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Autore Discussione: DIARIO VENETO (1)  (Letto 99308 volte)
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« Risposta #105 inserito:: Aprile 11, 2009, 04:10:04 pm »

Bassano, molotov contro casolare degli immigrati: «Ci annoiavamo»

I quattro ventenni vicini agli ambienti dell'estrema destra sostengono di non sapere che l'edificio fosse abitato

 
 ROMA (11 aprile) - «Lo abbiamo fatto per noia». Michael Zanchetta, 18 anni, Denis Bordignon, 19, Mattia Zen, 20, e Mattia Tugnoli, 20 anni, i quattro giovani fermati dalla Polizia per l’attentato contro un casolare abbandonato ma abitato da alcuni nordafricani, sono comparsi ieri davanti al gip Massimo Morandini per l’interrogatorio di garanzia.

Assistiti i primi tre dall’avv. Alberto Gnoato, il quarto dall’avv. Elisabetta Cardello, i quattro hanno ammesso di aver ideato e realizzato il lancio di una molotov contro una costruzione di Fellette, ma hanno indicato (per la verità non in maniera concorde) di non sapere che nell’edificio diroccato vi fosse qualcuno e di non avere contatti con formazioni politiche (ma in casa del Tugnoli è stato rinvenuto materiale propagandistico di estrema destra).

Soprattutto hanno tenuto a precisare di non aver agito per motivi etnici. «Perché, allora?», ha chiesto il magistrato. «Perché ci annoiavamo» - è stata la disarmante risposta. I primi tre sono stati rimandati ai "domiciliari", il quarto in cella, a Vicenza.

Lo Zanchetta di Mussolente, il Bordignon e lo Zen di Romano e il Tugnoli, residente a Loria (Tv), sono stati bloccati all’alba di giovedì con l’accusa di confezione di ordigni e di incendio, con l’aggravante dell’istigazione all’odio razziale. Nella notte tra il 18 e il 19 febbraio scorsi i quattro fabbricarono due molotov, salirono sulla Renault Clio dello Zen, si avvicinarono a fari spenti al casolare che fronteggia il civico 8, in via Albere, a Fellette, dove da tempo trovano riparo degli immigrati. Tugnoli (sempre secondo la ricostruzione della Polizia, peraltro confermata dal 20enne) gettò una bottiglia sul tetto della catapecchia; uno dei compagni doveva fare lo stesso ma poi buttò il flacone dentro una rosta. Si alzarono delle fiamme che in parte si esaurirono autonomamente, in parte furono spente dai pompieri. Nell’edificio c’erano quattro tunisini, "regolari" e occupati in aziende del territorio: i quattro stranieri non rimasero feriti ma la paura fu notevole.

La polizia raccolse le testimonianze di alcuni abitanti che avevano visto aggirarsi in zona un’auto sospetta. Un paio d’ore più tardi una pattuglia individuò Michael, Denis e i due Mattia in un locale. I quattro furono identificati e lasciati andare. In realtà da quel momento uomini del Commissariato di Bassano e della Digos di Vicenza hanno controllato ogni loro spostamento e intercettato molte loro comunicazioni fino a capire che erano stati gli autori dell’attentato. Del resto erano soliti vantarsi del gesto con amici e conoscenti, spingendoli addirittura a fare altrettanto, perchè "bisogna svegliarsi". Di più, secondo gli inquirenti, si apprestavano a festeggiare l’anniversario della bravata e probabilmente a organizzare un’altra, violenta intimidazione.

Davanti al gip, ieri, sono stati molto meno spavaldi. Da quanto è trapelato Zen, Zanchetta e Bordignon hanno ammesso subito il fatto e si sono dichiarati disponibili a sostenere un corso di recupero e a riparare i danni; (in due su tre) hanno riferito di non sapere che la casupola era abitata e hanno rigettato ogni intento di natura razziale. Per loro l’avv. Gnoato chiederà un’attenuazione della misura di custodia e, per colui che è occupato, il permesso di recarsi al lavoro. Il Tugnoli è apparso più deciso e si è assunto la paternità dell’ideazione e della conduzione del raid. Per lui l’avv. Cardello domanderà i "domiciliari".

«Questi ragazzi - ha osservato, ieri, il vicequestore Alessandro Campagnolo - non si sono e forse non si rendono conto nemmeno ora della gravità delle loro azioni (rischiano fino a 10 anni, ndr.). Anche in famiglia nessuno aveva colto cosa stava succedendo. Questa vicenda è spia di un serio disagio sociale, evidentemente più diffuso di quanto non crediamo». 
 
da ilmessaggero.i
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« Risposta #106 inserito:: Aprile 14, 2009, 10:54:06 pm »

Il cavaliere bianco della laguna

di Maurizio Maggi


Gli affari tra Brasile e Kenya. Le denunce per sfruttamento del lavoro e mancati pagamenti. E un impero multinazionale dai contorni misteriosi. Chi è Fiorenzo Sartor, l'uomo che si prenderà la chimica veneta  Come fa un signore che fattura 9 milioni di euro con i ponteggi meccanici a salvare Porto Marghera, ex santuario della chimica italiana, con una operazione da almeno 200 milioni? È un quesito che in tanti si pongono, tra gli esperti di chimica e di finanza e pure nel sindacato, e al quale il diretto interessato non aiuta a fornire una risposta. "Quanto devo tirar fuori? Lei lo sa? Io non l'ho mai saputo. Tutti dicono... Tutti scrivono... Che facciano un po' quello che vogliono", è la risposta telefonica a 'L'espresso' del cavaliere del lavoro Fiorenzo Sartor, nato a Cornuda, Treviso, classe 1944. Ma un'idea ce l'avrà... "E va ben, è un'idea mia. Però non vi dico niente". Okay, ma avrà dei soci finanziari, delle banche che la aiutano... "Sono io e soltanto io". Il catenaccio dell'ex apprendista fabbro è duro come la roccia. I contenuti economici dell'affare e il modello di business necessario a fare utili da un grosso investimento su un comparto maturo e con una concorrenza asiatica agguerrita sono davvero difficili da comprendere.

Alla fine di marzo, dopo nove mesi di tira e molla, Sartor s'è impegnato a rilevare la Ineos Vinyls, che all'interno del petrolchimico utilizza il clorosoda per produrre il Pvc, la plastica rigida che serve soprattutto per le fognature e le infrastrutture. Sartor deve mettere sul piatto 77 milioni per onorare il debito che la Ineos ha contratto con l'Eni, visto che per mesi non ha pagato le forniture di cloro. Quindi deve ricapitalizzare per 30-40 milioni la Ineos e investire una cinquantina di milioni per modernizzare l'impianto di Marghera, come previsto dall'accordo di programma del 2006. Infine, dovrà trovare qualcuno interessato a puntare 100-120 milioni di euro sulla nuova centrale elettrica.

Per la politica, è il salvatore di Porto Marghera, o quantomeno di un bel pezzo del celebre impianto, che senza il suo intervento rischia di chiudere provocando guai a catena. Gli impianti della Ineos in Veneto e in Sardegna (a Porto Torres e ad Assemini) occupano direttamente 1.100 dipendenti, più 800 dell'indotto.

Fiorenzo Sartor e Massimo CacciariIperattivo self made man, grazie alla poco gloriosa fuga della multinazionale britannica e all'assenza di altri candidati interessati alla cosiddetta filiera del cloro, Sartor è diventato il cavaliere bianco della chimica. Per il governo nazionale e quello regionale, di centrodestra. Ma pure per la giunta di Venezia guidata da Massimo Cacciari, di centrosinistra. "Sembra sincero, ma lo aspettiamo al varco. E comunque, anche se non è del settore, è l'unico che si sia fatto avanti: quindi fino a prova contraria dobbiamo aver fiducia in lui", dice Franco Baldan, segretario della Filcem-Cgil di Venezia.

Chi è Sartor? Uno che dopo le elementari va a lavorare in una bottega artigiana del paese natìo ("Facevamo anche le casse da morto in zinco", ricorda) e a 17 anni ha la felice intuizione che gli darà la ricchezza: il primo meccanismo autosollevante che fa salire e scendere in verticale ponteggi, montacarichi e ascensori da cantiere. Si mette in proprio nel 1967, fondando la Safi, e s'allarga: apre filiali all'estero e noleggia i suoi moderni apparati alle imprese di mezzo mondo, che li impiegano negli interventi per sistemare il tetto della Mole Antonelliana a Torino, per rifare la facciata dell'hotel Oberoy a Mumbai, per tirare su grattacieli a Singapore e restaurare il museo della Scienza di Valencia. Dopo 42 anni, la Safi è ancora la principale impresa italiana dell'imprenditore, eppure non arriva a 10 milioni di fatturato. Nel frattempo, però, l'industriale veneto ha diversificato i suoi interessi, svariando tra pesca e autotrasporto, calzature e compravendita immobiliare, piantagioni di canna da zucchero ed energia. Impossibile sapere con precisione il giro d'affari aggregato e il numero di persone alle sue dipendenze. Sartor dichiara: "Dipendenti? Qualche migliaio. L'azienda più grossa? In Brasile". Per anni, il piccolo impero dell'uomo che indossa sempre i gilet, non mette mai la cravatta e si alza non più tardi delle quattro del mattino, si articola attraverso una serie di piccole Srl dal modesto capitale sociale. La Sartor Holding, che ora sta in cima al gruppo e che ha come unico azionista lo stesso Sartor, viene fondata solo nel novembre scorso. La somma di tutte le attività dovrebbe aggirarsi intorno ai 30 milioni di euro di ricavi.

Il sessantacinquenne trevigiano è di fatto alla testa di un gruppo multinazionale, anche se dai contorni non precisabili. A chi gli chiede se possiede società in determinati paesi, Sartor risponde così: "Proprio nei posti che dice lei". Di sicuro, Sartor controlla aziende in Kenya e Somalia (stato del quale è console onorario per il Veneto), in Romania e Brasile. In questi due paesi, le società che fanno o facevano capo a Sartor sono state spesso bersaglio di polemiche. In Romania, in seguito a una serie di compravendite che hanno al centro la Sevam e la Metalrom International e infine la Euroboiler, le autorità finanziarie locali lo hanno inquadrato nel mirino per sospette frodi sull'Iva, ma senza arrivare al processo. E la stampa del luogo si è spesso interrogata sulle origini del patrimonio di Sartor. Con ancora maggior enfasi i giornali e parecchi uomini politici brasiliani si sono interessati alle vicende della ex Novagro, ribattezzata Usina Santa Fé, grossa impresa agricola del Mato Grosso, che produce 900 mila tonnellate annue di canna da zucchero da cui si ricavano 7,2 milioni di litri di alcol (che nella nazione sudamericana è abbondantemente utilizzato come carburante). Quando ha rilevato la Novagro in agonia, sulla società gravavano debiti per circa sessanta milioni di euro: rinegoziando abilmente il debito con il Banco do Brasil, Sartor ha pagato meno di 1,5 milioni di euro, suscitando le critiche e le invidie dei concorrenti e spingendo alcuni parlamentari del Mato Grosso a chiedere la creazione di un'apposita commissione d'inchiesta.

Più recente è l'ondata di protesti inoltrata dai fornitori alla Safi Brasil Energia di Nova Aldorada, probabilmente per i ritardi nei pagamenti: cinque sono arrivati nella sola giornata del 23 marzo scorso. In passato, una società brasiliana del gruppo è stata anche investigata per gravi irregolarità connesse allo sfruttamento di lavoro indigeno

Andreina Zitelli, che insegna Analisi e valutazione ambientale all'Università di Venezia ed è l'esperto del Comune lagunare nella Commissione Aia (Autorità integrata ambientale), Sartor non lo conosce. Però conosce bene il nuovo campo di gioco che il trevigiano si è scelto per la sua sfida più ardita. E commenta: "Il Pvc è un prodotto maturo, che l'Unione europea invita a sostituire con soluzioni più moderne e pulite. E meno pericolose durante la fase produttiva. Quello del Pvc era un mercato difficile e competitivo anche quando l'economia andava bene, perché la Cina e l'India hanno una enorme capacità produttiva installata in megaimpianti totalmente fuori norma. È davvero difficile immaginare come un operatore che non s'è mai occupato di chimica possa rendere redditizio un cospicuo investimento in un settore come questo. Si vede che Sartor avrà fatto bene i suoi conti".

Conti che, per ora, l'ex fabbro di Cornuda si guarda bene dal rivelare.

(13 aprile 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #107 inserito:: Maggio 06, 2009, 11:45:49 pm »

Turismo - Conti in Rosso

Le presenze fanno flop «Se Padova non attrae più è anche colpa di Santoro»


Massimo Nardin


LE CIFRE Nell’ultimo anno gli arrivi sono calati dell’1,55% nonostante l’aumento dei posti letto  PADOVA. Padova avrebbe tutte le carte in regola per essere il secondo polo attrattore di turismo del Veneto, dopo Venezia. Invece arranca, come rimarcano gli indigesti numeri sull’andamento del turismo cittadino e provinciale del 2008. E attenzione a dire che è tutta colpa della crisi internazionale, visto che in altre città d’arte i flussi in entrata parlano positivo. Secondo Ivo Rossi, infatti, c’è da tenere presente anche dell’effetto boomerang di trasmissioni come Anno Zero di Michele Santoro (Rai Due), quando dipingono a tinte fosche la città del Santo. Ma non solo. Per Ubaldo Lonardi, presidente del Consorzio Turismo Padova Terme Euganee esiste una «necessità di impostare strategie efficaci di riposizionamento» dell’offerta padovana sul mercato turistico nazionale ed internazionale. Per Fernando Zilio, vicepresidente della Camera di Commercio di Padova, invece, la colpa è «della cronica incapacità del Sistema Padova a sfruttare al top i propri gioielli artistici, culturali e paesaggistici come ad esempio fa Verona con Giulietta e Romeo». Insomma, da qualunque parte la si guardi, l’offerta turistica «made in Padova» sembra poco attraente nonostante l’imponente e mirata campagna promozionale messa in atto da qualche anno. Sono i numeri a parlare. Il report annuale 2008 elaborato dall’Osservatorio sul Turismo provinciale sottolinea, infatti, questo stato di insofferenza. Attraverso il monitoraggio di ben 58 eventi, con 33 soggetti territoriali integrati come fonti nella banca dati l’Osservatorio fotografa questo trend: l’analisi su 14 anni di arrivi turistici in provincia di Padova (1995-2008) evidenzia, da un lato, la crescita ininterrotta degli arrivi dal 2004 al 2007, con un -0,72% nel 2008 rispetto al 2007; dall’altro un andamento altalenante per le presenze, che dopo una risalita nel 2006 e 2007, chiudono nel 2008 con un corposo -3,18% su base annua. Questi dati vanno correlati con il trend di crescita delle strutture ricettive a livello provinciale, che vede il continuo aumento dei posti letto negli alberghi (+4,5% tra il 2005 e il 2008 e +1,9% tra il 2007 e il 2008), ma anche nelle strutture extra alberghiere. In città, se gli arrivi dal 1995 al 2008 registrano un incremento costante soprattutto dal 2005 al 2007, con un +10,71% tra il 2006 e il 2008 per attestarsi a -1,55% lo scorso anno, anche le presenze nell’ultimo anno hanno segnato il passo (-0,37%) dopo il +14,46% del triennio 2005-2008. A illustrare questi numeri, ieri ci hanno pensato oltre a Lonardi, Rossi e Zilio, il direttore di Turismo Padova Terme Euganee Stefan Marchioro, il presidente della Provincia Vittorio Casarin, il presidente della Fondazione Cariparo Antonio Finotti. Tutti concordi nel sottolineare l’importanza di capire con che tipo di turista si ha a che fare e di mirare a «monitorare sempre più in profondità i fenomeni turistici per incrementare le performance degli operatori». Attenzione però a non sganciarsi dall’apporto degli stranieri, visto che per arrivi e presenze, soprattutto in città, c’è un ridimensionamento dei visitatori esteri. Il motivo? «E’ la forte sofferenza per le città d’arte», dice Lonardi. E’ invece débacle per il bacino termale per quanto riguarda arrivi (-0,41%) e presenze (-3,59%): qui sono i tedeschi in testa, a dare la mazzata (-7,30% nel 2008) con un’incidenza delle cure sulle presenze passata dal 73,4% del 2005 al 56,36% del 2008.

(06 maggio 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #108 inserito:: Maggio 10, 2009, 11:37:44 am »

Verso le elezioni - Il centrodestra

Galan benedice i «campioni» di Marin

«Zanonato? E’ un sindaco da Jugoslavia»

Ernesto Milanesi


 Tutti in piazza Cavour, di nuovo a viso aperto. Con i «campioni» della Padova di Marco Marin. Manca soltanto Romi Osti, che aveva anticipato la sua candidatura con un’intervista al nostro giornale. E’ stato escluso all’ultimo momento (forse anche a causa delle recenti «verifiche» sulle sue televisioni).
 Il candidato sindaco del centrodestra ha appena finito di presentare i «suoi» candidati, quando un applauso annuncia l’arrivo (a sorpresa?) di Giancarlo Galan. Il governatore si “tuffa” subito nel gruppo, con cui poi condividerà un brindisi sotto la veranda del Caffè Cavour. Ma Galan, con a fianco Marin, spara a palle incatenate e senza tanti complimenti su Flavio Zanonato e compagni.
 «Qui sento un’aria buona. Meglio di così non si poteva partire. Marco è il candidato giusto per vincere. Sono sicuro che farà bene» scandisce Galan. Un sorriso, una stretta di mano, una foto. E poi, da padovano più che da leader del PdL, Galan fa capire cosa aspetta Zanonato fino al giorno del voto: «Il sindaco uscente è solo un funzionario di partito, a capo di un’Amministrazione modesta. Nonostante tutti gli sforzi dell’ufficio stampa di Zanonato e le sue continue comparsate televisive, la realtà è che l’ultimo progetto buono è la porta di Padova Est».
 Presidente, non le pare un po’ eccessivo?
 Cos’ha fatto Zanonato? L’ordinanza anti-lucciole è fumo negli occhi. In via Anelli è stato solo capace di rifare quel che a Berlino i suoi compagni avevano fatto alzando il muro. Si agita, scalpita, proclama. Dategli del bromuro, per carità.
 Addirittura?
 Zanonato è quello che si permette di scrivere che ha recuperato i 6 milioni di euro investiti dal Comune in Lehman Bros. Cosa dici, cretino? Chiedi scusa ai padovani: erano soldi loro. Non pago sbandiera la class action. La dovranno fare i cittadini di Padova contro la sua Amministrazione, se mai, la class action.
 Presidente, quali sono i maggiori problemi da affrontare a Padova?
 Prima di tutto la sicurezza, ovviamente. E’ arrivata a livelli bassissimi. Ma occorre soprattutto intervenire sulla qualità delle offerte per una città che, fra l’altro, gode dell’attrattiva turistica. Ebbene, cos’è stato fatto? Posso concedere a Zanonato, quello degli anni ’90, il merito di aver recuperato davvero bene il Teatro Verdi.
 Di questi cinque anni non salva nulla?
 Le aiuole, ecco. Sì, l’assessore alla propaganda Ivo Rossi sta cominciando ad imparare ad utilizzare i bulbi.
 Presidente, come le sembra la sua città?
 Sinceramente? Il regno del grigiore. Sembra una città della Jugoslavia.
 Ma Zanonato si è speso anche tanto nella «concertazione istituzionale» con Università, Provincia e Camera di commercio.
 Sì, è vero. Per spartirsi le nomine (E ridono anche gli occhi, di gusto).
 Povero sindaco.
 Me lo ricordo bene, arrogante e sprezzante, negare il referendum sul tram dieci anni fa. Oggi non sa nemmeno prendersi la responsabilità di costruire un palazzo, prigioniero del referendum sulle Torri Gregotti.
 Ogni volta che vi incontrate faccia a faccia sono scintille.
 Per una mia critica alla Cgil, si è scatenato in modo inquietante. Sono rimasto annichilito. Era da visita immediata. Per fortuna, intervenne l’assessore alla propaganda. Poi alla conferenza di monsignor Fischella, pretendeva di intervenire solo dopo di me. Aveva una paura matta che potessi mettere in risalto tutta la sua modestia.
 Però Zanonato brilla sempre su Facebook.
 Bravo. Un leghista è stato cancellato per uso improprio. E Zanonato allora? Perché non fanno fuori anche lui?
 E’ la missione di Marco Marin, giusto?
 Lo invidio tanto. E’ bello, giovane, piace alle donne. Ed è il nostro campione.

(08 maggio 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #109 inserito:: Maggio 14, 2009, 04:30:58 pm »

Hanno deciso di mettersi insieme per tentare la conquista del Municipio

Il candidato sindaco: "La mia è una lista civica, l'ideologia la lasciamo da parte"

Recoaro Terme, la lista dello scandalo Lega, Pd e Ps sotto un unico simbolo

Insorge Rifondazione: "Come si fa ad allearsi con chi in sede nazionale vuole trasformare l'Italia nell'Alabama degli anni Cinquanta?"

di ENRICO BONERANDI

 

RECOARO - Dopo dieci anni di opposizione alla lista civica rocciosa e inespugnabile del sindaco Franco Viero (ex socialista, ora vicino al centrodestra), hanno deciso di mettersi insieme per tentare la conquista del Municipio. Lega, Pd e socialisti sotto un unico simbolo: il Carroccio di Alberto da Giussano col ramoscello d'ulivo. E c'è mancato poco che a loro si unisse anche Rifondazione Comunista, magari con una piccola falce e martello.

Succede a Recoaro Terme, paesino delle montagne sopra Vicenza di 6mila abitanti, noto per le sue terme e il marchio di bibite. Dopo qualche tentennamento, Rifondazione è ora scesa sul piede di guerra, e il suo quotidiano Liberazione martedì al "caso Recoaro" ci ha dedicato la copertina: "Razzismo a liste unificate".

Dice Giuliano Ezelini, che di Prc è il coordinatore: "Non si può rinunciare alle proprie idee pur di conquistare il Comune. Come si fa ad allearsi con chi in sede nazionale lancia parole d'ordine per trasformare l'Italia nell'Alabama degli anni Cinquanta?".

Qualche maldipancia nel Pd e nella Lega c'è stato, ma la convergenza sul nome del candidato sindaco Franco Perlotto, noto alpinista ed esperto di sviluppo sostenibile, ha convinto i due partiti al via libera. "La mia è una lista civica, non un'alleanza politica tra partiti - precisa Perlotto - l'ideologia la lasciamo da parte e ci concentriamo su quello che nel paese c'è da fare, che è molto, prima che la crisi ci travolga".

Damiano Piccoli, del Pd, è d'accordo: "Ogni anno cento recoaresi se ne vanno di qui. Viviamo sul turismo, ma la gestione delle terme è pessima, gli alberghi chiudono. Il marchio Recoaro è umiliato dalla San Pellegrino, che l'ha assorbito. E c'è un progetto per spostare a Vicenza l'Istituto Artusi, una nostra gloria". E allora? "Facendo opposizione si sono anche elaborati progetti che vogliamo portare avanti". Franco Vesco, del Carroccio: "Convergenza e basta. I vertici della Lega, una volta che gliel'abbiamo spiegato bene, non hanno avuto obiezioni".

E così il 6 e 7 giugno a Recoaro ci saranno tre liste. Una civica di centro-destra, una civica di sinistra-centro-destra e una civica di centrosinistra- sinistra, promossa da Rifondazione e un pezzo di Pd. "Ma guarda che casino solo per andare contro di me", è il commento del sindaco uscente.

(13 maggio 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #110 inserito:: Maggio 14, 2009, 04:40:13 pm »

IL PESO DELLA CRISI MONDIALE

Cassa integrazione: record negativo in Veneto


Cristina Contento

L’economia provinciale in soli quattro mesi ha consumato 2,9 milioni di ore  BELLUNO. Quasi tre milioni di ore di cassa integrazione in quattro mesi: dati sconcertanti quelli forniti dalla Cisl regionale per la provincia. E record anche di licenziati. Con questi numeri la provincia si colloca al primo posto in Veneto: un primato negativo che fa capire come la crisi venga subita con tutto il suo peso. Record di cassa che investe tutti i settori, in questo periodo si aggiunge anche quello delle costruzioni: dopo la stagionalità, i cantieri stentano ad aprirsi. Il ricorso della Cig (ordinaria, straordinaria e speciale edilizia) in Veneto ha raggiunto numeri record. Con oltre 5 milioni e mezzo di ore autorizzate il mese di aprile batte alla grande tutti mesi dal 2000 ad oggi. E alla fine del tunnel bisognerà capire quanti colossi sono in crisi per conto loro.
Bisognerà capire, cioè, quanto colossi come Acc, Ceramica Dolomite e Safilo hanno chiesto Cig perchè effettivamente soffrono la congiuntura mondiale oppure hanno problemi strutturali, come molti del settore ritengono.
 Primo Torresin, segretario della Cisl provinciale, davanti a questi dati chiede una cosa: «Ribadisco che qualcuno dovrebbe costringere il ministero, e di conseguenza le Inps territoriali, a consegnare i dati delle ore effettive di cassa integrazione: altrimenti continuiamo nella polemica di chi dice che la Cig è al 5% o al 50%. L’Inps, che è un ente di emanazione del mondo del lavoro, dovrebbe consegnare i dati precisi delle ore: può essere che sia complicato il calcolo, ma qui abbiamo 2,9 milioni di ore consumate di Cig».
Ma Torresin punta anche su un altro aspetto: «All’interno di queste ore di Cig, quali sono quelle causate dalla crisi economica? E quali quelle effettuate per una crisi legata a quella strutturale delle aziende stesse? La preoccupazione c’è ed è grande per chi è in cassa, ma sapere che al termine della crisi si riprende è una cosa, altro è invece sapere che la propria azienda non lo farà. Io sono convinto che in provincia di Belluno la cassa è altissima, ma è qualcosa di diverso preoccuparsi per la Cig che deriva dalla crisi economica mondiale o da quella strutturale. E bisogna saperlo, perchè vanno studiate le strategie».
Fra quattro o cinque mesi ci si renderà conto che ci saranno colossi industriali che saranno in crisi strutturale conclamata: Ceramica Dolomite, ma anche Acc e Safilo e altri possono aver fatto ricorso alla Cig per altri motivi, non solo per crisi mondiale.
Terzo: aiuti e contributi a chi perde il posto di lavoro. Anche su questo Torresin pone l’accento: «I sostegni vanno avanti sui tavoli istituzionali, per gli accordi che abbiamo stabilito. Il fondo sta per essere completato, si stanno sentendo le associazioni e la cosa sta per essere conclusa in modo definitivo. Tra pochi giorni ci sarà la possibilità di accedere a questi fondi».
Ma il concetto fondamentale per Torresin resta uno: «I dati sono altissimi: preoccupano moltissimo le aziende che con la crisi non c’entrano: aziende che vedono il futuro aziendale da altre parti. E da tempo sostengo che bisogna che le aziende pensino a ristrutturarsi: il fatto che in provincia abbiamo un manifatturiero elevato, farà sì che la ripresa tornerà con un livello di industrializzazione lasciato nel 2008: oggi, però, guai a noi se pensassimo che per colpa della crisi nessuno deve sentirsi in obbligo di investire in termini di innovazione e tecnologie. Quando arriverà il treno della ripresa, solo chi avrà puntato sull’innovazione andrà avanti, le altre ditte saranno disarmate».
Una crisi che investe tutti i settori e che lascia un record anche di licenziamenti, proprio in provincia.
Tutti i settori sono stati colpiti, anche le costruzioni: finora qui la Cig era legata alla stagionalità. Ora che si apre la stagione «aggiungiamo la difficoltà di un settore che era rimasto da parte in questi mesi. Rivendico alla Cisl questa pressione per orientare tutti a non fermarsi solo all’elencazione dei problemi e al commento puro dei dati che ci vengono trasmessi: bisogna ipotizzare scenari futuri, pretendere che anche le associazioni di categoria non si limitino a gestire l’attuale, ma abbiano strategie per il futuro». Intanto il 22 maggio Cisl e artigiani incontreranno i candidati alla Provincia.

(13 maggio 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #111 inserito:: Agosto 20, 2009, 05:29:53 pm »


Senza acqua non c'è vita

giovedì 6 agosto 2009,



L'Assessore alle Risorse Idriche della Provincia di Vicenza, Paolo Pellizzari, lancia una campagna per il risparmio idrico. Negli ultimi 30-40 anni, a seguito di un utilizzo non sempre corretto della risorsa idrica e di una gestione del territorio poco attenta ai naturali e delicati equilibri che regolano la ricarica delle falde vicentine, il nostro sistema idrologico si sta sbilanciando. E i disagi prodotti sono evidenti in molte occasioni.  FALDE Le falde hanno cominciato a mostrare situazioni di criticità sempre più frequenti, quali il marcato abbassamento dei livelli delle falde e il prosciugamento di molte risorgive. Gli effetti del progressivo abbassamento della falda sono gravi e documentati: sensibile depressurizzazione delle falde artesiane della media pianura; forte riduzione di risorse idriche per l'irrigazione e a fini potabili e civili; la compromissione del sistema delle risorgive con la scomparsa di molti fontanili; la drastica diminuzione della portata totale dei fiumi e conseguente riduzione dell'habitat di specie vegetali e animali; senza contare la perdita del valore culturale e ricreativo del territorio. Un esempio per tutti: misure effettuate sul pozzo numero 27 di Caldogno dimostrano che il livello della falda è diminuito di 1,30 m in 37 anni, pari a 3,8 cm all'anno.CAUSE La cause di tali fenomeni si possono identificare in: minori afflussi e maggiori prelievi. Il sistema idrologico sotterraneo è infatti caratterizzato da afflussi in entrata (nella zona di ricarica) e deflussi in uscita. I principali deflussi, in uscita dal sistema, sono: le portate che defluiscono naturalmente dalle risorgive e i prelievi artificiali ad uso: acquedottistico (100 milioni di mq/anno), irriguo (7 milioni di mq/anno), industriale (42 milioni di mq/anno), privato (ca. 30 milioni di mq/anno). Ovviamente il sistema si mantiene in equilibrio quando afflussi e deflussi assumono dimensioni simili. Il bilancio idrologico del Bacino del Bacchiglione, dagli anni '80, mostra uno squilibrio tra gli afflussi (che sono diminuiti di 1,8 m3/s) e i deflussi (aumentati di 0,4 m3/s). Ne consegue che il bilancio è negativo e si attesta sui - 2,2 m3/s, che corrispondono ad una perdita di risorsa idrica, in una ventina d'anni, di circa 70 milioni di m3. Le cause della diminuzione degli afflussi si possono individuare in: - Diminuzione delle precipitazioni (10-15% in 70 anni) - Aumento delle superfici impermeabilizzate (superfici permeabili diminuite del 25-30% in 100 anni) - Trasformazione dei sistemi irrigui da scorrimento a pioggia Le cause dell'aumento dei deflussi è invece sostanzialmente attribuibile all' aumento dei consumi ad uso idropotabile (+ 400% in 40 anni).POPOLAZIONE Negli ultimi 20 anni la popolazione della provincia di Vicenza è aumentata del 10% circa e conseguentemente si è registrato un significativo aumento dei prelievi idrici per uso acquedottistico, aumento che è però risultato superiore al tasso di crescita della popolazione. La grande facilità di reperimento di acqua nel sottosuolo ha infatti favorito lo sfruttamento ad uso privato delle acque sotterranee. In una decina di comuni a nord di Vicenza, compreso il capoluogo, sono stati censiti oltre 8.000 pozzi, di cui circa 2.500 ad efflusso libero, con acqua "a perdere".ACQUEDOTTO Il quantitativo di acqua estratto corrisponde a quello di un "acquedotto occulto" per una città di oltre 150 mila abitanti (30 milioni di mc/anno). Da questa sintetica esposizione appare evidente che il sistema idrologico vicentino non è più in equilibrio ed è necessario intraprendere al più presto degli interventi per invertire questa pericolosa tendenza, eliminando gli sprechi e avviando iniziative di ricarica della falda. La Provincia in questo senso ha già iniziato un'opera di informazione e sensibilizzazione, ma la sensazione è che servano interventi strutturali con la partecipazione di tutti gli enti preposti.  Mai come in questo caso è quindi necessaria una stretta e convinta collaborazione tra una corretta politica amministrativa e più virtuose abitudini personali.

da www.provincia.vicenza.it
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« Risposta #112 inserito:: Agosto 22, 2009, 11:26:42 am »

Uomini e partiti

Tosi attacca l'inciucio: «Non siamo barbari, cambieremo il Veneto»

Il sindaco di Verona smonta il progetto Costa. «Certo, un presidente leghista spingerà sull’autonomia molto più di uno del Pdl»

Galan: «C’è anche un Pd che mi piace»
Fassino: «La Lega? Non è leale. Galan autonomo, con lui si può dialogare»

PADOVA — Lui sarebbe uno di quelli che, secondo l’incendia­rio della politica veneta Paolo Costa (Pd), se mai si insediasse da governatore a palazzo Balbi realizzerebbe la secessione di fat­to del Veneto dal resto d’Italia. Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona e papabile per il salto al­la guida della Regione nel 2010, un po’ se la ride - «I veneti san­no che possono stare tranquilli, non siamo i barbari alle porte di Venezia» - e un po’ riconosce al professore veneziano di avere af­fermato una verità di fondo. Questa verità: «Secondo me, Co­sta trae spunto da una situazio­ne che potrebbe effettivamente verificarsi. Non ho dubbi, infatti - sottolinea Tosi - che la spinta propulsiva impressa alla Regio­ne da un governatore leghista sa­rebbe molto superiore a quella di un governatore del Pdl. Mi spiego con un esempio concre­to: ora che si dovranno definire, con i decreti attuativi, i contenu­ti pratici del federalismo fiscale, il ruolo delle Regioni sarà fonda­mentale. E sono sicuro - calca Tosi - che una Regione come il Veneto, guidata da un leghista, spingerebbe fortissimo sull’acce­leratore».

Questo, in qualche modo, spa­venta. E spinge a studiare formu­le politiche alternative - un’alle­anza sperimentale tra Pd, Pdl e Udc, nel progetto di Costa - per arginare l’avanzata del Carroc­cio. «Può darsi che spaventi i conservatori come Costa», ta­glia corto il sindaco di Verona. Che non rinuncia a piazzare una stoccata velenosa: «Per uno co­me l’ex sindaco di Venezia, già abituato a inciuciare con il Pdl ( il riferimento è alla nomina di Costa alla presidenza del porto di Venezia, ndr), è evidente che un governatore leghista distur­ba. Con la Lega, infatti, inciucia­re è difficile». Quanto al merito dell’eresia politica propugnata da Costa, Tosi è tagliente: «Quel­la è una barzelletta, non una nuova alleanza. Primo, perché a livello nazionale non lo permet­terebbero mai. E secondo, per­ché sarebbero gli stessi elettori del centrodestra a rivoltarsi con­tro». Però il «piromane» Costa fa anche un’altra affermazione: la Lega porta avanti una politica lo­calistica e protezionistica, inade­guata a traghettare il Veneto e l’Italia fuori dalla crisi economi­ca globale. «Ma davvero? - repli­ca Tosi - Questa è proprio para­dossale: se c’è una forza politica che sta cambiando il Paese è pro­prio la Lega. Se fosse stato per Costa e quelli come lui, sarem­mo ancora in piena Prima Re­pubblica». È un po’ il bello di essere le­ghisti: tanti nemici, tanto onore. Lo dice anche il condottiero del Carroccio veneto, Gian Paolo Gobbo: «Solo in Veneto assistia­mo a questa prospettiva di stra­na alleanza Pd–Pdl–Udc, ma è perché hanno paura del cambia­mento. Abbiamo sempre fatto politica - continua Gobbo - ­avendo qualcuno contro, non è certo la prima volta. Anzi, un’al­leanza Pd-Pdl-Udc per noi sareb­be un onore: siamo sempre di­sposti a correre da soli». Come dire: se ci sfidate, non ci tirere­mo indietro.

Con antica saggezza, dal fron­te di centrosinistra Paolo Giaret­ta, segretario regionale uscente del Pd, mette in chiaro un paio di cosette, nel caso fossero sfug­gite alla platea. «É indubbio - ri­conosce Giaretta - che Paolo Co­sta pone un problema vero: co­me aiutare il Veneto ad affronta­re il cambiamento epocale che la crisi in atto porterà con sé. Questa è la questione cruciale: i nuovi scenari potranno essere governati in modo adeguato con le politiche separatiste, pro­tezioniste, localistiche e illibera­li della Lega Nord? Noi crediamo di no». Detto questo, il senatore padovano segnala la presenza di due macigni (la definizione è sua) sulla strada indicata da Co­sta. Il primo: «Che il Pd possa contribuire a far raggiungere il traguardo del ventennio al grup­po di potere allestito da Galan, distintosi per un considerevole attivismo affaristico, mi sembra un po’ improbabile e non sareb­be compreso dai nostri eletto­ri». Il secondo macigno, se possi­bile ancor più grosso: «Davvero si pensa possibile una rottura politica tra Pdl e Lega in una grande regione del Nord? Ne an­drebbe della tenuta del governo nazionale. Resta - avverte Giaret­ta - un’ipotesi di scuola: Galan che esce dal Pdl e fonda un movi­mento civico veneto. Interessan­te, ma Galan non è Pujol e il Ve­neto non è la Catalogna. Oppu­re: Galan ce la fa a rimanere in sella e la Lega si accontenta del Piemonte: improbabile, e in ogni caso che c’entra il Pd?». Il Pd può entrarci, secondo Giaretta, soltanto se una parte di maggioranza regionale (settori del Pdl e Udc) dovesse strappare con la Lega e decidersi ad aprire un percorso innovativo per il Ve­neto: «Allora, se la strada sarà limpida e netta, il Pd farà la sua parte».

Alessandro Zuin
20 agosto 2009(ultima modifica: 21 agosto 2009)
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da corrieredelveneto.corriere.it
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« Risposta #113 inserito:: Settembre 08, 2009, 06:57:34 pm »

Politica

Filippin, Causin e Casson: tre nomi per il Pd

Venezia, depositate le candidature per la segreteria regionale del partito.

Primarie il 25 ottobre


VENEZIA - Sono tre le candidature alla segreteria regionale del Partito Democratico del Veneto presentate entro il termine delle ore 20 di venerdì sera. Sono quella di Rosanna Filippin, 47 anni, assessore all’Urbanistica di Bassano del Grappa (Vicenza) e coordinatrice del Pd vicentino, per l’area di Pier Luigi Bersani; quella di Andrea Causin, 36 anni, consigliere regionale, per la mozione di Dario Franceschini; e quella di Felice Casson, 56 anni, senatore, per la mozione di Ignazio Marino.

L'iter I candidati saranno sottoposti al doppio voto, prima degli iscritti al partito nelle assemblee di circolo che si terranno dall'1 al 30 settembre e quindi il 25 ottobre nelle primarie aperte a tutti gli elettori del PD. Il candidato che alle primarie avrà raccolto il 50 per cento più 1 dei voti sarà acclamato segretario regionale. Se nessuno dei avrà raggiunto la maggioranza assoluta, saranno i componenti della nuova assemblea regionale a scegliere tra i due più votati.

Il curriculum Filippin è nata l’8 febbraio del 1962 a Bassano del Grappa, dove tuttora risiede e lavora. Laureata in giurisprudenza, dal 1992 svolge la professione di avvocato, da un paio d’anni con uno studio in proprio. Formatasi nell’associazionismo cattolico, è stata presidente della Azione Cattolica. Nel 1995 è stata eletta consigliere comunale a Bassano del Grappa per il Partito Popolare di cui è stata anche capogruppo in Consiglio. Dal 1999 al 2001 ha svolto l’incarico di segretario del collegio di Bassano e ha partecipato alla costruzione del movimento «Insieme per il Veneto». Dal 2007 è coordinatrice provinciale del PD vicentino. A maggio 2009 è stata nominata assessore all’Urbanistica del Comune di Bassano.
Causin è nato il 13 settembre del 1972, è sposato con Claudia e papà di Giovanni, 3 anni. Vive con la famiglia a Martellago (Venezia). Eletto consigliere regionale nel 2005, segue in particolare i temi legati al welfare, alle politiche del lavoro e alle attività produttive. Nel novembre 2007 è stato chiamato da Walter Veltroni a far parte dell’Esecutivo nazionale del Partito Democratico. Dal 1999 al 2002 è stato segretario nazionale dei Giovani delle ACLI, facendo così parte anche della Presidenza nazionale dell’associazione, che conta oltre 900.000 iscritti in tutta Italia. Dal 2003 è stato presidente delle ACLI provinciali di Venezia, carica che ha dovuto lasciare nel con l’elezione a Consigliere Regionale. Nell’ambito professionale, dal ’94 al ’99 è stato responsabile commerciale di una società operante nel settore dell’intermediazione finanziaria del leasing strumentale alle imprese e dal 2002 al 2006 amministratore delegato di due società municipalizzate operanti nel settore dell’energia e dell’ambiente. È attivo nella cooperazione internazionale.
Casson è nato a Chioggia (Venezia) il 5 agosto 1953. Si è laureato in giurisprudenza all’Università di Padova. Ha lasciato la magistratura nel marzo del 2005. Alle elezioni politiche del 2006 è stato eletto Senatore, come indipendente, tra le fila dei Democratici di Sinistra. Attualmente è senatore della Repubblica nel gruppo del Partito Democratico.


31 luglio 2009
da corriereveneto.corriere.it
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« Risposta #114 inserito:: Settembre 14, 2009, 11:55:23 am »

E Cacciari: frattura seria «Nel Veneto teniamoci Galan»

la trincea dei «resistenti» pdl

Lettera di 250 amministratori azzurri al governatore.

Tosi: la Lega può correre da sola

DAL NOSTRO INVIATO


VENEZIA — In laguna si scommette: l’atteso faccia a faccia tra il premier e il governatore sarà proprio oggi. Silvio Ber­lusconi e Giancarlo Galan, in effetti, han­no parecchio di cui parlare. Circa 250 esponenti del Pdl, tra cui oltre 80 sindaci, hanno infatti scritto una lettera al presi­dente della Regione per dire che loro non hanno alcuna intenzione di «consegnarsi agli intrighi e agli interessi di superiori autorità che poco o nulla hanno a che ve­dere con il presente e il futuro della no­stra terra». Musica per le orecchie del go­vernatore. Anzi, una vera e propria chiamata alle armi, con l’invito a non farsi da parte per accondiscendere alla richiesta leghista di designare il prossimo candidato presiden­te: i firmatari parlano di «impossibilità a comprendere la convenienza per il Vene­to nell’accettare cambiamenti così radica­li nella guida della Regione, che a noi e a molti altri assieme a noi, apparirebbero imposizioni del tutto estranee ai principi di moderazione ed equilibrio cui si ispira­no i nostri ideali di cultura politica».

Il Carroccio non resta a guardare. An­zi. Il sindaco di Verona Flavio Tosi sostie­ne che «ormai è scontato. Il Veneto spet­ta alla Lega. Nei colloqui riservati tra noi e il Pdl non è mai stato messo in discus­sione ». E arriva a dire: «Magari corressi­mo da soli, sarebbe la soluzione miglio­re ». Dunque, «Galan può parlare quanto gli pare, ma alla fine dovrà rimettersi alle decisioni di Bossi e Berlusconi». Gli ha ri­sposto il finora silenzioso coordinatore pdl Alberto Giorgetti. A Tosi dice che «questi sono toni da tifoseria, mentre è importante che i toni restino bassi e re­sponsabili ». Comunque, «noi pensiamo che l’alleanza con la Lega resti un valore, ma se qualcuno non la pensa così siamo pronti a correre da soli». Insomma, i toni si fanno incandescen­ti. Certo, lo scenario di un «laboratorio Veneto» con un’alleanza tra Pdl, Udc e magari i centristi del Pd resta del tutto ipotetico. Però, l’ex sindaco di Venezia Pa­olo Costa, tra i primi a proporre per la Re­gione Serenissima un’alleanza alternati­va alla Lega, non si tira indietro. «La Lega — esordisce — dice di essere il motore della coalizione. Si autorappresentano co­me il partito qualificante della coalizio­ne. E poi che cosa dicono? Dialetti, inni, e quant’altro». Insomma: «Non è certo quel che è necessario a questa Regione e questo paese. E in un momento difficile come questo, un governo prigioniero di queste istanze non aiuterebbe nessuno». Conclude Costa: «Il Veneto li ha seguiti nei momenti di rabbia, ma il fondo del Veneto non può essere questo».

Ma ieri è tornato sull’argomento an­che il sindaco di Venezia Massimo Caccia­ri. Per dire che la frattura nel Pdl «è una cosa seria, al di là dei giochi di puro pote­re ».
Ma avvertendo: «Guai se il Pd inse­gue semplicemente le contraddizioni e le lacerazioni del centrodestra. Deve dire la sua, proporre la sua strategia e il suo pro­gramma.
È chiaro che sarà su quel pro­gramma che gli altri dovranno misurar­si ». Insomma, la partita resta aperta. Né oggi farà passi avanti decisivi: secondo fonti leghiste, la prevista cena di Arcore tra Berlusconi e Bossi questa sera non ci sarà.

Marco Cremonesi
14 settembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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« Risposta #115 inserito:: Ottobre 09, 2009, 12:06:58 pm »

Vicenza. La maxi-evasione dei conciatori 21 in carcere, un miliardo in fumo

178 persone denunciate, 128 imprese del distretto di Arzignano coinvolte nell'inchiesta della Guardia di finanza

 
                       
 
 VICENZA (9 ottobre) - Sono 128 le imprese del settore della concia coinvolte in un giro di evasione fiscale internazionale che ha portato in carcere 21 imprenditori della concia di Arzignano con l'accusa di associazione a delinquere, grazie ad un indagine della Guardia di Finanza di Vicenza. Le persone denunciate sono 178; oltre 1 miliardo di euro l'imponibile sottratto all'Erario, con un'evasione, solo ai fini iva, pari a circa 245 milioni di euro.

Le Fiamme gialle hanno accertato inoltre movimenti di denaro contante verso società fiduciarie di San Marino per oltre 17,3 milioni di euro con il coinvolgimento di società fittizie costituite all'estero.

da ilgazzettino.it



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COMMENTI     

 
legittima difesa

I teoremi o tesi costruite dalla guardia di finanza per depredare risorse alle ditte e cittadini veneti, vedi Pordenone, Padova, Vicenza, sono elementi che mostrano la vera faccia dello Stato Italiano del colonizatore delle terre Venete.
Di sicuro quella cifra dichiarata come evasione dalla guardia di finanza è già stata spesa per tenere in piedi le aziende per pagare gli operai e ridurre i prezi per essere concorenziali nei mercati globali.
Come può un'azienda essere concorenziale col 70% di prelievo fiscale quando la media delle tasazioni nel mondo è del 20%?
Lo stato repressivo militare adottato dalla guardia di finanza sta ucidendo la gallina dalle uova d'oro, prevedo fra pochi mesi che anche i finanzieri non avranno più la loro busta paga di fine mese, grazie al loro zelo!!!!!!!!!!!!! 

commento inviato il 09-10-2009 alle 09:48  da l. f. (sul gazzettino.it la firma per esteso).
 


 da ilgazzettino.it
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« Risposta #116 inserito:: Ottobre 09, 2009, 12:08:41 pm »

Padova.

Nonnetti “capitani d'industria” paravento per un'evasione da 1 miliardo

Società fasulle italiane e straniere per sottarrarre un vero tesoro allo Stato: undici arresti e 37 denunce

 
                       
 
 PADOVA (8 ottobre) - Undici arresti e trentasette denunce della Guardia di Finanza a Padova che ha scoperto evasione per 1 miliardo di euro. È questo il bilancio delle Fiamme Gialle del Veneto nei confronti di professionisti dell'evasione
che, attraverso un “carosello” di società fasulle italiane e straniere gestite da “nonnetti” improvvisati capitani di industria, hanno sottratto allo Stato un vero e proprio tesoro.

Quarantotto sono in tutto i denunciati dai militari di Padova e Venezia nel corso di indagini coordinate dall'Autorità giudiziaria di Padova che ha fatto eseguire 11 ordinanze di custodia cautelare. L'associazione a delinquere - spiega la Gdf - era costituita da imprenditori veneti e lombardi, da faccendieri napoletani e da cittadini stranieri, una vera e propria holding di “carta” del crimine transnazionale che ha portato gli 007 delle Fiamme Gialle ad indagare in tutta Europa, dalla Germania alla Grecia, dall'Inghilterra all'Austria.

«Attraverso una serie infinita di società gestite solo apparentemente da anziani, extracomunitari e nullatenenti, questi professionisti e menti raffinate della frode fiscale hanno occultato redditi, dichiarato costi inesistenti ed incassato l'Iva, complessivamente, per oltre un miliardo di euro» riferisce ancora la Guardia di Finanza che ha scoperto la creazione di «veri e propri “castelli” di società con sede operativa in stanze deserte dotate solo di un fax, di una scrivania e di una sedia per un'unica impiegata, solitamente estranea alla frode, che si trovava a gestire l'emissione di fatture dagli importi incredibili che arrivavano addirittura a 4 milioni di euro l'una».

«Cartaccia», la definisce la Gdf, che avrebbe dovuto giustificare trasporti effettuati da camion “fantasma” carichi di telefoni cellulari che partivano da Padova, giravano mezza Europa con merce inesistente, per poi comparire, dopo al massimo due giorni, nuovamente a Padova.
Il guadagno consisteva nell'evasione dell'Iva e nella sottrazione di importanti fette di mercato con l'offerta dello stesso prodotto ad un prezzo altamente concorrenziale.

La metodologia fraudolenta utilizzata si basava sulla costituzione “galassie” di imprese fantasma, le cosiddette “cartiere” che, dopo brevi periodi di attività, un paio d'anni al massimo, venivano messe in liquidazione o trasferite all'estero e lasciate quindi morire senza assolvere ad alcun debito con il Fisco. Nell'associazione a delinquere smantellata dalle Fiamme Gialle vi sono anche pregiudicati napoletani, alcuni dei quali già noti alla giustizia per reati di pirateria audiovisiva e bagarinaggio.

Tra gli articoli commercializzati, oltre ai telefoni cellulari, c'erano anche cd rom vergini destinati al mercato campano: da qui il sospetto degli inquirenti che tali prodotti finissero nel lucroso mercato clandestino della pirateria audiovisiva. Nel corso dell'intera operazione, spiega ancora la Gdf, oltre alle intercettazioni telefoniche, agli accertamenti bancari e alle perquisizioni, sono state svolte indagini in tutta Europa con la collaborazione delle polizie e delle amministrazioni finanziarie di Austria, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Grecia ed Ungheria.

Indagine lunga quattro anni. «Abbiamo lavorato con una squadra ad hoc per quattro anni - ha sottolineato il capitano Samuel Bolis del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza - utilizzando intercettazioni telefoniche ed ambientali, oltreai consueti metodi di indagine documentale».
 
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« Risposta #117 inserito:: Ottobre 11, 2009, 10:17:44 pm »

Vicenza.

La maxi-evasione dei conciatori 21 in carcere, un miliardo in fumo

178 persone denunciate, quaranta imprese del distretto di Arzignano coinvolte nell'inchiesta della Guardia di finanza

 
                   
 VICENZA (9 ottobre) - Sono 128 le imprese del settore della concia coinvolte in un giro di evasione fiscale internazionale che ha portato in carcere 21 imprenditori della concia di Arzignano con l'accusa di associazione a delinquere, grazie ad un indagine della Guardia di Finanza di Vicenza. Le persone denunciate sono 178. Finora la Gdf ha accertato movimenti di denaro contante verso gli istituti di credito e società fiduciarie di San Marino per oltre 17,3 milioni di euro. Oltre 1 miliardo di euro l'imponibile sottratto all'erario, con un'evasione solo ai fini Iva di circa 245 milioni di euro.

Una vera e propria associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale è stata smascherata dalla Guardia di Finanza di Vicenza in un'operazione che ha portato all'emissione di 13 ordinanze di custodia cautelare (9 delle quali già eseguite) nei riguardi di altrettanti imprenditori del conciario.

Sommate a precedenti 8 arresti, le ordinanze portano a 21 il numero degli imprenditori destinatari di provvedimenti restrittivi e a 178 numero complessivo degli indagati.

Sono 128 le società filtro e "cartiere" coinvolte in Veneto, Lombardia, Emilia, Marche, Umbria, Caserta, Lazio e 38 le perquisizioni eseguite.

Dall'inchiesta sono emersi con chiarezza i ruoli dei vari indagati: dal reclutamento dei prestanome alla contabilità delle false operazioni commerciali, ai rapporti con gli istituti di credito, alla documentazione extracontabile, ai viaggi all'estero per compilare documenti doganali fittizi. Le indagini delle Fiamme Gialle si sono focalizzate su una serie di srl nate per l'importazione di pelli gregge e semilavorate di provenienza extracomunitaria (sudamericana, australiana, neozelandese, russa ed ucraina) che godevano di particolari agevolazioni fiscali.

Merce rivenduta a quaranta aziende del vicentino. Le società non versavano i tributi doganali all'atto dell'importazione delle merci e le rivendevano ad una quarantina di imprese conciarie del vicentino, fatturando regolarmente, ma senza versare l'Iva dovuta. Tra le società estere che cedevano il pellame e le imprese italiane che lo compravano era stata creata una fitta serie di società filtro e "cartiere", intestate a prestanome con un vorticoso giro di denaro contante.

da ilgazzettino.it
 
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« Risposta #118 inserito:: Ottobre 22, 2009, 10:33:40 am »

22/10/2009

Il nostro muro di legno
   
SANDRO CAPPELLETTO


Accadrà come col Muro di Berlino: per ricordo, ognuno vorrà portarne via un pezzo. Questa volta, però, sarà di legno. Dopo seicento anni, spariscono dalla Laguna le 6170 bricole e le 90 mila paline in tronchi di robinia, conficcati a forza di colpi di maglio sul fondo melmoso dei canali. Verranno sostituite da pali di «plastica eterogenea proveniente da riciclaggio di materiale plastico generato dalla raccolta di rifiuti». Meno costosa la messa in opera, molto più lunga la sopravvivenza nelle acque salmastre invase da alghe e parassiti, che in pochi anni sbriciolano anche quel legno resistentissimo.

Il Comune ha deciso: la sostituzione comincerà dal Tronchetto, il grande piazzale-garage che divide e unisce Venezia dalla terraferma, dove macchine, treni, autobus sono costretti a fermarsi. Per i veneziani, bricole (tre grossi pali uniti tra loro da una catena di ferro) e paline (un palo solitario) sono il più sicuro navigatore satellitare lungo i rii, le secche, i sensi di marcia della grande Laguna, oggi impazzita di traffico acqueo come un'autostrada d'agosto. Se la nebbia ti inghiotte e non vedi più nulla, se il fanale di prua della barca si fulmina, se di notte ti perdi, puoi comunque sentirti tranquillo: ti ormeggi lì e prima o poi qualcuno passerà ad aiutarti. Meno alberi tagliati, risparmio economico e ambientale: come dar torto alla decisione della Giunta. Mentre Cacciari già si prepara a fronteggiare le obiezioni dei nostalgici della tradizione («dopo verranno anche remi e gondole di plastica!») e le interpellanze di chi vuole vederci chiaro in un affare da cinquanta milioni di euro?

In una città che per mantenere il proprio fragile splendore ha bisogno di quattrini più ancora che dell'ossigeno, sarà utile un passo ulteriore: mettere all'asta tra gli sponsor le nuove bricole, a prezzi naturalmente differenziati. Quelle in Bacino San Marco, dove transitano ogni anno venti milioni di turisti, varranno di più dei pali di San Francesco del Deserto, sperduta isoletta abitata da quattro monaci. E i vecchi tronchi corrosi? Trionferanno come arte povera all'ingresso del Padiglione Italia della prossima Biennale e nei saloni dei palazzi affacciati sul Canal Grande, tra un Canaletto e un Vedova.

da lastampa.it
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« Risposta #119 inserito:: Novembre 08, 2009, 02:55:14 pm »

Vicenza.

Scoperto traffico illegale di cacciagione e uccelli da richiamo

Migliaia di volatili erano conservati in celle frigorifere pronti per essere venduti.

Si indaga sulla destinazione

 
                   
 VICENZA (6 novembre) - Un sequestro di cacciagione e di uccelli vivi da richiamo è stato effettuato dalla polizia provinciale di Vicenza.

Si tratta di un'operazione compiuta sulla base di informazioni raccolte dagli agenti che indicavano nell'alto vicentino la presenza di un commercio illegale di volatili e di carni bianche.

La Polizia provinciale ha complessivamente sequestrato 3000 beccacce, 2000 allodole, 117 storni, 123 merli, 150 tordi bottacci e sosselli, 250 fringuelli, 33 peppole e 58 cesarie che erano conservate in celle frigorifere pronte per essere vendute. Si tratta in parte di specie che possono essere cacciate ma che non possono essere commerciate.

Tra gli animali scoperto anche 139 fra pettirossi, cince fringuelli, lui, fenelli strillacci e passere scopaiole da usare come richiami.
Uccelli peraltro sottoposti a sevizie.

Ulteriori indagini sono in corso per stabilire la provenienza della cacciagione non abbattuta tutta in Veneto e la sua destinazione finale.

da ilgazzettino.it
 
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