dell’Unità; c’è Roberto Cocco, l’ex autista dei tempi del Pci e che dopo 20 anni di vicinanza è diventato l’uomo-ombra del capo, il factotum che dice la sua anche sulle questioni politiche; c’è Giovanni Lattanzi, detto "la lepre", colui che va in avanscoperta nella tappa successiva. L’altro giorno Veltroni lo ha pubblicamente elogiato («Pensate, fa questo lavoro, nonostante si sia infortunato alla gamba»), lui dalla platea ha salutato alzando la stampella, la gente ha applaudito, ma subito dopo il palchetto davanti al leader è precipitato: «Ecco che succede a parlar bene delle persone!», ci ha scherzato su Veltroni. Che, gasato come è, da qualche giorno ha inaugurato la serie dei "comizi brillanti", all’americana, infarciti di battute sdrammatizzanti. A Parma, mentre parlava, Veltroni si è fermato con pausa da attore e si è rivolto ai fotografi che scattavano dal basso: «Fanno foto da posizioni inquietanti».
 
da lastampa.it
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