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Autore Discussione: LA LEGA.  (Letto 23641 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Ottobre 19, 2018, 04:25:08 pm »

L'obiettivo di Matteo Salvini in visita ufficiale a Mosca
È il secondo viaggio in Russia da quando è al governo.
L'obiettivo del vicepremier è lavorare per una soluzione alle sanzioni dell'Ue alla Russia

Di MARTA ALLEVATO 16 ottobre 2018, 22:22

Visita lampo a Mosca per Matteo Salvini, che in qualità di vice premier arriva nella capitale della Federazione, su invito di Confindustria Russia, per incontrare il mondo del business italiano, che continua a fare pressing per la fine delle sanzioni, allarmato da quella che ormai appare la perdita irreversibile di quote di mercato. 

“Le sanzioni sono un’assurdità”
“Torno per l'ennesima volta in Russia perché è in corso, a livello europeo, il dibattito se rinnovare a tempo indefinito le sanzioni economiche contro questo Paese - ha detto Salvini dall'assemblea di Confimi Industria - sanzioni che ritenevo, ritengo e riterrò sempre un'assurdità sociale, culturale ed economica”.

Per il leader leghista - tra i primi in Italia, nel 2014, a scagliarsi contro le misure punitive volute da Bruxelles per l’annessione della Crimea e la guerra in Ucraina - le sanzioni “ci stanno precludendo un mercato”. “Non vado lì perché mi pagano in rubli, come scrive qualcuno", ha spiegato Salvini, bensì perché oggi i problemi “si risolvono con il dialogo, non con l'embargo”.

Ritorno dopo i Mondiali
È la seconda visita ufficiale a Mosca da quando Salvini è al governo e avviene ad appena tre mesi di distanza dall’ultima: il ministro dell’Interno, il 15 luglio, era in Russia ad assistere alla finale del campionato del mondo di calcio e, in quell’occasione, ha avuto serie di incontri, tra cui quello col suo omologo, Vladimir Kolokoltsev. Al centro dei colloqui, ci sono stati i temi cari all’agenda leghista: sicurezza, sanzioni e contro-sanzioni; ai partner russi ha ribadito la volontà del governo di mettere fine alle misure punitive europee “entro la fine dell’anno” e in conferenza stampa non ha escluso, come “ultima ratio”, anche un veto italiano al rinnovo delle restrizioni, in vigore da quattro anni.

Mosca scalpita
Ma dopo le promesse e le dichiarazioni d’intenti, oggi sia Mosca che le imprese italiane reclamano passi concreti. Ad agosto, interpellata dall’Agi, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha avvertito: “Se l’Italia non cancella le sanzioni, significa che le appoggia”. “Abbiamo bisogno che il governo ascolti la nostra voce, comprenda come le imprese stanno soffrendo e fornisca sostegno, attraverso canali politici”, ha tenuto a sottolineare il presidente di Confindustria Russia, Ernesto Ferlenghi, alla vigilia dell’incontro con Salvini, snocciolando i dati.

Sette milioni al giorno
“Dall'introduzione delle sanzioni - ha spiegato Ferlenghi al giornale Izvestia - le esportazioni italiane in Russia, che nel 2014 avevano raggiunto i 14,5 miliardi di euro, sono diminuite di un terzo. In questo periodo, gli esportatori italiani hanno perso 7 milioni di euro al giorno”.

“Abbiamo perso parte del mercato russo - ha denunciato il presidente di Confindustria Russia - perché i nostri concorrenti, aziende tedesche, francesi e soprattutto cinesi, negli ultimi due anni e mezzo sono cresciuti molto, mentre noi non abbiamo nemmeno ripristinato il livello pre-crisi”. 

Ospite d’onore
Il dialogo tra Salvini e la business community italiana è previsto a partire dalle 16.30 (le 15.30 in Italia) all’hotel Lotte, nell’ambito dell'Assemblea Generale di Confindustria Russia, che si svolgerà sotto il titolo "Italia-Russia: sfide e prospettive delle relazioni economiche, industriali e commerciali". Il vicepremier, che nella sua visita non avrebbe in programma colloqui con le istituzioni russe, sarà "l'ospite d'onore" dell’incontro, a cui si sono accreditate oltre 700 persone, tra cui manager di grandi e piccole e medie imprese italiane di diversi settori: energetico, agro-alimentare, costruzioni, oil&gas equipment, servizi e moda. E’ prevista la presenza anche di rappresentanti del ministero degli Esteri e del mondo imprenditoriale russo. 

Se le banche dicono di no
Uno dei problemi su cui insiste Confindustria Russia è la difficoltà delle imprese di ottenere finanziamenti da banche italiane. “E’ diventato sempre più difficile - ha spiegato Ferlenghi - perché vengono poste molte domande, a chi e cosa vendete, il cliente è o no nella lista dei sanzionati”. Da parte di Salvini, gli imprenditori italiani si aspettano di "sentire quale visione hanno lui personalmente e il governo italiano" sui rapporti con Mosca. "

Per noi il vicepremier è una sorta di garanzia che gli interessi del business in Russia saranno presi in considerazione", ha sottolineato Ferlenghi, dicendosi "sicuro" che sia la visita del vice premier, che quella imminente del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, saranno "di successo" e contribuiranno allo sviluppo dei rapporti con la Russia.

Il precedente di Moavero
La missione di Salvini segue quella del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che l’8 ottobre a Mosca ha visto l’omologo, Serghei Lavrov, e il ministro dell’Industria, Denis Manturov, e precede quella del premier Conte, atteso nella capitale russa il 24 ottobre, per una visita incentrata sui temi economici e i colloqui con il presidente Vladimir Putin.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/estero/salvini_russia_sanzioni-4494815/news/2018-10-16/
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« Risposta #16 inserito:: Novembre 03, 2018, 08:44:00 pm »

Manovra, Di Maio e Conte contro Giorgetti: "Il reddito di cittadinanza si farà"
Dopo le perplessità del sottosegretario a palazzo Chigi: "Complicazioni non indifferenti". Il ministro dello Sviluppo Economico torna in diretta Facebook anche su vitalizi e tagli all'editoria

02 novembre 2018

Per Luigi Di Maio reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni si faranno "per decreto". Il ministro dello Sviluppo Economico lo annuncia in diretta su Facebook: "Il reddito di cittadinanza, pensioni di cittadinanza e quota 100 ci sono nella legge di bilancio: chi dice che non ci sono sta dicendo bugie", perché "in manovra ci sono i soldi, c'è la ciccia", afferma. "Ma le norme regolamentari non possono stare lì" perciò "dopo la legge di bilancio, magari a Natale o subito dopo, si fa un decreto con le norme per reddito e pensioni di cittadinanza e riforma della Fornero. Lo faremo con un decreto, non un ddl perché ci vorrebbe troppo e c'è emergenza povertà".

Il governo ci ripensa: pensioni e reddito andranno in manovra
Di VALENTINA CONTE

Il provvedimento-bandiera del Movimento però non è esente dai rilievi critici, che arrivano anche dai coinquilini al governo. Dice Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio della Lega, nell'ultimo libro di Bruno Vespa: "Il reddito di cittadinanza ha complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso".

Un giudizio tranchant, cui fa seguito un'altra riflessione che rimette distanza rispetto all'alleato M5s. "Ritengo che lo Stato debba fare la sua parte, visto che il credito e il risparmio sono protetti dalla Costituzione", sostiene Giorgetti. "Lo stato - aggiunge - deve perciò ricapitalizzare le banche che ne hanno bisogno, salvo uscire quando si sono risanate. Si è fatto spesso storicamente, nei momenti di crisi finanziaria". Di Maio ha apertamente detto in passato che non intende mettere "un soldo dei cittadini" nelle banche.

A Giorgetti, dalla Tunisia, dov'è in visita, risponde anche il premier Giuseppe Conte: "La riforma del reddito di cittadinanza partirà l'anno prossimo. Siamo ben consapevoli tutti che va fatta con molta attenzione: è la ragione per cui non è stata inserita adesso, teniamo farla bene e con tutti i dettagli. Non entro nel merito delle cifre a copertura del reddito di cittadinanza, c'è la liberà di stampa: quello che conta è quello che scrive il governo. Le cifre le facciamo noi, avendo contezza dei dati Istat decidendo noi la platea: le altre non contano. Ci sono le risorse per finanziare il reddito che vogliamo sia per finanziare le riforma della legge Fornero"

"Le lettere il governo italiano le spedisce, ma incontrerò Juncker e gli spiegherò il senso della manovra", ha aggiunto Conte. "Tutti possono fare manifestazioni - ha aggiunto parlando dell'iniziativa di Salvini del prossimo 8 dicembre - ma è il governo a interloquire con le istituzioni europee".

Cosa intende Conte lo precisa meglio subito dopo: “Nelle prossime settimane ci tengo a illustrare personalmente i contenuti della manovra a Juncker e a spiegare come sia il frutto di un lavoro serio e responsabile. Ma - conclude Conte - rimane il fatto che io come Presidente del Consiglio interloquisco con le istituzioni europee, mi siedo io al tavolo con loro e caratterizzo io il tono dell'interlocuzione con loro, con cui, come ho già detto, ho avviato un dialogo costruttivo"

"Sul fronte della lotta all'immigrazione illegale ho illustrato a Conte gli sforzi compiuti dalla Tunisia, ringraziandolo per i mezzi forniti dall'Italia", ha spiegato il premier tunisino Youssef Chahed, nel corso della conferenza stampa congiunta con il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. "Ho espresso anche la disponibilità della Tunisia di trovare nuove vie di collaborazione con un approccio economico globale in modo da organizzare l'immigrazione legale. La Tunisia - ha concluso il premier tunisino - è anche attenta alla conferenza di Palermo e apprezza il ruolo attivo dell'Italia".
 
Oggi, sempre dal social, Di Maio torna anche sul tema dei vitalizi e sulla misura prevista dalla legge di Bilancio. Con la manovra "diciamo ai consiglieri regionali che o si tagliano i vitalizi o noi tagliamo i trasferimenti per le spese di funzionamento, se i consiglieri non si tagliano il vitalizio noi tagliamo ai consiglieri regionali gli stipendi".

E in merito ai tagli all'editoria, un tema su cui anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha raccomandato cautela in difesa della libertà di stampa, aggiunge: "Li vedrete nella legge di bilancio nei prossimi giorni. Non li abbiamo approvati in Cdm perché stiamo vedendo bene le norme: qualcosa sarà aggiunto con emendamento nella piena autonomia del Parlamento".

"La Lega ha difeso le testate locali che spesso raccontano il Paese molto meglio dei giornali nazionali. Ma vanno finanziati in maniera meritocratica: voglio investire magari per far nascere nuovi giornali e non per tenere quelli che restano aperti solo per prendere i finanziamenti", conclude il vicepremier pentastellato.

Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/11/02/news/manovra_di_maio_decreto_a_natale_per_quota_100_e_reddito_di_cittadinanza_-210604959/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr
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« Risposta #17 inserito:: Novembre 05, 2018, 05:59:11 pm »

La segretaria di Bossi spiega come sono spariti i 49 milioni della Lega

Liberarsi dei dipendenti, fedeli al partito, per poter assegnare consulenze costosissime senza che nessuno protestasse. Nuovo capitolo dell'inchiesta di Tpi sulle rivelazioni di Daniela Cantamessa

05 novembre 2018, 09:20

 
Liberarsi dei dipendenti, fedeli al partito, per poter assegnare consulenze costosissime senza che nessuno protestasse. Nel nuovo capitolo dell'inchiesta sulle rivelazioni di Daniela Cantamessa, Tpi ricostruisce il clima in via Bellerio dopo le dimissioni di Umberto Bossi da segretario della Lega.

“All’epoca avevamo 40 milioni in cassa”, ricorda Cantamessa. “Tutte le attività vennero esternalizzate con spese allucinanti e il personale interno fu liquidato, nonostante costasse solo 4 milioni all’anno. Cosa pensammo? Che ci fosse in atto un’azione per chiudere la Lega”.

L'ex segretaria di Bossi aggiunge che fu “Giorgetti (Giancarlo, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ndr) a dire che bisognava mettere da parte un milione di euro per incentivare il personale a licenziarsi”.

Dopo la prima parte dell’inchiesta di TPI, la donna è stata interrogata dai pm di Genova che indagano sulla scomparsa di 49 milioni dalle casse del partito. La cacciata dei dipendenti, secondo Cantamessa, sarebbe stata perfettamente funzionale all’operazione. “Il concetto era semplice”, spiega. “Io prendo dei mercenari e li pago per fare ciò che devono fare. I dipendenti, essendo anche militanti, avrebbero certamente rotto le scatole. Perciò andavano licenziati”.

E i licenziamenti effettivamente ci furono, ricostruisce Tpi: tra il 2015 e il 2017 la quasi totalità dei dipendenti leghisti venne messa in mobilità.

Tpi ha anche intervistato due ex impiegati del Carroccio, Roberto Callegari e Andrea Tampieri, che hanno confermato le parole di Cantamessa. “Dopo le dimissioni di Bossi tutti i soldi sono stati sperperati “, dicono. “Fu acquistato, ad esempio, un nuovo programma di contabilità che poi si rivelò inutilizzabile. Il costo, in questo caso, fu di 80mila euro. Anche altre attività furono esternalizzate, comprese quelle relative ai nostri licenziamenti. Siccome non avevano le palle per lasciarci a casa, il lavoro sporco lo hanno fatto fare” a una società di consulenza.


Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/lega_49_milioni_segretaria_bossi-4567616/news/2018-11-05/
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« Risposta #18 inserito:: Novembre 29, 2018, 08:48:05 pm »

Salvini in ruspa scatena gli ultrà

Pubblicato il: 26/11/2018 16:19

Parola d'ordine "ruspa". Il leader leghista sale sul mezzo pronto per abbattere le villette abusive dei Casamonica, e il 'popolo di Salvini' si scatena. E' tripudio per il vicepremier - giunto in via Roccabernarda insieme al Governatore del Lazio Nicola Zingaretti per assistere ai lavori di smantellamento delle proprietà -, che sulla pagina Facebook raccoglie l'entusiasmo e gli applausi virtuali di chi di volta in volta lo chiama "Capitano", "mito", "grande" ma anche "sceriffo" e "salvatore dell'Italia”. “Distruggi tutto", "ruspagli anche le macchine", "tira giù tutto", scrivono entusiasti, "continua così" l'incitamento per il ministro "implacabile contro l'illegalità e il marcio che abbiamo nella nostra bella Italia". "Siamo fieri di te!", ripetono come in un mantra di commento in commento, dove il ministro diventa "la speranza", "il futuro del Paese", "il migliore", "il più forte" contro "l'ilLEGAlità". Un trionfo, insomma, che scalda gli animi degli ultrà del leader del Carroccio, alcuni dei quali forse fin troppo galvanizzati dagli eventi.

Capita infatti che fra i commenti di chi vorrebbe "salire con te sulla ruspa" per "fare piazza pulita", spunti anche chi non riesce a nascondere - e a contenere, trattandosi della pagina ufficiale di un ministro - il fastidio per i Casamonica, definiti "zingari di m...." ma anche "rom stramaledetti" che sarebbero "la peggiore razza che esista". E a chi, rom, prova a contestare gli insulti - "Siamo essere umani … prima di giudicare conosci poi...parla..." - la risposta è agghiacciante: "Proprio umani certe persone non le definirei ... trai le tue conclusioni". "Ci potevi sparare", invece, la risposta alla signora che lamenta diversi furti da parte dei nomadi. Una rabbia che monta e che talvolta sfugge di mano: "Bruciateli", "basta rom e neri", "gli zingari e i neri devono sparire dall'Italia...specialmente ladri e assassini", "prima gli italiani puri", scrivono incuranti delle conseguenze.

Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/11/26/salvini-ruspa-scatena-gli-ultra_xYwb3b7l9Er83VZxSFG5uK.html
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« Risposta #19 inserito:: Dicembre 09, 2018, 06:07:49 pm »


Lega in piazza, Salvini: "Serve unità, non odio. Datemi mandato per trattare con l'Ue.
Poteri forti contro di noi “Lega in piazza, Salvini: "Serve unità, non odio. Datemi mandato per trattare con l'Ue. Poteri forti contro di noi"
Il vicepremier sul palco con la felpa della polizia.
Attacca l'Europa degli "zerovirgola", ma cita anche De Gasperi, Luther King e Wojtyla. Bussetti fa l'elogio del crocifisso in classe.
Fontana rivendica i presepi nelle scuole: "Occupiamoci di fare figli, non dei migranti". Da Giorgetti appello al buonsenso nei rapporti con l'Unione

Di GOFFREDO DE MARCHIS E CARMELO LOPAPA
08 dicembre 2018

Una manifestazione che parte con un minuto di silenzio per la strage nelle discoteca vicino ad Ancona. Il carattere politico dell'adunata del Carroccio in piazza del Popolo - nel cuore di Roma - è in parte modificato in corsa per il lutto della tragedia nelle Marche. E il protagonista, Matteo Salvini, si divide nelle prime ore della mattinata tra interventi sulla dinamica della strage e inviti a manifestare in piazza. Con tanto di tweet di mobilitazione per i militanti del Carroccio. La macchina social però non si ferma. E la piazza è piena.

Salvini da Luther King a De Gasperi a Wojtyla
Alle 11, puntuale, il Capitano - come lo chiamano i suoi - si presenta sul palco con la felpa della polizia. Prova a caricare i suoi: "Ce la metteremo tutta per far tornare l'Italia grande". Poi lascia spazio agli altri ministri leghisti. Alle polemiche sulla mancata cancellazione della manifestazione aveva già risposto: "Oggi a Roma ci saranno 50mila, centomila persone che in maniera composta e pacifica vogliono ragionare sul futuro del Paese, con la preghiera per chi crede, con totale rispetto e vicinanza alle vittime della tragedia nelle Marche". Poi torna sul palco per il gran finale. Alle 12.20 sulle note di "Vincerò" della Turandot di Puccini, con la mano sul cuore, avvolto dai fumogeni. Stavolta senza maglione della polizia. E pronuncia un discorso non improntato alla polemica. Chiede unità, anzi. "La vita è troppo breve per perdere tempo in odio e polemiche questa è una piazza di amore e di speranza la lasciamo ad altri la violenza. Le forze dell'ordine con la Lega in Piazza sono disarmate e sorridenti. Martin Luther King diceva che per farsi nemici basta dire quello che si pensa. C'è bisogno di unità e di concordia". Cita Giovanni Paolo secondo, De Gasperi. E Dio, continuamente. E il "santo Natale" e il "santo presepe".

Manifestazione della Lega, Salvini: "Noi prima forza del Paese". Bagno di folla finale
Assicura di voler governare con buonsenso. Anche se non risparmia il consueto attacco all'Europa degli "zerovirgola". Poi chiede "il mandato di andare a trattare con l'Ue non come ministro ma a nome di 60 milioni di italiani che vogliono lasciare ai loro figli e nipoti un'Italia migliore. Se c'è il vostro mandato non abbiamo paura di niente e di nessuno". E non risparmia l'attacco ai poteri forti: "Siamo nel giusto se sono contro di noi". Ringrazia "Luigi" (Di Maio, ndr) per i Cinquestelle. Ma avverte: "Questo governo non introdurrà alcuna tassa". Chiude evocando Papa Francesco - non sempre apprezzato negli ambienti leghisti - e il suo omaggio alla statua dell'Immacolata in piazza di Spagna: "Se qualcuno di voi vuole restare...". Conclude perfino con un appello all'opposizione: "Uniti si vince".

 La piazza è stracolma. In tutto sono stati mobilitati duecento pullman e tre treni speciali. La martellante campagna sui social all'insegna degli hashtag  #primagliitaliani o  #dalleparoleaifatti ha funzionato.

I tipici canti di Natale e video di Matteo Salvini contro la Fornero hanno accolto l'arrivo dei leghisti. Molti i gruppi dal Sud, in particolare Sicilia e Calabria. Accanto agli inni al "Capitano", negli striscioni attacchi all'euro e la parola d'ordine "rivoluzione".

Dai ministri inno alla tradizione e all'identità cristiana
La prima ministra a salire sul palco, dopo il vicepremier, è Giulia Bongiorno che scalda la folla con slogan del tipo legge e ordine. "Basta ai premi per coloro che vengono trovati in flagranza di reato, che uccidono. Massima garanzia fino al terzo grado di giudizio. Ma se hai ucciso, no a sconti di pena per i reati puniti con l'ergastolo". Dal ministro della Famiglia Lorenzo Fontana un inno alla tradizione cristiana. Fa l'elogio del presepe nelle scuole e delle famiglie numerose "minacciate dal globalismo che vuole rendere le persone macchine senza identità". Il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, rivendica "il crocifisso nelle classi. Essere tolleranti non significa rinunciare ai propri valori nascondendoli". Poi è la volta dei governatori leghisti: Zaia, Fedriga, Fontana. Infine, l'appello al buonsesno del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti che parla di un governo responsabile anche in Europa.

Le polemiche sulla manifestazione nel giorno di lutto
All'opposizione la scelta di confermare la manifestazione nonostante la strage nelle Marche non è piaciuta. Il primo ad attaccare è il capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci: "In una giornata di dolore per la tragedia di Ancona, trovo incredibile che il ministro degli Interni confermi la manifestazione politica del suo partito". Critico anche Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri: "Per me, oggi, l'unica voce da ascoltare è quella intima del dolore e della pietà. E le uniche parole da pronunciare sono quelle delle suppliche rivolte al Cielo. Ognuno, però, decide secondo coscienza e ne risponde solo a quella: se riesce a gestire le emozioni vada pure in piazza a manifestare perché, ripeto, davanti a una tragedia simile non esistono regole ma solo buon senso".
Ci vuole anche un po’ di fortuna: giornata pazzesca a Roma, sole caldissimo su piazza del Popolo.  I bresciani si spogliano, i lucani con il piumino!!! #lega



Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/12/08/news/salvini_manifestazione_lega_tragedia_discoteca_corinaldo-213720781/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr
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« Risposta #20 inserito:: Gennaio 20, 2019, 09:32:55 pm »

Caro Giorgetti, dalle parole ai fatti. Ma senza buttare il buono che c'è

Pubblicato il 18/01/2019

MARCO TARDELLI

Tante turbolenze negative nel mondo dello sport. Troppe. Per questa ragione vorrei scrivere la mia lettera a Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport.

Caro Giancarlo, mi rivolgo col «tu» perché siamo tra sportivi. Sei approdato in un mondo pieno di contraddizioni ed è apprezzabile il tuo impegno per cambiare i mali che ci affliggono. Che sono molti e diversi. Tutti declamano di voler tenere lontana la politica dallo sport ma poi è proprio con lo sport che hanno fatto politica. Ci sono Federazioni trasformate in feudi ad uso e consumo del Presidente di turno e dove gli eletti sono prescelti in modo bizzarro. I controlli dovrebbero essere più severi e trasparenti e spesso non lo sono. Si sbandiera l’intento di avvicinare la scuola allo sport, ma si sa che ciò non avviene. Anche il fair play lascia a desiderare: tutti ne parlano, pochi lo praticano. È sulla bocca di tutti ma non nei fatti. Bisognerebbe organizzare una task force di sportivi che dovrebbero lavorare con i genitori e i ragazzi per diffondere la cultura e l’etica dello sport. Mi piacerebbe vederla come materia d’insegnamento al pari dell’Educazione Civica, da poco utilmente reintrodotta. La nuova società Sport e Salute, che andrà a sostituire Coni Servizi, dovrebbe diventare il braccio operativo per migliorare un mondo che appare disgregato. Il tuo impegno ci incoraggia e crediamo in uno sforzo riformatore nella speranza però che superi gli annunci e le promesse per tradursi in una nuova e organica visione. Tanti sportivi si riconoscono in questo progetto. Sarebbe davvero grave se ci si fermasse alle buone intenzioni proseguendo quell’opera meritoria iniziata con la gestione del Coni di Giovanni Malagò che ha portato a grandi risultati i nostri colori, i nostri atleti.

Sostieni il giornalismo di qualità
Nel nostro sport più popolare, il calcio, si addensano seri rischi di razzismo e violenza, emersi a più riprese. Sono d’accordo con Carlo Ancelotti quando propone di fermare le partite e sono d’accordo anche con te quando paventi problemi di sicurezza e di ordine pubblico. La soluzione, a mio avviso, sta nella prevenzione. I malintenzionati vanno lasciati a casa. Li conosciamo tutti, benissimo, da anni. Prendiamo decisioni coraggiose e coerenti, aiutando i club a tenere lontana la tifoseria pericolosa. Divieto d’ingresso assoluto: questa è la ricetta. Non è impedendo ai tifosi di andare allo stadio o cambiando l’orario di una partita perché considerata a rischio che si risolve il problema della sicurezza e si puniscono i facinorosi.

Caro Giancarlo, il tuo impegno è gravoso e a largo raggio. Bisogna agire con determinazione, ma badando anche a tenere il buono che c’è, perché non tutto è da buttare. Come il bambino e l’acqua sporca. Con rispetto e speranza
Marco
------------
Caro Tardelli, con buone leggi e buoni esempi lo sport migliora la società
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport Giancarlo Giorgetti risponde a Marco Tardelli che su La Stampa del 18 gennaio l’ha chiamato in causa in merito alla riforma del sistema sportivo
Pubblicato il 19/01/2019 - Ultima modifica il 19/01/2019 alle ore 07:54

GIANCARLO GIORGETTI
Caro Marco,
ti do del tu anche se per me è difficile mettere a cuccia l’emozione che un ragazzo di 15 anni ha provato e che pure non può dimenticare. Tu eri un campione e io, ammirato, ti seguivo quasi con venerazione.

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Ora ancora ti ammiro ma faccio politica. E’ una brutta cosa? Può darsi, spesso, non sempre. Eppure sento di avere una responsabilità perché il fenomeno dello sport è troppo importante perché la politica non se ne occupi.

Esiste una dimensione agonistica di alto livello, una di business, una di educazione e crescita collettiva. La politica ha il dovere di occuparsi in particolare di quest’ultima, con rispetto e senza strumentalizzazioni. Credo e spero di incarnare con umiltà questo spirito, con passione e senza alcun interesse se non l’ambizione di far crescere il movimento sportivo dove le carenze sono più evidenti. In primo luogo la scuola, luogo dove valorizzare la pratica sportiva in chiave sociale ma anche preventiva nella dimensione sanitaria.

Questo governo riconoscerà importanti risorse per queste finalità ed è importante che esse siano usate nel modo migliore possibile.

Nelle tue parole, che ho letto con piacere e interesse, hai centrato il tema: lo sport è uno dei luoghi in cui si forma il carattere di tanti giovani, tifosi e auspicabilmente praticanti. Ma lo sport ha anche un’altra funzione formidabile: mi riferisco alla sua azione di inclusione sociale in particolar modo per quanto riguarda lo sport paraolimpico.

Una cosa è certa: aumentare la pratica sportiva rende una società automaticamente migliore. Per questo chi può deve fare buone leggi, altri dare buoni esempi. Quello che è accaduto nelle scorse settimane, gli scontri, un tifoso morto, le violenze fuori dagli stadi ci obbligano a fare di più. Ognuno ha un compito importante da svolgere e mi auguro, caro Marco, che tu voglia dare il tuo contributo. Con generosità e disinteresse, come sempre.

Ciò che di buono esiste, dovrà essere esaltato; ciò che di sbagliato esiste dovrà essere corretto. Solo così, con costanza, lealtà e umiltà, possiamo sperare che gettata l’acqua sporca il bambino cresca bene, sappia vincere, ma, anche e soprattutto, sappia perdere.

Da - https://www.lastampa.it/2019/01/19/cultura/caro-tardelli-questo-governo-riconoscer-importanti-risorse-alla-dimensione-collettiva-dello-sport-sAtZfS9NzCmiPMVv9L4aAK/pagina.html
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« Risposta #21 inserito:: Gennaio 24, 2019, 06:09:19 pm »

Cosa intende Salvini quando dice che vuole una fase due del governo gialloverde

Secondo quanto apprende l'Agi, il segretario della Lega in una riunione con i suoi al governo avrebbe detto che non c'è alternativa a questo esecutivo, ma qualcosa dovrà cambiare

Di GIOVANNI LAMBERTI
22 gennaio 2019,11:07

Cosa intende Salvini quando dice che vuole una fase due del governo gialloverde
 Riunione oggi tra Salvini e i membri del governo della Lega. Non si tratta del primo incontro governativo al Viminale e non era questa l'occasione per fare scelte politiche. Ma il 'conclave' - tenutosi al dicastero dell'Interno e durato quasi quattro ore, proprio alla vigilia della congiunta M5s che si terrà stasera - è servito al vicepremier per fare il punto della situazione, riferisce chi era presente (sottosegretari, ministri e vice ministri) e per far partire 'la fase 2'.
Non c'è nessuna alternativa a questo esecutivo, avrebbe ribadito il segretario della Lega, ma serve - questo il ragionamento secondo quanto apprende l'Agi - una maggiore collegialità da parte del Movimento 5 stelle sulle scelte e sui 'dossier' sul tappeto. Il malessere da parte dello stato maggiore del partito di via Bellerio è legato soprattutto ad un deficit di comunicazione che si è creato tra i due contraenti del contratto. Sottosegretari a cui non è stata data ancora alcuna delega o a cui viene negato di andare in missione. Ma anche agli strappi che i pentastellati compiono e che poi - questa la tesi - è difficile ricomporre.

Per Salvini ora è necessario puntare alla crescita
L'ultimo, viene spiegato, sulla nomina dei vertici del parco del Circeo. E poi ci sono i provvedimenti sul tavolo. E non a caso Salvini ha messo in guardia i partecipanti all'incontro di cominciare già a studiare il Def perchè è "dietro l'angolo" ed è necessario puntare alla crescita, imporre una svolta in ambito economico. Anche oggi Salvini con i suoi, viene ancora riferito, ha difeso il rapporto con Di Maio e il reddito di cittadinanza, una misura - ha ricordato - che è nel programma e che dovrebbe portare a far muovere l'economia.

Ma - il giudizio unanime espresso dai dirigenti leghisti e condiviso dal 'Capitano' - la misura andrà migliorata, è di difficile attuazione, manca dell'aumento dei fondi per i disabili, e quindi in questi due mesi occorrerà lavorarci anche perchè la necessità è quella di dover tenere sotto controllo i conti. Ma l'input di Salvini nel puntare già al Def, è quello di accelerare su misure per la crescita e il lavoro.

Oggi al Viminale ogni partecipante all'incontro ha poi illustrato le proprie priorità e i provvedimenti portati avanti. Il sottosegretario al Lavoro Durigon, per esempio, ha fatto un resoconto su 'quota cento'. Ma la fase due del governo si aprirà soprattutto con uno sguardo all'economia (Salvini oggi ha reagito contro l'affondo del Fondo monetario internazionale), il punto fermo sulla politica dell'immigrazione, la legittima difesa e l'autonomia. Non arretreremo di un millimetro, occorre difendere i nostri cavalli di battaglia, il ragionamento del vicepremier leghisti. In diversi hanno posto il tema anche delle infrastrutture, in particolare sulla Tav.

"Nessuna intenzione di mettere in fibrillazione l'esecutivo"
"Anche sulle leggi del Movimento 5 stelle ci sarebbe da fare un'analisi costi/benefici...", la battuta di un sottosegretario, "nessuna intenzione di mettere in fibrillazione questo governo ma le scelte vanno condivise", il 'leitmotiv', "occorre per evitare fratture superare le incomprensioni", anche quelle sorte riguardanti il capitolo delle nomine.

"Il Movimento 5 stelle soffre perché nei sondaggi la Lega è avanti ma è un errore se qualcuno punta a strappare", dice un altro sottosegretario. Nella riunione si è deciso, secondo quanto si apprende, di costituire dei gruppi di lavoro e di stringere sui provvedimenti in agenda. Non solo legittima difesa e autonomia, ma anche per esempio la riforma tributaria, il 'dossier' sulla distribuzione dei tribunali per area geografica, misure per i piccoli comuni, la semplificazione negli appalti.

Salvini - spiegano altre fonti - ha confermato la volontà di andare avanti con M5s ma l'invito, rivolto anche ai suoi e non solo ai pentastellati, è quello di non tirare troppo la corda. La riunione quindi è servita per stilare una sorta di 'cronoprogramma' e di mettere a fuoco la campagna elettorale per le Europee.

--
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.

Da - https://www.agi.it/politica/lega_m5s_fase_due_governo-4878973/news/2019-01-22/
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« Risposta #22 inserito:: Febbraio 17, 2019, 10:06:17 pm »

Lega e fascismo

Un paragone impertinente... per il fascismo

(21 Settembre 2018)

I risultati elettorali della Lega sono stati enfatizzati sia dai sostenitori sia dagli avversari, col risultato di creare un’immagine di quel partito che è il frutto di una percezione alterata, non corrispondente assolutamente alla realtà. Ho già messo in luce che la Lega «rappresenta, a essere generosi, un’esigua percentuale di elettori (circa il 9%). Minoranza rumorosa, però mal tra insema, come diciamo a Milano, ovvero mal assortita. A ben vedere, è un elettorato che ha un differente, e contraddittorio, peso sociale e quindi politico. Nella Lega, il razzismo è balzato alla ribalta e ha emarginato il localismo/scissionismo delle origini (i bei tempi di Roma Ladrona!), scompaginando, di conseguenza, una base sociale, geograficamente e socialmente, allora ben definita». [Dino Erba, Tanto tuonò che piovve, merda. La misera storia di un pirla lombardo, 28 agosto 2018]

A distorcere la realtà politica, contribuiscono le vare anime dannate della fu sinistra.

In primis, quella sinistra cialtrona (radical chic) che non vede al di là del proprio beato orticello, senza curarsi delle altrui miserie, in Polonia come in Italia. L’ha ben descritta Paolo Mieli in un suo articolone: Opporsi (male) ai populisti («Corriere della Sera», 10 settembre 2018). Il Mieli si guarda bene dal proporre un’alternativa alla miopia politica della sinistra cialtrona, lascia la patata bollente al collega Antonio Polito (Bel mondo antico, «Corriere della Sera», 12 settembre 2018) che, con provocante ironia, esalta la ricetta Monti-Fornero-Renzi..., ovvero il turbo-capitalismo Made in Italy.

Tra l’incudine della sinistra miope (e beata!) e il martello della sinistra turbo-capitalista, si dibattono gli sparsi frammenti della sinistra buonista, in nome di una democrazia che ormai esiste solo nella loro fantasia.

Mistica democratica a parte, il filo conduttore di questa sinistra residuale si fonda su argomenti improntati a una razionalità apprezzabile (condivisibile, sacrosanta ...), ma assolutamente ridicola di fronte a una realtà sociale in cui prevale l’irrazionalità.

Disgraziatamente, questi estemporanei retaggi illuministici contaminano anche ambienti sovversivi radicali che rischiano di logorarsi in esercizi retorici del tutto controproducenti. E su questo rischio occorre fare la massima chiarezza.

Contro la forza, la ragion non vale

Non mi stancherò mai di ripeterlo che l’attuale marasma sociale è frutto della crisi sistemica del modo di produzione capitalistico. Crisi che si avvita su sé stessa, senza offrire alcuno sbocco, almeno per i proletari, per i senza risorse. Per loro, c’è solo un baratro senza fine.

Da oltre vent’anni, a livello mondiale, è in atto un processo di disgregazione economica e sociale (e anche materiale: i ponti che cadono!) che si sta vieppiù accelerando. Dove più dove meno.

I flussi migratori sono l’aspetto più clamoroso della disgregazione economica di interi continenti, a partire dall’Africa.

Non ne è immune neppure l’Occidente, dove le spinte sovraniste riaccendono remoti nazionalismi, tra loro conflittuali, e forieri di pulizie etniche.

Nel campo proletario, la disgregazione sociale provoca la logica: tutti contro tutti. Coinvolgendo gli stessi sindacati «conflittuali». Le eccezioni ci sono, e confermano la regola.

In Italia, questo disastrato scenario fornisce alla Lega argomenti assolutamente irrazionali e pregni di violenza. Un bel cocktail, ma indigesto per i delicati stomachi della sinistra, più o meno cialtrona, e sempre democratica.

Con la sua mistica, la democrazia ricorre ad argomenti altrettanto irrazionali come quelli del fascismo. Con una differenza: la democrazia rifiuta la violenza, la esorcizza, per disarmare gli sfruttati e gli oppressi.

Grazie a questa mistica irrazionale, cent’anni fa, la democrazia mandò i proletari allo sbaraglio nella lotta contro il fascismo. Risultato: lavoro coatto, guerre e stragi.

Oggi, la Lega ricorre alla medesima logica del fascismo: irrazionale e violenta. E i democratici cercano di riesumare la loro mistica altrettanto irrazionale ma NON violenta: la violenza è monopolio dello Stato. I democratici, con l’equazione violenza=fascismo, condannano quei proletari che, alla violenza fascista, rispondono con la violenza proletaria.

Ciò posto, qui finisce ogni riferimento tra fascismo e Lega. Lo scenario storico e sociale è completamente mutato. E il fascismo ha fatto il suo tempo ... resta lo spettro.

In un mare di merda, naviga la Lega

Ieri, contro gli operai, il fascismo fece leva sul livore della piccola borghesia frustrata (bottegai & mezzadri), che oggi è assolutamente marginale.

Oggi, la Lega fa leva sul livore di molti operai italiani rovinati dalle ristrutturazioni industriali, per spingerli contro i proletari «stranieri», fluttuanti e flessibili.

Ieri, il fascismo alternava il bastone alla carota.

Oggi, la Lega di carote non ne ha, e di bastoni ne ha pochi. Preferisce gli sbirri.

La Lega può solo giocare la carta deleteria del «meno peggio»! Un mare di merda, dove molti, troppi, sono contenti quando riescono a tenerne fuori la testa, magari a scapito di altri. I più deboli o i meno fetenti.

In questo mare di merda, la Lega può giocare la sua sporca partita politica, solo perché la crisi sistemica ha completamente sconvolto quella composizione sociale che si era definita nel corso del Novecento.

La Lega lo ha capito. E segue la corrente.

I sovversivi no!

Piaccia o non piaccia: siamo in guerra.

Una guerra senza fronti e senza eserciti. Una guerra dove le alleanze si stringono e si disgregano al minimo soffio di vento. È una guerra liquida e flessibile, come liquida e flessibile è oggi la condizione dei proletari.

Milano, 21 settembre 2018.
Da - https://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o51833
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« Risposta #23 inserito:: Febbraio 28, 2019, 06:09:57 pm »

Esclusivo - La trattativa segreta per finanziare con soldi russi la Lega di Matteo Salvini

Tre milioni di tonnellate di gasolio da vendere a un'azienda italiana: così il piano della Russia per sostenere i sovranisti alle prossime Europee si maschera da scambio commerciale.
Il negoziato, condotto da un fedelissimo del vicepremier italiano, su L'Espresso in edicola domenica 24 febbraio

DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE
21 febbraio 2019

Un affare a sei zeri per finanziare la Lega in vista delle elezioni europee. Un sostegno camuffato da compravendita di carburante. Soldi russi per i nazionalisti italiani del vicepremier Matteo Salvini. Lo stesso che ha dichiarato pubblicamente di non essere interessato ai denari di Vladimir Putin, ma di appoggiarlo per pura sintonia politica.

La trattativa per finanziare la Lega è stata portata avanti in questi mesi nel più assoluto riserbo. Riunioni, viaggi, email, strette di mano e bozze di contratti milionari. Da un lato del tavolo uno dei fedelissimi di Salvini, dall'altro pezzi pregiati dell'establishment putiniano. Al centro, uno stock di carburante del tipo “Gasoil EN 590 standards Udsl”.
Tre milioni per Salvini: la copertina del nuovo Espresso in edicola da domenica 24

Almeno tre milioni di tonnellate di diesel, da cedere a un'azienda italiana da parte di una compagnia russa. Una compravendita grazie alla quale il Cremlino dovrebbe riuscire a rifocillare le casse del partito di Salvini alla vigilia delle europee del prossimo maggio. Il condizionale è d'obbligo, perché non sappiamo se l'affare è stato concluso. Possiamo però indicare con certezza diversi fatti che compongono questa trama internazionale ambientata tra Roma, Milano e Mosca. E soprattutto possiamo raccontare gli obiettivi dichiarati: sostenere segretamente il partito di Salvini.

Il negoziato per finanziare la Lega che troverete sul primo numero del nuovo Espresso in edicola da domenica 24, è solo uno dei capitoli de “Il Libro nero della Lega”, edito da Laterza, in uscita il 28 febbraio.   Un’inchiesta giornalistica sul lato oscuro del partito di Matteo Salvini: dai 49 milioni di euro della truffa, ai candidati impresentabili del Sud Italia fino, appunto, all’internazionale sovranista, che da Mosca arriva fino a Washington passando per il Vaticano.

Ma torniamo alla trattativa per il finanziamento. Il protagonista che ha tessuto nell'ombra la ragnatela di relazioni VEDI ANCHE:

Quei 3 milioni russi per Matteo Salvini: ecco l'inchiesta che fa tremare la Lega
Un incontro segreto a Mosca. E una trattativa coi russi per finanziare la Lega. L'escamotage: una mega partita di gasolio. Il disegno: aiutare i sovranisti a vincere le elezioni europee utili al ministro è l’ex portavoce del vicepremier, Gianluca Savoini. L'uomo attorno al quale ruota tutta questa vicenda. «Il consigliere» di Matteo: questo è il ruolo affibbiatogli dai media russi negli articoli in cui si lodano le attività della sua associazione Lombardia-Russia e le prese di posizione della Lega contro le sanzioni imposte dall’Europa alla Russia. Pur non avendo un ruolo ufficiale né nel partito né nel governo, Savoini è sempre stato presente durante le visite ufficiali di Salvini a Mosca. Ha sancito l’alleanza tra la Lega e il partito di Putin, Russia Unita. Ha fatto decine di viaggi a Mosca, in Crimea e nel Donbass. E ha condotto fin dall’inizio il negoziato per il finanziamento russo.

Tutto ha inizio a luglio scorso. Savoini esplora prima una pista che porta a un palazzo di Mosca dove hanno sede le più grandi compagnie petrolifere del mondo e anche le società di uno degli uomini più ricchi di Russia. Non un paperone qualunque, ma un avvocato, ortodosso, anti abortista e anti gay a capo di un impero economico e fortemente legato al progetto sovranista europeo.

Nella sequenza in basso le foto scattate dai nostri giornalisti tra il 17 e il 19 ottobre a Mosca.

Ma la data più importante in questo intrigo è il 18 ottobre 2018. La data in cui avviene una riunione di cui siamo stati testimoni. È passata solo qualche ora dalla visita di Matteo Salvini a Mosca. Infatti, il giorno prima, il 17, il vicepremier e ministro italiano era stato ospite del convegno organizzato da Confindustria al Lotte Hotel. Una trasferta russa conclusa con un incontro riservato che il leader della Lega non ha voluto pubblicizzare. Abbiamo chiesto al ministro Salvini se dopo il convegno ha incontrato il suo omologo del Cremlino Dymitri Kozak in un luogo ben preciso. Gli abbiamo inviato domande specifiche a due indirizzi mail, tra cui quella del Senato, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
Il civico dove ha sede l’ufficio...
Il civico dove ha sede l’ufficio dell’avvocato Pligin, qui Salvini avrebbe incontrato Kozak

Torniano, dunque, al 18 ottobre. La mattina all’hotel Metropol di mosca sono stati definitivi alcuni dettagli dell’affare. Da un lato Gianluca Savoini e altri due italiani. Dall'altro lato del tavolo nella hall dell'albergo, gioiello architettonico dei primi del '900, tre russi. Di cosa hanno parlato? Dell'affare destinato a sostenere le finanze leghiste, per irrobustirle in previsione delle Europee di maggio prossimo: una fornitura di 250 mila tonnellate metriche di gasolio Usld al mese per un anno. In totale fanno 3 milioni di gasolio in 12 mesi. E, stando a quanto stabilito in quella riunione del Metropol, almeno altrettanti milioni di euro destinati al partito di Matteo Salvini.

Era il 18 ottobre 2018. Nel momento in cui abbiamo terminato questa inchiesta giornalistica, non sappiamo com’è andato a finire l’affare, se l’accordo è stato siglato e in che termini. Se quello che abbiamo ascoltato si è tradotto in pratica, però, ci troveremmo di fronte a un clamoroso paradosso: un partito nazionalista, la Lega di Salvini, finanziato per la prossima campagna elettorale europea da un’impresa di Stato russa. Insomma, la principale forza di governo italiana sostenuta da Putin, nemico numero uno della Ue. Il tutto discusso a Mosca da un uomo, Savoini, che non avrebbe alcun titolo per occuparsi di petrolio né tantomeno di finanziamenti della Lega.

L'inchiesta integrale sul prossimo numero dell'Espresso in edicola il 24 febbraio è già disponibile per gli abbonati a ESPRESSO+

"Oggi come ieri chi detiene il potere sostiene che il giornalismo sia finito e che meglio sarebbe informarsi da soli. Noi pensiamo che sia un trucco che serve a lasciare i cittadini meno consapevoli e più soli.

Questa inchiesta che state leggendo ha richiesto lavoro, approfondimento, una paziente verifica delle fonti, professionalità e passione. Tutto questo per noi è il giornalismo. Il nostro giornalismo, il giornalismo dell’Espresso che non è mai neutrale, ma schierato da una parte sola: al servizio del lettore.

Continuate a leggerci, seguirci, criticarci in questo luogo di inchieste, idee, dibattiti, racconto della realtà che è il nostro giornale".

MARCO DAMILANO

Da - http://espresso.repubblica.it/inchieste/2019/02/20/news/esclusivo-lega-milioni-russia-1.331835?fbclid=IwAR2gcyTBQ7Z_CdhBDdO7RINvIPGtDwCBYwy9uE_-0BN1l3mBNvsDBUEkCAE
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« Risposta #24 inserito:: Marzo 04, 2019, 04:32:17 pm »

Salvini: giusto voto su Rousseau, il governo va avanti a prescindere da me

Il vicepremier interviene a "Non è l'Arena" su La7: "Senza Conte e Di Maio non avrei mai fermato gli sbarchi, sulla Tav troveremo un accordo"

17 febbraio 2019, 22:21

Giusto ascoltare gli italiani, "e spero che non finisca come a Sanremo e che ci sia una cosa più trasparente...". Lo ha detto il vice premier Matteo Salvini questa sera a 'Non è L'Arena' su La7 a proposito della consultazione online sulla piattaforma Rousseau a cui domani sono chiamati gli aderenti al M5s per pronunciarsi sull'autorizzazione a procedere o meno da parte della Giunta del Senato nei confronti del ministro dell'Interno per il caso Diciotti. "Chiedere alla base non è scaricare responsabilità", ha aggiunto, sottolineando che "l'eventuale processo non mi farà cambiare idea, come vada vada".
Si deve decidere "se quanto fatto è stato nell'interesse pubblico del Paese o perché non sapevo che fare in quel momento. Anche i sassi in Italia sanno che arrivato al governo, Salvini avrebbe fatto il possibile, in maniera civile, per fermare gli sbarchi. i numeri non mentono: meno persone partono, meno persone muoiono; e meno persone partono, meno soldi per gli scafisti". Il governo va avanti, "l'Italia è troppo importante per dipendere da Salvini. A prescindere da quello che si deciderà pro o contro Salvini", ha aggiunto il ministro.

"Senza Conte e Di Maio non avrei mai fermato gli sbarchi"
Il presidente Conte e Di Maio sono persone serie, corrette, coerenti. Senza di loro non sarei riuscito a fermare gli sbarchi", ha proseguito il vicepremier, "intendo andare avanti. Non penso di dare fastidio se intanto mangio, dormo, guardo il Milan, guardo la tv, se ho una vita normale che dà fastidio ai professoroni di sinistra. Ho un sacco di difetti, non sono un genio, non sono un salvatore della patria ma se mi metto in testa qualcosa, l'ottengo. Quello che dico faccio, con il maglione o con la camicia".

"Vinciamo perché siamo modello di concretezza"
Il recentissimo successo elettorale della Lega in Abruzzo ha una spiegazione: "Alla Lega viene riconosciuto il buon governo in tanti Comuni e in tante regioni, per molti italiani è modello di concretezza, di buona amministrazione". Il ministro dell'Interno ha aggiunto che l'attuale governo italiano "e' l'unico tra i governi europei che, nonostante i problemi economici che ci sono, ha ancora la maggioranza assoluta dei consensi dei cittadini".

"Sulla Tav troveremo un accordo"
"Quel buco sotto la montagna bisogna finirlo per far transitare persone e merci. Nel contratto di governo c'era la ridiscussione del progetto, si può risparmiare fino a 1 miliardo di euro, destinandolo ad altro. Resto convinto che soprattutto per economia e qualità dell’ambiente il treno inquina meno del tir e dell'auto", ha detto Matteo Salvini a proposito della Tav, intervenendo in collegamento dalla Sardegna alla trasmissione. Il leader leghista e vice premier si è detto "convinto che l'accordo con M5s lo troveremo, tagliando gli sprechi".

"Il latte di pecora? Obiettivo un euro al litro"
"Siamo partiti da 60 centesimi, siamo arrivati a 72, chiederemo ancora un sforzo ulteriore, obiettivo arrivare a un euro, quando salirà il prezzo del pecorino romano", dice ancora Matteo Salvini a proposito della protesta dei pastori sardi. Il ministro ha sottolineato che i pastori "stanno protestando civilmente e portano alle mense dei poveri latte e formaggi, e questo è bello". Per Salvini "anche fare la spesa è un atto politico: comprare italiano significa stare bene e fare bene all'Italia. Bisogna cercare il tricolore sull'etichetta, e su questo combatteremo in Europa perché venga difesa la qualità italiana".

A giudizio del vice premier "sono anni che qualcuno sbaglia, ma io faccio il ministro adesso e devo risolvere il problema adesso. Sono certo che nei prossimi giorni troveremo un soluzione e quel latte tornerà ad essere formaggio". Il prezzo del latte pagato agli allevatori due anni fa era superiore all'euro, poi "c'è stato eccesso di produzione, c'è stato chi non ha controllato sull'eccesso produttivo. Manca la promozione dei prodotti italiani all'estero, le stesse ambasciate dovrebbero difendere all'estero, e lo stesso vale per carne, grano, pomodori. Gli errori del passato sono evidenti. Io sono a Casterlsardo, dove l'acqua per la cucina la si deve andare a comprare perché non arriva ogni giorno dalla cucina; a La Maddalena non si riesce a partorire, i punti nascita sono chiusi e occorre raggiungere altri posti in elicottero o via mare".

Il ministro ha quindi detto che invita attorno a un tavolo pastori, associazioni, sindacati e industriali, "un primo passo si è fatto, facciamone un ulteriore". E più in generale, "cambiamo le regole europee perché la Ue impedisce a chi va a fare la spesa di sapere se un prodotto è italiano o meno, per difendere le multinazionali. E io non ci sto con le multinazionali".

Da - https://www.agi.it/politica/salvini_diciotti_tav_sbarchi-5015767/news/2019-02-17/
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« Risposta #25 inserito:: Marzo 04, 2019, 05:28:41 pm »

INCHIESTA

Esclusivo: anche Matteo Salvini ha usato i soldi rubati da Bossi
L’attuale leader della Lega e Bobo Maroni hanno utilizzato una parte dei 49 milioni di euro frutto della truffa orchestrata dal Senatur e dall’ex tesoriere. Lo dimostrano le carte del partito tra la fine del 2011 e il 2014 che abbiamo consultato

DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE   
02 ottobre 2017

Esclusivo: anche Matteo Salvini ha usato i soldi rubati da Bossi
Cinque anni fa, quando tutto ebbe inizio, Umberto Bossi usò un’immagine biblica per spiegare il suo intento. «Ho fatto come Salomone: non ho voluto tagliare a metà il bambino», disse mentre si apprestava a lasciare le redini del partito a Roberto Maroni.

Erano i giorni in cui i giornali pubblicavano le prime notizie sullo scandalo dei rimborsi elettorali leghisti, quelli incassati gonfiando i bilanci e usati per pagare le spese personali del Capo e della sua famiglia, come la laurea in Albania del figlio Renzo o le multe del primogenito Riccardo.

Il senso della metafora bossiana era chiaro: piuttosto di dividere la Lega tra chi sta con me e chi contro di me, il Senatùr si diceva pronto a lasciare pacificamente il potere al suo storico rivale. Da allora in poi l’intento di chi è succeduto a Bossi, prima Maroni e oggi Salvini, è sempre stato quello di differenziarsi, di creare compartimenti stagni tra il partito dell’Umberto e quello di oggi, tanto che all’ultimo raduno di Pontida al fondatore non è stato nemmeno concesso il tradizionale discorso dal palco.

Soldi della Lega, ecco i documenti che incastrano Matteo Salvini
Una lettera di diffida. Un file del Senato. E i rendiconti interni al partito. Pubblichiamo le carte che smentiscono la versione del ministro sullo scandalo che fa tremare il Carroccio
Gli immigrati al posto dei meridionali, il nazionalismo in sostituzione del secessionismo. Pure un nuovo marchio, Noi con Salvini, dotato di satelliti sparsi dal Centro al Sud e rappresentato da personaggi della destra, come in Calabria, o vecchi democristiani votati all’autonomia, come in Sicilia. Nuovi volti (per modo di dire) e nuovi ideali sostenuti con forza proporzionale all’incedere delle inchieste giudiziarie sui fondi elettorali.

Se è vero che negli ultimi anni molto è in effetti cambiato all’interno del Carroccio, c’è qualcosa che è rimasto segretamente invariato. Roberto Maroni preferisce non dirlo, Matteo Salvini lo nega categoricamente. Insomma, gli eredi del Senatùr sostengono di non aver visto un euro di quegli oltre 48 milioni rubati da Bossi e Belsito. «Sono soldi che non ho mai visto», ha scandito di recente l’attuale segretario federale commentando la decisione del Tribunale di Genova di sequestrare i conti correnti del partito dopo la condanna per truffa di Bossi.

I documenti ottenuti da L’Espresso dimostrano però che esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore e i suoi successori. Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati.

Per scoprire i retroscena di questo intrigo padano bisogna tornare al 5 aprile del 2012. E tenere a mente le date. Quel giorno, a poche ore dalla perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di via Bellerio, a Milano, Bossi si dimette da segretario del partito. È la prima scossa del terremoto che sconvolgerà gli equilibri interni alla Lega.

A metà maggio diversi giornali scrivono che a essere indagato non è solo il tesoriere Francesco Belsito, ma anche il Senatùr. Il reato ipotizzato è quello di truffa ai danni dello Stato in relazione ai rimborsi elettorali. Il primo di luglio Maroni viene eletto nuovo segretario del partito. E quattro mesi dopo, il 31 ottobre, passa per la prima volta alla cassa. Come certifica un documento inviato dalla ragioneria del Senato alla Procura di Genova, quel giorno l’attuale governatore della Lombardia riceve 1,8 milioni di euro. È il rimborso che spetta alla Lega per le elezioni politiche del 2008, quelle vinte da Berlusconi contro Veltroni. Il primo di una lunga serie. Da qui in poi a Maroni verranno intestati parecchi bonifici provenienti dal Parlamento.

A fine 2013, cioè al termine del mandato di segretario, Bobo avrà così ricevuto 12,9 milioni di euro. Tutti rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quando a capo del partito c’era Bossi e a gestire la cassa era Belsito. Insomma, proprio i denari frutto della truffa ai danni dello Stato.

Che cosa cambia quando Salvini subentra a Maroni? Niente, se non le cifre. A metà dicembre del 2013 Matteo viene eletto segretario del partito. L’inchiesta sui rimborsi elettorali intanto va avanti, e a giugno del 2014 arrivano le richieste di rinvio a giudizio: i magistrati chiedono il processo per Bossi. Un mese e mezzo dopo, il 31 luglio, Salvini incassa 820mila euro di rimborsi per le elezioni regionali del 2010. Perché allora il segretario della Lega e aspirante candidato premier per il centro-destra continua a sostenere che lui quei soldi non li ha mai visti? E se li ha visti, come poteva non sapere che erano frutto di truffa?

Due mesi dopo aver incassato gli oltre 800 mila euro, Salvini e la Lega si costituiscono infatti parte civile contro i compagni di partito. Si sentono vittime di un imbroglio, di una truffa che ha sfregiato il vessillo padano. E vogliono essere risarciti. La nuova dirigenza è dunque consapevole della provenienza illecita del denaro accumulato sotto la gestione di Bossi. Ma il 27 ottobre, solo venti giorni dopo l’annuncio di costituirsi parte civile, Salvini fa qualcosa che appare in netta contraddizione con quella scelta: ritira altri soldi. Questa volta la somma è piccola, poco meno di 500 euro: l’ultima tranche di rimborso per le elezioni regionali del 2010.

La sostanza però non cambia. Sono denari ottenuti con la rendicontazione gonfiata firmata da Belsito. Fatto di cui a quel punto è dichiaratamente convinto anche Salvini. Il quale, due giorni dopo l’ultimo prelievo, riceve persino una lettera dallo storico avvocato di Bossi, Matteo Brigandì. «Ti diffido dallo spendere quanto da te dichiarato corpo del reato», si legge nella missiva con la quale la vecchia guardia lancia un messaggio chiaro al nuovo gruppo dirigente: voi ci accusate di aver rubato quattrini, allora sappiate che i soldi che avete in cassa sono il profitto della truffa, e usarli vuol dire diventare complici del reato.

Il denaro, più che l’ideologia, è dunque il collante tra l’epoca di Bossi, l’interregno di Maroni e il presente firmato Salvini. Le tre età del partito della Padania intrecciate attorno a una vicenda che tutti vogliono dimenticare in fretta. Talmente in fretta da ritirare persino la costituzione di parte civile davanti al giudice.

Già, perché solo un mese dopo essersi dichiarato vittima della truffa targata Bossi-Belsito, Salvini fa marcia indietro. Come a dire: chiudiamola qua, scordiamoci il passato e andiamo avanti. Una scelta travagliata, non da tutti condivisa. All’interno della Lega, infatti, nei primi mesi del 2014, c’era chi voleva mostrare pubblicamente la rottura col passato. Altri, invece, parteggiavano per la politica della rimozione. In questo contesto matura l’accordo di conciliazione “con l’avvocato di Bossi, nel quale la Lega rinuncia a costituirsi parte civile. A un patto però: il legale di fiducia del Senatùr avrebbe dovuto accantonare ogni pretesa di denaro che il partito gli doveva, circa 6 milioni di euro. Infine, a Bossi sarebbe andato un lauto vitalizio.

Tutto risolto, dunque? Macché. Salvini e Maroni vengono meno al patto. E danno mandato all’avvocato Domenico Aiello, legale del governatore lombardo, di procedere con la costituzione di parte civile. Uno smacco al vecchio amico Bossi, a cui poco dopo segue un altro colpo di scena. A novembre durante l’udienza preliminare contro B&B, Aiello ritira l’atto di costituzione. In pratica la Lega non chiede più i danni per la truffa. Un’idea di Salvini, motivazione ufficiale: «Non abbiamo né tempo né soldi per cercare di recuperare soldi che certa gente non ha», spiegò l’europarlamentare appena eletto segretario del Carroccio. Una mossa che sorprese persino il governatore della Lombardia, Maroni, che con Aiello aveva fatto il possibile per chiedere i danni agli imputati leghisti.

La sensazione di chi il partito lo frequenta da venti e passa anni è che sia stata una ritirata strategica, per rappacificare le opposte fazioni ed evitare rivelazioni scomode. Soprattutto in merito ai soldi lasciati in cassa da Bossi, quelli finiti al centro delle inchieste di tre procure.
Francesco Belsito
I bilanci della Lega raccontano, infatti, meglio di qualsiasi dichiarazione politica che cosa è successo in questi anni ai soldi dei Lumbard, o meglio di tutti i contribuenti italiani. Il primo dato evidente è che le cose andavano molto meglio, almeno dal punto di vista finanziario, quando sulla plancia di comando c’era Bossi. Con lui al vertice i bilanci degli ultimi anni si sono infatti chiusi sempre in positivo. Le cose cambiano nel 2012, quando arriva Maroni: per la prima volta la Lega chiude i conti in rosso, con una perdita di 10,7 milioni di euro. L’anno seguente, il primo interamente firmato da Bobo, le cose vanno persino peggio: il bilancio evidenzia una perdita di 14,4 milioni. Colpa della diminuzione dei rimborsi elettorali e del calo delle donazioni private, si legge nei resoconti padani. Ma non è solo questo.

Nonostante i dipendenti diminuiscano, i costi sostenuti dalla Lega aumentano. In particolare alcune voci, come quella denominata “spese legali”, per cui il partito arriva a sborsare oltre 4,3 milioni di euro tra il 2012 e il 2014. Un bella somma, oltretutto senza neppure essersi costituita parte civile nel processo contro Bossi e Belsito.

Com’è possibile allora aver speso tutti quei soldi in avvocati? I bilanci non lo spiegano, ma un documento ottenuto da L’Espresso aiuta a capire meglio come sono andate le cose. È un contratto datato 18 aprile 2012. Bossi si è dimesso da due settimane e il Carroccio è retto dal triumvirato Maroni-Dal Lago-Calderoli. Sono loro ad affidare la consulenza legale allo studio Ab di Domenico Aiello, già avvocato personale di Maroni e in ottimi rapporti con il magistrato milanese che sta seguendo l’inchiesta, Alfredo Robledo. Nel contratto si specifica che la consulenza riguarderà proprio i procedimenti penali che coinvolgono Bossi e i rimborsi truccati. Si tratta delle indagini in corso a Milano, Napoli, Genova e Reggio Calabria, ciascuna segnalata con il relativo numero di fascicolo.

Un lavoro ben pagato: per Aiello la tariffa sarà di 450 euro all’ora, costo che sale a oltre 650 euro se si aggiungono - come da prassi - spese generali, contributi previdenziali e imposte. Insomma non male per l’avvocato calabrese che, qualche anno dopo, Maroni piazzerà nel consiglio d’amministrazione di Expo, mentre la moglie, Anna Tavano, finirà per un periodo in Infrastrutture Lombarde, società controllata direttamente dalla Regione.

Va detto che Aiello, così come la moglie, ha un curriculum di tutto rispetto. Tra i suoi clienti più celebri, oltre a Bobo Maroni spicca l’ex presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua. Poi ci sono gli incarichi negli organismi di vigilanza: Consip, Siemens, Conbipel, Veolia e la Sparkasse di Bolzano. In quest’ultima banca il presidente del Consiglio di amministrazione si chiama Gerhard Brandstätter. Brillante avvocato del Sudtirolo, che con Aiello, nel 2011, ha fondato lo studio associato AB, lo stesso scelto dalla Lega.

Con Maroni traghettatore, le camice verdi apriranno anche un conto “easy business” e un conto deposito presso la banca altoatesina, depositando in totale qualche milioncino. È il periodo in cui si tentava di mettere al sicuro il patrimonio del partito, dalle cordate bossiane e forse anche dai giudici. Matura così l’idea, poi tramontata, di creare un trust in Sparkasse per blindare quasi 20 milioni.

I bilanci non confermano solo questo. Spiegano anche perché oggi i conti del partito sono a secco. E quale la strategia scelta per evitare il sequestro effettivo dei soldi. Nel 2015, quando è Salvini a comandare, la ricchezza della Lega cala, infatti, vistosamente. Il patrimonio netto passa da 13,1 milioni dell’anno precedente a 6,7 milioni. Il motivo è spiegato chiaramente nella relazione sulla gestione finanziaria: i soldi del partito sono stati trasferiti alle sezioni locali, 13 in tutto, dotate nel frattempo di codici fiscali autonomi.

È così ad esempio che due giorni prima di Natale la sezione Lombardia, fino ad allora sprovvista di risorse finanziarie, diventa titolare di un patrimonio da 2,9 milioni di euro. Custoditi per lo più su conti correnti bancari e postali. Una partita di giro, insomma. Il risultato? Al termine del 2016 la Lega aveva una disponibilità liquida di soli 165mila euro, mentre le sue 13 sezioni locali messe insieme registravano somme per 4,3 milioni. La nuova architettura finanziaria non ha però impedito ai magistrati di sequestrare le ricchezze del Carroccio. Come ha dichiarato lo stesso Salvini, al momento non è stato bloccato il conto corrente della Lega nazionale, ma quelli delle sezioni locali. «Un punto su cui daremo battaglia in sede legale», assicura una fonte del Carroccio che non vuole essere nominata.

C’è però ancora una questione da risolvere. Il tribunale di Genova, nei giorni scorsi, ha deciso di bloccare il sequestro. I giudici hanno annunciato di aver congelato poco meno di 2 milioni. Eppure, come detto, alla fine dell’anno scorso sui conti della Lega c’erano 4,3 milioni. Mancano dunque all’appello oltre 2 milioni. Possibile che la Lega li abbia spesi in questo 2017. O anche che siano stati trasferiti su altri conti. Un’ipotesi, questa, impossibile da verificare. Perché “Noi con Salvini”, il movimento creato tre anni fa dal nuovo leader del Carroccio per conquistare il Centro-Sud, non ha mai pubblicato un bilancio.

Dubbi e interrogativi sollevati dai nemici interni del leader in felpa. Salvini potrà dire che a lui certe questioni “politichesi” non interessano e che preferisce parlare di immigrazione, euro, lavoro. Ma all’interno del suo partito i bossiani non dimenticano. E i mal di pancia iniziano a diventare veri e propri tumulti silenziosi. Pare che siano persino pronti a muoversi autonomamente per le prossime elezioni politiche. Una forza che ruberebbe al Capitano il 2-3 per cento.

Del resto non è facile disfarsi del Senatur, fu il primo a dare avvio a una tipica usanza leghista: scaricare i compagni di partito che osavano mettere in dubbio la sua autorità. Bossi fece così con l’ideologo della secessione Gianfranco Miglio. Con la stessa moneta lo hanno ripagato Maroni e Salvini. E ora sotto a chi tocca.
© Riproduzione riservata 02 ottobre 2017

Da - http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/09/28/news/esclusivo-salvini-ha-usato-i-soldi-della-truffa-di-bossi-1.311009
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« Risposta #26 inserito:: Marzo 22, 2019, 11:36:11 pm »

Gli errori nel cartello di Salvini sui morti nel Mediterraneo

Il ministro dell'Interno ha affermato a 'Porta a Porta' che dall'inizio dell'anno è stato recuperato un solo cadavere in mare

Di PAGELLA POLITICA DI AGI 22 marzo 2019, 07:07

Migranti numero sbarchi morti in mare
Il 20 marzo, ospite a Porta a Porta su Rai 1, Matteo Salvini ha commentato (min. -1:20:51) i recenti fatti di San Donato Milanese, dove un cittadino italiano di origini senegalesi ha incendiato un autobus con 51 bambini a bordo, e lo sbarco di 49 migranti a Lampedusa dalla nave “Mare Ionio”, della Ong italiana Mediterranea.
Secondo il ministro dell’Interno, quest’anno si stanno vedendo i risultati del suo operato in tema immigrazione anche in un ridotto numero di vittime di naufragi. Salvini ha infatti detto che «i cadaveri recuperati nel Mediterraneo centrale quest’anno sono stati solo uno».

Il leader della Lega ha ribadito il concetto anche tramite il suo account Twitter, dove ha scritto: «Cadaveri recuperati nel Mediterraneo Centrale nel 2019? Con la politica del “meno partenze, meno sbarchi, meno morti”: UNO».

Davanti alle telecamere, come già fatto in passato, Salvini ha anche mostrato un cartello, contenente il dato sopracitato, che – come vedremo – è però sbagliato.

Nonostante i dati sugli sbarchi siano corretti, la tabella contiene un altro errore e un’omissione: in generale, il ministro dell’Interno veicola un messaggio fuorviante, ossia che il numero dei morti nel Mediterraneo equivalga a quello dei cadaveri recuperati. I due dati però non coincidono.

Ma andiamo con ordine.
I corpi recuperati nel Mediterraneo centrale sono più di uno
La rotta del Mediterraneo centrale è il tragitto che i migranti cercano di percorrere per raggiungere l’Italia partendo dalla Libia e dalla Tunisia. Negli ultimi anni, questo tratto è stato quello più utilizzato per arrivare in Europa.

Secondo Salvini, che cita dati del Ministero dell’Interno, in questa porzione di mare è stato recuperato un solo corpo. Abbiamo contattato il Viminale che ci ha spiegato come il ministro faccia riferimento al ritrovamento del cadavere di un migrante iracheno disperso in uno sbarco avvenuto nel crotonese, in Calabria, a gennaio 2019. Questo ritrovamento, ha chiarito il Ministero, è stato in effetti l’unico avvenuto in Italia nel 2019.

Ma le statistiche sul Mediterraneo centrale non possono limitarsi ai ritrovamenti lungo le coste italiane. In totale, infatti, i corpi di migranti morti recuperati lungo questa rotta sono stati più di uno, come dimostrano i monitoraggi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) – la principale organizzazione intergovernativa nel mondo in ambito migratorio, collegata alle Nazioni Unite.

Per esempio, il 14 febbraio tre corpi sono stati recuperati a ovest di Sirte, in Libia; altri due corpi il 22 febbraio e uno il 9 marzo, sempre lungo le coste dello Stato nordafricano. Il caso più recente riguarda il ritrovamento del cadavere di un bambino al largo della Libia, dopo un naufragio avvenuto il 19 marzo.

Riassumendo: soltanto nell’ultimo mese, ci sono stati almeno sette corpi lungo nella rotta del Mediterraneo centrale, e non solo uno come nel cartello mostrato dal ministro.

Stesso discorso vale per i dati degli anni precedenti, che rispetto all’«uno» del 2019 fanno inoltre riferimento a statistiche annuali e non dei primi due mesi e mezzo dell’anno.

In ogni caso, anche questi dati, come confermato da fonti del Viminale, parlano dei cadaveri recuperati nelle acqua di competenza italiana, come i 23 dell’anno scorso.

In questa particolare statistica, così come in quella degli sbarchi, si è effettivamente registrato un calo negli ultimi anni, ma si tratta solo di una parte dei corpi recuperati in un tratto che coinvolge anche Libia e Tunisia. Basti pensare che nel 2018, tra il NordAfrica e l’Italia, l’Oim ha stimato circa 1.300 morti per naufragi.

Al 31 dicembre 2018, secondo l’Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, in Italia sono ancora 1.730 i cadaveri recuperati e non identificati connessi al fenomeno migratorio.

I dati dell’Unhcr riguardano anche i morti
Nella terza riga della tabella, Salvini riporta quelli che secondo lui sono i dati sui “dispersi” dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr). Secondo il ministro dell’Interno, quest’anno «i dispersi dichiarati dalle Ong» sono stati 279.

Salvini non specifica se stia ancora facendo riferimento al Mediterraneo centrale o al Mediterraneo in generale. Ad ogni modo, anche in questo caso il dato è riportato in maniera fuorviante.

L’Unhcr pubblica infatti periodicamente report sugli sbarchi relativi ai singoli Paesi e al Mediterraneo. Accanto al numero degli arrivi, l’agenzia delle Nazioni unite fornisce anche una stima che include non solo i dispersi, ma anche i morti in mare – particolare omesso da Salvini.

L’aggiornamento più recente sull’Italia e la rotta del Mediterraneo centrale (17 marzo 2019) parla di 149 tra morti e dispersi in questo tratto di mare, su un totale di 282 tra morti e dispersi in tutto il Mediterraneo. Quest’ultimo dato si avvicina a quello citato da Salvini.

Non è vero inoltre che queste statistiche siano quelle «delle Ong»: l’Unhcr utilizza infatti diverse fonti, tra cui quelle governative (guardie costiere e ministeri), delle organizzazioni umanitarie, dei sopravvissuti e dei media.

I dati dell’Oim
Un lavoro simile a quello dell’Unhcr viene condotto anche dall’Oim, che dal 2013 – dopo il naufragio al largo di Lampedusa del 3 ottobre, dove morirono quasi 370 persone – ha avviato il progetto Missing Migrants per monitorare e documentare tutti i casi di migranti morti o dispersi nel mondo.

Come spiega l’Oim stessa, raccogliere dati in questo ambito non è per nulla semplice. Nel caso del Mediterraneo, basti pensare che si sta parlando di naufragi: una parte delle morti o delle scomparse avviene senza che nessuno ne sappia nulla, mentre spesso i cadaveri vengono ritrovati dopo diverso tempo e non vengono segnalati alle autorità.

Per rendere le sue stime le più affidabili possibili, l’Oim ha strutturato una metodologia basata sull’uso di più fonti: le statistiche vengono anche in questo caso dalle autorità nazionali (come i ministeri), dalle missioni sul campo dell’Oim, dai giornalisti e i media, dalle strutture di accoglienza e dalle organizzazioni non governative.

Nel database dell’Oim (qui scaricabile), a ogni o naufragio viene inoltre assegnato un numero da 1 a 5, che indica la qualità della fonte sul numero dei morti accertati (source quality).

Secondo i dati di questa organizzazione, al 21 marzo 2019 si stima che nel Mediterraneo siano morti da inizio anno 282 migranti, 152 dei quali nel Mediterraneo centrale – la rotta di cui parla Salvini, che omette di citare questi numeri.

Il verdetto
A Porta a porta su Rai 1, Matteo Salvini ha mostrato un cartello sui migranti morti nel Mediterraneo che contiene almeno tre errori.

Non è vero che i corpi recuperati nella rotta centrale (quella dal NordAfrica all’Italia) sono stati soltanto uno: in Italia è stato in effetti uno, ma altri sono stati ritrovati ad esempio in Libia.

Il messaggio del ministro dell’Interno è comunque fuorviante, perché lascia intendere che il numero dei morti equivalga a quello dei corpi recuperati. Stiamo però parlando di naufragi, dove spesso è impossibile recuperare i cadaveri di chi ha perso la vita in mare.

Oltre alle statistiche citate da Salvini, ci sono anche quelle dell’Oim, che fornisce le stime più affidabili per quanto riguarda i morti nel Mediterraneo. Secondo l’organizzazione internazionale, questi sarebbero a oggi oltre 280, a fronte di un sensibile calo degli sbarchi.

Come abbiamo spiegato in una nostra precedente analisi, questo vuol dire che gli arrivi calano e così anche il numero dei decessi totali, ma aumenta il tasso di mortalità, ossia il rapporto tra i due dati.

In sostanza, in concomitanza delle politiche di deterrenza del nuovo governo, attraversare il Mediterraneo è più pericoloso rispetto al passato.

Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.

Da - https://www.agi.it/fact-checking/migranti_numero_sbarchi_morti_in_mare-5183818/news/2019-03-22/
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« Risposta #27 inserito:: Aprile 08, 2019, 07:16:14 pm »

08 aprile 2019
Europee, Salvini apre campagna elettorale e attacca ancora Di Maio: "Stanco del dibattito fascisti-comunisti"

Da sinistra: Olli Kotro del Finn Party, Jörg Meuthen di Alternativa per la Germania, Matteo Salvini, Anders Vistisen, leader del partito del Popolo danese (ap)
Il leader del Carroccio alla presentazione del simbolo cita papa Giovanni Paolo II: "Gli unici nostalgici stanno a Bruxelles. Europa ha senso se riconosce identità, storie e culture"
"Non ci sono al tavolo nostalgici, estremisti e reduci. Gli unici nostalgici sono al potere a Bruxelles oggi". Così Matteo Salvini risponde alle critiche del vicepremier Luigi Di Maio, preoccupato "dell'alleanza della Lega con chi nega l'Olocausto", introducendo a Milano i suoi ospiti di Alternativa per la Germania, Finn Party e Partito del Popolo danese, nel corso della presentazione del simbolo della Carroccio per le europee di maggio e dell'apertura ufficiale della campagna elettorale.

Salvini si dice "stanco" del dibattito fascisti contro comunisti. "Non ci appassiona lo lasciamo agli storici", afferma. E aggiunge: "Il trattato di Maastricht aveva obiettivi, come il rispetto dell'identità, traditi dalle burocrazie europee. L'Europa ha senso se riconosce le identità. Se il pensiero unico è il business e la finanza, allora sarà l'incubo che stiamo vivendo".

"Noi guardiamo al futuro e lo facciamo - spiega Salvini - con movimenti che sono alternativi a chi ha comandato in Europa in questi decenni. L'accordo tra democratici e socialisti ci ha portato in questa situazione di povertà, di incertezza, di litigio. È un'alleanza che guarda al futuro. Da oggi questa famiglia punta ad allargarsi, a coinvolgere movimenti con cui non abbiamo mai collaborato, abbiamo ovviamente delle differenze". Cita poi papa Wojtyla: "Riparto dal sogno europeo di cui parlava papa Giovanni Paolo II che riconosceva le diverse identità, le diverse culture, le diverse nazioni. Non penso si possa accusare San Giovanni Paolo II di essere un sovranista, un estremista".

"Il nostro obiettivo - ha continuato -  è essere forza di governo e cambiamento, per portare nuova linfa in Europa. Coi nostri alleati abbiamo valori comuni come controllo dei confini, lotta al terrorismo e agli estremismi".

Da - https://www.repubblica.it/politica/2019/04/08/news/europee_salvini_presentazione_simbolo-223539850/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr&fbclid=IwAR2cHoGt62s07BRpliPnn3atkQe4kRG_5ZcvZtFxP54E0cz_tgsU8sNApcY
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« Risposta #28 inserito:: Aprile 16, 2019, 06:31:50 pm »

"Il mio greco è la lingua veneta", Zaia si racconta su Fb

Pubblicato il: 13/04/2019 18:24

"Il mio greco è la lingua veneta". E' quanto scrive sul suo profilo Fb Luca Zaia, governatore del Veneto da 9 anni. Appassionato di mountain bike, laureato in Veterinaria, iscritto giovanissimo alla Lega Nord, Zaia è nato il 27 marzo 1968 a Conegliano (Treviso) ed è sposato con Raffaella dal 1998. Figlio di Carmela, ultima di undici figli, e Giuseppe, meccanico. "La mia - scrive su Fb - è una famiglia agricola e legata alla terra, a partire da mio nonno Enrico, nato in Brasile nel 1896, emigrato negli Stati Uniti a 19 anni e infine rientrato nel Trevigiano. Dopo il diploma alla Scuola enologica 'Cerletti' (la più antica d’Europa) mi sono iscritto all'università di Udine laureandomi alla Facoltà di medicina veterinaria in Scienze della produzione animale".

IL LAVORO - "L’etica della mia famiglia - scrive Zaia - è sempre stata incardinata nel valore del lavoro. Sono tante le estati che ho trascorso nell’officina di mio padre, ore di attività che mi sono servite per guadagnarmi quelle del divertimento e per imparare la manualità. La prima partita Iva l’ho aperta a diciotto anni per pagarmi gli studi. Anni in cui ho fatto di tutto, perché tutti i lavori sono dignitosi: cameriere, uomo delle pulizie, muratore, docente privato di chimica, istruttore di equitazione, operaio in un’impresa di pellami, pr in discoteca e organizzatore di feste. Dal punto di vista formativo, una tappa essenziale è stato il mio servizio civile ad Altivole (Treviso), portando i pasti ai bisognosi casa per casa, facendo con loro periodi di vacanza, lavorando con gli anziani del paese e con alcuni bambini sofferenti".

LA POLITICA - "Mi sono iscritto - si racconta - giovanissimo alla Lega Nord. Nel 1993 la mia prima campagna elettorale, alle amministrative per il Consiglio comunale di Godega di Sant’Urbano dove sono eletto con 61 preferenze e capogruppo. Nel 1995 sono stato eletto in Consiglio provinciale a Treviso con 3.961 preferenze, e sono diventato assessore all’agricoltura. Nel 1998, con una campagna elettorale in cui la Lega Nord Liga Veneta si è presentata 'solista' sono stato eletto Presidente della Provincia di Treviso, il più giovane d’Italia (rieletto poi nel 2002 con 240.211 preferenze)".

"Nel 2005 sono stato nominato vicepresidente della Regione del Veneto con delega all’agricoltura e al turismo, incarico che ho lasciato nel maggio del 2008 per diventare Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Ho assunto come mio obiettivo di rimettere 'l’azienda agricola italiana' al centro dell’agenda nazionale; di difendere il made in Italy e la biodiversità da un malinteso principio liberista e globalista; di avere tolleranza zero verso le frodi alimentari; di incentivare la tracciabilità dei prodotti; di ridurre il peso della burocrazia sulle aziende agricole".

"Come ministro - continua Zaia - ho firmato il decreto di stop che, per la prima volta, proibiva la coltivazione di un mais OGM in Italia. Mondadori ha pubblicato il mio saggio 'Adottare la terra per non morire di fame' nella collana Strade blu. Nel marzo del 2010 sono stato eletto presidente della Regione del Veneto, votato da oltre il 60% degli elettori, risultando il candidato che in quella tornata elettorale ha ricevuto più voti di tutti in Italia. Alle elezioni del 31 maggio 2015, sono stato riconfermato col record di oltre il 50% dell’elettorato votante (risultando nuovamente il governatore eletto con il numero di voti più alto). Al referendum del 22 ottobre 2017 mi è stato assegnato da oltre 2.300.000 veneti il compito di portare avanti la trattativa col Governo per l’autonomia della nostra regione; un risultato storico, com’è storica la partita che si è aperta per il Veneto".

LE MIE PASSIONI - "Amo lo sport in generale, pratico (per quanto possibile) la corsa, corro in mountain bike, amo il mare. Una mia passione da sempre - sottolinea su Fb - sono i cavalli, la storia e tutto quanto ricorda il passato della mia terra. Ho a cuore la sua lingua, il veneto. A riguardo cito spesso il mio libro preferito, le 'Memorie di Adriano' di Marguerite Yourcenar: 'Ho governato in latino, ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto'. Ecco, il mio greco è la lingua veneta".
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.

Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/04/13/mio-greco-lingua-veneta-zaia-racconta_mlcNym7RfdRMWOavqEVcSN.html
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« Risposta #29 inserito:: Aprile 16, 2019, 07:06:22 pm »

Zaia: "I miei 9 anni alla guida del Veneto"

Pubblicato il: 13/04/2019 15:07

Di Dario Converso

"Il bilancio è positivo. Va considerato che abbiamo preso in mano la Regione nel 2010 in un momento non facile, era appena iniziata la crisi per cui, come diremmo biblicamente, abbiamo dovuto occuparci degli anni delle vacche magre e non delle vacche grasse. Comunque sono stati anche anni entusiasmanti perché ci hanno consentito e permesso di guardare dentro ai processi e alla gestione, di riformare la spesa, di rendere virtuoso questo ente". Cosi in un'intervista all'Adnkronos Luca Zaia traccia un bilancio di nove anni da presidente del Veneto, sottolineando come il momento più bello sia stato il risultato del referendum sull'autonomia.

"Abbiamo pagato tutti i fornitori che era da anni che avanzavano i soldi, due miliari di euro, abbiamo sistemato i conti della sanità, insomma abbiamo fatto un sacco di cose. E soprattutto abbiamo dato il via alla grande stagione delle riforme: la riforma sanitaria, che oggi porta il Veneto ad essere la prima regione in Italia per sanità e molto altro ancora. È stato un grande impegno, l’impegno di una squadra che ha lavorato e si è trovata non poche emergenze -spiega-. Ricordo che ho esordito, ad esempio, con l’alluvione del 2010 quando 235 Comuni sono stati alluvionati con 10.040 famiglie e imprese con l’acqua in casa o in azienda. Abbiamo iniziato con quello per trovarci con il terremoto nel 2012 e, infine, con la tempesta Vaia nel 2018".

"Il mio greco è la lingua veneta", Zaia si racconta su Fb
"Si va avanti sempre con obiettivi sfidanti - sottolinea Zaia - sono stati gli anni dell’autonomia e delle grandi riforme . La riforma della sanità ha permesso di ridurre le aziende sociosanitarie da 21 a 9, ma soprattutto non abbiamo mai applicato l’addizionale Irpef sulla sanità dimostrandoci regione tax free, garantendo che circa un miliardo e 200 milioni di euro ogni anno rimanessero nelle tasche dei Veneti. Abbiamo chiuso accordi per avviare il progetto del nuovo policlinico universitario di Padova e già avviati i lavori per la nuova Cittadella della Salute di Treviso".

"Per quanto riguarda i Pfas - prosegue - abbiamo fatto raggiungere il parametro zero nei livelli dell’acqua, dato il via alla realizzazione del nuovo acquedotto e avviato il più grande screening sanitario della storia d’Italia, nel silenzio colpevole del Governo di centro-sinistra. Abbiamo messo in campo il grande progetto Anas per rifare tutta la viabilità regionale, per quanto riguarda la rete ferroviaria stiamo elettrificando tutto il Cadore ed entro il 2021 abbiamo raggiunto un accordo con Trenitalia per avere tutti treni nuovi".

Il governatore ribadisce quindi che "nonostante la crisi, abbiamo confermato la nostra posizione di Regione italiana con la percentuale più bassa di disoccupati e migliore regione per processi di reinserimento nel mondo del lavoro. Abbiamo investito 400 milioni di euro per portare la Banda Ultra Larga e la connessione veloce a tutte le imprese e le famiglie. Siamo la Regione record nel turismo con 70 milioni di presenze con 17 miliardi di fatturato e lavorato per superare il nostro record. Vorrei solo ricordare che, oltre all’impegno messo in campo per la candidatura alle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, abbiamo ottenuto l’assegnazione dei Mondiali di sci a Cortina 2021".

E sui traguardi di fine mandato il governatore del Veneto spiega che "Gli obiettivi sono sempre quelli della virtuosità, la madre di tutte le battaglie resta l’autonomia. Abbiamo risolto tanti problemi: penso ai temi delle alluvioni, dei grandi cataclismi, ma anche aver sbloccato la pedemontana Veneta, la più grande opera oggi in cantiere in Italia: 2 miliardi 258 milioni di euro per 94,5 km in 36 Comuni ed un totale di 14 caselli. L’abbiamo sbloccata con un’operazione di alta trasparenza, coinvolgendo le istituzioni pubbliche: la Corte dei Conti, l’Avvocatura dello Stato, l’Autorità Nazionale Anticorruzione e nominando, ad esempio, per la Pedemontana, come Commissario il Vice-avvocato Generale dello Stato. E poi la grande sfida dell’autonomia che resta ancora irrisolta, ma per quale continuiamo a lavorare. Ricordo che per l’autonomia 2 milioni 328 mila Veneti sono andati a votare".

Quindi sul cambiamento del Veneto in questi nove anni Zaia sottolinea che "il Veneto resta il Veneto identitario che guarda però sempre più alla modernità, al progresso, alle nuove tecnologie. Siamo passati da un Veneto analogico ad un Veneto digitale in questi nove anni. È un Veneto che nel 2010 non conosceva internet così a fondo, non conosceva i social media, né i social network. Insomma un Veneto che è cambiato molto, che vede anche una nuova generazione affacciarsi, ma mantenendo un proprio profilo identitario. È un Veneto che guarda sempre più alla globalizzazione, mantenendo radici profonde e solide nella sua storia. È un Veneto che ha saputo, durante questi anni di crisi, riammodernarsi, ristrutturarsi, che esce anche dopo questi nove anni con 205.000 azionisti che hanno perso tutto nelle partite della Popolare di Vicenza e della Veneto Banca".

Nove anni di presidenza con momenti belli e brutti che il presidente ricorda così: "Il momento più bello, direi in assoluto, è stato il risultato del referendum perché corona l’impegno di una vita e ho pensato a tutti quei veneti, che hanno sempre sognato questo momento e non ci sono più. I momenti più critici sono stati l’alluvione del 2010 e la tempesta Vaia, che sono stati due catastrofi per la nostra comunità. Per Vaia siamo già in campo con oltre 350 cantieri in avvio, mentre per quanto riguarda l’alluvione del 2010 abbiamo messo in atto un piano idrogeologico con circa mille cantieri in tutta la Regione e 2 miliardi e mezzo di euro per realizzare il Piano D’Alpaos. Interventi grazie ai quali, nonostante l’eccezionalità della tempesta Vaia, i fiumi hanno tenuto".

Quindi sulle sfide da raggiungere prima di fine mandato il presidente del Veneto annuncia che "prima della fine del mandato abbiamo quattro dossier importanti aperti: il primo è la Pedemontana Veneta, con i cantieri da chiudere entro il 31 dicembre 2020, già adesso facciamo la consegna di un primo tratto. Il secondo è il dossier Milano-Cortina: spero proprio che il 24 giugno ci veda premiati ed arrivi la candidatura. Il terzo è un dossier che stiamo seguendo da dieci anni ed è è quello delle Colline del Prosecco Patrimonio dell’Umanità. A luglio a Baku, nell’Azerbaigian, anche qui avremo il verdetto e, quindi, la risposta. E, infine, l’autonomia. Non si può chiudere il mandato senza aver chiuso la partita dell’autonomia, averla impostata e avere già le carte in mano. È una partita laboriosa, complicata, ma servono provvedimenti ufficiali. E spero proprio che prima di chiudere il mandato arrivino".

Un Luca Zaia che proprio pochi giorni fa è risultato per la terza volta di seguito il presidente di regione più amato dai suoi cittadini secondo la classifica de Il Sole 24 Ore e che ovviamente si dice più che "soddisfatto. I sondaggi lasciano il tempo che trovano, ma un elemento credo lo si possa evincere. Penso che questo è un successo che condivido con la mia squadra. Dopo di che spero che i Veneti, sapendo anche che noi governiamo da qualche anno, abbiano apprezzato anche il fatto che si lavora con il cuore. Si cerca di fare il meglio per il Veneto. Si può sbagliare, perché quando si lavora si può anche sbagliare, ma una cosa deve essere chiara: quando diciamo una cosa la facciamo".

È anche per questo il presidente del Veneto assicura di non aver mai avuto la tentazione di tornare a fare il ministro: "Direi decisamente di no. Sono talmente concentrato sulla partita della Regione che non ho neanche tempo di distrazioni, non soltanto eventuali tentazioni a tornare a fare il ministro. L’impegno che abbiamo a livello regionale è un impegno importante ed è soprattutto una responsabilità nei confronti di 5 milioni di Veneti. Ovvio che resta sempre l’amore per l’agricoltura".

Infine, sul suo futuro Zaia spiega: "Sono un fatalista e lo sono sempre stato. Non mi sono mai posto il problema di cosa farò. Sono abituato a guardare la quotidianità e, quindi, a governare come fosse sempre l’ultimo giorno in maniera tale da dare sempre di più".

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  TAG: Luca Zaia, Veneto, governatore, autonomia, indipendenza

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