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Autore Discussione: PARTITO DEMOCRATICO (2).  (Letto 39460 volte)
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« inserito:: Giugno 29, 2007, 05:28:49 pm »

Anna Finocchiaro: «Presenterò una mia lista alle primarie»

Ninni Andriolo


«Se le regole lo consentiranno, io presenterò una mia lista per contribuire ad arricchire il progetto che Veltroni ha illustrato a Torino». Anna Finocchiaro è rimasta «favorevolmente impressionata» dal discorso del Lingotto. E in questa intervista annuncia il suo impegno per le primarie. L’appuntamento del 14 ottobre? «Importantissimo per definire la fisionomia di un partito che deve essere laico, pluralista, federale e non moderato. In grado di aggredire le questioni della modernità senza farsi trascinare nel passato. Un partito coraggioso, quindi. Che osa, che guarda in faccia senza paura il cambiamento, con l’intento di governarlo. Un partito, soprattutto, che non riproduce alcuna forma di notabilato».

Iniziamo dal discorso di Veltroni. Come lo giudica?
«Ha fatto una ricognizione puntuale dei problemi del Paese e ha annunciato soluzioni anche coraggiose da adottare. Mi è sembrato un progetto convincente per il Pd, con una giusta idea dell’Italia. Chi si aspettava un discorso diverso è rimasto deluso».

Smentito chi immaginava molti sogni e poca realtà, quindi...
«Alcuni commenti dei giorni precedenti erano stati ingiustamente feroci. Veltroni, invece, si è soffermato molto sui contenuti, indicando scelte nette e coraggiose. Ha smentito, in sostanza, chi gli imputava il solito ecumenismo. Nel suo intervento, invece, ho individuato una visione moderna della società, letta attraverso la mescolanza di diverse culture».

Nessuna critica, quindi, tutto bene?
«Mancava il Sud. Ma il Mezzogiorno manca più complessivamente dal dibattito politico. Però mi ha rassicurato il fatto che Veltroni abbia fatto riferimento all’Italia, a un Paese che non può non stare unito. Un dato che mi induce a pensare che Walter ponga come centrale tanto la questione del Nord, tanto la drammaticità della realtà del Mezzogiorno».

Veltroni ha posto al centro il tema della precarietà, per la verità...
«Sì, un problema generazionale che si presenta con una particolare virulenza nel Mezzogiorno. Anche con il risvolto drammatico del lavoro nero. Per la cui emersione finalmente questo governo ha fatto cose importanti».

La discesa in campo del sindaco di Roma rafforza il governo o avvicina le elezioni anticipate?
«Veltroni è stato molto netto su questo tema. Un Partito democratico forte, ne sono convinta da tempo, è la migliore assicurazione per il governo. È abbastanza malevola una lettura che lega la candidatura Veltroni alle elezioni anticipate. E non a caso a fornirla è un centrodestra rimasto del tutto spiazzato. Questo, però, non significa che non serva una svolta. Proprio perché siamo riusciti a risanare, raggiungendo in un anno l’obiettivo che ci eravamo prefissi in due anni - e poiché questo ha lasciato necessariamente in ombra alcune questioni - dal Dpef deve emergere la consapevolezza del disagio che attraversa aree e categorie. Il governo, in poche parole, deve dimostrare al Paese di aver compreso questo malessere, di condividerlo e di volerlo affrontare».

A quali aree e categorie si riferisce in particolare?
«Parlo del malessere del Mezzogiorno, parlo della necessità di una Pubblica amministrazione che assecondi e non costituisca un freno allo sviluppo, parlo della questione infrastrutturale, parlo di un carico fiscale eccessivo in relazione alla qualità dei servizi pubblici offerti».

Lo scenario è mutato di colpo. Da una parte la candidatura Veltroni. Dall’altra le scelte del governo su pensioni, giovani, ecc...
«Il rilancio c’è già nei fatti. C’è sul versante politico, con questo nuovo slancio verso il Pd. E c’è nell’esecutivo. Mi auguro che la trattativa con i sindacati si concluda presto e bene. I temi sui quali sta lavorando il governo, l’aumento delle pensioni basse, la protezione delle giovani generazioni rispetto alla previdenza, gli ammortizzatori sociali, mi sembrano importanti e decisivi. Il governo affronta di petto le grandi questioni sociali. Anche dal versante del Senato, mi permetta di sottolinearlo, stiamo facendo un lavoro importantissimo».

Può riassumerlo?
«Abbiamo approvato da soli la legge sulla tutela e la salute nei luoghi di lavoro, malgrado la Cdl non abbia partecipato al voto. Ancora oggi (ieri, ndr) sul provvedimento per la restituzione dell’Iva, che interessa i contribuenti e le imprese italiane, il centrodestra - cercando di metterci in difficoltà - ha presentato una sospensiva e non ha partecipato al voto. Hanno cercato di far mancare il numero legale, ma non ci sono riusciti e il provvedimento è passato. Un altro segnale di compattezza della maggioranza e di rispetto nei confronti delle aspettative dei cittadini e delle imprese. Pur in una condizione difficilissima, dentro uno scontro ogni giorno più aspro, segnato da ripetuti tentativi di interdizione. Sì il clima è cambiato. E chi suonava le campane a morto per il governo Prodi deve ricredersi».

Immagina altre candidature accanto a quella di Veltroni?
«Io penso che la competizione debba essere la più libera possibile. Io ho fatto la mia scelta. Ma altre candidature non mi meravigliano, né stupiscono. Quello che è importante è che ci siano documenti, piattaforme, contributi e liste che possano arricchire il progetto complessivo. Tutto ciò non può che fare bene alla competizione e alle primarie per la Costituente».

E se dovesse scendere in campo Bersani?
«Nessuno scandalo, ci mancherebbe altro. Le primarie che hanno portato alla scelta di Prodi vedevano in campo sette candidature. Ma è chiaro che queste debbono essere sorrette da idee, piattaforme, progetti».

Appoggerà Veltroni con una sua lista, quindi?
«Certo. Farò questa campagna elettorale con grande passione. Io penso di promuovere un documento e una lista che immetta idee, contenuti e contribuisca a moltiplicare le occasioni di confronto. Questa campagna elettorale deve rappresentare l’occasione per mescolarci. Penso alla composizione di liste miste, che mettano assieme persone che provengono da esperienze politiche e culturali diverse e che si ritrovano insieme su documenti chiari».

Una lista segnata da una maggiore presenza femminile?
«Anche. Perché credo che una maggiore presenza femminile rappresenti un fattore di innovazione e di riequilibrio democratico. Ma non penso solo a questo. Certo, io lavorerò perché ci siano molte donne capolista, il 50% almeno».

Una lista per ogni candidato o più liste per ogni candidato: quale opzione ritiene più valida?
«La seconda opzione dà le maggiori occasioni per mescolare esperienze diverse e consentirci di superare gli attuali steccati. Per fare, insomma, il partito nuovo».


Pubblicato il: 29.06.07
Modificato il: 29.06.07 alle ore 7.45   
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 29, 2007, 05:33:12 pm »

Olga D'Antona: «Bravo Veltroni. Se avessi saputo che si sarebbe candidato...»

Maria Zegarelli


Quando stava nei Ds era una veltroniana, dopo Firenze è approdata in Sd, «perché credo nella necessità di un progetto di sinistra». Dopo il Lingotto dice, «chissà cosa accadrà in futuro». Olga D’Antona, membro della Commissione Affari costituzionali alla Camera, premette: «Io ho fatto una scelta diversa rispetto al Pd». E ammette: «Ci voleva uno come lui. Anzi, ci volevano due come Veltroni e Franceschini, che rappresentano la modernità, pur avendo una grande esperienza politica alle spalle».

Convinta dal discorso di Veltroni?
«Un buon discorso, lui è la persona giusta per portare avanti il progetto del Pd con coerenza».

Veltroni ha citato suo marito. Se lo aspettava?
«Ha parlato di mio marito e di Biagi, due persone che hanno dato senza chiedere, esattamente come erano. Due uomini soli con responsabilità rilevanti, verso cui le istituzioni hanno avuto grandi disattenzioni, soprattutto nel caso di Biagi, la cui morte era stata annunciata. Non mi aspettavo che Walter citasse mio marito a Torino, anche se lo ha fatto in numerose precedenti occasioni».

Cosa l’ha convinta di più del discorso del sindaco di Roma?
«Meglio precisare prima che io ho aderito con convinzione a Sd. È chiaro che la scesa in campo di Veltroni renderà più facile una collaborazione tra due progetti entrambi utili al Paese: quello del Pd e quello di una forza che ha come obiettivo di manterenere l’unità a sinistra. Oggi sono convinta che sia più facile dialogare».

Fatta la premessa, quali passaggi del discorso ha accolto con favore?
«Ha mandato un segnale esplicito verso il dialogo e l’unità. Ha inoltre dato un’immagine chiara per il futuro del Paese, ha affrontato in maniera decisa il tema dei giovani e della precarietà del lavoro, uno dei punti a noi più cari. Ha dimostrato grande attenzione verso i bisogni dei cittadini, i temi sociali, la rappresentanza delle donne in politica: temi che ha già seguito con grande sensibilità come sindaco di Roma».

E le perplessità?
«Sicuramente più incerto quando si tratta di capire quale sarà la collocazione internazionale del futuro Pd. Se saprà trovare in Europa un luogo che sappia comprendere al suo interno i nuovi soggetti politici socialisti e democratici allora avrà fatto un buon lavoro. Gli auguro, grazie alla sua esperienza e alla sua influenza a livello internazionale, di riuscire in questa impresa».

Sulla laicità e i diritti individuali Veltroni è stato molto netto.
«Finora l’atteggiamento, in alcuni momenti aggressivo, delle gerarchie ecclesiastiche ha inasprito i toni della discussione e reso ancora più stridente il divario tra le posizioni all’interno del centrosinistra. Veltroni sono certa che saprà riavviare il dialogo perché questo è sempre stato il suo atteggiamento».

Come valuta il ticket con Fransceschini?
«Molto bene, sarà utile al paese e al dialogo più facile nel centrosinistra».

Ma lei con Veltroni in pista, tornerebbe nel Pd?
Io ho fatto una scelta, sto in una formazione politica diversa, che non è antagonista al Pd.

Franceschini ha lanciato un messaggio: «Tornate». Ipotesi praticabile?
«Nel Pd ci sono molte persone che stimo, credo che insieme nelle rispettive posizioni renderemo un servizio utile al Paese, soprattutto se saremo aperti al dialogo. Per questo trovo Veltroni e Franceschini due figure importanti, che rappresentano la modernità, il futuro».

Mettiamola così: se avesse saputo prima della scesa in campo di Veltroni, sarebbe uscita dai Ds?
«Se avessi avuto questa certezza prima le mie scelte sarebbero state diverse, ma il disagio che ho vissuto nei Ds, con un gruppo dirigente esclusivo e non accogliente, e il modo in cui è stato condotto questo processo ha fatto sì che sentissi l’esigenza di dare rappresentanza a un progetto di sinistra. Detto questo, io non avrei mai immaginato tempo fa di lasciare i Democratici di sinistra».


Pubblicato il: 29.06.07
Modificato il: 29.06.07 alle ore 7.44   
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« Risposta #2 inserito:: Giugno 29, 2007, 05:34:32 pm »

Pd, non correnti ma idee

Vannino Chiti


Non c’è dubbio che la scesa in campo di Veltroni per la guida del Partito Democratico abbia rilanciato le prospettive e le speranze che si legano alla nuova formazione politica. Ciò ha anche contribuito a creare spazi più ampi per il Governo e per un respiro strategico di riforme da far assumere alla Legislatura. Governi istituzionali, per i quali in questi mesi non si era soltanto parlato sui giornali, sono cancellati dall’orizzonte politico. Inoltre a destra sono di nuovo divenute lampanti le divisioni. Sembra difficile ripresentare Berlusconi come candidato alla Presidenza del Consiglio ma al tempo stesso appare difficile individuare una candidatura alternativa in grado di unire dall’estrema destra fino alla Lega, passando per l’Udc.

Allora è tutto risolto, il Partito democratico e il centrosinistra hanno contratto una assicurazione politica sul futuro? Non è così e sarebbe un errore crederlo. Il centrosinistra gioca la sua credibilità di alleanza di Governo sulla capacità di rafforzare la coesione attorno ad un’azione che tenga realmente uniti risanamento, equità e sviluppo.

Ora tuttavia voglio parlare soprattutto del Partito Democratico.

I suoi primi passi, dopo i congressi di Ds e Margherita, non sono certo stati entusiasmanti. Il parlare esclusivamente di candidati e di candidature, di modalità per la loro elezione senza al tempo stesso mettere al centro i contenuti che debbono caratterizzare il nuovo partito, non interessa alla gran parte dei cittadini che guarda a noi. Il discorso di Veltroni a Torino ha introdotto un cambiamento, parlando di futuro, di giovani, di lavoro, di dignità di una politica intesa come servizio al Paese.

È importante ma da solo non sufficiente. Nessuno sa più che fine ha fatto il cosiddetto manifesto di Orvieto. Quale è il nucleo forte e condiviso del nuovo partito? Mi riferisco ai valori che debbono caratterizzarlo, al progetto di società, alle sue alleanze internazionali, alle forme della sua organizzazione. Se gettiamo uno sguardo attorno a noi vediamo che dopo la caduta delle vecchie ideologie, la politica si sta ovunque riorganizzando attorno a valori forti e non al pragmatismo quotidiano. Le stesse questioni delle alleanze internazionali non possono essere relegate in secondo ordine.

Una forza progressista del XXI secolo si ridefinisce in primo luogo attorno alla costruzione dell’unione politica dell’Europa e alla ricollocazione in questo ambito degli interessi e della funzione del Paese. Sta qui una delle discriminanti tra il campo progressista e quello moderato-conservatore. L’Europa conta e conterà sempre di più nelle politiche che si conducono nelle vari nazioni. Il Partito Democratico non può dunque ripresentare sotto nuova veste il vecchio leit motiv del caso italiano o di una presunta originalità italiana.

Una delle affermazioni più interessanti che è emersa in questi ultimi mesi riguarda il carattere federale del nuovo partito: rappresenta il più significativo elemento di innovazione e di discontinuità. Questa scelta deve tuttavia riempirsi di atti concreti: quale sarà l’autonomia politico-programmatica delle organizzazioni regionali? Come troverà un equilibrio con l’indispensabile momento unitario nazionale? Prima ancora, come incideranno i territori nella formazione dei gruppi dirigenti nazionali, dal momento che è questa una delle vie principali per fare assumere ad un partito carattere federale? Questa ultima considerazione ha una conseguenza precisa sulle stesse modalità di elezione dell’Assemblea Costituente. È evidente che se le liste che sostengono i candidati a segretario sono plasmate a livello nazionale il rischio è che i territori risultino subalterni, mentre a mio giudizio la priorità è quella di assicurare che le diverse esperienze regionali e locali pesino nella costruzione delle idee guida e delle forme partecipative del nuovo partito. Tenere ferma la scelta del partito federale ed essere conseguenti nel cogliere questa prima opportunità della elezione dell’Assemblea Costituente ritengo sia indispensabile per rimettere sui giusti binari la nascita del Partito Democratico. Voglio essere esplicito fino alla brutalità, visto che la sfida che abbiamo di fronte è di straordinaria importanza e per essa abbiamo come suol dirsi bruciato le navi dietro di noi: non credo che riusciremo a costruire un partito veramente nuovo se il suo primo fondamento saranno le correnti e addirittura correnti fondate su persone e non su grandi opzioni politiche. La nostra ambizione è quella di dare vita alla sinistra del XXI secolo, partecipando al suo rinnovamento in Europa e nel mondo, costruendo per questo scopo una casa comune capace di andare oltre i confini della sinistra tradizionale, unendo le culture e le esperienze che vengono dal cattolicesimo democratico e sociale, dal riformismo liberal democratico, dall’ecologismo, dal movimento dei diritti umani, e da quello della liberazione della donna.

Di questo ha bisogno anche l’Italia. Passa da qui una politica capace di suscitare l’impegno e la partecipazione dei cittadini, invertendo una tendenza che la fa vivere in modo sempre più distaccato, relegata nei salotti e nei talk show televisivi.

Pubblicato il: 29.06.07
Modificato il: 29.06.07 alle ore 7.43   
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« Risposta #3 inserito:: Giugno 30, 2007, 07:25:42 pm »

Ma al plebiscito io non ci sto
di Marco Damilano

Una scelta operata nel chiuso delle segreterie.

Parisi boccia il metodo della candidatura Veltroni.

E si dice pronto, se nessun altro si farà avanti, a corrergli contro 


Il Candidato alternativo passeggia su e giù in una stanza al primo piano di palazzo Baracchini, il suo ufficio da ministro della Difesa. Arturo Parisi non ha mandato giù il metodo "che in politica come abbiamo visto lungo tutti questi anni è sostanza", che è stato seguito per la scelta di Veltroni. L'inventore dell'Ulivo e delle primarie, ancora una volta è in minoranza nel Pd, o almeno nel gruppo dirigente dei partiti, e questa volta critico con il candidato che lui stesso ritiene il più adatto a guidare il nuovo partito. Una beffa. "Sottoscrivo in pieno una battuta di Antonio La Forgia: Veltroni è per me il candidato migliore e tuttavia, se proposto come candidato unico, il candidato peggiore". Per evitare il rischio, il professore sardo che dagli anni Novanta insegue il sogno dell'unità di tutti i riformisti, è pronto a correre in prima persona: "Una candidatura di servizio, per realizzare il progetto. In assenza di candidati alternativi credibili, e penso innanzi tutto ai giovani, ai famosi giovani-giovani che ora dovrebbero scendere in campo per rappresentare idee alternative a questa dinamica, ho idea che sia costretto a candidarmi".

Alla vigilia del discorso di Torino di Veltroni nel Pd ancora si inseguono voci, candidature, auto-candidature. Da Enrico Letta a Rosy Bindi a Pierluigi Bersani. Il ministro per lo Sviluppo economico è l'oggetto del desiderio da più parti. Ma non lo vuole Massimo D'Alema, e neppure Piero Fassino. Hanno scelto Veltroni per tutelare l'unità del partito, non possono permettere che si rimetta in discussione. Una sfida Bersani-Veltroni sarebbe invece il compimento storico del progetto dell'Ulivo e di Parisi: la prova che la vecchia storia è finita e ne comincia una davvero nuova.

"Facciamo un passo indietro", racconta Parisi: "Una settimana fa sono stato io a chiedere a Veltroni di candidarsi. Lui, con lealtà, aveva combattuto contro l'idea che il segretario potesse essere scelto con le primarie. Io lo ritenevo e lo considero il candidato migliore: quello che meglio di tutti riesce a rappresentare la pluralità di storie che si muovono dentro il perimetro del Pd e a comunicarle. Anche senza farmi e senza fargli sconti: ricordo bene il passaggio del '98 e la risposta che mi diede nel 2000. E tuttavia speravo che potesse essere il punto di riferimento prezioso di quel ri-inizio che deve portarci tutti a mescolare le nostre storie nel Pd". Parisi non dimentica la crisi del primo governo Prodi nel 1998, quando Veltroni in poche ore si spostò dall'appoggio totale al Professore, di cui era vice-premier, a D'Alema spinto ad andare a Palazzo Chigi. Né la risposta quasi sprezzante che Veltroni gli diede dal palco del congresso di Torino nel 2000, dopo che l'allora leader dell'Asinello aveva chiesto con un'intervista a 'Repubblica' di sciogliere i Ds e i Democratici che poi si sciolsero per la Margherita, e dare vita, già allora, al partito dei Democratici. Divisioni politiche, non personali. Il giudizio su Veltroni di Parisi è benevolo, anche se sottilmente perfido: "Non mi nascondo i suoi limiti, ma chi non ne ha? Limiti legati alla categoria della leggerezza, che gli viene rinfacciata anche con qualche ingenerosità. Uno non può essere troppo comunicativo e troppo profondo. Quando la tua prima esigenza è comunicare, c'è qualche prezzo da pagare alla profondità e alla verità. Ma io, in ogni caso, non ho mai immaginato di candidare il Veltroni intellettuale di cui sento parlare in questi giorni".

Il dissenso di Parisi è tutto legato al modo con cui si è arrivati al nome di Veltroni: la candidatura unica. "Una scelta affidata ai vecchi partiti, figlia di una dinamica di tipo verticistico", scandisce il ministro della Difesa: "In questo modo quello che nasce non è il Pd, quello che nasce è il partito del presidente. Io credo che non basti: serve un partito che innervi la società italiana, che viva a prescindere da chi lo presiede. Noi abbiamo immaginato il Pd non come lo strumento in mano a un leader, ma come un partito vero che si fa carico del presente e del futuro e che apre una prospettiva per il tempo medio, superiore al tempo del governo. È questa la soluzione che abbiamo trovato rispetto alla crisi della democrazia italiana: un partito nuovo. Senza il riferimento a un partito nuovo non resta che una riforma costituzionale di tipo presidenzialistico. Negli ultimi mesi ha condizionato il suo ritorno nella politica nazionale al cambio di regole, se Veltroni non fa di questa la sua prima battaglia, rischia di diventare solo una continuazione del passato. Rischiamo uno scenario municipale: un sindaco e tanti piccoli gruppuscoli personali. Con una piccola differenza: che a livello nazionale non c'è il sindaco, ma solo i gruppetti".

Parisi non sembra farsi illusioni: "Non è la prima volta che un candidato prescelto delude proprio quelli che lo hanno designato. Al momento però Veltroni ha deluso noi che gli avevamo affidato tutte le nostre speranze, nonostante tutto. Invece si è assicurato l'appoggio delle macchine di partito in quanto tali, di Fassino in quanto segretario dei Ds, e dei popolari che hanno firmato la sua candidatura mettendogli come numero due Franceschini, da sempre il successore designato di Franco Marini. Se non intervengono correzioni radicali ho paura che la frittata sia fatta: resta solo un regolamento per l'elezione dell'assemblea costituente che certifichi e pesi le correnti. Siamo più indietro del punto di partenza".

Eppure, per 12 anni l'Ulivo ha funzionato così: con un candidato unico e naturale chiamato Romano Prodi. Ora che non è più lui il candidato, è troppo tardi per capire che il meccanismo si è inceppato. Replica Parisi. "Prodi è stato scelto così nel '95, è vero. Ma sono pur passati 12 anni. Ho paura che siano passati invano. Ora rischiamo di trovarci rispetto al '95 con un Ulivo più piccolo nell'anima e anche nel corpo". Un attacco bruciante, dato che viene da chi ha ideato e difeso l'idea dell'Ulivo. "Non c'è confronto politico: la pluralità delle liste è un vestitino da mettere su un corpo già formato. Per fermare questo processo serve un soprassalto che ostacoli l'entrata in campo del sistema partitico in quanto tale. Servono 'liberi e forti' che resistano all'antica regola di tutte le sinistre italiane: meglio sbagliare insieme che avere ragione da soli. Il peggior difetto che viene contrabbandato per migliore virtù: copre il rifiuto del rischio e della responsabilità".

Anche nel caso di Veltroni, secondo Parisi, la regola non è stata smentita: "Il vero motivo per cui in poche ore si è giunti alla sua candidatura è che arrivati al dunque hanno tutti dovuto confrontarsi con il rischio della competizione. Hanno avuto paura che Veltroni vincesse da solo. Altro che Stati Uniti o Francia: da noi nel Dna abbiamo il terrore della esclusione dal branco. Quando si ha l'idea che qualcuno abbia già vinto, ti ritrovi in poche ore in stanze affollate di gente che non avevi mai visto prima". E dunque, in assenza di altri candidati, toccherà a Parisi immolarsi come un kamikaze per il bene del progetto: "Se nessun altro si fa avanti. Sempre che ce ne siano le condizioni e che si possa giocare ad armi pari: se il leader è già deciso mi potete chiedere una candidatura di servizio, non la certificazione che sono un cretino! Chi parteciperebbe mai ad una gara della quale è stato già proclamato il vincitore?".
 
I quattro cavalieri del partito a termine

 
Si terrà il 6 ottobre a Roma, in piazza Farnese, la prima manifestazione della Lista Civica per la Repubblica dei Cittadini, la formazione politica che ha raccolto l'eredità dei girotondi. Appuntamento preceduto da una serie di iniziative locali e da un tam tam on line sul sito Listacivicanazionale.it e sul blog di Oliviero Beha (Behablog.it), uno dei quattro promotori insieme all'ex deputato Elio Veltri, al leader dei girotondini Pancho Pardi e a Roberto Alagna, ex dirigente Uil. Veltri, uscito da tempo dal partito di Di Pietro, spiega a 'L'espresso' che la Repubblica dei Cittadini "non sarà un partito organizzato, non avrà iscritti, tessere o sezioni, ma sarà solo una lista civica con il compito di sferzare i partiti su temi come la legalità e

i costi della politica". Una formazione dunque "a termine, che cioè si autoscioglierà quando sarà riuscita a costringere la casta del Palazzo a rispondere ai cittadini". Se la manifestazione romana andrà bene, e se continueranno ad arrivare adesioni on line, la Repubblica dei Cittadini presenterà proprie liste alle europee del 2009 e alle politiche successive. L'obiettivo è convogliare nel nuovo simbolo i delusi del centrosinistra ("Ma ricevo mail anche da molti elettori del centrodestra", precisa Veltri) e più in generale le varie forme civili in cui si declina la protesta anti-politica. Tra le prime iniziative c'è il Manifesto per la riforma della politica, a cui hanno già aderito diversi nomi noti, come Dario Fo, Franca Rame, Antonio Tabucchi, oltre ai giornalisti Marco Travaglio e Gianni Barbacetto. Ma la firma più nota è sicuramente quella di Beppe Grillo, il che fa pensare a probabili sinergie tra la Lista civica e i cosiddetti Meetup, la rete di oltre 200 gruppi locali che fanno riferimento al blog del comico. A. G.

da espressoonline.it
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« Risposta #4 inserito:: Luglio 09, 2007, 03:36:53 pm »

9/7/2007

Sede, sito e consulenti per Letta

Le grandi manovre dell'anti-Veltroni in attesa della candidatura

FRANCESCA SCHIANCHI


TORINO
Ha preso una sede, nel cuore di Roma. Ha allertato un’agenzia di comunicazione perché sia pronta a buttare giù qualche idea, nel caso ci fosse bisogno (a breve) di una campagna elettorale. Ha insomma già creato la sua corrente: sempre più tentato di candidarsi alla leadership del futuro Partito democratico, Enrico Letta, impegnato in questi giorni al tavolo delle pensioni, sta preparando la sua discesa in campo. Che sia in veste di competitor di Walter Veltroni o a capo di una lista a sostegno del sindaco di Roma, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio lo sta ancora decidendo. Ha trascorso gli ultimi weekend in giro per l’Italia, a incontrare amici in Toscana, in Veneto, in Puglia. Per raccogliere gli umori della periferia e magari qualche consiglio: chi gli ha suggerito di candidarsi subito, forte di sondaggi che lo danno avversario favorito di Veltroni, chi di decidere dopo la riunione del Comitato dei 45 dell’11 luglio, durante la quale verrà stabilito il regolamento per le votazioni del 14 ottobre.

Nel frattempo, comunque, cresce la sua associazione Trecentosessanta, destinata a essere la corrente lettiana all’interno del Partito democratico. Il battesimo è stato all’inizio di giugno, in una riunione nell’abbazia di Spineto a Sarteano, nella Val di Chiana. Presenti vari esponenti della Margherita, dal presidente della provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai al governatore della Regione Sardegna Renato Soru. Vuole essere un network a trecentosessanta gradi, aperto al dialogo, ispirato ad alcune parole chiave: “interesse generale”, ad esempio, “cittadinanza”, “rigore e serietà”, temi forti dell’idea di partito targata Enrico Letta. Ha già pronta una sede, 100 metri quadrati in una piazza dietro al Pantheon, due passi da Montecitorio. Ma siccome si propone di essere capace di radicarsi nel territorio, a farne parte sono uomini da Nord a Sud del Paese.

Come il piemontese Enrico Borghi, presidente dell’Unione comuni, comunità e enti montani, o Francesco Russo, ex segretario dei giovani popolari a Trieste, o ancora il veneto Marco Stradiotto, sottosegretario allo Sviluppo Economico, uomo-cerniera con il ministro Bersani, con cui da sempre Letta è in sintonia e che, a sorpresa, potrebbe trasformarsi in un sostenitore della sua eventuale candidatura. Dal Mezzogiorno, raccoglie l’adesione di Guglielmo Vaccaro, consigliere regionale della Margherita in Campania, o ancora del pugliese Francesco Boccia, capo dipartimento per lo sviluppo a Palazzo Chigi, sconfitto nel 2005 alle primarie per la guida della Regione Puglia da Nichi Vendola. A breve l’associazione sbarcherà in Rete: il sito è previsto a giorni. A firmarlo, l’agenzia di comunicazione barese Proforma. Un gruppo di giovani pieni di idee, più volte definiti gli “spin doctor” della sinistra: sono loro alcune delle campagne politiche più riuscite degli ultimi tempi, da quella della vittoria di Vendola a quella del sindaco di Bari Michele Emiliano, fino a quella di Fausto Bertinotti per le primarie dell’Unione. Per Letta stanno preparando VeDrò, la tradizionale convention di trenta-quarantenni della politica, dell’industria, della tecnologia che si tiene a fine agosto a Dro, in provincia di Trento. Alla riunione di Spineto c’erano anche loro: guarda caso, hanno tenuto una presentazione sui meccanismi della comunicazione politica, come la differenza tra una campagna per le elezioni vere e proprie e una per le primarie. E in particolare su come far vincere non tanto un partito, ma proprio un candidato singolo. Che si chiami Enrico?

da lastampa.it
« Ultima modifica: Dicembre 08, 2007, 04:33:01 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #5 inserito:: Novembre 07, 2007, 08:13:43 am »

5 novembre 2007

L'esecutivo del Pd nome per nome

I profili dei componenti della squadra che affiancherà Veltroni

Più donne che uomini, giovani, esponenti politici ma anche del mondo della cultura e dell'associazionismo.

Ecco chi sono i componenti dell'esecutivo del Partito Democratico:


GOFFREDO BETTINI - Nasce a Roma nel 1952. omano, classe 1952. Consigliere comunale dall’89, capogruppo del Pds in Campidoglio per sei anni, assessore, vicepresidente del Consiglio della Regione Lazio, deputato e infine senatore. Si interessa di cultura, ed è artefice di due grandi successi come l’Auditorium Parco della Musica (è presidente della società Musica per Roma, che lo gestisce) e della Festa del Cinema di Roma (è presidente della Fondazione)

ANDREA CAUSIN - E' nato a Mestre nel 1972. Dal 1992 al 1994 è stato consigliere comunale per il Partito Popolare Italiano a Martellago, suo Comune di residenza. Dal 1999 al 2002 é stato Segretario Nazionale dei Giovani delle Acli. Nell'aprile 2005 è eletto consigliere regionale e si occupa in modo particolare dei temi legati al welfare, alle politiche del lavoro e alle attività produttive.

VINCENZO CERAMI - E' nato a Roma nel 1940. Allievo di Pier Paolo Pasolini. Ha scritto libri, romanzi, sceneggiature con tra gli altri Roberto Benigni, opere teatrali.

ROBERTO DELLA SETA - E' nato a Roma nel 1959. Dal 2003 è presidente nazionale di Legambiente. Laureato in storia dei partiti politici, ha pubblicato diversi saggi tra cui 'La difesa dell'ambiente in Italia. Storia e cultura del movimento ecologistà (2000) e 'Dizionario del pensiero ecologico' (2007).

EMANUELA GIANGRANDI - 43 anni, nata a Lugo, in provincia di Ravenna. A 21 anni entra nel Consiglio Comunale di Lugo, dove rimane per quattro legislature, fino al 2004. In questo periodo ricopre le cariche di capogruppo, di assessore, oltre che di segretaria comunale del Pds. Nel 2001 è assessore provinciale a Ravenna, incarico che riveste tuttora, con le deleghe al Bilancio e programmazione finanziaria.

MARIA GRAZIA GUIDA - nasce ad Amatrice (RI) nel 1954. E' sposata ed ha una figlia. Ha lavorato come assistente sociale in servizi istituzionali pubblici delle Asl. Si è occupata di minori, famiglie in difficoltà e anziani. Dal 2001 ha iniziato una collaborazione con Don Virginio Colmegna operando in Caritas Ambrosiana fino al 2004. Da circa un anno ricopre la carica di vice presidente del Centro Ambrosiano di Solidarietà di Milano, che si occupa di giovani con problemi di dipendenza, salute mentale e progetti di coesione sociale nei quartieri difficili della città di Milano.

MARIA PAOLA MERLONI - Nata a Roma nel 1963, ha una figlia ed è un'imprenditrice con un lungo curriculum di incarichi. E stata presidente di Confindustria Marche. Nel 2006 è stata eletta alla Camera nelle liste della Margherita.

FEDERICA MOGHERINI - E' nata a Roma nel 1973, è sposata ed ha una figlia di tre anni. E' laureata in Scienze politiche con una tesi sul rapporto tra religione e politica nell'Islam. Nel 2001 è entrata nel Consiglio Nazionale dei Ds, successivamente nella Direzione Nazionale e nel Comitato Politico. Nel 2003 ha iniziato a lavorare al Dipartimento Esteri dei Ds, prima come responsabile del rapporto con i movimenti, poi come coordinatrice del Dipartimento, e da ultimo come responsabile delle Relazioni Internazionali. E' stata eletta all'Assemblea Costituente del Partito Democratico nel collegio 14 di Roma.

ALESSIA MOSCA - 32 anni, è membro della segreteria tecnica del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ha lavorato al Parlamento europeo e nell'ufficio relazioni istituzionali e internazionali di Alenia Aeronautica. Ha insegnato all'università Lorenzo dé Medici di Firenze e come visiting professor, all'università Cattolica di Milano. Ricercatrice dell'Arel, ha pubblicato diversi articoli sulle politiche dell'Unione europea.

ANDREA ORLANDO - Nato alla Spezia nel 1969. E' stato segretario provinciale dei DS (2001-2003) e componente della segreteria regionale. Dal 2003 assume incarichi presso la Direzione Nazionale dei DS, prima come vice responsabile del dipartimento organizzazione. Nel 2005 assume la direzione del dipartimento enti locali, incarico che lascia nel 2006 per assumere quello di responsabile organizzativo nell'ambito della Segreteria Nazionale dei Ds. Nello stesso anno, alle elezioni politiche, è eletto deputato nelle liste dell'Ulivo. In Parlamento è stato membro della Commissione Bilancio e poi di quella Politiche Comunitarie.

ANNAMARIA PARENTE - E' nata a Napoli il 17 settembre del 1960 e attualmente è responsabile del Coordinamento Nazionale donne della Cisl. Dal 1995 è responsabile del Coordinamento Nazionale donne del sindacato. L'8 marzo 2004 è stata nominata Ambasciatrice di Pace dal Centro di Pace tra i popoli di Assisi. E' sposata ed è madre di un bambino, Ennio di 7 anni.

LAURA PENNACCHI - E' nata a Latina nel 1948, vive a Roma. E' madre di due figli. Economista e docente autrice di numerosi saggi, Laura Pennacchi è stata parlamentare dei Ds e sottosegretario al Tesoro con Carlo Azeglio Ciampi.

ROBERTA PINOTTI - E' nata a Genova il 20 Maggio 1961. Sposata, con figli. Nel 2001 è eletta deputata e lavora nella commissione Difesa, di cui diviene Presidente dopo la rielezione al Parlamento nel 2006. Anche per questo incarico è la prima volta per una donna.

LAPO PISTELLI - E' nato a Firenze il 20 giugno 1964. Sposato, ha tre figli. Coordinatore della segreteria del Ppi dal 1999 al 2001, membro dell'Esecutivo e della Presidenza della Margherita è stato eletto al Parlamento Europeo nel 2004 ed è oggi capo delegazione.

ERMETE REALACCI - Nato a Sora (Fr) nel 1955 è presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati ed è presidente onorario di Legambiente. Ha guidato fin dai primi anni Legambiente - di cui è stato segretario dal 1983 al 1987 e poi presidente. E' da anni in prima fila nell'impegno per un'azione forte ed incisiva contro l'aumento dell'effetto serra e i cambiamenti climatici.

GIORGIO TONINI - Ha 48 anni, sposato con 7 figli, vive a Trento, dove è stato eletto senatore per l'Unione-Svp. E' vicepresidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama. Laureato in filosofia, è giornalista professionista. Negli anni dell'Università è stato presidente nazionale della Fuci. Tra i fondatori dei Cristiano sociali, ha fatto parte con Walter Veltroni della Segreteria dei Ds. E' stato uno dei 12 saggi che hanno redatto il Manifesto per il Pd. E' stato eletto alla Costituente nel collegio di Lavis nella lista Democratici con Veltroni.

ROSA VILLECCO CALIPARI - Nata a Cosenza nel 1958 è senatrice dei Ds eletta nel 2006 e componente della 4° Commissione permanente (Difesa) e della Commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia. E' membro della Delegazione italiana presso l'Assemblea dell'Osce.

Entreranno a far parte dell'esecutivo anche i capigruppo dell'Ulivo di Camera e Senato e il vice segretario Dario Franceschini.

da veltroniperlitalia.it
« Ultima modifica: Dicembre 06, 2007, 11:13:34 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #6 inserito:: Novembre 08, 2007, 06:10:32 pm »

POLITICA

Sondaggio Ipr-marketing per Repubblica.it conferma il partito di Veltroni al primo posto con un punto di vantaggio su Forza Italia

"Pd, quanto mi piaceresti se..."
La seduzione del partito-nuovo

Ma la sopresa arriva dagli indecisi: il pd ha il più alto potenziale di crescita (8%) seguito da An (6%) e Fi (5%). Il centrosinistra piace molto ma la Cdl di più

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - E' la quarta colonna quella da tenere d'occhio, s'intitola "potenziale elettorale massimo" e racconta di quanta voglia ci sarebbe di votare pd "se..." e "ma...". Così accade che se in un'ipotetica campagna elettorale nei prossimi mesi lo staff di Veltroni facesse più o meno tutto bene - che non vuol dire dare fiato alla propaganda ma toccare i tasti necessari con gli argomenti giusti - il "partito-nuovo" incasserebbe il 37 per cento dei voti, percentuale ottenuta sommando il 29% delle intenzioni di voto e l'8 per cento di una categoria che può anche essere definita dei "vorrei ma non posso" o degli "indecisi". Il Pd, in questo caso, diventerebbe il primo partito italiano seguito da Forza Italia con il 33% tra intenzioni di voto (28%) e indecisi (5%) e da An (18% di cui il 6 di indecisi).

Il fattore "potenziale elettorale massimo" è forse la notizia migliore, e la più delicata, in questo clima da eterna crisi di governo e di post primarie del pd. Anche se le possibilità di tirare giù l'esecutivo di Prodi durante il voto sulla legge finanziaria sembrano sciogliersi giorno dopo giorno via via che l'aula respinge e approva secondo il volere della pur risicata maggioranza umiliando gli annunci del Cavaliere ("a novembre cadrà il governo, è sicuro"), il rischio c'è e può diventare realtà in ogni momento. "Non è detto che se oggi ci fossero le elezioni la sconfitta sarebbe netta" ha detto Veltroni a Milano nella prima riunione della Costituente. Una mezza verità, come dimostra il sondaggio di Ipr marketing per Repubblica.it.


Le rilevazione è avvenuta tra il 29 e il 31 ottobre tramite questionari su un campione di mille italiani disaggregati per sesso, età e area di residenza. "Abbiamo fatto una ricerca di tipo quantitativo" spiega Antonio Noto, direttore dell'istituto, "e non qualitativo". Sul desiderio di votare Pd senza però indagare sulle molle e sugli obiettivi di quel desiderio.

Intenzioni di voto - Il sondaggio Ipr conferma l'effetto primarie nella ideale classifica dei partiti in base alle intenzioni di voto. Il Pd è al primo posto con il 29%, il 2 per cento in meno rispetto al 2006 ma quasi il due in più rispetto ad aprile quando ha mosso i primi passi. Lo segue Forza Italia che conferma la sua ottima salute con il 28 per cento dei gradimenti, il 4,3% in più rispetto al 2006. An è al terzo posto (12%) anche se cede lo 0,3 rispetto a un anno fa. Segnano il passo i partiti della sinistra radicale: Rifondazione perde il 2,3 e ottiene il 3,5%; i Comunisti perdono l'1,3 e si devono accontentare dell'1%, i Verdi scendono dell0 0,1% al 2%. Sinistra democratica, il partito di Mussi diaspora dei Ds, ha l'1%. In totale la Cosa Rossa porta a casa il 7,5 per cento, il 2,7 in meno rispetto alle politiche del 2006.

In testa la Cdl, con o senza Udc - Pur cambiando gli addendi, il risultato con cambia: la Cdl, con o senza Udc, resta sempre in testa e "batte" l'Unione con o senza Cosa Rossa. E' un mezzo punto percentuale, ma andando al voto oggi consegnerebbe il paese nelle mani del centrodestra che, nel mezzo del dibattito sul decreto espulsioni, registra il ri-compattamento della Casa delle Libertà e la nuova luna di miele tra Silvio e Pierferdy. Che fine hanno fatto le pulsioni centriste?

Da quest'altra parte l'Unione, senza sinistra radicale, arriva al 45,5% pur segnalando la crescita di tutti i partiti "piccoli" rispetto al 2006: Idv e Socialisti di Boselli-Angius sono al 3%, rispettivamente con un +0,7 e un + 0,4; cede invece uno 0,4% l'Udeur di Mastella che dal 2% del 2006 si deve accontentare dell'un per cento di oggi. Ma se anche l'Unione volesse presentarsi di nuovo unita al voto con la Cosa Rossa - ipotesi non praticabile - il risultato finale sarebbe il 53 per cento.

Il potenziale "seduttivo" delle singole liste - Antonio Noto lo spiega così: "Il potenziale elettorale riguarda coloro i quali prendono in considerazione l'ipotesi di votare un determinato partito. La possiamo chiamare anche potenzialità di attrazione, di aggregazione o di seduzione. E possiamo dire che in questo momento il centrosinistra ha potenzialità di attrazione e di aggregazione assai maggiori rispetto al centro destra".

Il sondaggio dimostra come tra i partiti "big" il Pd ha un potenziale elettoral-seduttivo più alto di tutti (+8), segue An con +6 e Fi arranca a +5. La sorpresa si registra nel centrosinistra tra i cosiddetti "piccoli": Verdi, Italia dei valori e Socialisti hanno un potenziale elettorale pari a più del doppio del consenso attuale. Insomma, il centro-sinistra piace di più, forse perché più giovane, più sbarazzino, con il loft come sede e le donne in pole position. Ma non è detto che alla fine venga scelto: gli si strizza un occhio ma poi non lo si invita a casa propria. "Dipende tutto da come viene condotta una eventuale la campagna elettorale"aggiunge Noto. Come sarà il corteggiamento vero e proprio dopo la fase della seduzione.

Elettorato senza divisioni sociali - Significa che ormai "l'appartenenza politica va al di là del ceto sociale di appartenenza". Che oggi non si può più dire, come una volta, che l'operaio e l'insegnante votano a sinistra. Una parte del sondaggio riguarda i cosiddetti target forti all'interno dei partiti, cioè chi sono i tifosi più forti del Pd o di An. Il risultato è che "abbiamo di fronte un grande cocktail che ha cancellato le divisioni politiche in base al ceto sociale di appartenenza". Così, ad esempio, la categoria dei "dipendenti privati" la si trova nel Pd, ma anche nell'Udc, in Fi e in An. Valori sociali e stili di vita si stanno confondendo, in tutto, dalla tipologia degli acquisti alla modalità di fare le vacanze "e questo rende molto più difficile la comunicazione politica perché i leader devono capire di volta in volta chi hanno davanti"

La lontananza delle donne e dei giovani - La scintilla della politica non sembra scattare tra l'elettorato femminile e nei più giovani che risultano target forte solo per i Verdi. Nonostante gli sforzi di dividere a metà la costituente e di mettere più donne che uomini nel direttivo del Pd, le donne non figurano tra i target forti del partito di Veltroni. Le casalinghe sono supporter di tutto rispetto per L'Italia dei valori di Di Pietro e per quello di Casini. Anche la rossa MV Brambilla non buca l'elettorato di Forza Italia. Che siano proprio donne e giovani i più disponibili alla seduzione?

(7 novembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #7 inserito:: Novembre 09, 2007, 05:24:08 pm »

Unità - 7 nov.

Che i giovani vengano al Pd

di Roberto Speranza e Fausto Raciti


La stagione politica che si è aperta con la nascita del Pd rappresenta una straordinaria opportunità per le giovani generazioni. Si tratta, innanzitutto, di ridare senso e funzione alla politica, di ridefinime un profilo tale da renderla il principale strumento per la costruzione di una realtà migliore. Le sfide che l'Italia ha davanti a sé sono alte e complesse. Trovare il proprio posto nel «nuovo mondo», quello globalizzato, rafforzare il processo di integrazione comunitaria, ricostruire coesione tra i tanti pezzi che compongono il «mosaico sociale» della nazione: nord e sud, giovani e non, lavoratori precari e stabili, cittadini ed extracomunitari. La «nuova politica» dovrà essere in grado di costruire un rinnovato senso dell'essere italiani, una nuova missione collettiva rispetto al futuro dell'Italia.

Il Pd, serve prima di tutto a questo. Nella sua azione politica e di governo, dovrà misurare costantemente la sua sintonia con la nostra generazione.

Le prime scelte del nuovo partito vanno nella direzione giusta. Le elezioni primarie e la composizione delle assemblee costituenti segnalano una carica di innovazione significativa. La parità dei generi e la presenza degli «under 30» sono un elemento di indiscutibile avanzamento sul terreno dell'innovazione della politica. Su queste basi riteniamo fondamentale dar vita ad un nuovo grande soggetto politico generazionale. Ci ha fatto riflettere vedere tanti giovani votare e candidarsi. Quando parliamo di giovani parliamo essenzialmente di studenti, ricercatori, lavoratori e disoccupati, che hanno deciso di fare un pezzo della loro strada insieme a noi, nel Pd. Questi ragazzi hanno partecipato perché, per una volta, hanno avuto l'occasione di essere protagonisti.
Tale protagonismo non crediamo vada disperso, ma valorizzato. Siamo ragazzi di questo paese che con fatica e piacere, quotidianamente lavorano per un paese migliore con migliaia di coetanei. Vogliamo dare vita ad un progetto politico e generazionale, che interpreti le esigenze dei giovani italiani, strutturato, fortemente territoriale, plurale nelle forme e nei linguaggi. Non ci interessano operazioni di facciata, ma la creazione di nuovi spazi con tutti i ragazzi disposti a farlo, da Enna a Bolzano, da Bari a Genova. Non ci vogliamo ghettizzare, ma offrire a questo nuovo grande partito l'opportunità di «dare priorità al futuro». La Sinistra Giovanile ed i Giovani della Margherita, le due organizzazioni giovanili di Ds e DI, sono stati strumenti importanti di rapporto con le giovani generazioni. Esse hanno promosso la partecipazione studentesca nelle scuole e nelle università, nei luoghi dell'aggregazione, nei territori, sensibilizzando una generazione su grandi temi come la pace, il lavoro, l'ambiente, i diritti e misurandosi con le grandi e piccole battaglie del quotidiano. Oggi va reinterpretato il ruolo di queste organizzazioni. Lo vogliamo fare in forme nuove, facendo all'associazionismo e dei movimenti, così come delle tante realtà che guardano con interesse alla costruzione del Pd elementi costitutivi, linfa vitale, per il nostro nuovo percorso.

Lo vogliamo fare mettendo al centro quelli che il 14 ottobre hanno votato alle primarie, e quelli che ad ogni livello, con determinazione e coraggio, sono stati eletti. Siamo convinti che questo sia il modo migliore per fare vivere il Pd tra le giovani generazioni, offrendo loro una casa, un luogo in cui partecipare in maniera attiva alla vita del loro Paese. Pensiamo ad un'organizzazione che incontrerà i giovani italiani nei luoghi dove essi vivono quotidianamente. Nelle scuole, nelle università, sul lavoro, come pure nei luoghi della socializzazione e del divertimento. Per questo crediamo che sia indispensabile, a partire dai prossimi giorni, iniziare il percorso per dare vita al nuovo soggetto generazionale, partendo dagli eletti nelle varie assemblee costituenti ma sapendo che gli eletti non sono sufficienti. Per questo ci rivolgiamo alla Sinistra Giovanile, ai Giovani della Margherita, a tutte le reti associative giovanili che in queste settimane hanno lavorato alle elezioni primarie ed a tutte le ragazze e i ragazzi che il 14 ottobre hanno votato.

Ci rivolgiamo a tutti i ragazzi di questo paese ed al segretario Walter Veltroni, perché ascolti la nostra richiesta di attenzione verso la nuova politica, che non può che passare per le giovani generazioni: crediamo che sia indispensabile, a partire dai prossimi giorni, costruire un comitato promotore nazionale e relativi comitati regionali. Chiediamo che siano protagonisti di questo la Sinistra Giovanile ed i Giovani della Margherita che, a partire dagli eletti nelle assemblee costituenti, costruiscano una rete per dare vita al nuovo soggetto generazionale. Per parte nostra, la Sinistra Giovanile metterà a disposizione tutte le proprie migliori risorse, la propria storia e la propria esperienza; nella convinzione che oggi più che mai le ragioni dell'impegno politico della nostra generazione abbiano senso e trovino un campo fertile e ampio in cui cimentarsi per la costruzione di una realtà migliore.

Fausto Raciti e Roberto Speranza, Segretario e Presidente della Sinistra Giovanile Nazionale

da veltroniperlitalia.it
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« Risposta #8 inserito:: Novembre 19, 2007, 11:52:06 am »

Oggi 18 novembre 2007,

Partito senza tessere, partito senza congressi

Oggi 18 novembre 2007


Ieri ho fatto il mio esordio in commissione statuto del Pd, facendo il bravo scolaro, votando disciplinatamente la proposta di presidenza (Salvatore Vassallo) avanzata da Veltroni, restando buono al mio banco senza sbraitare neanche quando De Mita riproponeva la solita metafora medico-paziente (in cui il medico è il politico e il paziente è il cittadino, senza capire che ormai le parti si sono invertite), ascoltandomi sette-ore-sette di interventi il novanta per cento dei quali aveva come succo: "Vabbè, co' le primarie avemo giocato, quando li famo er tesseramento e er congresso?". Tema declinato in tutti i possibili accenti regionali.

Insomma, erano le tre di pomeriggio e io mi sono alzato, chiamato al podio dal presidente, e invece di dire la battuta sulla corazzata Potemkin che sarebbe stata sufficiente, ho articolato un intervento per spiegare come si potesse fare non tanto un partito senza tessere, quanto un partito senza congressi, visto che i congressi che ho vissuto in ventidue anni e mezzo di militanza politica (e sì, il primo era del 1985 e avevo quattordici anni) sono stati tutti congressi che servivano sostanzialmente a misurare i rapporti di forza, costruiti in base a tesseramenti gonfiati o falsi.

Allora, buttiamo a mare i congressi, sostituiamoli con assemblee generali a sola finalità di definizione delle priorità programmatiche (come fanno i partiti europei), e i rapporti di forza tra i gruppi dirigenti misuriamoli con le primarie, cioè con la democrazia diretta e le candidature di chi ha qualcosa da dire: candidature da sottoporre al giudizio del cittadino elettore. All'iscritto lasciamo i poteri di utilizzare gli strumenti della democrazia diretta nella vita interna: indizione di referendum, di proposte di legge di iniziativa popolare, di recall (cioè revoca della delega). Perché l'idea per cui le primarie sono un giochino mediatico, poi tornano in campo i soliti metodi, a me non va per niente.

Nell'intervento sono stato anche troppo analitico, ho chiesto che nello statuto vengano inserite molte cose (tra cui un movimento giovanile del Pd, riconosciuto e ufficiale), tutto veniva ripreso in audiovideo e spero che si possa consultare da qualche parte, altrimenti qui vi annoierei. Ma sappiate che dopo di me è intervenuto Michele Salvati che ha sancito la divisione della commissione tra innovatori e conservatori. E subito dopo di lui una delegata campana che si è tanto arrabbiata e ha detto: "Non è che perché Adinolfi usa internet è un innovatore, mentre io che voglio tessere e congressi sono una conservatrice".

Risultato? Riconvocazione per giovedì, altre sette ore mi sa. Segnalo come straordinario, sulle nostre posizioni, l'intervento di Enrico Morando oltre a quelli di Ivan Scalfarotto e Francesco Sanna. Insomma, siamo minoranza (per ora) ma non siamo soli. E siamo quelli che vogliono fare del Pd una cosa davvero nuova.

Innovatori contro conservatori. Ha ragione Salvati. Dateci una mano, perché siamo sotto, ma ce la possiamo ancora fare.

Mario Adinolfi.


da marioadinolfi.ilcanocchiale.it
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« Risposta #9 inserito:: Novembre 19, 2007, 07:03:14 pm »

POLITICA

Il leader del Pd commenta l'annuncio del nuovo partito di Berlusconi

"Pronti al confronto con tutte le forze politiche interessate a un nuovo assetto istituzionale"

Veltroni: "Finita stagione della Cdl

Bene il dialogo, ora le riforme"

 
ROMA - L'annuncio di Berlusconi sancisce "di fatto la fine della stagione della Cdl" dovuta anche, fra gli altri elementi, alla nascita del Partito democratico. E va benissimo il dialogo, ma "la prospettiva non è solo la discussione sulla legge elettorale, bensì un confronto sulle riforme istituzionali e un intervento sui regolamenti parlamentari". Così Walter Veltroni, al termine dell'esecutivo del Pd, commenta la nascita del nuovo partito annunciata dal Cavaliere. Quanto alla legge elettorale, torna a citare, come possibile modello di riferimento, il "Vassallum", che tuttavia già nei giorni scorsi aveva destato più d'una perplessità all'interno dello stesso Pd. "A noi - precisa Veltroni - interessa un sistema che favorisca la bipolarizzazione, a partire dal proporzionale".

Cambia la geografia del centrodestra. Con l'annuncio dello scioglimento di Forza Italia nel futuro Partito del popolo, osserva il sindaco di Roma, Berlusconi "ha di fatto sancito la fine della Cdl". Cambierà la geografia del centrodestra e non del centrosinistra, quella si è modificata in modo obiettivamente razionale". E proprio il Pd sarebbe, a giudizio di Veltroni, fra i fattori che hanno contribuito a determinare "una situazione di movimento nel centrodestra, che adesso si presenta nella forma della fine della stagione della Cdl".

Dialogo sull'assetto istituzionale. La prospettiva, sottolinea il segretario del Pd, "per quanto mi riguarda e ci riguarda, non è solo la discussione sulla legge elettorale, ma sulle riforme istituzionali e un intervento sui regolamenti parlamentari. Queste tre cose stanno insieme e insieme vanno affrontate". "Va benissimo", dunque, il dialogo, ma che sia "anche sull'assetto istituzionale, anche perché le riforme sono già in discussione in Parlamento".

Discussione con tutte le forze politiche. Il Pd, assicura Veltroni, dialogherà con tutte le forze politiche interessate a un nuovo assetto istituzionale, disponibili ad affrontare la principale emergenza del Paese". Nessuna "corsia preferenziale" - come gli chiedono i cronisti - con Berlusconi: "Avremo lo stesso grado di cura nei rapporti con tutte le forze politiche del centrodestra".

"Vassallum", soluzione possibile. La proposta Vassallo-Ceccanti, dice Veltroni, "è una soluzione possibile. Abbiamo detto a più riprese che a noi interessa la presenza di un elemento che favorisca il processo di bipolarizzazione di cui ha bisogno il nostro Paese, a partire da un sistema proporzionale. Così come succede negli altri sistemi europei. La misura e le tecnalità, le possiamo vedere. Però, l'arrivo di questa proposta politica del Vassallum - osserva Veltroni - è servita ad aprire una dialettica del tutto nuova. Nessuno, un mese fa, pensava che saremmo arrivati al punto di oggi. Si è aperta una nuova stagione politica".

I tempi della riforma. Quanto ai tempi della riforma e al modello elettorale, Veltroni spiega: "Per la legge elettorale ora si tratta di verificare le posizioni dei singoli e di cercare un punto di equilibrio. Mi pare che i princìpi si vadano sostanzialmente delineando. Si tratta di tradurli in un articolato di legge ma, si è obiettivamente passati a una nuova fase". Per quel che riguarda i tempi, ovvero prima le riforme e poi il voto, il sindaco di Roma ricorda che il prossimo anno "dev'essere impegnato per fare le riforme istituzionali, la legge elettorale e la modifica dei regolamenti parlamentari. Per noi rimane questa la scadenza".

(19 novembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #10 inserito:: Novembre 20, 2007, 11:17:14 pm »

Ieri 19 novembre 2007, 11.20.52

Mario Adinolfi

Berlusconi e la sfida della personalizzazione

Ieri 19 novembre 2007, 11.12.00


Ne abbiamo discusso molto ieri durante il coordinamento di Generazione U: il tema è il ruolo della persona, dell'iniziativa individuale e direttista, del racconto di noi stessi, del nostro corpo che si fa azione politica e di conseguenza di tanti blog di singoli e gruppi che diventano progressivamente una storia collettiva. E' un modo del tutto nuovo di attrezzarsi al tempo "adveniente".

Poi è arrivato Berlusconi e il suo partito del popolo. Allora, occorre che io spieghi ulteriormente la mia posizione personale, evidenziata in qualche modo nel post di ieri, ma che forse va completamente esplicitata verso questo potente fatto nuovo, che non va né irriso né sottovalutato.


Io credo che dobbiamo accettare la sfida: riformare la legge elettorale e, come è ovvio dopo una riforma del genere, riportare l'Italia al voto. Per essere chiari, dobbiamo avere una priorità: battere definitivamente Berlusconi. La sua sfida è lanciata e il Partito democratico ha le condizioni per raccoglierla.

Il Partito democratico, se non fa passi indietro sulla strada della democrazia diretta, è attrezzato per vincere e togliere di mezzo l'elemento di blocco della politica italiana: il Cavaliere.

Sabato scorso, quando Veltroni ci ha proposto la nomina a presidente della commissione statuto di Salvatore Vassallo, ho riflettuto sul senso che aveva il voto favorevole a quella sua proposta. Il metodo era inusuale, sono abituato all'idea che un corpo sociale decide votando a scrutinio segreto, dal basso, non semplicemente ratificando una indicazione dall'alto. Eppure ho votato a favore, mentre De Mita ed altri si astenevano.

Perché?

Perché con le primarie del 14 ottobre noi abbiamo radicalmente modificato la democrazia interna ai partiti e abbiamo scelto, con una forma di democrazia diretta iperpartecipata, una piena legittimazione delle decisioni del leader, derivante dal cittadino elettore. Michele Salvati, intervenendo in commissione, divideva felicemente i diversi orientamenti emersi in innovatori e conservatori. Ora gli innovatori devono essere conseguenti e scegliere una forma partito non solo senza tessere, ma anche senza congressi se non programmatici, con primarie e referendum interni e diritti di revoca della delega (anche della delega al leader) al loro posto.

Un partito iperdemocratico fondato sulla democrazia diretta, insomma, e non oligarchico. Ma, allo stesso tempo, con un ruolo forte assegnato alla persona del leader eletto, come avviene in tutto il mondo. Con questo leader e con con questo partito iperdemocratico, non consegnato alle risse interne, noi possiamo affrontare la sfida che ci impone Berlusconi con la nascita del suo partito populista ipodemocratico. Insomma, dobbiamo accettare la sfida della personalizzazione, con il differente processo di legittimazione della persona del leader che costituisce oggi la vera differenza tra sinistra e destra, tra partito democratico e partito populista.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #11 inserito:: Novembre 20, 2007, 11:20:40 pm »

Alessandro Amadori: «Veltroni lo ha reso vecchio, ora Silvio reagisce»

Andrea Carugati


«Sicuramente il nuovo partito di Berlusconi è una abile mossa per uscire da una situazione di impasse. Ma non va sottovalutata e tanto meno ridicolizzata. Berlusconi è un leone un po’ invecchiato, ma ha ancora la forza di schiacciare i suoi aspiranti successori».

Alessandro Amadori, esperto di ricerche di mercato, dirige l’istituto di ricerche Coesis ed è autore di due volumi sulla comunicazione di Silvio Berlusconi.

Amadori, perché il Partito del popolo?
«In questi ultimi mesi Berlusconi ha dovuto fare fronte a due criticità: la nascita del Pd e la lotta per la successione nel centrodestra che è diventata esplicita. Con il nuovo partito Berlusconi toglie energia a chi voleva abbattere l’idolo. Da uomo di marketing sa perfettamente che Fi, come tutti i partiti della seconda Repubblica tranne Lega e Prc, è un prodotto che sta esaurendo il suo ciclo di vita. La nascita del Pd ha fatto precipitare le cose: Berlusconi non poteva più aspettare. Credo che abbia in mente un’evoluzione di tipo neodemocristiano».

Il Partito del Popolo toglierà voti agli alleati?
«Se ha davvero in mente un partito nazional-popolare sulla falsariga della Dc, è chiaro che toglierà ossigeno all’Udc. Anche An potrebbe soffrire un poco, soprattutto per quanto riguarda quell’elettorato moderato che Fini stava cercando di attrarre con la sua trasformazione in senso neogollista. Con questa mossa Berlusconi toglie il coltello dalle mani di Fini. Credo che riuscirà anche a intercettare qualche voto della Margherita, soprattutto se il Pd si caratterizzerà in senso liberal e di sinistra e che intercetterà una parte del non voto. Non toccherà, invece, la Lega».

Dietro l’annuncio c’è già un lavoro organizzativo avanzato o è stata una totale improvvisazione?
«A me pare che ci sia solo l’intuizione, la necessità di reagire a un possibile declino. Poi la macchina organizzativa seguirà. Certamente i sondaggi confortano Berlusconi nell’idea di una nostalgia per la prima Repubblica, per l’esperienza della Dc: in Italia c’è uno spirito vintage, riscoprire personalità come Andreotti e Forlani non è più un tabù».

La nascita del Pd è stata decisiva per spingere Berlusconi?
«Il Pd è stato un catalizzatore, ha fatto cadere il muro di facciata a destra, ha fatto esplodere le contraddizioni. L’hanno capito subito Fini e Berlusconi, ed è scattato il duello mortale tra loro. In questa fase Casini è solo uno spettatore, non ha chances per la leadership».

La leadership di Veltroni ha improvvisamente invecchiato quella del Cavaliere?
«Berlusconi lo ha capito perfettamente e si è messo in moto. E l’unico che ha gli indicatori di opinione che gli consentano di sfidare il leader è Fini. Però aveva bisogno almeno di un paio d’anni per completare la metamorfosi di An e per darsi un piattaforma da leader. Berlusconi con questa mossa gli ha tolto il terreno sotto i piedi, e infatti Fini, di solito molto abbottonato, è molto piccato. Da tempo se ne stava acquattato come un giaguaro, in attesa dell’attacco per sostituire il capobranco. Berlusconi l’ha costretto a scendere in campo aperto, che non è il suo terreno: perché qui vince ancora il vecchio leone, anche se ha qualche dente in meno».

È possibile cambiare pelle a un partito come Forza Italia con uno schiocco di dita?
«Fi è un partito anomalo, l’unica analogia possibile è col peronismo, un partito-persona. È anche una macchina aziendale. Dunque Berlusconi può rivoltarlo come un guanto. La vera difficoltà è farlo senza squagliare l’alleanza. È una mossa pericolosa, ma l’alternativa era attendere il declino. Come sempre ha scelto di rischiare e se la gioca. Altro che Brambilla, quella era solo una mossa diversiva per depistare. In fondo gli alleati che alternative hanno? O rompono o si adeguano».

Dobbiamo abituarci a dimenticare Fi?
«Da tempo il Cavaliere aveva messo in conto il cambio di brand: Fi non poteva più crescere e non poteva con le sue dimensioni fronteggiare il Pd. In fondo ci si abitua rapidamente: ormai non pensiamo più ai Ds, ma al Pd. E la Quercia era un partito vero... ».


Pubblicato il: 20.11.07
Modificato il: 20.11.07 alle ore 8.19   
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« Risposta #12 inserito:: Novembre 21, 2007, 03:15:56 pm »

LUNEDì INCONTRO TRA VELTRONI E FINI

«Sì alle riforme, no a grandi coalizioni»»

Prodi: «Protocollo sul welfare: la maggioranza troverà un accordo. La Cdl? È implosa»


ROMA - Discussione con l'opposizione per trovare un accordo sulle riforme, in particolare sulla legge elettorale. Discussione nella maggioranza, soprattutto con Rifondazione comunista, per cercare un'intesa sul welfare. Dopo l'incontro con Veltroni, Romano Prodi - a margine del 10° anniversario della convenzione Ocse contro la corruzione - detta l'agenda sui principali temi politici. E innanzitutto sgombera il campo da possibili equivoci e dice no «alle grandi coalizioni», chiudendo così la porta all'ipotesi, che sarebbe stata ventilata da Silvio Berlusconi, di un asse tra il Pd e il nuovo Partito delle Libertà. «Il Paese ha bisogno di riforme» ribadisce il presidente del Consiglio a chi gli chiede se l'Italia abbia bisogno di grandi coalizioni. E poi afferma che, a proposito di legge elettorale e di modello tedesco, «la discussione è in corso» (tanto che Veltroni e Gianfranco Fini hanno concordato di incontrarsi, lunedì, proprio per discutere di riforme istituzionali e legge elettorale).
 
WELFARE E PD - Ma Prodi deve pensare anche a risolvere la grana welfare. Nella notte Rifondazione comunista ha abbandonato il tavolo delle trattative.
Il premier è comunque ottimista: «La maggioranza troverà un'intesa» assicura. Poi annuncia: «Veltroni mi ha presentato il simbolo del partito, è stata una riunione rapida. Un simbolo molto bello, dove c’è la scritta Pd sotto quella dell'Ulivo. Oggi lo presenterà in pubblico».

CDL IMPLOSA - Più tardi Prodi torna sull'approvazione della Finanziaria in Senato. «La mancata caduta del governo - ha affermato - ha fatto implodere la Casa delle Libertà». E sull'ipotesi di elezioni anticipate ha aggiunto: «Al voto? Ormai Berlusconi lo ripete come un disco».


21 novembre 2007

da corriere.it
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« Risposta #13 inserito:: Novembre 21, 2007, 03:17:11 pm »

Voteremo alla veltroniana?

di Marco Damilano


Il Partito democratico di Walter Veltroni. Il Partito delle libertà, nato dalla fusione di Forza Italia e di Alleanza nazionale. La Sinistra, sorto sulle ceneri di Rifondazione comunista, Verdi, Comunisti italiani ed ex correntone Ds di Fabio Mussi. La Lega di Umberto Bossi. L'Udc di Pier Ferdinando Casini, aperto a Clemente Mastella e altri spezzoni post-democristiani. Con gli altri partiti (lo Sdi di Enrico Boselli, Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, i radicali di Pannella e Bonino, la neonata Destra di Francesco Storace...) costretti ad aggregarsi con le forze politiche affini se non vogliono sparire.

Un'Italia a cinque, forse sei, al massimo sette partiti: sarebbe questa la nuova geografia politica del Parlamento ridisegnata dalla riforma elettorale targata Walter Veltroni. Metà parlamentari eletti con i collegi uninominali e metà con la proporzionale in circoscrizioni grandi quanto una provincia: un sistema che premia i grandi partiti e le formazioni locali radicate su un territorio e penalizza i partiti medi e quelli piccoli. Ma pacatamente, serenamente, come ripete il Veltroni imitato da Maurizio Crozza in televisione, il tormentone di autunno: senza premi né sbarramenti. Un mix di modelli diversi, poco tedesco e molto spagnolo, adatto a far partire il nuovo film invocato dal sindaco di Roma per la seconda fase della legislatura, da aprire un istante dopo l'ultimo voto sulla legge Finanziaria al Senato.

Mercoledì 14 novembre, mentre nella bomboniera di Palazzo Madama la maggioranza prodiana affronta l'urto di centinaia di emendamenti presentati dal centrodestra, il progetto del leader del Partito democratico, il 'Veltronellum', contende alla futura paternità di Gianfranco Fini la palma di argomento di conversazione più gettonato. "Per essere la prima carta che Walter getta sul tavolo delle trattative mi sembra un po' troppo dettagliato. Forse vuol farsi dire di no subito", si insospettisce il centrista Mario Baccini. Semplice non è, in effetti. Come ammettono perfino i suoi autori, il politologo Salvatore Vassallo e il costituzionalista Stefano Ceccanti. Una coppia che lavora insieme da vent'anni: da quando arrivarono al vertice della Fuci, la Federazione degli universitari cattolici. Abitavano alla Domus Pacis, un pensionato dell'Azione cattolica, i loro amici ricordano ancora certe divertenti serate da incubo, quando, un po' per gioco un po' no, Vassallo architettava diabolici meccanismi elettorali e 'maggioranze qualificate' per regolare tra i ragazzi la vita di tutti i giorni. Dall'acquisto della frutta ai turni di pulizia.

Ora il giovane professore di Bologna, su incarico di Veltroni, prova a terremotare la politica italiana dopo averlo fatto un anno fa con Ds e Margherita quando propose di scegliere i dirigenti del Partito democratico con le primarie e i gazebo. Il progetto di riforma elettorale doveva rimanere riservato ancora qualche giorno, poi il sindaco di Roma ha deciso di accelerare e di renderlo pubblico, anche perché sulla questione il Pd appena nato rischiava la sua prima spaccatura. Nella riunione del gruppo parlamentare del Senato, la settimana scorsa, è riaffiorata la più classica delle rivalità, quella che divide da sempre Massimo D'Alema e Walter Veltroni. I due si sono confrontati, sia pure per interposta persona: da un lato Nicola Latorre, il più fedele dei dalemiani, dall'altro il senatore Giorgio Tonini (anche lui ex Fuci), veltroniano, fresco di nomina nell'esecutivo del Pd. Terreno dello scontro, il modello tedesco che piace ai dalemiani, molto meno ai veltroniani. La legge elettorale è il tema del convegno di Italianieuropei del 16 novembre, scelto da D'Alema per una delle sue ormai sempre più rare uscite sul palcoscenico della politica nazionale. Invitati, tutti i big di entrambi gli schieramenti, i più interessati a tessere la tela del dialogo: il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, il segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano, il leghista Roberto Maroni. Con Veltroni chiamato a tirare le conclusioni.

Modello tedesco, spagnolo o italo-spagnolo: non sono solo dispute formali. Dietro ogni schema di riforma c'è un progetto politico. Quello di Veltroni ormai è chiaro: quando sarà il momento il suo Partito democratico correrà da solo alle elezioni e stabilirà le alleanze dopo il voto. Come dice Goffredo Bettini, l'uomo-forte del Partito democratico: "Non ci faremo definire dalle alleanze che faremo, come è successo con il governo Prodi, ma stabiliremo le alleanze in base a ciò che sapremo proporre".

Anche sulla legge elettorale Veltroni cerca gli interlocutori più adatti a raggiungere l'obiettivo. "La negoziabilità della proposta è data dall'interlocutore che scegli", spiega Vassallo. E già: non tutti gli interlocutori sono uguali per il Pd. Per ora non esistono simulazioni del sistema Veltroni: chi ci guadagna e chi ci rimette, insomma. Impossibile stabilire davvero il numero di seggi che ciascun partito conquisterebbe con il Veltronellum: tutto ruota su circoscrizioni elettorali che non esistono ancora. Ma fin da questo momento il leader del Partito democratico può mettere in fila il calcolo delle convenienze politiche. Il Veltronellum, così com'è, dovrebbe andare bene alla Lega: non c'è una soglia di sbarramento nazionale come in Germania (il 5 per cento), un partito fortemente radicato su un territorio può conquistare numerosi parlamentari e non è obbligato ad allearsi con nessuno. Proprio quello che chiede Umberto Bossi: sopravvivenza del Carroccio e mani libere. In più, l'approvazione di una nuova legge elettorale serve a evitare i referendum di primavera che cancellano quella attuale e che sulla Lega avrebbero un effetto letale: la costringerebbero a correre alle elezioni nella stessa lista di Berlusconi e Fini, un suicidio politico.

Per motivi opposti, ragiona Veltroni, il nuovo sistema dovrebbe accontentare, almeno nelle intenzioni, anche gli appetiti di Fausto Bertinotti e di Gianfranco Fini. Il presidente della Camera, infatti, vedrebbe premiata la sua idea di Cosa rossa: il marchingegno escogitato dalla coppia Vassallo-Ceccanti obbliga i partitini della sinistra radicale, i Verdi, il Pdci, Sd di Mussi, a unirsi a Rifondazione, se non vogliono sparire. Insieme, con una forza che supera il 10 per cento, avrebbero la sicurezza di portare a casa un bel bottino di seggi. Il leader di Alleanza nazionale potrebbe tranquillamente andare da solo alle urne, ma ancora meglio sarebbe unirsi a Forza Italia: il Partito delle libertà, il partito unico del centrodestra su cui Fini ha puntato moltissimo, un tentativo sempre frustrato da Berlusconi. Sulla spinta di un sistema elettorale che premia i partiti maggiori, come avviene in Spagna.

Così, messi in fila i vantaggi e gli svantaggi per i singoli, il partito più penalizzato, almeno sulla carta, finisce per essere, a sorpresa, l'Udc di Pier Ferdinando Casini. Eppure l'ex presidente della Camera si aspettava di essere l'interlocutore privilegiato di Veltroni sulla legge elettorale: l'accelerazione e l'apertura di gioco a tutto campo l'ha spiazzato. Contava per la prossima legislatura di poter applicare a Forza Italia e al Pd la regola dei due forni, quella dettata da Giulio Andreotti in piena prima Repubblica: trattare con due schieramenti e andare con chi ti fa il prezzo migliore. E invece, con la sua legge elettorale italo-tedesco-spagnola, il leader del Pd vuole dimostrare di poter fare a meno anche di lui.

Un incontro con Silvio Berlusconi non è ancora in agenda, almeno per ora, ma l'annusamento tra gli uomini del Cavaliere e quelli del sindaco è già partito. L'altra sera, a celebrare l'uscita del libro di Goffredo Bettini, seduto in prima fila al teatro Argentina c'era anche Gianni Letta: il gran consigliere di Veltroni e il gran consigliere di Berlusconi sono amici, non è un mistero. In vista del grande gioco sulle riforme il contatto tornerà buono, non c'è dubbio. Anche se sono in pochi disposti a scommetterci sopra. Anche perché Berlusconi ha già detto un chiaro no al progetto di riforma di Veltroni. "Ci fa tornare indietro di vent'anni". Perché non è questione di sistema elettorale,Veltronellum o chi per lui. Il leader di Forza Italia vuole una cosa sola: andare subito al voto.

(19 novembre 2007)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #14 inserito:: Novembre 21, 2007, 03:33:59 pm »

Riforme, Fini da Veltroni.

Bindi: proposta non pronta


Il segretario del Partito democratico Walter Veltroni e il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini hanno concordato di incontrarsi lunedì 26 novembre alle ore 16 per discutere le questioni dell'attualità politica e affrontare le prospettive di riforma istituzionale ed elettorale.

Il comunicato è secco, e il confronto non si annuncia di quelli facili. Gianfranco Fini infatti, che ieri se l'è presa essenzialmente con l'alleato - o ex alleato - Silvio Berlusconi, non ha dimostrato finora di aver per niente apprezzato la proposta di Veltroni su una legge elettorale "alla tedesca, un po' alla spagnola, rivisitata per l'Italia", cioè il cosiddetto "Vassallum", che invece sembra essere piaciuta al Cavaliere.

Gianfranco Fini è stato però il primo, prima di Berlusconi, subito dopo l'approvazione al Senato della Finanziaria a aprire al confronto con il centrosinistra sulle riforme istituzionali. Ma la proposta fin qui avanzata da Veltroni, anche se in abbozzo, rischia di penalizzare proprio i partiti medi, dunque Alleanza nazionale in primis, se non consorziata con il nuovo "partito del popolo della libertà" lanciato da Silvio Berlusconi insieme alla mano tesa a Veltroni.

Il segretario del Partito democratico, che ieri ha incontrato l'Udeur di Clemente Mastella, nel frattempo suscita dubbi e perplessità anche nella sua maggioranza. «Berlusconi deve togliersi dalla testa che si andrà a votare prestissimo», dice il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. E aggiunge: «Berlusconi non può dettare le condizioni, ma deve essere partecipe di una serie di condizioni».

Commentando le aperture del leader di Forza Italia a Walter veltroni, poi precisa: «un accordo programmatico oggi può esserci «in larga misura tra Forza Italia e il Partito Democratico, ma con il concorso di altre forze». Parlando di riforma elettorale, esprime «interesse» per una terza forza non bipolare. E sollecita il cambiamento istituzionale.

Da giorni è chiara ad esempio la contrarietà del Pdci alla sua ipotesi di riforma elettorale. Altri, come il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, non nascondono di preferire un sistema più "tedesco-tedesco" e meno "alla spagnola". Ossia un sistema proporzionale più simile a quello attuale in Germania con soglia di sbarramento fissata a livello nazionale e recuperi di conseguenza.

Così, all'annuncio dell'appuntamento preso con Fini, mercoledì si aggiunge una battagliera Rosy Bindi che lamenta un errore di procedura. Per l'ex concorrente di Veltroni alla segreteria del Pd l'iniziativa sulla riforma elettorale dovrebbe prima raggiungere una mediazione all'interno dell'Unione di centrosinistra e solo dopo essere sottoposta al giudizio delle forze di opposizione. Dice la Bindi conversando con Corradino Mineo nel corso della trasmissione radio su Rainews24 "Il Caffè": «Non facciamo come Berlusconi che cannibalizza il centrodestra, altrimenti lasceremmo il sospetto di uno, o forse due patti segreti, o una legge elettorale che cannibalizza i partiti minori o il referendum, che significherebbe poi andare a votare comunque».

Mercoledì di prima mattina, comunque, a Palazzo Chigi si è già svolto un incontro tra Romano Prodi e Walter Veltroni. Il faccia a faccia è durato circa un'ora, a partire dalle 8. Sul tappeto le riforme, a cominciare proprio da quella della legge elettorale. I due leader hanno fatto il punto della situazione, a quanto pare, proprio con il fine di trovare un'intesa di massina sui principi generali e le priorità all'interno della maggioranza per poi aprire il confronto con l'opposizione.

Con Berlusconi, che all'inizio di questa settimana ha dato la sua disponibilità a discutere di riforma elettorale purché sia poi indicata una data del voto, e con Fini adesso che però ieri ha espresso una linea politica in netto contrasto con quella del Cavaliere. O meglio, prima con Fini e poi con il Cavaliere.



Pubblicato il: 21.11.07
Modificato il: 21.11.07 alle ore 14.56   
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