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Autore Discussione: AMEDEO LA MATTINA.  (Letto 119084 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Luglio 13, 2011, 04:48:09 pm »

Politica

13/07/2011 - RETROSCENA

Berlusconi teme di cadere nella trappola bipartisan

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, teme che ci sia una manovra per farlo dimettere

Ma il premier è convinto che sia l'ultimo scoglio da affrontare

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Berlusconi finalmente si fa vivo con una nota, in ritardo di alcuni giorni, quando le nubi nerissime della speculazione sull’Italia si sono allontanate (per il momento) e la Borsa mette a segno un incredibile recupero. Non ringrazia l’opposizione che consente l’approvazione a tempi di record della manovra economica, anche se alla fine il governo ha deciso di mettere comunque la fiducia. Si limita a invocare «coesione» e a dire che c’è «l’impegno di tutte le forze politiche, al governo e all’opposizione, a difendere il Paese». A ringraziare «per il senso dello Stato» è stato invece Tremonti durante un incontro con i capigruppo del centrosinistra al Senato. Per il premier il loro tutto sommato è un atto dovuto di responsabilità, «il primo in questa legislatura».

Si spiega solo in questo modo il rifiuto del Cavaliere di fare un appello agli avversari mentre nei giorni scorsi infuriava la tempesta.
C’è addirittura chi, come Gianni Letta, avrebbe voluto la convocazione di Bersani, Casini e Di Pietro a Palazzo Chigi sullo stile di Obama con i Repubblicani. Lui invece non crede alla loro buona fede («sono stati costretti da Napolitano») come si evince dal fatto che ancora ieri chiedevano la sua testa, le dimissioni in blocco del governo. Non se ne parla, perchè questo esecutivo «ha l’Europa al suo fianco e possiamo contare su innegabili punti di forza. Il governo è stabile e forte, la maggioranza è coesa e determinata. Le nostre banche sono solide e al riparo dai colpi che grandi istituti bancari esteri hanno dovuto subire e sono state pronte a rispondere agli inviti ad accrescere ulteriormente la loro capitalizzazione. La nostra economia è vitale».

Questo è quello che il presidente del Consiglio afferma in una nota tanto attesa dopo che da più parti gli si chiedeva di battere un colpo. E il colpo lo ha battuto a suo modo. A Palazzo Chigi spiegano non lo ha fatto prima perchè bisognava far passare il momento più cupo dell’attacco speculativo e solo quando si è capito che la manovra veniva approvata entro questa settimana allora il premier si è pronunciato.
Ma ci sono altre spiegazioni al suo ritorno sulla scena politica dopo la batosta della sentenza sul Lodo Mondadori. E’ stato costretto per non sentirsi dire che il capo dello Stato sta di fatto svolgendo un ruolo di supplenza politica. Addirittura pure la Merkel, dall’estero, «prova a governarci» titolava ieri Libero.

Insomma Berlusconi non ne sentiva la necessità tutto preso come è dall’ira per la sentenza sul Lodo Mondadori. Non usa infatti toni bipartisan ed è convinto di poter superare questo momentaccio, e portare a termine la legislatura. Tanto da far dire a Casini che si aspettava «un gesto di sensibilità istituzionale da parte del premier, che invece è fermo nel suo delirio di autosufficienza».
Ma la storia potrebbe non finire qua: non è detto che i movimenti speculativi si siano definitivamente fermati. Ora intanto la manovra verrà approvata mettendo la fiducia. Sembrava che non ce ne fosse bisogno visto che l’opposizione aveva dato via libera (anche il Quirinale non gradisce che il governo metta la fiducia). «Lo facciamo solo per problemi tecnici, per fare prima», spiega il vicecapogruppo del Pdl al Senato Quagliariello. Sarà pure così, ma è comunque un segno di nervosismo, un volersi assicurare un risultato che alla fine rafforza Berlusconi preoccupato per quello che succederà dopo.

Una volta superata lo scoglio di questi giorni, i problemi della maggioranza rimarranno tali e quali, a cominciare dal rapporto con il ministro dell’Economia. Ieri a Montecitorio girava voce che dall’inchiesta su Milanese sono in arrivo altre carte compromettenti per Tremonti. E che questo potrebbe spingere verso un governo di transizione. Nella maggioranza c’è pure chi se lo augura nella convinzione di potere scaricare l’onere di affrontare la difficile situazione economica e finanziaria. Sono solo elucubrazioni che danno il senso di affanno del centrodestra.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/411262/
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« Risposta #76 inserito:: Luglio 16, 2011, 04:57:55 pm »

Politica

16/07/2011 - IL CASO

La Lega spaventa il Cavaliere "Nessuna alternativa a me"


«E Bossi lo sa». Il premier tenta di fugare i forti malumori padani.

Però Maroni avvisa: a settembre molte cose cambieranno, vedrete

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Bossi vuole mandare «in galera» Alfonso Papa. Il capo leghista ritira fuori quel cappio che agitò Luca Leoni Orsenigo nell’aula di Montecitorio nel 1993 durante gli scandali di Tangentopoli. L’allusione alle forche per i politici corrotti fa rabbrividire Berlusconi che sta facendo di tutto per salvare il suo deputato e convincere il leader leghista a cambiare posizione. Il Senatur promette ma poi non mantiene. Come è successo ieri mattina quando il premier gli ha telefonato per votare contro l’arresto ma poi i leghisti in Giunta si sono astenuti facendo passare la posizione dell’opposizione. «Guarda Umberto, se lasciamo passare l’arresto di uno poi diventa una valanga. E io non sono disposto ad arrendermi alla gogna giudiziaria autorizzando arresti preventivi. E poi magari il povero cristo risulta innocente dopo anni di calvario». E a tutti i parlamentari che sono andati a salutarlo ha detto che bisogna rimanere uniti, di essere contrario ai processi in aula. «La carcerazione preventiva per un parlamentare sarebbe un gravissimo precedente». Si sfoga ed esprimere amarezza per la sentenza sul Lodo Mondadori («non sono arrabbiato, di più...»), che avrebbe arrecato sofferenza ai suoi familiari.

Archiviata la manovra economica Berlusconi torna a parlare e si lancia in una affermazione che un ministro ha definito «lunare», cioè che adesso è l’ora delle riforme, anche quella fiscale per abbassare le tasse. La verità è che non ci crede nessuno e nemmeno lui. Torna a parlare in pubblico e in privato. Ma in pubblico lo fa con misura. Ieri, uscendo dall’aula a votazione conclusa si è presentato con un foglietto scritto a mano dentro una cartella di pelle rossa con le dichiarazioni da rilasciare alla stampa. Alla prima domanda scomoda è stato tirato via da Sestino Giacomoni, uno dei più stretti collaboratori. In privato spiega che bisogna resistere all’assalto delle procure che vogliono abbattere il governo, «ma non c’è un’alternativa a questa maggioranza e Bossi lo sa». Ecco che ritorna il problema dei rapporti con la Lega che ha difficoltà a far accettare al suo elettorato un’alleanza con un Pdl pieno di inquisiti. Perché non c’è solo il caso Papa, Milanese e Romano. Sarebbero in arrivo da diverse procure richieste d’arresto per almeno 3 parlamentari (c’è chi parla di 7), tra cui un deputato ligure e un presidente di Provincia. Poi a Montecitorio non si fa altro che parlare di quello che potrebbe venir fuori dalle carte di Napoli su Tremonti, ma il procuratore Lepore lo ha escluso categoricamente.

Ieri Tremonti era particolarmente affabile. Parlava di libri e di Simenon dicendo di avere letto «Tre camere a Manhattan» e «Il Presidente». Su quest’ultima citazione si sono scatenati i giornalisti e le malelingue che sono andati a riprendere la storia in cui si narra di un uomo molto potente che era stato a un passo dal diventare Presidente della Repubblica. Ma vecchio e malato viene controllato perché qualcuno lo ritiene pericoloso. Tra questi il suo ex segretario particolare che sta per diventare primo ministro e che il Presidente tiene in pugno perché conserva una lettera compromettente. Dal tono rilassato della conversazione con i giornalisti tutto sembrava ma non che volesse fare riferimenti cattivi (Berlusconi e Alfano). Semmai il ministro dell’Economia era molto soddisfatto di aver portato in porto una manovra corposa, una diga contro la speculazione dei mercati: «L’Italia oggi è più forte». E anche lui si sente più forte, perché non teme nulla che possa esporlo nell’inchiesta sul caso Milanese.

L’enigma di Berlusconi si chiama però Bossi. Il premier sa che il leader della Lega è alle prese con forti contrasti interni, con un Maroni che ieri diceva ai suoi deputati di riferimento di stare calmi, di votare la manovra: «Poi a settembre molte cose cambieranno». Insomma, il Carroccio tornato all’origine del cappio staccherà la spina? Berlusconi ha invitato Bossi a non farsi incantare dalle sirene dell’opposizione e del Quirinale. Ma cosa accadrà è ancora un’incognita. Non si sa chi andrà al posto di Alfano alla Giustizia, anche se circola la voce che la prossima settimana verrà fuori il nome. L’«Incidente» è sempre dietro l’angolo e la sindrome del cappio spaventa il Cavaliere.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/411769/
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« Risposta #77 inserito:: Luglio 17, 2011, 07:03:24 pm »

Politica

17/07/2011 - RETROSCENA

Berlusconi al Senatur "Non credere a Woodcock"

L'arma del voto segreto potrebbe salvare il deputato inquisito

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Il giallo della Lega e i timori del Pdl. Il punto ancora non risolto è: cosa farà mercoledì il Carroccio quando verrà messa ai voti la richiesta d’arresto di Alfonso Papa? L’altro giorno, prima di lasciare Roma, Bossi si è sbilanciato, emettendo la sentenza. Ieri sera il clamoroso voltafaccia.

Che cosa è accaduto? Torniamo a venerdì sera, sull’aereo che riportava a casa Berlusconi e il Senatur. Il premier si è appellato alla tenuta della maggioranza, ha ricordato che verrebbe dato «un segnale devastante di divisione», si aprirebbe il portone di Montecitorio alle procure. «Umberto, non possiamo abbassare la testa. Ma ti rendi conto chi sta facendo le indagini, chi ha chiesto l’arresto di Papa? Quel Woodcock è un esaltato. Le sue indagini sono tutte finite nel nulla. E’ lo stesso che chiese l’arresto del deputato del Pd Margiotta e che la Camera respinse. Sai come è andata a finire? A maggio di quest’anno è stato assolto con formula piena. Ghedini - ha aggiunto il premier indicando l’avvocato seduto accanto - potrebbe farti un elenco infinito delle cause perse da Woodcock».

Bossi ha ascoltato senza dare una risposta definitiva. I due forse si vedranno domani per prendere una decisione. Non è escluso che il capo leghista stia trattando qualcosa (la nomina a ministro di Reguzzoni che lascerebbe la carica di capogruppo al maroniano Stucchi?). In fondo ha condiviso il ragionamento di Berlusconi, e ora bisogna vedere se alle parole seguiranno i fatti. Perché anche per lui fare marcia indietro dopo quel ringhio alla Bracardi «in galera» diventa difficile.

Anche perché Bossi ha un disperato bisogno di marcare sempre di più la differenza con il Pdl. Molti elettori lo hanno salutato alle scorse amministrative, e l’emorragia potrebbe continuare alle prossime prove elettorali. Un sondaggio che circola a via Bellerio evidenzia che sono in crescita i leghisti, scontenti di Berlusconi e della corte di inquisiti, che guardano con interesse all’Idv forcaiola di Antonio Di Pietro. Anche il suo zoccolo duro è costretto a turarsi il naso con le pinze, come hanno fanno tutti i deputati (la maggioranza che ha Maroni come punto di riferimento) quando hanno votano le leggi ad personam. E allora, che fa Bossi? Qui c’è il timore, che paradossalmente è anche una speranza, di Berlusconi.

Al di là delle parole di ieri sera, Bossi ha davanti a sè più di una carta da giocare. Potrebbe salvare Papa senza lasciare le impronte digitali. A scrutinio segreto i voti per respingere l’arresto potrebbero arrivare un po’ dalla Lega e dall’Udc, e qualcosina anche dal Pd. Del resto, anche nell’opposizione non sono pochi i deputati che temono di aprire il portone di Montecitorio alle procure. E poi basta non presentarsi alla Camera al momento del voto, una cinquantina di assenze strategiche, si abbassa il quorum e il gioco è fatto. Bossi potrebbe fare propaganda, dire di aver tenuto duro, cavalcare gli istinti forcaioli, non sporcarsi le mani. O ancora: dire che nessuno va in galera senza processo, e poi, nel segreto dell’urna, far scattare il doppio gioco e le manette. Ovviamente Bersani e Casini faranno di tutto per non farsi prendere in giro e non levare a Bossi le castagne dal fuoco.

Ma riusciranno nel loro intento a garantire la presenza di tutti i loro deputati? C’è un’ipotesi che potrebbe levare tutti dai guai: Papa si dimette e si consegna ai carcerieri. Domani sera, dunque, una nuova puntata: se l’incontro con il premier verrà confermato, il Senatur potrebbe attenuare la sua posizione, magari scegliere di far astenere i suoi deputati, poi la roulette russa del voto segreto farà il suo gioco. Ma ora dovrà vedersela con Maroni, che vuole a tutti i costi il voto per l’arresto dell’ex magistrato.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/411865/
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« Risposta #78 inserito:: Luglio 20, 2011, 10:02:22 am »

Politica

18/07/2011 - RETROSCENA

Una poltrona a Reguzzoni per placare la guerra nella Lega

Ma la mina vagante è Romano: Maroni non difenderà un indagato per mafia

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Il dietrofront di Bossi sul caso Papa rende felice Berlusconi, ma non è gratis. Certo, il Senatur condivide il ragionamento del premier, quello di non aprire il portone di Montecitorio alle procure perchè da lì può entrare lo tsunami che travolgerebbe la maggioranza. E poi questo Woodcock («un esaltato») non ne ha mai azzaccata una. Il risultato, chiosa lo stesso capo leghista, che sembra avere rimesso il cappio nel cassetto, è che a guadagnarci sarebbe Di Pietro, come ai tempi di Craxi. Poi, aggiunge Berlusconi, se dovesse finire in carcere Papa con i voti leghisti, a settembre la vittima successiva sarebbe Milanese, che si trascinerebbe Tremonti. Ma sul ministro dell’Economia il leader del Carroccio tira il freno a mano. Sabato sera alla festa del Redentore a Venezia si è lanciato in una sperticata difesa. «Tremonti non si tocca: è appoggiato dalla Lega, non lo uccide nessuno. Io i miei amici li difendo, Tremonti è una persona perbene».

Ma, appunto, non c’è solo questo nella piroetta del capo leghista che ha mandato in bestia Maroni. No, ci sarebbe il trasferimento del capogruppo del Carroccio Reguzzoni al ministero per le Politiche comunitarie. Lasciando libera una casella destinata a Stucchi, uomo di Maroni. Così, si illudono Bossi e Berlusconi, il ministro dell’Interno si tranquillizza e se ne sta calmo. Questo ministero è rimasto vacante in attesa che Ronchi, dimessosi per seguire Fini, rientrasse come il figliol prodigo. In effetti è tornato, ma è stato lo stesso Ronchi a rinunciare a quella poltrona che aveva lasciato tra tormenti e sofferenze. Si è consultato con Alemanno e altri amici romani ex An, e tutti gli hanno consigliato di rimanere fuori dal governo: «Ti sputtaneresti».

Ecco, l’incontro di oggi tra il premier e Napolitano (è stato chiesto dal premier attraverso Letta: la precisazione del Quirinale non è casuale) potrebbe servire anche a fare il punto delle nomine ministeriali. A cominciare dalla sostituzione alla Giustizia dello scalpitante Alfano (si dimetterà nei prossimi giorni) che non vede l’ora di cominciare a fare il segretario del Pdl a tempo pieno. Berlusconi non ha un nome secco: porterà al Quirinale una rosa di nomi e il Colle esprimerà un gradimento. Sistemato così il governo, il premier penserà alla sopravvivenza futura. Bossi continua a puntellarlo perchè non pensa che ci sia un’alternativa credibile. Diffida di esecutivi tecnici e di larghe intese che passerebbero per la decapitazione del Cavaliere e anche della sua. Osserva i movimenti dell’opposizione e si infastidisce quando gli avversari lisciano il pelo a Maroni (ieri lo ha fatto Bocchino del Fli). Veltroni invece liscia il pelo ad Alfano (al Corriere della Sera ha detto che potrebbe essere «l’uomo di una nuova destra»). Guarda caso Maroni e Alfano sono i due protagonisti del superamento del tandem Bossi-Berlusconi. Ma è difficile che i due delfini vogliano commettere il parricidio. Sono due persone leali, ma fino a quando non commettono l’assassinio politico non avranno ali per volare.

A preoccupare Berlusconi è la faglia dentro la Lega, con Bossi che sbanda, si contraddice e getta nel panico la base. Venerdì ha detto che Papa deve andare «in galera»; dopo 24 ore la piroetta: «Non va bene mettergli le manette prima del processo». Il Cavaliere applaude, Maroni è furioso. «La situazione è diventata insopportabile. Se voteremo no all’arresto di Papa, dovremo fare lo stesso per Milanese, ma poi arriva il caso Romano e per me sarebbe devastante salvare pure chi è accusato di essere vicino alla mafia». Maroni è in cul de sac: non può contraddire Bossi; nonostante il voto segreto di mercoledì, non può chiedere ai deputati che fanno capo a lui (40 su 59) di votare sì all’arresto di Papa perchè verrebbe sconfessato il capo. Ieri sera Bossi ne ha detta una terza, e chi ci capisce ancora qualcosa è bravo. A settembre comunque potrebbe esserci la resa dei conti tra i maroniani e il cerchio magico filoberlusconiano che sta attorno a Bossi. Sul caso Romano, su cui pende la mozione di sfiducia dell’opposizione, il ministro dell’Interno non potrà che puntare i piedi.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/411970/
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« Risposta #79 inserito:: Luglio 21, 2011, 05:56:46 pm »

Politica

21/07/2011 - RETROSCENA

"Ormai la parola di Bossi non conta più nulla"

L'ira di Berlusconi tradito dal più fedele alleato: «Ora bisogna trattare con Maroni»

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Da oggi la parola di Bossi non vale più niente. Ora bisogna capire cosa ha in testa Maroni. E’ con lui che bisogna parlare». Berlusconi ha capito che si è chiusa un’epoca, che nella Lega non comanda più il Senatùr. Ora si possono aprire scenari imprevedibili. Anche un governo istituzionale, da evitare. Ha capito che «con questo voto si è celebrato il congresso della Lega, e ha vinto lui».

Ha vinto quel Bobo Maroni che non è andato a sedersi tra i suoi deputati, mentre dal banco del governo dopo il voto è stato notato quel signore vestito di scuro con la camicia bianca che si è avvicinato al «nuovo» capo della Lega. «Abbiamo un ottimo ministro dell’Interno, complimenti». Di Pietro gli ha stretto la mano e si è allontanato. Soddisfatto. Una scena che non lascia presagire nulla di buono per Berlusconi e che ha fatto salire un brivido lungo la schiena ai più stretti collaboratori del premier. Il quale di primo acchito non aveva capito come era finita la votazione. Si è consultato con Fitto, alla sua destra, e quando ha realizzato il disastro il suo volto è diventato terreo. Ha battuto il pugno sul tavolo ed è uscito dall’aula per infilarsi nella stanza del governo. Qui è esplosa tutta la sua rabbia. Non ha risparmiato nessuno. Casini che «in una giornata ha bruciato tutto il suo passato politico». E poi «quei Radicali che da una vita ci riempiono la testa con il garantismo e ora si scoprono improvvisamente forcaioli». Per Berlusconi è «una vergogna». Una vergogna per tutti, per il Pd che manda in galera Papa ma al Senato salva Tedesco. Dice che bisogna resistere all’ondata di manette, reagire a «questo medioevo giudiziario».

Ma il problema centrale è la Lega, dove ci sarà una resa dei conti tra i maroniani e i filogovernativi inviperiti di Reguzzoni, con Bossi che non controlla più il partito. Il Senatùr aveva assicurato a Berlusconi la riuscita del rischioso gioco acrobatico: dire di sì all’arresto per salvare la faccia di fronte al proprio elettorato; poi nel segreto dell’urna salvare Alfonso Papa, con una trentina di voti leghisti contrari alle manette. Nella speranza che dall’opposizione arrivasse il soccorso. Era quello che la sera prima del voto il capogruppo Reguzzoni aveva confidato durante una cena, ma un uccellino è andato a riferirlo a Maroni. «Vedremo se il giochino riesce», è stato il commento di Maroni.

«E’ con Maroni che adesso bisogna parlare», diceva ieri un ministro berlusconiano mentre lasciava Montecitorio. Ed è lo stesso concetto che in serata si è sentito ripetere Berlusconi durante un vertice che si è svolto a Palazzo Grazioli. E’ con il nuovo leader leghista che bisogna fare i conti per evitare che lui guardi oltre il centrodestra. Nessuno ha osato dire quello che in privato alcuni confidano, e cioè che è arrivato il momento di passare la mano ad Alfano con un nuovo governo retto da un nuovo asse Maroni-Alfano, appunto. Lo dovrebbe capire da solo il Cavaliere. Il quale tra l’altro, incontrando in mattinata i coordinatori del Pdl, ha spiegato che inevitabilmente si sente a fine corsa. E’ il momento di spendere tutte le energie del partito per sostenere Angelino e la sua candidatura alla premiership. «Se siamo bravi, se siete bravi - ha detto ai dirigenti regionali del Pdl - ce la possiamo fare a vincere nel 2013. Abbiamo 20 mesi per recuperare terreno».

Venti mesi che sembrano un’eternità dopo il catastrofico voto di ieri su Papa e l’incapacità della maggioranza di mettersi d’accordo sul decreto rifiuti e sugli altri temi che dividono le strade della maggioranza. Proprio ieri, il viceministro Castelli ha avvertito che non è più disposto a finanziare le missioni militari all’estero. Ora Berlusconi proverà a chiarire con Bossi. Ma ha poche speranze di poter trovare la «quadra», come ai vecchi tempi, di frenare le prospettive politiche di Maroni. Si rende conto che il vero chiarimento per salvare il governo e non aprire il portone dei Palazzi alle procure deve averlo con il ministro dell’Interno. Non c’è altra via d’uscita, è stato osservato da tutti nel vertice di ieri sera, perché l’esecutivo non può sopravvivere se gli accordi che vengono presi da Bossi poi vengono capovolti in aula dalla forte pattuglia maroniana. Quell’«abbiamo un ottimo ministro dell’Interno» pronunciato da Di Pietro apre lo scenario di un governo istituzionale magari presieduto dallo stesso Maroni. Il quale ieri ha avuto il coraggio di fare lo strappo nei confronti di Bossi. Ora lui attende che altrettanto faccia il nuovo segretario Alfano.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/412374/
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« Risposta #80 inserito:: Agosto 07, 2011, 12:28:41 pm »

Politica

07/08/2011 - RETROSCENA

Gli scongiuri del premier: "Quello che accadrà ora non dipende da noi"

Cavaliere in Sardegna senza certezze.

Bonaiuti: bisognerà rifare i calcoli

AMADEO LA MATTINA
ROMA
Basterà l’annuncio fatto venerdì da Berlusconi e Tremonti di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio? Nella maggioranza non c’è traccia di ottimismo. Il governo rimane con il fiato sospeso durante il fine settimana in attesa dell’apertura delle borse. A a complicare tutto è arrivato ieri il downgrade del debito sovrano americano. «Quello che accade e accadrà non dipende da quello che facciamo noi», ha spiegato ieri Berlusconi che prende tempo. Infatti non è stata ancora fissato il Consiglio dei ministri che dovrà rendere operativa la mossa annunciata insieme al ministro dell’Economia. Ci sarà prima l’incontro con le parti sociali, l’audizione di Tremonti in Parlamento e poi «bisognerà rifare i calcoli», dice il portavoce del premier, Paolo Bonaiuti, che smentisce una riunione del governo tra mercoledì e giovedì.

Non è questo il problema, osservano a Palazzo Chigi.

Il problema principale è verificare se la Bce comincerà ad acquistare i titoli di Stato italiani.
Questo darebbe all’Italia una vera boccata d’ossigeno. La Germania sembra ancora contraria, ma la pressione che viene da Washington e da Parigi potrebbe sbloccare il veto della Merkel. Bossi lo ha detto chiaro e tondo: se non riusciremo a far comprare i titoli di Stato alla Bce, diventa «un casino; tutti hanno paura che diventino carta straccia». Il leader leghista tuttavia è convinto che la svolta ci sarà e ciò grazie alla decisione di anticipare di un anno il pareggio di bilancio. La stessa certezza Berlusconi non ce l’ha perchè quanto accadrà negli Stati Uniti dopo il downgrade ha effetti imprevedibili. Si teme il peggio. E non è per nulla consolatorio il giudizio di un ministro che parla di nemesi per Washington: «Per anni l’Italia è stata criticata e attaccata per il suo debito pubblico, ora anche gli Usa subiscono il giudizio negativo di un’importante agenzia di rating».

Una magra consolazione per il Berlusconi che vola nella sua villa in Sardegna ma deve mostrarsi totalmente concentrato sulla crisi internazionale («la nostra attività continua senza interruzione»). Deve dimostrare di essere saldamente in sella. Smentisce ipotesi di elezioni anticipate, avalla i contatti con l’Udc di Casini attraverso il segretario del Pdl Alfano per allargare il sostegno al suo governo. «In questo momento - sostiene il premier - la cosa più deleteria per il nostro Paese è mostrare segnali di sbandamento politico. Ad essere allo sbando è l’opposizione che divisa su come fare il bene dell’Italia».

Che invece lo sappia il presidente del Consiglio non è un dato certo. In pochi giorni ha cambiato posizione: ha anticipato al 2013 il pareggio di bilancio dopo avere escluso questa ipotesi solo 48 ore prima. Adesso da più parti ci vengono chieste altre misure per rafforzare il rigore. Dalla Bce e da Bruxelles arrivano indiscrezioni secondo cui quelle varate finora sono insufficienti. Tremonti sostiene che invece la manovra va bene così com’è. I prossimi giorni ci daranno se è vero o se il governo dovrà fare un altro dietrofront. Intanto non c’è la convocazione del Cdm. Il destino del centrodestra è senza dubbio legato alla crisi. E Berlusconi prende tempo e non può permettersi di andare a elezioni anticipate. «Sarebbe un suicidio in queste condizioni», ha detto ieri a Francesco Storace, leader della Destra, che gli consigliava di introdurre misure contro i costi della politica. Sarebbe un suicidio tranne se Alfano riuscisse ad agganciare Casini nella prospettiva di una nuova alleanza politica. Un centrodestra allargato ancora una volta all’Udc avrebbe maggiori possibilità di vincere le elezioni politiche. Almeno così ragiona una parte del Pdl. Quella parte che si illude nella ciambella di salvataggio, ora che il Terzo Polo, a parole, è disposto ad evitare che l’Italia (più che Berlusconi) anneghi come la Grecia.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/414838/
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« Risposta #81 inserito:: Agosto 08, 2011, 11:24:36 am »

Politica

08/08/2011 - LA CRISI LA REAZIONE

Berlusconi prudente ma pronto ad accelerare

In settimana il Consiglio dei ministri dovrà approvare quanto annunciato venerdì

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Non solo passeggiate e dieta a Villa Certosa ma anche continui contatti con Tremonti e le Cancellerie europee, soprattutto con Berlino e Parigi. Così viene descritta la giornata di Berlusconi in attesa della riunione della Bce e del G7. Un’attesa preoccupata per il comportamento della Merkel che si era messa di traverso sull’acquisto dei titoli di Stato italiani. Alla fine nel governo c’è un cauto ottimismo di fronte all’indiscrezione filtrata dall’Eurotower secondo cui gli acquisti verranno fatti su vasta scala. Ma la condizione è che ci sia un’immediata anticipazione della manovra economica. E’ questo il prezzo che l’Italia deve pagare. Così in settimana il Consiglio dei ministri dovrà portare in porto quanto era stato annunciato pochi giorni fa dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia. Cauto ottimismo, prudenza dettata dall’incertezza sull’apertura delle borse e soprattutto sulla necessità di raffreddare lo spread tra Btp e Bund tedeschi che ha raggiunto livelli record. Berlusconi e Tremonti sono pronti ad accelerare sui tempi del pareggio di bilancio, intervenendo con un decreto legislativo. Il passo fondamentale dovrebbe essere fatto nel Consiglio dei ministro di giovedì. Berlusconi e Tremonti vogliono mantenere l’impegno che Sarkozy e la Merkel ieri hanno sollecitato con forza. Berlino e Parigi mettono fretta a Roma, ma per Berlusconi questo non significa che «l’Italia sia commissariata» come da più parti, a cominciare dall’opposizione, viene sostenuto. «E’ normale che nella condizione eccezionale in cui ci troviamo - spiega il premier - tutti insieme cerchiamo di trovare una via d’uscita, ma nessuno ha la bacchetta magica». I problemi infatti si moltiplicano. Se prima l’occhio del ciclone era la Grecia ora la tempesta è arrivata negli Stati Uniti dopo il downgrade dell’agenzia Standard & Poor’s. Le fiamme della speculazione si espandono in tutto il mondo e nemmeno Paesi come la Francia sono al riparo dall’incendio. «Quello che non capiscono le nostre opposizioni provinciali - dice il capogruppo del Pdl Cicchitto - siamo di fronte a una autentica tragedia, alla più grave crisi attraversata dal capitalismo contemporaneo. Una crisi peggiore di quella del 1929. Bersani è un irresponsabile, non si rende conto che i giochetti sono finiti e l’Italia si gioca tutto». Ma il governo italiano e la sua maggioranza faranno fino in fondo la loro parte, assicurano a Palazzo Chigi. E se non dovesse bastare l’anticipo del pareggio di bilancio, non si esclude neanche il ricorso ad altre e nuove misure immediate per reperire altre risorse. Fonti della maggioranza ieri parlavano di un decreto per interventi d’emergenza, ma si tratta solo di voci. Al ministero dell’Economia escludono che siano necessario un piano B perchè quello che è stato messo in cantiere è quanto ci è stato chiesto e potrebbe bastare. Il condizionale è d’obbligo perchè già altre volte sono state esclusi nuovi interventi tranne poi fare dietrofront. Ma a Palazzo Chigi, ovviamente, incrociano le dita: già l’anticipo della manovra dal 2014 al 2013 comporterà molti sacrifici per gli italiani. Sacrifici che avranno effetti sul consenso elettorale. Una cosa viene data per certa: non sarà mai introdotta la patrimoniale. E’ l’atteggiamento della Germania che infastidisce molto il nostro governo. Infastidiscono i toni perentori che sono stati usati da Sarkozy e dalla Merkel nel comunicato congiunto in cui si chiede l’immediata anticipazione della manovra. Toni che di solito sono stati usati per la Grecia e che danno fiato ai partiti dell’opposizioni. «La Germania - spiega un ministro - non capisce che se l’Italia va a gambe all’aria non si salva più nessuno, perchè poi sarà il turno della Francia e alla fine non ci sarà più l’Europa. Anche Berlino verrebbe travolta dallo tsunami».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/414914/
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« Risposta #82 inserito:: Agosto 11, 2011, 12:19:10 pm »

Politica

11/08/2011 - LA CRISI- IL GOVERNO

Patrimoniale, il premier non cede E spunta l’ipotesi Eurotassa

Berlusconi: non voglio fare come Prodi. Poi lo sfogo: ho già perso un miliardo

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Berlusconi resiste. Per lui sono ore e giorni neri. Lo sono certamente per tutti i leader occidentali, ma per chi ha sempre promesso che non avrebbe mai e poi mai messo le mani nelle tasche degli italiani il momento è ancora più buio. Ieri sera a Palazzo Grazioli, con Alfano, Bossi e Tremonti, cercava di resistere ad ogni forma di patrimoniale, di nuova imposta. Gli si è accapponata la pelle quando il segretario del Pdl e il ministro dell’Economia hanno pronunciata la parola «Eurotassa». La sua mente è subito andata al ‘96, quando Prodi e Ciampi introdussero l’Eurotassa per entrare nell’Euro. Allora gli italiani pagarono per avere la nuova moneta, ora dovrebbero pagare per tenersela stretta. Ma già l’accostamento al suo acerrimo nemico che lo ha sconfitto due volte alle elezioni gli fa rivoltare lo stomaco. «Non se ne parla». Pure Bossi ha scosso la testa. Ma il premier deve comunque prepararsi ad una resa, ad una correzione dei conti lacrime e sangue.
E nessuno nella maggioranza può esimersi visto che, come ha detto lo stesso Cavaliere alle parti sociali, è cambiato il mondo dalla scorsa settimana quando aveva visto sindaci e Confindustria.

Nessuno la chiamerebbe patrimoniale. Meglio chiamarla Eurotassa, contributo straordinario di solidarietà che andrebbe a pesare sulle fasce di reddito medio alte. Tuttavia la montagna di soldi che il governo dovrà trovare è enorme e nella riunione tra Alfano e i capigruppo nel pomeriggio di ieri tutti erano d’accordo sul fatto che siamo di fronte al rischio del declino del modello economico occidentale.
Quindi bisogna fare di tutto per scongiurare questo rischio, facendo noi la nostra parte. Insomma bisogna convincere Bossi a mettere mano alle pensioni e Berlusconi ad adottare una nuova tassazione. Metterci la faccia significa assumersi tutte le responsabilità, anche quelle più dolorose dal punto di vista del consenso sociale ed elettorale. Questo, è stato detto nel Pdl, alla lunga pagherà: quando si uscirà dalla tempesta mondiale, Berlusconi si potrà assumere tutti i meriti.

Facile a dirsi, difficile far fare al Cavaliere ciò che ha sempre escluso nella sua vita politica. Forse per questo il premier è stato visto dai rappresentanti delle parti sociali molto giù di tono. Addirittura appisolarsi. E’ rimasto sconcertato quando la segretaria della Cgil Camusso ha minacciato lo sciopero. Sembra che abbia sussurrato a chi gli stava accanto: «Sembra il capo dei sindacati greci, e si è visto che fine hanno fatto lì i sindacati». A proposito della Camusso. Quando la leader sindacale ha messo l’altolà a misure che colpirebbero i ceti popolari deprimendo ancora di più i consumi, Letta ha risposto: «La sua preoccupazione su chi colpire è anche nostra, ma qui è cambiato il mondo...». A chi insisteva per sapere cosa contenesse la lettera inviata a Berlusconi da Trichet e Draghi, sempre Letta ha spiegato è «confidenziale»: «Quello che i giornali hanno scritto su questa lettera ha fatto male non al governo ma all’Italia. Comunque ora siamo oltre quelle richieste».

A Palazzo Chigi il governo ha drammatizzato molto la situazione e non poteva fare altro visto che le fiamme della recessione e il crollo delle Borse stanno colpendo tutti. «Anche io sono stato colpito: ho già perso un miliardo», avrebbe detto Berlusconi. Il quale però ora accelera. La convocazione del Consiglio dei ministri per la prossima settimana (fino all’altro ieri esclusa) è la conseguenza di questa drammatizzazione che ha portato anche la Francia a fare in fretta. Ma su cosa fare il nostro governo non ha ancora le idee chiare.
Bossi non vuole toccare le pensioni di anzianità, mentre sembra aver ceduto sull’innalzamento dell’età pensionabile per le donne.
Anche la Lega non è favorevole alla patrimoniale e l’Eurotassa nella serata a palazzo Grazioli perde quota.

Oggi forse se ne saprà di più. Certo, Berlusconi dovrà pur dispiacere gli italiani e cancellare le promesse fatte in tutti questi anni.
Ma vorrebbe condividere le misure con le parti sociali e l’opposizione tutta, non solo con l’Udc e il terzo Polo. Per lui sarebbe più facile inghiottire il rospo se la responsabilità fosse collettiva e spera molto nella capacità di Napolitano di convincere il Pd alla disponibilità nel sostenere i provvedimenti draconiani. In effetti il capo dello Stato avrebbe sentito Bersani e gli avrebbe consigliato di non arroccarsi sull’Aventino, ma di sedersi al tavolo e vedere le proposte concrete.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/415326/
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« Risposta #83 inserito:: Agosto 14, 2011, 07:23:25 pm »

Politica

14/08/2011 - RETROSCENA

Tregua Berlusconi-Tremonti Il premier rassicura i "ribelli"

Villa Certosa. Ieri il premier Silvio Berlusconi ha lasciato Roma per trascorrere qualche giorno nella sua residenza in Sardegna

Ma c’è chi sostiene che dietro i critici del ministro ci sia proprio Silvio

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Tremonti è nervoso. E’ andato da Berlusconi a chiedere rassicurazioni sulla tenuta della manovra in Parlamento ma anche sulla sua sorte politica. Il premier nelle quasi due ore di colloquio lo ha rassicurato, dicendo di non stare ad ascoltare i retroscena. Eppure quello che hanno scritto un po’ tutti i giornali sulla sostituzione del ministro dell’Economia viene proprio da fonti molto vicine a Palazzo Grazioli. In autunno si vedrà. Ora però non è il momento di fare polemiche. C’è da suturare le ferite, far comprendere agli italiani i sacrifici, convincere le truppe parlamentari a votare le misure lacrime e sangue.

Nel governo c’è però il timore che la manovra non regga all’impatto con il Parlamento, che l’ira degli amministratori del Pdl (molti dei quali sono anche deputati e senatori) possa stravolgerla. Il gruppo degli ammutinati di Crosetto e Straquadanio è cresciuto arruolando l’ex ministro Martino. I giornali vicini al centrodestra usano la stessa definizione (stangata) di quelli dell’opposizione. Addirittura circola l’ipotesi (incredibile) che sarà lo stesso Berlusconi a fare da sponda a questa ribellione dopo che ieri ha detto a più di un ministro che lui «non è riuscito a incidere su nulla». Cosa che non è vera.

Insomma, circola voce che il presidente del Consiglio avrebbe rassicurato i «ribelli» che quando la manovra approderà nelle aule parlamentari qualcosa di significativo verrà modificato. E che poi in un secondo momento, con la delega fiscale, ci sarà l’aumento dell’Iva, un aumento che Tremonti gli ha impedito di fare. D’altronde non dicono tutti che il decreto varato dal Consiglio dei ministri è aperto ai contributi pure dell’opposizione? «Sì - spiega un alto dirigente del Pdl - ma si tratterà di piccole modifiche per accontentare una parte dell’opposizione (cioè l’Udc e il Terzo Polo ndr). Non si può certo far saltare la manovra. Ci riderebbe dietro tutto il mondo». Comunque la preoccupazione c’è e i capigruppo della maggioranza dovranno cercare di ammansire il gregge. Il più nervoso di tutti sembra invece Tremonti che si sente (e lo è) il bersaglio di tutti, un San Sebastiano trafitto dalle frecce di tutti. A cominciare da quelle di Berlusconi. La lettura dei giornali di ieri è stata molto indigesta per lui, con molti articoli che parlavano di scontri all’arma bianca tra il ministro dell’Economia e il premier, di sostituzioni una volta approvata la manovra.

Già l’inquilino di via XX Settembre vede nemici ovunque, anche tra i pochi (pochissimi) che gli sono rimasti amici, figurarsi quando ha capito che addirittura il governatore Draghi (suo arcinemico) andava in giro a dire che presto Giulio salterà dalla poltrona di Quintino Sella. Tremonti si è mostrato tranquillo alla conferenza stampa di ieri quando ha detto ai giornalisti di avere un’impressione: «Ci rivedremo». E Calderoli ha subito aggiunto «sì, ma non per una nuova manovra». Comunque, ieri, dopo questa conferenza stampa, Tremonti si è spostato a Palazzo Grazioli con in testa tutti quei retroscena che lo vedrebbero politicamente moribondo. E al premier avrebbe chiesto spiegazioni, più che altro rassicurazioni. Gli ha chiesto mettere fine agli attacchi che gli vengono da dentro il Pdl e di non esporsi più alle interferenze di Draghi. E questo anche per quanto riguarda la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia, cioè di colui che dovrà presto sostituire quel Draghi che al suo posto vorrebbe Saccomanni. Il ministro dell’Economia invece vorrebbe su quella prestigiosa poltrona Grilli, il suo direttore a via XX Settembre, un nome che non vede d’accordo il capo dello Stato. A parte questa importante partita, ci sono le intenzioni del Cavaliere a innervosire Tremonti. C’è una versione cruenta («si sono presi a pesci in faccia») del colloquio tra i due. Ce n’è un’altra più soft. Il ministro gli avrebbe fatto presente che, se non viene data l’idea di compattezza, questa manovra avrà enormi difficoltà a passare in Parlamento. Cosa che su cui il Cavaliere avrebbe convenuto. Da qui le dichiarazioni pubbliche del Cavaliere sulla bontà della manovra. D ’ a l t r o n d e , spiegano nel Pdl, si sono ristabiliti i ruoli. Tremonti non è più il deus ex machina che fa e disfa. Il premier ha avuto un ruolo primario, anche se ha dovuto accettare un compromesso. Lo stesso Pdl è stato al tavolo della trattativa, cosa che finora non era mai accaduto.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/415703/
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« Risposta #84 inserito:: Agosto 15, 2011, 06:25:34 pm »

Politica

15/08/2011 -

E Berlusconi si prepara a mettere la fiducia alla Camera

Il Cavaliere ai suoi: quello che mi fa soffrire è che passerò per l’uomo delle tasse


AMEDEO LA MATTINA

Berlusconi da Villa Certosa ripete sempre lo stesso mantra a chi lo ha sentito ieri al telefono. «Se c’è una cosa che mi fa soffrire maledettamente è di dover passare per l’uomo delle tasse». Ma il premier ha pochi margini di manovra e lo sa perfettamente. Così come si rende conto che alla fine dovrà mettere la fiducia al decreto varato giovedì dal governo. Intanto rabbonisce i ribelli del suo partito; in qualche modo li usa, dà loro spazio per tentare qualche modifica che gli faccia grondare meno il cuore. «Calmi, state calmi, sono dalla vostra parte. Cercheremo di fare qualcosa...». Ai piani alti della maggioranza però raccontano un’altra storia, cioè che i margini sono strettissimi. Magari un piccolo alleggerimento del contributo di solidarietà, forse qualcosina sulle pensioni di reversibilità. Si potrà ritornare alla carica con Bossi sulle pensioni di anzianità, ma l’impresa è ardua. Il Senatur è già in giro per il Nord a vendersi che grazie a lui le pensioni non sono state toccate, nonostante la richiesta arrivata della Banca d’Italia (leggi Draghi) pure durante il Consiglio dei ministri di giovedì. Allora si va verso piccole modifiche per accontentare i malpancisti del centrodestra e anche i centristi di Casini, oltre che il capo dello Stato che vuole una condivisione ampia. Poi alla Camera scatterebbe la fiducia sul testo che uscirà dal Senato. Dentro la maggioranza però crescono i ribelli mentre i tempi di approvazione delle misure lacrime e sangue sono stretti, strettissimi. Ieri è stata la Commissione europea a sollecitare un timing veloce e un voto con un ampio consenso. Lo stesso invito è venuto nei giorni scorsi dal capo dello Stato. Gli interlocutori principali sono quelli del Terzo Polo, innanzitutto l’Udc di Casini.

Più difficile trovare un’intesa con il Pd. Tuttavia i maggiori problemi verranno proprio dall’interno del centrodestra. Sul piede di guerra sono in molti. Non solo la già agguerrita pattuglia di Crosetto e Martino che conta otto deputati. C’è pure l’ala di parlamentari che fanno capo al sindaco di Roma Alemanno, che tra senatori e deputati ne conta oltre venti (più di una decina solo alla Camera). Senza sottovalutare i leghisti di fede maroniana. Il ministro dell’Interno in queste ore ha sentito molti sindaci e amministratori (molti di questi siedono a Montecitorio) della sua area e ha riscontrato un fortissimo malessere. Con loro ha discusso le proposte che possono essere trasformate in emendamenti per ridurre i tagli agli enti locali: tra queste l’aumento dell’Iva e magari un nuovo condono per i capitali che rientrano in Italia, questa volta facendo pagare più del 5%, come invece è stato fatto nel 2009. Ecco già che emerge una prima divergenza dentro lo stesso Carroccio dove Calderoli, in sintonia con Tremonti, parla sì di aumentare l’Iva, ma solo nell’ambito della delega fiscale. I maroniani vorrebbero farlo subito, modificando il decreto. Ed è quello che vorrebbero fare pure i ribelli del Pdl per diminuire le tasse al ceto medio. Con l’illusoria sponda del premier. Insomma, ad un certo punto il governo si potrebbe trovare in un collo di bottiglia. Si potrebbero riaprire i contrasti tra ministri, tra il premier e il responsabile dell’Economia. La discussione si farebbe macchinosa e senza via d’uscita. Per questo nella maggioranza si prevede che alla fine scatterà la tagliola della fiducia.

Il presidente del Consiglio attende di capire quanto forte e ostinata sarà la resistenza dei suoi parlamentari. Attende di capire quale effetto avrà l’opera di mediazione che sta mettendo in campo il segretario del Pdl. Alfano ha infatti già promesso a Crosetto un incontro in tempi ravvicinati. Forse già la prossima settimana. Più probabilmente quella successiva, quando (il 22 agosto) si riuniranno al Senato le commissioni che cominceranno ad esaminare la manovra. I capigruppo del Pdl Cicchitto e Gasparri sanno che qualche proposta dei centristi dovrà essere recepita. Lo stesso discorso, a maggior ragione, vale per quelle che arriveranno dalla maggioranza. «Dobbiamo però stare attenti - spiegano i responsabili dei gruppi Pdl - a non inseguire ogni starnuto e soprattutto a mantenere invariati i saldi». Le distanze sono ancora molto forti e non sarà facile trovare il varco di un’intesa. Berlusconi dovrà rassegnarsi a passare per «l’uomo delle tasse».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/415784/
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« Risposta #85 inserito:: Agosto 18, 2011, 05:38:54 pm »

Politica

17/08/2011 - RETROSCENA

L’idea: il quoziente familiare sul contributo di solidarietà
     
Il premier cerca di ingolosire l’Udc: modulazioni diverse per chi ha figli a carico

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Berlusconi non sa come far bere l’amaro calice della manovra ai suoi parlamentari inquieti.
Come spiegare loro che «non c’è trippa per gatti». Si esprime così un alto dirigente del Pdl che esclude la possibilità di accogliere le proposte di Crosetto e Martino. Sì, qualcosa si farà ma si tratta di poca roba. Prendiamo le pensioni: chi lo dice a Bossi che bisogna toccarle mentre lui va in giro a vendersi come il salvatore della povera gente? E poi ci sono i sindacati, quelli considerati «buoni» (Cisl e Uil) che non vogliono sentire ragioni. Quanto agli strilli della Cgil, non vengono nemmeno presi in considerazione.
«La Camusso e Fassina del Pd parlano come Toni Negri», graffia Maurizio Gasparri. Alla fine quel poco che si potrà fare per addolcire le lacrime potrebbe riguardare il contributo di solidarietà, introducendo il quoziente familiare. «Questa - osserva il capogruppo Pdl al Senato - mi sembra una ipotesi ragionevole, sensata. Una modulazione ci vuole, perché una cosa è avere un reddito di 100 mila euro con quattro figli a carico, un’altra chi ha lo stesso reddito ed è single».

Con questa modifica si accontenterebbe il terzo Polo, in particolare l’Udc di Casini, e tutta l’area cattolica e ciellina del Pdl. Un’altra modifica considerata possibile è riportare a due anni il periodo di tempo in cui rimane in vigore il contributo di solidarietà.
Ecco su questo punto c’è un problema di non poco conto. Il premier ha svelato che al Consiglio dei ministri era stato deciso che sarebbe durata solo due anni, ma poi Tremonti li ha fatto diventare tre. «E’ una delle magie che si verificano spesso al ministero dell’Economia», dice un ministro che ricorda un altro recente precedente, quello dei ticket sanitari che dovevano essere introdotti dopo sei mesi e invece la mazzata è arrivata subito.

Berlusconi ha considerato la mossa dell’inquilino di via XX settembre un «colpo di mano, una presa in giro. Adesso però alcune cose vanno messe a posto. Non comanda lui». Anche perché, come dice Maurizio Lupi, uno dei dati positivi di questa fase è «il ritorno a una guida forte e politica da parte del presidente del Consiglio. Il ministro dell’Economia resta importante, ma è un ministro di un governo guidato dal premier». Questa uscita del vicepresidente della Camera ha irritato molto Tremonti. Il quale ha giudicato risibile la proposta dello stesso Lupi di tassare ulteriormente i capitali scudati. Un aumento nell’ordine dell’1 o del 2% rispetto al 5% già pagato con il condono del 2009.

Per Tremonti non è praticabile, per altri incostituzionale. Ma nel Pdl si chiede di studiare l’ipotesi (il premier è d’accordo) che porterebbe alle casse dello stato quei miliardi necessari a rivedere il contributo di solidarietà e introdurre il quoziente familiare.
In questo modo, ragionano nel partito, si andrebbe incontro alle richieste del Pd (nonostante i Democratici chiedono di tassare i capitali scudati con percentuali a due cifre) e dell’Udc. Su questo terreno Casini aspetta alla prova il segretario del Pdl Alfano. «Inoltre - precisa Lupi - si andrebbe incontro al giusto desiderio del capo dello Stato che chiede un voto parlamentare ampio». E poi, aggiunge Osvaldo Napoli, deputato Pdl e presidente dell’Anci, «mi sembra giusto far pagare di più agli evasori, così come non si può dare una mazzata agli enti locali. Tremonti provi a fare il consigliere comunale o il sindaco: si accorgerà che ce la farebbe a governare una comunità».

La prossima settimana al Senato si apriranno le danze degli emendamenti. Alfano riunirà ribelli e malpancisti a via dell’Umiltà.
Ma i margini sono strettissimi. Eppure questi piccoli aggiustamenti troveranno il muro del ministro dell’Economia.
Lo stesso Berlusconi, che tende a rassicurare le truppe, è consapevole che alla fine bisogna inghiottire il rospo. Ieri, tornando a Milano dalla Sardegna, ha inviato un messaggio ai naviganti. «È normale che ciascuno cerchi di portare avanti le sue proposte, ma io credo che poi, una volta che chiederemo la disciplina di partito, il risultato sarà l’unanimità».

La disciplina di partito alla fine prevarrà. E la fiducia, che verrà messa alla Camera, farà il resto. L’impressione è che il florilegio di proposte (compreso quella di innalzare l’Iva) serva piuttosto a contenere i tagli agli enti locali. Un terreno su cui si sta spendendo il ministro Maroni. Calma e gesso, avverte il pragmatico Gasparri. «Lo sfogatoio è normale, Ma non possiamo dare la sensazione che si decide una cosa un giorno e la smonta il giorno dopo».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/415935/
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« Risposta #86 inserito:: Agosto 19, 2011, 11:45:37 am »

Politica

19/08/2011 - RETROSCENA

Berlusconi chiama Alfano "Basta fronde"

Il premier Silvio Berlusconi e il Segretario del Pdl Angelino Alfano

Il premier è nervoso anche per la dieta che sta facendo: deve perdere almeno cinque chili.

Lo sfogo di Maroni: "Se fossimo all’opposizione saremmo in prima fila a protestare contro i tagli"

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Sarà Angelino Alfano a dover dare la brutta novella ai malpancisti e ai frondisti del suo partito. «Pensaci tu, qui ognuno dice la sua a ruota libera e sta diventando un caravanserraglio imbarazzante. Non se ne può più. Possiamo fare poco, molto poco e in fretta». Berlusconi è alle prese con una ferrea dieta per perdere almeno 5 chili che lo snerva. Ma l’irritazione maggiore del premier è dovuta alle reazioni che vengono dal Pdl. Uno spettacolo assurdo, un bailamme che può minare all’estero la credibilità della nostra manovra economica. E’ irritato anche per l’annuncio della Merkel e di Sarkozy di una tassa sulle transazioni finanziarie che avrebbe contribuito al nuovo pauroso crollo nelle borse. Berlusconi dice basta al prolificare di proposte non concordate, in contrasto tra di loro e soprattutto mai discusse nella maggioranza. Come il nuovo scudo fiscale.

Ecco, la prossima settimana (tra mercoledì e giovedì) Alfano incontrerà i notabili ribelli del Popolo della libertà e dovrà spiegare loro che c’è «poco, molto poco da fare». Tranne se Bossi non cede sulle pensioni. E’ quello che il premier sta ripetendo agli uomini a lui più vicini ma non ha detto direttamente ai Martino, Crosetto, Brunetta, Scajola. A tutti coloro che hanno sognato e sognano praterie liberali fatte di liberalizzazioni, privatizzazioni, riforme pensionistiche e quant’altro ha alimentato la propaganda di Forza Italia fin dalle origini. Poco, molto poco. Sì perché, ragiona Berlusconi, se tocchiamo le pensioni si inalberano Bonanni e Angeletti che non possono essere messi in difficoltà proprio ora che si trovano di fronte alla mobilitazione autunnale di «Camusso la greca» (il premier, facendo riferimento ai duri scioperi della Grecia, definì così la segretaria della Cgil dopo averla sentita all’incontro con le parti sociali, mercoledì scorso).

Poi su questo tema non può dispiacere l’amico Umberto che è ormai l’unico baluardo che gli è rimasto a difenderlo dal disincanto di Maroni e dalla furia degli amministratori locali leghisti. «Se fossimo all’opposizione - avrebbe confidato il ministro dell’Interno - saremmo in prima fila a protestare». Nella pancia del Carroccio inoltre non si capisce questa battaglia di retroguardia di Bossi in difesa delle pensioni di anzianità quando vengono soffocati con i tagli gli enti locali e le Regioni. Meno male che c’è l’Umberto a tenere a bada gli escamisados della Lega. Ma è proprio sul fronte pensione che c’è movimento. L’ha fatto capire ieri Calderoli rispondendo a Brunetta per il quale è il momento di intervenire sulle pensioni di anzianità equiparando l’età tra donne e uomini anche nel privato. «Se c’è questa esigenza ha osservato il ministro leghista - bene, lo si faccia, ma lo si faccia con uno scivolo di una durata sufficiente, perché sono diritti acquisiti».

Forse Bossi si muove su questo terreno. Il pressing di Maroni potrebbe trovare ascolto e consentire così a Tremonti di trovare i soldi necessari ad attenuare i massicci tagli che colpiscono gli enti locali. Potrebbe essere questo l’accordo tra Bossi e il ministro dell’Economia in occasione della cena di ieri per spegnere le 64 candeline di quest’ultimo. Trovare soldi. Come? Aumentando l’Iva? Per il Cavaliere non si può perchè la Confcommercio è contraria. Province da tagliare? Magari si può pensare a quelle più grosse che farebbero risparmiare veramente, mentre cancellare le piccole (come previsto già dalla manovra) non porta risorse alle casse dello Stato. Come andrà a finire? Un ministro spiega che da 1 a 10 si potrà fare 0,5, forse 1: un modo per dire che i margini per modifiche in profondità sono pochi.

L’ipotesi che rimane più gettonata è quella che introduce il quoziente familiare nel contributo di solidarietà. Si tratterebbe di trovare poche centinaia di milioni, che tra l’altro sembra ci siano già nelle pieghe della manovra perché il governo si è tenuto largo nel calcolo di alcune entrate (ad esempio quelle derivanti dalle accise sulla benzina). La morale è che Alfano, se non si interviene sulle pensioni, dovrà mettere il silenziatore a tutte le proteste e proposte. Il Parlamento dovrà fare in fretta nel convertire la manovra. Berlusconi è preoccupato per l’assalto degli speculatori

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/416177/
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« Risposta #87 inserito:: Settembre 06, 2011, 03:16:33 pm »

Politica

06/09/2011 - RETROSCENA

Governo nel panico "Rischio manovra-ter"

Berlusconi irritato: credibilità dell'esecutivo non in discussione

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Il governo è nel panico e l’appello di Napolitano accresce l’ansia e l’irritazione di Berlusconi. Tra i ministri si sprecano le parole d’allarme per descrivere la tempesta in cui naviga non solo l’Italia ma tutti i Paesi europei e gli Stati Uniti. E il premier è convinto che quello che accade a Piazza Affari non abbia nulla a che vedere con la manovra e la credibilità del suo governo, checché ne dica il capo dello Stato. Semmai si guardi agli effetti disastrosi che ha avuto la messa sotto accusa delle banche americane da parte dell’amministrazione di Washington. Con forti ricadute sugli istituti di credito dell’eurozona. E’ però rimasto molto colpito dall’accostamento tra Grecia e Italia («sono in una situazione di estremamente fragile») fatto riservatamente dalla Cancelliera Merkel durante un incontro con i parlamentari Cdu.

Il resto poi è sotto gli occhi di tutti: le borse in picchiata; lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi ieri schizzato a un massimo di 370 punti; Mario Draghi ricorda che l’acquisto dei titoli di Stato italiani potrebbe interrompersi. «Se i mercati continuano così e la Bce ci taglia l’ossigeno - spiega un ministro - resterà polvere di questa manovra che stiamo approvando in Parlamento. Tra un mese dovremo farne un’altra e questa volta la mannaia non potrà che cadere sulle pensioni. E Bossi non potrà più dire di no. E’ tutta benzina nel motore della protesta sociale e della Camusso, con il Pd e Di Pietro che mietono consensi». Una manovra Ter.

Ecco lo spettro che si aggira nelle stanze del governo: la paura di dover rimettere mano ai conti pubblici, essere costretti da qui a un mese a mettere in campo altre misure draconiane, non riuscire più a fermare la valanga. Con la conseguenza politica che a saltare sarà Berlusconi e tutta la coalizione di centrodestra. Si tratta di un'estrema ratio che tuttavia salta fuori con insistenza nelle conversazioni riservate. Ne hanno parlato pure ieri nella sede della Lega a via Bellerio Tremonti e Bossi. Così come si discute di rendere più stringente e chiara la cosiddetta “clausola di salvaguardia” di cui lo stesso Berlusconi aveva parlato al vertice di Parigi sulla Libia. In sostanza si tratterebbe di garantire che le eventuali mancate entrate dalla lotta all’evasione fiscale, messe già in bilancio con la manovra e che hanno suscitato molte perplessità a Bruxelles, verranno compensate con l’aumento dell’Iva di 1 o 2 punti. Forse a questo si riferisce Napolitano quando chiede di introdurre nella manovra «misure capaci di rafforzarne l’efficacia e la credibilità».

Ma è di pensioni di anzianità e delle donne che si ritorna a ragionare, più per il futuro che il presente. Il premier, in diretta telefonica con via Bellerio, e il ministro dell’Economia hanno cercato di convincere Bossi, senza esito. Il Senatur tiene duro sulle pensioni, mentre Maroni è favorevole a rivederle. Il pressing per il momento è fallito. Adesso la priorità assoluta è approvare la manovra che dovrebbe assicurare il pareggio di bilancio entro il 2013. Un’approvazione che potrebbe arrivare nei prossimi giorni sulla base di un voto di fiducia al Senato. La maggioranza vorrebbe evitarlo per venire incontro alle richieste dell’opposizione e alla volontà del capo dello Stato. Ma a Palazzo Madama sono ancora troppi gli emendamenti del Pdl e dell’Idv. Poi sono tanti gli scontenti del centrodestra. Il fuoco amico di Formigoni, Alemanno e Polverini fanno imbestialire Berlusconi, per non parlare di Tremonti. Il quale vuole arrivare al G7 dei ministri finanziari di venerdì e sabato prossimi con la manovra già in tasca, per la parte che quanto riguarda il passaggio al Senato.

E’ Tremonti che spinge molto perchè venga messa la fiducia. Non vuole scherzi, non vuole perdere altro tempo, non c’è più spazio per le «prove d’orchestra». Nemmeno per ascoltare il presidente della Repubblica? Ieri a via Bellerio Bossi, almeno su questo, ha dato il via libera alla fiducia. Berlusconi vorrebbe evitarla ma si rende conto che è quasi inevitabile. Ora però in qualche modo dovrà rispondere al Quirinale.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/418873/
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« Risposta #88 inserito:: Settembre 08, 2011, 12:28:52 pm »

Politica

08/09/2011 - RETROSCENA

Berlusconi teme pm e sondaggi

"I magistrati vogliono uccidermi". Le rilevazioni lo danno perdente anche se alleato col Terzo Polo

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Nel giorno della fiducia, con i sondaggi a picco, Berlusconi sa che la tempesta non è finita. Anzi, la tempesta perfetta potrebbe arrivare nei prossimi 15 giorni. Il Cavaliere rimane chiuso a Palazzo Grazioli, assente dalla scena pubblica. Pensa solo ai guai giudiziari, al fango che gli sta piovendo addosso, le intercettazioni esplicite sulle sue prestazioni sessuali, le confidenze piccanti con Tarantini. Proprio quel Tarantini che insieme a Lavitola lo avrebbe ricattato, spillandogli soldi. Martedì prossimo i magistrati di Napoli andranno a sentire il premier a Palazzo Chigi come parte offesa. Ma per lui è chiaro che la musica dei pm non è suonata in sua difesa. «Vogliono uccidermi per le mie scopate. Vogliono delegittimare il governo, la mia persona in un momento così delicato per il Paese. È una vergogna pubblicare sui giornali conversazioni private. E nella maggioranza chi vuole fare altro ci metta la faccia, se ha il coraggio...».

Berlusconi non è andato al Senato per la fiducia e non andrà nemmeno alla Camera nei prossimi giorni. Deve prepararsi a rispondere, senza la presenza dei suoi avvocati, alle domande degli insidiosi magistrati napoletani (ieri pomeriggio ha ricevuto anche il senatore argentino, Esteban Caselli, il cui nome era saltato fuori in una telefonata tra lo stesso Berlusconi e Lavitola). Martedì prossimo tutto ciò potrebbe avvenire mentre i giornali spiattellano conversazioni telefoniche in cui il premier italiano esprime apprezzamenti poco lusinghieri su alcuni suoi colleghi europei. Sono questi i timori che serpeggiano nella maggioranza, il panico che prende alla gola ministri e capigruppo. Ed è solo una parte del problema. La via crucis infatti proseguirà mercoledì 13 settembre quando arriverà il voto in Giunta su Marco Milanese, ex braccio destro del ministro Tremonti. Un voto palese al quale farà seguito la settimana successiva quello a scrutinio segreto nell’aula della Camera. Dicono che la sorte di Milanese (il carcere) sia segnata e che le truppe fedeli a Maroni abbiano già pronto il pollice verso. «Quanto potrà resiste Tremonti al suo posto?», dicono i tanti nemici del ministro dell’Economia.

In questo lasso di tempo la manovra troverà sui mercati il suo banco di prova. Il punto di rottura sarebbe proprio questo: che tutto quello che è stato fatto non serva a fermare la speculazione, a evitare il crollo di Piazza Affari, a scongiurare il declassamento da parte delle agenzie di rating, ad accorciare lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi. Ecco, la tempesta perfetta che teme Berlusconi. A quel punto la Lega non potrebbe più reggere la botta e le tensioni al suo interno, con Maroni in movimento per il dopo Berlusconi, esploderebbero. E’ la tenuta del Carroccio che teme il segretario del Pdl Alfano, più che i movimenti dentro la maggioranza. Si vocifera però di riunioni segrete, ipotesi di documenti di gruppi della maggioranza. Il deputato calabrese Pittelli dal Pdl è passato al gruppo misto. I sudisti di Miccichè sempre più lontani, argini che nella galassia meridionale si rompono con il passaggio all’opposizione dell’Mpa.

C’è la paura del baratro se Berlusconi non farà un passo indietro per un esecutivo di larghe intese, come gli suggerisce Pisanu. Mentre Cazzola consiglia di «saper lasciare al momento giusto». In molti si preparano all’apocalisse. C’è chi spera, e chi ne è sicuro, che di fronte alla tempesta perfetta sarà Napolitano a dire al Cavaliere, «nonostante tutto quello che è stato fatto, l’Italia sta affondando: evidentemente il problema è la credibilità del governo, il problema è lei...».

Il Cavaliere si illude di poter resistere. Ma è proprio dentro la sua maggioranza che cresce la consapevolezza di una fase politica nazionale finita, gravata da una eccezionale crisi internazionale. Il premier potrebbe dire, «allora elezioni anticipate», facendo paura ai parlamentari che non vogliono andare a casa. Ma lo stesso Berlusconi sa che perderebbe rovinosamente. Gli ultimi sondaggi sono disastrosi, 12 punti in meno sul 2008. Col tandem Pdl-Lega testa a testa con la sinistra pure se si alleasse con Casini e il terzo Polo.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/419183/
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« Risposta #89 inserito:: Settembre 14, 2011, 11:53:15 am »

Politica

14/09/2011 - RETROSCENA

Ora Berlusconi cerca la sponda di Napolitano

Silvio Berlusconi dopo il varo definitivo della manovra salirà al Colle per riferire al presidente Napolitano

Il Cavaliere al Quirinale per parlare della manovra, con l’inchiesta sullo sfondo

AMEDEO LA MATTINA
INVIATO A STRASBURGO

Oggi, accompagnato da Gianni Letta, Berlusconi dovrebbe salire al Colle. Ufficialmente con Napolitano non parlerà delle inchieste giudiziarie e dell’inseguimento dei pm napoletani che vogliono ascoltarlo come parte lesa nella vicenda Tarantino. Il premier vuole riferire dei colloqui avuti a Bruxelles e a Strasburgo col presidente del consiglio Ue Van Rompuy e con il capo dell’esecutivo europeo Barroso. Vuole parlare della manovra economica (a mezzogiorno si voterà la fiducia alla Camera e lui dovrebbe varcare il portone del Quirinale subito dopo), della necessità di ridare fiducia ai mercati «infiammati dagli articoli dei giornali e dai comportamenti delle opposizioni nei vari Paesi». Quelle opposizioni che avrebbero voluto contestarlo mentre lui si spostava da un’ala all’altra dell’Europarlamento e che ha sapientemente evitato, imbucandosi in porte secondarie. Ecco, il tema ufficiale è la manovra e i nuovi impegni per il rilancio dell’economia, ma non è escluso che il Cavaliere pieghi l’incontro su ben altro. Su quei magistrati che fanno di tutto per indebolire il governo, su quelli di Napoli in particolare, che vogliono ascoltarlo come parte lesa, ma che gli starebbero tendendo una «trappola». Il capo dello Stato si è sempre tenuto alla larga da questo terreno minato, e quindi dalle parti del Colle è difficile che Berlusconi trovi una sponda. Anche se i berlusconiani mettono in giro la voce che il Quirinale guarda con scetticismo l’inchiesta di Woodcock. Voci di parte, ovviamente, che non hanno riscontri e che magari sono messe in circolazione per screditare i pm partenopei. Ma il punto è: cosa farà il Cavaliere di fronte alla pressante richiesta di essere ascoltato? Non è stato fissato alcun altro incontro ed è molto improbabile che ce ne sarà qualcuno in futuro. Questa è la strategia che Berlusconi ha messo a punto con i suoi avvocati.

Dopo il forfait di ieri per «impegni europei», la procura partenopea ha posto l’ultimatum: entro pochi giorni il Cavaliere dovrà dare la sua disponibilità, altrimenti ci sarà l’accompagnamento coatto. Un’escalation che ha compattato la maggioranza attorno al presidente del Consiglio che torna a Roma con la convinzione che hanno ragione i suoi avvocati, Ghedini e Longo: è meglio sbattere la porta in faccia a Lepore. Berlusconi è un po’ spavaldo e spaccone. Oppure finge sicurezza. Va dicendo che se dipendesse da lui non ci penserebbe un minuto a incontrare i magistrati. «Non hanno nulla in mano e io non ho nulla da nascondere. Ho aiutato una famiglia in difficoltà, come ho fatto con tante altre. Tutti sanno che sono un tipo generoso. Dov’è il reato quando sia io che Tarantini diciamo la stessa cosa?». Nei ragionamenti del premier torna lo spettro dell’avviso di garanzia recapitato durante il vertice del G8: «Le procure stanno tentando l’ultimo attacco, non hanno nemmeno avuto il buon gusto di aspettare domani per parlare di audizione coatta. Non credano di farmi fare la fine del ’94». I suoi difensori continuano ad insistere: non è il caso di prestarsi alla «furbata» dei magistrati di Napoli. Loro - questa la convinzione dei legali - sono pronti ad accusare il premier di falsa testimonianza se il Cavaliere confutasse quei «fatti oggettivi» di cui parla Lepore. Insomma, non vogliono ascoltarlo, ma accusarlo, e tutto questo senza le garanzie e la tutela necessaria. Berlusconi non potrà avvalersi della facoltà di non rispondere e non avrà accanto a sè gli avvocati. Dunque, nessuna data. Tranne se non verranno concordate una serie di cose, a cominciare dalla presenza dei legali di Berlusconi. Questa possibilità rientra nelle facoltà dei magistrati e su questo si sta trattando. Sarebbe una ipotesi di mediazione la presenza di Ghedini e Longo (anche per evitare che il Cavaliere vada in escandescenza nei confronti dei pm). Un’altra condizione per fissare l’incontro è che vengano anticipati tutti i fatti che si vogliono sottoporre all’attenzione del premier, in modo tale da arrivare veramente preparati. Rimane il fatto che Berlusconi non darà alcuna disponibilità a quelli che considera degli accusatori, dei ricattatori, che diffondono le intercettazioni, che interrogano gli avvocati nonostante il segreto professionale, che sono fuori dalla loro competenza territoriale. Un’indagine che fa acqua da tutte le parti, sostiene il premier, e che mette in difficoltà il governo in un momento di terrificante per l’Europa e l’Italia. Chissà se tutte queste cose le metterà nel conto della tenuta del nostro Paese quando arriverà oggi al Quirinale?

DA - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/420100/
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