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Autore Discussione: AMEDEO LA MATTINA.  (Letto 118830 volte)
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« Risposta #150 inserito:: Dicembre 05, 2013, 11:40:31 pm »

politica
05/12/2013

Grillini e Forza Italia contro il governo Ma quanti sarebbero rieletti?

Gasparri chiede di cominciare subito a discutere di riforme costituzionali per superare il bicameralismo e ridurre il numero dei parlamentari.


Ma Berlusconi aspetta di capire cosa farà Renzi

Amedeo La Mattina
Roma

Tutti delegittimati e abusivi, tutti a casa, tuonano i grillini ed escono dall’aula. Sono 148 i deputati abusivi della sinistra, scrive Renato Brunetta, e sono quelli del Pd arrivati alla Camera grazie al premio di maggioranza giudicato illegittimo dalla Corte Costitizionale. Tutti decaduti, come Berlusconi, si vendica Daniela Santanché.

Il Movimento 5 Stelle e Forza Italia vanno alla carica della maggioranza e del governo a testa bassa. Due opposizioni che hanno l’obiettivo di far saltare il banco della politica e portare gli italiani al voto prima possibile. Due opposizioni che si somigliano sempre di più nell’intento di delegittimare questo Parlamento, che si sommano nella pratica ostruzionistica su ogni provvedimento che transita per l’aula di Camera e Senato. 

Il Pd parla di populismi che si uniscono. Fabrizio Cicchitto del Nuovo Centrodestra è dispiaciuto della sponda che Forza Italia sta dando ai pentastellati in questa opera demolitrice. Sicuramente c’è un’eterogenesi dei fini che fa il gioco dei grillini che non hanno tra le proprie corde grandi prospettive di governo, ma non è chiaro fino a che punto possa giovare ai berlusconiani. Il partito di Berlusconi non ha interesse a tornare alle urne con quel che resta del Porcellum disossato, ovvero un sistema proporzionale con le preferenze. Quanti, degli attuali parlamentari, verrebbero rieletti con le preferenze? Allora lunga vita a Letta? Forse non è un caso che un esponente di primo piano di Forza Italia come Maurizio Gasparri chiede di cominciare subito a discutere di riforme costituzionali per superare il bicameralismo e ridurre il numero dei parlamentari. Una vota chiarito che Parlamento ne uscirà fuori, osserva Gasparri, si potrà scrivere la nuova legge elettorale ad hoc. Insomma, in Forza Italia non tutti dicono «siamo tutti decaduti» e vogliono confondersi con i grillini. Il problema è che Berlusconi non ha idea di che legge elettorale vuole. Aspetta di capire cosa farà Renzi. 

Da - http://lastampa.it/2013/12/05/italia/politica/grillini-e-forza-italia-contro-il-governo-ma-quanti-sarebbero-rieletti-vx53vE1SsFFMBkzbMZoA3N/pagina.html
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« Risposta #151 inserito:: Dicembre 08, 2013, 10:58:05 pm »

Politica
06/12/2013
Renzi in rotta di collisione con il tandem Letta-Alfano

Strategie contrapposte, sul maggioritario all’orizzonte un asse Pd-Berlusconi

Amedeo La Mattina
Roma

La sentenza della Corte Costituzionale è destinata a produrre una serie di effetti dirompenti che non è facile calcolare oggi. Ma c’è un rischio che è possibile mettere già in conto e riguarda le mosse di Renzi e Berlusconi. Per quanto paradossale possa sembrare, i due potrebbero avere un interesse comune non collimante con quello del premier Letta e del suo vice Alfano. Il sindaco di Firenze, che sarà incoronato segretario del Pd alle primarie di domenica prossima, in un primo momento cercherà una «sponda maggioritaria» tra gli alleati di governo. Poi, se non la troverà, guarderà fuori questo perimetro. Cercherà un interlocutore per votare in Parlamento una legge elettorale bipolare che consenta di conoscere la sera stessa delle elezioni il vincitore e chi governerà. Un obiettivo che il ministro per le Riforme Quagliariello considera «un’illusione» perché «la certezza non si può avere finché saremo in un sistema parlamentare». Invece è esattamente quello che chiede Renzi. 

Certamente non vorrà andare a votare con ciò che resta del Porcellum dopo la mannaia della Consulta, cioè un proporzionale puro che favorirebbe la frammentazione, perpetuando in eterno le larghe intese. Il sindaco di Firenze pensa che è proprio quello che vorrebbe Alfano (solo lui?) per sganciarsi da Berlusconi, per non essere costretto ad allearsi con Forza Italia. Dice Francesco Clementi, costituzionalista di fiducia di Renzi, uno dei saggi nominati dal capo dello Stato: «Quagliariello sostiene che conoscere la sera stessa delle elezioni chi governerà è un’illusione. Ecco, è un modo per dire che a decidere devono essere i partiti dopo il voto e non i cittadini prima del voto. Ho l’impressione che l’unico a essere interessato a una legge maggioritaria e governante sia Renzi. Al momento, non saprei dire degli altri attori della politica». 

Gli altri attori della politica stanno al governo e all’opposizione. Al governo Letta e Alfano pensano di procedere entro Natale con una proposta precisa di riforma istituzionale: fine del bicameralismo perfetto e riduzione del numero dei parlamentari. Solo dopo si potrà parlare di quale legge elettorale scrivere. «In genere prima di iniziare una partita - spiega Quagliariello - si stabilisce quali sono le squadre che giocano e in quale campo si gioca». Renzi ha un’idea diversa. Non crede ai due tempi, vuole sapere subito dove si a parare con la legge elettorale. Ed è convinto che alla fine si farà come vuole lui, perché in Parlamento «ci sono gruppi che hanno una fifa matta di tornare alle elezioni». Tra questi è convinto ci sia il Nuovo Centrodestra di Alfano e Quagliariello che sarebbe triturato da Berlusconi. E allora avanti con la discussione sul nuovo sistema elettorale, che si faccia alla Camera dove, osserva Renzi, «c’è la possibilità di fare una legge che permetta a chi vince di governare come succede per i sindaci». Alla Camera, non a caso, dove si possono incontrare i bipolaristi maggioritari che ci sono nel Pd e all’opposizione, senza escludere Berlusconi e Grillo. Al Senato invece il Nuovo Centrodestra di Alfano e i Popolari di Mauro e Casini richiuderebbero le riforme nel perimetro della maggioranza che sostiene il governo. 

No, per i renziani la politica dei due tempi (prima le riforme istituzionali, poi quella elettorale) nasconde una trappola, è pretestuosa, perfino ipocrita. «Il rischio è che alla fine non si faccia né l’uno né l’altro», osserva Clementi. In questo clima politico è difficile capire con chi fare le riforme: con le sole forze della maggioranza o aprendo al resto del Parlamento? Così ragionano i renziani che sottolineano tutta la carica dirompente della sentenza della Consulta. Ne è consapevole, dal suo punto di vista, pure Berlusconi: «La Corte ha blindato l’esecutivo e con il ritorno al proporzionale ci fa ripiombare nella Prima Repubblica». Ma Forza Italia, dice il voce capogruppo del Senato Anna Maria Bernini, «impedirà questo tentativo di restaurazione». 

Ma cosa conviene fare al Cavaliere. Intanto mettere zizzania nella tra le fila della coalizione di governo, evitare che venga fatta una legge elettorale che aiuta i piccoli partiti e non i due maggiori, Pd e Forza Italia. Tenderà la mano a Renzi? Adesso non si muove, attende di vedere come si muoverà il prossimo segretario del Pd le cui intenzioni, dopo la sentenza della Consulta, non sembrano più collimare con quelli di Letta e Alfano.

DA - http://lastampa.it/2013/12/06/italia/politica/renzi-in-rotta-di-collisione-con-il-tandem-lettaalfano-TfR2mbt9jtfbNpzCmkl1CK/pagina.html
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« Risposta #152 inserito:: Gennaio 11, 2014, 11:32:42 am »

Politica
07/01/2014 - retroscena

“Aria nuova in Forza Italia” Il Cavaliere sceglie Toti Sarà il suo rottamatore
Il direttore pronto a lasciare il Tg4 per rinnovare il partito
Giovanni Toti classe 1968 è direttore del Tg4 e di Studio Aperto

Amedeo La Mattina
Roma

È una specie di sogno americano in salsa italiana, anzi berlusconiana quello che sta vivendo Giovanni Toti, entrato nel 1996 come stagista nello Studio Aperto di Paolo Liguori e ora ospite fisso nel villone di Arcore. Ospite di rango politico, ormai. Toti, classe 1968, non è più solo il direttore del Tg4 e del telegiornale di Italia 1 che Berlusconi consulta per qualche dritta sulla comunicazione. 

È diventato l’occhio esterno al partito impantanato nelle lotte tribale. Da lui il grande capo di Forza Italia si aspetta freschezza, un giudizio distaccato dalle contese intestine, il valore aggiunto del volto nuovo da gettare tra le gambe svelte di Renzi. 

Berlusconi pensa che Toti abbia quel «quid» che aveva negato ad Alfano, ma molti nel partito scommettono che Giovanni non andrà avanti. «Il Cavaliere è fatto così: ti porta alle stelle e poi ti getta nella polvere, vedi Alfano», sputano veleno coloro che in questo momento muoiono di gelosia per questo «parvenu» della politica che sta entrando nella stanza principale di San Lorenzo in Lucina. Berlusconi lo vuole coordinatore unico oppure vicepresidente di Forza Italia. Ma dovrà passare sul cadavere di una nutrita schiera di nemici e sul battagliero Verdini. 

«Ma no - minimizza Toti con gli amici - io e Denis siamo toscani, insieme ci facciamo grandi risate. Lui è un vero uomo macchina, si troverà un accordo. Ma è logico che chi prima remava in prima fila, dovrà remare in seconda, terza o quarta fila. Se tutti rimangono aggrappati alla zattera e vogliono mettersi a timone, alla fine si va tutti a fondo. Berlusconi troverà il mix giusto». Linguaggio da rottamatore gentile. «Bisognerà lavorare di fioretto non di sciabola. È ovvio, ognuno tende a preservare la propria catena di comando - ragiona Toti con chi gli sta più vicino - ma Forza Italia deve profumare di nuovo, deve tornare a essere competitiva». 

È quello che sta cercando di fare con difficoltà Berlusconi, spiazzato dalla carica innovativa di Renzi. La comunicazione è sempre stata il suo pallino. Nuovi linguaggi politici, stili e modo di stare in tv. Renzi ormai fa da battistrada. Per il Cavaliere la ribalta di un personaggio come Toti, che viene da fuori dalla politica, è funzionale a rimanere a galla e competere. Così il doppio direttore dei tg Mediaset è sempre presente a Villa San Martino, stimatissimo da Marina e Confalonieri, un grande feeling con Piersilvio. Ha detto a Berlusconi di essere pronto al salto nella primissima fila di «Forza Italia veramente rinnovata, che abbia un profilo moderato, non quello dei falchi». 

«Visto, si è già montato la testa», schiumano coloro che già si vedono nella sala macchina del vapore berlusconiano, sporchi di grasso e olio. Mentre il giornalista venuto da Viareggio, che non ha mai militato in un partito, non ha fatto la gavetta nel territorio e si è intrufolato nel cuore del capo con gli abiti impeccabili e gli orologi Patek Philippe, starà sul castello di comando. E osa sfidare Verdini e Renzi.

Renzi, Verdini, Toti: è una sfida interna ed esterna tutta toscana. Denis e Matteo si parlano e ragionano di legge elettorale modello spagnolo. A Giovanni, che già si è calato perfettamente nella partita politica, non piace. Vuole una legge elettorale che favorisca le alleanze con i Fratelli d’Italia, la Lega e il Nuovo Centrodestra di Alfano. Con il quale Toti sembra abbia un ottimo rapporto. Verdini, i falchi e un bel pezzo dei cosiddetti «lealisti» come Fitto, non hanno intenzione di riaccogliere Alfano. Toti scuote la testa, ricorda che il Cavaliere è sempre stato il federatore dei moderati. «Non mi interessa entrare in un partito di testimonianza con il lutto al braccio. Entro per vincere e ci vuole una grande coalizione di centrodestra». 

Da - http://lastampa.it/2014/01/07/italia/politica/aria-nuova-in-forza-italia-il-cavaliere-sceglie-toti-sar-il-suo-rottamatore-6AOxUS5uHtAaXROos3SwEM/pagina.html
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« Risposta #153 inserito:: Gennaio 16, 2014, 04:37:33 pm »

politica
15/01/2014

Lo scatto di Alfano e la rabbia nel Ncd “Ci eravamo stufati delle barzellette, non ci sorbiremo le smorfie di Renzi”
Il vicepremier non è più disposto ad apparire come l’ultimo dei mohicani che difende il governo Letta mentre il segretario del Pd continua a fare lo spaccone: “E’ ora di venire allo scoperto su tutto, dal rimpasto alla legge elettorale”


Amedeo La Mattina
Roma

Reagire duramente, colpo su colpo. Alfano non ci sta a fare da punchball di Renzi, di prendere cazzotti e calci ogni giorno da tutte le parti. Non è più disposto ad apparire l’ultimo dei mohicani che difende il governo Letta mentre il segretario del Pd continua a fare lo spaccone. ”Non siamo nati - ragiona Alfano - per fare un partitino-stampella a un esecutivo che non viene riconosciuto dalla forza che esprime il presidente del Consiglio”. 

Il contrattacco del vicepremier è stato messo a fuoco ieri sera durante una serie di riunioni organizzative del Nuovo Centrodestra. C’erano Lupi, Quagliariello, Schifani, Cicchitto e molti nuovi coordinatori regionali. Si è discusso degli attacchi che certi giornali considerati filorenziani (La Repubblica) hanno sferrato contro il ministro De Girolamo e ora contro lo stesso Alfano. Nel Nuovo Centrodestra c’è la netta sensazione che ambienti giornalistici (compresa Sky) e finanziari spingano per le elezioni a maggio al fine di portare Renzi a Palazzo Chigi. Ambienti trasversali, e non solo politici, che avrebbero riscoperto ”l’uomo della Provvidenza”, dopo aver criticato per 20 anni Berlusconi, uomo solo al comando. ”Ma noi che ci eravamo stufati delle barzellette, non possiamo ora sorbirci le smorfiette di Renzi”, dice caustico l’onorevole Pizzolante. 

Per Alfano, se vogliono portarci al voto, facciano pure, ma con il sistema elettorale che rimane dopo la sentenza della Corte Costituzionale, cioè il proporzionale puro. Il Nuovo Centrodestra è convinto di avere consolidato il 7% dei consensi, con una potenzialità che arriva al 23-30%. Forse è un po’ troppo, un eccesso di potenzialità, tuttavia il partito di Alfano ci crede ed è disposto a giocarsi il tutto per tutto, sia correndo da solo sia tornando ad allearsi con Berlusconi. 

Non sono però le elezioni che vogliono gli ex berlusconiani. Vogliono un patto per governare nel 2014, con una premessa chiara: rispetto reciproco e non battute e smorfiette del ”nuovo uomo della Provvidenza” per il quale la sinistra si è convertita sulla via di Damasco . Renzi venga allo scoperto su tutto, dice Alfano, anche sul rimpasto e la riforma elettorale. I contatti con Forza Italia e Verdini hanno fatto suonare l’allarme dentro il Nuovo Centrodestra. Il leader del Pd non faccia finta di proporre tre ipotesi di legge elettorale: ne scelga una e una sola, quella dei sindaci. La verità, dicono gli alfaniani, è che Renzi non sceglie perché nel suo partito le posizioni sono tante e diverse. E cosa fa? Scarica sugli altri la responsabilità del logoramento. Ma ora basta: il Nuovo Centrodestra non farà da punchball. 

Da - http://lastampa.it/2014/01/15/italia/politica/lo-scatto-di-alfano-renzi-la-rabbia-nel-ncd-ci-eravamo-stufati-delle-barzellette-non-ci-sorbiremo-le-smorfie-di-yejS9j4vnVQev9AhMMtoAP/pagina.html
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« Risposta #154 inserito:: Febbraio 26, 2014, 05:27:02 pm »

Politica
26/02/2014 - governo i primi passi
Renzi vuole portare il fedelissimo Gutgeld a Palazzo Chigi
Malumori nei partiti, tempi più lunghi per i sottosegretari

IL COMMENTO
Amedeo La Mattina
ROMA

Rivendicazioni regionali, compensazioni tra varie anime del Pd, mal di pancia dei senatori Ncd i cui voti valgono come l’oro. Quindi si dilatano i tempi per viceministri e sottosegretari, ma al massimo domani il Consiglio dei ministri nominerà la squadra che consentirà a Renzi di cominciare a lavorare a pieno ritmo.

Il premier non vuole superare quota 50, come in molti gli consigliavano anche tra i suoi più stretti collaboratori: le commissioni parlamentari da seguire sono tante e se si vuole marciare speditamente occorre tenere una marcatura molto stretta. Renzi però vuole un numero contenuto di viceministri e sottosegretari, uno in meno di quello del governo Letta. Dovrebbero essere dunque 46 in tutto, ma dovranno essere figure di esperienza a sostegno di ministri alle prime armi. Così a Palazzo Chigi un ruolo chiave è sempre stato quello del sottosegretario ai servizi segreti. In corsa sembrava ci fosse anche il renziano trentenne Luca Lotti, ma più facilmente si tornerà all’usato sicuro, cioè a Marco Minniti, ormai un decano all’intelligence.

Un’altra poltrona molto importante a Palazzo Chigi è quella del responsabile del Dipartimento economico, perché sarà quella la cabina di regia delle politiche del nuovo governo. Lì dovrebbe andare Yoram Gutgeld, storico consigliere economico del premier. Per restare sul terreno in cui Renzi si gioca tutto, si pensa di portare a quattro i collaboratori diretti di Pier Carlo Padoan (Casero, Baretta, Giorgietti, Morando, anche se le quotazione di quest’ultimo sono in calo). All’Economia potrebbe approdare Bruno Tabacci, ma l’esponente del Centro Democratico aspira a fare il viceministro e allora è più facile che vada allo Sviluppo economico. In questo dicastero dovrebbero rimanere il tecnico Claudio De Vincenti e Simona Vicari (Ncd). A proposito del Nuovo Centrodestra, oltre a Casero, potrebbe ottenere un secondo viceministro: se la stanno giocando Enrico Costa alla Giustizia e Giuseppe Castiglione all’Agricoltura.

La parte del leone tocca al Pd: tra viceministri e sottosegretari ne avrà 25 divisi tra renziani, sinistra interna, bersaniani, dalemiani e Area Dem, quella che tradizionalmente fa capo a Veltroni, il quale per la verità se ne sta molto alla larga delle questioni di governo. I Popolari per l’Italia avrebbero diritto a un viceministro dopo che Mario Mauro ha perso la guida della Difesa. L’attuale sottosegretario agli Esteri Mario Giro è in predicato per questa carica agli Esteri (dove Lapo Pistelli viene confermato viceministro). Dei Popolari per l’Italia potrebbe entrare nel governo, al Lavoro o all’Istruzione, l’ex presidente delle Acli Andrea Olivero. Oppure lo stesso Mario Mauro, ovviamente non più come ministro ma in un ruolo centrale rispetto all’Europa. Allora si parla della delega presso la presidenza del Consiglio degli Affari europei (ma qui ha la concorrenza del renziano Sandro Gozi) o della coesione territoriale, un posto nevralgico da dove si gestisce il fiume di miliardi dei fondi europei. Un posto talmente importante (è girato anche il nome di Emanuele Fiano, area Dem) e che difficilmente il premier non terrà sotto il suo diretto controllo. Nella pancia della presidenza del Consiglio sono rimaste alcune deleghe che prima facevano capo a un ministero e che verranno assegnate ad altri renziani come Lotti, Righetti e Rughetti. E non si esclude un rientro della Kyenge, sempre con la delega all’integrazione. Si apre una porta anche al socialista Nencini che potrebbe affiancare Franceschini alla Cultura. Per questa carica si fa pure il nome di Antonello Giacomelli, uno dei fedelissimi di Dario. Ai rapporti con il Parlamento per dare una mano all’inesperta Boschi potrebbe arrivare il Pd Bressa o tornare D’Andrea. 

DA - http://lastampa.it/2014/02/26/italia/politica/renzi-vuole-portare-il-fedelissimo-gutgeld-a-palazzo-chigi-7U89w0vvcQ6Q8H1IfsJtuI/pagina.html
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« Risposta #155 inserito:: Febbraio 26, 2014, 06:01:12 pm »

Legge elettorale, parte del Pd prepara l’alternativa all’Italicum
Proposta per alzare la soglia per il premio al 40% e addio alle liste bloccate


Al Senato si sta muovendo un’operazione che, se portata fino in fondo, potrebbe scombinare i piani della riforma elettorale e del bicameralismo. Un’iniziativa di una trentina di senatori del Pd che ha tutte le caratteristiche per essere condivisa da altri colleghi della maggioranza (c’è da scommettere che interesserà pure l’opposizione).

Si tratta di evitare la trasformazione di Palazzo Madama in una Camera delle autonomie composta da esponenti degli enti locali, sindaci innanzitutto, e rappresentanti del mondo culturale. «Via i senatori eletti, via i loro stipendi» è il mantra del premier che ieri nel suo discorso per la fiducia si è augurato di essere «l’ultimo presidente del Consiglio a chiedere a quest’aula la fiducia». 

«Sono consapevole del rischio di fare questa affermazione di fronte a senatori che non meritano il ruolo di ultimi senatori, ma lo sta chiedendo il Paese, lo sta chiedendo l’Italia», ha detto Renzi. Sembrava avvertire i capponi di tenersi pronti alla loro cottura nel forno. Le resistenze si faranno sentire, ma l’iniziativa di un gruppo di senatori Democratici, che verrà alla luce nei prossimi giorni, «vuole essere propositiva, non un ostacolo al superamento sacrosanto del bicameralismo perfetto», spiega il senatore Francesco Russo, un lettiano doc. «Siamo d’accordo che il nuovo Senato non sia composto da eletti e non esprime la fiducia al governo - precisa Russo - ma ci vuole più consapevolezza nella trasformazione di un tassello così importante delle nostre istituzioni. Il nostro modello è quello del Bundesrat tedesco: i componenti non sono eletti ma vengono designati dai i governi federali che in Italia sarebbero le Regioni».

Russo parla anche di modifiche alla riforma elettorale, a quell’Italicum concordato da Renzi e Berlusconi. «Modifiche necessarie a eliminare profili di incostituzionalità come la soglia del 37% per ottenere il premio di maggioranza. Dovrebbe essere portato al 40%. Un altro problema sono le liste bloccate. Stiamo pensando a varie ipotesi per evitare che a decidere siano le segreterie dei partiti: le preferenze, i piccoli collegi o le primarie obbligatorie». Il lettiano Russo racconta di un malumore diffuso e trasversale nel gruppo del Pd che si è riunito ieri mattina prima che iniziasse la discussione sulla fiducia. Si dirà che gli amici di Letta come quelli di Bersani e di D’Alema hanno il dente avvelenato. Sta di fatto che rimangono molte incognite. Ad esempio non è sembrato chiaro se reggerà l’intesa Renzi-Berlusconi o se invece verrà scavalcata dall’accordo di maggioranza, con Alfano in particolare. Ovvero che la nuova legge elettorale verrà applicata solo per la Camera. La conseguenza sarebbe che dovrà necessariamente essere approvata la riforma del Senato e superato il bicameralismo. 

Verdini ieri a Palazzo Madama assicurava i senatori di Forza Italia che l’intesa con il premier regge, eccome: la nuova legge elettorale verrà approvata e sarà pronta in caso di elezioni, di interruzione anticipata della legislatura. Con buona pace di Alfano, secondo Berlusconi e Verdini, che invece pensa di avere firmato una polizza sulla vita. Per la verità le parole in aula di Renzi sembrano andare verso l’intesa con il Nuovo Centrodestra. Ha detto che «politicamente esiste un legame netto» tra riforme costituzionali (Senato e titolo V) ed elettorale. «Sono 3 parti della stessa cosa». Per Renzi «l’Italicum è pronto per essere discusso alla Camera. Venga approvata la prossima settimana. Non si perda tempo. Se avessimo avuto l’Italicum alle scorse elezioni ci sarebbe stato il ballottaggio tra Bersani e Berlusconi e avremmo avuto un vincitore sicuro». Ecco, il premier è una priorità, «una prima parziale risposta all’esigenza di evitare che la politica perda ulteriormente la faccia».

Berlusconi attraverso Verdini ha chiesto al premier di chiarire in sede di replica, di confermare che la legge elettorale non deve essere pensata solo per la Camera, in attesa delle riforme costituzionali. Renzi non l’ha fatto. Ha ribadito che il pacchetto delle riforme è unico. «E’ l’unico vero modo per rispettare la straordinaria figura di Napolitano». 

AMEDEO LA MATTINA

Da - http://lastampa.it/2014/02/25/italia/politica/legge-elettorale-parte-del-pd-prepara-lalternativa-allitalicum-ThzojMHETmtHB3AtzGKN4M/premium.html
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« Risposta #156 inserito:: Febbraio 28, 2014, 06:11:30 pm »

Articolo tratto dall'edizione in edicola il giorno 26/02/2014.

Alfano dalla Merkel prima di Renzi
Il leader del Ncd in tour per accreditarsi con il Ppe. Oggi pomeriggio il faccia a faccia

Prima di Matteo Renzi, che sarà a Berlino il 17 marzo per il vertice italo-tedesco, ad incontrare Angela Merkel sarà Angelino Alfano. Oggi il leader del Nuovo Centrodestra prima vedrà il suo omologo Thomas De Maiziere sulla lotta al crimine organizzato e sulla questione migratoria in vista del semestre italiano di presidenza dell’Unione europea. Nel pomeriggio l’appuntamento clou: alle 14 presso la sede della Cdu ad aspettarlo ci sarà la Cancelliera della Germania.

Un incontro tutto politico che vale un tesoro per Alfano che si sta accreditando presso il vertice del Ppe, rubando il posto a Silvio Berlusconi. Forza Italia sorride di questi tentativi dell’ex delfino del Cavaliere. I berlusconiani ricordano che sono e saranno loro la seconda componente del gruppo Popolare all’Europarlamento: alle elezioni europee questo sarà lampante. Intanto Alfano ruba la scena al suo ex leader che non può andare all’estero perchè gli è stato ritirato il passaporto dopo la condanna per frode fiscale. Berlusconi vorrebbe andare al congresso Ppe di Dublino, che si svolgerà il 6-7 marzo, ma non può. Ci andranno invece Casini e Alfano, che oggi parlerà proprio dei temi che sono all’ordine del giorno a Dublino: campagna elettorale europea, programma dei Popolari e, soprattutto, candidatura alla presidenza della Commissione Ue (Junker o Barnier).

Le indicazioni della Merkel saranno decisive per Alfano e per una nuova formazione come Ncd che ha l’ambizione di rappresentare il perno dei Popolari in Italia. E si prepara alla nascita di una lista comune e unitaria con l’Udc di Cesa e Casini e con i Popolari per l’Italia di Mario Mauro.

Su questa idea di mettere insieme tutte le formazioni politiche sotto la stessa bandiera del Ppe (il simbolo e il nome sono ancora da stabilire) c’è stato un dibattito dentro il Nuovo Centrodestra. Lupi avrebbe preferito correre da solo per far conoscere meglio e di più Ncd. Sembra però che sia prevalsa l’altra opzione, quella di riunire tutti i Popolari italiani. C’è chi maligna e dice che Alfano e amici hanno paura di non raggiungere lo sbarramento del 4%. Rimane il fatto che l’operazione sta camminando e non è escluso che Alfano intenda parlarne alla Merkel.
 
Comunque, il ministro dell’Interno oggi si prende un importante palcoscenico a Berlino dove la Cancelliera sta portando avanti una serie di colloqui con gli esponenti Popolari dei vari Paesi per concordare il nome del candidato da sostenere alle Europee. Sarà scontato che il nome della Merkel avrà la meglio. E se dovesse prevalere l’accordo franco-tedesco il nome sarà quello del francese Barnier che dovrà vedersela con il socialdemocratico tedesco Martin Schulz.

Rimane l’operazione di Alfano, che approfitta del momento di «clausura forzata» di Berlusconi. «Noi - spiega l’europarlamentare Ncd Antonio Cancian - siamo il partito più vicino alla Merkel e al Ppe rispetto a Fi che ha una posizione antigermanica. L’Europa non fa va avanti con le contrapposizioni, con le tesi sui complotti, le critiche all’euro. Non si tratta di prendere ordini dalla Merkel di avere un’idea moderata dell’Europa e la convinzione - aggiunge Cancian - che solo con le alleanze tra paesi sia possibile camminare verso l’obiettivo di un’Unione più comunitaria e meno egoista».

Amedeo La Mattina

Da - http://lastampa.it/2014/02/26/italia/politica/alfano-dalla-merkel-prima-di-renzi-9bNCDeG6ZzgKjJ8Pt23AAK/premium.html
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« Risposta #157 inserito:: Marzo 15, 2014, 08:07:08 am »

Politica
14/03/2014

Toti: “Berlusconi sarà in lista alle elezioni europee di maggio”
“Rappresenta milioni di italiani, sarebbe grave se glielo impedissero”

Amedeo La Mattina
ROMA

Prima di diventare il consigliere politico di Silvio Berlusconi, Giovanni Toti ha fatto il giornalista, il direttore di testate televisive Mediaset e da esperto della comunicazione politica ritiene che Matteo Renzi sia bravo, ma il Cavaliere è di un altro livello. Una spanna sopra. «Berlusconi era più bravo come presidente del Consiglio perché riusciva a coniugare la capacità di parlare direttamente alla gente e il profilo istituzionale. Renzi invece ha in qualche modo profanato la sacralità di Palazzo Chigi. Berlusconi rimane un fuoriclasse ancora oggi perché dietro le sue parole c’è la credibilità del suo passato imprenditoriale e del leader politico votato da milioni di italiani e di moderati. Renzi è stato molto efficace nella conferenza stampa, ma non aveva autorevolezza istituzionale. Mi sembrava il candidato alle primarie. Aveva toni da campagna elettorale. Del resto lo ha detto lui stesso che avrebbe voluto ridurre le tasse ad aprile, prima del voto per le Europee. La vostra Jena ha scritto “a Palazzo Chigi la conferenza stampa del premier Wanna Marchi”. Ecco, non vorrei che Renzi abbia abbassato il tono complessivo di quella che rimane la quarta carica dello Stato».

Forse Berlusconi teme che Renzi faccia quello che ha promesso e abbia successo alle Europee, attirando una buona parte degli elettori moderati. 

«Non credo che ciò avverrà. Forza Italia andrà molto bene. Ci sono tutte le condizioni per una grande affermazione. Abbiamo un buon programma, ottimi candidati, un grande entusiasmo attorno ai club e la determinazione di Berlusconi a candidarsi e guidare le liste di Forza Italia».

Quindi si candida anche se non è candidabile? 

«Certo che si candida. Berlusconi ha guidato Forza Italia in tutte le elezioni. Ritengo che lo farà anche questa volta. L’Europa sta vivendo una fase di grandi cambiamenti e tutte le delegazioni nazionali dovranno portare il loro contributo. Il Cavaliere porterà quello dei moderati italiani. Riterrei una grave lesione al diritto di rappresentare i moderati italiani se Berlusconi non potrà candidarsi. Se qualcuno dovesse impedirlo si assumerebbe una grave responsabilità davanti a milioni di italiani». 

 Torniamo a Renzi. Potrebbe fare quello che Berlusconi ha sempre promesso ma non ha mai fatto, abbassare le tasse. Se ci riesce, voterete il provvedimento? 

«Intanto siamo agli annunci e mancano coperture certe senza le quali tutto il castello di Renzi cade. E poi non è vero che Berlusconi non abbia abbassato le tasse. Lo ha fatto tra il 2001 e il 2006 e ha pure alzato le pensioni minime. Se Renzi ci riuscirà noi applaudiremo. La nostra è un’opposizione responsabile, non distruttiva. Il nostro approccio è lo stesso di quello che abbiamo per le riforme: valutare con attenzione il merito, sfidare a fare meglio. Vediamo se Renzi ha coraggio di affrontare questa sfida».

Quindi potreste votare alcuni provvedimenti economici del governo? 

«Se ci sono le coperture, se il bilancio dello Stato non verrà squassato, perché non dovremo votare la riduzione della pressione fiscale che fa parte del nostro dna? Il punto è che non ci sono le coperture certe per fare tutto quello che ha promesso Renzi, anche per quanto riguarda il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione. Non si è capito come verrà usata la Cassa depositi e prestiti. Non so quanto la Ragioneria dello Stato e il ministro dell’Economia Padoan siano d’accordo sull’uso di quel margine di deficit che va dal 2,6% del Pil a 3%. Sui risparmi della spending review Cottarelli parla di 3 miliardi, Renzi di 7 miliardi. Insomma, c’è molta confusione». 

Alla fine anche su questo terreno, come sulle riforme, prevarranno gli amorosi sensi tra Renzi e Berlusconi? È pronto il «soccorso azzurro»? 

«Non esiste alcun “soccorso azzurro”. Il governo ha una sua maggioranza alla quale noi non partecipiamo. Fi resta all’opposizione ma se c’è un provvedimento buono è giusto dare un contributo per migliorarlo. Renzi ha la sua maggioranza. Spero per lui che sia solida». 

Alfano e le «sentinelle antitasse» di Ncd esultano. 

«Le sentinelle si sono addormentate sul posto di guarda in molte occasioni. Meglio che organizzino turni di guardia più efficienti».

Da - http://www.lastampa.it/2014/03/14/italia/politica/toti-berlusconi-sar-in-lista-alle-elezioni-europee-di-maggio-IlB9h0WssgqopUTDJaSv9L/pagina.html
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« Risposta #158 inserito:: Aprile 10, 2014, 06:34:46 pm »

Politica
09/04/2014

Il Cav e l’amaro viale del tramonto
Tutti i crucci di Berlusconi, che immagina le ironie dei nemici sulla “condanna” ad assistere anziani e disabili presso strutture specializzate

Amedeo La Mattina
Roma

Ora spunta l’ipotesi dei servizi sociali presso una struttura di assistenza per anziani e disabili. E già per Silvio Berlusconi è qualcosa di meglio che gli arresti domiciliari, ma l’ex Cavaliere non si fida dei magistrati di sorveglianza che domani a Milano apriranno l’«udienza» per decidere. Non si fida mai dei giudici e fino alla fine teme il peggio. Dice il capogruppo Paolo Romani: «Risulta che tra quei magistrati ce n’è una molto vicina alla Boccassini e il parere della procura è arresti domiciliari». 

E poi, anche se fosse venisse spedito ai servizi sociali, per Berlusconi non sarebbe comunque una cosa piacevole. 

L’ex premier già immagina i frizzi e i lazzi sulla «condanna» ad assistere anziani e disabili, lui che viene descritto come un anziano leader sul viale del tramonto, in questi giorni pure zoppicante e deambulante con le stampelle. Insomma un po’ disabile pure lui. Immagina pure le telecamere che immortalano il suo arrivo dai vecchietti, accompagnato dalla senatrice Maria Rosaria Rossi che nell’immaginario mediatico passa per la badante in seconda, dopo la titolare fidanzata Francesca Pascale. Immagina con orrore cosa potrebbero scrivere certi giornali che lo odiano e lo mettono sempre alla berlina. Un incubo per l’ex Cavaliere che ha sempre cercato di apparire vitale, attivo, giovanile, proiettato verso i cento e passa anni.

Ma non è solo l’immagine che ne verrebbe fuori a farlo inorridire. Di più c’è l’idea stessa dell’affido ai servizi sociali per redimersi, fare penitenza, ravvedersi di una colpa che Berlusconi non ammetterà mai neanche davanti a Dio. Lui, che si pensa statista, l’unico e vero leader dei moderati italiani, che è riuscito a far stringere la mano a Pratica di Mare ai due potenti del mondo Bush e Putin, che ha cambiato i connotati alla politica e alla televisione italiana, creando un impero industriale e ricchezza. «E’ questo il suo vero cruccio, il boccone amaro che non riesce a mandare giù», spiegano tutti quelli che ci parlano.

Ravvedersi? E di cosa? Come possono dei «funzionari dello Stato» chiedergli una cosa del genere? Allora per gli avvocati Ghedini e Coppi è meglio che domani Berlusconi se ne stia a casa a curarsi l’infiammazione al ginocchio. Se davanti ai magistrati l’ex Cavaliere cominciasse a parlare a ruota libera e dire quello che pensa veramente, sarebbe un disastro. E gli arresti domiciliari sarebbero la conclusione più drammatica per un uomo politico che non potrebbe fare campagna elettorale, condannando Forza Italia a un umiliante terzo posto dopo il Pd e 5 Stelle sotto il 20%. Sarebbe la fine politica di un partito e forse di tutto il centrodestra. Sì, perché il rischio che il centrodestra nel suo complesso scompaia c’è, serpeggia tra i protagonisti di quest’area politica e lo intravedono anche i politologi. 

Ieri, ad un convegno della fondazione Rel di Fabrizio Cicchitto proprio sulle prospettive del centrodestra, il politologo Orsina ha fatto questa ipotesi: la scomparsa del centrodestra come area politica organizzata. La scomparsa tra le rovine della carriera politica di Berlusconi, le divisioni in partiti e partitini (Fi, Ncd, Fratelli d’Italia, Lega). In sala è calato il silenzio, un brivido gelido è salito lungo la schiena di Schifani, Cicchitto (Quagliariello intanto era andato via) e di Paolo Romani, unico rappresentante del partito berlusconiano. Il moderato capogruppo al Senato di Fi, uno dei pochi che cerca il dialogo con i cugini separati di Ncd, si è passato una mano tra i capelli, ha pulito le lenti dei suoi occhiali e ha detto: «Dobbiamo pensare a una federazione, dobbiamo restare uniti perché, noi all’opposizione e voi al governo, siamo deboli, molto deboli. Renzi sta sfondando tra gli elettori di centro ma anche di centrodestra». 

DA - http://lastampa.it/2014/04/09/italia/politica/il-cav-e-lamaro-viale-del-tramonto-wiikgTuIc7xwmrECdZOx7K/pagina.html
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« Risposta #159 inserito:: Maggio 01, 2014, 07:43:26 pm »

Politica
29/04/2014

Emorragia di voti verso Grillo
La paura del Cav di arrivare terzo
Il consigliere politico di Berlusconi Giovanni Toti ha parlato di “sindrome G”, ovvero il pericolo rappresentato dal M5S per la democrazia italiana: “Si prepara a mandare a Strasburgo degli urlatori senza programmi, che vogliano solo distruggere”

Amedeo La Mattina
Roma

Per Giovanni Toti esiste una” sindrome G”. G come Grillo. Il consigliere politico di Berlusconi spiega che questa sindrome mette in pericolo la democrazia italiana. «E’ chiaro che il sistema politico non può funzionare se il 50% degli italiani nei sondaggi dichiara che non andrà a votare e un altro 25% si recherà alle urne per votare il Movimento 5 Stelle. Con Grillo - dice Toti - siamo passati dalla conventio ad excludendum dal potere che una volta riguardava i comuni italiani alla conventio ad (auto)excludendum di un movimento che si rifiuta in ogni modo di partecipare alla soluzione dei problemi. Ha mandato in Parlamento e si prepara a mandare a Strasburgo degli urlatori senza programmi, che vogliano solo distruggere». 

Ecco perchè a “Mattina Cinque” Berlusconi ha attaccato soprattutto Grillo paragonandolo a Hitler. «Gli italiani - ha avvertito l’ex premier - devono imparare ad avere paura di lui. Organizza la sua setta come faceva Robespierre. Grillo mi ricorda Lenin. Grillo è il prototipo di questi signori, Hitler compreso». Il leader di Forza Italia ha nel mirino tanti nemici e avversari. La Germania e la Merkel, certamente, perché la politica contro l’austerità e l’euro è un terreno elettorale fertile in Italia. E’ utile alla rimonta anche qualche buffetto a Renzi «simpatico tassatore», ma che in fondo potrebbe stare anche in Forza Italia. Altrettanto utili lo sono gli attacchi al capo dello Stato, che non gli ha concesso la grazia e avrebbe manovrato con Fini e altri per disarcionarlo da Palazzo Chigi nel 2011: pure questo, a giudizio di Berlusconi, farebbe presa sull’elettorato di centrodestra in fuga. Ma la vera bestia nera è Grillo, il terzo incomodo, il comico diventato politico con molti pensieri e tante parole che hanno caratterizzato l’era berlusconiana e che ora riempiono le piazze e le urne di 5 Stelle. Forza Italia è in affanno di consensi su questo lato e rischia di rimanere indietro, terzo tra i partiti italiani cannibalizzato da Beppe che fa opposizione dura e senza compromessi. E ciò mentre Berlusconi deve rincorrere Renzi sulle riforme costituzionali, ammettere che il giovane premier gli ricorda se stesso quando era pieno di energia e prometteva la rivoluzione liberale (mai realizzata). 

Alla fine Silvio si tiene per mano con Matteo e Beppe li infilza, dice che l’uno ha bisogno dell’altro per sopravvivere. Lasciandosi le mani libere da ogni responsabilità politica. La “Sindrome G”, appunto: quel terzo di elettori che votano per Grillo-Hitler-Lenin-Robespierre, e che considera le manovre politiche «giochi sporchi». Forse più che la “Sindrome G” si dovrebbe parlare di “Sindrome del terzo”, come la chiama il politologo Alessandro Campi: il terrore dell’ex Cavaliere rampante di finire in coda ai consensi, terzo sotto il 20%. Sarebbe la sua fine politica. 

Da - http://lastampa.it/2014/04/29/italia/politica/emorragia-di-voti-verso-grillo-la-paura-del-cav-di-arrivare-terzo-5cQK8tIFPBchfE3ShqWimJ/pagina.html
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« Risposta #160 inserito:: Maggio 06, 2014, 04:46:24 pm »

Politica
06/05/2014 - analisi

Berlusconi e il fascino delle primarie
Il Cavaliere e la successione in FI: «Serve un leader che piaccia agli elettori»

Amedeo La Mattina
Roma

La «sindrome Grillo» terrorizza Berlusconi. L’ex Cavaliere immagina cosa potrà accadere dopo le elezioni europee se colui che vorrebbe diventare «il dittatore d’Italia» farà incetta di voti in libera uscita da Forza Italia. Se, in sostanza, il Movimento 5 Stelle dovesse fare il botto, sarebbe inevitabile «stare tutti insieme». Berlusconi lo dice a Radio Anch’io, legando questa ipotesi eclatante a quello che potrà succedere nell’economia e alla condivisione da parte di Renzi delle riforme richieste da Forza Italia. E’ chiaro però che per Silvio Berlusconi il punto vero sia il «grande pericolo» che rappresenta il comico genovese: il detonatore anti-sistema che potrebbe azionare all’indomani del 25 maggio. 

Se Grillo dovesse umiliare il partito berlusconiano e tallonare da vicino il Pd, il quadro politico cambierebbe. Si potrebbe verificare in Italia quello che sembra già scritto a Bruxelles e a Strasburgo: l’alleanza tra Socialisti e Popolari, l’union sacrée per costruire una diga contro la vandea populista e anti-europea.

Uno scenario interno e continentale apocalittico e poco augurabile, ma che Berlusconi prende in considerazione, prefigurando il ritorno in maggioranza (se non addirittura al governo), questa volta con Matteo Renzi, dopo aver sbattuto la porta in faccia a Enrico Letta. Bisognerà vedere quanto reggerà il suo partito a questa tentazione o necessità politica. Un partito certo con ancora un leader, ma avanti negli anni, ai servizi sociali e non candidabile alla premiership. Una Forza Italia che, a detta dello stesso Berlusconi, non ha un nuovo leader spendibile.

«I leader - ha ammesso questa mattina sempre a Radio Anch’io - non si allevano in batteria come i polli, devono far innamorare la gente che se li sceglie». Marina? Chissà? Il padre ha ribadito che lo ha sconsigliato sia a Marina sia a Barbara. «Sarebbe un bene - ha precisato Berlusconi - se Fi avesse disponibile un leader nuovo che fosse accettato come tale dai nostri elettori e dalla classe media italiana». In ogni caso dovrà essere legittimato dal popolo. Giovanni Toti dice che se verrà scelto dal grande capo ci sarà poco da discutere dentro il partito. Il discorso cambierebbe quando bisognerà comporre, meglio ricomporre l’alleanza di centrodestra con Ncd, Fratelli d’Italia e Lega. In quel caso la scelta del candidato comune verrà fatta con le primarie. Berlusconi ha detto di sì, ha detto che sono «assolutamente necessarie». 

Una grande apertura, ma l’aveva fatta pure quando le primarie gliele aveva chieste l’allora segretario del Pdl Angelino Alfano. Non se ne fece niente e poi, attraverso altre vicende, si arrivò alla scissione. 

Da - http://lastampa.it/2014/05/06/italia/politica/berlusconi-e-il-fascino-delle-primarie-9XM9zM8miA5lrMxMLkm78O/pagina.html
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« Risposta #161 inserito:: Maggio 15, 2014, 10:40:53 am »

Cronache
13/05/2014 - il caso

Alfano minaccia l’Europa “Li lasceremo andare tutti”
Il ministro dell’Interno: “Non ci aiutate né a raccogliere i morti né a soccorrere i vivi”

Amedeo La Mattina
ROMA

Di fronte all’ennesima ecatombe del mare, Angelino Alfano reagisce con un avvertimento affilato a quei Paesi europei che girano la testa dall’altra parte, lasciando all’Italia tutti i costi, anche umani, di Mare Nostrum. «L’Unione europea ci ha lasciati soli. L’Italia non può diventare la prigione dei rifugiati politici. Tutti gli immigrati ai quali verrà riconosciuto il diritto d’asilo andranno in Europa dove e quando vogliono. Li lasceremo liberi di partire e raggiungere le loro mete. A buon intenditore...». Il ministro dell’Interno non chiama in causa direttamente i governi del centro e nord Europa, Germania in testa, che impediscono con veti e indifferenza di passare sotto l’egida comunitaria le competenze sull’immigrazione e sul controllo delle frontiere. 

Alfano accusa formalmente Bruxelles che se ne lava le mani e fa finta di non sapere che le coste italiane sono la frontiera sud del Vecchio Continente. Ma nella sostanza manda un messaggio durissimo a quei Paesi che sono considerati la terra promessa del fiume impetuoso che sale dall’Africa. Allora a «buon intenditore...». «Noi raccogliamo i morti e soccorriamo i vivi. Non ci aiutano a raccogliere i morti e allora si facciano carico di accogliere i vivi». E invece non fanno né l’uno né l’altro.

Viene in soccorso, solo a parole, il commissario agli Esteri Cecilia Malmstrom che di fatto dà ragione al nostro ministro dell’Interno quando chiede a «tutti gli Stati membri di dimostrare solidarietà e di discutere nel prossimo Consiglio Interni come si può contribuire ad affrontare le sfide nel Mediterraneo». Bene, commenta Alfano, perchè deve essere chiaro che l’Italia per «la stragrande maggioranza degli immigrati è solo un disperato approdo di transito». 

È uno strappo quello del responsabile del Viminale che deve pure sopportare di essere trascinato sul banco degli imputati dalla Lega e dai fratelli coltelli di Forza Italia i quali sono arrivati a chiederne la testa. Intanto Giovanni Toti twitta: «Centinaia di sbarchi ogni notte. Mantenere un immigrato clandestino costa più di una pensione minima. Ma Alfano che fa?». I candidati alle Europee di Fi Simone Furlan e Paolo Gottarelli sono andati sotto la prefettura di Bologna per contestare il governo e dire che con Mare Nostrum l’esecutivo sta facendo politiche di sinistra, favorendo l’immigrazione e spendendo risorse economiche che potrebbero essere utilizzate per i cittadini italiani. «Alfano - sostiene Furlan, ideatore dell’Esercito di Silvio - è inadeguato: dovrebbe dimettersi». Ad attaccare Alfano è anche il coordinatore siciliano di Forza Italia, il senatore Vincenzo Gibiino che parla di «fallimento dell’operazione Mare Nostrum e di incapacità del ministro dell’Interno nel gestire una situazione tanto delicata».


Siamo in piena campagna elettorale per le Europee e ognuno sfrutta qualunque cosa per attrarre consensi. Ma sulle tragedie umane, osserva Alfano, è inaccettabile la strumentalizzazione. «A chi ci attacca perché facciamo il soccorso ed evitiamo i morti, noi chiediamo, di fronte a questi altri morti, di passarsi una mano sulla coscienza». È uno scandalo, si arrabbia la portavoce di Ncd Barbara Saltamartini, che tutto venga ridotto a interessi elettorali: «Di fronte a ciò è accaduto, cosa risponde la coscienza di Giovanni Toti? Se la prende con Alfano. Vergogna! Cosa non si fa per un voto in più». Rimane il problema dell’Italia lasciata sola. Sarà uno dei cavalli di battaglia di Renzi e Alfano durante il semestre europeo a guida italiana. «Non c’è dubbio - spiega il sottosegretario Filippo Bubbico - che porremo con molta forza la questione. L’Unione europea deve dimostrare di essere una comunità e non una sommatoria di Stati, altrimenti non avrebbe senso. I sacrifici che stiamo facendo con Mare Nostrum però ci legittimano a reclamare una maggiore cooperazione e pretendere che Frontex sia un’agenzia più presente». 

Da - http://lastampa.it/2014/05/13/italia/cronache/alfano-minaccia-leuropa-li-lasceremo-andare-tutti-E973RCTKGhUsLFlFPYrntL/pagina.html
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« Risposta #162 inserito:: Giugno 18, 2014, 08:13:49 am »

Politica
17/06/2014

Yara, la fuga di notizie è un caso
Botta e risposta Alfano-Procura
Il Procuratore Dettori: volevamo mantenere il riserbo sul fermo.
Il ministro dell’Interno: «Si chieda chi ha diffuso tutti i dettagli»

Amedeo La Mattina
Roma

Non si ricordano molti altri casi in cui un procuratore della Repubblica bacchetti il ministro dell’Interno. E’ successo oggi: il procuratore di Bergamo Francesco Dettori ha detto chiaro e tondo che il suo ufficio avrebbe voluto «mantenere il riserbo» sul fermo di Massimo Giuseppe Bossetti ritenuto l’assassino di Yara Gambisario. Anche perchè «esiste in Costituzione la presunzione di innocenza», ha precisato il titolare dell’inchiesta che si è sentito scavalcato.

«Io non ho dato alcun dettaglio», replica Alfano. Piuttosto la Procura di Bergamo «dovrebbe chiedersi chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni e dettagli», ribatte il ministro dell’Interno, aggiungendo che «l’opinione pubblica aveva comunque diritto di sapere». «In un giorno di grandi successi occorre evitare polemiche e non sarò io ad alimentarle», dice Alfano.

«Non credo che il procuratore ce l’avesse con me, in quanto non ho dato nessun dettaglio - ribadisce il ministro - piuttosto si dovrebbe chiedere chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni e dettagli. E certamente non è stato il governo».

Ma quello del Procuratore resta un colpo di clava in testa al responsabile del Viminale, un cortocircuito tra magistratura e potere esecutivo. Ma perchè Alfano lo ha fatto? Perché ha sentito l’impellente bisogno di anticipare quello che gli organi competenti sono autorizzati a fare? Le spiegazioni possono essere diverse e quelle dei politici sono le più velenose. Dicono che il ministro dell’Interno viva male la sua situazione, relegato in un cono d’ombra dentro il governo, schiacciato dal Moloch renziano. Non emerge come ministro e come leader del Nuovo Centrodestra. Dentro il suo partito, sostengono gli appassionati del gossip politico taglia e cuci, la sua leadership è appannata dopo il deludente risultato elettorale delle Europee. L’altro ministro Ncd, Maurizio Lupi, ancora non ha deciso se rimanere al suo posto o volare a Strasburgo per onorare i voti ricevuti come eurodeputato. Gira voce che in autunno Renzi voglia fare un «ritocchino» alla squadra di governo e il partito di Alfano potrebbe perdere un posto.

 Anche Beppe Grillo non risparmia critiche al ministro. «Alfano l’ha fatta grossa. Siamo letteralmente senza parole. È gravissimo quello che è successo», scrive il leader del Movimento 5 Stelle su Facebook. Insomma, sull’anticipazione dell’arresto si fanno tante ipotesi, forse eccessive. Magari rimane l’esigenza di visibilità da parte di un ministro che deve compensare difficoltà crescenti: non solo politiche, ma anche quelle di gestione del fenomeno migratorio che sta diventando sempre più drammatico e imbarazzante. Il problema è di tutto il governo, ma il Viminale è in prima linea in questa storia. Non basta minacciare l’Europa, anche perchè in questo momento a Bruxelles non c’è nessuno ad ascoltarci (le cariche sono tutte da rinnovare e gli altri Paesi ci guardano indifferenti). 

Da - http://www.lastampa.it/2014/06/17/italia/politica/alfano-strategie-di-resistenza-alleffettorenzi-8WdrEQKCDhCVGeMpRCogWM/pagina.html
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« Risposta #163 inserito:: Giugno 23, 2014, 10:41:59 pm »

Politica
23/06/2014 - intervista

Salvini “Chi prende mazzette deve essere arrestato. Punto e basta”
Il segretario della Lega: per il resto le guarentigie devono restare solo per quanto riguarda le attività legislative dei senatori

Amedeo La Mattina
ROMA

Matteo Salvini dice di essere d’accordo con Roberto Calderoli: l’immunità parlamentare deve valere per tutti, deputati e senatori, oppure non va riconosciuta a nessuno. «Mi sembra logico che non ci possano essere legislatori di serie A perchè siedono alla Camera e legislatori di serie B perché compongono il Senato». Ma il segretario della Lega ha più di una perplessità e precisa: l’immunità non può valere per i comportamenti illeciti commessi dai sindaci e dai consiglieri regionali durante il loro mandato di amministratori. 

Lei quindi non condivide l’emendamento che porta la firma di Calderoli e Finocchiaro e che sembra sia stata avallata dal governo? 

«Non ho letto l’emendamento che ha sollevato tanto clamore e polemiche. Chiederò delucidazioni a Calderoli, ma dico subito che se l’immunità viene estesa senza limiti non mi piace. Detto questo, in linea di principio io sono a favore a una tutela del parlamentare. Non siamo più la Lega che agita il cappio in aula. In questi 20 anni ho visto troppi nostri sindaci e assessori comunali arrestati e poi rilasciati perché è emerso che non c’era nulla a loro carico. Ma intanto sono stati rovinati e messi alla gogna e nel tritacarne mediatico».

Dunque immunità sì ma entro certi limiti. 
«Il principio è sacrosanto ma ho visto molti amministratori rovinati da magistrati che non rispondono mai dei loro errori. Per questo io sono favorevole alla responsabilità civile dei magistrati. Invece a chi ruba un solo euro gli deve essere impedito per tutta la vita di fare politica, anche di fare l’amministratore di condominio».

La Lega però è sempre stata contro l’immunità. 
«Sì è vero, la Lega è sempre stata contro l’immunità, ma l’esperienza ci deve insegnare qualcosa».

 Il problema è la magistratura? 
«I problemi in Italia sono mille ma se la magistratura non fosse ideologizzata sarebbe un conto ma a non è così. Lo scontro nella procura di Milano è terribile: il procuratore che accusa un suo pm di insabbiare è incredibile. Cosa deve pensare un cittadino comune? Comunque, per tornare all’immunità e a scanso di equivoci, io la terrei ovviamente solo per fatti riconducibile all’attività legislativa e politica del senatore che è anche sindaco o consigliere regionale. Ma se per esempio arriva il sindaco di Venezia, non può avere l’immunità per quello che ha fatto. Il modello deve essere quello che esiste a Bruxelles per gli eurodeputati. Se piglio una mazzetta devo essere arrestato, punto e basta, anche se mi mandano a Palazzo Madama». 

La Lega ha avuto un ruolo importante nella stesura degli emendamenti della riforma costituzionale, ma Renzi ha cercato disconoscere il lavoro fatto da Calderoli insieme alla presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro. Che ne dice? 

«C’è chi compra casa a sua insaputa e chi presenta emendamenti senza saperlo. Se il governo e il ministro Boschi credono veramente nel riforme vadano avanti. Se cambiano idea ogni 24 ore è un problema loro. Comunque non credo che sull’immunità passa il successo delle riforme. A noi stanno cuore i costi standard, i poteri delle Regioni e delle autonomie».

Calderoli sostiene che alla fine Berlusconi si sfilerà dalle riforme. Secondo lei come andrà a finire? 
«Fossi in Berlusconi penserei di non votare la legge elettorale sciagurata e pessima che è stata chiamata Italicum. A posto suo non farei più favori a Renzi, anche perchè lo stanno trattando come il peggiore dei delinquenti. In molti vogliono fargli fare una fine ingloriosa». 

Difende Berlusconi perché prima o poi dovrete ricostruire l’alleanza di centrodestra? 
«Non è questo il punto. Vedo che infieriscono su Berlusconi. Ritengo inutile aprire sempre nuovi processi».

Il capo dello Stato dovrebbe concedergli la grazia? 
«Non lo so, non sta a me decidere una cosa del genere, ma io ci metterei una pietra sopra e buona notte. La verità è che in Italia è arrivato il momento di fare la riforma della giustizia: spero che sia in testa all’agenda di governo. Ora si può fare perchè non c’è più l’alibi di Berlusconi». 

Da - http://lastampa.it/2014/06/23/italia/politica/salvini-chi-prende-mazzette-deve-essere-arrestato-punto-e-basta-JVtOkR4EID9vvHi6WaRSxM/pagina.html
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« Risposta #164 inserito:: Luglio 26, 2014, 11:14:33 am »

Politica
26/07/2014

Alfano: “Cambiamo l’Italicum poi dialoghiamo con Forza Italia”
Restano i nervi tesi e musi lunghi nella “gamba destra” del governo
Oggi a Roma la prima assemblea nazionale del Nuovo centrodestra

Amedeo La Mattina
ROMA

Ci saranno molti musi lunghi alla Sala Novecento dell’Eur. L’entusiasmo e le risate delle prime uscite pubbliche del Nuovo Centrodestra hanno lasciato il posto a sguardi in cagnesco e divisioni su come e se riprendere il rapporto con Berlusconi. Bisognerà vedere se oggi all’Assemblea nazionale di Ncd (400 i delegati) questi sentimenti e contrasti emergeranno plasticamente oppure si farà finta di nulla. Una cosa però è sicura ed è la sfida che verrà lanciata a Berlusconi sulla riforma elettorale (l’Italicum e le soglie di sbarramento dovranno cambiare se si vuole ricostruire il centrodestra). 

Il capofila della tendenza Silvio è Lupi, insieme a De Girolamo e Saltamartini. I maligni dicono che il ministro per le Infrastrutture vuole la rimpatriata con i fratelli separati perché punta a candidarsi a sindaco di Milano, tra due anni, sostenuto da tutto il centrodestra. Più semplicemente Lupi ritiene che solo nel campo alternativo a Renzi potrà nascere qualcosa di nuovo nei prossimi mesi e anni. A cominciare dalle prossime regionali di novembre in Calabria ed Emilia Romagna. 

Ecco, proprio sulle prospettive di alleanze a livello locale si è verificato un incidente con il coordinatore del partito Quagliariello l’altra sera all’assemblea dei deputati. L’ex ministro delle Riforme stava rispondendo a una domanda dell’onorevole Raffaele Calabrò che chiedeva delucidazioni proprio sulle alleanze alle regionali e alle comunali. Quagliariello ha spiegato che saranno prevalentemente alternative alla sinistra ma si potranno verificare «casi eccezionali» in cui si renderà necessaria un’intesa con il Pd: come del resto è da considerare eccezionale la maggioranza di governo a Roma. Lupi è arrivato alla fine della riunione e qualcuno gli ha riferito che stava passando la linea delle alleanze a geometria variabile, scartando fin da adesso i recupero dei rapporti sistematici con Forza Italia. «Se le cose stanno così - ha detto il ministro - allora significa che sono in minoranza». 

Si era pure sparsa la voce che Lupi non sarebbe andato all’Assemblea nazione. Invece ci sarà. C’è stato un chiarimento con Quagliariello: l’obiettivo per tutti rimanere la rifondazione del centrodestra, partendo però dalla Costituente Popolare con l’Udc di Casini e Cesa, i Popolari per l’Italia di Mario Mauro e un pezzo di Scelta civica. Presto verranno formati i gruppi parlamentari unici con queste forze politiche (95 tra deputati e senatori) che faranno sentire la propria voce nella maggioranza. 

A tenere unite le varie anime di Ncd è Angelino Alfano: non ci sarà il ritorno all’ovile e nemmeno una federazione con Fi. «Non ci faremo dividere, non si faremo uccidere da nessuno», dice il ministro dell’Interno che oggi metterà a fuoco il profilo che dovrà avere la Costituente Popolare. Maggiore incidenza su alcune battaglie (alleggerimento del fisco per famiglia, lotta alla burocrazia, maggiore impegno per crescita, riforma della giustizia». Rivendicherà quello che è stato fatto dal governo grazie alla presenza di Ncd e la necessità di portare a casa la riforma costituzionale. Dunque nelle intenzioni di Alfano c’è un maggiore protagonismo nella maggioranza e nel governo perchè è l’unico modo per crescere di visibilità e identità. Ma il punto centrale è la riforma elettorale. E questa è la cartina di tornasole per il dialogo con Berlusconi. La soglia di sbarramento deve essere unica (4%) per tutti i partiti, coalizzati e non. 

Ma le ambiguità dentro Ncd non sono risolte. Gli «antiberlusconiani» sostengono di sì. «All’assemblea diremo - spiega Formigoni - che siamo un partito autonomo, che andiamo per la nostra strada perché la vecchia casa delle libertà è una casa diroccata». La pensano così Quagliariello, Lorenzin, Cicchitto e lo stesso Alfano che però si tiene formalmente sopra le parti. Lupi, De Girolamo e Saltamartini non sono d’accordo e oggi qualcosa diranno. 

Da - http://www.lastampa.it/2014/07/26/italia/politica/alfano-cambiamo-litalicum-poi-dialoghiamo-con-forza-italia-actG7xZLwKQ1IXcyyuXkQN/pagina.html
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