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Autore Discussione: MARIO MONTI. -  (Letto 42255 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Marzo 20, 2013, 10:59:04 pm »

 Consultazioni, Mario Monti proporrà a Napolitano un governo di scopo, aspettando le mosse di Bersani.

Ma già pensa al secondo giro

L'Huffington Post  |  Di Martina Cecchi de Rossi   Pubblicato: 19/03/2013 19:04 CET  |  Aggiornato: 19/03/2013 20:07 CET


Quello che serve all'Italia è un Governo che faccia le riforme, che tenga la barra del rigore e resti saldamente ancorato alle linee Ue. Un esecutivo di scopo, con che non abbia un respiro troppo corto e una base troppo marcata, ma il consenso più ampio possibile. E' questa, a grandi linee, la posizione base di Scelta civica, che sarà illustrata a Napolitano alle consultazioni. Linea su cui certo si aprirà una discussione domattina nella riunione degli eletti ma che non avrà troppe aperture in avanti: "In questo momento c'è molta tattica, l'unica cosa certa è che Bersani ha il cerino. Bisogna aspettare", si ripete tra le fila di centristi e montiani. Wait and see.

"Il nome di colui che dovra' tentare di formare un governo dovrà venire su indicazione del capo dello Stato. Di certo noi pensiamo che serva un governo, perché l'Italia ha bisogno non di elezioni ma di azioni" dice Mario Mauro, neo capogruppo di Scelta civica al Senato. E se sarà per Pier Luigi Bersani il 'primo' incarico, non ci sono preclusioni di sorta, anche perché passata la tempesta sul tentativo di Monti di approdare alla Presidenza di Palazzo Madama, ai montiani preme che i democratici tengano un filo di dialogo. Ma conta molto cosa Bersani raccoglierà tra le forze politiche, con quali proposte si presenterà nelle sue consultazioni post incarico: Scelta civica non appoggerebbe un Governo di forte matrice bersaniana, mal digerisce il tentativo di cercare un asse con M5s e resta piuttosto attenta alle mosse della Lega (è un "segnale" - si ragionava stamani - la scelta del Carroccio di salire al Colle il delegazione con il Pdl ma anche la convinzione espressa da Maroni che un Governo serva).

Ma ci sono molti dubbi che l'operazione del segretario Pd possa andare a segno, per questo l'attesa è - in primis - sulla possibilità che Bersani indichi a Napolitano i punti su cui lavorare per un'agenda di Governo dando contestualmente la disponibilità a fare un passo indietro a favore di un altro nome. E altra cosa ancora, si ragiona tra montiani e centristi, è il secondo incarico che - fallito il tentativo Bersani - Napolitano dovrà conferire. E' insomma l'eventuale secondo giro la vera partita per Scelta civica, perché è quello che allontana di più la prospettiva di un ritorno immediato alle urne: "e lì bisognerà capire su quale nome cadrà la scelta del Presidente".

In ogni caso peserà, nel dibattito di domani e dei giorni futuri, la difficile alchimia tra le varie anime di Scelta civica, le divisoni e sottodivisioni emerse oggi nell'elezione del capogruppo alla Camera. Una scelta, quella su Lorenzo Dellai, di mediazione e passata a maggioranza (30 voti contro 15 tra schede nulle e bianche): sul suo nome si sono compattati i montiani di Scelta civica (l'area che fa capo ad Andrea Riccardi ed Andrea Olivero), l'Udc (che ottiene, come al Senato, una vice presidenza con Giuseppe D'Alia), ma anche parte della stessa Italiafutura di cui Romano è stato Presidente. Malumore quindi per il ritiro della candidatura di Romano, scelta fatta chiedendone una analoga a Dellai per far convergere i consensi su un altro nome di Italiafutura, quello di Irene Tinagli. Linea alla quale Dellai si è opposto, lasciando in piedi una candidatura che ottiene un'ampia maggioranza - ma non l'unanimità - solo grazie al supporto Udc.

da - http://www.huffingtonpost.it/2013/03/19/consultazioni-mario-monti_n_2909298.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #76 inserito:: Marzo 21, 2013, 04:33:05 pm »

Monti furibondo con i suoi deputati: "Disgustose le illazioni contro di me"

Il premier riunisce i parlamentari di Scelta civica e si dice "amareggiato" per le critiche "sui miei supposti interessi personali".

Avviso a Pd e Pdl: dalla crisi si esce solo con governo del presidente


ROMA - "Disgustato". Avrebbe usato parole forti Mario Monti per espremire la sua amarezza nei confronti delle critiche piovutegli addosso dall'interno della sua stessa formazione politica. Secondo quanto riferito da diversi presenti nel corso di una riunione con i deputati, è stato il presidente del Consiglio in prima persona a dar conto della propria amarezza per quanto letto su alcuni organi di stampa.
I giornalisti colorano, sarebbe stato il senso del ragionamento del premier, ma è evidente che qualcuno fornisce loro validi spunti. Monti avrebbe però ritrovato lo spunto per il suo stile lievemente ironico.

"So di essere considerato in via d'estinzione, ma non vorrei essere estinto da chi ho contribuito a portare qui", avrebbe sottolineato, aggiungendo che "alcune dichiarazioni che ho letto sui miei supposti interessi personali sono disgustose" e di aver persino pensato di disertare l'incontro.

Il vertice, oltre che allo sfogo del Professore, è servito a mettere a punto la posizione dei centristi nel proseguio della difficile fase politica. Puntuale il messaggio sull'atteggiamento da tenere nei confronti dei democratici: "Il Pd non dia nulla per scontato, nessuno ha intenzione di schiacciarsi sul Partito democratico, ma è chiaro che in questo momento serve stabilità e governabilità".
 
Monti dal canto suo continua infatti ad auspicare un governo del presidente, l'unico in grado scongiurare allo stesso tempo "qualsiasi deriva
massimalista che possa essere rappresentata da un esecutivo a trazione Pd-M5S o Pd-Sel", ma anche "un governo con un Pdl interamente impegnato ad occuparsi dei guai giudiziari del suo leader". Il tema giustizia va affrontato, ha sottolineato il Professore, ma guardando all'interesse collettivo, non certo dei singoli, e portare così a compimento la tanto attesa riforma della giustizia.

(20 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/20/news/monti_amareggiato_illazioni-54991020/?ref=HREC1-3
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« Risposta #77 inserito:: Marzo 25, 2013, 04:35:19 pm »

La lettera

Monti: «Io, la sfida del Centro e la vera leadership senza demagogie»

Il presidente del Consiglio uscente replica a Galli della Loggia: «C'è chi governa per un obiettivo e non per il consenso»



Caro direttore, ho letto con il consueto interesse, nel Corriere di ieri, l'editoriale di Ernesto Galli della Loggia («Ciò che il Centro non ha capito»). Concordo con un punto importante: sarebbe stato un errore «contrapporsi frontalmente e sprezzantemente all'elettorato che fino ad allora era stato della Destra». Dissento invece, con grande rispetto verso l'autore, da tutte le altre asserzioni contenute nell'articolo.

Esse mi fanno ritenere che l'autore non abbia colto le motivazioni del progetto politico di Scelta civica, né i vincoli entro i quali questa atipica esperienza politica si è collocata.

Prima c'è stato, per il governo nato nel novembre 2011, come Galli della Loggia riconosce, il duro vincolo imposto dalle circostanze: salvare l'Italia dalla crisi finanziaria. L'autore ci rimprovera, forse giustamente, di non avere avuto «la capacità di parlare ai cuori più che alle menti». Quella capacità l'avevano, e l'hanno molto esercitata, i precedenti governi di Centro-sinistra e di Centro-destra, che però per 15 anni, sempre pensando alle prossime elezioni, non avevano fatto né le riforme necessarie per la crescita e l'occupazione, né quelle necessarie per una finanza pubblica sostenibile. Poi ci siamo dati noi un vincolo, proponendo agli elettori la prosecuzione di un percorso, capace certo di far fruttare i molti sacrifici in una crescita a medio termine, ma fondato sul realismo e sulla responsabilità, non sulle illusioni.

Parrà incomprensibile a un politologo che ci sia chi governa per realizzare non il consenso ma ciò che ritiene essere, in un dato momento, l'obiettivo vitale per la sopravvivenza del Paese e per la sua sovranità, senza cederla a una troika di occupazione (quella sì) tecnocratica. Ma non crede che l'avere spiegato ai cittadini che l'Italia ce l'avrebbe fatta da sola, senza chinare il capo e chiedere prestiti all'Europa o al Fondo monetario internazionale - come la Grecia, il Portogallo, la Spagna - abbia «invogliato al riscatto, mosso alla tenacia, all'orgoglio»? Perché in Italia, a differenza che in quei Paesi, i durissimi sacrifici non hanno portato alla rivolta sociale o di piazza?

Parrà ancora più incomprensibile a un politologo che ci sia chi proponga alle elezioni un progetto che non concede nulla al populismo e alla demagogia, pur in un «Paese percorso dalle performance di Grillo» e di un redivivo, formidabile Berlusconi. E che insiste su riforme, come quelle sul mercato del lavoro, indigeste alla Sinistra ma essenziali, con altre, per dare lavoro e speranza ai giovani. Così come propone di proseguire le azioni contro l'evasione fiscale e la corruzione che hanno trovato ostacoli a Destra durante il governo che sta per chiudersi.
Ma questa Scelta civica - penserà il politologo - ha fatto proprio di tutto per perdere le elezioni! Come se non bastasse, è stata così ingenua da rivendicare i «meriti» del governo uscente, che ha dovuto prendere i provvedimenti più impopolari della storia repubblicana, invece di prenderne le distanze come hanno fatto le altre forze che avevano approvato quei provvedimenti, platealmente il Pdl, in modo meno chiassoso il Pd.

Chi governa così, chi si presenta alle elezioni così, secondo Galli della Loggia denota «scarsa capacità di leadership». Non tocca certo a chi viene giudicato di giudicare il giudice. Ma sarebbe interessante capire meglio che cosa debba intendersi per leadership. È migliore leader chi cerca, magari facendo molti errori perché è un politico inesperto, di guidare il Paese verso quello che considera l'interesse generale e cerca il consenso degli elettori su ciò che è poco gradevole ma utile a più lungo termine; o chi cerca, magari non facendo nessun errore perché è il più abile dei politici, di assecondare gli elettori proponendo proprio ciò che essi vogliono vedersi proporre perché è più gradevole anche se dannoso a più lungo termine? È meglio, per un Paese, avere dei leader non perfetti o dei perfetti follower? Ai politologi l'ardua sentenza.

Forse, il professor Galli della Loggia ha in mente il secondo scenario, quando emette le sue sentenze liquidatorie: «il fallimento del Centro», «il fallimento del personale di governo alla guida del Paese per oltre un anno», il Centro è diventato «un attore politico di terz'ordine». Siano consentite due osservazioni.

Centro. Si direbbe, con l'uso di questo termine come sinonimo di Scelta civica, che l'autore non abbia prestato nessuna attenzione allo sforzo fatto da Scelta civica per spiegare la propria identità. Non si tratta di qualcosa di intermedio tra la Sinistra e la Destra lungo l'asse, a nostro giudizio screditato, di un inconcludente bipolarismo italiano, che alla fine ha avuto bisogno di un governo tecnico per fare alcune riforme che sapeva necessarie, senza mai trovare la forza politica per farle. Si tratta di un impegno nuovo, per unire volontà riformatrici ed europeiste, prima disperse nei due poli contrapposti.
Fallimento. Non ho mai parlato di successo di Scelta civica.

Trovo però curioso che si parli di fallimento per un'entità politica nuova, costruita nella scia di un governo che non aveva fatto proprio nulla per non essere impopolare, portata avanti dall'impegno generoso di molti ma certo senza l'esperienza e la professionalità dei partiti tradizionali o l'articolazione del M5S; e che tuttavia in cinquanta giorni è riuscita a raccogliere tre milioni di voti laddove il Pd e il Pdl hanno perso molti milioni di voti. Se non vi fossero stati quei voti a Scelta civica, provenuti in particolare dalla Destra, la coalizione Pdl-Lega sarebbe ora in grado di formare il governo e, dal 15 aprile, di eleggere il presidente della Repubblica.

Concludo con il punto, importante, sul quale il mio pensiero coincide con quello di Galli della Loggia. Sarebbe stato un errore «contrapporsi frontalmente e sprezzantemente all'elettorato che fino ad allora era stato della Destra». Ha ragione l'autore quando, pur con cattiveria eccessiva, scrive «Uno stereotipo tanto più potente perché in sostanza pre-politico, attinente al bon ton civil-culturale. Con la Destra dunque l'élite italiana non vuole avere nulla a che fare: per paura di contaminarsi ma soprattutto per paura di entrare nel mirino dell'interdizione della Sinistra». Per parte mia, forse perché ho idee mie ben radicate, non ho mai condiviso la paura di contaminarmi con la Destra. Sono orgoglioso di aver fatto cooperare per il bene del Paese, nella «strana» maggioranza, Bersani e Berlusconi (oltre a Casini). Né temo l'interdizione della Sinistra, che pure ho sperimentato, in alcuni suoi alti esponenti politici e culturali detentori della moralità, per il solo fatto di avere promosso un movimento politico.

Ma Scelta civica, caro professor Galli della Loggia, non ha compiuto quello che lei e io consideriamo un errore: non si è contrapposta agli elettori della Destra. Anzi, ne ha sollecitato il voto. E sono sorpreso che tanti abbiano scelto Scelta civica e non il Pdl, che pure recava nella scheda il profumo dei soldi, il rimborso dell'Imu.

Quello che non ho fatto, qui lei ha ragione, è accettare l'invito di Berlusconi ad essere il «federatore dei moderati». Per questo invito, che mi ha fatto piacere, ho ringraziato Berlusconi. Ma non l'ho accettato non per sprezzo degli elettori di Destra, ma per due diverse ragioni. In primo luogo, mi sembrava più importante unire i riformatori che federare i moderati. In secondo luogo, avrei forse potuto federare i moderati ma solo se Berlusconi si fosse davvero ritirato dal progetto che cortesemente mi offriva. Non avrei voluto trovarmi nella situazione di Alfano.

Presidente del Consiglio
Mario Monti

25 marzo 2013 | 9:48© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_marzo_25/monti-io-il-centro-e-la-vera-leadership_e430e330-9512-11e2-84c1-f94cc40dd56b.shtml
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« Risposta #78 inserito:: Aprile 10, 2013, 06:40:37 pm »

Monti: "Ripresa se Italia fuori da procedura Ue".

Per Rehn "è molto probabile". Debito/Pil al 130%

Il Consiglio dei ministri approva il Documento di economia e finanza: debito/Pil al 130,4% nel 2013, mai così alto dai tempi del fascismo.

Il deficit rivisto al 2,9%, poi scenderà all'1,8% l'anno prossimo.

Grilli: "Se non si rinnova l'Imu, pareggio di bilancio a rischio". Per il premier dalla crisi "non si esce con i populismi"


MILANO - "Solo se L'Italia resta fuori dalla procedura di deficit eccessivo potrà avere spazi per sostenere in modo intelligente e focalizzato la ripresa economica". Così il premier Mario Monti alla presentazione del Documento di economia e finanza - dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri - che aggiorna i picchi di debito del Paese. Le decisioni che verranno prese a Bruxelles - con la quale è iniziata una dialettica dopo la decisione di sbloccare 40 miliardi di crediti per le imprese, che peseranno sul deficit italiano - saranno dunque fondamentali per il futuro dell'Italia. Monti ha comunque espresso la speranza che "l'Italia a maggio esca" dal novero dei "Paesi con problemi di finanza pubblica e entri tra i Paesi virtuosi". Su questo versante, un segnale positivo arriva dal commissario agli Affari economici, Olli Rehn, secondo il quale è "molto probabile" che l'Italia uscirà dalla procedura dopo la conferma dei dati da parte di Eurostat prevista per il 22 aprile.

Quanto ai numeri, il Cdm ha approvato il documento che presenta gli aggiornamenti del quadro macroeconomico italiano. "Il Def non può non riflettere le circostanze che caratterizzano l'avvio di legislatura", ha spiegato Monti, definendo l'aggiornamento "un work in progress". Nel testo si legge che il pareggio di bilancio strutturale è confermato per il 2013 e il rapporto tra il debito e il Prodotto interno lordo (Pil) "inizierebbe a ridursi velocemente già a a partire dal 2014".

Il debito pubblico italiano salirà quest'anno al 130,4% del Pil, record storico dall'avvento del fascismo: bisogna tornare ai primi anni '20 del secolo scorso per trovare situazioni simili. Le precedenti stime sul debito erano pari al 126,1% e 123,1% per 2013 e 2014. Il debito scenderà al 129% nel 2014 e al 125,5% l'anno successivo. Il debito pubblico in percentuale sul Pil aveva toccato quote vicine al 160% negli anni immediatamente precedenti e successivi all'avvento del fascismo mantenendosi poi sempre su livelli inferiori a quelli attuali.

Il rapporto deficit/Pil, come anticipato nei giorni scorsi alla luce della valutazione dell'impegno per il pagamento dei debiti pa verso le imprese, sarà al 2,9% quest'anno per poi scendere all'1,8% nel 2014. Il governo, oltre a quelli sul debito, ha annunciato anche i nuovi dati relativi all'avanzo primario che sarà del 2,4% nel 2013 per poi salire al 3,8% nel 2014 (3,8% e 4,4% rispettivamente le precedenti stime). Quanto all'andamento del Pil, questo è previsto a -1,3% nel 2013,+1,3% nel 2014 e +1,4% nel 2015. Sul punto, Monti ha detto che si tratta di "stime prudenziali", ma il Paese può far meglio. Grazie ai pagamenti dei debiti della Pa, la crescita sarà di 0,2 punti percentuali nel 2013 e di 0,7 punti nel 2014.

In conferenza stampa il premier ha anche lanciato una stoccata alle tante voci che chiedono di allentare l'austerity: "Si invocano inversioni di rotta e iniezioni di denaro per far fronte alla congiuntura: a nostro giudizio bisogna invece tenere alta la guardia della disciplina delle finanze anche nei prossimi anni altrimenti si rischia di far ripiombare il Paese in una crisi anche peggiore". Non da ultimo, è stato il Fondo monetario internazionale a chiedere alla Bce un atteggiamento più "aggressivo" in quanto a politica monetaria. Per Monti "dalla crisi non si esce con i tatticismi e i populismi. Non bisogna coltivare illusioni sulla possibilità di ritornare al passato e alla negazione dei problemi", il suo monito.

Per avviare la crescita il premier ha invocato "riforme strutturali"; quelle adottate nel 2012 porteranno ad una crescita aggiuntiva del Pil di 1,6 punti percentuali nel 2015 e di 3,9 nel 2020. Dal 2015, però, verrà a mancare il contributo dell'Imu e sul punto il Def specifica che "qualora la fase sperimentale dell'Imu non dovesse essere confermata, futuri governi dovranno provvedere alla sostituzione dell'eventuale minor gettito con interventi compensativi". Lo stesso titolare delle Finanze, Vittorio Grilli, ha detto che senza il balzello "il pareggio di bilancio è a rischio".

(10 aprile 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/economia/2013/04/10/news/approvazione_def_monti-56345471/?ref=HREA-1
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« Risposta #79 inserito:: Aprile 14, 2013, 11:10:32 pm »

L'intervista a «che tempo che fa»: «ma non voglio essere segretario o presidente»

Monti: «Non abbandono "Scelta Civica"»

E attacca: «Crisi? Colpa di sindacati e imprese»

Il premier smentisce le voci di una sua decisione di prendere le distanze dalla politica e dal partito


Nessun addio al movimento. L'impegno di Mario Monti all'interno di «Scelta Civica» continuerà e su questo non c'è alcun dubbio. Il premier mette fine alle indiscrezioni di stampa che parlavano della sua decisione di prendere le distanze dalla politica e dal partito che ha fondato. Lo ha chiarito rispondendo a una domanda di Fabio Fazio durante la registrazione del programma «Che Tempo che Fa».

VITA PUBBLICA - «Abbandonare Scelta Civica? - ha detto il premier - assolutamente no. Continuerò a modo mio ad interessarmi alla vita pubblica italiana». In questo momento, secondo Monti, c'è soltanto Scelta Civica che si occupa di fare politiche di «accompagnamento e sostegno a iniziative per le riforme, per l'Europa e contro il bipolarismo conflittuale».
Monti poi pero spiega che restare con Scelta Civica non comporta proporsi come l'esponente che la guiderà formalmente: «Non ho voglia nè bisogno di essere segretario o presidente di una forza politica».

CRISI - Monti si è poi soffermato sulle responsabilità della crisi: «Se l'Italia non cresce cio è dovuto a lacune della politica, ma moltissimo anche a sindacati e imprese». Secondo Monti sindacati e imprese «devono cambiare, non possono chiamarsi fuori».
Monti ha sottolineato che «il mondo del capitalismo non ha saputo ammodernarsi e il mondo dei sindacati ha responsabilità storiche nell'arretratezza». «Mi fa piacere che ora sindacati e Confindustria prendano posizioni comuni - ha proseguito - ho dedicato buona parte del 2012 a ottenere questo».

Redazione Online

14 aprile 2013 | 20:05© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - corriere.it
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« Risposta #80 inserito:: Agosto 02, 2013, 11:01:47 am »


Sc, Monti si dimette poi ci ripensa.

Il partito a un passo dall'implosione

Scelta Civica sarà guidata da un comitato di presidenza dopo che l'ex premier ha ottenuto il passo indietro del coordinatore Andrea Olivero, difeso dai deputati cattolici. Lo scontro ha portato stanotte alle dimissioni, poi ritirate, del professore. La resa dei conti prevista a settembre

di ALBERTO D'ARGENIO


Sc, Monti si dimette poi ci ripensa. Il partito a un passo dall'implosione Mario Monti, leader di Scelta Civica (ansa)
Sono le due di notte quando Mario Monti si dimette da presidente di Scelta Civica. E’ il penultimo atto di una riunione fiume che probabilmente segna la fine del partito dell’ex presidente del Consiglio. L’epilogo è il passo indietro del leader, che ritira le dimissioni. Ma la frattura tra laici e cattolici, addirittura accusati di «necrofilia», ormai sembra definitiva. Si parla di settembre come mese del big bang. Anche se qualcuno ieri sera ha già annunciato le dimissioni dal partito. Che ora sarà retto dal comitato di presidenza che prende il posto del coordinatore Andrea Olivero, silurato da Monti. A poco sono serviti gli sforzi dei pacificatori guidati dal ministro Mario Mauro.

Per capire come sono andate le cose bisogna tornare indietro di una settimana, a venerdì scorso, quando alcuni deputati cattolici di Sc hanno organizzato un convegno con i colleghi dell’Udc. Il partito di Casini ha rotto l’alleanza con Monti e i suoi parlamentari presto usciranno dai gruppi comuni di Camera e Senato. Il coordinatore Andrea Olivero, dalla nascita di Sc fedelissimo di Monti, ha partecipato all’incontro facendo letteralmente infuriare l’ex premier, che lo ha accusato di tradimento. Tra i laici di Sc infatti Casini è sospettato di voler rubare parlamentari cattolici del partito per fare gruppi autonomi a Montecitorio e Palazzo Madama. Ieri due incontri tra Monti e Olivero, che da giorni ripete di essere andato al seminario per tenere uniti i civici, non sono riusciti a rasserenare gli animi. Monti chiedeva le sue dimissioni, ma poi consapevole che rischiava la scissione (i cattolici a quel punto minacciavano di andare davvero con l’Udc) ha provato una mediazione. Così in serata con il suo staff l’ex premier ha preparato un comunicato che sarebbe dovuto uscire subito dopo l’assemblea dei parlamentari. «Entro le dieci di sera», garantiva il suo più stretto collbaoratore. Ma quel comunicato è uscito solo stamattina. Nel mezzo l’inferno.

La riunione slitta e inizia dopo le dieci. Monti (accusato poi di toni sprezzanti ed eccessivi) attacca i cattolici, in particolare il capogruppo alla Camera Dellai, e propone: soppressione della carica di coordinatore (Olivero), gestione collegiale da parte del Comitato di presidenza del quale fa parte anche Olivero. Che guiderà anche un “Progetto di Cultura politica” per dare un’identità a un partito dilaniato dalle correnti. Olivero accetta ma ammonisce: se non troviamo una sintesi andare avanti non sarà possibile. Allude alla scissione. Tutti guardano a settembre, quando ci sarà un seminario ad hoc sull’identità del partito. O al più tardi al Congresso di ottobre.

Quando tutto sembrava risolto con una vittoria di Monti, ecco il caos. Prendono la parola i parlamentari cattolici che non ci stanno, difendono Olivero, chiedono che resti coordinatore. Il sottosegretario Mario Giro parla di «purghe staliniane». Sberna, uomo di Sant’Egidio annuncia che lascerà il partito. Dellai rimanda al mittente le critiche dell’ex premier. L’onorevole Gigli chiede di azzerare tutti gli organi del partito per riequilibrarne il peso politico, visto che senza Olivero coordinatore i cattolici non si sentono più garantiti. Anche il motezemoliano Di Maggio attacca Monti: dov’è la democrazia interna? Sei inadeguato. C’è chi chiede all’ex premier di domandarsi come mai ha rotto con tutti i soci fondadori del partito (Casini, Riccardi, Montezemolo) e perché voglia far fuori l’ultimo, ovvero Olivero. I laici - si registra una parziale saldatura tra montiani doc e i montezemoliani di Italia Futura - rispondono. Causin arriva a dire che chi vuole andare con l’Udc è «un necrofilo».

Si va avanti fino alle due di notte, quando un Monti definito furioso dice che «molti interventi che ho ascoltato questa sera sono sgradevoli. Sono disgustato, vergognatevi». E ne trae le conseguenze: si dimette da presidente di Scelta Civica. In sala cala il gelo. Tutti sanno che è la fine del partito. E sanno anche che i ministri e sottosegretari civici a quel punto si dovrebbero dimettere, mandando nel caos il governo proprio nel giorno della sentenza Berlusconi. Bombassei prende da parte Monti e cerca di convincerlo a tornare sui suoi passi. Non è il solo. Pochi minuti dopo Monti ritira le dimissioni e il deputato siciliano Andrea Vecchio, imprenditore antimafia, si alza e riconoscente gli bacia platealmente la mano. Ma i cattolici sospettano che le dimissioni siano state un gesto studiato per metterli nell’angolo.

La riunione si chiude dopo le due di notte. Ma in molti questa mattina danno ormai il partito per morto. «Non possiamo restare a lungo qui, ora ci servono i tempi tecnici per organizzarci», confessa più di un cattolico.Un parlamentare vicino a Olivero dice che «ora noi cattolici e i liberali dovremmo avere capito che Monti non è più il garante del partito, non è la persona tramite la quale si controlla il movimento. Abbiamo un mese per cercare un accordo tra noi da far accettare a Monti oppure dividerci. Ma sono scettico». Probabilmente il divorzio arriverà a settembre, con la nascita di un nuovo soggetto forse composto da Casini e transfughi montiani e una Scelta Civica ridimensionata nei numeri, con Monti che poggerà sui fedelissimi e sui parlamentari che provengono da Italia Futura.


(01 agosto 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/08/01/news/sc_monti_si_dimette_poi_ci_ripensa_il_partito_a_un_passo_dall_implosione-64099028/?ref=HRER2-1
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« Risposta #81 inserito:: Settembre 17, 2013, 11:13:08 pm »

POLITICA
15/09/2013

Monti: patto di coalizione o usciamo dalla maggioranza

Cresce il malumore dell’ala Udc, Casini lancia il “Partito popolare”

CAORLE (VENEZIA)

Bisogna rafforzare il governo con un patto di coalizione, per impedire che Pd e Pdl lo facciano galleggiare in una campagna elettorale «estenuante». Altrimenti le ragioni della nostra presenza nella maggioranza verrebbero meno. L’intento è quello di puntellare l’esecutivo Letta, ma per farlo Mario Monti usa lo stesso strumento per cui biasima Silvio Berlusconi: la minaccia. Nel suo intervento di chiusura della festa di Scelta Civica, il professore conferma l’intenzione di non «collocare» il suo partito né a destra, né a sinistra. Gelando così Casini che da Chianciano propone a montiani e centristi di Pd e Pdl di far nascere un nuovo soggetto politico che si ispiri al popolarismo europeo. 
 
«Decideremo democraticamente», ma «serenamente» senza essere «ossessionati» dalla fretta di schierarsi, scandisce l’ex premier dal palco di Caorle, punzecchiando quanti dentro Sc continuano a premere per risolvere il nodo delle alleanze. «La nostra collocazione - li frena Monti - è già definita» nella formula impressa nel trattato di Lisbona che afferma come l’Ue debba essere un’«economia sociale di mercato competitiva». Il faro da seguire, avverte, è quello, non alleanze con partiti che, peraltro, non hanno «modelli culturali» chiari. Strategia condivisa da Mario Mauro: «Chi vuole farci diventare il cagnolino di compagnia di Pd o Pdl non fa il bene» di Scelta Civica. Anche se, aggiunge il ministro della Difesa facendo capire quale esito preferirebbe, «nel Pd passano dal centralismo democratico al centralismo carismatico, ma senza affrontare i problemi». Sul fronte europeo, però, Mauro sostiene che una collocazione naturale Sc ce l’ha, ed è quella del Ppe. Ma anche su questo il professore frena, ricordando che spetterà al partito decidere, senza cercare «coperture di vergogne interne al di fuori di noi stessi». 
 
Quanto al governo, il professore ritorna su una posizione già espressa prima dell’estate: serve un cambio di passo che impedisca a Letta di rimanere impantanato nella palude di una campagna elettorale «permanente» destinata a logorare i conti pubblici e qualsiasi speranza di ripresa. È convinto che Berlusconi non staccherà la spina ed eviterà al Paese una pericolosa crisi di governo, ma sottolinea anche di non essere «interessato» ad un esecutivo che «avesse solo il sostegno tattico di Pd e Pdl». Per risolvere i problemi del Paese serve una «strategia duratura» ed in particolare un «patto di coalizione». Ipotesi sulla quale, assicura, Letta si è detto d’accordo. Questa, aggiunge sapendo bene che i voti di Sc non sono comunque indispensabili al governo, e una «condizione della nostra permanenza in maggioranza». Ovviamente, come ricorda il capogruppo dei senatori Gianluca Susta sono parole che non vanno «strumentalizzate» contro il governo. Anzi, come ricorda lo stesso Monti, l’obiettivo è semmai quello di «rafforzare» Letta. L’intento del Professore appare chiaro: incalzare l’esecutivo. «Perché noi», a differenza di chi «ricatta» l’esecutivo, siamo «moderati» ma vogliamo riforme «radicali». Anche a costo di inimicarci i «cosiddetti salotti buoni» dell’economia italiana che certo non hanno apprezzato alcune misure varate un anno fa, a cominciare dal divieto di «incroci» nei Cda di banche e assicurazioni. 
 
Sembra quindi sempre più inevitabile il divorzio con l’Udc. Casini, strozzato dall’esito elettorale e irrigidito dal “grande freddo” con Monti, cerca nuovi sbocchi. A destra, dove tenta le colombe del Pdl prevedendo il lento defilamento del Cavaliere. A sinistra, per chi nel Pd soffre l’invisibilità di un partito che volge «al personalismo». E soprattutto al centro, puntando all’area popolare e sfidando silenziosamente la leadership di Monti. Operazione forse ambiziosa e di certo difficile che ha entusiasmato i militanti della festa di Chianciano ottenendo, a caldo, solo stroncature e scetticismi da Pdl e Sc. Eppure, gli scudocrociati lavorano da tempo al progetto, con un orizzonte temporale dichiarato, le elezioni europee del prossimo anno, e uno più velato, l’eventuale appoggio ad un Letta-bis d’emergenza: quel premier che ieri ha avuto un lungo colloquio con Casini e Cesa e che sembra poter contare ciecamente sui parlamentari centristi. «Non c’è tempo da perdere, l’Italia ha bisogno della politica migliore», ha tuonato Casini lanciando l’ennesimo strale al M5S: «rinnovamento non vuol dire occupare i tetti» e prevedendo quell’«atto di grande responsabilità» da parte di Silvio Berlusconi che si identifica con le dimissioni da senatore e con le sue inevitabili conseguenze politiche. 
 
Perché Casini, nel lanciare il nuovo progetto popolare - che potrebbe concretizzarsi entro fine anno - guarda «a Sc e alle parti del Pdl interessate», laddove Cesa, abbozzando già il nuovo nome («magari Partito Popolare o Popolari per l’Europa») non esclude che ci sia spazio anche nel Pd. Due i pilastri attorno al quale ruota la proposta: il sostegno all’attuale governo, così convinto da indurre Casini a escludere qualsiasi «alleanza con chi farà cadere Letta» e il Ppe, del quale l’Udc rivendica di essere la proiezione italica. Pilastri che per ora, non trovano terreno morbido. 

da - http://www.lastampa.it/2013/09/15/italia/politica/monti-patto-di-coalizione-o-usciamo-dalla-maggioranza-sspouIVPvqJRQmjNT4H3dJ/pagina.html
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« Risposta #82 inserito:: Ottobre 20, 2013, 11:24:33 pm »

SCELTA CIVICA A PEZZI.
VERSO UN NUOVO GRUPPO "POPOLARI" AL SENATO
Monti: «No a piccolo progetto polveroso»
Casini: «Dal Professore atteggiamento rissoso»
Borletti Buitoni contro il ministro Mauro: «Ha usato il partito pensando a un altro progetto»

Altro che sobrietà. Resta altissimo il livello della polemica all'interno di Scelta Civica . Dopo la rottura consumata giovedì, l'ex premier Monti ribadisce le sue «dimissioni irrevocabili» dal partito mentre il ministro Mauro, indicato proprio da Monti come causa del suo clamoroso passo indietro, nega che il suo appoggio al governo sia ispirato ad un'operazione pro-Berlusconi. E intanto però circola la voce sempre più insistente che stia per nascere un nuovo gruppo al Senato.
NUOVO GRUPPO AL SENATO - Il nuovo gruppo,che attrarrebbe la maggioranza dell'attuale gruppo Sc (compresi Mauro e Casini), dovrebbe avere la parola "popolari" nel nome.
Tra Casini e Monti ormai d'altronde volano gli stracci. «Le accuse di Monti nei miei confronti sono semplicemente ridicole», scandisce a Matrix il leader dell'Udc. Che fa di più fino da definire «atteggiamento rissoso sull’azione dell'esecutivo» quello di Monti perché «questi continui distinguo, non sono accettabili». Quanto alle dimissioni di Monti, Casini taglia corto: «Non gli chiederò di ritirarle perché questo non mi riguarda».
REPLICA - «Il rigore intellettuale e l’autorità morale del presidente Casini sono tali che non mi permetto certo di commentare le sue importanti parole», replica Monti sul fatto che il leader dell’Udc aveva definito «ridicole» le accuse che gli aveva mosso.
MONTI NON TORNA INDIETRO - «Le mie dimissioni sono irrevocabili. Io non sono più iscritto a Scelta Civica», ribadisce dal canto suo Monti, parlando a margine di un convegno sul Ppe a Palazzo Giustiniani. «Alcune personalità autorevoli all'interno di Scelta civica», ha aggiunto il Professore, «hanno travisato la natura del nostro movimento». Quindi tranchant ricorda che in Scelta Civica, nei giorni scorsi, «stavo ultimando» una serie di contati per chiedere «l'adesione al Ppe, cosa che evidentemente non farò più» perché «non mi interesso più di Scelta Civica».
Scelta Civica «non è nata per questi vecchi giochi politici. Non posso permettere che questo avvenga», ed è per questo che ha voluto «sollecitare la coscienza e l’attenzione delle grandi forze vitali, liberali e popolari, ma serie, che ci sono in Sc contro questo piccolo progetto di vecchio sapore di polvere». Monti ha detto che ha così voluto «far venire alla luce un progetto di una minoranza nel partito» che mirava al superamento di Scelta Civica «verso una entità non particolarmente ben definita ma di cui si è capito che dovrebbe o potrebbe farne parte il Pdl non ancora deberlusconizzato».
I FEDELISSIMI DI MARIO - Se Monti usa le parole con il contagocce sono i suoi fedelissimi a esprimere pubblicamente il dissenso contro la linea adottata da Sc. Ilaria Borletti Buitoni, deputata del partito , va giù piatta: «Io sono con Monti e soprattutto condivido del presidente Monti la critica costruttiva che lui fa nei confronti del governo per spingerne l'azione riformista, cosa che peraltro fa parte integrante del programma di Scelta Civica». Quindi attacca frontalmente Mauro che «ha usato Scelta civica pensando ad un altro progetto che non è Scelta civica». «Ho l'impressione - rincara Borletti Buitoni - che nella nostra formazione politica ci fossero persone, e per fortuna sono la maggioranza, che erano disposte a questo progetto riformista e ci sono persone che hanno ritenuto questo partito un traghetto versi altri lidi politici. Siamo arrivati ad un chiarimento interno che non escludo possa essere anche positivo».

LA POSIZIONE DI ICHINO - Mentre Pietro Ichino, altra figura storica di Sc, sembra intenzionato a voltare pagina. In un editoriale pubblicato sul suo sito spiega che «nonostante le dimissioni di Mario Monti, Sc ha ancora il dovere di proporsi come forza politica capace di dare voce in modo inequivoco, in Parlamento e nel Paese, alla grande area di opinione che guarda all’integrazione del nostro Paese nella nuova Unione Europea e vede nelle vecchie pratiche politiche il rischio di un appannamento di questa prospettiva».
18 ottobre 2013
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Redazione Online

Da - http://www.corriere.it/politica/13_ottobre_18/monti-scelta-civica-non-mi-interessa-piu-fedelissimi-vanno-attacco-mauro-d18a3600-37fb-11e3-91d2-925f0f42e180.shtml
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« Risposta #83 inserito:: Ottobre 28, 2013, 09:28:00 am »

Monti: «Sull’Imu il governo Letta si è inginocchiato al Pdl»

L’ex premier a «In mezz’ora»: «In economia a volte si scrive Letta ma si legge Brunetta. Vorrei un governo del fare, non del disfare»

Sull’Imu «il governo Letta si è inginocchiato al Pdl, con la conseguenza di una manovra non adeguata sul cuneo fiscale e facendo aumentare l’Iva». L’ex premier Mario Monti, intervenendo a In mezz’ora su Raitre, avvisa che senza un contratto di coalizione chiaro, in futuro accadrà ancora quello che è successo per la manovra.

GOVERNO DEL FARE, NON DEL DISFARE - Non si tratta, però, di rinnegare la scelta di appoggiare questo esecutivo - sottolinea Monti: «Questa formula e questo presidente del consiglio sono la miglior cosa che questo Paese possa avere. Ma vorrei che fosse veramente il governo del fare, ma per l’atteggiamento di Pd e Pdl sta diventando il governo del disfare». Con Monti però il premier dovrebbe incontrarsi nel corso della prossima settimana, che per il numero uno di palazzo Chigi si preannuncia piena di appuntamenti.
IL CONTRATTO DI COALIZIONE - Appena lasciato il suo movimento, Scelta Civica, l’ex premier e ora senatore a vita non rinuncia comunque alla politica: «Ovviamente Scelta Civica non minaccia niente, ma abbiamo il dovere di indicare qual è secondo noi la strada giusta e il presidente Letta ha concordato che un contratto di coalizione ci voglia. Altrimenti finirà ancora ad inginocchiarsi davanti al Pdl, come fatto con l’Imu».
«SI SCRIVE LETTA, SI LEGGE BRUNETTA» - Non rinuncia, comunque, al gusto della battuta, Monti: «Certe volte il governo si scrive Letta ma si legge Brunetta, specialmente sulla politica economica». Ringuardando, infatti, alla vicenda Imu, sottolinea: «Dal Pdl arrivano diktat quotidiani».
BERLUSCONI E LA DECADENZA - Affrontando, poi, il tema della decadenza del suo predecessore a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi, Monti afferma di non avere pregiudizi. Il voto non è stato ancora calendarizzato, ma il senatore a vita sa già cosa farà: «Voterò in base alla relazione che la giunta del Senato manderà in aula. Per me non è il giudizio su una persona, ma è l’applicazione di una legge uscita un anno fa e allora non contestata. Qui vediamo se in Italia c’è o no lo Stato di diritto». Dopodiché, probabilmente, la palla passerebbe al presidente Napolitano. E «se venisse usata la grazia io non mi scandalizzerei».
L’ACCORDO CON IL PDL «DEPURATO» - Non si tratta nemmeno di un pregiudizio sul centrodestra, comunque: «Io avrei fatto volentieri un accordo con il Pdl, depurato però. E non è solo Berlusconi e non voglio fare lista di nomi», ha specificato l’ex premier a Lucia Annunziata.
L’ADDIO A SC, GLI ELETTORI E CASINI- Monti ha lasciato Scelta Civica, che pure aveva fondato, dopo una specie di sfiducia interna da parte di 11 senatori casiniani. Adesso, alla domanda se l’alleanza con Casini abbia penalizzato Sc alle urne, risponde: «Può essere che avessero ragione» gli elettori che non hanno votato proprio per quel motivo. «Trovo curioso che (il ministro Mario, ndr) Mauro e Casini, che stanno facendo aperture al Pdl, critichino Scelta Civica accusandola di minare la stabilità del governo.Penso che lo facciano perché vedono uno spazio elettorale più ampio da quella parte».

20 ottobre 2013
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http://www.corriere.it/politica/13_ottobre_20/monti-sull-imu-governo-letta-si-inginocchiato-pdl-9c96435c-3987-11e3-893b-774bbdeb5039.shtml
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