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Autore Discussione: AMEDEO LA MATTINA.  (Letto 112316 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Agosto 04, 2010, 04:48:10 pm »

4/8/2010 (7:22)  - RETROSCENA

Fini: "I miei al governo voteranno per Caliendo"

Il presidente detta linea: «Assurdo andare contro un collega»

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Quello che decide Gianfranco si fa e chi non è d’accordo si adegua». Sono chiare e nette le parole di Aldo Di Biagio, uno dei fedelissimi di Fini, che ieri sera ha partecipato alla riunione dei deputati di Futuro e Libertà. Una riunione preceduta da un’infinità di telefonate e numerosi incontri nell’ufficio del presidente della Camera perché sulla linea dell’astensione concordata con l’Udc, Api e Mpa non c’era un accordo. «Mi devono convincere. Caliendo - spiegava nel pomeriggio Donato Lamorte - non mi sembra nella stessa condizioni di Cosentino e degli altri. Quanto al capogruppo io non sono mai stato d’accordo sul nome di Bocchino, e non è un mistero per nessuno. Si dovrà votare a scrutinio segreto e se prevale il nome di Italo la minoranza si adeguerà alla maggioranza».

La posizione di Lamorte è quella di altri «futuristi moderati», come Lo Presti, Moffa e Divella. Ma è anche quella del ministro Ronchi, del viceministro Urso e dei sottosegretari Viespoli, Menia e Buonfiglio. Loro si troverebbero in imbarazzo a votare contro il collega Caliendo. Così voteranno contro la sfiducia. E’ stato lo stesso Fini a indicare questa soluzione. «Non riuscirei a capire come un membro del governo possa dare un voto difforme da quello del governo di cui fa parte. Per questo - ha aggiunto all’incontro nella sede di Farefuturo - ritengo che i ministri debbano votare no alla mozione, gli altri si astengano». Ha poi spiegato che bisogna ribadire «assoluta fedeltà al programma di governo. Ribadire con i fatti la lealtà al governo. Saremo coerenti, ma c’è libertà di dissenso sulle cose non in programma. Non siamo traditori».

Per Fini in questa fase bisogna «prima di tutto nervi saldi e idee chiare: dobbiamo essere consapevoli che quanto fatto finora forse è nulla rispetto a quanto ci aspetta, a cominciare dalla campagna di fango mediatica e dalle varie minacce, come quella di elezioni anticipate». Minacce, ha spiegato Fini, «non tanto da parte di Berlusconi, ma soprattutto provenienti da pseudo berlusconiani». Fini, quindi, invita i suoi ad essere «estremamente parchi nelle dichiarazioni, vale per tutti e per nessuno». Quanto alla mozione di sfiducia contro Caliendo, si tratta di una mozione «chiaramente strumentale» e i finiani non cadranno nell’imboscata. Fini ha convinto i dubbiosi ad astenersi, spiegando che fa parte di una strategia complessiva: una mossa che serve ad avviare concretamente il coordinamento parlamentare con Udc, Api e Mpa. Un coordinamento definito «area di responsabilità istituzionale» e che prelude ad un’intesa politica ed elettorale nel caso Berlusconi volesse far precipitare la situazione verso le urne. Ma non è il terzo polo: «Nessuno è autorizzato, perchè non è la mia idea nè il mio progetto. La riunione di oggi con Api, Udc e Mpa è un fatto politico perchè è la prima volta che forze di maggioranza, e noi siamo maggioranza, e forze di opposizione si confrontano su valori come garantismo». E da oggi in poi basta divisioni tra falchi e colombe: «Vi chiedo di trovare sempre una sintesi unitaria. È una necessità assoluta».

Il compromesso tra falchi e colombe c’è stato, ma con un punto a favore dei primi. Il capogruppo alla Camera sarà infatti Bocchino affiancato da Benedetto Della Vedova, che oggi farà la dichiarazione di voto, e Conte come vicecapogruppo vicario. Baldassarri sarà il presidente dei senatori fino a settembre poi gli subentrerà Viespoli. Moffa farà il coordinatore dei gruppi e Menia organizzatore del territorio. Il nome di Bocchino è un pugno nello stomaco per Berlusconi: è uno dei tre deferiti ai probiviri. «Il capogruppo non ce lo facciamo imporre da Berlusconi», ha spiegato Fini. Il quale non ha gradito le telefonate che il premier ha fatto ai moderati per convincerli a stare dalla sua parte. Lo stesso Menia in un’intervista ha raccontato che il Cavaliere gli ha chiesto di fare da pontiere. Per Fini questi tentativi sono come il «bacio della morte»: per questo ha deciso per Bocchino. Il quale, tra l’altro, ha esperienza nei lavori in aula, mentre Moffa è impegnato come presidente della commissione Lavoro della Camera. La nomina di Bocchino è il segnale della linea dura, è la risposta al deferimento ai probiviri e alla defenestrazione da vicecapogruppo del Pdl voluta da Berlusconi

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57318girata.asp
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« Risposta #31 inserito:: Agosto 10, 2010, 02:39:59 pm »

10/8/2010 (6:43)  - RETROSCENA

Conflitto di interessi, l'arma finale di Futuro e Libertà

Il presidente della Camera ai suoi: non è tempo di colombe, ma non rispondere colpo su colpo

AMEDEO LA MATTINA

Per raffreddare i bollori politici d’agosto, Gianfranco Fini ieri ha fatto un’immersione al largo dell’Argentario. E una volta tornato a galla aveva le idee chiare su come affrontare il nemico di Arcore. Futuro e Libertà è pronto a sganciare la bomba atomica; un ordigno nucleare con su scritto «conflitto di interessi», quello che da anni da sinistra viene rinfacciato a Silvio Berlusconi. E’ la mossa dirompente che verrà fatta se dovesse continuare la «massacrante e ossessiva campagna mediatica» del Giornale e delle televisioni che sono di proprietà del premier. Una campagna di «delegittimazione personale» che ha portato il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, a chiedere le dimissioni del presidente della Camera. Capezzone non è stato smentito dal Cavaliere e nemmeno dal vertice del partito: quindi per Fini siamo di fronte a un’ulteriore frattura che rischia di essere insanabile, di chiudere ogni confronto programmatico. Apre anzi un vero e proprio conflitto istituzionale che vede il presidente del Consiglio attaccare la terza carica dello Stato con tutti i mezzi a sua disposizione, quelli che controlla sia direttamente per vincolo familiare e proprietario sia indirettamente attraverso la politica.

Ecco perché in Parlamento a settembre potrebbe essere sollevato il conflitto di interessi. Fini ha fatto sapere alle truppe parlamentari che non intende arretrare di un millimetro, che non ha alcuna intenzione di dimettersi. E’ il momento di andare all’attacco, di non farsi intimidire. «E a Berlusconi che chiede la mobilitazione contro i personalismi e i disfattisti - osserva Italo Bocchino - vorrei ricordare che il vero disfattista è lui: ha sfasciato un partito per antipatia personale». Quando il gioco si fa duro, le risposte devono essere durissime. A Fini non sono piaciute alcune dichiarazioni dei cosiddetti moderati come Silvano Moffa che ha parlato di «eterogeneità di posizioni» attorno a Fini, aggiungendo che sono controproducenti le posizioni dei falchi di entrambi gli schieramenti: «La spaccatura - sostiene Moffa, coordinatore dei gruppi parlamentari di Futuro e Libertà - è un fatto personale, i personalismi da tutte e due le parti hanno preso il sopravvento sulle analisi politiche. La vicenda Tulliani? Non mi interessano i fatti personali. Ci sono ben altre priorità nel Paese». Per l’altra colomba Roberto Menia ha ragione Moffa, «bisogna recuperare il galateo istituzionale»: «Tacciano una volta per tutte i cosiddetti falchetti di seconda scelta con i loro urli striduli, tacciano i guitti e mettiamoci a lavorare seriamente per completare il programma di governo». Per l’ex leader di An questo non è il momento delle colombe, ma di rispondere colpo su colpo. Così Carmelo Briguglio sul sito Generazione Italia pone «dubbi legittimi».

Si sono mossi «pezzi di servizi deviati» sulla vicenda della casa a Montecarlo? Briguglio, che fa parte della commissione di controllo sui servizi, scrive che «è legittimo avanzare non diciamo dei sospetti ma almeno dei dubbi» su uno dei due giornalisti del Giornale che ha seguito l’inchiesta giornalistica sulla casa di Montecarlo. Ha a che fare con «un notissimo direttore dei servizi segreti al tempo coinvolto nell’affaire-Sisde e poi condannato da un Tribunale della Repubblica? E’ una coincidenza? E un’omonimia? O una parentela? C’è qualche dossier confezionato da pezzi deviati dei Servizi? Qualcuno ha pensato, a prescindere dalla consapevolezza dell’utilizzatore finale, di fare un favore al Capo?». I finiani si chiedono come sia possibile che in un Paese occidentale possa accadere che l’«aggressione giornalistica» sia condotta da quei media così direttamente legati al premier proprio quando uno dei protagonisti della vicenda politica decide di dar vita un soggetto politico autonomo in dissenso dal leader del Pdl. E se le parole di Capezzone sono quelle di uno «stipendiato dal Pdl come portavoce», afferma Fabio Granata, quelle degli «ex colonnelli An, che a Fini devono tutto, sono semplicemente indegne».

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57492girata.asp
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« Risposta #32 inserito:: Agosto 12, 2010, 04:50:43 pm »

12/8/2010 (7:2)  - RETROSCENA

L’incognita delle urne fa arretrare i falchi

Frenata tattica quando la rottura sembrava definitiva

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

La giornata sembrava chiudersi come le altre: nel peggiore dei modi, con il solito muro contro muro tra Berlusconi e Fini. Nel tardo pomeriggio è arrivata una nota dei senatori finiani che chiedevano di sotterrare l’ascia di guerra, di ragionare, di aprire un confronto per evitare la guerra civile nel centrodestra. Il premier ha colto la palla al balzo e si è detto disponibile a ritrovare l’unità che «ove mancasse, porterebbe a scelte dolorose e definitive». Colpo di scena finale: i capigruppo di Futuro e Libertà Bocchino e Viespoli hanno fatto un comunicato in cui si dice che la disponibilità del presidente del Consiglio è «un segnale positivo». Cosa è successo veramente?

Sono due le versioni che vengono date dal campo finiano e non sono necessariamente in contraddizione. La prima versione racconta di un Fini che ha subito capito che il Cavaliere stava tentando di dividere i suoi parlamentari e ha fatto la contromossa. Ha chiamato irritato il moderato Viespoli e gli ha chiesto spiegazioni di quella nota-ramoscello d’ulivo che lo metteva in difficoltà proprio nel momento in cui è sottoposto a un durissimo attacco politico e mediatico. Ma intanto la frittata era fatta e quindi Fini ha dovuto correre ai ripari per dimostrare che sulla sua linea non ci sono divergenze, per evitare che Berlusconi si infilasse tra chi è andato all’assalto di Palazzo Grazioli (con il placet dello stesso Fini) e coloro che invece temono che un bagno di sangue senza vincitori e vinti. Così il presidente della Camera ha chiesto a Bocchino, Vispoli e al coordinatore dei gruppi Moffa di fare una nota congiunta per accogliere il «segnale positivo» del premier.

L’altra versione sostiene che Berlusconi sia venuto a più miti consigli di fronte alla contraerea dei falchi finiani Bocchino, Briguglio e Granata. Il Cavaliere spieghi come acquistò la villa di Arcore; se si deve dimettere Fini per la storia della casa a Montecarlo lo devono fare pure Berlusconi, Matteoli, Verdini e Fitto che hanno gravi pendenze giudiziarie; se volete trascinarci alle elezioni allora noi saremo disponibili a fare un governo tecnico con la sinistra e pure con Di Pietro, che proprio ieri ha aperto a questa ipotesi. Insomma, spiegano i finiani, il premier ha capito che se volano gli stracci, volano per tutti. E allora avrebbe ritenuto più opportuno abbassare i toni e fare un’apertura. La verità sta a metà strada e le vicende di ieri dimostrano che i duellanti navigano a vista. Nessuno dei due sa come andrebbe a finire se dovessero dare seguito alle loro mosse. Berlusconi, spiegano i finiani, non è sicuro di poter ottenere le elezioni dal capo dello Stato e vede muoversi nello scacchiere politico tutti coloro che non vogliono andare alle urne. Considerando che in caso di un incarico per formare un nuovo governo, molti parlamentari del Pdl potrebbe trovare conveniente sostenerlo per non andare a casa o per non rischiare di non essere rieletti. Fini però ha chiaro che una forzatura, un'alleanza con la sinistra e Di Pietro potrebbe avere forti ripercussioni nel gruppo di Futuro e Libertà, pendendo dei pezzi.

Oggi si vedrà se i segnali di pace sono reali o è tutta tattica, un bluff. Rimane il fatto che Fini per tutta la giornata di ieri aveva caricato le truppe dei falchi. Berlusconi, aveva detto, commetterebbe un «errore fatale» se in autunno decidesse di salire al Quirinale per chiedere le elezioni. Se il premier dovesse fare questo «passo falso», Fini sarebbe pronto ad allearsi pure con il “diavolo”. Prima del voto il presidente della Camera sarebbe disponibile a verificare le condizioni per un governo di emergenza istituzionale, convinto che anche al Senato ci sono i numeri. Calcoli, supposizioni, scenari. Poi in serata la tregua (finta?)

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57549girata.asp
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« Risposta #33 inserito:: Agosto 13, 2010, 04:17:31 pm »

13/8/2010 (7:36)  - INTERVISTA

Granata: "Sono pronto ad allearmi anche con Vendola"

Il finiano doc: «Non voglio stare 5 anni all'opposizione»

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

A Fabio Granata non piace il «minuetto delle colombe» finiane di fronte all’attacco sferrato da Berlusconi a Fini.
E fa un ragionamento che lo porta a dire quello che può suonare una bestemmia o una profezia: un’alleanza elettorale Fini-Vendola, addirittura un ticket per la premiership.

Come fa ad immaginare un’intesa del genere?
«Questa potrebbe essere l’extrema ratio di fronte ad una rottura traumatica del centrodestra. Se Berlusconi dovesse portarci alle elezioni con questa legge elettorale, allora sarebbe giocoforza sperimentare alleanze inedite. Per prima cosa è auspicabile che si ricomponga la frattura tra Fini e Berlusconi, mettendo fine alla vergognosa manovra contro la terza carica dello Stato e trovando un patto programmatico per il resto della legislatura. E’ un’ipotesi che ritengo difficile da realizzare. La seconda ipotesi è che non si vada ad elezioni e si riesca a dare vita ad un governo diverso che riscriva il sistema elettorale. Berlusconi farà di tutto per impedirlo perchè con le attuali regole del gioco il Cavaliere potrebbe conquistare il premio di maggioranza e con il 40-45% dei voti controllare il Parlamento. E noi che facciamo, andiamo da Berlusconi con il cappello in mano per chiedergli 30 seggi? Sarebbe il massacro di Fini. Allora meglio giocare in campo aperto, tentando la strada del governo tecnico con la garanzia di Napolitano di poter fare la riforma elettorale. Oppure si va subito a elezioni con una lista Fini alleata con l’Udc, l’Api e l’Mpa di Lombardo. Ma io non voglio stare 5 anni all’opposizione. Per questo non escludo un’intesa anche con la sinistra e con Vendola».

Sarebbe un’armata Brancaleone. Che tipo di programma comune potreste fare con la sinistra di Vendola?
«Guardi che Fini è molto gradito a sinistra. E’ un politico trasversale, capace fuori dal Palazzo, di mettersi alla testa di una rinascita nazionale. Fini-Vendola secondo me vincono perchè la gente è molto più avanti di quello che si pensa. Non ci sono altre attrattive serie. C’è una vasta area di opinione che ha votato a destra e che non vuole che Berlusconi ritorni a Palazzo Chigi o magari vada al Quirinale. Sono saltati gli schemi destra-sinistra. E poi cosa ci divide dalla sinistra e da Vendola sulla legalità, il contrasto alle mafie, la cittadinanza, l’immigrazione, la coesione sociale, i problemi del Mezzogiorno, l’evasione fiscale, il federalismo solidale?».

Sono idee che fanno deflagrare Futuro e Libertà.
«Ai miei amici definiti colombe dico: se si va a votare con questa legge elettorale, cosa facciamo, andiamo da Berlusconi con il cappello in mano e molliamo Fini? Futuro e Libertà non un fine ma un mezzo».

Ma lei immagina proprio un ticket Fini-Vendola?
«Non sarebbe necessariamente Fini il candidato premier. Nel prossimo Parlamento si eleggerà anche il capo dello Stato».

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57576girata.asp
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« Risposta #34 inserito:: Agosto 14, 2010, 03:53:58 pm »

14/8/2010 (7:52)  - RETROSCENA

Fini inizia a preparare il partito a settembre lo strappo finale

Il progetto del presidente: lanciare il programma di Futuro e Libertà durante la festa Tricolore

AMEDEO LA MATTINA
ROMA
Adesso Fini pensa di fare il partito Futuro e Libertà. Ne ha cominciato a parlare con i collaboratori più vicini: la sua intenzione è di lanciare il manifesto politico della nuova forza politica a Mirabello, il 5 settembre, in occasione della Festa Tricolore. Ma per il momento deve rintuzzare quella che definisce «la vergognosa manovra di Berlusconi» che ieri ha visto una nuova puntata sul Giornale e su Libero con la storia degli arredi comprati per l’appartamento monegasco del cognato. Quando ha letto i due giornali Fini ha chiesto spiegazioni alla compagna Elisabetta Tulliani. E lei ha giurato e stragiurato che quanto scrive Il Giornale e Libero è tutto falso. A quel punto Fini ha dettato al suo portavoce il comunicato in cui si parla di «delirio diffamatore». «Questa operazione si ritorcerà contro Feltri, ma anche a Berlusconi. Io non ho nulla da temere. Questa vicenda - ha detto Fini ai suoi amici di Futuro e Libertà - finirà come il “caso Boffo”: un’altra bufala, un’altra cantonata e anche questa volta dovrà chiedere scusa. Ma non finirà solo con le scuse».

Il presidente della Camera intanto vuole presentare come giornalista un ricorso all’Ordine dei giornalisti perché a suo avviso siamo di fronte a «un problema enorme di deontologia professionale». Testimoni anonimi, verifiche non fatte sulle fatture e la spedizioni dei mobili a Montecarlo e tanto altro. Ma non è la questione professionale-giornalistica in cima ai pensieri di Fini. Anche se la «bufala» dei mobili, a suo giudizio, sarà un colpo alla credibilità di tutta l’inchiesta giornalistica che lo ha messo sotto scacco. E’ soprattutto l’operazione politica che ci sta dietro ad interessare il presidente della Camera, convinto che ci sia la supervisione del Cavaliere, il suo nemico numero uno, ormai. A rincuorarlo sono state le parole del capo dello Stato (i due si sarebbero sentiti al telefono ieri), l’intervista all’Unità in cui Napolitano dice basta all’aggressione nei confronti del presidente della Camera e alla campagna di veleni, e mette uno stop alle richieste di elezioni anticipate.

«Adesso il voto sia allontana», dice Carmelo Briguglio. Il quale ha attaccato il presidente del Senato per aver detto in un’intervista no a un governo tecnico che ribalti l’esecutivo Berlusconi scelto dagli elettori. Schifani sostiene che se viene meno questa maggioranza si va al voto. Per Briguglio Schifani è «politicamente schierato, un leader attivissimo di una corrente del Pdl insieme ad Angelino Alfano». La seconda carica dello Stato «partecipa a vertici di partito a supporto del presidente del Consiglio, si occupa anche delle minuzie compreso arruolamento e collocazione di parlamentari, amministratori locali, manager di aziende sanitarie, uomini del sottogoverno. Ne sa qualcosa Miccichè in Sicilia». Anche Italo Bocchino dice che Schifani non ha i titoli per censurare l’azione politica di Fini. «Il presidente del Senato - attacca duramente il capogruppo di Futuro e Libertà - chiede il rispetto del voto solo quando ciò non tocca i suoi interessi politici. Ricordo che in Sicilia i suoi uomini sono passati dalla maggioranza all’opposizione cercando di far cadere la giunta Lombardo che è stata legittimamente eletta».

Secondo Fini comunque il capitolo principale rimane Berlusconi e la campagna mediatica del Giornale per farlo dimettere da presidente della Camera. E le dichiarazioni di Napolitano sono un assist eccezionale. Non è un caso che l’ex leader di An ha fatto scrivere da Bocchino, Viespoli e Moffa un comunicato per dire che bisognerebbe ascoltare le sue parole anziché giocare allo sfascio. «Le carte che Feltri minaccia di pubblicare non proveranno nulla, tutta l’operazione si trasformerà in un boomerang, e per Berlusconi questo scontro istituzionale sarà devastante», sostiene Bocchino che due giorni fa è andato ad Ansedonia ed è rimasto con Fini fino a ieri mattina. La tregua, se mai c’è stata, è sepolta. Così dicono i finiani più duri, che non esiteranno a riprendere il contrattacco sugli affari all’estero di Berlusconi, a cominciare dalle società off shore passando per l’acquisto della villa di Arcore. Ma sono le valutazioni politiche e come organizzare la campagna d’autunno ciò che interessa principalmente Fini. «Se si apre una crisi - è la convinzione di Fini - non è detto che non nasca una nuova maggioranza».

Ma i numeri ci sono? Secondo Bocchino sì, sia alla Camera che al Senato: «E noi finora non abbiamo sbagliato sui numeri», assicura riferendosi alla nascita dei gruppi parlamentari di Futuro e Libertà. Gruppi ai quali presto seguirà il partito. Alla fine di agosto, dopo che attorno al 20 Berlusconi riunirà il suo stato maggiore, anche Fini chiamerà a raccolta le sue truppe, con l’obiettivo di serrare i ranghi. Chiederà chi è disposto a seguirlo fino in fondo. Poi, il 5 settembre a Mirabello, lancerà il manifesto politico del partito.

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57609girata.asp
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« Risposta #35 inserito:: Agosto 21, 2010, 04:04:45 pm »

21/8/2010 (7:10)  - VERTICE DEL PDL

E Fini beffardo: "Tutto qui? Non ha armi per farci tacere"

Bocchino: al 95% ha elencato il programma

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

«Tutto qui». Paradossalmente Fini è rimasto deluso dalle parole di Berlusconi. Gradevolmente deluso perché si aspettava fulmini e saette da Palazzo Grazioli e invece il premier non ha fatto che ribadire ciò che è scritto nel programma di governo. Anzi avrebbe finalmente risposto ad alcune sollecitazioni fatte da tempo dal presidente della Camera, fin da quell’infuocato ufficio di presidenza del Pdl che fece scoppiare la guerra. «Meglio tardi che mai. E’ evidente che non ha l’arma atomica per farci la guerra», è stato il commento del leader di Futuro e Libertà.

Il quale però sta in guardia: tanta moderazione da parte del Cavaliere è sospetta. Bisognerà infatti vedere come le intenzioni verranno concretizzate. «Intenzioni lodevoli - le definisce Fini - che meritano attenzione. Ora tutto dipende da come verranno tradotte nei singoli disegni di legge». Wait and see, mai dare per scontate le mosse dell’ex amico-avversario. E’ vero, come dice in maniera sarcastica Briguglio, che «anche a volersi sforzare è impossibile non votare questo programma. La montagna ha partorito il topolino». Detto questo Fini non crede a una parola di Berlusconi quando sostiene di non avere alimentato la campagna del Giornale contro di lui, e di non aver fatto una telefonata per riportare all’ovile i finiani moderati.

Sospetti e certezze. Il sospetto maggiore riguarda la parte sulla giustizia, a cominciare dal processo breve che Berlusconi nella conferenza stampa ha ridefinito «tempi ragionevoli» del processo. Per questo Bocchino ha detto che le proposte del premier sono condivisibili al 95%. Il 5% che manca è proprio su questo terreno. Fini è disposto votare una riforma sulla separazione delle carriere e lo sdoppiamento del Csm, ma quando si tratta di rendere i tempi «ragionevoli» vuole capire di che tratta: significa far saltare migliaia di processi in corso solo per risolvere quello sul caso Mills? Tra i finiani su questo tema c’è una discussione aperta.

I moderati vogliono risolvere, nelle forme accettabili per l’opinione pubblica, il problema giudiziario di Berlusconi: meglio sarebbe con lo scudo del Lodo Alfano, ma solo per il capo dello Stato e il premier. E perché no, anche con il processo breve. I falchi non sono d’accordo e vogliono ingaggiare una dura discussione. Ma per Berlusconi non ci saranno trattative. «Allora - osserva Bocchino - in aula dirò che voteremo la fiducia ma che non siamo d’accordo su questo e quest’altro. Per Berlusconi sarebbe un doppio danno».

Fini ha seguito la conferenza stampa del Cavaliere e ha trovato conferma all’idea che il problema di Silvio è Umberto. Probabilmente il premier ha in mano dei sondaggi che, in caso di elezioni, vedono Bossi schizzare al Nord nei consensi e il Pdl arrancare al Sud. Qui, una campagna elettorale di Fini tutta giocata contro la Lega affamatrice dei meridionali, potrebbe avere successo. Ma basterebbe uno spostamento del 2-3% dei voti nel Mezzogiorno per far perdere al Pdl il controllo del Senato. A quel punto, ragiona Fini, Bossi chiederebbe a Silvio di passare la mano a Tremonti. Ecco la paura di Berlusconi, che non ha l’atomica contro Fini.

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57817girata.asp
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« Risposta #36 inserito:: Settembre 15, 2010, 09:05:47 am »

12/9/2010 (7:21)  - POLEMICA INFINITA

Berlusconi-Fini, duello sulla fiducia alla Camera

Il leader di Fli: si deve votare, altrimenti perchè cerca consensi?

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Berlusconi ha un incubo: passare come il premier di un governicchio che tira a campare. Vuole invece passare alla storia come il leader del «miglior governo che l’Italia abbia mai avuto». Ambizione e ottimismo che ha cercato di trasmettere agli uomini e alle donne riunite a Gubbio per l’annuale Scuola di formazione politica del Pdl. Un collegamento telefonico dall’albergo di Mosca dove ieri è rimasto a dormire (dopo aver fatto le ore piccole nel locale notturno il GQ). Ma nello stato maggiore del Pdl non circola molto ottimismo. Sono pochissimi che scommettono in una navigazione che superi le colonne d’Ercole della prossima primavera. Tranne se Berlusconi non si acconci a trattare ora con Casini ora con Fini in un gioco di maggioranze variabili.

Cosa che non dovrebbe essere nelle sue corde. «Non faremo mai rimanere l’Italia sospesa tra le elezioni anticipate e l’ipotesi di un governicchio tecnico. Siamo sempre stati lontani dai giochi della politica politicante e da questo teatrino insulso e assurdo». Non nomina mai Fini, ma è chiaro che si riferisce al presidente della Camera che non terrebbe fede al mandato elettorale e agli interessi della gente. E questo mentre ci sono da collocare a settembre 56 miliardi di titoli di Stato e l’Italia rischia la sfiducia sui mercati. Ecco perché il governo ha «il dovere di andare avanti: lo chiedono gli italiani». Mentre «la sinistra e gli antiberlusconiani producono chiacchiere e feste di partito. Il Pdl e il governo sono realtà nate tra la gente e non giocheranno «al tanto peggio tanto meglio come purtroppo qualcuno sta facendo». Sono fendenti micidiali sul volto di Fini, accusato di non fare gli interessi dell’Italia, ma di giocare solo una partita privata, per la sua carriera politica.

Quello del premier è un crescendo di attacchi pubblici all’avversario, il leader di Futuro e Libertà, che ieri da Ottawa ha fatto una mossa azzardata da contropiede. Ha osservato che sulle dichiarazioni che il presidente del Consiglio terrà in Parlamento alla fine di settembre «ci deve essere un voto. Non ha senso fare il discorso senza un voto. Se no il premier che cosa cerca a fare il sostegno di 316 deputati?». I berlusconiani gli sono subito saltati addosso. Ecco, attacca Osvaldo Napoli, la dimostrazione che Fini non è un presidente della Camera superpartes, e per questo deve dimettersi. «Non è lui che decide se ci vuole un voto ma i capigruppo». Il governo, nonostante le rassicurazioni di Berlusconi, cammina sul filo del rasoio e Bossi lo dice senza mezzi termini. Ma per il momento di elezioni non si parla. «E cosa posso fare - ha detto ieri sera a Ferrara - il presidente della Repubblica non le vuole, Berlusconi pure....».

E’ chiaro però che «stare là 2-3 anni nella mani degli altri diventa molto stretto anche per Berlusconi. Però abbiamo fatto un patto e lo manterremo. Noi non siamo come Fini che cambia bandiera». Bossi spera che Fini «ritorni in ginocchio da Berlusconi perché alla fin fine lui è migliore del democristiano Casini». Intanto il suo amico Silvio ostenta, è sicuro di avere una maggioranza stabile, ma non vuole subire i ricatti degli «antiberlusconiani vecchi e nuovi». Ci vuole «senso di responsabilità». Evitando di compromettere tutto quello che di positivo e concreto è stato fatto. Precipitando l’Italia in una crisi politica dai «risvolti incerti». Aprendo la strada all’«instabilità politica». Di fatto il premier ammette che dalle urne potrebbe saltare fuori una maggioranza incerta o perfino due maggioranze diverse alla Camera e al Senato. Comunque un Paese ancora più spaccato tra Nord e Sud. Esplicitamente non lo ammetterà mai e ai sui amici di Gubbio infonde coraggio. E li saluta con un voluto lapsus freudiano. «Non so perché ma mi viene da dire "Forza Italia e forza Milan"». Per caso dà ragione a Fini che definisce polemicamente il Pdl come una Forza Italia allargata a pezzi di ex An?

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201009articoli/58467girata.asp
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« Risposta #37 inserito:: Settembre 28, 2010, 12:03:20 pm »

28/9/2010 (7:15)  - RETROSCENA

Il pericolo astensionismo ultimo timore del Cavaliere

Sondaggi riservati danno voti in fuga dal Pdl a causa delle liti

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

La tentazione della zampata contro un Fini considerato in ginocchio Berlusconi ce l’ha sempre e questo è un lavoro che lascia fare volentieri al Giornale di famiglia che anche oggi picchia duro sul presidente della Camera. Il premier vorrebbe seguire la sua natura di superfalco quando si tratta di mettere ko l’avversario. E ieri, telefonando a don Gelmini, qualcosa si è lasciato sfuggire con quel riferimento alle ambizioni personali che ostacolano il governo e a Carlo Giovanardi (presente e premiato dalla Comunità Incontro) che invece non tradisce mai e non cambia bandiera. Punzecchiature, stilettate che non mancheranno nel suo discorso di domani alla Camera. Ma a prevalere saranno la moderazione e i toni «istituzionali e da statista», assicurano a Palazzo Grazioli, perché l’obiettivo è far proseguire la legislatura.

Non è che il premier sia diventato improvvisamente «buonista»: non si sogna nemmeno di porgere un ramoscello d’ulivo a Fini. Ha fatto i suoi calcoli, anche quelli più spicci dei nuovi voti in arrivo dal fronte meridionale. La sua maggiore goduria è incassare quelli dei «ribelli siciliani» dell’Udc che stanno mollando Casini, l’altro «traditore». Sembra che ieri sera li abbia ricevuti ad Arcore in gran segreto, accompagnati dal ministro Angelino Alfano che ha curato personalmente la vicenda siciliana. In cambio di posti di governo, sottosegretariati? Gli interessati negano decisamente, ma si vedrà presto se mentono. Intanto quella fatidica quota di 316 voti senza i finiani il Cavaliere non ce l’ha in tasca. A impensierirlo tuttavia sono soprattutto altri numeri, quelli dell’astensionismo che secondo i suoi amati/odiati sondaggi del lunedì sta diventando una marea montante. A quanto pare manca all’appello qualche milione di elettori che nel 2008 ha votato centrodestra e in particolare Pdl.

Ecco, chi ha parlato con lui ieri lo ha sentito preoccupato di questa forte e crescente tendenza degli umori elettorali di fronte alla guerra con Fini. E sono tutti voti moderati in libera uscita che potrebbero finire nel sacco dell’Udc e di un Fini alla testa di una lista civica nazionale. Per non parlare poi della vampirizzazione della Lega al Nord. Allora l’obiettivo principale è quello di evitare le elezioni anticipate per recuperare questi «moderati sbandati e frustrati». Come? Assicurando che la legislatura va avanti, che il governo è in sella e ha molti progetti di riforma: gli ostacoli devono essere superati nell’interesse di tutti, come ha ricordato ieri nel collegamento telefonico con Don Gelmini. L’intenzione di presentarsi in aula alla Camera (sempre che venga confermata nei fatti) nelle vesti dello statista, con un discorso programmato alto e istituzionale, senza entrare nei dettagli delle cose da fare per riformare la giustizia. Una riforma che però dovrà essere fatta come vuole lui e su cui misurerà la lealtà di Fini.

Il suo calcolo politico è non spaccare e lasciare che a dividersi siano i finiani. Ed è quello che è successo ieri con le «colombe» Baldassarri, Menia, Moffa e Viepoli contro Bocchino che attribuisce a Berlusconi la strategia di distruggere Fini. Per acuire questa divisione nel capo di Futuro e Libertà il Cavaliere deve mordersi la lingua, evitare di mostrare il suo volto più cattivo. Al presidente del Consiglio interessa far esplodere queste tensioni e far capire agli elettori moderati quale sia la differenza tra i pasdaran finiani e il resto della maggioranza.

Intanto non viene presa in considerazione l’ipotesi di concordate con Fini l’ordine del giorno che domani alla Camera verrà messo ai voti. Non ci sarà un voto di fiducia ma una conta politica Berlusconi la considera necessaria per far vedere che la maggioranza c’è, ed è più ampia di quella uscita dalle urne del 2008. E questo senza riconoscere la terza gamba finiana e senza quel «teatrino da prima Repubblica - spiega il ministro Frattini - che renderebbe gli elettori moderati ancora più frustrati e delusi». La tentazione della zampata su Fini sanguinante per la vicenda della casa monegasca rimane, ma Berlusconi vuole dare l’immagine di chi sta sopra le parti. Si gode le difficoltà del suo avversario con la famiglia Tulliani: qualcuno gli ha pure fatto sapere che il presidente della Camera vuole cambiare stato di famiglia. Adesso ne vuole uno solo per lui, la compagna e le figlie. Senza l’imbarazzante presenza dei genitori di lei e, soprattutto, del cognato fonte dei suoi guai.

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« Risposta #38 inserito:: Settembre 30, 2010, 05:13:47 pm »

30/9/2010 (7:17)  - RETROSCENA

Rovesciare il tavolo il premier ci pensa

Non gli è servito fare la "colomba"

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Oggi siamo vivi, domani non si sa». Guido Crosetto è un uomo concreto, guarda in faccia la realtà. Dice di non avere parlato con Berlusconi, ma interpreta perfettamente lo stato d’animo del premier che si rende conto che di essere un’anatra zoppa, di non avere l’autosufficienza, di avere fallito clamorosamente l’obiettivo di marginalizzare Fini. Senza i voti di Futuro e Libertà difficilmente potrà continuare a governare. Lo dice Maroni che si va a votare a marzo e anche il Cavaliere non vede grandi prospettive per il suo governo oltre la primavera: «Abbiamo la maggioranza numerica ma non quella politica».

Avrebbe detto ben altro in aula su come sono andate le cose con Fini, «ma ho scelto di fare un discorso costruttivo per il bene del Paese. E lui, proprio il giorno della fiducia, annuncia il partito e dice che gli veniva da ridere quando ho detto di avere un’indole dialogante. Un provocazione. E poi - si è sfogato con alcuni parlamentari mentre tornava a Palazzo Grazioli - avete visto come ha gestito l’aula? Di Pietro mi insultava, mi vomitava addosso le cose più terribili e lui non gli ha tolto la parola».

Il presidente del Consiglio è furioso. Il suo settantaquattresimo compleanno lo ha festeggiato nel peggiore dei modi. «Un compleanno di merda...». Lo ha confessato al capogruppo dell’Idv Donadi al quale ha rimproverato di essere sempre «cattivo» nelle sue dichiarazioni («mentre io sono buono, anche troppo buono. Me lo diceva pure mia madre che dovevo incattivirmi un po’»). Furioso e triste perchè vede rovinato il progetto del Pdl, perché aveva una maggioranza solida e ampia e ora è appeso a Fini che dovrebbe dimettersi nel momento in cui indossa la maglietta del capopartito. Non gli è servito fare la colomba, seguire i consigli di Gianni Letta che i falchi del Pdl ora considerano il vero sconfitto di questa partita. Le colombe Alfano, Frattini, Carfagna, Gelmini tentano di fermare la macchina elettorale, dicono che una maggioranza c’è, anzi è più ampia, e bisogna andare avanti: l’unica via è trovare un accordo con Fini, riconoscere la terza gamba della coalizione.

Berlusconi non crede a questa strada. Per lui tuttavia ad una cosa è servita la giornata di ieri: a fare chiarezza. «Quantomeno - ha detto il premier - da oggi gli italiani sapranno di chi è la colpa se precipita tutto. Gli italiani devono sapere chi sta cercando la rissa e chi, invece, tenta di governare». A suo parere ad un’altra cosa è servita: si arriverà alle elezioni con questo governo e non con un esecutivo tecnico o “ribaltonista” diretto da Fini e Casini, con il sostegno del Pd.

Berlusconi ora deve procedere alla giornata, senza potersi fidare di chi gli fa i conti nel partito, degli addetti al pallottoliere che promettevano maggioranze autosufficienti senza i finiani. Dovrà fidarsi dei ministri che lo spingono a trovare un’intesa con Fini e a non lasciare a Bossi la forza di spingere il governo verso la deriva elettorale. «Saremmo spacciati - spiegava ieri un di questi ministri - con la Lega che ci massacra al Nord e il rischio di perdere il premio di maggioranza per il Senato in due, tre Regioni del Sud». Resistere, resistere, resistere, ma non sembra far parte delle corde del Cavaliere, il quale però ha il problema dello scudo giudiziario. E solo un accordo con i finiani glielo può garantire. Alle loro condizioni. E’ proprio questo il punto: il premier non vuole farsi strangolare da Fini. «Niente ricatti, se non posso governare non ci sono altre soluzioni se non quella del voto». Lo avrebbe detto anche a Bossi in una telefonata (smentita da Bonaiuti). Non vuole galleggiare, non vuole farsi logorare, mettersi a trattare come faceva Prodi con le sue tribù del centrosinistra.

Letta e Alfano in serata si sono incontrati e hanno messo a punto la strategia della controffensiva: convincere il premier a non fare il passo falso, di andare oggi al Senato e fare lo stesso discorso costruttivo pronunciato alla Camera. Ma la notte potrebbe portare “cattivi consigli” a Berlusconi: prendere atto che non c’è più la maggioranza uscita dalle urne del 2008 e salire al Colle. E’ una voce non confermata, anzi smentita dalle fonti ufficiali del governo. Ma sono le stesse fonti che gli consigliano prudenza, che gli hanno scritto un discorso democristiano doroteo. Un discorso che lo ha legato come un salame. Adesso ascolterà Bossi e la sua natura di combattente? I sondaggi consigliano altro: almeno un anno di tempo per recuperare quella massa di astensionisti in fuga dal Pdl. Il suo tarlo è che, se continuerà con il teatrino con Fini, perderebbe ancora altri consensi. Rovescerà il tavolo?

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« Risposta #39 inserito:: Ottobre 01, 2010, 03:44:26 pm »

1/10/2010 (7:27)  - RETROSCENA

Ora l'obiettivo del Cavaliere è accelerare il processo breve
   
Ma il timore è un asse fra Fli, centristi e Pd per un governo tecnico

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Alla buvette del Senato, durante una pausa del dibattito sulla fiducia, un ministro sincero confida che si andrebbe a elezioni anticipate se non ci fosse di mezzo la necessità di dare uno scudo giudiziario a Berlusconi. E aggiunge che, al di là delle chiacchiere, delle tregue («finte») con Fini, la verità è che «l’uno vuole ammazzare l’altro». Adesso il problema principale è lanciare agli elettori sfiduciati e nauseati del centrodestra il messaggio rassicurante che il governo è in sella. A Palazzo Madama c’è una maggioranza veramente autosufficiente visto che i dieci finiani non sono determinanti. «Ma non sono decisivi nemmeno alla Camera - spiega il premier - perché con Fini rimarranno solo gli estremisti. Tutti gli altri, e sono una dozzina, non voteranno mai contro un provvedimento che mette a rischio la sopravvivenza del governo». Quale può essere questo provvedimento deflagrante? Il processo breve o, per dirla con i berlusconiani, la ragionevole durata dei processi.

Ecco, il Cavaliere non ha mai messo nel cassetto questa idea che, se trasformata in legge, lo metterebbe al riparo dai procedimenti giudiziari pendenti a Milano. Ma è proprio di questo che Futuro e Libertà non vuole parlare e insiste nel dire che il processo breve non fa parte del programma. Dunque, quando la spinosa questione verrà messa sul tavolo e il Pdl chiederà ai «futuristi» di dimostrare la loro buona fede e lealtà, salterà in aria la fragile e finta convivenza di questi giorni. Secondo Berlusconi arriverà in soccorso quella che lui chiama la «legione straniera», quei finiani moderati che non possono accettare di considerare chiusa la loro esperienza nel centrodestra. A quel punto il presidente del Consiglio avrà il suo scudo giudiziario e con quello può affrontare le urne in primavera. Per fare questo ha bisogno di arrivare a gennaio-febbraio e bloccare ogni ipotesi di governo tecnico. Ipotesi neutralizzata con il voto del Senato di ieri e la «legione straniera» alla Camera.

Nei piani di Berlusconi l’obiettivo di tirare fino a gennaio-febbraio ed evitare lo sgambetto dell’esecutivo tecnico deve servire anche a bloccare le manovre per cambiare la legge elettorale. Questa è l’altra bestia nera del Cavaliere. Ieri Casini ha chiesto al presidente della Camera di sollecitare la commissione Affari costituzionali ad avviare l’esame dei progetti di riforma elettorale. Nell’aula del Senato il capogruppo di Futuro e Libertà Viespoli si è rivolto al premier chiedendo che si cambi l’attuale legge elettorale perché favorisce «non la sovranità del popolo ma la sovranità padronale». Berlusconi è rimasto di sale. I Democratici di Bersani invece hanno subito cavalcato la proposta. Si è subito materializzato l’asse Fli-Udc-Pd-Mpa. I finiani e i centristi di Casini spiegano che si tratta di un avviso ai naviganti. Sanno che non sarà facile cambiare la legge elettorale con Berlusconi a Palazzo Chigi. Tuttavia avviare una discussione serve per cominciare a discutere in commissione su una soluzione comune che potrebbe poi tornare utile nel caso in cui si dovesse costruire un governo tecnico che abbia un solo punto in programma: la legge elettorale, appunto.

Sono conti senza l’oste. Sono comunque prove di alleanze sul modello della giunta regionale di Raffaele Lombardo da esportare da Palermo a Roma. E ciò dimostra che dietro l’apparente calma e il voto di fiducia incassato da Berlusconi l’incendio nel centrodestra non è stato affatto spento. Tra l’altro dentro Futuro e Libertà c’è una discussione in corso sulle ipotesi di future intese elettorali: si va dalla lista Fini, al terzo polo con Casini e Rutelli all’alleanza costituzionale con il Pd e tutti quelli che ci stanno a battere il Cavaliere. Il quale intanto dice che i giornali a lui vicini gli fanno solo danni, riconosce di fatto la nuova articolazione della coalizione con Futuro e Libertà. E ad alcune senatrici, che ieri gli hanno regalato una cravatta per il suo compleanno, ha spiegato che la vicenda della casa monegasca non vuole usarla come una clava sulla testa di Fini, che questo non è il momento di alzare i toni. Certo, ha annuito quando una senatrice ha detto che Fini va a braccetto con i magistrati. Ma per il premier questo non è il momento della rottura. Avanti con il programma, si vedrà come si comporteranno i finiani durante i lavori in commissione. A cominciare dal processo breve.

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201010articoli/59018girata.asp
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« Risposta #40 inserito:: Ottobre 10, 2010, 10:47:04 am »

10/10/2010 (7:35)  - IL CASO

Le colombe Pdl tentano la tregua ma è rissa Bocchino-Cicchitto

Il finiano evoca la P2, l’altro gli risponde: gli sono saltati i nervi

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

La tregua politica che si regge su un filo oggi avrebbe un motivo in più per essere rispettata dopo la morte dei soldati italiani in Afghanistan. Berlusconi, dalla dacia di Putin nei pressi di San Pietroburgo, non vuole alimentare polemiche. «Va da sè che questo sia il giorno meno adatto e inopportuno», spiega Paolo Bonaiuti dopo aver concordato al telefono con il premier il comunicato stampa sul grave attentato dei terroristi talebani. Il portavoce di Berlusconi è tra gli affaticati costruttori di queste tenue filo tenuto in mano da Gianni Letta: non vuole sentire parlare degli spari tra finiani e berlusconiani che alla Camera e al Senato hanno l’incarico di mettere in pratica il tentativo di attuare i famosi 5 punti programmatici del voto di fiducia. Bonaiuti dice che a Palazzo Chigi per il momento si pensa solo al ritorno delle salme da Kabul per i funerali di Stato. Non è nemmeno il giorno per diffondere il messaggio del premier ai partecipanti al convegno «La Dc nel Pdl» organizzato a Saint-Vincent da Rotondi, Giovanardi e Cutrufo.

Oggi non ci doveva essere nessuna nota stonata. In questo temporaneo aplomb da statista Berlusconi che si morde la lingue di fronte alle «provocazioni» di Fini. E’ il momento di portare a segno il federalismo e una leggina che modifichi il legittimo impedimento, blocchi la Consulta e blindi i processi di Berlusconi. Una leggina che, sembra, i finiani siano disponibili a votarla. Questa è la novità, il segnale positivo che viene da Fini per vie ufficiose a Letta e ad Alfano. Per questo la sparatoria tra Bocchino e Cicchitto potrebbe compromettere quel tenue filo di tregua. Tutto nasce dalla contestazione al finiano Briguglio di sedere al Copasir: l’accusa più bruciante è che Briguglio diffonderebbe informazioni sensibili come il pedinamento di Bocchino. Il quale parla di «aggressione» a Briguglio dovuta alla nascita dei gruppi Fli. Ma la cosa più pesante è quando ricorda a Cicchitto la sua iscrizione alla P2 (indirettamente fa riferimento all’iscrizione di Berlusconi alla stessa loggia). Bocchino racconta che quando ha saputo di essere pedinato si è rivolto ai magistrati e al Copasir. Mentre molti anni fa, «quando un politico oggi molto noto scoprì di essere pedinato, preferì rivolgersi a Gelli per far desistere coloro che lo spiavano, così come risulta agli atti della Commissione d’inchiesta sulla P2». Cicchitto controreplica che a loro sono saltati i nervi e usano «battute oblique». Altro che battute oblique, dice Briguglio, nelle carte della Commissione P2 il «noto politico», è Cicchitto.

Ecco le fiamme che spuntano da sotto la brace e nessuno riescono a spegnere nonostante le delicatissime trattative da cui dipende la legislatura. Al di là della stessa vicenda Copasir, i nervi sono a fior di pelle. Lo dimostra ad esempio la rispostaccia di Guido Crosetto a Fini. «Mi auguro di cuore che gli stessi immigrati irregolari, di cui secondo Fini la politica deve farsi carico e che tre anni fa mi ritrovai nella mia camera da letto alle quattro di notte, facciano anche una visita a casa del presidente della Camera. Il giorno dopo gli chiederemo qual è la sua posizione sul tema». Ma Fini punzecchia a tutto campo. Insiste anche sulla nuova legge elettorale. Alla faccia, osservano causticamente i berlusconiani, dei problemi che interessano i cittadini. Gli stessi uomini del Cavaliere si chiedono il perchè di questa alzata di toni dei finiani. Osvaldo Napoli per esempio si chiede viene rilanciato lo scontro e con quali obiettivi, «quando il premier e tutti noi invece invece cerchiamo di raffreddare il clima: per caso c’è la ricerca di una nuova legge elettorale e di un governo tecnico con la sinistra?». In effetti circola con maggiore insistenza la voce di un accordo quasi raggiunto sul nuovo sistema di voto tra Fini, Casini e Bersani. In Commissione Affari costituzionali della Camera queste tre forze politiche hanno deciso di fare fronte comune per chiedere che la discussione sulla legge elettorale venga incardinata a Montecitorio, e non al Senato, dove i rapporti di forza sono più favorevoli a Fli, Udc e Pd.

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« Risposta #41 inserito:: Ottobre 16, 2010, 10:19:13 pm »

16/10/2010 (7:23)  - RETROSCENA

"Si muovono all’unisono per colpire il governo"

L'ira del premier: «Ecco conferma delle mie critiche ai magistrati»

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

«Avevo proprio ragione quando ho detto che certi magistrati di sinistra sono un’organizzazione che si muove all’unisono con lo stesso obiettivo: sovvertire il risultato elettorale ed eliminare colui che è stato eletto». Per la verità Berlusconi il 29 ottobre, parlando con alcuni ragazzi fuori da Palazzo Grazioli, aveva detto di più. Aveva parlato di «un’associazione a delinquere». Con i suoi interlocutori di ieri ha in sostanza ripetuto gli stessi concetti quando ha saputo dell’inchiesta della procura di Roma. Un’inchiesta che sarebbe una chiara «derivazione» di quella milanese. Una sponda romana a quel «famigerato» pm De Pasquale (così lo definì in maniera sprezzante Berlusconi alla festa del Pdl il 4 ottobre) per evitare che andasse in prescrizione il processo Mediaset. Infatti «non c’è nulla di nuovo», spiega Ghedini che ieri ha informato il premier chiuso a villa La Certosa per curarsi i postumi dell’operazione alla mano. Una derivazione studiata bene, ipotesi «praticamente identiche», osserva l’avvocato del Cavaliere, che porteranno all’archiviazione: «Pacificamente il presidente Berlusconi e Pier Silvio Berlusconi sono totalmente estranei ai fatti in oggetto».

Le valutazioni in casa Berlusconi sono quelle di sempre: accerchiamento politico, voglia di determinare la politica in Italia alla vigilia di una riforma della giustizia che verrà portata ad uno dei prossimi consigli dei ministri. La novità è questa «complicità» sull’asse Roma-Milano. Ma il ministro Alfano assicura che nulla cambierà rispetto al percorso parlamentare delle riforme. Quindi avanti con le modifiche costituzionali, la separazione delle carriere e tutte quelle modifiche che saranno trattate con Fini e che rappresentano fumo negli occhi per i magistrati. «Non ci fermeranno - ha dato la carica Berlusconi - e più mi attaccano più sono determinato ad andare avanti con il nostro programma». Per il premier la magistratura continua a fare un’azione di supplenza rispetto all’opposizione. Con il Pd allo «sbando» senza alleati certi e affidabili, alla ricerca sempre di un leader esterno che lo salvi, i pm si danno la mano da Milano a Roma e dettano la linea. Il vicepresidente della Camera Lupi fa notare che era un po’ che qualche magistrato non indagava sul presidente del Consiglio. «Confesso che cominciavo a preoccuparmi... Per fortuna che esiste la procura di Roma. La notizia di oggi sfiora il ridicolo, ma purtroppo conferma che una parte della magistratura è ossessionata da Berlusconi. Ormai sono loro la vera opposizione».

«Puntuali come un Eurostar, altro che giustizia lenta e inefficiente!», ironizza Osvaldo Napoli che si riferisce all’illustrazione della riforma della giustizia fatta al Capo dello Stato dal ministro Alfano l’altro ieri. Il muro che si alza dal campo berlusconiano insiste sullo stesso repertorio. Giustizia ad orologeria (Paolo Bonaiuti); dell’aggressione giudiziaria nei confronti del premier che «ha raggiunto e superato ciò che può essere istituzionalmente giustificato, politicamente accettabile e umanamente sopportabile» (Sandro Bondi). Il timore, anzi la certezza nella maggioranza è che ci sarà un crescendo di inchieste giudiziarie ora che Berlusconi è politicamente più debole. Con un partito balcanizzato, un governo dove le tensioni sono alle stelle nei confronti di Tremonti. Insomma, il Cavaliere è convinto che l’«associazione a delinquere» è pronta a sferrare l’accatto finale. E la manovra concentrica Milano-Roma preluda ad altro. Forse per questo il premier ha bisogno di chiudere un accordo con Fini sulla giustizia, e non solo sulle riforme costituzionali. Un segnale a doppio taglio gli è venuto ieri dai capigruppo finiani Viespoli e Bocchino. Prima dicono che l’iscrizione nel registro degli indagati a Roma «non cambia nulla nel quadro politico». Poi aggiungono che quella dei pm romani è «un intervento legittimo per una vicenda che risale al 2000-2003 e l’imprenditore Berlusconi».

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« Risposta #42 inserito:: Ottobre 21, 2010, 11:13:18 pm »

21/10/2010 (7:15)  - RETROSCENA

E ora Alfano si candida al ruolo di delfino

Il ministro telefona all'avvocato Bongiorno, media sulla riforma, e strappa il sì ai Finiani

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Felpato, prudente, determinato, poche chiacchiere, molto lavoro specializzato nelle missioni difficili che gli affida Berlusconi. Come quella di trovare l’accordo con Fini sulla riforma della giustizia. Angelino Alfano, giovane di vecchia scuola democristiana, potrebbe miracolosamente riuscire laddove ha fallito perfino il principe dell’appeasement Gianni Letta: ricomporre la falla del terremotato centrodestra ben oltre il campo minato della giustizia; allungare la vita politica di Berlusconi, portando a termine (o quasi) la legislatura; evitare governi tecnici e futuri terzi poli. Certamente è riuscito a far venire a galla l’anima più moderata di Futuro e Libertà, provocando contorsioni addominali ai durissimi intransigenti tipo Granata e alla base scatenata sui web finiani contro il voto del Senato sulla retroattività del Lodo Alfano. «Futuro e Libertà ha tenuto una posizione coerente con ciò che aveva sempre detto», ha reso omaggio ieri il ministro di via Arenula. Il quale adesso si è messo di buzzo buono per ottenere il via libera dalla pignola in diritto Giulia Bongiorno. L’ha chiamata ieri al telefono per annunciarle che «prestissimo» avrà il testo della riforma della giustizia sulla quale ieri il premier ha detto di voler trovare «un accordo preventivo» prima di portarla al Consiglio dei ministri della prossima settimana.

Nel pomeriggio ha incontrato il capo per riferirgli che «il clima è positivo, si comincia a discutere concretamente nel merito delle questioni». «Angelino sei bravissimo», è stato l’encomio del Cavaliere per il quale già parlare pubblicamente di «accordo preventivo» rappresenta un cambio di fase, anche di linguaggio. Ma potrebbe essere un bluff: tutto è ancora da verificare nei fatti. Fini rimane diffidente. Tuttavia dà credito ad Angelino che, in questo ipotetico cambio di fase, potrebbe rappresentare la soluzione futura di un nuovo centrodestra che frena le ambizioni di Tremonti alla premiership solidale con Bossi. Anche per una buona parte del Pdl Alfano rappresenta il ferro di lancia per salvare e trasmettere l’eredità politica di Berlusconi. L’hanno capito al volo Frattini, Gelmini, Fitto, Carfagna e Prestiacomo e coloro che si riconoscono nel gruppo Liberamente. Si riuniscono con lui regolarmente per creare quella massa d’urto che serve a non farsi fagocitare dagli ex An e fermare l’avanzata leghista.

Carlo Vizzini, il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato che ha presentato l’emendamento sulla retroattività del Lodo Alfano, conosce bene il ministro della Giustizia e le dinamiche del mondo berlusconiano. Spiega che il giovane Angelino si muove sempre sulla scia indicata da Berlusconi («gli vuole bene come a un parente stretto»). Compiendo le missioni difficili, sta acquisendo «un ruolo politico sempre più centrale: ha staccato il gruppo, è un gradino più in alto rispetto agli altri. Alfano rappresenta il primo dei prodotti politici creati da Berlusconi che appartiene alla nuova generazione». Insomma, il vero delfino. «Attenzione - avverte però Vizzini - chi pensa alla successione di Berlusconi sbaglia. E Angelino questo errore non lo commette perché sa che Berlusconi ha ancora le energie per guidare il Paese: solo lui decide se, come e quando passare la mano. Chi lavora contro di lui alla successione sarà sempre portato al camposanto politico dallo stesso Berlusconi».

E’ anche vero che ieri, intervenendo a Catania all’Assemblea nazionale dell’Upi presieduta da Giuseppe Castiglione (un suo fedelissimo alla guida pure del Pdl Sicilia), Alfano si è sbilanciato: «In Italia e negli enti locali ci sono tutte le condizioni per rimuovere il tappo gerontocratico: a 60 anni non ci si può considerare “stelle della politica”...». Ogni riferimento è solo casuale? Si riferiva solo a Tremonti che è del ’47? C’è da scommettere, vista la sua fedeltà, che non si riferiva al settantenne Cavaliere. Il quale tuttavia alla fine della legislatura (se sarà quella naturale) avrà 77 anni suonati. Magari sarà «pronto» per il Quirinale e a passare il testimone al suo «bravissimo ministro» che fra dieci giorni compie 40 anni. E mentre compie le missioni impossibili per Sua Maestà Silvio, può aspettare molto ma molto di più di Tremonti, Fini e Casini.

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« Risposta #43 inserito:: Ottobre 25, 2010, 09:07:47 am »

24/10/2010 (7:24)  - RETROSCENA

Avanti a due velocità Gioco delle parti nel Pdl

Il premier frena, i suoi accelerano. E c'è chi sbotta: «Non si capisce più nulla»

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

«Vuole sapere la verità?», risponde con una domanda uno degli esperti che ha lavorato e lavora su quel Lodo Alfano che Berlusconi ora vorrebbe ritirare mentre al Senato la maggioranza intende andare avanti. «Non se ne capisce più nulla. Questa storia - spiega con disappunto l’esponente del Pdl dietro la promessa di rimanere anonimo - mi sembra molto simile a quella tirata fuori dal Cavaliere qualche settimana fa del partito che causerebbe la perdita di consenso del governo. Adesso sarebbero sempre il partito e non lui a volere lo scudo giudiziario, come ha detto nell’intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung. E’ mancanza di lucidità o è una mossa mediatica?». Il nostro interlocutore sospende il giudizio ma sembra propendere per la prima ipotesi.

Ma sembra poco credibile che Berlusconi parli a vanvera. E che non ci sia invece una strategia mediatica quando butta la croce sugli altri: che sia il partito che litiga o i gruppi parlamentari premurosi che lo difendono dal «macigno che grava sulla democrazia», cioè i magistrati che agiscono «in modo eversivo». E’ un modo per allontanare da sè ogni sospetto, confutare le strumentalizzazioni dell’opposizione e convincere l’opinione pubblica che lui «leggi-vergogna» non ne fa. Chiaro signor Presidente della Repubblica? Quello che non si capisce è se chiederà veramente alla sua maggioranza di ritirare il Lodo Alfano o è, come sembra molto probabile, un gioco delle parti. «Lui vuole che venga ritirata la legge costituzionale, l’ha detto al Corriere della Sera - spiega Bonaiuti, il portavoce del premier - e non ho motivo di pensare che cambierà posizione. Al Senato andranno avanti? Bisogna chiedere ai senatori perché».

«Certo che andiamo avanti», risponde Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali destinatario della lettera del capo dello Stato. «E’ una legge di iniziativa parlamentare di rango costituzionale e quindi non è nella disponibilità del governo e del presidente del consiglio accantonarla o mandarla avanti». Quanto alle dichiarazioni di alcuni esponenti del Fli che vogliono fermare il Lodo, Vizzini ricorda che «ogni forza politica ha le sue curve degli ultrà». «Ma io sto ai comportamenti politici dei rappresentanti di Futuro e Libertà al Senato: Saia si è sempre comportato in maniera inappuntabile. Così come io rimango fermo alle dichiarazioni ufficiali e pubbliche del premier e finora non mi risulta che abbia confermato quello che leggo sui giornali».

La situazione è a dir poco kafkiana. E’ mai possibile che il capo della maggioranza voglia bloccare il Lodo perché dice di non sapere cosa farsene mentre la stessa maggioranza tira dritto a dispetto? E’ chiaramente un gioco delle parti. Un modo per Berlusconi per rispondere in maniera nervosa al capo dello Stato che chiede modifiche e lo fa nella maniera irrituale, dicono i berlusconiani, con una lettera al presidente della commissione Affari costituzionali. Un modo per il centrodestra di confermare la necessità di uno scudo per chi riveste la carica di primo ministro e capo dello Stato. Ma il Cavaliere fa il superiore. «Tanto io verrò assolto e confido che la Corte Costituzionale non boccerà il legittimo impedimento», va dicendo in questo periodo. Un ottimismo di facciata dietro la quale ritornano i sospetti sulle intenzioni di Fini. Il quale ieri è tornato a parlate di altri governi, del dovere del capo dello Stato di verificare se ci sono altre maggioranze in caso di crisi dell’esecutivo Berlusconi. E sul Lodo ha messo altri paletti sulla scia di Napolitano. «Che cosa è successo nelle ultime 72 ore - si chiede Osvaldo Napoli, vicecapogruppo Pdl - da far cambiare radicalmente la posizione dei finiani? In assenza di spiegazioni si tratta di manovre di palazzo che mirano a disarcionare questo governo e a spaccare la maggioranza. Gli autori scoperti e i sostenitori occulti di questa manovra sono da considerare alla stregua di attentatori alla Costituzione».

Per Berlusconi tratta del «solito gioco per logorarlo»: «Ma devono essere loro a fare la mossa sbagliata. Io vado avanti con il programma di governo». Bisognerà vedere se sarà coerente con quello che dice, cioè che non ha bisogno dello scudo giudiziario e se chiamerà il capogruppo del Senato Gasparri per dirgli di fermare la macchina del Lodo

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« Risposta #44 inserito:: Novembre 17, 2010, 11:54:19 pm »

17/11/2010 (7:25)  - IL CASO

Sette deputati nel mirino il calciomercato sul Fli

Un finiano: mi hanno offerto 500 mila euro, ma non mi vendo

AMEDEO LA MATTINA
ROMA

Nella sala conferenze di Montecitorio Denis Verdini e Daniela Santanchè (Ignazio La Russa era seduto tra i giornalisti) stavano presentando con molta goduria il ritorno nel Pdl del deputato Giuseppe Angeli strappato a Gianfranco Fini. «Il primo di altri ritorni», garantiva su di giri la Santanchè, che aveva ricevuto la telefonata da Silvio Berlusconi. «Brava Daniela, sei riuscita a rompere il fronte di Futuro e libertà. Vedrai che ne arriveranno altri alla Camera e poi ci facciamo delle belle risate... Pensa alla faccia che farà quello lì...». Che sarebbe il presidente della Camera, per il Cavaliere sempre e comunque «un traditore». Voleva andarlo a dire agli italiani, a Matrix, questa sera. Aggiungendo che con lui «si è rotto un rapporto personale» e che «i finiani si accorgeranno quanti pochi voti avrà il loro leader».

Avrebbe voluto aggiungere che è pronto a respingere le «manovre di palazzo», poi ci ha ripensato: l’intervento è rinviato al 14 dicembre, dopo il dibattito alle Camere, per rispetto al Capo dello Stato che si è speso a lungo nel tentativo di trovare un accordo tra le parti. A «quello lì» Berlusconi sta cercando di sfilare deputati per rimandare al mittente la mozione di sfiducia anche con uno, due voti di scarto (sono sette i deputati su cui si sta lavorando alacremente). «Magari pochi voti all’inizio - spiega Ignazio La Russa - che diventeranno dieci in pochi giorni». Il perché è presto spiegato: il premier ha una decina di posti da assegnare tra viceministri e sottosegretari lasciati vuoti da Fli e da precedenti dimissioni di esponenti del Pdl.

E poi, sempre che il governo ce la faccia a mantenere la maggioranza alla Camera, ci sono tante nomine pubbliche da fare entro la fine dell’anno. A questo si aggiunge pure un presunto lato ancora più prosaico della campagna acquisti: un deputato finiano confidava ieri che gli sarebbero stati offerti 500 mila euro per «tradire» Fini. «Non sono in vendita», è stata la risposta orgogliosa. Comunque, mentre Verdini e Santanchè mostravano lo scalpo di Angeli, fuori dalla sala conferenze si aggirava Saverio Romano, l’ex segretario dell’Udc siciliana che ha abbandonato Casini per mettersi in proprio con i suoi amici e schierarsi con il Cavaliere. «Vedrete - diceva con l’aria di vecchio marpione democristiano, che avrebbe convinto Giampiero Catone a lasciare Fini - che Berlusconi alla Camera avrà la maggioranza.

Bastano 5-6 assenze in aula al momento del voto... Non credo che tra i deputati ci sia molta voglia di andare a casa». Una pausa, poi una «profezia». «Abbiamo davanti quasi un mese di tempo e può succedere di tutto. Può succedere pure che Napolitano, di fronte a una tempesta finanziaria che si potrebbe abbattere in Europa nelle prossime settimane, possa decidere di non sciogliere le Camere e affidare l’incarico di formare un nuovo governo al governatore di Bankitalia Draghi». E’ il governo tecnico la bestia nera di Berlusconi, ma per il momento non è alle viste. Ma dopo la soluzione salomonica presa ieri al Quirinale sul voto di fiducia/sfiducia in Parlamento, il Cavaliere è convinto che lo spettro del governo tecnico sia stato archiviato. Ora, spiegano a Palazzo Grazioli, l’alternativa è tra Berlusconi e le elezioni.

Insomma lo scenario sarebbe cambiato: i deputati dubbiosi e coloro che non vogliono lasciare lo scranno di Montecitorio sanno qual è il rischio che corrono se affossano il Cavaliere. Ad esempio, Fini è in grado di rieleggere i suoi 35 seguaci, dovendo concorrere nella spartizione delle candidature con Casini, Rutelli e Lombardo? «Nella vita, e quindi anche in politica - spiega il ministro Altero Matteoli - è lecito cambiare idea, ma ho l’impressione che coloro che hanno aderito al Fli abbiano preso un treno la cui destinazione è cambiata senza avviso e senza il loro pieno consenso». Berlusconi, ad ogni modo, è soddisfatto della soluzione trovata dal Quirinale. Se avesse votato prima la Camera, in caso di sfiducia, sarebbe stato costretto a dimettersi e non avrebbe potuto incassare il voto favorevole del Senato.

Così invece a Palazzo Madama i senatori, che sono la metà dei deputati, potranno finire di votare prima dei loro colleghi di Montecitorio. I quali sapranno in tempo reale che l’unico modo per non andare a casa è quello di sostenere il governo. Potranno sembrare alchimie, sottili giochi di Palazzo, tuttavia il Cavaliere gioca colpo su colpo. Con la sicurezza di chi ha blindato l’asse con Bossi e si prepara la campagna elettorale se non riuscirà a riconfermare la maggioranza nei due rami del Parlamento.

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