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Autore Discussione: MARIO MONTI. -  (Letto 44817 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Luglio 26, 2011, 11:18:51 am »

26/7/2011

Prodi, Monti e l'incontro di Milano

ANGELO CALOIA*

Gentile Direttore, replico - con ritardo - all’articolo di Fabio Martini pubblicato sul suo giornale domenica 24 luglio col titolo
«L’investitura di Monti per il dopo Berlusconi», nel quale si ricostruisce in chiave politica un incontro che si è tenuto lo scorso 18 luglio, presso la sede di Intesa Sanpaolo a Milano.

L’incontro in questione è avvenuto nell’ambito di un ciclo di appuntamenti che vanta ormai più di vent’anni di attività, animato dal Gruppo Cultura Etica e Finanza che ho l’onore di coordinare fin dalla sua fondazione. Scopo di questa attività è quello di discutere temi di attualità economica politica e sociale con alcuni dei più importanti protagonisti italiani e internazionali, dei più diversi orientamenti politici.

Negli anni più recenti hanno partecipato come ospiti e relatori delle nostre serate, tra gli altri, Giulio Andreotti, il card. Tarcisio Bertone, Pier Ferdinando Casini, Mario Draghi, Vaclav Havel, Enrico Letta, Gianni Letta, Mario Monti, Letizia Moratti, Maurizio Sacconi, Domenico Siniscalco, il card. Dionigi Tettamanzi, Giulio Tremonti. Lei stesso ci ha fatto il dono di un intervento.

Agli incontri del Gruppo Cultura Etica e Finanza vengono invitati, da me personalmente, professionisti, manager, imprenditori, uomini di cultura, giornalisti che rivolgono all’ospite domande e osservazioni alle quali egli risponde. Sono appuntamenti d’alto profilo, il cui unico scopo, da sempre, è quello di riflettere su temi di rilievo senza alcun scopo politico di qualsivoglia natura. Intesa Sanpaolo, che abitualmente mette a disposizione i suoi spazi per le nostre riunioni, non viene minimamente coinvolta nella concezione e nell’organizzazione di tali incontri.

Per tornare all’incontro di lunedì 18 luglio, l’intervento del prof. Prodi è stato incentrato su tematiche economiche con un’ottica prevalentemente internazionale. Ci ha parlato del ruolo di Cina, Europa e Stati Uniti nel pieno della crisi in corso e dei rischi che l’economia globale corre in assenza di decisioni politiche forti per la soluzione dei focolai di crisi finanziaria, in particolare nel nostro continente. Segnalo, di sfuggita, che nella discussione seguita alla sua relazione il prof. Prodi non ha voluto commentare temi di attualità politica nazionale, limitandosi a dire di ritenere improbabile una crisi di governo, stante i significativi margini di maggioranza di cui il premier può disporre in Parlamento.

Aggiungo che il prof. Monti, invitato come in altre occasioni, non è intervenuto nel dibattito e che, tra l’altro, al pari del prof. Bazoli e del dott. Passera, ha lasciato la riunione senza prendere parte al successivo rinfresco, quindi senza intrattenersi in conciliaboli o colloqui riservati. Questo è tutto quanto avvenuto nella serata di lunedì 18 luglio, alla presenza e sotto gli occhi di un centinaio di persone.

* Gruppo Cultura Etica e Finanza
da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9019
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« Risposta #31 inserito:: Agosto 07, 2011, 12:23:31 pm »

MERCATI, EUROPA E GOVERNO ITALIANO

Il podestà forestiero

Quanti strali sono stati scagliati contro i mercati e contro l'Europa da membri del governo e della classe politica italiana

I mercati, l'Europa. Quanti strali sono stati scagliati contro i mercati e contro l'Europa da membri del governo e della classe politica italiana! «Europeista» è un aggettivo usato sempre meno. «Mercatista», brillante neologismo, ha una connotazione spregiativa. Eppure dobbiamo ai mercati, con tutti i loro eccessi distorsivi, e soprattutto all'Europa, con tutte le sue debolezze, se il governo ha finalmente aperto gli occhi e deciso almeno alcune delle misure necessarie.
La sequenza iniziata ai primi di luglio con l'allarme delle agenzie di rating e proseguita con la manovra, il dibattito parlamentare, la riunione con le parti sociali, la reazione negativa dei mercati e infine la conferenza stampa di venerdì, deve essere stata pesante per il presidente Berlusconi e per il ministro Tremonti. Essi sono stati costretti a modificare posizioni che avevano sostenuto a lungo, in modo disinvolto l'uno e molto puntiglioso l'altro, e a prendere decisioni non scaturite dai loro convincimenti ma dettate dai mercati e dall'Europa.

Il governo e la maggioranza, dopo avere rivendicato la propria autonoma capacità di risolvere i problemi del Paese, dopo avere rifiutato l'ipotesi di un impegno comune con altre forze politiche per cercare di risollevare un'Italia in crisi e sfiduciata, hanno accettato in questi ultimi giorni, nella sostanza, un «governo tecnico». Le forme sono salve. I ministri restano in carica. La primazia della politica è intatta. Ma le decisioni principali sono state prese da un «governo tecnico sopranazionale» e, si potrebbe aggiungere, «mercatista», con sedi sparse tra Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York.

Come europeista, e dato che riconosco l'utile funzione svolta dai mercati (purché sottoposti a una rigorosa disciplina da poteri pubblici imparziali), vedo tutti i vantaggi di certi «vincoli esterni», soprattutto per un Paese che, quando si governa da sé, è poco incline a guardare all'interesse dei giovani e delle future generazioni. Ma vedo anche, in una precipitosa soluzione eterodiretta come quella dei giorni scorsi, quattro inconvenienti.

Scarsa dignità . Anche se quella del «podestà forestiero» è una tradizione che risale ai Comuni italiani del XIII secolo, dispiace che l'Italia possa essere vista come un Paese che preferisce lasciarsi imporre decisioni impopolari, ma in realtà positive per gli italiani che verranno, anziché prenderle per convinzione acquisita dopo civili dibattiti tra le parti. In questo, ci vorrebbe un po' di «patriottismo economico», non nel fare barriera in nome dell'«interesse nazionale» contro acquisizioni dall'estero di imprese italiane anche in settori non strategici (barriere che del resto sono spesso goffe e inefficaci, una specie di colbertismo de noantri ).

Downgrading politico . Quanto è avvenuto nell'ultima settimana non contribuisce purtroppo ad accrescere la statura dell'Italia tra i protagonisti della scena europea e internazionale. Questo non è grave solo sul piano del prestigio, ma soprattutto su quello dell'efficacia. L'Unione europea e l'Eurozona si trovano in una fase critica, dovranno riconsiderare in profondità le proprie strategie. Dovranno darsi strumenti capaci di rafforzare la disciplina, giustamente voluta dalla Germania nell'interesse di tutti, e al tempo stesso di favorire la crescita, che neppure la Germania potrà avere durevolmente se non cresceranno anche gli altri. Il ruolo di un'Italia rispettata e autorevole, anziché fonte di problemi, sarebbe di grande aiuto all'Europa.

Tempo perduto . Nella diagnosi sull'economia italiana e nelle terapie, ciò che l'Europa e i mercati hanno imposto non comprende nulla che non fosse già stato proposto da tempo dal dibattito politico, dalle parti sociali, dalla Banca d'Italia, da molti economisti. La perseveranza con la quale si è preferito ascoltare solo poche voci, rassicuranti sulla solidità della nostra economia e anzi su una certa superiorità del modello italiano, è stata una delle cause del molto tempo perduto e dei conseguenti maggiori costi per la nostra economia e società, dei quali lo spread sui tassi è visibile manifestazione.

Crescita penalizzata . Nelle decisioni imposte dai mercati e dall'Europa, tendono a prevalere le ragioni della stabilità rispetto a quelle della crescita. Gli investitori, i governi degli altri Paesi, le autorità monetarie sono più preoccupati per i rischi di insolvenza sui titoli italiani, per il possibile contagio dell'instabilità finanziaria, per l'eventuale indebolimento dell'euro, di quanto lo siano per l'insufficiente crescita dell'economia italiana (anche se, per la prima volta, perfino le agenzie di rating hanno individuato proprio nella mancanza di crescita un fattore di non sostenibilità della finanza pubblica italiana, malgrado i miglioramenti di questi anni). L'incapacità di prendere serie decisioni per rimuovere i vincoli strutturali alla crescita e l'essersi ridotti a dover accettare misure dettate dall'imperativo della stabilità richiederanno ora un impegno forte e concentrato, dall'interno dell'Italia, sulla crescita.

Mario Monti

07 agosto 2011 10:40© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/editoriali/11_agosto_07/monti-podesta_1a5c6670-c0c4-11e0-a989-deff7adce857.shtml
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« Risposta #32 inserito:: Agosto 14, 2011, 11:06:06 am »

EMERGENZA, CRESCITA, EQUITA'

Un nuovo governo dell'economia

Venerdì il governo ha preso decisioni che avranno notevole impatto sull'economia e la società italiana e questa volta, come era atteso da tempo, anche sul settore pubblico. Le singole misure sono analizzate e commentate in altre parti del giornale. Qui vorrei mettere in luce una scelta di fondo di cui non si è parlato, ma che non deve essere stata facile per il Presidente del Consiglio. Una scelta che, per le sue implicazioni, potrebbe cambiare l'impostazione di politica economica del governo Berlusconi nella parte restante di questa legislatura.
Di fronte alle perentorie richieste dell'Europa e dei mercati, il governo ha dovuto scegliere tra la via dell'irredentismo e la via della redenzione.

Avrebbe potuto cercare di sottrarsi alle indicazioni del «podestà forestiero» (l'articolo di domenica scorsa, 7 agosto, ha dato luogo a un dibattito sul quale tornerò prossimamente) e rivendicare con spirito irredentista un maggiore spazio, quello che l'Unione Europea normalmente riconosce, per le scelte politiche nazionali. Invece ha deciso, con lucidità e rapidità, di imboccare una strada di redenzione o, in termini più asettici, di modifica di alcuni connotati di fondo che avevano caratterizzato, fin dall'inizio, l'impostazione di politica economica del governo.

E' comprensibile che l'inversione di rotta venga ora attribuita per intero all'aggravamento, innegabile, della crisi internazionale. Ma quei limiti - di natura politica, non tecnica - erano evidenti da molto tempo ed erano stati segnalati da più commentatori.

Il ministro dell'Economia, di cui molti tendono oggi a dimenticare il merito di aver saputo mantenere un certo rigore di bilancio con un governo e una maggioranza poco inclini a tale virtù, non ha affrontato, né forse valutato, adeguatamente i problemi della competitività, della crescita, delle riforme strutturali indispensabili per rimuovere i vincoli alla crescita (il federalismo fiscale, oggi oggetto di dibattiti accesi, è stato spesso presentato come la riforma strutturale introdotta da questo governo).

Il Presidente del Consiglio, da parte sua, non ha mai mostrato di considerare l'economia - tranne l'agognata riduzione delle tasse - come una vera priorità del suo governo, né ha mai assunto un visibile ruolo di coordinamento attivo e di impulso della politica economica, come fanno da tempo gli altri capi di governo. Essi lo esercitano soprattutto nel promuovere la crescita, assistiti da un ministro dell'economia reale o dello sviluppo di alto profilo, oltre che nel garantire copertura politica al ministro finanziario, nella sua azione rivolta prioritariamente alla disciplina di bilancio. Negli ultimi tempi, invece, Berlusconi pareva spesso infastidito dall'arcigno Tremonti e dai suoi «no» agli altri ministri, più che dedicarsi alla guida strategica dello sviluppo, in raccordo con l'Europa (due responsabilità a lungo lasciate scoperte di titolari).

Negli ultimi giorni, tutto pare cambiato. Il Presidente del Consiglio ha preso visibilmente la guida. Si è schierato, per amore o per forza, dalla parte del rigore. Almeno su questo, non dovrebbero più esserci contrapposizioni con il ministro dell'Economia.
Entrambi, dopo avere prestato scarsa attenzione alle raccomandazioni rivolte loro per anni dalla Banca d'Italia, si premurano di seguire ora le indicazioni - molto simili! - della Banca Centrale Europea.

È una svolta positiva e importante, pur se avvenuta nella precipitazione e perciò con due conseguenze negative. Le misure adottate, che potrebbero ben chiamarsi «tassa per i ritardi italiani malgrado l'Europa» e non certo «tassa dell'Europa», non hanno potuto essere studiate con il dovuto riguardo all'equità e gravano particolarmente sui ceti medi. Inoltre, la priorità crescita, pur sottolineata dalla Commissione europea e dalla Bce, rischia di essere vissuta come «meno prioritaria», nella situazione di emergenza in cui l'Italia, soprattutto per sua responsabilità, è venuta a trovarsi.

Crescita ed equità. Come molti osservatori hanno notato, è ora su questi due grandi problemi, trascurati nei primi tre anni della legislatura, che l'azione del governo, delle opposizioni e delle parti sociali dovrà concentrarsi, con un comune impegno come auspica il Presidente Napolitano. E ciò, ben inteso, non a scapito della finanza pubblica, ma anzi per rendere duraturi i progressi realizzati in quel campo.

Mario Monti

14 agosto 2011 09:24© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/editoriali/11_agosto_14/monti-nuovo-governo-economia_b8ac3b6a-c642-11e0-a5f4-4ef1b4babb4e.shtml
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« Risposta #33 inserito:: Ottobre 17, 2011, 05:14:03 pm »

L’ITALIA, I MERCATI E L’EUROPA

False illusioni, sgradevoli realtà

Silvio Berlusconi ha spesso sostenuto che, grazie alla personale autorevolezza riconosciutagli dagli altri capi di governo, l’Italia ha acquisito un peso maggiore, a volte determinante, nelle decisioni europee e internazionali.

In questi giorni, ciò rischia di essere vero. Ma è una verità amara. Nelle riunioni dell’Unione europea e del G20 che cercano di arginare la crisi dell’eurozona e di invertire le aspettative, l’Italia avrà il ruolo cruciale. Cruciale come fonte di problemi, purtroppo; non certo come influenza sulle decisioni da prendere, tanto più che siamo già oggetto di «protettorato » (tedesco-francese e della Banca centrale europea).

È ormai convinzione comune — in Europa, in America e in Asia — che non sarà la Grecia a far saltare l’eurozona, con le possibili conseguenze: disintegrazione dell’Unione europea, crisi finanziaria globale, grave depressione, crisi sociale drammatica. Potrebbero esserlo, per la loro dimensione, la Spagna o a maggior ragione l’Italia. La Spagna è più avanti nel processo di ripartenza politica ed economica volto a padroneggiare la crisi. L’Italia è più indietro. Lo mostrano anche i tassi di interesse sul debito pubblico: più alti per l’Italia che per la Spagna. (E ora, più alti per l’Italia che per la Polonia, benché questa, non facendo ancora parte dell’euro, presenti un esplicito rischio di cambio).

L’Italia è più indietro perché non c’è stato neppure il minimo riconoscimento di responsabilità da parte del governo. In Spagna, invece, il governo ha addirittura lasciato il campo e indetto nuove elezioni e, intanto, ha chiesto e ottenuto una collaborazione con l’opposizione per alcune misure essenziali. In Italia il governo e la maggioranza, pur avendo mancato di visione strategica sulla politica economica e avere indulto a lungo a un ottimismo illusionistico, preferiscono scaricare su altri le responsabilità. L’opposizione avrebbe «impedito al governo di lavorare» (accusa che peraltro accredita le opposizioni di un’identità politica e di un’efficacia di cui si stenta a vedere traccia). I magistrati avrebbero «costretto» il capo del governo a occuparsi soprattutto di loro, piuttosto che dell’economia o dei giovani senza futuro. La «sinistra », così evanescente come forza di opposizione, eserciterebbe però un’influenza assoluta sui corrispondenti a Roma della stampa estera; sarebbe per questo, solo per questo, che vengono scritti nel mondo tanti commenti critici sul presidente del Consiglio e sul governo.

Devo riconoscere che, spesso richiesto all’estero di giudizi sul presidente Berlusconi e sul suo governo, non ho mai assecondato le colorite espressioni usate dai miei interlocutori nel formulare la domanda e ho sempre sottolineato che, se c’è un «problema Berlusconi», deve essere un problema di noi italiani, che l’abbiamo democraticamente eletto tre volte. La prima volta, posso aggiungere, nella speranza di molti che emergesse anche in Italia una forza liberale.

Oggi, mi pare però importante che il presidente del Consiglio — al quale forse fanno velo un’ovattata percezione della realtà e una cerchia di fedelissime e fedelissimi che, a giudicare dalle apparizioni televisive, toccano livelli inauditi di servilismo — si renda personalmente conto di alcune sgradevoli realtà. In Europa e negli Stati Uniti (mi sembra anche in Asia, dove però non ho fonti dirette altrettanto esaurienti):
1) pur riconoscendo all’economia italiana punti di forza e un notevole potenziale, si nutre grande preoccupazione per un’Italia che, in mancanza di crescita economica e di riforme vere nel settore pubblico e nei mercati, potrebbe essere vittima (non innocente) di forti attacchi nei mercati finanziari;
2) si identifica proprio nell’Italia il possibile fattore scatenante di una crisi nell’eurozona di dimensioni non ancora sperimentate e forse non fronteggiabili. Il mondo, non solo l’Europa, potrebbe subirne gravi conseguenze;
3) le principali responsabilità di questa situazione vengono attribuite al governo italiano in carica da tre anni e mezzo;
4) la permanenza in carica dell’attuale presidente del Consiglio viene vista da molti come una circostanza ormai incompatibile con un’attività di governo adeguata, per intensità e credibilità, a sventare il rischio di crisi finanziaria e a creare una prospettiva di crescita;
5) queste valutazioni, comprese quelle riportate ai punti 3 e 4, vengono formulate anche —e con particolare disappunto e imbarazzo—da personalità politiche europee, inclusi alcuni capi di governo, appartenenti alla stessa famiglia politica (il Partito popolare europeo) del presidente Berlusconi e del suo partito.

A questo quadro di preoccupazione internazionale sull’Italia e di sfiducia nel governo in carica fa riscontro la recente riconfermata fiducia da parte del Parlamento. Solo quest’ultima, ovviamente, è rilevante per la legittimità del governo. Ma in un’Europa e in un mondo sempre più interdipendenti, sarebbe opportuno che quanti hanno dato il loro sostegno al governo Berlusconi (e riesce davvero difficile immaginarne uno diverso, nel quadro attuale) prendessero maggiore consapevolezza della realtà internazionale che rischia di travolgerci, di trasformare l’Italia da Stato fondatore in Stato affondatore dell’Unione europea, di rendere ancora più precario il futuro e la stessa dignità dei giovani italiani. Hanno salvato il presidente del Consiglio. In cambio, lo incalzino perché risparmi all’Italia, se non il ludibrio, almeno il biasimo per aver causato un disastro.

Mario Monti

16 ottobre 2011 08:51© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/editoriali/11_ottobre_16/monti-false-illusioni-sgradevoli-realta_068269c4-f7bf-11e0-8d07-8d98f96385a3.shtml
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« Risposta #34 inserito:: Ottobre 30, 2011, 05:46:30 pm »

L'EURO, LA CRISI E IL NOSTRO PAESE

Lettera al premier

Signor presidente del Consiglio,

mi permetto di richiamare la Sua attenzione su alcuni aspetti delle Sue dichiarazioni di venerdì sull'euro. Lei ha affermato: «L'euro non ha convinto nessuno. È una moneta strana, attaccabile dalla speculazione internazionale, perché non è di un solo Paese ma di tanti che però non hanno un governo unitario né una banca di riferimento e delle garanzie. L'euro è un fenomeno mai visto, ecco perché c'è un attacco della speculazione ed inoltre risulta anche problematico collocare i titoli del debito pubblico».
Di fronte alle vivaci reazioni suscitate, Lei ha in seguito precisato: «L'euro è la nostra moneta, la nostra bandiera. È proprio per difendere l'euro dall'attacco speculativo che l'Italia sta facendo pesanti sacrifici. Il problema è che l'euro è l'unica moneta al mondo senza un governo comune, senza uno Stato, senza una banca di ultima istanza. Per queste ragioni è una moneta che può essere oggetto di attacchi speculativi».

Sono dichiarazioni che meritano un'analisi a freddo, al di fuori di ogni visione di parte. A mio parere, esse contengono alcune affermazioni fondate e altre infondate. Nell'insieme, fanno sorgere, accanto ad una remota speranza, serie preoccupazioni. Mi auguro che, con le parole e ancor più con i fatti, Lei riesca a rafforzare quella speranza e a sgombrare il campo dalle preoccupazioni, così vive in Italia e in Europa. Non solo - La prego di credermi - presso i suoi «nemici».
È certamente vero che l'euro è «una moneta strana», «un fenomeno mai visto». È anche fondata, e condivisa dagli osservatori più seri, la Sua diagnosi: il principale problema dell'euro consiste nell'essere una moneta «senza un governo, senza uno Stato, senza una banca di ultima istanza». C'è sì la Banca Centrale Europea ma, come credo Lei voglia dire giustamente, essa non dà garanzia di intervento illimitato in caso di difficoltà.

Qui mi permetto di suggerirLe una considerazione. Se la condivide, potrebbe forse riprenderla in uno dei Suoi interventi. L'euro può soffrire della mancanza di un vero Stato alle sue spalle. Ma avere un vero Stato alle proprie spalle non porta necessariamente una moneta ad essere solida. La lira non era una moneta «strana». Ma era, il più delle volte, una moneta debole, proprio perché rifletteva le caratteristiche dello Stato italiano, dei governi e della Banca d'Italia (sempre autorevole ma, per lunghi periodi, arrendevole) che l'avevano generata. A parte un certo rialzo dei prezzi al momento della sua introduzione, la strana moneta euro, rispetto alla nostrana lira, ci ha portato negli ultimi 12 anni un'inflazione ben più bassa.

Se la Sua diagnosi coglie bene una gracilità di fondo dell'adolescente euro, mi sembra però che Lei la applichi a malanni che, in questo momento, il nostro adolescente non ha. Lei rappresenta un euro in crisi, a seguito di attacchi speculativi e aggiunge: «È proprio per difendere l'euro dall'attacco speculativo che l'Italia sta facendo pesanti sacrifici». Questo no, signor presidente.
L'euro non è in crisi. In questi 12 anni, e ancora attualmente, l'euro non manifesta nessuno dei due sintomi di debolezza di una moneta. È stabile in termini di beni e servizi (bassa inflazione) ed è stabile (qualcuno direbbe, anzi, troppo forte) in termini di cambio con il dollaro. Gli attacchi speculativi ci sono, spesso violenti. Ma non sono attacchi contro l'euro. E non è vero che «risulta problematico collocare i titoli del debito pubblico». Gli attacchi si dirigono contro i titoli di Stato di quei Paesi appartenenti alla zona euro che sono gravati da alto debito pubblico e che hanno seri problemi per quanto riguarda il controllo del disavanzo pubblico o l'incapacità di crescere (e di rendere così sostenibile la loro finanza pubblica) perché non hanno fatto le necessarie riforme strutturali. È questo il caso dell'Italia, dopo che in prima linea si erano trovati la Grecia e altri Paesi. Per questo, da qualche tempo, è diventato problematico collocare i titoli del debito pubblico italiano. E di una cosa, signor presidente, può essere certo: se l'Italia non fosse nella zona euro, emettere titoli italiani in lire sarebbe un'impresa ancora più ardua.

Che l'Italia stia facendo pesanti sacrifici, è vero. Essi sono più pesanti di come sarebbero stati se si fosse ammesso per tempo il problema di una crescita inadeguata. Ma non posso credere che Lei pensi davvero che l'Italia faccia questi sacrifici non per rimettersi in carreggiata e ridare un minimo di speranza ai nostri giovani, ma «per difendere l'euro dall'attacco speculativo». Mentre è vero se mai che la Bce, con risorse comuni, interviene a sostegno dei titoli italiani.
In Europa e nei mercati, affermazioni di questo tipo accrescono i dubbi sulla convinzione e la determinazione del governo italiano. Già due giorni dopo le decisioni di Bruxelles, i titoli italiani hanno fatto fatica a trovare collocamento. Ad ogni rialzo dei tassi, dovuto a scarsa fiducia nell'Italia, Lei finisce per imporre sacrifici ancora maggiori agli italiani. Anche le parole non sorvegliate hanno un costo.

Ma ho una preoccupazione ancora maggiore. Dopo le Sue dichiarazioni sull'euro, Fedele Confalonieri, Suo storico collaboratore, personalità rispettata nel mondo economico, se ne rallegra. Affermando che «l'euro è una moneta strana, che non ha convinto nessuno, Berlusconi ha detto una cosa che pensano tutti; solo che lui lo dice, perché non è ipocrita. E non c'è dubbio che il premier con questa battuta abbia toccato le corde di chi, dai tempi del cambio della lira, ha sempre storto il naso». Questo, secondo vari osservatori, fa ritenere che nella prossima stagione pre-elettorale, ormai non lontana, il tema in questione potrebbe diventare un Suo cavallo di battaglia.

Se questa fosse la prospettiva, e non voglio crederlo, ci avvieremmo ad una fase nella quale i severi provvedimenti che Lei si è impegnato a introdurre non potrebbero essere presentati in modo convincente ai cittadini, né potrebbero essere accettati con maturità, perché sarebbero accompagnati da scetticismo, se non recriminazioni, verso l'Europa. L'Italia non farebbe i passi avanti che le sono indispensabili e potrebbe rivelarsi il ventre molle dell'eurozona, con gravi fratture per l'Europa.
Parlavo, però, di una remota speranza. La Sua diagnosi - la moneta è incompiuta e «strana» senza un governo dell'economia e passi verso l'unione politica - è in linea con la migliore tradizione dell'europeismo italiano. Come Lei, forse con qualche turbamento, ha visto a Bruxelles alcuni giorni fa, il governo economico si sta creando. Ma sarebbe più ordinato, più equilibrato e più orientato alla crescita economica se potesse formarsi con un'Italia che con gli altri, Germania e Francia in primo luogo, concorresse attivamente a plasmarlo. Anziché, come sta avvenendo, con un'Italia costretta ad accettare passivamente forme di governo dell'economia che vengono improvvisate soprattutto allo scopo di «disciplinare» il nostro Paese.

Confido, signor presidente, che prevalga in Lei l'ambizione di riportare l'Italia nel ruolo che le appartiene in Europa, accelerando in silenzio il risanamento, rispetto a quella di un successo elettorale a tutti i costi per la Sua parte politica, ma in un Paese sempre più populista, distaccato dall'Europa e magari visto come responsabile di un fallimento dell'integrazione europea.

Mario Monti

30 ottobre 2011 09:44© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/editoriali/11_ottobre_30/lettera-premier_cbd7a006-02d0-11e1-8566-f96c33d2415f.shtml
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« Risposta #35 inserito:: Novembre 11, 2011, 04:53:02 pm »

Monti: «È l'ora dell'economia sociale di mercato»

10 novembre 2011

   
Giorgio Fiorentini intervista il presidente della Bocconi, probabile futuro premier

Questa intervista è uscita sul numero dell'inserto Cantieri pubblicato con Vita del 16 settembre. Giorgio Fiorentini, professore della Bocconi, è uno dei massimi esperi di economia sociale in Italia. Mario Monti, presidente dell'ateneo milanese, è il più probabile successore di Berlusconi alla Presidenza del Consiglio.

Nel “Single market act” si è ribadito un forte orientamento al sociale, come elemento indispensabile per mantenere la stabilità del mercato unico europeo. Un altro punto focale è che la riconciliazione del mercato con il sociale avviene attraverso attori, non comparse: le imprese sociali, nelle varie declinazioni, che danno ulteriore stabilità al sistema. Attori il cui ruolo sta molto a cuore di Mario Monti, attuale presidente dell’università Bocconi ed ex Commissario europeo.

Nel “Single market act” si parla di economia sociale di mercato, in cosa consiste?
I Trattati di Roma e Maastricht contengono spunti di economia sociale di mercato parlando di concorrenza, disciplina del bilancio pubblico, attenzione alla ridistribuzione del reddito, lotta all’inflazione. Da ultimo, nel Trattato di Lisbona del 2010 si dice formalmente per la prima volta che l’Ue ambisce ad essere un’economia sociale di mercato altamente competitiva. Il mercato ha in questo un ruolo essenziale, l’ha avuto fin dall’inizio dell’Ue. Il mercato comune è oggi entrato abbastanza in crisi in parte proprio perché la riconciliazione con l’aspetto “sociale” è apparsa problematica. Negli ultimi dieci anni vari fattori di tensione hanno mandato in crisi sia l’aggettivo (“unico”) che il sostantivo (“mercato”). Per l’aggettivo hanno inciso tensioni derivanti dalla stanchezza dell’integrazione, con Paesi riluttanti ad aprirsi ad altri Paesi. Per il sostantivo, l’avvento della crisi finanziaria, dal 2008, ha fatto crollare la fiducia nell’economia di mercato, traballante in Europa più che altrove. Ora l’Europa deve dare slancio alla propria competitività rispetto al resto de mondo, non si può permettere di  rinunciare al mercato unico, all’economia di scala, non è auspicabile la frammentazione del mercato unico.

E il “sociale” quale ruolo dovrebbe assumere?
Entra in gioco proprio a questo punto: non solo molti, tra la popolazione e le forze politiche, vorrebbero un’Europa più sociale, ma ora riconoscere spazio al sociale diventa una priorità, come spiego nel rapporto che ho presentato a Barroso, e va visto come una riacquisizione di un più vasto consenso nell’avanzamento della costruzione del mercato stesso. Occorre quindi cambiare marcia nella costruzione del mercato: non certo frenare, ma conciliare meglio gli aspetti del mercato e quelli sociali.

Le imprese sociali oggi sono ancora considerate utili solo per combattere la povertà?
Se il mercato è unico e le risorse si muovono, i capitali si muovono ancora più facilmente, e se non c’è coordinamento fiscale tra Stati membri c’è concorrenza fiscale e il capitale se ne avvantaggia andando dove è meno tassato. Gli Stati, facendosi concorrenza, permettono la diminuzione delle tasse su capitali e l’aumento di quelle sul lavoro: per questo il mercato unico potrebbe essere visto addirittura come nemico del sociale. Ecco perché l’Ue sta cercando di ottenere un coordinamento della fiscalità. In questo contesto gioca un ruolo importante l’impresa sociale: nel tessuto economico dell’Ue va lasciato spazio sia al settore pubblico sia alle imprese a proprietà pubblica (se rispettano le regole della concorrenza), sia al privato sia all’impresa sociale, vista non come mera dicitura verbale ma come creatura vivente con possibilità di crescita. Nel mio rapporto, poi diventato base legislativa per il “Single market act”, si nota molto questa sensibilità verso il sociale, con proposte concrete. L’Act va oltre il Libro verde e le consultazioni: allo stato attuale si attende che i due poteri dell’Ue (Parlamento e Consiglio) deliberino con una fast track, una procedura veloce data l’urgenza del tema. Per esempio sul tema delle fondazioni bancarie, l’Italia si è comportata meglio della Germania, per una volta. Vent’anni fa per entrambi c’era un vasto settore bancario di proprietà pubblica nazionale o locale. L’Italia ha poi seguito, con le leggi Amato e Ciampi e l’ispirazione del ministro Andreatta, la via di una distinzione chiara tra impresa bancaria e fondazione bancaria, vedi soprattutto le Casse di risparmio: la fondazione è azionista dell’impresa, riceve profitto e lo eroga secondo la sua visione. In Germania il mondo politico non è stato abbastanza lucido per fare la distinzione, c’è ancora un sistema ibrido, nonostante le ripetute osservazioni della Commissione europea: qui il fondo per il sociale viene erogato nelle pieghe dell’azienda bancaria, con poca trasparenza e una commistione tra politica e finanza che provoca problemi.

da - http://www.vita.it/news/view/114879
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« Risposta #36 inserito:: Dicembre 29, 2011, 04:34:03 pm »

29 dicembre 2011 A - A DIRETTA VIDEO

DIRETTA TWITTER

Prima conferenza stampa di fine anno da Presidente del Consiglio oggi per il neo Premier Mario Monti.

Con grande attenzione anche, all'indomani del lungo consiglio dei ministri che ha discusso la «fase due» del governo, per le prossime misure destinate a rilanciare la crescita e lo sviluppo.



Cita Berlusconi, poi servirono 5 manovre...
Mario Monti non nega che la manovra 'salva Italia' abbia potuto anche produrre effetti recessivi, come ha denunciato l'ex premier Silvio Berlusconi, ma tiene a precisare che senza farla «il sistema sarebbe esploso» quindi ricorda come sono andate le cose nell'ultimo anno: «Il mio predecessore, Berlusconi, il 23 dicembre 2010 disse: 'non servirà una manovra correttiva', le cose poi sono andate diversamente - ha detto il presidente del Consiglio -, nel frattempo sono state necessarie cinque manovre e solo l'ultima porta la mia firma. Berlusconi disse anche 'serve un bagno di ottimismo, nella crisi il fattore psicologico è importantissimo' perciò invitò i giornali a non dare solo notizie negative. Io sono sicuro che questo sforzo che facciamo di spiegare le cose in una prospettiva positiva - ha concluso Monti - giustifica un moderato ottimismo».

Ministri liberi di esprimere visioni politiche personali.
«Tengo i miei ministri impegnati nello svolgere le loro attività dei ministri, sono pur sempre cittadini, hanno la loro visione», sottolinea  Monti. «Lederei i principi della Costituzione italiana se impedissi ai ministri di parlare a titolo personale e di esprimere le proprie opinioni», prosegue il presidente del Consiglio. «Se il loro intervento sul dibattito pubblico può pregiudicare la principalissima missione di questo governo farei presente le mie perplessità, ma non vedo nessun rischio. La libertà di dichiarazione è ampiamento usata da tutti, anche da parte del governo e dei suoi membri».

Scadenza mandato in mano forze politiche
«La scadenza di questo Governo è nelle mani delle forze politiche che ne sono padrone». Così il presidente del Consiglio, durante la conferenza stampa di fine anno.

Omaggia Crozza, premier-robot
«Questo è un governo fatto di persone: efficacemente rappresentate in tv come robot ma pur sempre persone».
A sorpresa, durante la conferenza stampa di fine anno, il premier Mario Monti cita la parodia di Maurizio Crozza, che rappresenta il presidente del consiglio come un robot.

Piano nazionale delle riforme
«Quest'anno vorremmo fare del Piano nazionale delle riforme» che l'Italia deve presentare all'Europa insieme al Programma di stabilità, «il focus centrale, perchè le nostre riforme strutturali trovino lì il punto di riferimento e manifestazione e sinergia».
Lo ha detto il presidente del consiglio Mario Monti, annunciando che forse il Piano verrà anticipato rispetto alla scadenza di aprile che viene indicata dall'Ue.

I ritmi del governo
«C'è un calendario molto fitto che riguarda le prime tre settimane di gennaio per alcune deliveries e poi un ritmo 'andante con brio' per quelle successive».

Dialogo con i partiti
Il governo proseguirà nella strada del dialogo con le forze politiche che lo sostengono. Lo ha assicurato il premier Mario Monti nella conferenza stampa di fine anno. «L'appoggio delle forze politiche mi sembra che ci sia e ci sarà finchè andiamo avanti. Siamo grati che ci mettano in grado di svolgere il compito che ci è stato affidato e continuerò a dialogare nelle modalità che vogliono con i rappresentanti e i leader delle forze politiche perchè è naturale e fisiologico e continuerò ad avere nel Parlamento il riferimento chiave».

Riforma mercato del lavoro entro Eurogruppo febbraio
«Visto che l'asse logico del nostro sforzo è quello europeo ci sarà una prima tranche di provvedimenti presi, che discuteremo con le forze politiche e sociali e professionali, in vista del 23 gennaio a Bruxelles». Ma «non si potrà fare tutto», chiarisce il premier, in particolare la riforma del mercato del lavoro. Ci sarà quindi, osserva Monti, un «secondo traguardo per l'eurogruppo di febbraio».

«Non penso al Quirinale»
«Non è un tema al quale penso minimamente». Così il premier, Mario Monti, ha risposto durante la conferenza stampa di fine anno a una domanda su una sua possibile candidatura al Quirinale. Di questo dossier, ha spiegato Monti, «ho avuto ancora meno tempo di occuparmi, del resto non saprei come impostare il dossier perchè non mi risulta esistano candidature al Quirinale».

Liberalizzazioni e riforma del lavoro
«Lavoreremo in parallelo sulle liberalizzazioni e sul mercato del lavoro: è un parallelismo che ci è consentito dal fatto che le nostre risorse umane non sono le medesime da dispiegare su un fronte e sull'altro».  Monti ha inoltre spiegato che «Fornero si occuperà del mercato del lavoro e il sottosegretario Catricalà, assieme a diversi ministri e io stesso, che non ho dimenticato completamente la materia della concorrenza, saremo molto incalzanti sul tema delle liberalizzazioni e della concorrenza e questo spiega perchè non abbiamo fatto le pensioni e la riforma del lavoro contemporaneamente: pur essendo la Fornero una donna dinamica, dispone - scherza Monti - di 24 ore».

Il premier sul rialzo dello spread
«Per me quello sgradevole rialzo dello spread dopo il 5-6 dicembre è attribuibile alla delusione dei mercati per i risultati del Consiglio europeo, non per i mancati e limitati interventi della Banca centrale a sostegno dei titoli di stato italiani». Lo ha detto il presidente del consiglio Mario Monti, aggiungendo che la salita dello spread di quest'estate «era più allarmante» di quella «frastagliata» avvenuta in periodo recente.

Catasto, più equità e stop abusi
«Ho approfondito la questioione del catasto che è molto importante», e nella riforma che il governo sta portando avanti ci saranno «meccanismi per conoscere la realtà, è sempre auspicabile la conoscenza della realtà e la riforma del catasto, che richiederà qualche tempo, va in questa direzione e ciò vuol dire porre fine agli abusi anche se involontari e avere una maggior aderenza tra il fisco e la realtà», ha detto il premier  nella conferenza stampa di fine anno. Monti garantisce che non ci sarà «un aggravamento dell'imposizione sulla casa ma una maggiore equità sull'imposizione», ricordando che «l'aliquota per la prima casa nel nuovo sistema Imu è dello 0,4% e il numero delle case esenti è di 6 milioni. Non credo che si possa dire che la tassazione è maggiore di quella che c'era prima».

Lavoro, riformare alcuni istituti a favore dei giovani
Nella riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali che il governo intende varare c'è la necessità che «alcuni istituti vengano riformati per favorire il lavoro non precario per i giovani». L'obiettivo finale è quello di «alcune tutele rafforzate» e «maggiore flessibilità».

Taglio contributi editoria, «difficile scegliere ma necessario»
«La cosa difficile è scegliere, ma è necessario farlo. I contributi veranno mantenuti, ma stiamo lavorando per avere dei criteri obiettivi, il più possibile persuasivi, per scegliere, selezionare ciò che da un punto di vista generale ci sembrerà più meritevole del contributo». Così il presidente del Consiglio, Mario Monti, risponde alla domanda di un giornalista, durante la conferenza stampa di fine anno, che gli faceva notare il taglio ai contributi statali all'editoria che rischia di far chiudere trenta testate giornalistiche il prossimo anno per insufficienza di risorse. Monti ha aggiunto che quella dei contributi «è un'operazione difficile, il Governo ci sta lavorando», sottolinenando che «ci saranno anche criteri di tipo quantititativo, per esempio l'impiego di capitale umano cioè di giornalisti, per esempio la diffusione».

Italia, grande sforzo di cambiamento
«Più diamo la sensazione di essere uniti e focalizzati sull'obiettivo» di risolvere la crisi «più questo aiuterà il resto del mondo e dell'Europa a capire che l'Italia sta facendo un grande sforzo di cambiamento e cerca di recuperare una serenità di vita e una speranza nel futuro su basi meno effimere di quelle che tante volte in passato hanno caratterizzato il surfing degli italiani verso un'apparenza di benessere con onde che però diventavano sempre più alte e che si sarebbero scaricate sulle generazioni future».  «Siamo tutti impegnati nel modificare dei pregiudizi sbagliati che l'Europa e il mondo hanno nei confronti dell'Italia, noi sappiamo che sono sbagliati ma dobbiamo convincere anche loro», conclude il premier.

Riforme, spero che il Parlamento le faccia
«Spero che il Parlamento faccia le riforme, aituterebbero il Paese».

Auguri a Napolitano e ai politici
«Vorrei esprimere gli auguri per il nuovo anno all'Italia e per tutti al Presidente della Repubblica, che così eloquentemente e semplicemente interpreta il senso di unità nazionale ed è riuscito ad infonderlo a tutti noi cittadini italiani nel 150/mo dell'Unità d'Italia», ha detto il premier Mario Monti. E ai politici : «l'augurio di «lavorare bene il prossimo anno e soprattuto una cosa che solo loro possono fare», ossia «trovare una vie d'uscita per il paese» con «riforme istituzionali che darebbero respiro e sarebbero complementari al lavoro più modesto che cerchiamo di fare».

Negozioato con parti sociali
Sulla riforma del mercato del lavoro «ci sarà il negoziato con le parti sociali che richiedono più negoziato del sistema pensionistico ma tutto dovrà essere condotto con una certa rapidità».

Agli economisti: rovinoso non attuare impegni Ue
«Era assolutamente impensabile rimettere in discussione gli impegni sottoscritti con l'Europa» dal precedente governo. Nella conferenza stampa di fine anno, il premier Mario Monti si rivolge, senza rinunciare a qualche critica e a un po' di ironia, ai «colleghi economisti»: «Sono grato dell'attenzione che stanno riservando con accenti diversi a questo governo e voglio rassicurarli che conosco anch'io un minimo di economia» e so «dei molti inconvenienti, in particolare delle critiche sul fatto che l'Italia ha assunto l'impegno di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 e si è assunta il vincolo di ridurre di 5 punti percentuali all'anno l'eccesso nel rapporto pil-debito, signori economisti e signore e signori in generale non è questo governo - sottolinea Monti - che ha sottoscritto questi impegni ma altri governi.

Conosco anch'io un minimo di economia...»
Non sto prendendo una posizione favorevole o critica ma dico solo che ci siamo trovati il 16 novembre incaricati di operare in Italia e Europa col tentativo di ristabilire dignità e autorevolezza e stabilità di un paese che aveva accettato quegli obiettivi e in particolare il pareggio di bilancio accettato nel corso dell'estate anche come particolare diligenza richiesta dall' Europa in particolare all'Italia dopo le difficoltà dei mesi precedenti». Ebbene, conclude Monti, «è possibile che un nuovo governo possa rimettere in discussione gli impegni europei sottoscritti anche come contropartita morale nei confronti della Bce? Era assolutamente impensabile, quindi tengo molto a sottolineare che stiamo dando credibilità agli impegni già presi che non vogliamo nè possiamo discutere nel merito».

Pareggio di bilancio
«Si vede criticamente il fatto che l'Italia si sia assunto un impegno di conseguire il pareggio di bilancio nel 2013 e di ridurre di 5 punti percentuali all'anno l'eccesso nel rapporto Pil/debito. Signori economisti e signori e signore in generale non è questo Governo che ha sottoscritto questi impegni: altri Governi hanno sottoscritto questi impegni».

Fase crescita equa
«Non esiste consolidamento sostenibile dei conti pubblici se il Pil non cresce adeguatamente. La politica di crescita che proporremo al paese nelle prossime settimane non fa molto uso di denaro pubblico perché ce n'è poco ma fa molto uso equità come leva», ha sottolineato Monti.

«Ora al lavoro per pacchetto Cresci Italia»
Da oggi inizia la fase 'Cresci Italia': non ho obiezioni se decidete di chiamarla così»: così Monti ai giornalisti.

«Da oggi atti voluti»
«La manovra atto dovuto, da oggi atti voluti»

«Non serve altra manovra»
«In questa nuova fase, dopo la manovra, l'esigenza dei conti pubblici e dell'equità saranno altrettanto presenti». Lo garantisce, nella conferenza stampa di fine anno, il premier Mario Monti, che aggiunge: «nessuno pensi nè che occorra un'altra manovra nel senso classico della costrizione, nè, che siccome è stata fatta una manovra pesante e robusta, ora significhi larghezza finanziaria».

Al via il discorso di Monti
«Non mi sfugge la fondamentalissima importanza della stampa libera, indipendente e articolata per la nostra democrazia, per la democrazia del nostro Paese». Lo ha detto il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, durante la conferenza stampa di fine anno.

Jacopino a Monti: in Inpgi neanche un centesimo da Stato
«Nel nostro istituto di previdenza non c'è neanche un centesimo dei fondi dello stato». Lo ricorda il presidente dell'ordine dei giornalisti Enzo Jacopino, al premier Mario Monti in conferenza stampa. Il tema era stato oggetto di dibattito dopo le parole del ministro Elsa Fornero, che aveva parlato dei giornalisti come di privilegiati vicini alla politica. «Non siamo privilegiati», dice oggi Jacopino al cospetto del premier.

da - http://www.unita.it/italia/monti-la-conferenza-stampa-tutte-le-novita-1.366829
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« Risposta #37 inserito:: Gennaio 07, 2012, 11:28:30 am »

Monti a Sarkozy: da noi grande sforzo, ora agisca la Ue

dal nostro inviato Gerardo Pelosi

7 gennaio 2012

PARIGI. Sono gli interessi di un Paese che ha svolto fino in fondo i suoi "compiti a casa" e si attende ora di vedere ricompensati i sacrifici fatti in termini di tassi di interesse più bassi e maggiore crescita quelli rappresentati ieri a Parigi dal premier italiano Mario Monti. L'Italia ha fatto la sua parte – ha spiegato Monti prima a colazione con il premier francese – Francois Fillon, poi in un convegno economico del ministro dell'Industria, Eric Besson, infine in un faccia a faccia con il presidente, Nicolas Sarkozy. Il nostro Paese - ha argomentato Monti - ha accettato sacrifici «senza pari» in Europa.

Gli italiani hanno accolto senza battere ciglio le decisioni necessarie per rimettere in carreggiata i conti pubblici. Alle misure già prese, altre ne seguiranno «nel giro dei prossimi due mesi». Con tutto questo «treno di misure» l'Italia viaggia verso un bilancio in pareggio nel 2013 e un avanzo primario del 5% rispetto al Pil. Ora però, ha spiegato Monti ai suoi interlocutori, gli italiani «si attendono che la situazione evolva positivamente in modo che possano averne anche dei benefici in termini di riduzione dei tassi di interesse» e di misure a favore della crescita.

Argomenti e linguaggio, quelli di Monti, accolti positivamente dal presidente francese alla vigilia del vertice franco-tedesco di lunedì prossimo a Berlino in vista dell'Eurogruppo del 23 e del Consiglio europeo del 30. In mezzo, il minivertice a Roma tra Monti, Merkel e Sarkozy. La cancelliera tedesca si incontrerà mercoledì anche con Monti e il tono dei ragionamenti sarà molto simile a quello usato da Sarkozy. Un pressing indispensabile su Berlino per chiudere il cerchio di un accordo che salvi l'Eurozona dagli attacchi della speculazione internazionale, eviti le divisioni tra Paesi del Nord e del Sud e sappia ritrovare la forza di crescere.

Nel frattempo tra Parigi e Roma si è di fatto consolidata un'alleanza per rendere più equilibrato il testo del "fiscal compact" relativo alla disciplina di bilancio nei Trattati (ieri si è svolta la seconda riunione tecnica a Bruxelles) e su margini di operatività più ampi per la Bce. Nulla di strano, dunque, se alla fine del faccia faccia Sarkozy e Monti sottolineino la fiducia e «l'identità di vedute» sulle misure per superare la crisi. «Francia e Italia – ha messo in chiaro Monti – e sono sicuro anche altri Stati membri vogliono lavorare mano nella mano per obiettivi estremamente concreti e vitali». Infatti per Monti «nella situazione attuale non è sufficiente che ogni Paese faccia bene i suoi compiti a casa, è necessario rafforzare la credibilità dell'insieme della zona euro; io sono fiducioso ma i mercati non sempre lo sono e la responsabilità di chi governa in Europa è di fare in modo che anche i mercati lo divengano».

L'obiettivo, ha spiegato poi al convegno "nuovo mondo", è che «sparisca dalla mente di chi decide le scelte di investimento, il fondo di investimento di Singapore piuttosto che quello di Dubai, che non seguono tutto il giorno le sottigliezze degli accordi europei, il rischio relativo alla permanenza dell'euro». Ed è questo, afferma Mario Monti, il timore principale che chiunque dovrebbe avere.

Per il premier l'Europa è di fronte a una sfida e «il destino è tutto nelle sue mani», proprio come un «alpinista» che si trova «su un crinale pericoloso» ma può ancora raggiungere la meta. Meta che passa anche attraverso un rafforzamento del fondo Salva-Stati. L'Italia e anche altri Paesi europei secondo Monti «si trovano ad avere tassi di interesse tuttora molto elevati: non è in discussione ciò che fa o non fa la Bce, il problema è che i governi hanno il dovere di mettere in opera meccanismi di intervento con sufficienti munizioni che possano essere usate in modo sufficientemente rapido e credibile».

Infine, prima di lasciare Parigi, il premier si è concesso qualche riflessione più specificatamente italiana in un'intervista esclusiva alla tv France 24. «La solidità del sistema bancario italiano è fuori discussione – ha detto Monti riferendosi alle difficoltà di Unicredit che si appresta ad aumentare il capitale in una difficile situazione dei mercati –. Quello italiano è un sistema fra i più solidi si è impegnato molto meno di altri in operazioni ardite negli anni precedenti». Poi un accenno alla anomala situazione politica venutasi a creare con il crollo del berlusconismo. «Il governo è sostenuto da tre blocchi – ha spiegato Monti ai telespettatori francesi –: il partito di Berlusconi, il Partito democratico e il Terzo polo», e ognuno trova «qualcosa che gli piace e qualcosa che non gli piace» nelle misure sottoposte al Parlamento. «Il compito consiste nel creare pacchetti bilanciati – è la conclusione –. Per esempio la riforma delle pensioni o del mercato del lavoro non sarà applaudita molto dalla sinistra, ma le liberalizzazioni non piacciono al centro-destra».

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da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-01-06/monti-sarkozy-grande-sforzo-224005.shtml?uuid=Aac8fUbE
« Ultima modifica: Gennaio 07, 2012, 11:30:53 am da Admin » Registrato
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« Risposta #38 inserito:: Marzo 30, 2012, 05:39:17 pm »

La lettera del premier

I dubbi e le riserve all'estero sul futuro del nostro Paese

Mario Monti scrive sulle polemiche dopo il suo intervento: i partiti dimostrano senso di responsabilità. Italiani maturi


Caro Direttore,

vedo solo ora che alcune considerazioni da me fatte in una conferenza tenuta l'altro ieri a Tokyo presso il giornale Nikkei hanno suscitato vive reazioni in Italia. Ne sono molto rammaricato, tanto più che quelle considerazioni, espresse nel corso di un lungo intervento in inglese, avevano l'obiettivo opposto a quello che, fuori dal contesto, è stato loro attribuito. Volevano infatti sottolineare che, pur in una fase difficile, le forze politiche italiane si dimostrano vitali e capaci di guardare all'interesse del Paese.

La mia visita in Corea, Giappone e Cina ha lo scopo di spiegare ai governi e agli investitori asiatici ciò che l'Italia sta facendo per diventare più competitiva, anche nell'attrarre investimenti esteri.

Comincia a diffondersi l'apprezzamento per ciò che il nostro Paese ha saputo fare in pochi mesi in termini di riduzione del disavanzo, riforma delle pensioni, liberalizzazioni.

Il presidente del Consiglio Mario Monti con il primo ministro giapponese Yoshihiko Noda (Kajiyiama/Epa)Il presidente del Consiglio Mario Monti con il primo ministro giapponese Yoshihiko Noda (Kajiyiama/Epa)
Ma restano una riserva, una percezione errata, un forte dubbio. La riserva, comprensibile, riguarda il mercato del lavoro. Con quali tempi il Parlamento approverà la riforma proposta dal governo? La sua portata riformatrice verrà mantenuta sostanzialmente integra o verrà diluita? La percezione errata è quella che porta ad attribuire essenzialmente al governo («tecnico») il merito dei rapidi cambiamenti in corso. Il forte dubbio discende da quella percezione: è il dubbio che il nuovo corso possa essere abbandonato quando, dopo le elezioni parlamentari, torneranno governi «politici».

Finché la percezione errata e il dubbio non saranno dissipati, la fase attuale verrà considerata come una interessante «parentesi», degna forse di qualche investimento finanziario a breve termine. Ma le imprese straniere, come del resto quelle italiane, saranno riluttanti a considerare l'Italia un luogo conveniente nel quale investire e creare occupazione.

Non è facile modificare le opinioni su questi due punti. Ma credo sia dovere del presidente del Consiglio cercare di farlo con ogni interlocutore. Gli argomenti che ho utilizzato a Tokyo, riportati correttamente dai corrispondenti italiani presenti, ma «letti» in Italia fuori contesto, sono stati i seguenti.

Se da qualche mese l'Italia ha imboccato risolutamente la via delle riforme, lo si deve in parte al governo, ma in larga parte al senso di responsabilità delle forze politiche che, pure caratterizzate da forti divergenze programmatiche, hanno saputo dare priorità, in una fase di emergenza, all'interesse generale del Paese.

E lo si deve anche alla grande maturità degli italiani, che hanno mostrato di comprendere che vale la pena di sopportare sacrifici rilevanti, purché distribuiti con equità, per evitare il declino dell'Italia o, peggio, una sorte simile a quella della Grecia.

E dopo le elezioni? Certo, torneranno governi «politici», come è naturale (perfino in Giappone, ho dichiarato che il sottoscritto sparirà e che il «montismo» non esiste!). Ma ritengo che ciò non debba essere visto come un rischio.

Le forze politiche sono impegnate in una profonda riflessione al loro interno e, in dialogo tra loro, lavorano a importanti riforme per rendere il sistema politico e istituzionale meno pesante e più funzionale.

Ho anche espresso la convinzione che il comportamento delle forze politiche dopo questo periodo, del quale le maggiori di esse sono comunque protagoniste decisive nel sostenere il governo e nell'orientarne le scelte, non sarà quello di prima. Infatti, stiamo constatando - anche i partiti - che gli italiani sono più consapevoli di quanto si ritenesse, sono pronti a esprimere consenso a chi si sforzi di spiegare la reale situazione del Paese e chieda loro di contribuire a migliorarla.

«La mia fiduciosa speranza - ho detto a Tokyo - è che questo sia un anno di trasformazione per il Paese, non solo sul fronte del consolidamento di bilancio, per la crescita e per l'occupazione, ma anche perché i partiti politici stanno vedendo che gli italiani sono molto più maturi di quello che pensavamo: la gente sembra apprezzare un modo moderato e non gridato di affrontare i problemi». A sostegno di questa tesi, fiduciosa nella politica e indispensabile per dare fiducia nell'Italia a chi deve aiutarci con gli investimenti, a offrire lavoro ai nostri giovani, ho ricordato che, per quel che valgono, i sondaggi sembrano finora rivelare un buon consenso al governo, che pure è costretto a scelte finora considerate impopolari.

In questo modo mi sto impegnando per presentare, a una parte sempre più decisiva dell'economia globale, un'Italia che si sta trasformando, grazie all'impegno di politici, «tecnici» e, soprattutto, cittadini. Trasformazione che proseguirà anche dopo il ritorno a un assetto più normale della vita politica.

Mario Monti

30 marzo 2012 | 8:03© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/12_marzo_30/monti-lettera-meriti-partiti_8d600a74-7a27-11e1-aa2f-fa6a0a9a2b72.shtml
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« Risposta #39 inserito:: Marzo 30, 2012, 06:09:34 pm »

le mie parole travisate, dopo i tecnici tornerà un Governo politico

30 marzo 2012

Mario Monti si dice «rammaricato» per le polemiche suscitate dalle sue parole pronunciate a Tokyo sui partiti e il consenso, quelle nelle quali diceva di avere la fiducia degli italiani, contrariamente ai politici. In una lettera al Corriere della Sera il premier sostiene che il montismo «non esiste», e dopo il voto, dice, tornerà a governare un esecutivo politico.
Il presidente del Consiglio oggi continuerà il suo road show in Cina, prima tappa a Pechino e poi al Boao Forum for Asia nell'isola di Hainan, con l'obiettivo di convincere le istituzioni a investire nel nostro Paese.

La politica e gli italiani
Quanto alla politica in questi mesi sta mostrando «senso di responsabilità» così come gli italiani, che sono «maturi» e anche «più consapevoli di quanto si ritenesse» della necessità di fare adesso dei sacrifici. Mario Monti, ancora impegnato nel tour in Asia, sottolinea come all'estero «comincia a diffondersi l'apprezzamento per ciò che il nostro Paese ha saputo fare in questi mesi» ma «restano una riserva, una percezione errata, un forte dubbio» su tempi e modi della riforma del mercato del lavoro e sul fatto che «il nuovo corso possa essere abbandonato quando, dopo le elezioni parlamentari, torneranno governi politici».

Sulla riforma del lavoro
Il premier si dice «molto rammaricato» delle reazioni alle sue frasi sul consenso di esecutivo e partiti prese «fuori dal contesto» perchè l'intento era di sottolineare che «pur in una fase difficile le forze politiche italiane si dimostrano vitali e capaci di guardare all'interesse del Paese». Però gli investitori stranieri, al momento, hanno da un lato la «riserva» appunto sulla tenuta della riforma del lavoro («con quali tempi sarà approvata? La sua portata riformatrice verrà mantenuta o diluita?») e dall'altra il «forte dubbio» sul ritorno dei partiti. Hanno poi «la percezione errata che porta ad attribuire sostanzialmente al governo (tecnico) il merito dei rapidi cambiamenti in corso». Finchè «non verranno dissipati - aggiunge il premier - la fase attuale verrà considerata come una interessante parentesi» ma le imprese «resteranno riluttanti a considerare il nostro Paese un luogo conveniente nel quale investire e creare occupazione».

Ma gli argomenti che il premier ha portato a Tokyo mettono in evidenza come l'aver imboccato la via delle riforme «si deve in larga parte al senso di responsabilità delle forze politiche» che «hanno saputo dare priorità in una fase di emergenza all'interesse generale del Paese». E «lo si deve anche alla grande maturità degli italiani, che hanno mostrato di comprendere che vale la pena di sopportare sacrifici rilevanti purchè distribuiti con equità, per evitare il declino dell'Italia, o peggio, una sorte simile a quella della Grecia».

Infine il ritorno dei politici «non deve essere visto come un rischio» perchè «le forze politiche sono impegnate in una profonda riflessione al loro interno» e «in dialogo tra loro lavorano a importanti riforme per rendere il sistema politico e istituzionale meno pesante e più funzionale». La «trasformazione» del Paese, conclude Monti, «proseguirà anche dopo il ritorno a un assetto più normale della vita politica».


Il Sole 24 ORE - Notizie (1 di 5 articoli)

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« Risposta #40 inserito:: Aprile 02, 2012, 05:05:30 pm »

Boao

Lavoro, Monti spiega la riforma ai cinesi "Concilia flessibilità e sicurezza"

Il premier interviene al Forum for Asia, spiega le scelte anticrisi dell'Ue e le strategie del governo: "L'Eurocrisi è passata anche grazie all'Italia. L'interesse degli investitori cinesi sarà uno degli indicatori del nostro successo"


BOAO (CINA) - "Sono volato in Asia per chiedervi di rilassarvi un po' circa la crisi dell'Eurozona" che è "superata", anche grazie al "più solido sentiero imboccato dall'Italia". Lo ha detto il premier Mario Monti concludendo l'intervento al 'Forum for Asia' a Boao, una sorta di Davos d'Oriente.

Davanti a una platea di oltre duemila delegati, Monti ha fatto una lunga analisi della crisi. Ha ricordato la "preoccupazione" internazionale per la crisi dell'Eurozona e l'attenzione con cui si osservava il suo governo, visto con un "misto di "apprensione e speranza", perchè l'Italia "era osservata come una possibile fiamma nell'incendio" della zona euro, nonostante la situazione dei "fondamentali economici" fosse "sostanzialmente solida" anche a novembre.

Monti ha quindi ricordato le riforme strutturali, il consolidamento di bilancio, le liberalizzazioni, la riforma delle pensioni e quella del lavoro. Parlando di "sostegno inusuale e non convenzionale da parte dei partiti e di un largo sostegno della pubblica opinione". Ha quindi riferito quanto avvenuto a livello europeo, "Abbiamo lavorato duro specialmente verso la Germania per un innalzamento e rafforzamento dei firewall' contro il contagio. "Siamo stati molto tedeschi nell'applicazione della disciplina di bilancio - ha detto - , ma eravamo più vicini alle preoccupazioni di Stati Uniti, Asia e Fmi nel chiedere con urgenza all'Europa di agire collettivamente per meglio equipaggiarsi contro le crisi finanziarie".

E alla fine, grazie al "passo credibile" dal punto di vista del consolidamento di bilancio, "i tassi di interesse hanno cominciato a scendere" e con essi lo spread. Monti ha detto che il governo ha iniziato quindi a lavorare per la crescita puntando a riforme strutturali. Tra queste la riforma del lavoro "mirata a modernizzare la rete di sicurezza sociale per i lavoratori" e che "aumenta sensibilmente la flessibilità per le aziende nella gestione della forza lavoro. Questa riforma attende ancora di essere approvata dal parlamento e spero che ciò avvenga rapidamente".

Monti ha concluso con una rassicurazione, tesa a far tornare gli investimenti asiatici in Europa e Italia: "Abbiamo due indicatori per verificare il successo della nostra politica uno è certamente lo spread, l'altro è quanto saranno interessate le imprese cinesi, finanziarie e industriali, all'Italia".

(02 aprile 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/04/02/news/monti_eurocrisi_passata_grazie_a_italia-32603451/
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« Risposta #41 inserito:: Luglio 11, 2012, 10:09:08 am »

Politica

10/07/2012 - IL CASO

Monti: non governerò dopo il 2013

Bersani: torniamo un Paese normale

Napolitano: ma le forze politiche devono procedere con il rigore

Roma

Mario Monti si chiama fuori: dopo il 2013 nessun altra «esperienza di governo», tecnico o politico che sia, ma, come detto altre volte, il ritorno all'accademia e un ruolo in Parlamento come senatore a vita. Il presidente del consiglio, dopo giorni di voci rincorse e amplificate nei palazzi della politica, fa chiarezza sul suo futuro. Ma non abbastanza da stoppare tra i partiti ipotesi e suggestioni su governi di larghe intese. Scenari che non piacciono affatto a Pier Luigi Bersani per il quale dopo i tecnici tocca alla politica e «ad un confronto elettorale che è la democrazia».

Tra riforme elettorali, che faticano a trovare forma, e provvedimenti economici difficili da far digerire agli elettori, i partiti cercano la strada per il 2013, quando i tecnici lasceranno la palla ai politici. Ma la strada per il risanamento dell'Italia e l'uscita dalla crisi è ancora lunga tant'è che oggi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è detto «convinto», e ha auspicato, che «i partiti sono determinati a dare un conseguente sviluppo, anche dopo le elezioni del 2013, a politiche di maggiore integrazione» contro il debito e la crescita. L'agenda Monti «anche dopo il 2013» è necessaria anche per un gruppo di deputati Pd che chiedono che «obiettivi e principi ispiratori del governo Monti possano travalicare i limiti temporali di questa legislatura e permeare di sé anche la prossima». Parole che ipotizzano un Monti bis ed il ritorno della `strana maggioranza´ Pdl-Pd-Udc. Che, però, non sono affatto piaciute al segretario Pd, più che mai convinto che con l'elezioni il testimone deve tornare alla politica e, negli auspici, al Pd. «Non mi occupo di problemi metafisici ma dei problemi sul tappeto», taglia corto Bersani aggiungendo che all'assemblea di sabato prossimo del partito parla e chiude lui, come a dire che tocca a lui, e non ad altri, indicare il programma post 2013 dei democratici.

Se Bersani non ha alcuna intenzione di «rinunciare allo schema democratico» delle elezioni e dell'alternanza, più cauto sembra l'ex premier Silvio Berlusconi che, al momento, in attesa di capire come evolverà il Pdl, non esclude alcuno scenario. Ottica possibilista che Maria Stella Gelmini fa sua: «Saranno gli elettori a decidere con il loro voto se c'è una maggioranza che può governare. Un governo di larghe intese nasce quando, dopo le elezioni, si verifica che non ci sono i numeri per costruire una maggioranza politica». Elezioni o larghe intese che siano, sembra ormai chiaro, però, che Monti non sarà della partita. «Escludo di considerare una esperienza di governo - mette in chiaro al termine dell'Ecofin - che vada oltre la scadenza delle prossime elezioni. Naturalmente sono, e resterò anche dopo di allora, membro del Parlamento in quanto senatore a vita».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/461948/
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« Risposta #42 inserito:: Luglio 11, 2012, 10:12:30 am »

DOPO L'ECOFIN

Monti: «Salvare la moneta unica Serve vigilanza bancaria unificata»

Il premier a Bruxelles dopo l'Ecofin: «Arduo pensare che l'Italia non abbia bisogno di aiuti. Ma non governerò dopo il 2012»


Dall'Eurogruppo di lunedì e dall'Ecofin «è arrivato un importante segnale per i cittadini e per i mercati». Lo ha detto il premier Mario Monti, a Bruxelles dopo l'incontro dei ministri dell'Economia e delle Finanze dell'Europa a 27. La crisi «ha evidenziato la vulnerabilità del sistema bancario in Europa, con conseguenze per l'intera economia». E ha ribadito «l'urgenza di un sistema di vigilanza bancaria unificata»

SALVARE L'EURO -C'è la «volontà di fare tutto ciò che è necessario per salvaguardare la nostra moneta e far progredire il progetto politico europeo» ha sottolineato Monti. Che ha spiegato di essere «convinto dell'importanza delle proposte delineate nel "rapporto dei quattro"». Ovvero nella relazione di Draghi, Barroso, Van Rompuy e Juncker. «Lo spread non è una torta amara che si possa ripartire a fette e che possa essere attribuita a una dichiarazione, a un'incertezza, a un ritardo nell'adottare una misura».

UNA GENUINA INTEGRAZIONE ECONOMICA - «Questo processo dovrà condurci verso il traguardo di una vera e propria - genuina come dice il testo inglese - unione economica e monetaria. L'aver posto questo obiettivo è di per sè un importante segnale per i cittadini e i mercati sulla volontà di fare tutto ciò che è necessario per salvaguardare la nostra moneta e far progredire il progetto politico europeo». Del resto, ha osservato Monti, «più si va a fondo per risolvere i problemi più gravi e immediati e più si vede che è difficile farlo senza muovere un passo verso l'unione economica e monetaria».

«NON GOVERNERO' DOPO IL 2013» - «L'Italia - ha proseguito Monti - ha ritenuto le raccomandazioni indirizzate al nostro Paese dure, come dura è la situazione della politica economica che stiamo gestendo, ma ci siamo riconosciuti in quelle raccomandazioni». Ed è arduo dire che: «l'Italia non avrà bisogno di aiuti». Il premier si è poi soffermato sulle prospettive politiche del suo esecutivo: «escludo di considerare una mia candidatura dopo il 2013».

Redazione Online

10 luglio 2012 | 20:18© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/12_luglio_10/monti-discorso-diretta-ecofin_12acdb84-ca92-11e1-bea1-faca1801aa9d.shtml
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« Risposta #43 inserito:: Luglio 11, 2012, 11:12:31 pm »

CRISI

Monti: "Iniziato duro percorso di guerra"

Visco: "Italia ancora in recessione, Pil -2%"

Il presidente del Consiglio e il governatore di Bankitalia intervengono durante l'assemblea annuale dell'Abi: "Dobbiamo combattere i pregiudizi contro l'Italia".

Mussari elogia la spending review, ma chiede riforme urgenti: "La tassazione è troppo alta"


MILANO - L'Italia ha intrapreso "un percorso di guerra durissimo". Di più: "Siamo all'interno di un tunnel. I primi risultati arriveranno nel 2013. Il mio successore vedrà risultati". Per il presidente del Consiglio, Mario Monti, intervenuto all'assemblea annuale dell'Abi, si tratta di "una guerra contro i diffusi pregiudizi sull'italia, contro le ciniche sottovalutazioni di noi stessi, una guerra contro le eredità, cioè il grande debito pubblico, contro gli effetti inerziali di decisioni del passato e contro vizi strutturali della nostra economia".

In questo percorso, il punto più basso, secondo Monti, è stato toccato lo scorso anno, al G20 di Cannes 1, dove Berlusconi "fu sottoposto a una pressione sgradevolissima per lui e per il paese, prossima all'umiliazione", in quello che era soprattutto "un tentativo di far cedere all'Italia parte della sua sovranità". "L'Italia - ha continuato Monti - è un paese che è tra i più pronti alla condivisione di pezzi di sovranità con altri, ma credo che avendo avuto una storia di dominazione coloniale diversa, il paese sia riluttante a una cessione di sovranità su base secca".

La strada per uscire dal tunnel, però, è ancora lunga e a certificare la difficoltà del percorso italiano è intervenuto anche il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, che ha gelato la platea: "L'economia italiana è ancora in recessione e nella media di quest'anno il Pil diminuirebbe di poco meno di due punti percentuali". Secondo il governatore, "al peggioramento dello scenario concorrono l'aumento del costo e il deterioramento della disponibilità di credito indotti dalla crisi del debito sovrano". E per questo "l'Italia deve proseguire nell'azione intrapresa sul duplice fronte della finanza pubblica e delle riforme strutturali".

Anche per questo Monti ha rivendicato i passi in avanti in settori "nei quali la tradizione italiana era di debolezza e non di forza; in particolare è stato fatto un rilevantissimo progresso nel disavanzo pubblico, nel percorso verso il pareggio di bilancio nel 2013". Il presidente del Consiglio è quindi tornato a parlare della "fase drammatica" che sta attraversando il Paese, avvertendo che "la drammaticità non dovrebbe uscire troppo rapidamente dalla nostra memoria". E in questo senso ha voluto rimarcare il suo pensiero: "Esercizi profondi di concertazione in passato" con le parti sociali "hanno generato i mali contro cui noi combattiamo e a causa dei quali i nostri figli e nipoti non trovano facilmente lavoro".

Secca e immediata è arrivata la replica del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: "Credo che non sappia di cosa sta parlando. Vorrei ricordargli che l'ultima concertazione nel nostro Paese è quella del 1993. Un accordo che salvò il Paese dalla bancarotta, con una riforma delle pensioni equa, al contrario di quella fatta dal suo Governo". Di più: "Le lezioni di democrazia sono sempre utili. Le rappresentanze sociali sono elette e misurate sulla base del consenso. Prendere lezioni di democrazia da chi è cooptato e non si è misurato col voto è un pò imbarazzante per il futuro democratico del Paese. Farlo nella platea delle banche e degli interessi bancari nella crisi meriterebbe una riflessione".

Abi. Spending review, tasse e unione bancaria. Da qui è partito invece l'intervento a tutto campo di Giuseppe Mussari, presidente dell'Associazione bancaria italiana. "L'Abi - ha detto Mussari - plaude alla spending review approvata dal governo", ma le risorse derivanti dai risparmi "devono essere destinate alla riduzione della pressione fiscale che ha raggiunto livelli insostenibili per imprese e famiglie". Secondo Mussari, è necessaria una riforma fiscale: non "epocale", ma servono "alcuni fondamentali tasselli che consentiranno di risolvere questioni importanti e che restituiranno competitività alle imprese operanti in Italia".

"La reazione di Mussari coglie un giusto metodo di governo - ha commentato Monti - . Si può fare crescita senza spendere, ma per fare questo occorrono riforme. "Se c'è un'innovazione che il nostro governo sta apportando è nel metodo di governo dell'economia - continua Monti -: le parti sociali devono avere ogni occasione per il proprio punto di vista ma pensiamo che sulla gran parte delle materie in quanto coinvolgono interessi pubblici le parti sociali devono restare parti, vitali e importanti, ma non soggetti nei confronti dei quali il potere pubblico attui una sorta di outsourcing delle responsabilità".

Banche. Tornado alla banche, Mussari sottolinea come "in media, negli ultimi dieci anni" abbiano "sopportato quasi 15 punti di pressione fiscale in più rispetto all'Unione europea. A tale livello - ha detto il presidente dell'Abi - contribuiscono in misura rilevante la parziale indeducibilità degli interessi passivi e delle rettifiche e perdite sui crediti. Responsabilmente le banche italiane non hanno più sollevato la questione fiscale, ma la penalizzazione si traduce in una minore capacità di capitalizzarsi andando ad incidere sia sulla redditività del capitale investito, sia sulla capacità di generare autofinanziamento, sia sul costo del credito erogato".

Unione bancaria. Anche per questo le banche italiane dicono sì all'unione bancaria che vuol dire "regole comuni applicate e sanzionate in modo coerente, regole comuni per la gestione delle crisi bancarie e schema di garanzia dei depositi europeo". Nel suo intervento Mussari definisce "fondamentale" il tema dell'unione bancaria e sottolinea come sia necessario "dare prontamente attuazione" alle decisioni prese dal Consiglio europeo di fine giugno.

Debito pubblico. L'Italia "non deve deflettere dalla severa azione di risanamento" in corso: il rigore di bilancio "è una conditio sine qua non e non esiste un modello di crescita basato sul debito". Ne è convinto il presidente dell'Abi secondo cui le riforme in campo "sono quelle giuste e vanno rafforzate: il governo ha fatto molto, in condizioni difficili ma molto vi è ancora da fare". E' vero comunque che queste riforme hanno consentito di migliorare "all'estero l'idea dell'Italia e della sua stabilità"; ciononostante, occorre fare di più "per convincere i mercati di una cara verità: il debito pubblico italiano è sicuro e l'Italia onorerà ogni suo impegno".

Credito. Mussari torna a chiedere anche lo scioglimento del nodo della valorizzazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in mano soprattutto alle banche. Dalla valorizzazione delle quote, dice il presidente dell'Abi, "trarrebbero beneficio i patrimoni delle banche, aumenterebbe la nostra capacità di erogare credito. Si porrebbe fine ad illazioni tanto infondate quanto pretestuose". Mussari chiede inoltre di rimuovere una previsione, mai attuata, contenuta nella legge sul risparmio del 2005: quella del trasferimento delle quote delle banche nel capitale di Banca d'Italia a enti pubblici. E sempre in tema di credito l'Abi segnala che dalla moratoria sottoscritta a febbraio è scaturita una liquidità aggiuntiva per le Pmi pari a 440 milioni di euro: "Nei soli due primi mesi di piena operatività della nuova moratoria - dice Mussari - sono state accolte oltre 10mila domande di sospensione per un ammontare del debito residuo pari a 3,6 miliardi di euro".

(11 luglio 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/economia/finanza/2012/07/11/news/abi_mussari_tasse-38868066/
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« Risposta #44 inserito:: Luglio 31, 2012, 04:53:14 pm »

MONTI E LA CRISI

Monti: «La fine del tunnel si avvicina»

Il premier: «La Germania resta un riferimento essenziale»


«È un tunnel, ma la fine sta cominciando a illuminarsi, e noi e il resto d'Europa ci stiamo avvicinando alla fine del tunnel». Lo ha detto il premier Mario Monti, intervenendo telefonicamente a «Radio Anch'io», su Rai Radiouno, prima di partire per Parigi, dove inizierà un giro di incontri con i leader europei. Il presidente del consiglio ha parlato anche della legge elettorale, spronando i partiti a «evitare la rissa permanente». «Lo scenario peggiore, - ha spiegato - quello che voglio esorcizzare, sarebbe quello di elezioni alla scadenza naturale, e quindi non anticipate, ma a cui si arrivasse senza una riforma elettorale e in un clima di disordinata rissa tra i partiti». Una combinazione che darebbe ai cittadini «la sensazione, forse fondata - ha precisato il premier - che la politica ha fatto grandi sforzi per sostenere in Parlamento questo governo, che ha preso decisioni impopolari, ma non ha fatto i compiti in casa propria riformando se stessa. E i mercati internazionali - rileva - sarebbero legittimati a nutrire scetticismo su quello che viene dopo questo governo».

SPENDING REVIEW - Monti insomma segue la linea del Colle e avverte che quello «scenario peggiore» sarebbe appunto arrivare alle elezioni renza la riforma delle legge elettorale. Sul lavoro dell'esecutivo, il presidente del consiglio ha sottolineato: «Non è una manovra - riferendosi alla spending review - e non sono tagli lineari fatti in modo cieco. Il governo ha fatto un'analisi di dettaglio, sulla base del lavoro del commissario Bondi, e si sono individuati gli eccessi di spesa».

Redazione Online

31 luglio 2012 | 9:28© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/economia/12_luglio_31/monti-tunnel-crisi-germania_c8bf297a-dade-11e1-8089-ce29fc6fe838.shtml
« Ultima modifica: Novembre 27, 2012, 06:07:54 pm da Admin » Registrato
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