LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => LEGA & 5STELLE - Il CONTRATTO dopo il 4 marzo 2018. => Discussione aperta da: Arlecchino - Giugno 17, 2018, 08:51:36 pm



Titolo: LA LEGA.
Inserito da: Arlecchino - Giugno 17, 2018, 08:51:36 pm
PROGETTO DEL VIMINALE

Il piano di Salvini per la Libia Nuovo stop alle navi delle Ong
L’Italia offrirà a Tripoli fino a dieci nuove motovedette, tre sono già in consegna
Sarà rinnovato l’impegno per il controllo della frontiera Sud nel Fezzan

Roma
Un piano di rilancio delle intese con la Libia. Con lo stop rinnovato ieri alle Ong (organizzazioni non governative): «Si cerchino altri porti». Matteo Salvini non arretra di un passo, anzi alza la posta. Il ministro dell’Interno avverte le due ong tedesche con bandiera olandese, Lifeline e Seefuchs, giunte al largo delle coste libiche: «Dovranno cercarsi porti non italiani dove dirigersi». «Non hanno mezzi e personale per salvare un gran numero di persone, l’Olanda le faccia rientrare» dice il ministro M5S delle Infrastrutture Danilo Toninelli. «Non sono Ong olandesi nè imbarcazioni registrate in Olanda» contesta la rappresentanza olandese presso la Ue.
Ora dopo ora, la vicenda diventa un crescendo frenetico dentro il governo. Coinvolge il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Deve passare il principio di responsabilità di ogni nazione per le navi di quella bandiera, si dicono i ministri interessati. Palazzo Chigi si farà sentire con il governo di Amsterdam. Un putiferio, insomma. Finora le due ong non hanno imbarcato migranti, il meteo è in peggioramento. Ma un secondo caso Aquarius può arrivare da un giorno all’altro. Così l’esecutivo gioca d’anticipo tra le proteste delle Ong (SeaWatch, Open Arms, Msf, la Lifeline che dà del «fascista» al ministro dell’Interno). Attacca il Pd con David Sassoli e Maurizio Martina, nota Riccardo Magi (Radicali italiani): «Con la violazione sistematica dei diritti umani l’Italia non tornerà ad avere l’autorevolezza necessaria per richiamare gli stati europei a una maggiore condivisione nel governo dei flussi». In questo scenario l’incontro di Salvini in Libia con il presidente Serraj assume un valore politico decisivo. Mancano pochi giorni, i tecnici ministeriali sono in fibrillazione. Nel disegno delle proposte per Tripoli sono in ballo la Marina Militare, l’Esercito, lo Stato maggiore Difesa, i dicasteri degli Affari Esteri e delle Infrastrutture, la Guardia Costiera, i dipartimenti Ps e Libertà civili dell’Interno, la Guardia di Finanza. In campo l’Aise (agenzia informazioni e sicurezza esterna) non solo per la sicurezza del vertice. Lavoro senza sosta anche per l’ambasciatore Giuseppe Perrone: nei giorni scorsi ha visto Serraj e i ministri Taher Siala (Esteri) e Salam Ashur (Interno). Per la prima volta in Libia con Salvini arriva un vicepresidente del Consiglio. L’Italia chiederà il rilancio dei rapporti con Tripoli con la ripresa della collaborazione politica, economica e infrastrutturale verso i libici. Offrirà un aumento delle dotazioni navali per il pattugliamento della Guardia costiera civile e militare di Serraj. C’è l’ipotesi di consegna fino a dieci nuove motovedette, finanziate con fondi europei; altre tre unità navali sono già pronte nel porto tunisino di Biserta in attesa della formazione del personale libico. In fase avanzata il progetto per la sala operativa marittima di Tripoli. Saranno aggiornati gli accordi con le municipalità locali.
E si parlerà dell’impegno nel Fezzan, la regione meridionale al confine con il Niger da dove provengono i flussi più cospicui di migranti. L’idea di un avamposto italiano a Ghat per sostenere i controlli alle frontiere è rimasta al palo per motivi di sicurezza. Ora per fine mese è stato pianificato un sopralluogo. Tra Salvini e Serraj, tra l’altro, c’è una sintesi già ufficiale sulle Ong: «Grazie a Dio alla fine l’Italia si è finalmente svegliata» ha detto l’altro giorno il portavoce della Marina libica, Ayob Amr Ghasem, dopo lo stop all’attracco in un porto italiano dell’Aquarius. Roma chiederà comunque con forza un impegno coerente e costante nel contrasto alle organizzazioni criminali e ai trafficanti. Visti anche i protocolli di intesa tra le autorità giudiziarie locali e la Procura nazionale antimafia guidata da Federico Cafiero De Raho.
Domani al ministero dell’Interno si farà una valutazione dei dossier , il ministro ha chiesto anche di elaborare i fascicoli per la Tunisia e l’Egitto. E al Viminale in mattinata farà visita una delegazione tecnica Ue di rappresentanti del presidente Claude Juncker, del commissario Dimitri Avramopoulos e la direttrice della Dg Home, Paraskevi Michou.
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Marco Ludovico

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180617&startpage=1&displaypages=2


Titolo: Giorgetti ha raccontato cosa è successo realmente alla cena con Parnasi
Inserito da: Arlecchino - Giugno 17, 2018, 09:08:49 pm
Giorgetti ha raccontato cosa è successo realmente alla cena con Parnasi

La 'mente politica del Carroccio' e sottosegretario a Palazzo Chigi in un'intervista al Fatto ha raccontato i dettagli dell'incontro con l'imprenditore romano finito in carcere per l'inchiesta sullo stadio della Roma

16 giugno 2018,09:18


La cena con Luca Parnasi e Luca Lanzalone? “Era un aperitivo… un bicchiere di vino e qualche fetta di salame”. Giancarlo Giorgetti, la ‘mente politica del Carroccio’, finito tra politici vicini ai due personaggi coinvolti nell’inchiesta sulla costruzione del nuovo stadio della Roma (Parnasi, costruttore, in carcere, Lanzalone, ex presidente di Acea, ai domiciliari), in un’intervista a Il Fatto Quotidiano racconta la sua versione dei fatti. Paranasi si vantava di aver fatto il governo a quella ‘cena’.


"Parnasi mi disse che mi doveva presentare una persona, un contatto che mi poteva tornare utile. [Lanzalone] ha lasciato intendere che fosse stato l’avvocato di Grillo".

Giorgetti dice di non sapere quanti soldi Parnasi ha versato alla Lega (250 mila euro, secondo il Fatto) e che la frase di Parnasi che avanzava l’ipotesi di Lanzalone premier è solo un suo “delirio di onnipotenza”. Ma conferma di conoscere Parnasi da 15 anni: "a Roma eravamo vicini di casa".

“Parnasi diceva: ‘Voi mi piacete, vorrei aiutarvi in qualche iniziativa’. Gli ho detto che ne doveva parlare con l’amministratore del partito, Giulio Centemero. Ho scoperto adesso di questa associazione di cui faccio parte. Centemero mi ha detto che è stato fatto tutto in modo regolare.

Tutto quello che è riconducibile ai partiti dovrebbe essere messo in evidenza. Ma se un’associazione ha una personalità giuridica diversa e non appartiene al partito, non può essere tout court ricondotta al partito stesso.

"Non abbiamo fatto niente di male, non vedo perché dovremmo (ridare i soldi indietro a Parnasi). Non arrivano da un’attività illecita. E noi con lo stadio della Roma non c’entriamo niente. […] Sapevamo perfettamente che nel momento in cui si andava al governo, qualche azione di questo tipo sarebbe arrivata. […] Un aperitivo diventa quello che ha costruito il nuovo governo… Questo governo l’hanno voluto più che altro le opposizioni. Fosse stato per la Lega andavamo a votare a luglio e passavamo all’incasso".



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da - agi.it


Titolo: I pm indagano sui fondi di Parnasi alla Lega
Inserito da: Arlecchino - Giugno 17, 2018, 09:18:12 pm
PRIMA PAGINA15 GIUGNO 2018Il Sole 24 Ore
CORRUZIONE

I pm indagano sui fondi di Parnasi alla Lega

Lanzalone si dimette da presidente Acea. Salvini: nessun impatto su governo
Accertamenti sui finanziamenti dell’imprenditore Luca Parnasi alla Lega. I pm capitolini vogliono vederci chiaro nelle erogazioni che sarebbero state fatte verso il Carroccio. L’ultimo finanziamento risale al 14 febbraio scorso: 100mila euro. Al riguardo il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha detto: «Nessun problema per il Governo» e «aspetto che parli chi ne sa più di me: quello che posso dire è che Parnasi, per come l’ho conosciuto, mi è sembrata una brava persona». Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che c’è «massima attenzione del Governo» ma che non c’è «nessun caso Roma ma un caso corruzione sul quale dobbiamo stare attenti». Intanto dagli atti dell’inchiesta emergono nuovi aspetti. È il caso del presunto incontro che ci sarebbe stato il 12 marzo scorso tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, della Lega, l’imprenditore Parnasi e l’avvocato Luca Lanzalone, dimessosi dalla presidenza di Acea dopo essere stato arrestato per corruzione. Lanzalone, espressione del Movimento 5 Stelle, risulta legato a Luigi Di Maio e alla sindaca di Roma Virginia Raggi. Partono domani gli interrogatori di garanzia: saranno ascoltati Parnasi, l’ex assessore regionale del Pd Michele Civita e il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio Adriano Palozzi.

Ivan Cimmarusti pag. 4

Stadio di Roma, faro dei pm sui fondi di Parnasi alla Lega
L’inchiesta. Salvini: «Nessun impatto sul governo». Indagato il sovrintendente Prosperetti A casa del costruttore incontro tra Giorgetti e Lanzalone (ieri dimissionario). Il ruolo di Malagò
roma
Quel finanziamento da 250mila euro all’associazione “Più Voci”, rappresentata dal tesoriere e deputato della Lega, Giulio Centemero, non era l’unico. A meno di un mese dalle scorse consultazioni, l’imprenditore Luca Parnasi – dominus del progetto del Nuovo Stadio della Roma e presunto corruttore di pubblici ufficiali e politici di M5S, Pd e Forza Italia – organizza un nuovo contributo al Carroccio, centomila euro fatti passare attraverso due società a lui riconducibili, tanto che ai suoi collaboratori assicura: «Il Governo lo sto a fare io, eh!».
All’indomani dei nove arresti per sospetti illeciti dietro la costruzione dell’impianto giallorosso a Tor di Valle, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte parla di «massima attenzione del Governo» ma precisa che non esiste un «caso Roma ma un caso corruzione sul quale dobbiamo sempre stare attenti».
I contributi politici
Le verifiche dei pm ora riguarderanno queste elargizioni. D’altronde è stato lo stesso giudice per le indagini preliminari a esprimere un «giudizio di illiceità» sull’operazione dei 250mila euro. Del nuovo finanziamento da 100mila euro l’imprenditore - che oggi sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia nel carcere di Milano dove è stato rinchiuso - parla con Gianluca Talone, suo stretto collaboratore. È il 14 febbraio scorso, alle elezioni manca meno di un mese. Gli inquirenti riassumono negli atti che «Parnasi incarica Talone di eseguire delle operazioni sui conti societari citando alcuni partiti politici quali destinatari di tali movimenti bancari». In questo contesto Parnasi fa riferimento ai 100mila euro «dicendo che sono emesse da Immobiliare Pentepigna srl», società del suo gruppo. Al suo collaboratore dice: «Lega c’abbiamo cento e cento». Si tratta di aspetti che entrano in connessione con un’altra indagine, quella in corso di istruzione alla Procura di Genova, dove si lavora sui finanziamenti al Carroccio. Al riguardo il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha spiegato che non c’è «nessun problema per il Governo». Sulle accuse relative ai finanziamenti ha detto: «Aspetto che parli chi ne sa più di me: quello che posso dire è che Parnasi, per come l’ho conosciuto, mi è sembrata una brava persona».
Il sottosegretario Giorgetti
Secondo gli inquirenti, però, i finanziamenti «rivelano - si legge negli atti - come Parnasi sia in grado di permeare le istituzioni pubbliche». Il riferimento, annotano gli inquirenti, è anche «a un incontro che l’imprenditore ha organizzato il 12 marzo scorso a casa sua tra il parlamentare Giancarlo Giorgetti della Lega Nord e l’avvocato Luca Lanzalone», che dopo l’arresto si è dimesso dalla presidenza della società quotata capitolina Acea. Lanzalone - pura espressione dei vertici del Movimento 5 Stelle, legato a Luigi Di Maio e stretto consulente della sindaca di Roma Virginia Raggi - sarebbe stato corrotto con una tangente da 12mila euro più altri 90mila promessi con consulenze. L’incontro con Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, «assume rilievo - ritengono gli inquirenti - in ragione delle disposizioni impartite da Parnasi ai suoi sodali»: il 15 marzo 2018 Parnasi precisa a Gianluca Talone, suo collaboratore, «che deve essere “precisissimo” nei pagamenti ai partiti politici in quanto: “Il Governo lo sto a fare io, eh! Non so se ti è chiara questa situazione”». Il nome di Giorgetti torna altre volte nell’incartamento. È il caso di un «lavoro» di cui parlano Parnasi e Lanzalone: il 6 giugno scorso l’imprenditore «gli chiede se Luigi Di Maio sa del lavoro fatto con Giancarlo Giorgetti, Lanzalone dice di sì. I due condividono che questa cosa sia stata utile». A quale lavoro facciano riferimento, però, non è specificato. Nella stessa intercettazione, inoltre, «Parnasi continua dicendo che Giorgetti gli avrebbe detto che il contratto (di Governo, ndr) va firmato subito».
Il ruolo di Malagò e Prosperetti
Il nome di Giovanni Malagò, presidente del Coni, risulta nel capitolo d’indagine sullo stadio. Il dirigente parla con Parnasi anche della costruzione del nuovo impianto del Milan e si preoccupa di far incontrare all'imprenditore l’allora ministro dello Sport Luca Lotti. Stando agli inquirenti, lo stesso Malagò avrebbe chiesto e ottenuto da Parnasi di fare un colloquio di lavoro al fidanzato di sua figlia. Nel fascicolo è stato iscritto nel registro degli indagati il sovrintendente Francesco Prosperetti, che si occupò del vincolo sulle tribune dell’ippodromo di Tor di Valle. Per i pm Prosperetti avrebbe rimosso illecitamente quel vincolo su richiesta dell’ex capo segreteria del Mibac Claudio Santini.

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Ivan Cimmarusti



Titolo: LA LEGA.
Inserito da: Arlecchino - Luglio 06, 2018, 04:08:49 pm
Soldi della Lega, ecco i documenti che incastrano Matteo Salvini
Una lettera di diffida. Un file del Senato. E i rendiconti interni al partito.

Pubblichiamo le carte che smentiscono la versione del ministro sullo scandalo che fa tremare il Carroccio

DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE
04 luglio 2018

«È un processo politico, che riguarda fatti di 10 anni fa su soldi che io non ho mai visto». Matteo Salvini si è difeso così dall'accusa di aver beneficiato dei quasi 50 milioni di euro frutto della truffa firmata Bossi e Belsito.
La tesi del ministro è quindi semplice: tutta colpa del vecchio leader, io non c'entro niente. I documenti ottenuti da L’Espresso dimostrano invece che esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore e i suoi successori.

Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati. Il nostro giornale lo aveva già scritto in una lunga inchiesta nell'ottobre 2017. Qui sotto riprendiamo alcuni stralci di quell'articolo e pubblichiamo i documenti che dimostrano quanto da noi ricostruito già dieci mesi fa.

L’attuale leader della Lega e Bobo Maroni hanno utilizzato una parte dei 48 milioni di euro frutto della truffa orchestrata dal Senatur e dall’ex tesoriere. Lo dimostrano le carte del partito tra la fine del 2011 e il 2014 che abbiamo consultato

Per scoprire i retroscena di questo intrigo padano bisogna tornare al 5 aprile del 2012. E tenere a mente le date. Quel giorno, a poche ore dalla perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di via Bellerio, a Milano, Bossi si dimette da segretario del partito. È la prima scossa del terremoto che sconvolgerà gli equilibri interni alla Lega.

A metà maggio diversi giornali scrivono che a essere indagato non è solo il tesoriere Francesco Belsito, ma anche il Senatùr. Il reato ipotizzato è quello di truffa ai danni dello Stato in relazione ai rimborsi elettorali. Il primo di luglio Maroni viene eletto nuovo segretario del partito. E quattro mesi dopo, il 31 ottobre, passa per la prima volta alla cassa. Come certifica un documento inviato dalla ragioneria del Senato alla Procura di Genova, quel giorno l’ex governatore della Lombardia riceve 1,8 milioni di euro. È il rimborso che spetta alla Lega per le elezioni politiche del 2008, quelle vinte da Berlusconi contro Veltroni. Il primo di una lunga serie.

Da questo momento in poi a Maroni verranno intestati parecchi bonifici provenienti dal Parlamento. A fine 2013, cioè al termine del mandato di segretario, Bobo avrà così ricevuto 12,9 milioni di euro in nome della Lega. Tutti rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quando a capo del partito c’era Bossi e a gestire la cassa era Belsito. Insomma, proprio i denari frutto della truffa ai danni dello Stato.

Che cosa cambia quando Salvini subentra a Maroni? Niente, se non le cifre. A metà dicembre del 2013 Matteo viene eletto segretario del partito. L’inchiesta sui rimborsi elettorali intanto va avanti, e a giugno del 2014 arrivano le richieste di rinvio a giudizio: i magistrati chiedono il processo per Bossi. Un mese e mezzo dopo, il 31 luglio, Salvini incassa 820mila euro di rimborsi per le elezioni regionali del 2010. Lo dimostrano i mastrini, i registri contabili del partito che L'Espresso è riuscito a ottenere. Perché allora il segretario della Lega continua a sostenere che lui quei soldi non li ha mai visti? E come poteva non sapere che erano frutto di truffa?

Due mesi dopo aver incassato gli oltre 800 mila euro, Salvini e la Lega si costituiscono infatti parte civile contro i compagni di partito. Si sentono vittime di un imbroglio, di una truffa che ha sfregiato il vessillo padano. E vogliono essere risarciti. La nuova dirigenza è dunque consapevole della provenienza illecita del denaro accumulato sotto la gestione di Bossi. Ma il 27 ottobre, solo venti giorni dopo l’annuncio di costituirsi parte civile, Salvini fa qualcosa che appare in netta contraddizione con quella scelta: ritira altri soldi. Questa volta la somma è piccola, poco meno di 500 euro: l’ultima tranche di rimborso per le elezioni regionali del 2010.

Due giorni dopo l’ultimo prelievo, Salvini riceve persino una lettera (inviata anche al tesoriere Giulio Centemero) dall'allora avvocato di Bossi, Matteo Brigandì. «Ti diffido dallo spendere quanto da te dichiarato corpo del reato», si legge nella missiva con la quale la vecchia guardia lancia un messaggio chiaro al nuovo gruppo dirigente: voi ci accusate di aver rubato quattrini, allora sappiate che i soldi che avete in cassa sono il profitto della truffa, e usarli vuol dire diventare complici del reato.

© Riproduzione riservata 04 luglio 2018

Da - http://espresso.repubblica.it/inchieste/2018/07/04/news/soldi-lega-la-lettera-che-incastra-salvini-1.324561?ref=fbpe


Titolo: PAOLO MANFREDI. PER CAPIRE (E BATTERE) SALVINI STUDIATE GEORGE WALLACE E ...
Inserito da: Arlecchino - Luglio 08, 2018, 05:10:07 pm
PER CAPIRE (E BATTERE) SALVINI STUDIATE GEORGE WALLACE E CERCATE LYNDON JOHNSON
   
PAOLO MANFREDI
1 luglio 2018

A chi volesse comprendere qualcosa in più del presente e dell’ascesa del piccolo Orban in felpa che sovraintende alla nostra sicurezza nei ritagli di tempo di un’infinita campagna elettorale, consiglio di sollevare lo sguardo dal trito paragone con il fascismo e andare più avanti di quarant’anni e molto più a Ovest, fino a Tuscaloosa, Alabama, davanti ad una foto in bianco e nero.

La fotografia scattata l’11 giugno del 1963 vede un piccolo uomo, ex peso gallo di pugilato, ritto davanti alla porta dell’Università dell’Alabama per impedire l’ingresso a due studenti afroamericani, i primi ad essere stati ammessi dopo la desegregazione delle scuole decisa dalla Corte Suprema ben 9 anni prima.

Wallace, che era appena diventato Governatore dell’Alabama pronunciando il famoso “segregazione oggi, segregazione domani, segregazione per sempre”, guarda spavaldo il Viceprocuratore degli Stati Uniti, pronuncia un discorso iperfederalista sui diritti degli Stati contro l’oppressione del Governo federale e poi si sposta per fare passare i due studenti, che non avrebbe in alcun modo potuto veramente fermare.

Lo stand at the schoolhouse door è il paradigma perfetto delle rodomontate del più famoso dei southern demagogues, quei politici del Sud degli Stati Uniti che univano aperto razzismo, convinto populismo, e oratoria fiammeggiante e che sono i veri padri politici di Salvini e di tutta la sua schiatta di imprenditori della paura.

Come per la chiusura dei porti del nostro buon Ministro dell’Interno, lo stand fu per Wallace uno straordinario trampolino per la carriera politica, che culminò nella corsa alle primarie democratiche del 1964 e soprattutto nella corsa da indipendente alle presidenziali del 1968. Nel 1968 Wallace fu un vero fenomeno politico e probabilmente avrebbe preso più del comunque ragguardevole 13,5% dei voti popolari se non avesse scelto come vice un Generale dell’Aviazione americana a cui Kubrick si sarebbe ispirato per il mad bomber de “Il Dottor Stranamore” e che fece naufragare la campagna dichiarando in conferenza stampa che nell’atollo di Bikini dopo i test nucleari i topi erano più grassi e in salute che mai (strano ma vero, i populisti attirano sempre i dementi).

La desegregazione razziale nel Sud degli Stati Uniti era fino agli anni ’60 quello che è per noi l’immigrazione oggi. Visto con l’occhio di Dio e dei liberal americani era un fenomeno storico, doveroso e soprattutto ineluttabile, per i leghisti di allora, elettori di Wallace e simpatizzanti del KKK, era un tentativo di soffocare la libertà degli Stati di fronte allo strapotere del Governo federale e delle élite (c’erano anche allora).

Alla fine quello che era storicamente ineluttabile si realizzò e il proto Salvini perse non solo le elezioni ma anche la sua base elettorale che si sfarinò mentre gli Stati del Sud cambiarono pelle grazie alle riforme che fecero degli afroamericani una base elettorale imprescindibile (alla quale a fine carriera si rivolgerà lo stesso Wallace) e all’aria condizionata che portò nuovi abitanti e cambiò l’economia e la società. Wallace e i suoi accoliti (alcuni dei quali con gli stessi occhi cerulei e l’espressione fanatica del Ministro Fontana) persero però anche politicamente, a dimostrazione che il populismo ha le gambe corte e, se si sa trattare, cortissime.

Il più grande nemico politico di Wallace e dei proto Salvini non fu il patrizio Kennedy, morto troppo presto, ma il suo vice e poi successore Lyndon Johnson.

Kennedy aveva scelto Johnson, senatore texano di lunghissimo corso, come vice per tenere buono il Sud. Johnson andò molto oltre questo ruolo e prima e soprattutto dopo la morte di Kennedy firmò provvedimenti storici e controversi che cambieranno per sempre i diritti civili e i diritti sociali negli Stati Uniti e ne faranno, almeno nella politica interna, uno dei migliori Presidenti della storia americana.

A me Johnson ha sempre ricordato Giolitti.

Come il “ministro della malavita”, Johnson fu molto odiato dai radicali (e certamente a ragione per il disastro in Vietnam che ne stroncò la carriera), al punto da non vedersi riconosciuto il ruolo chiave di leader politico modernizzatore e di padre del riformismo poco glamour e tutta concretezza. Per ambedue la politica era “sangue e merda”, roba per stomaci forti, ma anche strumento fondamentale per accompagnare e accelerare i cambiamenti della società in senso progressista.

Mentre Giolitti fu più calcolatore nelle sostanziali riforme che cambiarono molto della società e della politica italiana (fino a essere travolto dal Fascismo che non riuscì a ingabbiare), per Johnson la componente ideale fu più forte. La politica, anche quella alla House of Cards, e le riforme furono lo strumento per realizzare un disegno populista buono: fare uscire America nera e America bianca povera e rurale dalla miseria civile ed economica offrendo diritti e tutele e cercando di superare una dicotomia montata ad arte dai populisti, che uscirono sconfitti.

Il disastro politico e sociale che fu il 1968 in America e la fine ingloriosa di Johnson non fanno venir meno il senso per il disastrato presente di questo lungo (ma spero non noioso) excursus storico: il populismo si batte un po’ soffocandolo nel suo ridicolo e molto facendo politica, ossia risolvendo i problemi delle persone e accompagnando i cambiamenti perché facciano meno paura anche a chi ha meno strumenti per leggerli.

Smontare la paura vuol dire togliere carburante ai Salvini di turno, che sulle ansie e la rabbia prosperano e per questo al di là delle fanfaronate non hanno alcun interesse ad aumentare la felicità e il benessere.

Smontare la paura oggi in Italia attorno ad un fenomeno ineluttabile ma tragicamente controverso come l’immigrazione, che permette al demagogo Salvini di prosperare oltre i suoi meriti, richiede una leadership e una credibilità politica molto più affini a quelle dell’odiato Johnson che a quelle (inesistenti) del reggente trasparente Martina.

Mai come in questa fase è evidente che avere moralmente e razionalmente ragione in democrazia serve a pochissimo se non si parla alla testa e alla pancia degli elettori e la politica è esattamente l’arte di fare questo con la retorica, i simboli e le idee. Sono gli stessi elementi che utilizzò Johnson nella sua “Guerra alla Povertà” che unì bianchi poveri e neri in una grande visione di civiltà, resa possibile anche dal suo essere stato un maestro nel Texas rurale più povero (dove tornò per firmare una legge sull’educazione primaria universale).

Senza attenzione per le condizioni dei più poveri tra i bianchi, i diritti civili per i neri sarebbero stati un processo ineluttabile ma ancora più lungo e controverso. Similmente, per venire a noi, senza un programma organico di crescita per il Paese che parta dal disinnesco dell’ansia sociale gli imprenditori della paura continueranno a prosperare.

Come si disinnesca l’ansia sociale? Bel tema, certamente troppo complesso per un’articolessa estiva e soprattutto per le competenze del suo autore, comunque sufficientemente presuntuoso per tentare di abbozzarne alcuni punti.

1.     Aver ragione moralmente sull’immigrazione non basta. Le statistiche sulla percentuale (ridicola) di immigrati nel nostro Paese rispetto al Nord Europa non spostano mezzo voto e possono molto meno delle fake news e delle immagini dei richiedenti asilo sparsi nelle piazze dei piccoli centri italiani. Soprattutto, se una cosa non indecente ha fatto Salvini è stato mostrare il visegradismo presente in tutti i Paesi europei. Il cerino dell’immigrazione dal Sud del mondo non si spegne con le foto degli occhioni dei bimbi africani. È una bomba politica per tutte le democrazie e le persone per bene devono saperlo e organizzarsi di conseguenza, dosando il gas dell’apertura e massimizzando l’attenzione all’integrazione, anche attraverso un controllo ferreo al tema negletto della sicurezza. L’alternativa a questo oggi non è Gino Strada, ma Casa Pound.

2.     A pancia piena si è tutti più buoni. Il combinato disposto della crisi economica e di una formidabile campagna mediatica ha contribuito a creare una narrazione del declino così solida da ottundere la razionalità. Non mi riferisco solo al ciarpame dei social network, delle TV del pomeriggio, di Libero (dalla decenza) o di qualche testata che si reinventa salviniana per campare, ma anche alla cosiddetta stampa borghese, Corriere in primis, che in odio a Renzi ha pavimentato la strada a Salvini. È necessario che i buoni facciano lavorare il cervellino per immaginarsi una nuova narrazione della crescita, fatta di tecnologia, impresa e lavoro e magari di un po’ di animal spirit liberati e che utilizzi modalità di comunicazione nuove e se possibile meno corrotte. Certamente non è cosa facile ma almeno qui abbiamo un vantaggio: Salvini, come il clown di IT si nutre di paure e sfighe e se si racconta in modo credibile dello sviluppo e del lavoro che l’Italia già esprime e ancor più potrebbe esprimere, non sa che dire. La prosperità è la kriptonite dei populisti.

3.     Il Villaggio Globale deve stare un po’ in soffitta. Dagli anni ’90 la modernità delle leadership progressiste e democratiche si è incarnata quasi sempre in diverse versioni del governo dei processi di globalizzazione, considerati tanto ineluttabili quanto positivi. Oggi questa idea è in crisi come le stesse leadership progressiste e democratiche. L’alternativa a Visegrad non è e non può essere il modello Google, il passato di verdure apolide senza cultura e senza identità. Serve una versione democratica dell’interesse nazionale da spendersi in Europa e dell’interesse locale da spendersi in Italia, una generazione Erasmus che torna a Matera e lavora per fare crescere il proprio territorio e la propria cultura come provincia non provinciale, società aperte ma con un senso d’identità e di interesse, senza il quale vincono le felpe Made in China di Salvini.

4.     Identità nuove per leader nuovi. Ingloriosamente tramontato un promettente Giolitti come Matteo Renzi, oggi la questione della leadership del campo progressista si pone come un tema tanto fondamentale quanto lungi dal risolversi. Personalmente considero i due candidati più accreditati, Maurizio Martina e Nicola Zingaretti, profondamente inadatti per standing personale, capacità di leadership, curriculum e soprattutto visione del futuro, accomunati come sono da una non sopita nostalgia dei DS e delle tavolate dell’Ulivo. Ottime persone, per la carità, ma polli di batteria del PCI-PDS-DS e convinti che il richiamo alla sinistra valga elettoralmente e politicamente qualcosa in questo Paese e da lungi non è più così. Nuovi leader potranno uscire solo dalla frontiera del lavoro e della produzione e dal governo dei territori e speriamo non si perda troppo tempo dietro a questioni, nomi e sigle di nessuna rilevanza.

Se ci si mette a lavorare sono convinto che la minaccia di Salvini di governare quasi quanto Francisco Franco potrà almeno essere decisamente contrastata e speriamo che il ridicolo faccia la sua parte.

A proposito di ridicolo non ho parlato di Di Maio, semplicemente perché non c’è nulla da dire, a parte rimarcare la pervicacia con cui il Nostro dice quello che l’interlocutore vuole sentirsi dire. A tale proposito si vocifera che dietro la sua scrivania di Ministro dello Sviluppo economico sia appeso un poster che recita a caratteri cubitali questa massima di Marx (Groucho): “Questi sono i miei principi, e se non ti piacciono… beh, ne ho altri.”

Da - https://www.glistatigenerali.com/governo_intelligence/per-capire-e-battere-salvini-studiate-george-wallace-e-cercate-lyndon-johnson/


Titolo: LA LETTERA Un pilota ai comandi c’è. - Di Matteo Salvini, vicepremier e ministro
Inserito da: Arlecchino - Luglio 16, 2018, 10:54:22 am
LA LETTERA
Un pilota ai comandi c’è

Il vicepremier e ministro dell’Interno risponde all'editoriale di Antonio Polito sul Corriere della Sera

Di Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’Interno

Caro direttore,
prendo punto dall’editoriale di ieri firmato da Antonio Polito per spiegare brevemente quanto abbiamo fatto e quello che vogliamo fare a proposito di immigrazione e non solo. Sono al Viminale da un mese e mezzo e sono sbarcate 3.716 persone. Nello stesso periodo dell’anno scorso erano state 31.421.

Polito sostiene che il sottoscritto abbia subìto «il primo smacco della campagna d’estate» nell’affaire della nave Diciotti. Non sono d’accordo: in un primo momento due immigrati sono stati indagati e tutti gli altri interrogati. D’altronde, le violenze a bordo non sono tollerabili. Per questo avevo chiesto l’immediato accertamento delle responsabilità. E ieri sono scattati dei fermi.

Avrei preferito delle misure più severe fin da subito? Certo. Ma non dipendevano, come è noto, dal ministro dell’Interno. Di sicuro non siamo più un Paese colabrodo. Lo stesso Polito mi riconosce «l’indiscutibile merito» di aver scosso l’ipocrisia europea. L’ultimo risultato sono i cento immigrati che volevano arrivare in Sicilia e che Francia e Malta hanno accettato di accogliere. Non era mai successo. Eppure non mi basta: voglio invertire la rotta rispetto ai disastrosi anni del Pd. Come?

Le Commissioni territoriali (quelle che devono riconoscere o meno la protezione internazionale) hanno 250 funzionari in più. Entro fine anno ne arriveranno almeno altri 170. E useremo fondi europei per tagliare la burocrazia. Risultato: sarà più veloce identificare gli immigrati. Da una parte quelli che devono essere accolti, dall’altra i clandestini. Sempre a questo proposito, abbiamo emanato una direttiva per dare criteri più stringenti per la concessione della cosiddetta «protezione umanitaria». È una anomalia italiana. Sulle nostre coste si sono contati 650mila arrivi e ora si registrano oltre 130mila pratiche pendenti: vanno smaltite in fretta. Non solo. Entro l’anno saranno attivati i nuovi centri permanenti per i rimpatri, come scritto nel contratto di governo. L’obiettivo finale è averne almeno uno per regione.

Anticipo che intensificheremo il monitoraggio sui centri di accoglienza: chiuderemo quelli con i gestori coinvolti in inchieste giudiziarie. E proprio per tenere alla larga i furbetti, ridurremo le spese per l’accoglienza. Lo faremo in collaborazione con l’Autorità nazionale anticorruzione. Nessun intento disumano: semplicemente, vogliamo uniformarci ad altri Paesi europei e togliere ossigeno a chi utilizza l’immigrazione come business. Da 35 euro al giorno per immigrato scenderemo a circa 25 — senza ridurre i servizi — con un risparmio di 500 milioni l’anno e che investiremo in sicurezza.

Polito sostiene che non si parla di espulsioni. Forse non se ne parla abbastanza, ma ci sto lavorando dal primo giorno. L’obiettivo a medio termine è aumentare i rimpatri volontari assistiti, tanto che il 16 luglio sarà sottoscritto con la Commissione europea il primo progetto da 6 milioni. A breve ne seguiranno altri tre. Proprio per moltiplicare le espulsioni e bloccare le partenze (e quindi evitare i morti in mare) abbiamo un piano di aiuti. In particolare per la Libia. Nei prossimi mesi intendo incontrare i leader di tutti i Paesi del NordAfrica per avviare (o rinforzare) gli accordi bilaterali. E a Bruxelles abbiamo già sollevato il tema della revisione della missione internazionale Sophia, quella che si occupa della vigilanza del Mediterraneo. Non sono le solite chiacchiere: ci sarà una riunione ufficiale, il 18 luglio. L’Italia non può più essere il campo profughi dell’Europa. E visto che vogliamo parlare di risultati, mi fa piacere ricordare la direttiva sulle spiagge sicure: per la prima volta gli enti locali avranno dei fondi per fronteggiare commercio abusivo e illegalità. Soprattutto, anticipo l’intenzione di presentare un «Decreto Sicurezza» che, tra le altre cose, affronterà il tema dei cosiddetti profughi-vacanzieri. Parliamo degli stranieri che scappano dal loro Paese ma vi tornano per le ferie (eppure gli abbiamo concesso la protezione: è normale?!).

Attenzione. Il ministro dell’Interno non può e non deve occuparsi solo di immigrazione. Il mio principale obiettivo è la lotta senza quartiere alla grande criminalità organizzata. Per questo passerò il Ferragosto in Calabria, con il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Per Polito, qualcuno si chiede «se c’è un pilota ai comandi». Dato che c’è una rotta chiara, mi pare proprio di sì. I cittadini, poi, giudicheranno la qualità delle scelte.

Cordialmente

15 luglio 2018 (modifica il 15 luglio 2018 | 08:46)
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Da - https://www.corriere.it/politica/18_luglio_14/pilota-comandi-c-e-0e47959a-87a4-11e8-bfdc-8bbc13b64da8.shtml


Titolo: Decreto flussi «allargato», stop di Salvini
Inserito da: Arlecchino - Agosto 01, 2018, 05:12:39 pm
VICEPREMIER AL SENATO

Decreto flussi «allargato», stop di Salvini
In arrivo «entro l’estate» un decreto sicurezza.
Polemica con «Famiglia cristiana»

ROMA
Un «no» ribadito più volte «a ogni regolarizzazione». Matteo Salvini ieri nell’audizione programmatica al Senato snocciola i suoi obiettivi: la politica sui migranti resta la priorità strategica. Si profila un decreto legge «entro l’estate»: prima della pausa di agosto (meno probabile) o a settembre (più probabile). Nel corso dell’audizione e delle domande dei parlamentari emerge più volte il tema di una sanatoria per gli immigrati irregolari: Salvini ripete e conferma la sua contrarietà, poi rammenta la validità «di un decreto flussi per 30mila persone previsto per il 2018». Non altro, dunque.
Di fatto un terzo della sua relazione letta ieri a palazzo Madama è dedicata all’immigrazione. A partire dai probabili punti di intervento nel prossimo decreto o disegno di legge (il tipo di normativa deve ancora essere deciso). Ci sarà un a norma di revisione della protezione umanitaria «oggi beneficio maggiormente concesso dal sistema nazionale» anche se «dovrebbe essere di carattere residuale». Nell’ultimo quinquennio, ricorda il ministro, «solo il 7% dei richiedenti asilo ottiene il riconoscimento dello status di rifugiato» e va aggiunto «un ulteriore 15%» per la protezione sussidiaria»: una quota comunque «minoritaria» sottolinea Salvini «rispetto al 28%» di permessi per motivi umanitari.
Nel «pacchetto sicurezza» il ministro dell’Interno vuole inserire anche norme per ampliare il numero di reati in grado di sospendere la domanda di asilo: «Oggi vale per lo stupro aggravato ma, è incredibile, non per quello senza aggravante. Demenziale». La questione andrà concertata con il collega alla Giustizia, Alfonso Bonafede; in generale il provvedimento «coinvolge cinque o sei ministeri». Rimane il fatto che gli sbarchi di migranti vanno verso i minimi termini: «A partire dal 1° giugno 2018 - rileva il vicepresidente del Consiglio - sono sbarcati a oggi 4.677 migranti a fronte di 34.220 nello stesso periodo dell’anno scorso con una riduzione pari a -86%».
Il ministro rilancia sui Cpr (centri per i rimpatri): oggi sono attivi a Torino, Roma, Bari, Brindisi, Palazzo San Gervasio (Pz) e Caltanissetta per circa 880 posti ma entro l’anno saranno «riattivati nuovi centri per circa 400 posti» a Macomer (Nu), Modena, Gradisca d’Isonzo e Milano. Salvini ieri ha incassato anche l’ok della Camera dei deputati al decreto sulle motovedette alla Libia con 266 sì e quattro no (Leu e +Europa).
Ma la copertina di Famiglia di Cristiana ha sollevato una bufera politica. «Vade retro Salvini» il titolo del settimanale cattolico. «Pessimo gusto» replica il titolare del Viminale. Il periodico sottolinea l’impegno della Chiesa «contro certi toni sprezzanti e non evangelici». Attacca l’ex segretario Ps Matteo Renzi: « Se in campagna elettorale - twitta - mostri in modo strumentale il rosario, se fai la battaglia per il crocifisso nelle sale pubbliche, non hai diritto di arrabbiarti per una copertina di Famiglia Cristiana». Il presidente della Camera, Roberto Fico, liquida la questione con una battuta: «Non commento copertine». Il vicepresidente Pd a Montecitorio, Ettore Rosato, sostiene che di rado il giornale cattolico interviene così vistosamente e, «se lo fa, la decenza è superata».
Ieri Salvini ha incontrato il sindaco di Roma Virginia Raggi: uno dei punti di maggior attenzione è la chiusura dei campi rom. «Non sarà la corte europea di Strasburgo a bloccare il ripristino della legalità» afferma il ministro e annuncia di aver «chiesto al Comune di proseguire sulla via tracciata. Ho messo a disposizione la forza pubblica». Ieri infine a Bruxelles al Coreper (comitato rappresentanti permanenti) è cominciato l’esame della proposta della Commissione sui centri di transito e le piattaforme di sbarco: sarebbero stati considerati «una buona base di partenza».

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Marco Ludovico

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180726&startpage=1&displaypages=2


Titolo: Giorgetti teme un attacco dei fondi speculativi all'Italia a fine agosto
Inserito da: Arlecchino - Agosto 14, 2018, 10:42:49 am
Giorgetti teme un attacco dei fondi speculativi all'Italia a fine agosto
Dice a Libero il sottosegretario leghista alla Presidenza del Consiglio: "Abbiamo visto cos'è accaduto a fine agosto nel '92 e sette anni fa con Berlusconi".

12 agosto 2018, 10:51
 
GIANCARLO GIORGETTI FONDI SPECULATIVI

"A fine agosto i fondi speculativi ci aggrediranno, può accadere quello che è successo a Berlusconi sette anni fa. E l'opposizione, in crisi, farà di tutto per saltarci addosso". È L'allarme che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti affida alle colonne di Libero nella convinzione che "L'Europa e le èlite temono questo governo" legastellato. Giorgetti si dice "preoccupato il giusto. L'attacco - spiega - io me lo aspetto, i mercati sono popolati da affamati fondi speculativi che scelgono le loro prede e agiscono. Abbiamo visto cos'è accaduto a fine agosto nel '92 e sette anni fa con Berlusconi. In estate ci sono pochi movimenti nelle Borse, è un periodo propedeutico a iniziative aggressive nei confronti degli Stati, guardi la Turchia". Ma "se arriva il temporale, apriremo l'ombrello. L'Italia - ricorda Giorgetti - è un grande Paese e ha le risorse per reggere, anche grazie al suo grande risparmio privato. Quello che mi preoccupa è che, nel silenzio generale, gran parte del risparmio italiano è stato portato all'estero e quindi la gestione dei nostri titoli non è domestica".

Quindi l'Italia è alla mercè del fuoco straniero? "Gliel'ho detto, il governo populista non è tollerato. La Ue teme che, se funziona in Italia, altri Paesi possano imitarci”.

Il governo gialloverde "Durerà finché converrà agli italiani", certo è che "A Lega e M5s converrebbe tornare al voto subito, incassare il consenso e annientare Pd e Forza Italia, ma noi lavoriamo nell'interesse del Paese, non delle nostre botteghe, per questo credo che l'orizzonte non sarà di breve termine. L'accordo è saldo e ne abbiamo dato prova: M5s ci è venuto dietro sull'immigrazione e noi abbiamo tenuto duro sul decreto dignità", sottolinea Giorgetti.

A minacciare il destino dell'esecutivo c'è solo "l'imponderabile, qualche atto o situazione improvvisa alla quale non sappiamo reagire. Poteva accadere sull'immigrazione, se Salvini non avesse tirato fuori l'asso nella manica. È una situazione incredibilmente nuova. Basti pensare che all'inizio tutti erano convinti che la debolezza del governo sarebbe stata la politica estera, che invece si è rivelata il nostro punto di forza". Di qui l'allarme sugli attacchi speculativi esteri e la già sperimentata impennata dello spread.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/giorgetti_fondi_specultativi_giorgetti-4261669/news/2018-08-12/


Titolo: Perché, secondo Giorgetti, "il Parlamento non conta più nulla"
Inserito da: Arlecchino - Agosto 21, 2018, 01:32:06 pm
Perché, secondo Giorgetti, "il Parlamento non conta più nulla"

Di Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev - Agi | 20 agosto 2018, 16:34

"Il Parlamento non conta assolutamente più nulla, perché non è più sentito dai cittadini elettori, che vedono nel parlamento il luogo dell'inconcludenza della politica". Lo ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, al meeting di Rimini.

"Se continuiamo, come un feticcio, a difendere questo modo della democrazia rappresentativa sbagliamo, non facciamo nemmeno bene alla democrazia. Oggi dobbiamo chiedere se c'è partecipazione? Sì, c'è partecipazione. Non possiamo dire che la gente non partecipa; partecipa fin troppo e risolve la partecipazione politica con un like; è una partecipazione superficiale, ma c'è e si basa su quella che oggi è una valanga informativa", ha proseguito, "c'è più informazione e più disinformazione. Mentre una volta c'erano i vecchi libri eravamo costretti a informarci leggendo quei libri, approfondendo e riflettendo, oggi tutto questo diluvio di informazione passa e va, dopo tre o quattro giorni il caso viene espulso e si comincia a parlare di altro. Non vorrei che succedesse anche per Genova, ma già abbiamo qualche segnale in proposito".

Da - https://www.agi.it/video/perch_secondo_giorgetti_il_parlamento_non_conta_pi_nulla-4288706/video/2018-08-20/


Titolo: Giorgetti alla Festa del Fatto: “Fondi Lega? Se il Riesame ci condanna, il ...
Inserito da: Arlecchino - Settembre 02, 2018, 11:19:15 pm
Giorgetti alla Festa del Fatto: “Fondi Lega? Se il Riesame ci condanna, il partito chiude. Diciotti? C’è un problema con la Guardia costiera, di solito i militari rispondono agli ordini”

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, intervistato da Peter Gomez dal palco della Versiliana, ha parlato della sentenza attesa dopo il 5 settembre che deciderà sui conti leghisti.

E sul caso della nave italiana bloccata a Catania con 150 migranti a bordo: "E' un avvenimento che resta da chiarire".

Sulla promessa di Salvini dei 500mila respingimenti? "L'ha sparata grossa". Ha poi annunciato che a breve sarà presentato il ddl Anticorruzione in consiglio dei ministri

Di F. Q. | 31 agosto 2018

 “La sentenza sui fondi della Lega? Se il tribunale del Riesame conferma la condanna, il 6 settembre il partito chiude”. Quindi i problemi con la Guardia costiera che sul caso Diciotti non ha rispettato gli ordini, ma anche le promesse di Matteo Salvini che sui 500mila respingimenti “l’ha sparata grossa”. Infine l’annuncio della presentazione del ddl Anticorruzione in consiglio dei ministri “forse già la prossima settimana”. Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è intervenuto dal palco della Festa del Fatto Quotidiano in Versiliana. E intervistato dal direttore Peter Gomez per “La Confessione” ha affrontato tutti i temi caldi sul tavolo del governo Lega-M5s al rientro dalle vacanze estive. A partire dalla sentenza attesa dopo il 5 settembre, quando il Tribunale del riesame di Genova si esprimerà sul sequestro dei conti leghisti dopo la condanna per truffa ai danni dello Stato di Umberto Bossi e Francesco Belsito. Una data non ancora stabilita (potrebbe il tribunale prendersi qualche giorno per decidere) che, secondo alcune ricostruzioni di stampa, potrebbe far saltare l’esecutivo e riaprire la strada all’ipotesi elezioni anticipate. Giorgetti, rispondendo alle domande del direttore de ilfattoquotidiano.it, ha spiegato perché il Carroccio contesta l’eventuale intervento della magistratura: “Avrebbe una conseguenza definitiva, la chiusura del partito, senza che quel processo sia finito. Se tutti i futuri proventi che arrivano alla Lega vengono sequestrati, è evidente a quel punto che il partito non può più esistere, perchè non ha più soldi. E’ ovvio che se il 6 i giudici decidono cosi, noi siamo finiti. Arrivasse dopo una sentenza della Cassazione io non avrei niente da dire”. Maglietta maniche corte e toni informali, Giorgetti è l’uomo che più di tutti dall’avvio della legislatura ha tessuto le trame della nuove alleanza tra Carroccio e 5 stelle. E, intervistato da Gomez, pur avendo negato di essere il Gianni Letta del governo gialloverde o il nuovo Richelieu, ha smentito ipotesi di crisi o elezioni anticipate. “Se la Lega avesse voluto staccare la spina”, ha chiuso, “il giorno dell’avviso di garanzia a Salvini nell’ambito dell’indagine sulla Diciotti avremmo avuto un buon motivo. Non lo abbiamo fatto, abbiamo cinque anni davanti per salvare il Paese dal disastro”.

“Diciotti? C’è un problema con la Guardia costiera, di solito militari rispettano gli ordini”
Durante l’intervista per la Confessione, Giorgetti ha parlato a lungo del caso della nave Diciotti e della decisione del governo, la settimana scorsa, di tenerla bloccata nel porto di Catania con 150 migranti a bordo. “In questo caso era coinvolta la Guardia costiera italiana, non una ong”, ha detto Gomez. “Ha ragione”, è stata la replica del sottosegretario leghista. “Siccome l’Italia è stato sovrano, resta da spiegare come sia possibile che la nave Diciotti sia entrata in acque maltesi visto che di solito i militari rispondono agli ordini”. “Quindi lei non ha capito perché hanno agito in questo modo?”, ha continuato Gomez. “No, mi risulta che le autorità maltesi abbiano protestato per questo sconfinamento. E’ un avvenimento che resta da chiarire. Il povero Toninelli si sta chiedendo questo e molte altre cose su come funziona la catena di comando”. Quindi, alla domanda del direttore Gomez, “abbiamo dei problemi allo stato attuale con la Guardia costiera?” “Sì”, è stata la risposta. “Tanto è vero che questo è un governo di cambiamento che vuole cambiare le cose anche su questo”. Giorgetti ha anche parlato dell’indagine della procura di Agrigento sul ministro dell’Interno, l’inchiesta che ipotizza cinque reati tra i quali il sequestro di persona: “Io credo che il magistrato volesse in qualche modo indagarlo. E a Salvini non dispiacesse essere indagato”. Quindi, ha commentato ridendo: “Ora sono contenti sia Salvini che il magistrato“.

“Salvini? Sa quando deve frenare. Ma sui 500mila respingimenti l’ha sparata grossa”
Il sottosegretario leghista ha quindi parlato del leader del Carroccio e di questi primi mesi al governo con i 5 stelle. “C’è un pericolo che la gente si stanchi dal suo continuo rilanciare?”, ha chiesto Gomez. “Sì c’è”, ha risposto. “Per guidare bene un’auto di Formula 1, bisogna sapere anche frenare, non solo accelerare, se no vai fuori strada alla prima curva. Anche la politica è così. Salvini sa tenersi tarato sulla pancia dell’elettorato, confido quindi che quando sentirà che la pancia dell’elettorato gli segnalerà che è il momento di frenare, frenerà”. A questo proposito, nel merito dei 500mila respingimenti promessi in campagna elettorale da parte del segretario: “L’ha sparata grossa”, ha commentato. “Mi accontenterei che non arrivassero più”.

“Non abbiamo le risorse per inglobare Forza Italia”
Per il Carroccio rimane sempre aperta la questione del rapporto con gli ex alleati di Forza Italia, un fronte caldo che potrebbe riaprirsi anche in vista delle Europee. “Se portiamo via elettori a Forza Italia, o ad altri partiti, non è colpa nostra, ma loro”, ha detto Giorgetti. Che ha però anche aggiunto: “Non abbiamo risorse per inglobare Forza Italia. Ma le idee di Salvini sono più attraenti di quelle di Tajani. Il fatto che la Lega cresca e gli altri diminuiscano crea di fatto la Lega come partito di riferimento del centrodestra, anche se secondo me non esistono più le categorie centrodestra e centrosinistra. Se portiamo via elettori, non è colpa nostra, ma colpa loro”. Giorgetti ha dato quindi una visione ottimista sul futuro del governo, dicendo che lui e Conte sorridono alle ricostruzioni sugli scontri interni tra i due partiti: “L’unico problema per metterli d’accordo”, ha tagliato corto Giorgetti, “è trovarli insieme. Uno sta in Cina, l’altro in diretta Facebook. Quando riesci a trovare un giorno per chiuderli un’ora in una stanza con il presidente Conte l’esperienza dice che le soluzioni si trovano. A settembre hanno finito di fare i loro giri e troveremo le soluzioni”. Insomma, ha chiuso con una battuta: “Pd e Forza Italia non riescono a portare avanti idee di nessun tipo, l’opposizione non esiste. Facciamo tutto noi: il governo e l’opposizione. Ogni tanto litighiamo per dare soddisfazione alla gente”.

“Autostrade? Il primo obiettivo è la revoca della concessione. Dubito Anas abbia le strutture tecniche”
Tra i dossier più importanti in discussione sul tavolo del governo in autunno ci sarà sicuramente quello di Autostrade, dopo la tragedia del crollo del ponte di Genova. “Il primo obiettivo”, ha detto Giorgetti, “è la revoca della concessione alla società Autostrade, poi discuteremo politicamente come procedere”, ma “la responsabilità di Autostrade appare evidente, e la vedo difficile pensarla diversamente”. Giorgetti ha però anche precisato: “Io dico rimettiamo a gara la concessione. Poi chi partecipa vince. Non esiste la regola aurea meglio il privato o il pubblico”. Dopo “ci sono due possibilità: decidere di fare le cose in casa e nazionalizzare e utilizzare Anas o non so bene cos’altro per gestire le autostrade. Dubito però che Anas abbia le strutture tecniche” adeguate in questo momento. La seconda possibilità e’ fare “una nuova gara con modalità diverse su tariffe e manutenzione”.

Quindi Gomez ha chiesto come mai è stato votato in Aula nel 2008, anche con i voti a favore del Carroccio, il cosiddetto “salva Benetton”: “Quel decreto nasce dal governo precedente. E’ stato poi ereditato da quello successivo e venduto come un accordo che permetteva di rilanciare e fare ulteriori tratte. Io non c’ero, ma se ci fossi stato, l’avrei votato perché la Lega” nel 2008 “aveva un vincolo di maggioranza. E’ stata un’operazione di clamoroso lobbismo“.

“Non siamo soddisfatti di come sta andando l’economia. Sforare il 3 per cento? Sì, se necessario”
Il rientro dei lavori in Parlamento, significherà anche tra le altre cose, discussione sulla prossima manovra finanziaria. “Quello che è certo è che non siamo assolutamente soddisfatti di come sta andando l’economia”, ha detto Giorgetti. “Abbiamo ambizione, qualcuno dirà la temerarietà, di portare l’Italia a un tasso di sviluppo sopra il 2-3%. Soltanto con lo sviluppo dell’economia si può affrontare il rilancio dello Stato”. Quindi si prende in considerazione l’ipotesi di sforare il limite del rapporto deficit pil al 3 per cento? “Se è necessario per mettere in sicurezza il Paese, anche sì. Credo che sia interesse anche dell’Europa”. Infine sulla pace fiscale, una delle proposte centrali del programma del Carroccio, ha assicurato: “Non ci sarà senza una seria lotta all’evasione”.

“Salvini permaloso. Bossi? Per lui ero troppo buono, ora sono troppo cattivo”
Nel corso de la Confessione, Giorgetti ha parlato anche dei colleghi del partito e dei rapporti costruiti nel corso degli anni. Qual è un difetto di Salvini?, gli ha chiesto Gomez. “Bisogna stare attenti a come si fanno le critiche. Ci sono delle tattiche per fargliele arrivare”. Quindi il leader del Carroccio è permaloso? ”Sì”, ha chiuso il sottosegretario. Per quanto riguarda Umberto Bossi invece, ha detto: “Mi ha insegnato tutto in politica e mi diceva che ero troppo buono per fare politica, forse ora sono diventato troppo cattivo…”. Infine, Gomez ha fatto una domanda anche sul rapporto tra Giancarlo Giorgetti e Gianpiero Fiorani, l’ex banchiere della Banca popolare di Lodi che nel 2004 si presentò nel suo ufficio con 100mila euro in contanti: lui li rifiutò senza denunciare. “Sapevo che c’erano soldi dentro il pacco”, ha chiuso Giorgetti. “Ma avevamo un rapporto tale che non sapevo quali fossero le sue intenzioni. Era un reato oppure no? Non lo so”.


Di F. Q. | 31 agosto 2018


Titolo: Dalla sentenza sui fondi alla manovra, le prossime mosse di Salvini
Inserito da: Arlecchino - Settembre 05, 2018, 11:58:35 am
Dalla sentenza sui fondi alla manovra, le prossime mosse di Salvini
Il vicepremier abbassa i toni sui conti pubblici per evitare scontri con Bruxelles e reazioni dei mercati. Ma se il riesame deciderà il sequestro dei conti correnti del partito, porterà la battaglia fino a Strasburgo

   Di GIOVANNI LAMBERTI
03 settembre 2018, 22:33

La prima idea era di lasciare solo il nome 'Lega' ma poi la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici ha avvertito i vertici del Carroccio che la dicitura era confondibile con quella della Lega nord. Per questo motivo, riferiscono fonti parlamentari, si punterà su 'Lega per Salvini premier'. Niente congresso elettivo, si metterà semplicemente ordine riguardo alle associazioni legate al partito, da nord a sud. Ma il partito di via Bellerio non chiuderà. Anche se mercoledì la decisione del riesame sulla richiesta di bloccare i conti correnti del partito fino alla quota di 49 milioni di euro dovesse essere negativa, l'intenzione di Salvini è quella di continuare la battaglia. Nei tribunali, puntando fino alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo.


"Non potranno toccare nulla", assicura un deputato della Lega. In ogni caso il Carroccio, dando seguito al corso 'La Lega per Salvini premier', potrebbe comunque far ricadere la colpa sui magistrati sul blocco dei fondi. "Il nome non si tocca. Lascio al Pd le assemblee su nome e simbolo. La gente mi parla di asili, tasse e sicurezza", ha spiegato oggi Salvini.

L'obiettivo comunque non è creare un partito unico. Il vicepremier riprenderà a stretto giro il filo del dialogo con Berlusconi. Oggi a Viterbo ha incrociato il vicepresidente di FI, Tajani. Gli ha riferito di voler sentire presto al telefono il Cavaliere. Nell'agenda di Salvini c'è soprattutto la prossima manovra. Domani riunirà gli 'sherpa' economici della Lega (l'incontro dovrebbe tenersi al Viminale) per mettere a punto il pacchetto delle proposte per la prossima legge di bilancio. Ha chiesto a parlamentari, ministri e sottosegretari di preparare dei dossier. E nel frattempo ha deciso di abbassare i toni con l'Unione europea.

Più cautela con Bruxelles
La preoccupazione della Lega è legata sempre alle fibrillazioni dei mercati, all'innalzamento dello spread. Da qui la decisione di evitare uno scontro con Bruxelles, tenendo comunque la barra dritta sul programma siglato con M5s. "Sarà - ha spiegato il ministro dell'Interno - una manovra rispettosa di tutte le regole e che farà pagare meno tasse agli italiani". La linea, riferiscono fonti parlamentari del Carroccio, ora è quella di inviare messaggi rassicuranti ai cittadini ma anche al sistema-Paese. "Ho detto 'sfioreremo', non 'sforeremo', una 'i' fa tutta la differenza del mondo - ha chiarito Salvini riferendosi alle affermazioni di ieri -. Noi vogliamo rimanere sotto il limite imposto dall'Europa facendo tutto quello che gli italiani ci chiedono di fare".

Il primo confronto all'interno del governo c'è stato oggi a palazzo Chigi, alla presenza del ministro dell'Economia Tria. La riunione del Cdm (non c'erano né il premier Conte, né il vicepremier Di Maio) è durata pochi minuti, poi si e' fatto il punto sulle misure da adottare dopo il crollo del ponte Morandi, sul ddl anticorruzione, sulla Libia.

Mercoledì dovrebbe tenersi un vertice di maggioranza: sarà quella la prima occasione per cercare una sintesi con i 5 stelle sulla legge di bilancio. "Sulla manovra - dice uno dei big della Lega - dovremmo parlare ad una sola voce, evitando contrapposizioni con il Movimento 5 stelle". Ma al momento le priorità sono diverse: la Lega punta sulla flat tax e su un intervento sulla Fornero mentre i pentastellati chiedono un taglio sulle pensioni d'oro e insistono sul reddito di cittadinanza.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/blog-italia/punto-politico/lega_salvini_nome_manovra_fondi-4340099/post/2018-09-03/


Titolo: C'è qualche crepa nell'internazionale sovranista di Bannon e Salvini
Inserito da: Arlecchino - Settembre 12, 2018, 05:11:11 pm
C'è qualche crepa nell'internazionale sovranista di Bannon e Salvini
Ottime prospettive per le elezioni europee, il Nordeuropea è già stato conquistato. Ma il disegno dell'ex consigliere di Trump non sfonda in Germania

Di NICOLA GRAZIANI
08 settembre 2018,18:40

Il gioiello della corona si chiama Lega, ed il principe della corona Matteo Salvini. Il regno ancora non c’è, ma qualcuno scommette che verrà conquistato molto presto: un 30 percento dei parlamentari europei che sbarcheranno a Strasburgo dopo le elezioni del prossimo maggio. Allora nascerà, nuova Camelot, l’internazionale dei sovranisti, il sogno a cui lavora Steve Bannon da quando è stato defenestrato dalla Casa Bianca. E Salvini, da qualche giorno, è ufficialmente della partita.

Lui e Bannon si sono visti a Milano, come a Milano sempre Salvini si era incontrato con il premier ungherese Viktor Orban, in un colloquio chiaramente preparatorio. Al termine Bannon e il suo principale consigliere, Mischael Modrikamen, un politico belga che nel suo paese ha fondato il Partito del Popolo, hanno espresso grande soddisfazione, aggiungendo che da parte del leader della Lega c’è entusiasmo per il progetto. Come anche c’è grande desiderio di collaborare con i leader populisti del Vecchio Continente, siano essi in Ungheria come in Austria o in Polonia, Finlandia e Danimarca. Un lungo elenco, con qualche riga lasciata in bianco, e la cosa fa riflettere.

Il Movimento è servito
L’uscita forzata dalla Casa Bianca e il distacco dalla sua stessa creatura, il sito di verità alternative chiamato Breibart, non hanno significato la fine della carriera politica di Bannon. Sono state, semmai, un nuovo inizio, e la scelta di un nuovo campo di gioco: l’Europa. All’inizio dell’estate l’ex ufficiale della marina americana ha annunciato la nascita di una Cosa di destra, da lui ribattezzata Il Movimento (“The Movement”), allo scopo dichiarato di farne l’internazionale sovranista nel Continente. Una sorta di esportazione del trumpismo nella patria dei liberal, che qui come da nessun’altra parte corrispondono alla descrizione che tradizionalmente ne danno i conservatori americani: “Liberal, lilies, limos” (“liberal, mammole e limousine”).

Non è un partito, il Movimento, nemmeno nelle intenzioni del suo fondatore. Si tratterebbe piuttosto di una centrale di coordinamento pronta a fornire, attraverso la sua Fondazione, materiale in termini di dati e documenti programmatici a tutti coloro che vi facessero richiesta, purché si tratti di forze che lottano contro, nell’ordine: la globalizzazione, l’Europa, George Soros, Angela Merkel ed Emmanuel Macron.

Buone prospettive
Inutile precisare che il vento è favorevole e l’ottimismo, in vista delle elezioni di maggio, cresce. Non sono solo i sondaggi che in Italia danno la Lega ben oltre il 32 percento, ma il fatto che, nei fatti l’internazionale sovranista si è costruita da sé, e basta allungare la mano per cogliere il frutto. Polonia e Ungheria sono i paesi in cui per primi si è manifestato il fenomeno. Da allora tutto il Gruppo di Visegrad si è convertito alla causa. Si è aggiunta poi la Slovenia e, soprattutto, l’area baltico-scandinava dove i populisti sono al potere in Finlandia e in Norvegia, danno il loro determinante appoggio esterno al governo in Danimarca e la prossima settimana potrebbero divenire il primo partito in Svezia (otto anni fa erano al 4 percento).

Una spinta talmente forte da far pensare a qualcuno, a Bruxelles, che lo stesso Salvini potrebbe puntare a divenire addirittura presidente della Commissione Europea.

Ma qualche dubbio circola
Esiste comunque l’altra faccia del Movimento, la cui strada non sarà irta di ostacoli, ma non è nemmeno del tutto in discesa. A guardar bene l’elenco dei paesi con cui si intende collaborare, infatti, mancano due tessere fondamentali del mosaico europeo: Francia e Germania.

C'è qualche crepa nell'internazionale sovranista di Bannon e Salvini
 Steve Bannon e Marine Le Pen a Lille
Si tratta dei due principali paesi europei, per generale riconoscimento, destinati ad esercitare una influenza diretta su molti degli stessi governi sovranisti che hanno visto o vedranno la luce in questi anni. Strano che Bannon non si sia già aperto dei canali ufficiali né nell’uno, né nell’altro. Anche perché le società Francia e Germania sono già un terreno ben arato da due partiti politici di destra come il Fronte Nazionale di Marine le Pen e Alternative fuer Deutschland.

Il Fronte Nazionale, dopo l’affermazione in corrispondenza delle ultime presidenziali francesi (battuti al ballottaggio in una tornata che ha visto la scomparsa dei socialisti), ha cambiato il nome ed accentuato i toni neogollisti, mettendo la mordacchia a quelli – demaistriani – delle origini. Ma questo non giustifica la freddezza di questi mesi: è ricorrente nella destra l’alternare estremismo e moderatismo, senza che la sostanza della politica cambi. Le Pen e Bannon si sono incontrati con grande eco sui giornali lo scorso marzo, ma da allora non si sono registrati salti di qualità. Ci deve essere qualcosa di diverso, e magari più profondo. Ma non è ancora emerso.

Quanto alla Germania, la faccenda è già venuta a galla. Ai sovranisti tedeschi è bastata leggere l’intervista al Daily Beast con cui a luglio Bannon ha annunciato la nascita della sua creatura per reagire in modo per lo meno freddo. “Di sicuro non abbiamo bisogno di un allenatore”, ha commentato asciutto alla Welt  il leader del partito, Joerg Meuthen, rispondendo alla domanda se il suo partito apprezzasse l’idea di un appoggio del Movimento. Verrebbe da dire: vogliono essere padroni a casa loro. Che poi è la quintessenza del sovranismo.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/bannon_salvini_movimento-4356731/news/2018-09-08/


Titolo: Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano
Inserito da: Arlecchino - Settembre 22, 2018, 05:30:00 pm
Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Come funziona l'ingaggio tra Salvini e i suoi fan su Facebook e Twitter. I meccanismi, il lessico, il profilo di una straordinaria (per capacità di mobilitazione) 'eco sociale' che dal leader leghista ottiene nutrimento e legittimazione, restituendo fedeltà e consenso. Analisi - non breve - delle interazioni di fan e follower del ministro più popolare d'Italia

   Di GABRIELE FAZIO 09 settembre 2018, 14:14

Rob, protagonista di “Alta Fedeltà”, romanzo cult per un’intera generazione a firma Nick Hornby, amava giudicare le persone che gli stavano intorno, soprattutto le donne, dai loro dischi e film preferiti. Un metodo che non risulterà troppo approfondito ma che aiuta a rendere l’idea. Forse vale anche con i post e i tweet. Tentiamo in questo articolo una - non breve - analisi di chi sono i salviniani, il popolo (3 milioni di persone) che seguono il ministro dell'Interno su Facebook, commentano i suoi spunti, interagiscono con il leader, con i suoi amici e nemici. Una eco che si propala ogni giorno sulla rete, consolidando, così dicono i dati, la popolarità e la forza politica del vicepremier leghista.

Ma chi sono davvero i salviniani? Un’idea di questo target sociale è forse possibile definirla utilizzando i commenti degli utenti che sui social seguono (e nella stragrande maggioranza presumibilmente votano) Matteo Salvini, leader di quello che i sondaggi danno come il primo partito in Italia. I commenti qui sotto sono stati copiati e incollati esattamente per come sono stati scritti dagli utenti, affinché tutto emerga il più limpidamente possibile, errori grammaticali compresi. Utenti portatori di idee, messe in parola tramite commenti sui social, rappresentanti di una parte del Paese.

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

A dar di gomito al Ministro dell’Interno, infatti, è sempre stata la rete e con notevole veggenza Salvini mostra di aver capito il potere che questa può avere nella libertà di esprimere un concetto con un linguaggio tranquillamente modellabile per come viene più comodo; ma soprattutto la capacità di raggiungere la pancia del paese come nessun altro mezzo di comunicazione è mai riuscito a fare.

Leggi anche: Le tre ragioni dell'auto-gossip estivo di Matteo Salvini

Una patria social
Salvini ha scovato e dato parola ad una categoria di italiani finora probabilmente rinchiusi in stanzette buie a rimuginare brutalmente contro tutta quella società che li aveva tenuti fuori dal “giro”, che li guardava snob da uno schermo televisivo e contro la quale non avevano possibilità di urlare. Poi è arrivato Facebook ed improvvisamente quella fetta di popolo ha visto la luce, ha strabuzzato gli occhi capendo di non essere sola, che la loro rabbia faceva scopa con quella di molte altre persone e che c’era qualcuno che la pensava esattamente come loro, o perlomeno era a loro che si stava rivolgendo: Matteo Salvini.

Qualcuno che a quei nemici ha dato anche un nome: buonisti radical chic. E allora improvvisamente quelli che erano fino al giorno prima attori, giornalisti, cantautori, scrittori, vengono schedati immediatamente dentro questa immensa cartella che custodisce in realtà chiunque abbia un pensiero diverso da quello del ministro. E Salvini è bravissimo a coccolarseli i suoi followers, a strizzargli l’occhio virtualmente come se fosse al bar sotto casa e a farli sentire parte di una comunità; a capire quale parte del corpo del paese sia la più irritata al momento e strofinarci su un bel pezzo ruvido di carta vetrata per farle prendere fuoco.

I rapporti tra il mondo della cultura e Matteo Salvini non sono mai stati idilliaci, questa è cosa assai nota. Era soltanto luglio scorso quando Rolling Stones ha messo insieme in un’unica copertina una serie di facce note per prendere posizione apertamente e definitivamente contro la politica del Ministro dell’Interno italiano. Un mondo della cultura che non è mai stato zitto e indifferente nei confronti del leghista, questo dovuto non soltanto alle idee, che spesso sfiorano la mera provocazione, ma soprattutto per le modalità di vendita e messa in atto di tali idee, e qui la provocazione diventa decisamente tangibile.

Meccanismi di ingaggio consolidati
La regola base è sempre la stessa: sminuire l’avversario, che sui social del Ministro smette i panni di uomo pensante per diventare un signor nessuno in cerca di popolarità. Il problema, che diventa sempre più comicamente surreale, è che i followers di Salvini sembrano avere una alquanto bizzarra idea di chi è qualcuno e di chi è nessuno. Un’idea talmente strampalata da farci venire il dubbio: ma cosa ascoltano, guardano o leggono i salviniani? Da dove proviene la loro cultura? Ecco a voi allora il nostro viaggio nell'universo facebookiano leghista.

Spike Lee

L’ultimo in ordine di tempo a commentare l’operato del leader del Carroccio è stato il regista statunitense Spike Lee, autore di alcuni dei film più ispirati della cinematografia americana riguardo storia e diritti degli afroamericani, tra i quali Fa’ la cosa giusta, Malcolm X, He Got Game, La 25esima ora e Inside man. Un regista conosciuto in tutto il mondo tranne evidentemente che dai salviniani, che quando il loro grande capo chiama (“Più soldi hanno, più sono arroganti: ma il signor Spike Lee non ha altro di cui occuparsi che non di me?”) loro rispondono all’istante, pur non sapendo evidentemente chi sia Spike Lee:

Alan infatti dice:
“Ma chi minchia sei?...Uno come te Salvini nn lo prenderebbe nemmeno per farsi pulire i cessi di casa sua!”

Mentre per Matteo mr. Lee è “uno dei razzisti più grandi del mondo (verso i bianchi ovviamente)”,

Lilith sembra d’accordo:

“Faremo a meno di Spike Lee. Ma chi è????? Sicuramente un riccone globalista col villone”

e Antonietta non dev’essere una ferrata cinefila:

“Un altro poveretto che usa salvini x farsi notare.... Chi è?? Mai visto, con quale barcone è arrivato?”

un po' come Antonella:

“Ma chi è ? Ogni tanto qualcuno si fa pubblicità attaccando Salvini .. sembra la moda del momento ...”

e poi tocca a Ermanno metterla giù dura:

“Chi è costui Spike Lee ? Già di per se’ patetico ; poi aggiunge il suo tifo per la Juve . Ancora peggio !”.

Quindi non solo komunista ma anche juventino.

Il capolavoro arriva invece da Giovanni, che di Spike Lee dice:

"Spike lee ma come mai tutti sti africani venite in italia e volete insegnarci a vivere mentre voi lasciate i vostri paesi del terzo mondo. invece di venire a rompere i coglioni a noi tornate nei vostri paesi e lottate per la liberta e la democrazia .ma no voi disertori vi e piu comodo venire in europa a chiedere i diritti perche i doveri li disertate ai vostri paesi”.

È evidente, Spike Lee, non vedeva l’ora di lasciare la sua Africa per mettere base in Italia ed insegnarci a vivere. Proprio uno stress questi registi africani, andassero in America a far capolavori da milioni di dollari invece di sbarcare qui, stuprare le nostre donne e avere la faccia tosta di tifare persino la Juve!
 

Oliviero Toscani
Nemmeno la fotografia dev’essere uno dei loro hobby preferiti: uno dei nemici giurati dei salviniani è infatti Oliviero Toscani, uno di quelli che più di tutti è andato contro le politiche del Ministro dell’Interno. Una leggenda della fotografia per tutti, ma non per i followers di Salvini che commentano decisi

“È un povero sfigato. A parte i suoi padroni (Benetton) non se lo caga nessuno. Tenta di apparire e attirare l'attenzione sparando stronzate senza senso. Dopo averlo sentito e visto in faccia non puoi che constatare quanto sia un demente. Denunciamolo!”

Come Francesco o come Ale che ha una teoria abbastanza interessante:

“Basta guardarlo in faccia x capire che normale non è, come molti dei suoi amici pacifisti”

Paola invece ha un’altra opinione che, come il nero, sta bene su tutto:

“E’ solo un povero fallito in cerca della visibilità che ha perso tanto tempo fa...”

E Federico sembra d’accordo:
“È un povero sfigato che non se lo fila più nessuno, qualcosa si deve inventare per farsi notare!!! L’ indifferenza è la migliore risposta alle nullità come lui”

Ed Erminio, che è uno che evidentemente per il talento c’ha occhio risponde che:

“Non si capisce nemmeno come faccia ad essere reputato un buon fotografo dato che la maggior parte dei suoi scatti fa schifo”.

Che Toscani non sia una persona particolarmente facile è ben noto, ma da qui a certi commenti ce ne passa.

Michele Riondino

L’attacco sferrato invece nei confronti del padrino dell’edizione 2018 della Mostra del cinema di Venezia, Michele Riondino, è da manuale della manipolazione social. L’attore, uno dei più preparati della sua generazione, che vanta film con Daniele Vicari, Mario Martone, Marco Bellocchio e i fratelli Taviani, nonché protagonista del Giovane Montalbano, fiction targata Rai di enorme successo, ad una domanda su Salvini risponde tranquillamente che da elettore 5 Stelle era rimasto deluso dalla scelta di allearsi con la Lega. Un’opinione che a Salvini non va giù per cui va attuata una tattica ben precisa; il post è tutto da analizzare: “Il "padrino" della Mostra del Cinema di Venezia, tal Michele Riondino qui in compagnia della tranquilla Asia Argento, non si sente rappresentato da me e si dichiara "contento di non incontrare Salvini. Altro “vip” in cerca di pubblicità? Io invece lo incontrerei volentieri, sono curioso e testardo per natura, nella speranza di riportarlo sulla retta via...”. Intanto Riondino, da attore di successo chiamato addirittura a fare da padrino del più importante evento cinematografico italiano, diventa un “vip” in cerca di pubblicità; un “tal” che nessuno conosce che da fiato alla bocca contro Salvini giusto perché fa figo. Poi al post viene allegata una foto dell’attore pugliese con Asia Argento, in questo momento "nemica pubblica numero" uno a causa delle accuse di molestie sessuali su un minore che pendono sulla sua testa, ma che con Riondino non c’entra proprio niente; la foto infatti risale al 2012, alla presentazione del film Gli Sfiorati.

Ma perché, tra le centinaia di migliaia disponibili in rete, utilizzare proprio una foto vecchia di sei anni per mostrare il volto di Riondino? Forse per distrarre i followers dall'argomento politico e sguinzagliarli per mordere con più ferocia? Forse per proporre un’imbarazzante associazione di idee tra Riondino e la violenza sui minori? Ma mica i salviniani possono mai essere così sciocchini da cascarci! Infatti:

“Attore? Mai sentito nominare...!!E poi ognuno ha le amicizie che si merita..Asia Argento..”

“Ma ne saltano sempre fuori di nuovi hanno bisogno di visibilità perché nessuno li ricorda”

“altro in cerca di pubblicità...sono 4 sfigati attori attricette da film porno ...valgono meno di zero ...vai capitano il popolo vero é tutto con te”

“Immagino invece sia orgoglioso di farsi immortalare accanto a un personaggio come Asia Argento”

“Giusto l'appellativo "tal", mi piace! Infatti, per quanto mi riguarda è un perfetto sconosciuto e tale resterà, ho cose più importanti da pensare che a questa pulce!”

“Invece incontrare Asia Argento lo rende orgoglioso? ahahaha... una che va con minorenni la dice tutta... Matteo noi siamo con te!!”

“Riondino...ma chi cavolo è???forse una nullità come asia argento? Non abbiamo perso nulla...grande Salvini..”

“Ma che film ha fatto mai? Ha vinto qualche Oscar ? Qualche orso d'oro? Soliti film italiani per cagare se sei stitico!”

No forse ci cascano. Maria Elena addirittura ha un’idea che parrebbe l’ideale :

“Cominciate a togliere le sovvenzioni al cinema e alla stampa, e come cambieranno! Oh se cambieranno!!!”

Antonio è un giustizialista convinto:

"Abbraccia una tossica squilibrata ed è al settimo cielo... Non ho bisogno di vedere per forza altre cose che lo riguardano, più chiaro di così...”

Flavia di cinema non ne mastica troppo:

"Ma poi scusate ... da dove é saltato fuori sto qua ??? Ma chi é ?? Mai sentito nominare !! Lo ignoro !!”

Dante si è informato accuratamente prima di scrivere:

“Probabilmente è il figlio di Davide Riondino, che andava spessissimo 20 anni fa, alla corte del Maurizio Costanzo show quasi tutte le sere.... tutti o quasi sempre dello stesso schieramento politico........ indovinate quale....”

peccato che i due non siano nemmeno parenti, David è toscano, Riondino pugliese, e il padre è un ex operaio dell’Ilva.

E Marisella arriva finalmente al punto “il ragazzo dovrebbe pensare alla sua compagna scandalosa Sig.ra Asia Argento che in America è stata indagata per violenza sessuale su un minorenne e non a dare opinioni su Matteo Salvini”; i due sono adesso diventati addirittura una coppia che deve pensare alle denunce per molestie di lei anziché esprimere pareri su temi politici. Ovviamente non sono una coppia e quella era solo una foto di rito, ma Salvini i suoi utenti li conosce bene e sapeva che tempo un paio d’ore li facevano pure figliare.

Tattica perfettamente riuscita. Niente da fare, il cinema ai salviniani proprio non piace.

Fabio Fazio

“Chi si rivede, mancava solo lui all’appello”, il testo del post, allegato al tweet di Fabio Fazio in favore dello sbarco della Diciotti, non è errato. Effettivamente sarebbe stato strano non ritrovare un attacco anche da parte del conduttore di Che tempo che fa. E stavolta per commentare non serve nemmeno un suggerimento, con Fazio (che a scanso di equivoci avvisiamo che non è imparentato con chi vi scrive) funziona sempre l’evergreen sul faraonico stipendio pagato tramite canone:

“Bravo, no problem, l'importante è che te li prendi tutti a casa tua, visto lo stipendio che ti ha dato la Rai.”

“Portali a casa tua con tutti i milioni che ti diamo con il canone mi sembra il minimo altrimenti taci e lascia lavorare il governo”

“con i milioni (nostri) in tasca è facile essere solidali, a parole. Una legge che obblighi i "buoni" che esternano ad ospitare a casa e vedi che spariscono tutti, questi sepolcri imbiancati.”

“Fazio facciamo una cosa, loro sbarcano e noi imbarchiamo te, la Littizzetto, La Boldrini, Saviano, Martina, Renzi e tutta la bella compagnia di ladroni. Io ci sto, e credo anche la gran parte del nostro Paese (che finalmente mi sento di riscrivere con la P maiuscola). Tu ci stai ? Ti paghiamo il viaggio più la pensione, basta che ti levi dalle balle !”

“Pensate: a questo signore paghiamo il lauto stipendio col canone incluso nella bolletta luce...”

“Fazio visto che siete compagni insieme alla Littizzetto aprite i villoni Vs.... Tanto di milioni di euro dati dalla Rai ne avete a quantità industriale....”

“Un altro figlio della sinistra che percepisce milioni per romperci le palle con le sue cazzate e che ora comincia a tremare, perché anche per lui la pacchia è finita!!!”.

Sentito Fazio? La pacchia è finita. Ma devi essere orgoglioso, di te almeno nessuno ha scritto “ma chi è questo??”. Quindi la pacchia sarà finita ma tu almeno finché è durata hai lavorato bene.

Roberto Saviano

Chi la battaglia con Salvini l’ha presa di petto e senza mezze misure è certamente lo scrittore Roberto Saviano. I due si sono scontrati più volte tramite social, uno scontro che ha diviso il paese essendo anche il giornalista campano un personaggio che l’Italia dopo aver amato e coccolato come un eroe sta pian piano scaricando come fosse a tutti gli effetti un truffatore; i temi sui quali i due hanno dibattuto a distanza sono comunque sempre scottanti e molto delicati da affrontare: la morte di poveri cristi nel Mediterraneo, la proposta/minaccia da parte del Ministro di togliere la scorta allo scrittore, a chi ha colpito al cuore la cultura camorrista con i suoi libri. Siamo certi che anche in questo caso il pubblico salviniano abbia deciso di affrontare con la solita raffinatezza che lo contraddistingue la faccenda:

“Scusate l'ignoranza, ma vorrei capire la questione della scorta a Saviano, so che l'ha ottenuta perchè dice di essere stato minacciato dalla camorra per via del libro Gomorra. Quello che non so e che non ho capito, ma nel libro ha veramente svelato e fatto arrestare componenti della camorra, o ha semplicemente reso pubblico ciò che già i tribunali sapevano? Se potete illuminarmi... grazie”

“Povero savi culo , scusate savi ano, non sei mai stato una cima ,visto che hai dovuto rubare i copioni dei tuoi libri , (viste le recenti condanne), ma ora stai dando il meglio della tua stupidità.”

“Raglio di Savi-asino non salì al cielo. Testa tanto grande, quanto vuota, da bravo soldatino dei lobbisti continua ad attaccare chi ha responsabilità ben più grandi delle sue, senza peraltro prendere atto che l'80% degli italiani, in materia, è d'accordo con Salvini. Speriamo almeno che queste sciocchezze le scriva lui e non le abbia copiate.”
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 “È ancora fuori? Dovrebbero rinchiuderlo dentro e buttare via la chiave... un essere così malvagio non merita di restare impunito...”

“A dire il vero sono gl'italiani prigionieri nelle loro città dove non possono circolare tranquilli , perché che c'e" un invasione d"immigrati che hanno invaso i nostri territori.... rubando.sporcando e spesso stuprando ....Ma taci piuttosto fai più bella figura”

“Saviano ,manda il tuo cervellino in vacanza o in letargo ,tanto produce solo scemenze ,almeno ti risparmi gli insulti di quasi tutti gli italiani,addio!”

“Ma i Camorristi questo non lo cagano nemmeno! E gli Italiani pure. A cosa serve? È sposato? Ha dei figli? Ha una famiglia da mandare avanti? No? A cosa serve? A niente.”

E infine vi proponiamo il contributo alla discussione di Angelica, che nel suo delirio forse inquadra la situazione meglio di chiunque altro:

"Ma che! !!! Ma che si metta a scrivere un libro di fantascienza che narri di come dei pochissimi deficienti vogliamo provare (invano) a fermare il re dei ministri di tutti i tempi ...acclamato a voluto da un'intera nazione. ..odiato e temuto dall'intera Europa! !”…

effettivamente l’immagine che pare si venga a creare una volta entrati nel vortice dei commenti è quella di un buco della serratura che permette di sbirciare dentro una sorta di setta religiosa, un esercito da tastiera che scatta al comando, senza pietà per nessuno; una setta dove Salvini non è un ministro ma “il re dei ministri di tutti i tempi, acclamato e voluto da un’intera nazione. Odiato e temuto dall’intera Europa!”.

 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Asia Argento
Il 20 agosto Salvini si prende una rivincita su Asia Argento quando scoppia lo scandalo con il giovane Jimmy Bennet che accusa l’attrice di aver approfittato di lui quando era minorenne. Uno scandalo che le è costato, l’allontanamento dallo stesso movimento #metoo che ha contribuito a formare in seguito alle violenze ricevute da Harvey Weinstein, nonché la poltrona di giudice a XFactor. Salvini non assume un atteggiamento troppo diplomatico: “Questa è la “signora” che mi insultava ogni due minuti, e mi ha dato del razzista e della m...a? Mamma mia che tristezza...”. Nessun tribunale ha condannato Asia Argento per violenza sessuale su minore, la polizia di Los Angeles lo ha confermato più volte, ma per il tribunale salviniano una foto e qualche messaggio bastano e avanzano:

“Non la lascerei sola con un figlio o figlia adolescente! Depravata psicopatica...in un Paese comunista, come quelli che a lei tanto piacciono, sarebbe internata da tempo!! Non diamole troppa importanza...è quello che cerca!”

“L’ offesa vale quanto la persona. Tutti quelli che hanno offeso Salvini sono puntualmente persone di pochissimo valore morale.”

“La "signora" che fosse pervertita si capiva già da tempo visto quello che fa...Già si sapeva che si baciava appassionatamente con tanto di lingua con i cani...Adesso spunta fuori che molesta i ragazzini...”

“Che schifo, ma che razza di donna è (se così si può chiamare) Ricca ,viziata ,mentalmente instabile,madre.Povera figlia,avere una madre che porta solo vergogna.”

“Quindi tu che usi quella bocca per proferire stupidità ed insulti, hai proprio il cervello tipico da sinistra, cioè incoerente e prepotente, saccente e deficiente, egoista ed egocentrico, fuso dalla smania di potere ed aparire, Prima denunci lo stupro, ma poi stupri, uno schifo indescrivibile, Taci e sciacquati quella brutta bocca che ti ritrovi prima di inveire, e calunniare la gente onesta”

“Sfattona, buffona, senza talento... Unico merito essere la figlia di Dario Argento.... Il mago dell'horror che come padre di Asia non si è smentito, vederla sullo schermo fa orrore, con quella parlata romanesca impastata da esaurita...”

“Ma già si sapeva che era una povera sfigata zecca e anche brutta. Se non fosse stata figlia di suo padre non l'avrebbe cagata nessuno. È la tipica comunistoide che predica bene e razzola male. Spero sia la prossima a sparire da tutti i mezzi di comunicazione!!!”

“Più che tristezza CHE SCHIFOOOOO!!!! Ma perché i pazzi sono liberi e hanno il diritto di dire tutto quello che vogliono sotto i riflettori dei mass-media come se fosse oro colato e possono cambiare pure la vita alle persone attorno, ovviamente in peggio??? Se sono pazzi pericolosi stiano rinchiusi, isolati!!!”

“La ''signora'' mi sembra parecchio fulminata. Del resto da una che è stata la fidanzata/moglie di Morgan cosa ti aspetti?? Che sia anche intelligente e politicamente istruita???”

“Quanto mi piace vedere la ruota che gira!!! Specialmente quando, girando, passa sopra e riduce in poltiglia certa gente!!!“

“Tu continui a chiamarla signora, ma le signore sono ben altre!!!! È una deficiente e non aggiungo altro.... Lascio all'immaginazione di chi è in grado di dare un giudizio di sta cosa brutta!!”

Il tribunale ha emesso la sua sentenza: condannata.

 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Gad Lerner
Il cinema continua a non funzionare, a non farsi accettare dai salviniani, allora riproviamo con il giornalismo: dove Saviano e Fazio hanno trovato insult, Gad Lerner troverà certamente diplomazia ed educazione. L’attacco del giornalista al Ministro non è diretto, la colpa è aver twittato: "Nelle sue auto-rappresentazioni da commediante e nello sfregio delle biografie altrui si cela il trucco vincente del fascioleghismo, ingrassato dalla nostra dabbenaggine", e Salvini risponde postando una foto del giornalista e la semplice scritta “Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo!”. Il verde è scattato e l’esercito comincia la marcia:

“Dopo che hai detto un mucchio di cagate uscite dalla tua bocca..... caro Radical - Chic Lerner... pulisciti la bocca....”

“Vecchio rimbambito..ogni volta che ti vedo in tv non è che cambio canale...spengo e vado di corsa a vomitare...complimenti anche a chi ti invita!”

“Un poveretto in più o in meno non cambia la sostanza. Ormai si chiuderà nella stessa camera a chattare con i suoi simili perché altro non gli è rimasto. Povero Gard Rail o come ti chiami.”
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“Ecco uno che ha fatto i soldi con il PD e adesso sente che gli Italiani sono un po' meno pecore e lui come tanti altri sinistronzi vorrebbero farci cambiare idea.... poveretto!! Forza Salvini che sei sulla strada giusta.“

“Gad Lerner si insulta da solo..basta ascoltarlo..classico esempio della presunzione sinistroide..si arrogano il diritto di giudicare sbagliato il voto degli italiani..ma nn si rendono conto che ormai la gente l ha sgamati e li schifa..”

Rosella, di nuovo, riassume perfettamente il concetto in un unico, eroico, leggendario, commento:

"Ridicolo con indosso la magliettina rosso sangue!!!!!!Ha fatto una grande brutta figura a parlare male del nostro adorato Grande Capitano d'Italia che non ha fatto altro che dire quello che pensiamo e diciamo almeno l'80% di noi Italiani onesti!!!!!Perché non è forse vero che loro sono stati dei fenomeni a farci invadere da questi delinquenti extracomunitari e zingari di tutte le etnie possibili e immaginabili riducendoci da padroni a garzoni in casa nostra?Vai avanti come un panzer Matteo siamo tutti con te e sei tutti noi!!!!!devono solo che schiattare questi depravati pd!!!!!!!”.

Nemmeno Gad Lerner evidentemente piace.

 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

 Davide De Luca, in arte Gemitaiz (AGF)
Gemitaiz-Murubutu
Capitolo a parte meritano i rapper. Salvini storicamente, e ben prima di diventare Ministro dell’Interno, attira le antipatie dei cantori in rima. Non può farci niente. Lo scorso 5 agosto il capo della Lega condivide sul suo profilo un articolo pubblicato proprio da Agi a firma di chi vi sta scrivendo in questo momento. L’articolo in questione riassume la ben poco “love” story tra Salvini e i rapper italiani. In particolare nel post risponde a due di loro:

“I “cantanti” Gemitaiz e Murubutu ce l'hanno con me. Ah beh, allora......P.s. Io preferisco De Andrè, Vasco e Battisti!”.

Perché proprio con loro due? Beh col primo Salvini ha duettato più volte, specie quando il rapper tramite Instagram gli ha augurato la morte; il secondo invece, visto che oltre il rap fa anche il professore di Storia e Filosofia, lo ha attaccato in maniera molto più approfondita e “didattica” in un’intervista per Repubblica. Ma se c’è un genere che i salviniani proprio non sopportano è il rap, pur non essendone evidentemente ascoltatori abituali:

Stefano è il giustizialista, ha una soluzione al problema:“rapper che si interessano alla politica” piuttosto equa:

“Ma metteteli in galera a questi buffoni sembrano demoni che esempio sono X nostri figli, le canzoni non ne parliamo, vai avanti Salvini bravissimo”

Valentina non si spiega come sia possibile che certe persone si azzardino a scrivere persino dei testi,

“Infatti caro ministro questi rapper che si atteggiano come se avessero vinto il Nobel....! Davvero senza parole....ed hanno il coraggio anche di scrivere testi....sicuramente sotto effetto della cocaina ...le loro grandi opere d’arte.”

Che follia, però sono sicuramente cocainomani, quindi il tutto si spiega, no?

Mimma invece ha una visione più moderna, più basata sulla comunicazione:

“Io eviterei proprio di nominarli Ma chi sono? hanno bisogno di pubblicità non li ha invitati nessuno nei Talk perché dobbiamo dar loro visibilità Stendiamo un velo pietoso”

oltre al classico bisogno di pubblicità, che non si nega a nessuno, si domanda, a ben ragione, chissenefrega di quel che pensano questi rapper se non sono nemmeno invitati ad un talk. Il ragionamento fa molto anni ’90 ma fila.

Christian spinge l’acceleratore sul tema della visibilità:

“Capitano non piegarti a rispondere a queste 4 teste di cxxxo! Dai solo visibilitá a personaggi che sono sempre stati nell' ombra! Vai avanti con il tuo lavoro e non badare a chi usa il tuo nome per procurarsi visualizzazioni”

e visto che va sul tecnico citando le visualizzazioni forse sarebbe corretto dire che Gemitaiz di visualizzazioni ne ha da vendere, ne macina milioni con ogni singolo video che fa, basta andare su Youtube per rendersene conto, ma questo smonterebbe la tesi del comandante, ovvero che questi rapper non li conosce nessuno e hanno bisogno di farsi pubblicità attaccandolo, quindi di nuovo via ai commenti

“Con quella faccia hanno il coraggio di parlare ..? Capitano hai raggruppata contro di te tutta la MISERIA UMANA !!!! Che si andassero a nascondere queste merdacce !!! Forza Salvini gli Italiani onesti sono con te. Non mollare!”

“Scusate ma chi sono costoro? Cosa fanno nella vita oltre ad "in"tonare anzi stonare come mucche in calore e mettere un insieme di frasi senza senso in lingue estinte? Chi ha il coraggio di pagarli e mandarli avanti? Conoscono il significato della parola MUSICA o denaro facile? Provo tanta tristezza per gli adolescenti di oggi...”

“basta guardarli ,capisci che stanno in piedi per miracolo,con tutta la droga che ogni giorno si fanno e non solo,e poi ma chi sei per prendertela con un Ministro che difende l'Italia e gli Italiani dagli intrusi ,balordi, clandestini che fanno altro che rovinare l'immagine dell'ITALIA ....”

“Questi deficienti sono quelli che vogliono cambiare il mondo pensando di essere CANTANTI...... togliendo braccia al l’agricoltura....LA RACCOLTA DI POMODORI è iniziata da un pezzo.”

“Ma chi sono questi? Falliti che cercano un po' di notorietà cavalcando l'onda dell'indignazione dei sinistroidi contro Salvini perché ormai è di moda. Andate a zappare la terra va che è meglio”

“E chi e quel repper ? parla lui che indossa 2 orecchini grossi come 2 cerchioni di bicicletta ma prima di criticare offendere o dire male a Salvini che si faccia un'esamino di coscienza e che si guardi allo specchio e valuti se e nelle condizioni di rivolgersi cosi ...... e un'altro disadattato da centro sociale”

“Ecco chi è gemitaiz...un pregiudicato tossico che fa la cazziatura al ministro dell'interno.... degno dei centri sociali.... lo troveremo in qualche cesso e se ne andrà da solo senza augurali la fine.”

e si potrebbe continuare ancora per ore, ma Rosaria ad un certo punto decide di riassumere il pensiero salviniano comune in un unico messaggio chiarificatore e che evidentemente non concede repliche:

“Innanzitutto identifichiamo i rapper sono ragazzi senza talento e che non sanno cantare e soprattutto non sanno cosa sia la musica non volendo lavorare perché il lavoro di questi tempi lo vogliono solo gli sciocchi non avendo talento in nessun campo e volendo fare soldi immediatamente fanno i rapper che vengono seguiti da sfigati come loro allora che si fa? Si attacca qualcuno in questo caso SALVINI per avere visibilità soldi moda solo questo .allora che vengano denunciati visto che parlano di un ministro della Repubblica e se sono degli uomini cosa che dubito se ne assumano le conseguenze. Altra ipotesi vengono pagati per fare ciò e anche in questo caso visto che intascano se ne assumano le conseguenze sfigati buffoni pagliacci sconosciuti pezzenti”.

 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

 Paul David Hewson [Bono Vox] (AFP)
Bono Vox
Quindi di rap non ne parliamo, forse è meglio concentrarsi su qualcosa di vagamente più pop; come reagisce allora Salvini quando Bono Vox, leader di una delle band più importanti della storia della musica invita gli italiani ad avere un briciolo in più di compassione? Con questo post: “Il cantante Bono dice che gli italiani devono avere compassione. Il principio è giusto, ma ricordo che mentre stiamo parlando ci sono 5 milioni di italiani che vivono in condizioni di povertà, che non faranno vacanze, che non stanno scegliendo se andare a Riccione, in Salento, in Sardegna o a Cortina. Il mio dovere è pensare prima a loro”. E come reagiranno i salviniani? Almeno gli U2 passeranno indenni dal giudizio severo degli adepti del leghista?

“Bono,deve limitarsi a fare il cantante.Si impicci dei casini che ci sono nel suo paese e possibilmente la smetta di portare i suoi introiti nei vari paradisi fiscali, pagando finalmente le tasse che gli competono,o pensa che qua siamo all'oscuro dei suoi vari intrallazzi?”

ad Agatha non gliela si fa;

“Io ho compassione per lui!!! Che poi sto Bono a me non ha mai convinto, chi fa beneficenza lo fa e basta, non lo fa vedere a tutti...Pensa ai paesi tuoi! Qui abbiamo il Capitano”…

beh, se Claudio non è convinto non è convinto;

Elenio sostiene che Bono Vox, frontman degli U2, abbia bisogno di commentare il lavoro di Salvini per farsi pubblicità. Bono Vox. Frontman degli U2.

“Di Bono ha ormai ben poco...forse ha bisogno di pubblicità ??? Non conosce bene l’Italia e gli Italiani , non conosce come viviamo ma parla di compassione...Qualche concerto gratis in tutte le città italiane sarebbe un ottimo lavoro compassionevole!!”;

Doriana si è informata su Wikipedia prima di commentare, lo dice lei:

“L'unica cosa che posso dire è perché una persona che non vive qui si permette di criticare, mah! E poi dovrebbe rispettare le scelte del popolo. Ma chi sei? Forse se canti e suoni ti passa...Leggevo su Wikipedia che da piccolo era terribile infatti lo chiamavano "l'anticristo" quindi, non aggiungo più nulla. Canta che è meglio”;

per Marisa invece Salvini è come una nota carta di credito:

“Ad ognuno i propri ruoli. Bono canti e basta !!! A tutto il resto ci pensa il nostro magnifico Matteo Salvini”;

Fabiana invece è evidentemente una che sta dentro l’ambiente ed ha sentito delle voci :

“Dovrebbe pensare, lui e la sua band, che quando fanno concerti x beneficenza lo siano davvero...no perché, ci sono certe voci i giro....io fossi in lui mi asterrei dal dispensare moralismi...”,

beh, se lo dice Fabiana;

ma queste voci sono evidentemente arrivate anche a Claudio:

“bono, stai bono che solo l'1% delle donazioni alla tua fondazione raggiunge chi ne ha davvero bisogno. Vergognati e paga le tasse, truffatore. Quando hai finito di pagarle, prendi lezioni di musica perché come musicista sei lassativo”;

con Graziella bisogna prenderla un po' più da lontano:

“.scusate la mia ignoranza ma, io non conosco questo Bono”

si figuri, perdonata.

Fatto sta che anche il rock mitico di una band leggendaria come gli U2, ai salviniani non piace, perlomeno finché Bono non paga le tasse e si fa gli affari suoi.
 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Nina Zilli
Un rapporto complesso quello tra i salviniani e la musica, è evidente, specie poi quando l’artista prende di petto il Ministro, come ha fatto Nina Zilli a luglio, che dal palco del suo concerto si è lasciata scappare un inequivocabile “Viva i bambini, ‘fanculo Salvini!”, sarà stata la rima, che proprio non va giù ai leghisti, ma sta di fatto che la cantante è riuscita così ad aggiudicarsi, tramite post, quello che Salvini ha chiamato il “Premio furbizia” dell’estate 2018. E tra chi commenta? Si nasconde forse qualche fan della Zilli? Probabilmente no:

“che stronza !!!!! se prima un po l'ammiravo, adesso la giudico come una carta da culo, ma come si fa offendere in un concerto davanti a centinaia di persone,che non ha niente a che vedere con quello che ha detto, ha perso tutta la mia stima, Matteo Salvini... una querela gli starebbe bene”

“Pare che per tutti questi finti "artisti" fare il nome di Matteo Salvini in pubblico accompagnato da insulti o parolacce sia diventato l'unico patetico modo di far parlare di loro. Una sorta di ingegnosa pratica per farsi pubblicità per tirare su la testa dal baratro dell'anonimato dove sono sempre stati costretti. In pratica se non sai fare nulla, ti fingi cantante e insulti Salvini e hai diritto a un video ricordo triste e 15 minuti di visibilità sui social. Pacchetto completo. Che tristezza........”

“Povera demente... Cosa crede di ottenere piu vendita dei suoi dischi???? Mi stava sul piffero prima figuriamoci adesso... Andasse a fan.... lo con Saviano...”

“Questa non se la fila più nessuno e allora si unisce alla lunga coda di cretini per 5 minuti di popolarità. Certo che dovresti far partire un pò di querele Capitano, l'unico modo per zittirli è toccandogli il portafoglio....vedi che la smettono all'istante sti buffoni/e.”

Tenere sott'occhio questo Gianluca perché ha delle idee veramente all’avanguardia:

“Matteo Salvini perché non scrivere una bella legge che comprenda un Daspo contro chi usa i mezzi di diffusione per insultare il prossimo....cantante usa il palco per insultare il Ministro dell'interno? per 5 anni niente esibizioni sul suolo italiano e CD tassati del 50% e vedrai che torna il rispetto se li tocchiamo sui soldi.”

“I burattini che lavorano grazie alla sinistra sono tirati sempre dagli stessi fili. Ma quando il teatrino cadrà del tutto, addio figuranti sopravvalutati!”

Un ragionamento più approfondito lo compone invece Elisa ed è da leggere con attenzione perché apre, il tempo di un commento, una breccia nel cuore dei salviniani, di come viene recepita la cultura in relazione alla politica:

“Ultimamente mi sono ritrovata a non amare per niente i cantanti italiani! Troppo di parte! Devono cantare non scassare i maroni coi lori ideali e “forzare” chi ascolta musica a sentirli!! Boicotterò ogni concerto e ogni passaggio in radio! Tornate a fare arte e basta! La politica lasciatela ai politici!”.

Breve, efficace e chiarificatore.

Nemmeno Nina Zilli rientra nelle simpatie dei salviniani.

 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Vauro
E dove musica, cinema e giornalismo falliscono potrebbe trionfare il disegno, ma non se appartiene a Vauro, storico vignettista del giornalismo italiano, al quale immaginiamo poco o nulla può interessare di star simpatico a Salvini e i suoi adepti. Infatti quando in diretta su La7 a “L’aria che tira”, sostiene una gelataia che si è rifiutata di servire un cono al nostro Ministro dell’Interno, viene dato in pasto ai feroci followers leghisti:

“Imbecille...parla di odio e di xenofobia ed è il primo che ucciderebbe tutti quelli che non sono di sinistra… un omuncolo piccolo come un peto che scappa dal culetto di un bambino!!!!!!!”

“Cioè sto scatarro d'uomo (vestito sempre uguale tra l'altro, chissà che puzza che emana) è riuscito a dire che il rifiuto a dare un gelato da parte di un'attività commerciale è un grande gesto democratico. Da ricovero.”

“Speriamo che, se mai gli venisse un infarto, il medico di pronto soccorso metta in atto un'altro esempio di disubbidienza politica......un legittimo dissenso nei confronti delle porcherie che questo signore pubblica.”

“Parla lui, che vive di odio, di livore, cattiveria e razzismo verso chiunque non la pensi sinistra. Falso perbenista, ignorante,! Schifoso”

Nella visione di Gianfranco la ragazza è diventata immediatamente una terrorista:
“Se non sbaglio quella ragazza che ha rifiutato il gelato a Salvini è Italo-Algerina. Una generazione che in tutta l'Europa ha portato odio e terrorismo. Quindi mi pare giusto dare a Vauro dell'imbecille. Difensore di chi ci sta portando in nome di Allah, odio, malattie e morte.”

“Ma quel cazzone di Vauro, è ancora in giro? Non dovrebbe vivere in Nord Corea? Ma cosa ne sa lui di democrazia? Comunistello ignorante da 4 soldi... Mi fa SCHIFO solo a vederlo, democraticamente parlando...”
Democraticamente parlando, ovvio;

“Io vorrei solo che Vauro leggesse i commenti che riceve dagli italiani , e poi si nascondesse per l'eterno ! Grandissimo imbecille islamico razzista con gli italiani. Emerito deficiente che fa solo schifo.”

Dario invece mettendo da parte la politica ne fa più una questione di look:

“L'unico a non essere legittimabile è questo signore, irrispettoso della democrazia, arrogante come tutti i comunisti "de noartri"...fatti la barba e renditi presentabile prima di andare a sparare stupidaggini nella TV che paghiamo tutti”

Mentre Angelo più una questione di aspetto fisico:
“Vauro ma vergognati di fare il vignettista che ci ridi soltanto tu e i comunisti come te!!! Nn parlare di Salvini che a confronto a te e un gran signore!! Tu sei un Comunista poveraccio!! Lui ancora lì può leccare i gelati tu no!!! Che sei anche brutto!!!!!”, quello che non si capisce è se Vauro non può consumare gelati perché comunista o perché brutto, ma tant’è, è destinato ad un futuro senza coni, se l’è cercata, nella prossima vita rinasca perlomeno carino.

Alfredo chiude il coro con un’accusa che inchioda il vignettista alle sue colpe: “

Vauro, uno che disegna vignette che fanno ridere solo lui...(forse). Se non sbaglio è uno dei frequentatori di Capalbio...In ogni caso un poveretto con l'animo cattivo da comunista.”…

Vauro va al mare a Capalbio. Dobbiamo aggiungere altro? Mi pare di no.

Maurizio Crozza
E se parliamo di comicità, anche lì trovare qualcuno che faccia fare una bella risata a Salvini & Co. è una bella impresa, non ci riesce nemmeno Maurizio Crozza, che eppure solitamente passa per uno che il suo sporco mestiere lo saprebbe anche fare, ma anche lui viene respinto dalla corte del Ministro dell’Interno, specie quando azzarda una sua imitazione durante lo show Fratelli di Crozza. Salvini nel post chiede semplicemente “Ma a voi Crozza fa ancora ridere…?” e il popolo verde risponde:

“Nel medioevo ogni signore aveva il proprio giullare di corte che si esibiva in cambio di qualche monetina lanciata da lontano o degli avanzi della tavola. Anche oggi i potenti hanno i loro.”

Quindi Crozza sarebbe una specie di killer della risata al soldo di famigerati potenti che tramano alle spalle di Salvini, una spy story tutta da ridere insomma;

Andrea propone una teoria secondo la quale la risata diventa un atto politico e sociale, interessante:

“I decerebrati che ridono in studio lo fanno a prescindere da quel che sentono...fa figo ridere.”;

A Corrado invece quel che non va giù è l’intellighenzia:
“Sono stato per fortuna salvato dall'audio a 0. Un comico, sempre che Crozza si possa definire tale, dovrebbe fare satira sui politici di tutti gli schieramenti e in egual misura, altrimenti la satira diventa un mezzo subdolo per fare politica e propaganda. Ma ci hanno presi per scemi? Il loro gioco è chiaro da 20 anni. Crozza o non Crozza, siamo stufi dell'ipocrisia dell'intellighenzia di sinistra.”;

Stefano invece risponde:
“se avete notato... praticamente la totalità di coloro che lavorano in televisione sono unicamente di sinistra... mi domando se è possibile che "presunti talenti" possano(debbano) pensare a senso unico.... è il "minculpop" subliminale programmato da chi non vuole perdere potere... dalla sinistra... e chi non è dalla loro parte viene allontanato con qualunque pretesto.”…

tutta colpa del maledetto minculpop!

Crozza insomma a qualcuno piace, ma solo finché non parla di politica, poi diventa un intellettuale di sinistra, un generale dell’esercito dei radical-chic.

 
Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano
Maria Laura Antonelli / AGF
Lodo Guenzi (AGF)

Lo Stato Sociale
L’anno scorso, sul palco del concertone a piazza San Giovanni, Lodo Guenzi, frontman de’ Lo Stato Sociale, band che si è fatta conoscere al grande pubblico nell'ultima edizione di Sanremo, attacca frontalmente il non ancora Ministro dicendo che “Se è vero, come ha detto Matteo Salvini, da una coppia omosessuale non può che crescere un ragazzo con handicap, è anche vero che da una coppia eterosessuale è cresciuto Matteo Salvini”. Errore madornale direbbe l’Arnold Schwarzenegger di Last Action Hero.

Questo è un caso raro di botta e risposta tra il leader del Carroccio e l’artista in questione che quando Salvini pubblica il video commentandolo “ "Da una coppia omosessuale non può che crescere un ragazzo con handicap". Questa la frase che mi attribuisce il "prezioso" artista, che non avevo ancora il piacere di conoscere, del gruppo Stato Sociale al concertone del 1° maggio... Capisco che ogni occasione è buona per insultare Salvini, ma almeno mi attacchi sulle cose che dico realmente. E comunque: meglio De André!”, Guenzi risponde “Ciao politico che ho il piacere di conoscere. Io ho citato un tuo virgolettato riportato da ansa, Adnkronos e tutti i quotidiani. Se corrisponde al falso, credo che tu debba prendertela con loro. Ho cercato notizia di smentita e purtroppo non l'ho trovata. E comunque, meglio Pertini”. Ma il cantante de’ Lo Stato Sociale ha forse creduto ingenuamente che l’invito a rispondere fosse nei suoi confronti, senza accorgersi che un esercito arrivava alle sue spalle:

“Fai cagare.... Come la tua musica”

“Io preferisco gli Stones alla tua musica dell'ano!”

“Cerebrolesi di tutto il mondo, unitevi. Per acquisire un momento di celebrità, oggigiorno basta buttare fango su Salvini. Il problema è che, appunto, è solo un momento. Poi tornano a essere il nulla mischiato col niente.”

“Sarebbe bello chiedere al ragazzo quanto grano ha preso per andare sul palco e con che soldi è stato pagato. lo ha fatto per prendersi 4 applausi.”

“Ma perché perdere tempo facendo pubblicità a uno sfigato di cui prima del tuo post ignoravamo l esistenza? Magari grazie alla tua pubblicità raccoglierà pure qualcosa tra interviste e comparsate... gli stai regalando un minuto di gloria e denaro”

“da un imbecille comunista non può' nascere una buona musina, ma un frullato di note che fanno morire i veri brani quella musina cantata da veri cantanti. sembra che oggi questi imbecilli per far successo debbono ingiuriare l'avversario politico. questi imbecilli che mettono insieme due note e quattro parole ed alla fine non li caga nessuno. perche' sono poverelli che si sentoto eterni canzonieri, ma sempre imbecilli rimangono. FORZA SALVINI.”;

Massimiliano addossa su Lo Stato Sociale addirittura il declino dell’intera discografia italiana:

“Se invece di fare gli pseudo santoni sociali si concentrassero a cercare di fare "musica" .... già ma a fare i sinistroidi è più facile emergere.... ma poi ci chiediamo come mai gli stranieri non comprano musica Italiana.....loro ascoltano musica....non cavolate......e onestamente musicalmente è il nulla....provare col canottaggio ??”;

Lupo Grigio invece ha una soluzione più comoda e definitiva:

“concerto del primo maggio... coglioni un calcio in culo ai senza lavoro andate affanculo una volta per tutte ..questo ragazzino non sa minimamente cos'è lo stato sociale .. in miniera e poi parliamo della loro musica fa cagare”;

Giorgio la prende da lontano:

“70anni di religiosa tirannia kattokomunista hanno partorito milioni&milioni di italioti kattokomunisti, che non riescono a distinguere il giorno dalla notte e si adoperano per meticciare e distruggere questo stato e l'intera EUROPA.”;

finché non arriva colui che chiarisce la situazione e rende inutile andare avanti nella lettura dei commenti, in questo caso si chiama Andrea che dice:

“A parte il fatto che se era al concerto del primo Maggio l'handicap c'è l'ha lui. E non me ne vogliano le persone diversamente abili per le quali ho il massimo rispetto, ma poi che squallore di concerto è? Solo gente sconosciuta prelevata dai centri sociali!”.

 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Moby
La musica, non c’è niente da fare, non sta proprio alla base della cultura salviniana, che sia italiana o straniera, non importa. Salvini nel dubbio risponde sempre a tutti, anche a Moby, celebre artista newyorkese, che col video di “Erupt and Matter” uscito a gennaio 2017 attacca diversi leader politici tra i quali Erdogan, Le Pen, Trump e, certo, Matteo Salvini. I followers del Carroccio avranno gradito l’accostamento?

Be, Luca è evidentemente un fan:

 “Dalle mie parti gli diremmo: "Alà rembambìt, desmèt de fà'l cretino e và a laurà che la to müsica la me fa ègn ol làt ai zenöcc. Al suna mèi ol me cà quan che'l pisa!". Che poi, uno come Moby che ti critica direi che può rappresentare un vanto. Ogni volta che lo vedo in video mi sembra quasi di immaginare la sua puzza da ascella militante. Si vede che anche lui allerta i presidi a suo modo. Buon lavoro Matteo.”

così come Paolo, che di musica internazionale ne mastica un bel po':

“Io non conosco Moby, non si chi sia, ne' so che cosa faccia e sopratutto non mi frega un c....o di quello che dice! Matteo noi andiamo per la nostra strada....lui lasciamolo dire....”

così come Sergio

“E chi è questo imbecille americano...... Stia a casa sua e prima di guardare gli altri pensi ai disastri dell’abbronzato…”

e come Veronica “

"Moby resuscita ogni 10 anni x aggiungere nel suo (triste) repertorio, altre canzoni insulse. Non lo sopporta nessuno...non se lo caga nessuno...Fregatene!!! È solo uno dei tanti idioti che pur di vendere, scrive/dice cazzate senza neanche crederci veramente”;

“Definire Moby un cantante, insomma, Matteo Salvini...è una parola un po' grossa, dai.”…eh si, dai.

“Questi cantanti devono smetterla con l'abuso di droghe.”, che è comunque un buon consiglio;

Domenico chiude invece così ogni discorso riguardante la musica:

“Non lo conosco, ma immagino sia della stessa pasta dei vari Fedez, J-Ax, Madonna & Co...Farà delle canzoni memorabili...”,

Avvisandoci che esiste un mondo in cui Madonna è fatta della stessa pasta di Fedez, dove non si capisce, tra l’altro, se sia un complimento per Fedez o un insulto per Madonna; Moby comunque per i salviniani sta là, tra Fedez e Madonna.

Allora quali sono i confini della cultura salviniana? Seguendo la scia dei post possiamo forse riuscire a disegnarne i contorni, ma vogliamo anche offrirvi la visuale opposta. Quelli che avete letto finora sono tutti commenti a post ricondivisi da Salvini sulla sua bacheca dove lui comunque veniva attaccato, quindi vogliamo immaginare che dietro tanto evidente livore si nasconda anche un pizzico di malsano tifo politico. Come reagiscono invece gli utenti quando Salvini propone le sue preferenze culturali? Eccone alcune:

 
Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano
Pasquale Modica / AGF
Fabrizio De Andre' (AGF)
Fabrizio De Andrè
Giusto per fare qualche esempio, quando il Ministro ricorda il suo amore per De Andrè, anche il cuore dei suoi followers, si scalda:

“Grande Faber la sua poesia dovrebbe essere insegnata nelle scuole!!!”

“A lui premio nobel.”

“Grande, unico....Niente a che vedere con la cialtronaggine attuale. Un profeta che non è stato ben compreso a suo tempo. Grazie Faber...”

“Per fortuna noi Genovesi non esprimiamo solo pagliacci alla grillo, ma Uomini di poesia e grandi artisti. Faber per sempre”.

Anche se, è giusto dirlo perché a chiunque abbia amato il grande cantautore genovese sarà venuto in mente, è un amore piuttosto strano quello di Salvini per un artista che probabilmente sotto tutti i punti di vista, fosse vivo, la penserebbe in maniera diametralmente opposta a quella del Ministro dell’Interno, e molti utenti non possono fare a meno di ricordarglielo:

“perchè non hai pubblicato KHORAKANè....parla di ruspe e di rom..”

“Non ci credo, da una parte uno che approposito di zingari dice ruspa, dall'altra uno che gli avrebbe dato il nobel per la pace. Faber era un anarchico, un individualista! Non usare questa anima pura per la tua malsana propaganda!”

“De André ha cantato per combattere tutto ciò che oggi rappresenti. È una vergogna vederlo qui.”
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“Tu non hai neanche il diritto di nominarlo Fabrizio De André. Hai mai ascoltato con attenzione le sue canzoni??!!”

“Dopo queste parole di salvini, Faber si sarà girato due o tre volte nella bara.”

“Lo sai che era anarchico e che se fosse in vita tu saresti un verme schifoso per lui vero??”.

Per fortuna a riportare il tutto sul solito binario arriva Carmelina:

“Mi è sempre stato sulle @@ lui la sua faccia e soprattutto le sue canzoni...mamma mia tanto plauso per il nulla...mi sono sempre rifiutata di ascoltarlo...ma chi era? Bohhh”.

 

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Giuseppe Povia (AGF)
Povia
Quando Giuseppe Povia pubblica in rete il video di “Immigrazia” Salvini non può credere alle sue orecchie; condivide sulla sua pagina il pezzo accompagnato da un eloquente “I buonisti si scandalizzano, per me Povia è uomo e artista coraggioso!”. Finalmente anche lui ha un artista dalla sua parte, un cavallo da cavalcare, la dimostrazione che si può essere artisti e leghisti contemporaneamente. E il pubblico, ovviamente, non può che apprezzare:

“Ha le palle di dire la verità senza senza paura di essere emarginato dai padroni della tv”

“Povia lascia indietro buona parte degli "artisti" italiani... ha il coraggio di affrontare temi scottanti ragionando fuori dai binari del politically correct... ovviamente ne paga le conseguenze, visto che deve autoprodursi.”

“Sul suo profilo le zecche comuniste ignorati lo stanno massacrando di insulti!!!! Una cosa inaudita!!! Grande Povia e grande Salvini!”

“Povia lo seguo da sempre..... ma purtroppo in Italia non c'è spazio per artisti come lui. Qui vanno avanti leccaculo e raccomandati”

“Si può ascoltare di tutto anche di gente che parla di fumo, canne e quant'altro e vengono visti come nuovi "musicisti" del panorama italiano, ma se provi a toccare l'argomento del pensiero unico vengono fuori tutti a zittirti "democraticamente" come piace a loro.”

“Povia un grande!!! La verità fa paura!!! La gente onesta si è rotta i coglioni!!!”

 “Grandeeeeeeeeee!!!! Altro che piccioni, adesso dovresti scrivere "Quando i coglioni fanno ohhhh " rivolto a tutti gli imbecilli politically correct che che stanno mandando in rovina l'Italia. Vai Povia. Cantagliele !”

“Purtroppo chi dice cose non gradite al regime viene boicottato e cancellato dai media. E' successo più volte in passato, gli artisti "non allineati" spariscono dalle tv”.

Povia quindi è scomparso dalle scene dopo il grande successo ottenuto grazie a “I bambini fanno ooh” e a “Vorrei avere il becco”, vincitrice anche di un Festival di Sanremo, perché non allineato. Il pezzo in sé, non ce ne voglia Povia, è di una bruttezza imbarazzante, ma ai salviniani piace, i salviniani sanno chi è Povia, il che è un successo da prendere e portare a casa con un certo orgoglio.

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano

Goldrake
Per i quarant’anni del capolavoro dell’animazione “Goldrake” Salvini decide di confrontarsi con i suoi followers postando il video della sigla del cartone animato e scrivendo “40 anni di Goldrake! Chi di voi lo guardava? Alabarda spazialeee!”. Anche stavolta i suoi seguaci sembrano apprezzare:

“Indimenticabile Goldrake! Le generazioni che son cresciute guardando Goldrake son le miglioriiii”

Anche se c’è chi ammette una certa confusione “Per anni ho creduto dicesse: Ha la barba spaziale.....E non capivo perchè-“

“Iooooooo ero attratta da lui perché difendeva l’umanità ricordo ancora come si chiamava Aktarus. Matteo Salvini sei il nostro leader per eccellenza per la tua grande umiltà sei grande.”

“Io seguivo anche Manziga Z...ma non ricordo dove c'era Venus...che bei tempi...mi ricordo di Capitan Futuro...ora il nostro capitan futuro sei tu Matteo e sicuramente la tua arma speciale è la RUSPA...”

“Giacche' hai ricordato il mio eroe d'infanzia il mio voto per te sarà doppio !!! Il cartone animato Giapponese che come tema principale era l'amore per la vita per il nostro pianeta e per la natura, censurato perchè troppo violento...! Ti abbraccio, Giovanni.”

“Magari i cartoni animati di oggi insegnassero i valori di Goldrake , Mazinga e Ufo Robot ( forse perché in uno stato dove rubano tutti è diventato normale non avere regole e giustizia ) .”

“Comunque, tecnicamente, Actarus e Maria erano immigrati clandestini. Una tematica che verrà usata molto in produzioni successive, come il drammatico Zambot 3 o Baldios, dove il protagonista Marin viene visto con diffidenza perché non terrestre.”

“Sei un grande Salvini che ricordi da piccola lo vedevo sempre questi si che so cartoni animati e chi se lo scorda bei ricordi”

“Forse avremmo bisogno di lui pure oggi! In ogni caso... Non c'è confronto che tenga con Peppa pig e dintorni! (Peppa pig, perché chiamarla Giuseppina La Maiala pareva brutto!)”

“Mai avrei immaginato quando vidi la 1a puntata di Goldrake, ricordo che ero alle elementari e precisamente alle serali, dicevo mai avrei creduto che 40 anni dopo si sarebbe verificata una battaglia simile tra esseri umani e la flotta di Vega che oggi era Renzi coi suoi invasori del PD”

“Bei tempi quelli. Comandava la democrazia cristiana allora… magno io ma faccio vivere pure a te..... Non come ora magno io e tu te mori de fame”.

Si rivela un popolo di sognatori quello leghista, nostalgico quasi, che aspetta impaziente il ritorno di Goldrake (o della Democrazia Cristiana, fate voi, la filosofia più o meno è la stessa) per liberarci da tutti i nostri nemici.

Essere salviniani. Anatomia social del popolo del capitano
 
 Vasco Rossi (AFP)
Vasco Rossi
Un altro esempio di artista che piace a Salvini è Vasco Rossi, infatti quando il Ministro, allora non ancora Ministro, un anno fa si presenta al Modena Park per il concertone del rocker emiliano pubblica un accorato video su Facebook, ma attenzione, in questo caso i suoi followers, a sorpresa, non gradiscono particolarmente:

“Ma tutta sta gente do caxxo sta quando dobbiamo manifestare per i nostri diritti? Vergogna”

“Mi cadi in basso... al ritrovo nazionale dei drogati per ascoltare una musica da quattro soldi. Comunque sia de gustibus no disputandum est, non giudicherò un politico per una passione musicale, rimani sempre il nostro capitano.”

“Macché energia ed emozioni...in 220.000 per un canzonettiere ... ma per mandare a casa un governo abusivo con un epica protesta col cavolo... bel popolo siamo...”

“Chiaramente Vasco ringrazia decine di volte con tutti quei soldi che gli arrivano da questi pollastri programmati mentali ... che invece dovrebbero urlare sotto Montecitorio e cacciare a pedate questo zozzone malefico-massonico-governo.”

“Quando ero ragazza, andavamo anche noi in massa ai concerti, ma andavamo ancora più numerosi in piazza a protestare contro le ingiustizie! Qui manca la seconda (e più importante) parte, purtroppo!!!!”

“Ah… vorrei sapere quanti disoccupati c'erano tra i 220.000 fan di Vasco a Modena....sono veramente curioso....è inutile l'Italia e gli italiani con cambieranno mai...”

“Mi spiace Matteo ma per una volta sono in disaccordo con te. Un tossico alcolista che non sa parlare l'italiano e nemmeno cantare... non sa ballare intrattenere, non scordiamo che in passato trattava i fan come dementi andandosene nel bel mezzo dei concerti. Un vero cafone che ha fatto qualche canzone carina.... Italiani pecoroni...”

“Non mi piace a me! Penso solo che noi italiani x i concerti dei nostri idoli facciamo le folle,x andare a Roma sotto il parlamento non siamo capaci a muoverci, mi giudico anche io, Che Schifo!!!”

“Si lamentano delle tasse degli immigrati che non riescono a mettere pranzo e cena insieme che non trovano lavoro ma i soldi per vedere Vasco li trovano! Andassero a manifestare per lo ius soli piuttosto !!!”

“Mi dispiace ma stavolta non sto con il pensiero del capitano prima di Vasco viene la nazione e gli italiani anno dimostrato leggerezza e banalità”

E per finire Antonella spiazza tutti con una previsione che va oltre Salvini, oltre la Lega, oltre xenofobia e razzismo e raggiunge apici di perversione culturale e politica mai visti prima con un semplicissimo commento

“Abbiamo tanti bravi cantanti ma nessuno si accorge cosa succede in Italia? Con l invasione i concerti non esisteranno piu'”

 
Conclusioni
Ricapitolando: ai leghisti non piace il cinema di Spike Lee, Michele Riondino o Asia Argento, la musica estera degli U2 e di Moby, quella italiana di Vasco Rossi e Nina Zilli, Lo Stato Sociale non sanno nemmeno chi sono, per non parlare del rap, che non seguono ma odiano a prescindere.

Se vuoi farli ridere non piazzargli in TV Crozza o Vauro e cambiate canale anche se appaiono sullo schermo Fazio, Lerner o, men che meno, Saviano. Cambiate strada se siete in macchina con un leghista e dinanzi ai vostri occhi appare un manifesto firmato Oliviero Toscani. Allora com’è fatto un leghista? Rifiutiamo l’immagine di uomini vestiti in camicia verde che pompano a tutto volume in macchina i pezzi di Povia mentre corrono a guardare l’ennesima puntata di Goldrake. Siamo sicuri che ci sia molto di più, anzi, invitiamo il Ministro Salvini a continuare a dare input ai suoi followers, perché ne vogliamo capire sempre di più. Capire, d’altra parte, il prossimo, specie chi non la pensa come noi o viene da un posto a noi sconosciuto, rappresenta la base per una convivenza pacifica. Cosa che, ne siamo certi, sta a cuore a noi tutti. Leghisti compresi.     

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Da - https://www.agi.it/blog-italia/idee/matteo_salvini_strategia_popolo_social-4357181/post/2018-09-09/


Titolo: Le possibili conseguenze dello scontro tra Salvini e l'Unione Africana
Inserito da: Arlecchino - Settembre 23, 2018, 04:24:22 pm
Le possibili conseguenze dello scontro tra Salvini e l'Unione Africana
L'organizzazione ha protestato per i termini usati dal ministro dell'Interno. Che però ribatte: "Hanno avuto una traduzione francese sbagliata". La minaccia di ritorsioni sui rapporti istituzionali e commerciali
19 settembre 2018, 17:15

Botta e risposta tra l'Unione Africana (Ua) e Matteo Salvini, che il 14 settembre scorso aveva utilizzato il termine "schiavi" parlando dei migranti al termine del duro confronto con il ministro lussemburghese degli esteri, Jean Asselborn.

La mossa africana
L'Ua - si legge su Tgcom 24 - ha espresso in una nota "sconcerto" per le parole del ministro dell'Interno, che nella "recente conferenza a Vienna ha paragonato gli immigrati africani a schiavi", e chiesto che Salvini "ritratti la sua dichiarazione sprezzante, "nell'interesse di un impegno costruttivo nel dibattito sulla migrazione tra i due continenti".

"Non ho niente di cui scusarmi", ha ribattuto qualche ora dopo il vice premier italiano, imputando - scrive la Stampa - con ironia a una "traduzione francese" l'interpretazione sbagliata fatta dall'organizzazione panafricana.

Il precedente con Trump
Non è la prima volta che l'Ua si trova costretta a bocciare per le dichiarazioni di leader occidentali sul tema dei migranti. Era accaduto lo scorso gennaio, quando Donald Trump aveva definito "paesi cesso" quelli da cui provengono i migranti. Anche in quell'occasione l'organizzazione aveva espresso "sconcerto", e i rapporti tra Washington e l'Ua non sono mai stati ricuciti fino in fondo, lasciando nel continente africano un vuoto di azione riempito, negli ultimi tempi, dalle azioni diplomatiche cinesi e francesi, in grado di incidere anche nei giochi interni alla stessa Unione africana.

Oggi, a distanza di otto mesi, si presenta il rischio di una crisi diplomatica tra l'organizzazione e Roma. "E' opinione dell'Unione Africana che le dichiarazioni non risolveranno le sfide migratorie che affliggono l'Africa e l'Europa", ha affermato la Commissione dell'Ua in un comunicato stampa riportato dall'Huffington Post. "E' risaputo che l'emigrazione dall'Italia negli ultimi due secoli è stata il caso più importante di migrazione di massa nella storia europea moderna", aggiunge il comunicato, rilanciando le parole pronunciate da Asselborn nel corso del battibecco con Salvini.

Salvini "nessuna scusa, volevo difendere i profughi"
"Mi limiterò a rimandare il comunicato di qualche giorno fa - ha sottolineato quest'ultimo - per smentire qualsiasi equiparazione tra immigrati e schiavi. C'è qualcuno in Europa che li usa davvero come schiavi, ma io volevo difendere i profughi" e affermare che "l'immigrazione di massa equivale a importare nuovi schiavi". Per il ministro "qualcuno non è stato in grado di leggere o di ascoltare quello che c'era da leggere e ascoltare. Mi resta il dubbio che a questo organismo sia arrivata una traduzione in francese non corretta".

Ue "partnership con l'Africa"
"La nostra posizione nei confronti dell'Africa è abbastanza chiara. Il presidente ne ha fatto una pietra angolare del suo discorso sullo Stato dell'Unione la scorsa settimana insistendo sul fatto che ciò che vogliamo è una partnership con l'Africa e questo su base di uguaglianza", ha detto una portavoce della Commissione, Natasha Bertaud, rispondendo a una domanda sul comunicato dell'Unione Africana per chiedere le scuse al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, per le sue dichiarazioni sui migranti africani. L'Ue vuole arrivare a una "cooperazione rafforzata sul commercio, lo sviluppo e altro", ha spiegato la portavoce.

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Da - https://www.agi.it/politica/migranti_salvini_unione_africana-4394229/news/2018-09-19/


Titolo: ARCANGELO ROCIOLA. Cos'è in definitiva "La Bestia" di Matteo Salvini
Inserito da: Arlecchino - Settembre 23, 2018, 05:24:58 pm
Cos'è in definitiva "La Bestia" di Matteo Salvini
Secondo gli esperti dei social media non esiste una tecnologia in grado di indicare quale tweet scrivere, o tono usare. Qualche dettaglio in più sulla strategia comunicativa del ministro leghista. Che per decidere quando e di cosa parlare si fida delle sue antenne più che di algoritmi e metriche social

Di ARCANGELO ROCIOLA 14 settembre 2018, 08:02

Sui giornali è diventata “La Bestia”. Scritto così, in maiuscolo, come ad enfatizzarne potenza e ferocia. E alla “Bestia” è stato attribuito il merito del successo sui social network del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Eppure della “Bestia” non si sa nulla. Non esiste una traccia, non una voce, né una conferma. Si dice, si scrive, che sia uno strumento in grado di analizzare in tempo reale l’orientamento dei commenti e delle reazioni ad un post. Che ‘suggerirebbe’ su quali temi calcare nel post successivo. Che termini usare. Come moderare dolcezza e cattiveria. Un software che aumenterebbe la viralità della comunicazione, il numero di reazioni, cavalcando paure e aspettative. Ma a crederci sono in pochi, di certo non gli esperti di social media.

Nei codici di quel software, tornando al ‘si dice’, ci sarebbe il segreto della vittoria social di Salvini: 3,1 milioni di fan su Facebook, 869 mila su Twitter, e centinaia di migliaia di persone che seguono le sue dirette, con numeri da sfidare lo share dei programmi televisivi di maggiore successo. In un report condiviso su twitter dal capo della comunicazione social, Luca Morisi, si calcolava che per ottenere l’effetto virale dei suoi post ad una normale fanpage servirebbero investimenti pari a 6,8 milioni di euro al mese.

Come è nato il mito de "La Bestia"
“La Bestia” col tempo si è arricchita di mito, alimentato dai media. È diventata un “complesso e oscuro sistema di algoritmi”, qualcosa che nasconde la sua forza e efficacia nell’incomprensibile ginepraio della programmazione fatta da chissà chi, con quale segreto codice. Come se la Bestia sapesse, indicasse, organizzasse tutto. In alcuni articoli si è addirittura detto che i “complicati algoritmi” della Bestia fossero in grado di ‘suggerire’ i post del vicepremier.

"Su questo si sono scritte pagine e pagine di analisi", ha detto lo stesso Salvini in un'intervista a Enrico Mentana del 10 settembre scorso (min. 1.42), "Così anche sulla narrazione: chissà cosa c'è dietro, chissà quale profilazione per capire quale messaggio dare. Ma in realtà nessuno mi suggerisce quando condividere le cose e le decido in base a quello che succede ogni giorno". E ancora (min. 8) "Facebook all'inizio non lo volevo nemmeno aprire, e ho ceduto a Whatsapp solo recentemente. Non c'è niente di studiato, molto viene dalla spontaneità". E infine (min 11): "Mi attaccano perché comunico bene. No, tu puoi avere tutte le tecniche di comunicazione possibile, ma se non hai niente da dire, un'idea, un progetto, puoi usare le migliori parola ma la gente guarda sempre il contenuto".

Ma se della Bestia non si sa nulla, nel senso che non si sa quale siano gli strumenti usati dal team di Salvini, e inutili sono stati finora i tentativi di carpirne una sfumatura da parte dei media (anche Agi ha provato a contattare il team al seguito di Morisi, chiuso in uno strettissimo no comment). Nemmeno la paternità del suo nome è certa. Di sicuro non è della stampa. Sarebbe degli stessi dirigenti della Lega, almeno secondo quanto ha detto in un’intervista che ha fatto assai discutere negli ultimi mesi lo ’spin doctor digitale’ Alex Orlowski. Ad AGI Orlowski ha confermato che il nome è del team di Morisi. “È così che lo chiamano, hanno anche registrato un dominio nel 2016, liberalabestia.it”. Dietro il dominio (che oggi è libero) però non c’è un sito, e stando all'archivio di Internet non c'è mai stato.

Cosa dicono gli esperti di social media a proposito de "La Bestia"
Eppure al momento non sembra esistere nessuno strumento in grado di suggerire, o peggio, scrivere i post, i tweet di un politico o di un’azienda, garantendone l’efficacia. Su questo tutti gli esperti di social media sono concordi. “La Bestia”, ha spiegato ad AGI Vincenzo Cosenza, uno dei massimi esperti italiani sull’argomento ’“probabilmente altro non è che un semplice strumento di monitoraggio della rete. Un tool in grado di leggere commenti e conversazioni che riguardano un argomento specifico, come ce ne sono tanti in giro. Certo non ho informazioni dirette e non conosco il lavoro dello staff del ministro, ma niente lascia intendere che sia qualcosa di diverso da uno strumento di analisi del sentimento della rete”. Un listening tool, lo chiamano, uno strumento di ‘ascolto’, che offre a chi lo legge informazioni su quanto si parli bene o male di ‘topic’, argomenti specifici.

Ma a chi serve? chi aiuta? “Chi sa leggerli, ovvero i social media manager. Questi strumenti mettono sotto osservazione delle parole chiave (keyword)”, continua Cosenza, “scarica tutti i dati raccolti e offre una fotografia del sentimento della rete in tempo reale. Ma da qui ad immaginare un algoritmo che vada a determinare in automatico il tema di un tweet mi pare francamente fantascienza. Questo è quello che fanno i social media manager, non gli algoritmi. Sono loro che sanno cosa scrivere, dopo l’analisi dei dati del software. E poi il social media manager di un’azienda, di un partito, conosce già i temi di cui deve scrivere, e come scriverne. È la bravura del suo lavoro a fare la differenza. Detto questo, la verità su La Bestia la sanno solo quelli dello staff di Salvini”.

Arte politica e disintermediazione, più che complessi algoritmi
È un po’ come se “La Bestia” fosse lo stesso team dei social media manager, guidato da Luca Morisi, più che il software in sé. “Quello che però mi sembra essere una novità”, continua Cosenza, “è l’uso sistematico di uno strumento del genere. Finora i partiti li hanno usati, ma solo in campagna elettorale. La Lega sembra essere il primo partito ad usarlo sempre, tema dopo tema, discussione sui social dopo discussione. È questo, se confermato, il vero salto di qualità, il vero cambio di passo nella strategia”.

Il costo di questi strumenti, tra l’altro, non è elevatissimo e si aggirano intorno a qualche migliaio di euro al mese. Un prezzo che aumenta in proporzione al numero di messaggi analizzati. Non è escluso, tra l’altro, che il tool in uso dal team di Morisi sia stato sviluppato internamente, dalla sua società, Sistemi Intranet, magari mettendo a sistema un po’ di tecnologie esistenti. E comunque qualsiasi alchimia software non sembrerebbe potersi prendersi il merito, secondo gli esperti, della professionalità di un social media manager che fa bene il suo lavoro.

O del cambiamento del clima politico nel Paese, che, oggi come al tempo di Pericle, è arte del politico saper sfruttare e alimentare.  Vero è che usare sempre il sentimento della rete per la comunicazione, esteso a tutti i partiti, a tutti i leader, potrebbe portare ad un clima di campagna elettorale permanente.

“È vero”, chiosa Cosenza, “Ma non è detto che debba essere usato solo per inasprire i toni. L’output di questi strumenti è quantitativo: sono dati, grafici, quello che se ne fa è scelta di chi poi gestisce la comunicazione sui social”. Ed è un lavoro umano, che al momento pare impossibile da sostituire. La tecnologia è uno strumento. Saperla usare, nel bene o nel male, è un merito che la trascende.
@arcangeloroc

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Titolo: L'obiettivo di Matteo Salvini in visita ufficiale a Mosca È il secondo viaggio..
Inserito da: Arlecchino - Ottobre 19, 2018, 04:25:08 pm
L'obiettivo di Matteo Salvini in visita ufficiale a Mosca
È il secondo viaggio in Russia da quando è al governo.
L'obiettivo del vicepremier è lavorare per una soluzione alle sanzioni dell'Ue alla Russia

Di MARTA ALLEVATO 16 ottobre 2018, 22:22

Visita lampo a Mosca per Matteo Salvini, che in qualità di vice premier arriva nella capitale della Federazione, su invito di Confindustria Russia, per incontrare il mondo del business italiano, che continua a fare pressing per la fine delle sanzioni, allarmato da quella che ormai appare la perdita irreversibile di quote di mercato. 

“Le sanzioni sono un’assurdità”
“Torno per l'ennesima volta in Russia perché è in corso, a livello europeo, il dibattito se rinnovare a tempo indefinito le sanzioni economiche contro questo Paese - ha detto Salvini dall'assemblea di Confimi Industria - sanzioni che ritenevo, ritengo e riterrò sempre un'assurdità sociale, culturale ed economica”.

Per il leader leghista - tra i primi in Italia, nel 2014, a scagliarsi contro le misure punitive volute da Bruxelles per l’annessione della Crimea e la guerra in Ucraina - le sanzioni “ci stanno precludendo un mercato”. “Non vado lì perché mi pagano in rubli, come scrive qualcuno", ha spiegato Salvini, bensì perché oggi i problemi “si risolvono con il dialogo, non con l'embargo”.

Ritorno dopo i Mondiali
È la seconda visita ufficiale a Mosca da quando Salvini è al governo e avviene ad appena tre mesi di distanza dall’ultima: il ministro dell’Interno, il 15 luglio, era in Russia ad assistere alla finale del campionato del mondo di calcio e, in quell’occasione, ha avuto serie di incontri, tra cui quello col suo omologo, Vladimir Kolokoltsev. Al centro dei colloqui, ci sono stati i temi cari all’agenda leghista: sicurezza, sanzioni e contro-sanzioni; ai partner russi ha ribadito la volontà del governo di mettere fine alle misure punitive europee “entro la fine dell’anno” e in conferenza stampa non ha escluso, come “ultima ratio”, anche un veto italiano al rinnovo delle restrizioni, in vigore da quattro anni.

Mosca scalpita
Ma dopo le promesse e le dichiarazioni d’intenti, oggi sia Mosca che le imprese italiane reclamano passi concreti. Ad agosto, interpellata dall’Agi, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha avvertito: “Se l’Italia non cancella le sanzioni, significa che le appoggia”. “Abbiamo bisogno che il governo ascolti la nostra voce, comprenda come le imprese stanno soffrendo e fornisca sostegno, attraverso canali politici”, ha tenuto a sottolineare il presidente di Confindustria Russia, Ernesto Ferlenghi, alla vigilia dell’incontro con Salvini, snocciolando i dati.

Sette milioni al giorno
“Dall'introduzione delle sanzioni - ha spiegato Ferlenghi al giornale Izvestia - le esportazioni italiane in Russia, che nel 2014 avevano raggiunto i 14,5 miliardi di euro, sono diminuite di un terzo. In questo periodo, gli esportatori italiani hanno perso 7 milioni di euro al giorno”.

“Abbiamo perso parte del mercato russo - ha denunciato il presidente di Confindustria Russia - perché i nostri concorrenti, aziende tedesche, francesi e soprattutto cinesi, negli ultimi due anni e mezzo sono cresciuti molto, mentre noi non abbiamo nemmeno ripristinato il livello pre-crisi”. 

Ospite d’onore
Il dialogo tra Salvini e la business community italiana è previsto a partire dalle 16.30 (le 15.30 in Italia) all’hotel Lotte, nell’ambito dell'Assemblea Generale di Confindustria Russia, che si svolgerà sotto il titolo "Italia-Russia: sfide e prospettive delle relazioni economiche, industriali e commerciali". Il vicepremier, che nella sua visita non avrebbe in programma colloqui con le istituzioni russe, sarà "l'ospite d'onore" dell’incontro, a cui si sono accreditate oltre 700 persone, tra cui manager di grandi e piccole e medie imprese italiane di diversi settori: energetico, agro-alimentare, costruzioni, oil&gas equipment, servizi e moda. E’ prevista la presenza anche di rappresentanti del ministero degli Esteri e del mondo imprenditoriale russo. 

Se le banche dicono di no
Uno dei problemi su cui insiste Confindustria Russia è la difficoltà delle imprese di ottenere finanziamenti da banche italiane. “E’ diventato sempre più difficile - ha spiegato Ferlenghi - perché vengono poste molte domande, a chi e cosa vendete, il cliente è o no nella lista dei sanzionati”. Da parte di Salvini, gli imprenditori italiani si aspettano di "sentire quale visione hanno lui personalmente e il governo italiano" sui rapporti con Mosca. "

Per noi il vicepremier è una sorta di garanzia che gli interessi del business in Russia saranno presi in considerazione", ha sottolineato Ferlenghi, dicendosi "sicuro" che sia la visita del vice premier, che quella imminente del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, saranno "di successo" e contribuiranno allo sviluppo dei rapporti con la Russia.

Il precedente di Moavero
La missione di Salvini segue quella del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che l’8 ottobre a Mosca ha visto l’omologo, Serghei Lavrov, e il ministro dell’Industria, Denis Manturov, e precede quella del premier Conte, atteso nella capitale russa il 24 ottobre, per una visita incentrata sui temi economici e i colloqui con il presidente Vladimir Putin.
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Da - https://www.agi.it/estero/salvini_russia_sanzioni-4494815/news/2018-10-16/


Titolo: Il governo ci ripensa: pensioni e reddito andranno in manovra Di VALENTINA CONTE
Inserito da: Arlecchino - Novembre 03, 2018, 08:44:00 pm
Manovra, Di Maio e Conte contro Giorgetti: "Il reddito di cittadinanza si farà"
Dopo le perplessità del sottosegretario a palazzo Chigi: "Complicazioni non indifferenti". Il ministro dello Sviluppo Economico torna in diretta Facebook anche su vitalizi e tagli all'editoria

02 novembre 2018

Per Luigi Di Maio reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni si faranno "per decreto". Il ministro dello Sviluppo Economico lo annuncia in diretta su Facebook: "Il reddito di cittadinanza, pensioni di cittadinanza e quota 100 ci sono nella legge di bilancio: chi dice che non ci sono sta dicendo bugie", perché "in manovra ci sono i soldi, c'è la ciccia", afferma. "Ma le norme regolamentari non possono stare lì" perciò "dopo la legge di bilancio, magari a Natale o subito dopo, si fa un decreto con le norme per reddito e pensioni di cittadinanza e riforma della Fornero. Lo faremo con un decreto, non un ddl perché ci vorrebbe troppo e c'è emergenza povertà".

Il governo ci ripensa: pensioni e reddito andranno in manovra
Di VALENTINA CONTE

Il provvedimento-bandiera del Movimento però non è esente dai rilievi critici, che arrivano anche dai coinquilini al governo. Dice Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio della Lega, nell'ultimo libro di Bruno Vespa: "Il reddito di cittadinanza ha complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso".

Un giudizio tranchant, cui fa seguito un'altra riflessione che rimette distanza rispetto all'alleato M5s. "Ritengo che lo Stato debba fare la sua parte, visto che il credito e il risparmio sono protetti dalla Costituzione", sostiene Giorgetti. "Lo stato - aggiunge - deve perciò ricapitalizzare le banche che ne hanno bisogno, salvo uscire quando si sono risanate. Si è fatto spesso storicamente, nei momenti di crisi finanziaria". Di Maio ha apertamente detto in passato che non intende mettere "un soldo dei cittadini" nelle banche.

A Giorgetti, dalla Tunisia, dov'è in visita, risponde anche il premier Giuseppe Conte: "La riforma del reddito di cittadinanza partirà l'anno prossimo. Siamo ben consapevoli tutti che va fatta con molta attenzione: è la ragione per cui non è stata inserita adesso, teniamo farla bene e con tutti i dettagli. Non entro nel merito delle cifre a copertura del reddito di cittadinanza, c'è la liberà di stampa: quello che conta è quello che scrive il governo. Le cifre le facciamo noi, avendo contezza dei dati Istat decidendo noi la platea: le altre non contano. Ci sono le risorse per finanziare il reddito che vogliamo sia per finanziare le riforma della legge Fornero"

"Le lettere il governo italiano le spedisce, ma incontrerò Juncker e gli spiegherò il senso della manovra", ha aggiunto Conte. "Tutti possono fare manifestazioni - ha aggiunto parlando dell'iniziativa di Salvini del prossimo 8 dicembre - ma è il governo a interloquire con le istituzioni europee".

Cosa intende Conte lo precisa meglio subito dopo: “Nelle prossime settimane ci tengo a illustrare personalmente i contenuti della manovra a Juncker e a spiegare come sia il frutto di un lavoro serio e responsabile. Ma - conclude Conte - rimane il fatto che io come Presidente del Consiglio interloquisco con le istituzioni europee, mi siedo io al tavolo con loro e caratterizzo io il tono dell'interlocuzione con loro, con cui, come ho già detto, ho avviato un dialogo costruttivo"

"Sul fronte della lotta all'immigrazione illegale ho illustrato a Conte gli sforzi compiuti dalla Tunisia, ringraziandolo per i mezzi forniti dall'Italia", ha spiegato il premier tunisino Youssef Chahed, nel corso della conferenza stampa congiunta con il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. "Ho espresso anche la disponibilità della Tunisia di trovare nuove vie di collaborazione con un approccio economico globale in modo da organizzare l'immigrazione legale. La Tunisia - ha concluso il premier tunisino - è anche attenta alla conferenza di Palermo e apprezza il ruolo attivo dell'Italia".
 
Oggi, sempre dal social, Di Maio torna anche sul tema dei vitalizi e sulla misura prevista dalla legge di Bilancio. Con la manovra "diciamo ai consiglieri regionali che o si tagliano i vitalizi o noi tagliamo i trasferimenti per le spese di funzionamento, se i consiglieri non si tagliano il vitalizio noi tagliamo ai consiglieri regionali gli stipendi".

E in merito ai tagli all'editoria, un tema su cui anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha raccomandato cautela in difesa della libertà di stampa, aggiunge: "Li vedrete nella legge di bilancio nei prossimi giorni. Non li abbiamo approvati in Cdm perché stiamo vedendo bene le norme: qualcosa sarà aggiunto con emendamento nella piena autonomia del Parlamento".

"La Lega ha difeso le testate locali che spesso raccontano il Paese molto meglio dei giornali nazionali. Ma vanno finanziati in maniera meritocratica: voglio investire magari per far nascere nuovi giornali e non per tenere quelli che restano aperti solo per prendere i finanziamenti", conclude il vicepremier pentastellato.

Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/11/02/news/manovra_di_maio_decreto_a_natale_per_quota_100_e_reddito_di_cittadinanza_-210604959/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr


Titolo: La segretaria di Bossi spiega come sono spariti i 49 milioni della Lega
Inserito da: Arlecchino - Novembre 05, 2018, 05:59:11 pm
La segretaria di Bossi spiega come sono spariti i 49 milioni della Lega

Liberarsi dei dipendenti, fedeli al partito, per poter assegnare consulenze costosissime senza che nessuno protestasse. Nuovo capitolo dell'inchiesta di Tpi sulle rivelazioni di Daniela Cantamessa

05 novembre 2018, 09:20

 
Liberarsi dei dipendenti, fedeli al partito, per poter assegnare consulenze costosissime senza che nessuno protestasse. Nel nuovo capitolo dell'inchiesta sulle rivelazioni di Daniela Cantamessa, Tpi ricostruisce il clima in via Bellerio dopo le dimissioni di Umberto Bossi da segretario della Lega.

“All’epoca avevamo 40 milioni in cassa”, ricorda Cantamessa. “Tutte le attività vennero esternalizzate con spese allucinanti e il personale interno fu liquidato, nonostante costasse solo 4 milioni all’anno. Cosa pensammo? Che ci fosse in atto un’azione per chiudere la Lega”.

L'ex segretaria di Bossi aggiunge che fu “Giorgetti (Giancarlo, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ndr) a dire che bisognava mettere da parte un milione di euro per incentivare il personale a licenziarsi”.

Dopo la prima parte dell’inchiesta di TPI, la donna è stata interrogata dai pm di Genova che indagano sulla scomparsa di 49 milioni dalle casse del partito. La cacciata dei dipendenti, secondo Cantamessa, sarebbe stata perfettamente funzionale all’operazione. “Il concetto era semplice”, spiega. “Io prendo dei mercenari e li pago per fare ciò che devono fare. I dipendenti, essendo anche militanti, avrebbero certamente rotto le scatole. Perciò andavano licenziati”.

E i licenziamenti effettivamente ci furono, ricostruisce Tpi: tra il 2015 e il 2017 la quasi totalità dei dipendenti leghisti venne messa in mobilità.

Tpi ha anche intervistato due ex impiegati del Carroccio, Roberto Callegari e Andrea Tampieri, che hanno confermato le parole di Cantamessa. “Dopo le dimissioni di Bossi tutti i soldi sono stati sperperati “, dicono. “Fu acquistato, ad esempio, un nuovo programma di contabilità che poi si rivelò inutilizzabile. Il costo, in questo caso, fu di 80mila euro. Anche altre attività furono esternalizzate, comprese quelle relative ai nostri licenziamenti. Siccome non avevano le palle per lasciarci a casa, il lavoro sporco lo hanno fatto fare” a una società di consulenza.


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Da - https://www.agi.it/politica/lega_49_milioni_segretaria_bossi-4567616/news/2018-11-05/


Titolo: Salvini in ruspa scatena gli ultrà
Inserito da: Arlecchino - Novembre 29, 2018, 08:48:05 pm
Salvini in ruspa scatena gli ultrà

Pubblicato il: 26/11/2018 16:19

Parola d'ordine "ruspa". Il leader leghista sale sul mezzo pronto per abbattere le villette abusive dei Casamonica, e il 'popolo di Salvini' si scatena. E' tripudio per il vicepremier - giunto in via Roccabernarda insieme al Governatore del Lazio Nicola Zingaretti per assistere ai lavori di smantellamento delle proprietà -, che sulla pagina Facebook raccoglie l'entusiasmo e gli applausi virtuali di chi di volta in volta lo chiama "Capitano", "mito", "grande" ma anche "sceriffo" e "salvatore dell'Italia”. “Distruggi tutto", "ruspagli anche le macchine", "tira giù tutto", scrivono entusiasti, "continua così" l'incitamento per il ministro "implacabile contro l'illegalità e il marcio che abbiamo nella nostra bella Italia". "Siamo fieri di te!", ripetono come in un mantra di commento in commento, dove il ministro diventa "la speranza", "il futuro del Paese", "il migliore", "il più forte" contro "l'ilLEGAlità". Un trionfo, insomma, che scalda gli animi degli ultrà del leader del Carroccio, alcuni dei quali forse fin troppo galvanizzati dagli eventi.

Capita infatti che fra i commenti di chi vorrebbe "salire con te sulla ruspa" per "fare piazza pulita", spunti anche chi non riesce a nascondere - e a contenere, trattandosi della pagina ufficiale di un ministro - il fastidio per i Casamonica, definiti "zingari di m...." ma anche "rom stramaledetti" che sarebbero "la peggiore razza che esista". E a chi, rom, prova a contestare gli insulti - "Siamo essere umani … prima di giudicare conosci poi...parla..." - la risposta è agghiacciante: "Proprio umani certe persone non le definirei ... trai le tue conclusioni". "Ci potevi sparare", invece, la risposta alla signora che lamenta diversi furti da parte dei nomadi. Una rabbia che monta e che talvolta sfugge di mano: "Bruciateli", "basta rom e neri", "gli zingari e i neri devono sparire dall'Italia...specialmente ladri e assassini", "prima gli italiani puri", scrivono incuranti delle conseguenze.

Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/11/26/salvini-ruspa-scatena-gli-ultra_xYwb3b7l9Er83VZxSFG5uK.html


Titolo: Salvini: "Serve unità, non odio. Datemi mandato per trattare con l'Ue.
Inserito da: Arlecchino - Dicembre 09, 2018, 06:07:49 pm

Lega in piazza, Salvini: "Serve unità, non odio. Datemi mandato per trattare con l'Ue.
Poteri forti contro di noi “Lega in piazza, Salvini: "Serve unità, non odio. Datemi mandato per trattare con l'Ue. Poteri forti contro di noi"
Il vicepremier sul palco con la felpa della polizia.
Attacca l'Europa degli "zerovirgola", ma cita anche De Gasperi, Luther King e Wojtyla. Bussetti fa l'elogio del crocifisso in classe.
Fontana rivendica i presepi nelle scuole: "Occupiamoci di fare figli, non dei migranti". Da Giorgetti appello al buonsenso nei rapporti con l'Unione

Di GOFFREDO DE MARCHIS E CARMELO LOPAPA
08 dicembre 2018

Una manifestazione che parte con un minuto di silenzio per la strage nelle discoteca vicino ad Ancona. Il carattere politico dell'adunata del Carroccio in piazza del Popolo - nel cuore di Roma - è in parte modificato in corsa per il lutto della tragedia nelle Marche. E il protagonista, Matteo Salvini, si divide nelle prime ore della mattinata tra interventi sulla dinamica della strage e inviti a manifestare in piazza. Con tanto di tweet di mobilitazione per i militanti del Carroccio. La macchina social però non si ferma. E la piazza è piena.

Salvini da Luther King a De Gasperi a Wojtyla
Alle 11, puntuale, il Capitano - come lo chiamano i suoi - si presenta sul palco con la felpa della polizia. Prova a caricare i suoi: "Ce la metteremo tutta per far tornare l'Italia grande". Poi lascia spazio agli altri ministri leghisti. Alle polemiche sulla mancata cancellazione della manifestazione aveva già risposto: "Oggi a Roma ci saranno 50mila, centomila persone che in maniera composta e pacifica vogliono ragionare sul futuro del Paese, con la preghiera per chi crede, con totale rispetto e vicinanza alle vittime della tragedia nelle Marche". Poi torna sul palco per il gran finale. Alle 12.20 sulle note di "Vincerò" della Turandot di Puccini, con la mano sul cuore, avvolto dai fumogeni. Stavolta senza maglione della polizia. E pronuncia un discorso non improntato alla polemica. Chiede unità, anzi. "La vita è troppo breve per perdere tempo in odio e polemiche questa è una piazza di amore e di speranza la lasciamo ad altri la violenza. Le forze dell'ordine con la Lega in Piazza sono disarmate e sorridenti. Martin Luther King diceva che per farsi nemici basta dire quello che si pensa. C'è bisogno di unità e di concordia". Cita Giovanni Paolo secondo, De Gasperi. E Dio, continuamente. E il "santo Natale" e il "santo presepe".

Manifestazione della Lega, Salvini: "Noi prima forza del Paese". Bagno di folla finale
Assicura di voler governare con buonsenso. Anche se non risparmia il consueto attacco all'Europa degli "zerovirgola". Poi chiede "il mandato di andare a trattare con l'Ue non come ministro ma a nome di 60 milioni di italiani che vogliono lasciare ai loro figli e nipoti un'Italia migliore. Se c'è il vostro mandato non abbiamo paura di niente e di nessuno". E non risparmia l'attacco ai poteri forti: "Siamo nel giusto se sono contro di noi". Ringrazia "Luigi" (Di Maio, ndr) per i Cinquestelle. Ma avverte: "Questo governo non introdurrà alcuna tassa". Chiude evocando Papa Francesco - non sempre apprezzato negli ambienti leghisti - e il suo omaggio alla statua dell'Immacolata in piazza di Spagna: "Se qualcuno di voi vuole restare...". Conclude perfino con un appello all'opposizione: "Uniti si vince".

 La piazza è stracolma. In tutto sono stati mobilitati duecento pullman e tre treni speciali. La martellante campagna sui social all'insegna degli hashtag  #primagliitaliani o  #dalleparoleaifatti ha funzionato.

I tipici canti di Natale e video di Matteo Salvini contro la Fornero hanno accolto l'arrivo dei leghisti. Molti i gruppi dal Sud, in particolare Sicilia e Calabria. Accanto agli inni al "Capitano", negli striscioni attacchi all'euro e la parola d'ordine "rivoluzione".

Dai ministri inno alla tradizione e all'identità cristiana
La prima ministra a salire sul palco, dopo il vicepremier, è Giulia Bongiorno che scalda la folla con slogan del tipo legge e ordine. "Basta ai premi per coloro che vengono trovati in flagranza di reato, che uccidono. Massima garanzia fino al terzo grado di giudizio. Ma se hai ucciso, no a sconti di pena per i reati puniti con l'ergastolo". Dal ministro della Famiglia Lorenzo Fontana un inno alla tradizione cristiana. Fa l'elogio del presepe nelle scuole e delle famiglie numerose "minacciate dal globalismo che vuole rendere le persone macchine senza identità". Il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, rivendica "il crocifisso nelle classi. Essere tolleranti non significa rinunciare ai propri valori nascondendoli". Poi è la volta dei governatori leghisti: Zaia, Fedriga, Fontana. Infine, l'appello al buonsesno del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti che parla di un governo responsabile anche in Europa.

Le polemiche sulla manifestazione nel giorno di lutto
All'opposizione la scelta di confermare la manifestazione nonostante la strage nelle Marche non è piaciuta. Il primo ad attaccare è il capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci: "In una giornata di dolore per la tragedia di Ancona, trovo incredibile che il ministro degli Interni confermi la manifestazione politica del suo partito". Critico anche Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri: "Per me, oggi, l'unica voce da ascoltare è quella intima del dolore e della pietà. E le uniche parole da pronunciare sono quelle delle suppliche rivolte al Cielo. Ognuno, però, decide secondo coscienza e ne risponde solo a quella: se riesce a gestire le emozioni vada pure in piazza a manifestare perché, ripeto, davanti a una tragedia simile non esistono regole ma solo buon senso".
Ci vuole anche un po’ di fortuna: giornata pazzesca a Roma, sole caldissimo su piazza del Popolo.  I bresciani si spogliano, i lucani con il piumino!!! #lega



Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/12/08/news/salvini_manifestazione_lega_tragedia_discoteca_corinaldo-213720781/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr


Titolo: MARCO TARDELLI - GIANCARLO GIORGETTI
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 20, 2019, 09:32:55 pm
Caro Giorgetti, dalle parole ai fatti. Ma senza buttare il buono che c'è

Pubblicato il 18/01/2019

MARCO TARDELLI

Tante turbolenze negative nel mondo dello sport. Troppe. Per questa ragione vorrei scrivere la mia lettera a Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport.

Caro Giancarlo, mi rivolgo col «tu» perché siamo tra sportivi. Sei approdato in un mondo pieno di contraddizioni ed è apprezzabile il tuo impegno per cambiare i mali che ci affliggono. Che sono molti e diversi. Tutti declamano di voler tenere lontana la politica dallo sport ma poi è proprio con lo sport che hanno fatto politica. Ci sono Federazioni trasformate in feudi ad uso e consumo del Presidente di turno e dove gli eletti sono prescelti in modo bizzarro. I controlli dovrebbero essere più severi e trasparenti e spesso non lo sono. Si sbandiera l’intento di avvicinare la scuola allo sport, ma si sa che ciò non avviene. Anche il fair play lascia a desiderare: tutti ne parlano, pochi lo praticano. È sulla bocca di tutti ma non nei fatti. Bisognerebbe organizzare una task force di sportivi che dovrebbero lavorare con i genitori e i ragazzi per diffondere la cultura e l’etica dello sport. Mi piacerebbe vederla come materia d’insegnamento al pari dell’Educazione Civica, da poco utilmente reintrodotta. La nuova società Sport e Salute, che andrà a sostituire Coni Servizi, dovrebbe diventare il braccio operativo per migliorare un mondo che appare disgregato. Il tuo impegno ci incoraggia e crediamo in uno sforzo riformatore nella speranza però che superi gli annunci e le promesse per tradursi in una nuova e organica visione. Tanti sportivi si riconoscono in questo progetto. Sarebbe davvero grave se ci si fermasse alle buone intenzioni proseguendo quell’opera meritoria iniziata con la gestione del Coni di Giovanni Malagò che ha portato a grandi risultati i nostri colori, i nostri atleti.

Sostieni il giornalismo di qualità
Nel nostro sport più popolare, il calcio, si addensano seri rischi di razzismo e violenza, emersi a più riprese. Sono d’accordo con Carlo Ancelotti quando propone di fermare le partite e sono d’accordo anche con te quando paventi problemi di sicurezza e di ordine pubblico. La soluzione, a mio avviso, sta nella prevenzione. I malintenzionati vanno lasciati a casa. Li conosciamo tutti, benissimo, da anni. Prendiamo decisioni coraggiose e coerenti, aiutando i club a tenere lontana la tifoseria pericolosa. Divieto d’ingresso assoluto: questa è la ricetta. Non è impedendo ai tifosi di andare allo stadio o cambiando l’orario di una partita perché considerata a rischio che si risolve il problema della sicurezza e si puniscono i facinorosi.

Caro Giancarlo, il tuo impegno è gravoso e a largo raggio. Bisogna agire con determinazione, ma badando anche a tenere il buono che c’è, perché non tutto è da buttare. Come il bambino e l’acqua sporca. Con rispetto e speranza
Marco
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Caro Tardelli, con buone leggi e buoni esempi lo sport migliora la società
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport Giancarlo Giorgetti risponde a Marco Tardelli che su La Stampa del 18 gennaio l’ha chiamato in causa in merito alla riforma del sistema sportivo
Pubblicato il 19/01/2019 - Ultima modifica il 19/01/2019 alle ore 07:54

GIANCARLO GIORGETTI
Caro Marco,
ti do del tu anche se per me è difficile mettere a cuccia l’emozione che un ragazzo di 15 anni ha provato e che pure non può dimenticare. Tu eri un campione e io, ammirato, ti seguivo quasi con venerazione.

Sostieni il giornalismo di qualità
Ora ancora ti ammiro ma faccio politica. E’ una brutta cosa? Può darsi, spesso, non sempre. Eppure sento di avere una responsabilità perché il fenomeno dello sport è troppo importante perché la politica non se ne occupi.

Esiste una dimensione agonistica di alto livello, una di business, una di educazione e crescita collettiva. La politica ha il dovere di occuparsi in particolare di quest’ultima, con rispetto e senza strumentalizzazioni. Credo e spero di incarnare con umiltà questo spirito, con passione e senza alcun interesse se non l’ambizione di far crescere il movimento sportivo dove le carenze sono più evidenti. In primo luogo la scuola, luogo dove valorizzare la pratica sportiva in chiave sociale ma anche preventiva nella dimensione sanitaria.

Questo governo riconoscerà importanti risorse per queste finalità ed è importante che esse siano usate nel modo migliore possibile.

Nelle tue parole, che ho letto con piacere e interesse, hai centrato il tema: lo sport è uno dei luoghi in cui si forma il carattere di tanti giovani, tifosi e auspicabilmente praticanti. Ma lo sport ha anche un’altra funzione formidabile: mi riferisco alla sua azione di inclusione sociale in particolar modo per quanto riguarda lo sport paraolimpico.

Una cosa è certa: aumentare la pratica sportiva rende una società automaticamente migliore. Per questo chi può deve fare buone leggi, altri dare buoni esempi. Quello che è accaduto nelle scorse settimane, gli scontri, un tifoso morto, le violenze fuori dagli stadi ci obbligano a fare di più. Ognuno ha un compito importante da svolgere e mi auguro, caro Marco, che tu voglia dare il tuo contributo. Con generosità e disinteresse, come sempre.

Ciò che di buono esiste, dovrà essere esaltato; ciò che di sbagliato esiste dovrà essere corretto. Solo così, con costanza, lealtà e umiltà, possiamo sperare che gettata l’acqua sporca il bambino cresca bene, sappia vincere, ma, anche e soprattutto, sappia perdere.

Da - https://www.lastampa.it/2019/01/19/cultura/caro-tardelli-questo-governo-riconoscer-importanti-risorse-alla-dimensione-collettiva-dello-sport-sAtZfS9NzCmiPMVv9L4aAK/pagina.html


Titolo: Cosa intende Salvini quando dice che vuole una fase due del governo gialloverde
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 24, 2019, 06:09:19 pm
Cosa intende Salvini quando dice che vuole una fase due del governo gialloverde

Secondo quanto apprende l'Agi, il segretario della Lega in una riunione con i suoi al governo avrebbe detto che non c'è alternativa a questo esecutivo, ma qualcosa dovrà cambiare

Di GIOVANNI LAMBERTI
22 gennaio 2019,11:07

Cosa intende Salvini quando dice che vuole una fase due del governo gialloverde
 Riunione oggi tra Salvini e i membri del governo della Lega. Non si tratta del primo incontro governativo al Viminale e non era questa l'occasione per fare scelte politiche. Ma il 'conclave' - tenutosi al dicastero dell'Interno e durato quasi quattro ore, proprio alla vigilia della congiunta M5s che si terrà stasera - è servito al vicepremier per fare il punto della situazione, riferisce chi era presente (sottosegretari, ministri e vice ministri) e per far partire 'la fase 2'.
Non c'è nessuna alternativa a questo esecutivo, avrebbe ribadito il segretario della Lega, ma serve - questo il ragionamento secondo quanto apprende l'Agi - una maggiore collegialità da parte del Movimento 5 stelle sulle scelte e sui 'dossier' sul tappeto. Il malessere da parte dello stato maggiore del partito di via Bellerio è legato soprattutto ad un deficit di comunicazione che si è creato tra i due contraenti del contratto. Sottosegretari a cui non è stata data ancora alcuna delega o a cui viene negato di andare in missione. Ma anche agli strappi che i pentastellati compiono e che poi - questa la tesi - è difficile ricomporre.

Per Salvini ora è necessario puntare alla crescita
L'ultimo, viene spiegato, sulla nomina dei vertici del parco del Circeo. E poi ci sono i provvedimenti sul tavolo. E non a caso Salvini ha messo in guardia i partecipanti all'incontro di cominciare già a studiare il Def perchè è "dietro l'angolo" ed è necessario puntare alla crescita, imporre una svolta in ambito economico. Anche oggi Salvini con i suoi, viene ancora riferito, ha difeso il rapporto con Di Maio e il reddito di cittadinanza, una misura - ha ricordato - che è nel programma e che dovrebbe portare a far muovere l'economia.

Ma - il giudizio unanime espresso dai dirigenti leghisti e condiviso dal 'Capitano' - la misura andrà migliorata, è di difficile attuazione, manca dell'aumento dei fondi per i disabili, e quindi in questi due mesi occorrerà lavorarci anche perchè la necessità è quella di dover tenere sotto controllo i conti. Ma l'input di Salvini nel puntare già al Def, è quello di accelerare su misure per la crescita e il lavoro.

Oggi al Viminale ogni partecipante all'incontro ha poi illustrato le proprie priorità e i provvedimenti portati avanti. Il sottosegretario al Lavoro Durigon, per esempio, ha fatto un resoconto su 'quota cento'. Ma la fase due del governo si aprirà soprattutto con uno sguardo all'economia (Salvini oggi ha reagito contro l'affondo del Fondo monetario internazionale), il punto fermo sulla politica dell'immigrazione, la legittima difesa e l'autonomia. Non arretreremo di un millimetro, occorre difendere i nostri cavalli di battaglia, il ragionamento del vicepremier leghisti. In diversi hanno posto il tema anche delle infrastrutture, in particolare sulla Tav.

"Nessuna intenzione di mettere in fibrillazione l'esecutivo"
"Anche sulle leggi del Movimento 5 stelle ci sarebbe da fare un'analisi costi/benefici...", la battuta di un sottosegretario, "nessuna intenzione di mettere in fibrillazione questo governo ma le scelte vanno condivise", il 'leitmotiv', "occorre per evitare fratture superare le incomprensioni", anche quelle sorte riguardanti il capitolo delle nomine.

"Il Movimento 5 stelle soffre perché nei sondaggi la Lega è avanti ma è un errore se qualcuno punta a strappare", dice un altro sottosegretario. Nella riunione si è deciso, secondo quanto si apprende, di costituire dei gruppi di lavoro e di stringere sui provvedimenti in agenda. Non solo legittima difesa e autonomia, ma anche per esempio la riforma tributaria, il 'dossier' sulla distribuzione dei tribunali per area geografica, misure per i piccoli comuni, la semplificazione negli appalti.

Salvini - spiegano altre fonti - ha confermato la volontà di andare avanti con M5s ma l'invito, rivolto anche ai suoi e non solo ai pentastellati, è quello di non tirare troppo la corda. La riunione quindi è servita per stilare una sorta di 'cronoprogramma' e di mettere a fuoco la campagna elettorale per le Europee.

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Da - https://www.agi.it/politica/lega_m5s_fase_due_governo-4878973/news/2019-01-22/


Titolo: Lega e fascismo Un paragone impertinente... per il fascismo.
Inserito da: Arlecchino - Febbraio 17, 2019, 10:06:17 pm
Lega e fascismo

Un paragone impertinente... per il fascismo

(21 Settembre 2018)

I risultati elettorali della Lega sono stati enfatizzati sia dai sostenitori sia dagli avversari, col risultato di creare un’immagine di quel partito che è il frutto di una percezione alterata, non corrispondente assolutamente alla realtà. Ho già messo in luce che la Lega «rappresenta, a essere generosi, un’esigua percentuale di elettori (circa il 9%). Minoranza rumorosa, però mal tra insema, come diciamo a Milano, ovvero mal assortita. A ben vedere, è un elettorato che ha un differente, e contraddittorio, peso sociale e quindi politico. Nella Lega, il razzismo è balzato alla ribalta e ha emarginato il localismo/scissionismo delle origini (i bei tempi di Roma Ladrona!), scompaginando, di conseguenza, una base sociale, geograficamente e socialmente, allora ben definita». [Dino Erba, Tanto tuonò che piovve, merda. La misera storia di un pirla lombardo, 28 agosto 2018]

A distorcere la realtà politica, contribuiscono le vare anime dannate della fu sinistra.

In primis, quella sinistra cialtrona (radical chic) che non vede al di là del proprio beato orticello, senza curarsi delle altrui miserie, in Polonia come in Italia. L’ha ben descritta Paolo Mieli in un suo articolone: Opporsi (male) ai populisti («Corriere della Sera», 10 settembre 2018). Il Mieli si guarda bene dal proporre un’alternativa alla miopia politica della sinistra cialtrona, lascia la patata bollente al collega Antonio Polito (Bel mondo antico, «Corriere della Sera», 12 settembre 2018) che, con provocante ironia, esalta la ricetta Monti-Fornero-Renzi..., ovvero il turbo-capitalismo Made in Italy.

Tra l’incudine della sinistra miope (e beata!) e il martello della sinistra turbo-capitalista, si dibattono gli sparsi frammenti della sinistra buonista, in nome di una democrazia che ormai esiste solo nella loro fantasia.

Mistica democratica a parte, il filo conduttore di questa sinistra residuale si fonda su argomenti improntati a una razionalità apprezzabile (condivisibile, sacrosanta ...), ma assolutamente ridicola di fronte a una realtà sociale in cui prevale l’irrazionalità.

Disgraziatamente, questi estemporanei retaggi illuministici contaminano anche ambienti sovversivi radicali che rischiano di logorarsi in esercizi retorici del tutto controproducenti. E su questo rischio occorre fare la massima chiarezza.

Contro la forza, la ragion non vale

Non mi stancherò mai di ripeterlo che l’attuale marasma sociale è frutto della crisi sistemica del modo di produzione capitalistico. Crisi che si avvita su sé stessa, senza offrire alcuno sbocco, almeno per i proletari, per i senza risorse. Per loro, c’è solo un baratro senza fine.

Da oltre vent’anni, a livello mondiale, è in atto un processo di disgregazione economica e sociale (e anche materiale: i ponti che cadono!) che si sta vieppiù accelerando. Dove più dove meno.

I flussi migratori sono l’aspetto più clamoroso della disgregazione economica di interi continenti, a partire dall’Africa.

Non ne è immune neppure l’Occidente, dove le spinte sovraniste riaccendono remoti nazionalismi, tra loro conflittuali, e forieri di pulizie etniche.

Nel campo proletario, la disgregazione sociale provoca la logica: tutti contro tutti. Coinvolgendo gli stessi sindacati «conflittuali». Le eccezioni ci sono, e confermano la regola.

In Italia, questo disastrato scenario fornisce alla Lega argomenti assolutamente irrazionali e pregni di violenza. Un bel cocktail, ma indigesto per i delicati stomachi della sinistra, più o meno cialtrona, e sempre democratica.

Con la sua mistica, la democrazia ricorre ad argomenti altrettanto irrazionali come quelli del fascismo. Con una differenza: la democrazia rifiuta la violenza, la esorcizza, per disarmare gli sfruttati e gli oppressi.

Grazie a questa mistica irrazionale, cent’anni fa, la democrazia mandò i proletari allo sbaraglio nella lotta contro il fascismo. Risultato: lavoro coatto, guerre e stragi.

Oggi, la Lega ricorre alla medesima logica del fascismo: irrazionale e violenta. E i democratici cercano di riesumare la loro mistica altrettanto irrazionale ma NON violenta: la violenza è monopolio dello Stato. I democratici, con l’equazione violenza=fascismo, condannano quei proletari che, alla violenza fascista, rispondono con la violenza proletaria.

Ciò posto, qui finisce ogni riferimento tra fascismo e Lega. Lo scenario storico e sociale è completamente mutato. E il fascismo ha fatto il suo tempo ... resta lo spettro.

In un mare di merda, naviga la Lega

Ieri, contro gli operai, il fascismo fece leva sul livore della piccola borghesia frustrata (bottegai & mezzadri), che oggi è assolutamente marginale.

Oggi, la Lega fa leva sul livore di molti operai italiani rovinati dalle ristrutturazioni industriali, per spingerli contro i proletari «stranieri», fluttuanti e flessibili.

Ieri, il fascismo alternava il bastone alla carota.

Oggi, la Lega di carote non ne ha, e di bastoni ne ha pochi. Preferisce gli sbirri.

La Lega può solo giocare la carta deleteria del «meno peggio»! Un mare di merda, dove molti, troppi, sono contenti quando riescono a tenerne fuori la testa, magari a scapito di altri. I più deboli o i meno fetenti.

In questo mare di merda, la Lega può giocare la sua sporca partita politica, solo perché la crisi sistemica ha completamente sconvolto quella composizione sociale che si era definita nel corso del Novecento.

La Lega lo ha capito. E segue la corrente.

I sovversivi no!

Piaccia o non piaccia: siamo in guerra.

Una guerra senza fronti e senza eserciti. Una guerra dove le alleanze si stringono e si disgregano al minimo soffio di vento. È una guerra liquida e flessibile, come liquida e flessibile è oggi la condizione dei proletari.

Milano, 21 settembre 2018.
Da - https://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o51833


Titolo: La trattativa segreta per finanziare con soldi russi la Lega di Matteo Salvini
Inserito da: Arlecchino - Febbraio 28, 2019, 06:09:57 pm
Esclusivo - La trattativa segreta per finanziare con soldi russi la Lega di Matteo Salvini

Tre milioni di tonnellate di gasolio da vendere a un'azienda italiana: così il piano della Russia per sostenere i sovranisti alle prossime Europee si maschera da scambio commerciale.
Il negoziato, condotto da un fedelissimo del vicepremier italiano, su L'Espresso in edicola domenica 24 febbraio

DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE
21 febbraio 2019

Un affare a sei zeri per finanziare la Lega in vista delle elezioni europee. Un sostegno camuffato da compravendita di carburante. Soldi russi per i nazionalisti italiani del vicepremier Matteo Salvini. Lo stesso che ha dichiarato pubblicamente di non essere interessato ai denari di Vladimir Putin, ma di appoggiarlo per pura sintonia politica.

La trattativa per finanziare la Lega è stata portata avanti in questi mesi nel più assoluto riserbo. Riunioni, viaggi, email, strette di mano e bozze di contratti milionari. Da un lato del tavolo uno dei fedelissimi di Salvini, dall'altro pezzi pregiati dell'establishment putiniano. Al centro, uno stock di carburante del tipo “Gasoil EN 590 standards Udsl”.
Tre milioni per Salvini: la copertina del nuovo Espresso in edicola da domenica 24

Almeno tre milioni di tonnellate di diesel, da cedere a un'azienda italiana da parte di una compagnia russa. Una compravendita grazie alla quale il Cremlino dovrebbe riuscire a rifocillare le casse del partito di Salvini alla vigilia delle europee del prossimo maggio. Il condizionale è d'obbligo, perché non sappiamo se l'affare è stato concluso. Possiamo però indicare con certezza diversi fatti che compongono questa trama internazionale ambientata tra Roma, Milano e Mosca. E soprattutto possiamo raccontare gli obiettivi dichiarati: sostenere segretamente il partito di Salvini.

Il negoziato per finanziare la Lega che troverete sul primo numero del nuovo Espresso in edicola da domenica 24, è solo uno dei capitoli de “Il Libro nero della Lega”, edito da Laterza, in uscita il 28 febbraio.   Un’inchiesta giornalistica sul lato oscuro del partito di Matteo Salvini: dai 49 milioni di euro della truffa, ai candidati impresentabili del Sud Italia fino, appunto, all’internazionale sovranista, che da Mosca arriva fino a Washington passando per il Vaticano.

Ma torniamo alla trattativa per il finanziamento. Il protagonista che ha tessuto nell'ombra la ragnatela di relazioni VEDI ANCHE:

Quei 3 milioni russi per Matteo Salvini: ecco l'inchiesta che fa tremare la Lega
Un incontro segreto a Mosca. E una trattativa coi russi per finanziare la Lega. L'escamotage: una mega partita di gasolio. Il disegno: aiutare i sovranisti a vincere le elezioni europee utili al ministro è l’ex portavoce del vicepremier, Gianluca Savoini. L'uomo attorno al quale ruota tutta questa vicenda. «Il consigliere» di Matteo: questo è il ruolo affibbiatogli dai media russi negli articoli in cui si lodano le attività della sua associazione Lombardia-Russia e le prese di posizione della Lega contro le sanzioni imposte dall’Europa alla Russia. Pur non avendo un ruolo ufficiale né nel partito né nel governo, Savoini è sempre stato presente durante le visite ufficiali di Salvini a Mosca. Ha sancito l’alleanza tra la Lega e il partito di Putin, Russia Unita. Ha fatto decine di viaggi a Mosca, in Crimea e nel Donbass. E ha condotto fin dall’inizio il negoziato per il finanziamento russo.

Tutto ha inizio a luglio scorso. Savoini esplora prima una pista che porta a un palazzo di Mosca dove hanno sede le più grandi compagnie petrolifere del mondo e anche le società di uno degli uomini più ricchi di Russia. Non un paperone qualunque, ma un avvocato, ortodosso, anti abortista e anti gay a capo di un impero economico e fortemente legato al progetto sovranista europeo.

Nella sequenza in basso le foto scattate dai nostri giornalisti tra il 17 e il 19 ottobre a Mosca.

Ma la data più importante in questo intrigo è il 18 ottobre 2018. La data in cui avviene una riunione di cui siamo stati testimoni. È passata solo qualche ora dalla visita di Matteo Salvini a Mosca. Infatti, il giorno prima, il 17, il vicepremier e ministro italiano era stato ospite del convegno organizzato da Confindustria al Lotte Hotel. Una trasferta russa conclusa con un incontro riservato che il leader della Lega non ha voluto pubblicizzare. Abbiamo chiesto al ministro Salvini se dopo il convegno ha incontrato il suo omologo del Cremlino Dymitri Kozak in un luogo ben preciso. Gli abbiamo inviato domande specifiche a due indirizzi mail, tra cui quella del Senato, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
Il civico dove ha sede l’ufficio...
Il civico dove ha sede l’ufficio dell’avvocato Pligin, qui Salvini avrebbe incontrato Kozak

Torniano, dunque, al 18 ottobre. La mattina all’hotel Metropol di mosca sono stati definitivi alcuni dettagli dell’affare. Da un lato Gianluca Savoini e altri due italiani. Dall'altro lato del tavolo nella hall dell'albergo, gioiello architettonico dei primi del '900, tre russi. Di cosa hanno parlato? Dell'affare destinato a sostenere le finanze leghiste, per irrobustirle in previsione delle Europee di maggio prossimo: una fornitura di 250 mila tonnellate metriche di gasolio Usld al mese per un anno. In totale fanno 3 milioni di gasolio in 12 mesi. E, stando a quanto stabilito in quella riunione del Metropol, almeno altrettanti milioni di euro destinati al partito di Matteo Salvini.

Era il 18 ottobre 2018. Nel momento in cui abbiamo terminato questa inchiesta giornalistica, non sappiamo com’è andato a finire l’affare, se l’accordo è stato siglato e in che termini. Se quello che abbiamo ascoltato si è tradotto in pratica, però, ci troveremmo di fronte a un clamoroso paradosso: un partito nazionalista, la Lega di Salvini, finanziato per la prossima campagna elettorale europea da un’impresa di Stato russa. Insomma, la principale forza di governo italiana sostenuta da Putin, nemico numero uno della Ue. Il tutto discusso a Mosca da un uomo, Savoini, che non avrebbe alcun titolo per occuparsi di petrolio né tantomeno di finanziamenti della Lega.

L'inchiesta integrale sul prossimo numero dell'Espresso in edicola il 24 febbraio è già disponibile per gli abbonati a ESPRESSO+

"Oggi come ieri chi detiene il potere sostiene che il giornalismo sia finito e che meglio sarebbe informarsi da soli. Noi pensiamo che sia un trucco che serve a lasciare i cittadini meno consapevoli e più soli.

Questa inchiesta che state leggendo ha richiesto lavoro, approfondimento, una paziente verifica delle fonti, professionalità e passione. Tutto questo per noi è il giornalismo. Il nostro giornalismo, il giornalismo dell’Espresso che non è mai neutrale, ma schierato da una parte sola: al servizio del lettore.

Continuate a leggerci, seguirci, criticarci in questo luogo di inchieste, idee, dibattiti, racconto della realtà che è il nostro giornale".

MARCO DAMILANO

Da - http://espresso.repubblica.it/inchieste/2019/02/20/news/esclusivo-lega-milioni-russia-1.331835?fbclid=IwAR2gcyTBQ7Z_CdhBDdO7RINvIPGtDwCBYwy9uE_-0BN1l3mBNvsDBUEkCAE


Titolo: Salvini: giusto voto su Rousseau, il governo va avanti a prescindere da me
Inserito da: Arlecchino - Marzo 04, 2019, 04:32:17 pm
Salvini: giusto voto su Rousseau, il governo va avanti a prescindere da me

Il vicepremier interviene a "Non è l'Arena" su La7: "Senza Conte e Di Maio non avrei mai fermato gli sbarchi, sulla Tav troveremo un accordo"

17 febbraio 2019, 22:21

Giusto ascoltare gli italiani, "e spero che non finisca come a Sanremo e che ci sia una cosa più trasparente...". Lo ha detto il vice premier Matteo Salvini questa sera a 'Non è L'Arena' su La7 a proposito della consultazione online sulla piattaforma Rousseau a cui domani sono chiamati gli aderenti al M5s per pronunciarsi sull'autorizzazione a procedere o meno da parte della Giunta del Senato nei confronti del ministro dell'Interno per il caso Diciotti. "Chiedere alla base non è scaricare responsabilità", ha aggiunto, sottolineando che "l'eventuale processo non mi farà cambiare idea, come vada vada".
Si deve decidere "se quanto fatto è stato nell'interesse pubblico del Paese o perché non sapevo che fare in quel momento. Anche i sassi in Italia sanno che arrivato al governo, Salvini avrebbe fatto il possibile, in maniera civile, per fermare gli sbarchi. i numeri non mentono: meno persone partono, meno persone muoiono; e meno persone partono, meno soldi per gli scafisti". Il governo va avanti, "l'Italia è troppo importante per dipendere da Salvini. A prescindere da quello che si deciderà pro o contro Salvini", ha aggiunto il ministro.

"Senza Conte e Di Maio non avrei mai fermato gli sbarchi"
Il presidente Conte e Di Maio sono persone serie, corrette, coerenti. Senza di loro non sarei riuscito a fermare gli sbarchi", ha proseguito il vicepremier, "intendo andare avanti. Non penso di dare fastidio se intanto mangio, dormo, guardo il Milan, guardo la tv, se ho una vita normale che dà fastidio ai professoroni di sinistra. Ho un sacco di difetti, non sono un genio, non sono un salvatore della patria ma se mi metto in testa qualcosa, l'ottengo. Quello che dico faccio, con il maglione o con la camicia".

"Vinciamo perché siamo modello di concretezza"
Il recentissimo successo elettorale della Lega in Abruzzo ha una spiegazione: "Alla Lega viene riconosciuto il buon governo in tanti Comuni e in tante regioni, per molti italiani è modello di concretezza, di buona amministrazione". Il ministro dell'Interno ha aggiunto che l'attuale governo italiano "e' l'unico tra i governi europei che, nonostante i problemi economici che ci sono, ha ancora la maggioranza assoluta dei consensi dei cittadini".

"Sulla Tav troveremo un accordo"
"Quel buco sotto la montagna bisogna finirlo per far transitare persone e merci. Nel contratto di governo c'era la ridiscussione del progetto, si può risparmiare fino a 1 miliardo di euro, destinandolo ad altro. Resto convinto che soprattutto per economia e qualità dell’ambiente il treno inquina meno del tir e dell'auto", ha detto Matteo Salvini a proposito della Tav, intervenendo in collegamento dalla Sardegna alla trasmissione. Il leader leghista e vice premier si è detto "convinto che l'accordo con M5s lo troveremo, tagliando gli sprechi".

"Il latte di pecora? Obiettivo un euro al litro"
"Siamo partiti da 60 centesimi, siamo arrivati a 72, chiederemo ancora un sforzo ulteriore, obiettivo arrivare a un euro, quando salirà il prezzo del pecorino romano", dice ancora Matteo Salvini a proposito della protesta dei pastori sardi. Il ministro ha sottolineato che i pastori "stanno protestando civilmente e portano alle mense dei poveri latte e formaggi, e questo è bello". Per Salvini "anche fare la spesa è un atto politico: comprare italiano significa stare bene e fare bene all'Italia. Bisogna cercare il tricolore sull'etichetta, e su questo combatteremo in Europa perché venga difesa la qualità italiana".

A giudizio del vice premier "sono anni che qualcuno sbaglia, ma io faccio il ministro adesso e devo risolvere il problema adesso. Sono certo che nei prossimi giorni troveremo un soluzione e quel latte tornerà ad essere formaggio". Il prezzo del latte pagato agli allevatori due anni fa era superiore all'euro, poi "c'è stato eccesso di produzione, c'è stato chi non ha controllato sull'eccesso produttivo. Manca la promozione dei prodotti italiani all'estero, le stesse ambasciate dovrebbero difendere all'estero, e lo stesso vale per carne, grano, pomodori. Gli errori del passato sono evidenti. Io sono a Casterlsardo, dove l'acqua per la cucina la si deve andare a comprare perché non arriva ogni giorno dalla cucina; a La Maddalena non si riesce a partorire, i punti nascita sono chiusi e occorre raggiungere altri posti in elicottero o via mare".

Il ministro ha quindi detto che invita attorno a un tavolo pastori, associazioni, sindacati e industriali, "un primo passo si è fatto, facciamone un ulteriore". E più in generale, "cambiamo le regole europee perché la Ue impedisce a chi va a fare la spesa di sapere se un prodotto è italiano o meno, per difendere le multinazionali. E io non ci sto con le multinazionali".

Da - https://www.agi.it/politica/salvini_diciotti_tav_sbarchi-5015767/news/2019-02-17/


Titolo: Esclusivo: anche Matteo Salvini ha usato i soldi rubati da Bossi
Inserito da: Arlecchino - Marzo 04, 2019, 05:28:41 pm
INCHIESTA

Esclusivo: anche Matteo Salvini ha usato i soldi rubati da Bossi
L’attuale leader della Lega e Bobo Maroni hanno utilizzato una parte dei 49 milioni di euro frutto della truffa orchestrata dal Senatur e dall’ex tesoriere. Lo dimostrano le carte del partito tra la fine del 2011 e il 2014 che abbiamo consultato

DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE   
02 ottobre 2017

Esclusivo: anche Matteo Salvini ha usato i soldi rubati da Bossi
Cinque anni fa, quando tutto ebbe inizio, Umberto Bossi usò un’immagine biblica per spiegare il suo intento. «Ho fatto come Salomone: non ho voluto tagliare a metà il bambino», disse mentre si apprestava a lasciare le redini del partito a Roberto Maroni.

Erano i giorni in cui i giornali pubblicavano le prime notizie sullo scandalo dei rimborsi elettorali leghisti, quelli incassati gonfiando i bilanci e usati per pagare le spese personali del Capo e della sua famiglia, come la laurea in Albania del figlio Renzo o le multe del primogenito Riccardo.

Il senso della metafora bossiana era chiaro: piuttosto di dividere la Lega tra chi sta con me e chi contro di me, il Senatùr si diceva pronto a lasciare pacificamente il potere al suo storico rivale. Da allora in poi l’intento di chi è succeduto a Bossi, prima Maroni e oggi Salvini, è sempre stato quello di differenziarsi, di creare compartimenti stagni tra il partito dell’Umberto e quello di oggi, tanto che all’ultimo raduno di Pontida al fondatore non è stato nemmeno concesso il tradizionale discorso dal palco.

Soldi della Lega, ecco i documenti che incastrano Matteo Salvini
Una lettera di diffida. Un file del Senato. E i rendiconti interni al partito. Pubblichiamo le carte che smentiscono la versione del ministro sullo scandalo che fa tremare il Carroccio
Gli immigrati al posto dei meridionali, il nazionalismo in sostituzione del secessionismo. Pure un nuovo marchio, Noi con Salvini, dotato di satelliti sparsi dal Centro al Sud e rappresentato da personaggi della destra, come in Calabria, o vecchi democristiani votati all’autonomia, come in Sicilia. Nuovi volti (per modo di dire) e nuovi ideali sostenuti con forza proporzionale all’incedere delle inchieste giudiziarie sui fondi elettorali.

Se è vero che negli ultimi anni molto è in effetti cambiato all’interno del Carroccio, c’è qualcosa che è rimasto segretamente invariato. Roberto Maroni preferisce non dirlo, Matteo Salvini lo nega categoricamente. Insomma, gli eredi del Senatùr sostengono di non aver visto un euro di quegli oltre 48 milioni rubati da Bossi e Belsito. «Sono soldi che non ho mai visto», ha scandito di recente l’attuale segretario federale commentando la decisione del Tribunale di Genova di sequestrare i conti correnti del partito dopo la condanna per truffa di Bossi.

I documenti ottenuti da L’Espresso dimostrano però che esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore e i suoi successori. Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati.

Per scoprire i retroscena di questo intrigo padano bisogna tornare al 5 aprile del 2012. E tenere a mente le date. Quel giorno, a poche ore dalla perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di via Bellerio, a Milano, Bossi si dimette da segretario del partito. È la prima scossa del terremoto che sconvolgerà gli equilibri interni alla Lega.

A metà maggio diversi giornali scrivono che a essere indagato non è solo il tesoriere Francesco Belsito, ma anche il Senatùr. Il reato ipotizzato è quello di truffa ai danni dello Stato in relazione ai rimborsi elettorali. Il primo di luglio Maroni viene eletto nuovo segretario del partito. E quattro mesi dopo, il 31 ottobre, passa per la prima volta alla cassa. Come certifica un documento inviato dalla ragioneria del Senato alla Procura di Genova, quel giorno l’attuale governatore della Lombardia riceve 1,8 milioni di euro. È il rimborso che spetta alla Lega per le elezioni politiche del 2008, quelle vinte da Berlusconi contro Veltroni. Il primo di una lunga serie. Da qui in poi a Maroni verranno intestati parecchi bonifici provenienti dal Parlamento.

A fine 2013, cioè al termine del mandato di segretario, Bobo avrà così ricevuto 12,9 milioni di euro. Tutti rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quando a capo del partito c’era Bossi e a gestire la cassa era Belsito. Insomma, proprio i denari frutto della truffa ai danni dello Stato.

Che cosa cambia quando Salvini subentra a Maroni? Niente, se non le cifre. A metà dicembre del 2013 Matteo viene eletto segretario del partito. L’inchiesta sui rimborsi elettorali intanto va avanti, e a giugno del 2014 arrivano le richieste di rinvio a giudizio: i magistrati chiedono il processo per Bossi. Un mese e mezzo dopo, il 31 luglio, Salvini incassa 820mila euro di rimborsi per le elezioni regionali del 2010. Perché allora il segretario della Lega e aspirante candidato premier per il centro-destra continua a sostenere che lui quei soldi non li ha mai visti? E se li ha visti, come poteva non sapere che erano frutto di truffa?

Due mesi dopo aver incassato gli oltre 800 mila euro, Salvini e la Lega si costituiscono infatti parte civile contro i compagni di partito. Si sentono vittime di un imbroglio, di una truffa che ha sfregiato il vessillo padano. E vogliono essere risarciti. La nuova dirigenza è dunque consapevole della provenienza illecita del denaro accumulato sotto la gestione di Bossi. Ma il 27 ottobre, solo venti giorni dopo l’annuncio di costituirsi parte civile, Salvini fa qualcosa che appare in netta contraddizione con quella scelta: ritira altri soldi. Questa volta la somma è piccola, poco meno di 500 euro: l’ultima tranche di rimborso per le elezioni regionali del 2010.

La sostanza però non cambia. Sono denari ottenuti con la rendicontazione gonfiata firmata da Belsito. Fatto di cui a quel punto è dichiaratamente convinto anche Salvini. Il quale, due giorni dopo l’ultimo prelievo, riceve persino una lettera dallo storico avvocato di Bossi, Matteo Brigandì. «Ti diffido dallo spendere quanto da te dichiarato corpo del reato», si legge nella missiva con la quale la vecchia guardia lancia un messaggio chiaro al nuovo gruppo dirigente: voi ci accusate di aver rubato quattrini, allora sappiate che i soldi che avete in cassa sono il profitto della truffa, e usarli vuol dire diventare complici del reato.

Il denaro, più che l’ideologia, è dunque il collante tra l’epoca di Bossi, l’interregno di Maroni e il presente firmato Salvini. Le tre età del partito della Padania intrecciate attorno a una vicenda che tutti vogliono dimenticare in fretta. Talmente in fretta da ritirare persino la costituzione di parte civile davanti al giudice.

Già, perché solo un mese dopo essersi dichiarato vittima della truffa targata Bossi-Belsito, Salvini fa marcia indietro. Come a dire: chiudiamola qua, scordiamoci il passato e andiamo avanti. Una scelta travagliata, non da tutti condivisa. All’interno della Lega, infatti, nei primi mesi del 2014, c’era chi voleva mostrare pubblicamente la rottura col passato. Altri, invece, parteggiavano per la politica della rimozione. In questo contesto matura l’accordo di conciliazione “con l’avvocato di Bossi, nel quale la Lega rinuncia a costituirsi parte civile. A un patto però: il legale di fiducia del Senatùr avrebbe dovuto accantonare ogni pretesa di denaro che il partito gli doveva, circa 6 milioni di euro. Infine, a Bossi sarebbe andato un lauto vitalizio.

Tutto risolto, dunque? Macché. Salvini e Maroni vengono meno al patto. E danno mandato all’avvocato Domenico Aiello, legale del governatore lombardo, di procedere con la costituzione di parte civile. Uno smacco al vecchio amico Bossi, a cui poco dopo segue un altro colpo di scena. A novembre durante l’udienza preliminare contro B&B, Aiello ritira l’atto di costituzione. In pratica la Lega non chiede più i danni per la truffa. Un’idea di Salvini, motivazione ufficiale: «Non abbiamo né tempo né soldi per cercare di recuperare soldi che certa gente non ha», spiegò l’europarlamentare appena eletto segretario del Carroccio. Una mossa che sorprese persino il governatore della Lombardia, Maroni, che con Aiello aveva fatto il possibile per chiedere i danni agli imputati leghisti.

La sensazione di chi il partito lo frequenta da venti e passa anni è che sia stata una ritirata strategica, per rappacificare le opposte fazioni ed evitare rivelazioni scomode. Soprattutto in merito ai soldi lasciati in cassa da Bossi, quelli finiti al centro delle inchieste di tre procure.
Francesco Belsito
I bilanci della Lega raccontano, infatti, meglio di qualsiasi dichiarazione politica che cosa è successo in questi anni ai soldi dei Lumbard, o meglio di tutti i contribuenti italiani. Il primo dato evidente è che le cose andavano molto meglio, almeno dal punto di vista finanziario, quando sulla plancia di comando c’era Bossi. Con lui al vertice i bilanci degli ultimi anni si sono infatti chiusi sempre in positivo. Le cose cambiano nel 2012, quando arriva Maroni: per la prima volta la Lega chiude i conti in rosso, con una perdita di 10,7 milioni di euro. L’anno seguente, il primo interamente firmato da Bobo, le cose vanno persino peggio: il bilancio evidenzia una perdita di 14,4 milioni. Colpa della diminuzione dei rimborsi elettorali e del calo delle donazioni private, si legge nei resoconti padani. Ma non è solo questo.

Nonostante i dipendenti diminuiscano, i costi sostenuti dalla Lega aumentano. In particolare alcune voci, come quella denominata “spese legali”, per cui il partito arriva a sborsare oltre 4,3 milioni di euro tra il 2012 e il 2014. Un bella somma, oltretutto senza neppure essersi costituita parte civile nel processo contro Bossi e Belsito.

Com’è possibile allora aver speso tutti quei soldi in avvocati? I bilanci non lo spiegano, ma un documento ottenuto da L’Espresso aiuta a capire meglio come sono andate le cose. È un contratto datato 18 aprile 2012. Bossi si è dimesso da due settimane e il Carroccio è retto dal triumvirato Maroni-Dal Lago-Calderoli. Sono loro ad affidare la consulenza legale allo studio Ab di Domenico Aiello, già avvocato personale di Maroni e in ottimi rapporti con il magistrato milanese che sta seguendo l’inchiesta, Alfredo Robledo. Nel contratto si specifica che la consulenza riguarderà proprio i procedimenti penali che coinvolgono Bossi e i rimborsi truccati. Si tratta delle indagini in corso a Milano, Napoli, Genova e Reggio Calabria, ciascuna segnalata con il relativo numero di fascicolo.

Un lavoro ben pagato: per Aiello la tariffa sarà di 450 euro all’ora, costo che sale a oltre 650 euro se si aggiungono - come da prassi - spese generali, contributi previdenziali e imposte. Insomma non male per l’avvocato calabrese che, qualche anno dopo, Maroni piazzerà nel consiglio d’amministrazione di Expo, mentre la moglie, Anna Tavano, finirà per un periodo in Infrastrutture Lombarde, società controllata direttamente dalla Regione.

Va detto che Aiello, così come la moglie, ha un curriculum di tutto rispetto. Tra i suoi clienti più celebri, oltre a Bobo Maroni spicca l’ex presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua. Poi ci sono gli incarichi negli organismi di vigilanza: Consip, Siemens, Conbipel, Veolia e la Sparkasse di Bolzano. In quest’ultima banca il presidente del Consiglio di amministrazione si chiama Gerhard Brandstätter. Brillante avvocato del Sudtirolo, che con Aiello, nel 2011, ha fondato lo studio associato AB, lo stesso scelto dalla Lega.

Con Maroni traghettatore, le camice verdi apriranno anche un conto “easy business” e un conto deposito presso la banca altoatesina, depositando in totale qualche milioncino. È il periodo in cui si tentava di mettere al sicuro il patrimonio del partito, dalle cordate bossiane e forse anche dai giudici. Matura così l’idea, poi tramontata, di creare un trust in Sparkasse per blindare quasi 20 milioni.

I bilanci non confermano solo questo. Spiegano anche perché oggi i conti del partito sono a secco. E quale la strategia scelta per evitare il sequestro effettivo dei soldi. Nel 2015, quando è Salvini a comandare, la ricchezza della Lega cala, infatti, vistosamente. Il patrimonio netto passa da 13,1 milioni dell’anno precedente a 6,7 milioni. Il motivo è spiegato chiaramente nella relazione sulla gestione finanziaria: i soldi del partito sono stati trasferiti alle sezioni locali, 13 in tutto, dotate nel frattempo di codici fiscali autonomi.

È così ad esempio che due giorni prima di Natale la sezione Lombardia, fino ad allora sprovvista di risorse finanziarie, diventa titolare di un patrimonio da 2,9 milioni di euro. Custoditi per lo più su conti correnti bancari e postali. Una partita di giro, insomma. Il risultato? Al termine del 2016 la Lega aveva una disponibilità liquida di soli 165mila euro, mentre le sue 13 sezioni locali messe insieme registravano somme per 4,3 milioni. La nuova architettura finanziaria non ha però impedito ai magistrati di sequestrare le ricchezze del Carroccio. Come ha dichiarato lo stesso Salvini, al momento non è stato bloccato il conto corrente della Lega nazionale, ma quelli delle sezioni locali. «Un punto su cui daremo battaglia in sede legale», assicura una fonte del Carroccio che non vuole essere nominata.

C’è però ancora una questione da risolvere. Il tribunale di Genova, nei giorni scorsi, ha deciso di bloccare il sequestro. I giudici hanno annunciato di aver congelato poco meno di 2 milioni. Eppure, come detto, alla fine dell’anno scorso sui conti della Lega c’erano 4,3 milioni. Mancano dunque all’appello oltre 2 milioni. Possibile che la Lega li abbia spesi in questo 2017. O anche che siano stati trasferiti su altri conti. Un’ipotesi, questa, impossibile da verificare. Perché “Noi con Salvini”, il movimento creato tre anni fa dal nuovo leader del Carroccio per conquistare il Centro-Sud, non ha mai pubblicato un bilancio.

Dubbi e interrogativi sollevati dai nemici interni del leader in felpa. Salvini potrà dire che a lui certe questioni “politichesi” non interessano e che preferisce parlare di immigrazione, euro, lavoro. Ma all’interno del suo partito i bossiani non dimenticano. E i mal di pancia iniziano a diventare veri e propri tumulti silenziosi. Pare che siano persino pronti a muoversi autonomamente per le prossime elezioni politiche. Una forza che ruberebbe al Capitano il 2-3 per cento.

Del resto non è facile disfarsi del Senatur, fu il primo a dare avvio a una tipica usanza leghista: scaricare i compagni di partito che osavano mettere in dubbio la sua autorità. Bossi fece così con l’ideologo della secessione Gianfranco Miglio. Con la stessa moneta lo hanno ripagato Maroni e Salvini. E ora sotto a chi tocca.
© Riproduzione riservata 02 ottobre 2017

Da - http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/09/28/news/esclusivo-salvini-ha-usato-i-soldi-della-truffa-di-bossi-1.311009


Titolo: Gli errori nel cartello di Salvini sui morti nel Mediterraneo
Inserito da: Arlecchino - Marzo 22, 2019, 11:36:11 pm
Gli errori nel cartello di Salvini sui morti nel Mediterraneo

Il ministro dell'Interno ha affermato a 'Porta a Porta' che dall'inizio dell'anno è stato recuperato un solo cadavere in mare

Di PAGELLA POLITICA DI AGI 22 marzo 2019, 07:07

Migranti numero sbarchi morti in mare
Il 20 marzo, ospite a Porta a Porta su Rai 1, Matteo Salvini ha commentato (min. -1:20:51) i recenti fatti di San Donato Milanese, dove un cittadino italiano di origini senegalesi ha incendiato un autobus con 51 bambini a bordo, e lo sbarco di 49 migranti a Lampedusa dalla nave “Mare Ionio”, della Ong italiana Mediterranea.
Secondo il ministro dell’Interno, quest’anno si stanno vedendo i risultati del suo operato in tema immigrazione anche in un ridotto numero di vittime di naufragi. Salvini ha infatti detto che «i cadaveri recuperati nel Mediterraneo centrale quest’anno sono stati solo uno».

Il leader della Lega ha ribadito il concetto anche tramite il suo account Twitter, dove ha scritto: «Cadaveri recuperati nel Mediterraneo Centrale nel 2019? Con la politica del “meno partenze, meno sbarchi, meno morti”: UNO».

Davanti alle telecamere, come già fatto in passato, Salvini ha anche mostrato un cartello, contenente il dato sopracitato, che – come vedremo – è però sbagliato.

Nonostante i dati sugli sbarchi siano corretti, la tabella contiene un altro errore e un’omissione: in generale, il ministro dell’Interno veicola un messaggio fuorviante, ossia che il numero dei morti nel Mediterraneo equivalga a quello dei cadaveri recuperati. I due dati però non coincidono.

Ma andiamo con ordine.
I corpi recuperati nel Mediterraneo centrale sono più di uno
La rotta del Mediterraneo centrale è il tragitto che i migranti cercano di percorrere per raggiungere l’Italia partendo dalla Libia e dalla Tunisia. Negli ultimi anni, questo tratto è stato quello più utilizzato per arrivare in Europa.

Secondo Salvini, che cita dati del Ministero dell’Interno, in questa porzione di mare è stato recuperato un solo corpo. Abbiamo contattato il Viminale che ci ha spiegato come il ministro faccia riferimento al ritrovamento del cadavere di un migrante iracheno disperso in uno sbarco avvenuto nel crotonese, in Calabria, a gennaio 2019. Questo ritrovamento, ha chiarito il Ministero, è stato in effetti l’unico avvenuto in Italia nel 2019.

Ma le statistiche sul Mediterraneo centrale non possono limitarsi ai ritrovamenti lungo le coste italiane. In totale, infatti, i corpi di migranti morti recuperati lungo questa rotta sono stati più di uno, come dimostrano i monitoraggi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) – la principale organizzazione intergovernativa nel mondo in ambito migratorio, collegata alle Nazioni Unite.

Per esempio, il 14 febbraio tre corpi sono stati recuperati a ovest di Sirte, in Libia; altri due corpi il 22 febbraio e uno il 9 marzo, sempre lungo le coste dello Stato nordafricano. Il caso più recente riguarda il ritrovamento del cadavere di un bambino al largo della Libia, dopo un naufragio avvenuto il 19 marzo.

Riassumendo: soltanto nell’ultimo mese, ci sono stati almeno sette corpi lungo nella rotta del Mediterraneo centrale, e non solo uno come nel cartello mostrato dal ministro.

Stesso discorso vale per i dati degli anni precedenti, che rispetto all’«uno» del 2019 fanno inoltre riferimento a statistiche annuali e non dei primi due mesi e mezzo dell’anno.

In ogni caso, anche questi dati, come confermato da fonti del Viminale, parlano dei cadaveri recuperati nelle acqua di competenza italiana, come i 23 dell’anno scorso.

In questa particolare statistica, così come in quella degli sbarchi, si è effettivamente registrato un calo negli ultimi anni, ma si tratta solo di una parte dei corpi recuperati in un tratto che coinvolge anche Libia e Tunisia. Basti pensare che nel 2018, tra il NordAfrica e l’Italia, l’Oim ha stimato circa 1.300 morti per naufragi.

Al 31 dicembre 2018, secondo l’Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, in Italia sono ancora 1.730 i cadaveri recuperati e non identificati connessi al fenomeno migratorio.

I dati dell’Unhcr riguardano anche i morti
Nella terza riga della tabella, Salvini riporta quelli che secondo lui sono i dati sui “dispersi” dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr). Secondo il ministro dell’Interno, quest’anno «i dispersi dichiarati dalle Ong» sono stati 279.

Salvini non specifica se stia ancora facendo riferimento al Mediterraneo centrale o al Mediterraneo in generale. Ad ogni modo, anche in questo caso il dato è riportato in maniera fuorviante.

L’Unhcr pubblica infatti periodicamente report sugli sbarchi relativi ai singoli Paesi e al Mediterraneo. Accanto al numero degli arrivi, l’agenzia delle Nazioni unite fornisce anche una stima che include non solo i dispersi, ma anche i morti in mare – particolare omesso da Salvini.

L’aggiornamento più recente sull’Italia e la rotta del Mediterraneo centrale (17 marzo 2019) parla di 149 tra morti e dispersi in questo tratto di mare, su un totale di 282 tra morti e dispersi in tutto il Mediterraneo. Quest’ultimo dato si avvicina a quello citato da Salvini.

Non è vero inoltre che queste statistiche siano quelle «delle Ong»: l’Unhcr utilizza infatti diverse fonti, tra cui quelle governative (guardie costiere e ministeri), delle organizzazioni umanitarie, dei sopravvissuti e dei media.

I dati dell’Oim
Un lavoro simile a quello dell’Unhcr viene condotto anche dall’Oim, che dal 2013 – dopo il naufragio al largo di Lampedusa del 3 ottobre, dove morirono quasi 370 persone – ha avviato il progetto Missing Migrants per monitorare e documentare tutti i casi di migranti morti o dispersi nel mondo.

Come spiega l’Oim stessa, raccogliere dati in questo ambito non è per nulla semplice. Nel caso del Mediterraneo, basti pensare che si sta parlando di naufragi: una parte delle morti o delle scomparse avviene senza che nessuno ne sappia nulla, mentre spesso i cadaveri vengono ritrovati dopo diverso tempo e non vengono segnalati alle autorità.

Per rendere le sue stime le più affidabili possibili, l’Oim ha strutturato una metodologia basata sull’uso di più fonti: le statistiche vengono anche in questo caso dalle autorità nazionali (come i ministeri), dalle missioni sul campo dell’Oim, dai giornalisti e i media, dalle strutture di accoglienza e dalle organizzazioni non governative.

Nel database dell’Oim (qui scaricabile), a ogni o naufragio viene inoltre assegnato un numero da 1 a 5, che indica la qualità della fonte sul numero dei morti accertati (source quality).

Secondo i dati di questa organizzazione, al 21 marzo 2019 si stima che nel Mediterraneo siano morti da inizio anno 282 migranti, 152 dei quali nel Mediterraneo centrale – la rotta di cui parla Salvini, che omette di citare questi numeri.

Il verdetto
A Porta a porta su Rai 1, Matteo Salvini ha mostrato un cartello sui migranti morti nel Mediterraneo che contiene almeno tre errori.

Non è vero che i corpi recuperati nella rotta centrale (quella dal NordAfrica all’Italia) sono stati soltanto uno: in Italia è stato in effetti uno, ma altri sono stati ritrovati ad esempio in Libia.

Il messaggio del ministro dell’Interno è comunque fuorviante, perché lascia intendere che il numero dei morti equivalga a quello dei corpi recuperati. Stiamo però parlando di naufragi, dove spesso è impossibile recuperare i cadaveri di chi ha perso la vita in mare.

Oltre alle statistiche citate da Salvini, ci sono anche quelle dell’Oim, che fornisce le stime più affidabili per quanto riguarda i morti nel Mediterraneo. Secondo l’organizzazione internazionale, questi sarebbero a oggi oltre 280, a fronte di un sensibile calo degli sbarchi.

Come abbiamo spiegato in una nostra precedente analisi, questo vuol dire che gli arrivi calano e così anche il numero dei decessi totali, ma aumenta il tasso di mortalità, ossia il rapporto tra i due dati.

In sostanza, in concomitanza delle politiche di deterrenza del nuovo governo, attraversare il Mediterraneo è più pericoloso rispetto al passato.

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Da - https://www.agi.it/fact-checking/migranti_numero_sbarchi_morti_in_mare-5183818/news/2019-03-22/


Titolo: Europee, Salvini apre campagna elettorale e attacca ancora Di Maio: "Stanco ...
Inserito da: Arlecchino - Aprile 08, 2019, 07:16:14 pm
08 aprile 2019
Europee, Salvini apre campagna elettorale e attacca ancora Di Maio: "Stanco del dibattito fascisti-comunisti"

Da sinistra: Olli Kotro del Finn Party, Jörg Meuthen di Alternativa per la Germania, Matteo Salvini, Anders Vistisen, leader del partito del Popolo danese (ap)
Il leader del Carroccio alla presentazione del simbolo cita papa Giovanni Paolo II: "Gli unici nostalgici stanno a Bruxelles. Europa ha senso se riconosce identità, storie e culture"
"Non ci sono al tavolo nostalgici, estremisti e reduci. Gli unici nostalgici sono al potere a Bruxelles oggi". Così Matteo Salvini risponde alle critiche del vicepremier Luigi Di Maio, preoccupato "dell'alleanza della Lega con chi nega l'Olocausto", introducendo a Milano i suoi ospiti di Alternativa per la Germania, Finn Party e Partito del Popolo danese, nel corso della presentazione del simbolo della Carroccio per le europee di maggio e dell'apertura ufficiale della campagna elettorale.

Salvini si dice "stanco" del dibattito fascisti contro comunisti. "Non ci appassiona lo lasciamo agli storici", afferma. E aggiunge: "Il trattato di Maastricht aveva obiettivi, come il rispetto dell'identità, traditi dalle burocrazie europee. L'Europa ha senso se riconosce le identità. Se il pensiero unico è il business e la finanza, allora sarà l'incubo che stiamo vivendo".

"Noi guardiamo al futuro e lo facciamo - spiega Salvini - con movimenti che sono alternativi a chi ha comandato in Europa in questi decenni. L'accordo tra democratici e socialisti ci ha portato in questa situazione di povertà, di incertezza, di litigio. È un'alleanza che guarda al futuro. Da oggi questa famiglia punta ad allargarsi, a coinvolgere movimenti con cui non abbiamo mai collaborato, abbiamo ovviamente delle differenze". Cita poi papa Wojtyla: "Riparto dal sogno europeo di cui parlava papa Giovanni Paolo II che riconosceva le diverse identità, le diverse culture, le diverse nazioni. Non penso si possa accusare San Giovanni Paolo II di essere un sovranista, un estremista".

"Il nostro obiettivo - ha continuato -  è essere forza di governo e cambiamento, per portare nuova linfa in Europa. Coi nostri alleati abbiamo valori comuni come controllo dei confini, lotta al terrorismo e agli estremismi".

Da - https://www.repubblica.it/politica/2019/04/08/news/europee_salvini_presentazione_simbolo-223539850/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr&fbclid=IwAR2cHoGt62s07BRpliPnn3atkQe4kRG_5ZcvZtFxP54E0cz_tgsU8sNApcY


Titolo: Zaia si racconta su Fb. (sic)
Inserito da: Arlecchino - Aprile 16, 2019, 06:31:50 pm
"Il mio greco è la lingua veneta", Zaia si racconta su Fb

Pubblicato il: 13/04/2019 18:24

"Il mio greco è la lingua veneta". E' quanto scrive sul suo profilo Fb Luca Zaia, governatore del Veneto da 9 anni. Appassionato di mountain bike, laureato in Veterinaria, iscritto giovanissimo alla Lega Nord, Zaia è nato il 27 marzo 1968 a Conegliano (Treviso) ed è sposato con Raffaella dal 1998. Figlio di Carmela, ultima di undici figli, e Giuseppe, meccanico. "La mia - scrive su Fb - è una famiglia agricola e legata alla terra, a partire da mio nonno Enrico, nato in Brasile nel 1896, emigrato negli Stati Uniti a 19 anni e infine rientrato nel Trevigiano. Dopo il diploma alla Scuola enologica 'Cerletti' (la più antica d’Europa) mi sono iscritto all'università di Udine laureandomi alla Facoltà di medicina veterinaria in Scienze della produzione animale".

IL LAVORO - "L’etica della mia famiglia - scrive Zaia - è sempre stata incardinata nel valore del lavoro. Sono tante le estati che ho trascorso nell’officina di mio padre, ore di attività che mi sono servite per guadagnarmi quelle del divertimento e per imparare la manualità. La prima partita Iva l’ho aperta a diciotto anni per pagarmi gli studi. Anni in cui ho fatto di tutto, perché tutti i lavori sono dignitosi: cameriere, uomo delle pulizie, muratore, docente privato di chimica, istruttore di equitazione, operaio in un’impresa di pellami, pr in discoteca e organizzatore di feste. Dal punto di vista formativo, una tappa essenziale è stato il mio servizio civile ad Altivole (Treviso), portando i pasti ai bisognosi casa per casa, facendo con loro periodi di vacanza, lavorando con gli anziani del paese e con alcuni bambini sofferenti".

LA POLITICA - "Mi sono iscritto - si racconta - giovanissimo alla Lega Nord. Nel 1993 la mia prima campagna elettorale, alle amministrative per il Consiglio comunale di Godega di Sant’Urbano dove sono eletto con 61 preferenze e capogruppo. Nel 1995 sono stato eletto in Consiglio provinciale a Treviso con 3.961 preferenze, e sono diventato assessore all’agricoltura. Nel 1998, con una campagna elettorale in cui la Lega Nord Liga Veneta si è presentata 'solista' sono stato eletto Presidente della Provincia di Treviso, il più giovane d’Italia (rieletto poi nel 2002 con 240.211 preferenze)".

"Nel 2005 sono stato nominato vicepresidente della Regione del Veneto con delega all’agricoltura e al turismo, incarico che ho lasciato nel maggio del 2008 per diventare Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Ho assunto come mio obiettivo di rimettere 'l’azienda agricola italiana' al centro dell’agenda nazionale; di difendere il made in Italy e la biodiversità da un malinteso principio liberista e globalista; di avere tolleranza zero verso le frodi alimentari; di incentivare la tracciabilità dei prodotti; di ridurre il peso della burocrazia sulle aziende agricole".

"Come ministro - continua Zaia - ho firmato il decreto di stop che, per la prima volta, proibiva la coltivazione di un mais OGM in Italia. Mondadori ha pubblicato il mio saggio 'Adottare la terra per non morire di fame' nella collana Strade blu. Nel marzo del 2010 sono stato eletto presidente della Regione del Veneto, votato da oltre il 60% degli elettori, risultando il candidato che in quella tornata elettorale ha ricevuto più voti di tutti in Italia. Alle elezioni del 31 maggio 2015, sono stato riconfermato col record di oltre il 50% dell’elettorato votante (risultando nuovamente il governatore eletto con il numero di voti più alto). Al referendum del 22 ottobre 2017 mi è stato assegnato da oltre 2.300.000 veneti il compito di portare avanti la trattativa col Governo per l’autonomia della nostra regione; un risultato storico, com’è storica la partita che si è aperta per il Veneto".

LE MIE PASSIONI - "Amo lo sport in generale, pratico (per quanto possibile) la corsa, corro in mountain bike, amo il mare. Una mia passione da sempre - sottolinea su Fb - sono i cavalli, la storia e tutto quanto ricorda il passato della mia terra. Ho a cuore la sua lingua, il veneto. A riguardo cito spesso il mio libro preferito, le 'Memorie di Adriano' di Marguerite Yourcenar: 'Ho governato in latino, ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto'. Ecco, il mio greco è la lingua veneta".
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Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/04/13/mio-greco-lingua-veneta-zaia-racconta_mlcNym7RfdRMWOavqEVcSN.html


Titolo: Zaia: "I miei 9 anni alla guida del Veneto"
Inserito da: Arlecchino - Aprile 16, 2019, 07:06:22 pm
Zaia: "I miei 9 anni alla guida del Veneto"

Pubblicato il: 13/04/2019 15:07

Di Dario Converso

"Il bilancio è positivo. Va considerato che abbiamo preso in mano la Regione nel 2010 in un momento non facile, era appena iniziata la crisi per cui, come diremmo biblicamente, abbiamo dovuto occuparci degli anni delle vacche magre e non delle vacche grasse. Comunque sono stati anche anni entusiasmanti perché ci hanno consentito e permesso di guardare dentro ai processi e alla gestione, di riformare la spesa, di rendere virtuoso questo ente". Cosi in un'intervista all'Adnkronos Luca Zaia traccia un bilancio di nove anni da presidente del Veneto, sottolineando come il momento più bello sia stato il risultato del referendum sull'autonomia.

"Abbiamo pagato tutti i fornitori che era da anni che avanzavano i soldi, due miliari di euro, abbiamo sistemato i conti della sanità, insomma abbiamo fatto un sacco di cose. E soprattutto abbiamo dato il via alla grande stagione delle riforme: la riforma sanitaria, che oggi porta il Veneto ad essere la prima regione in Italia per sanità e molto altro ancora. È stato un grande impegno, l’impegno di una squadra che ha lavorato e si è trovata non poche emergenze -spiega-. Ricordo che ho esordito, ad esempio, con l’alluvione del 2010 quando 235 Comuni sono stati alluvionati con 10.040 famiglie e imprese con l’acqua in casa o in azienda. Abbiamo iniziato con quello per trovarci con il terremoto nel 2012 e, infine, con la tempesta Vaia nel 2018".

"Il mio greco è la lingua veneta", Zaia si racconta su Fb
"Si va avanti sempre con obiettivi sfidanti - sottolinea Zaia - sono stati gli anni dell’autonomia e delle grandi riforme . La riforma della sanità ha permesso di ridurre le aziende sociosanitarie da 21 a 9, ma soprattutto non abbiamo mai applicato l’addizionale Irpef sulla sanità dimostrandoci regione tax free, garantendo che circa un miliardo e 200 milioni di euro ogni anno rimanessero nelle tasche dei Veneti. Abbiamo chiuso accordi per avviare il progetto del nuovo policlinico universitario di Padova e già avviati i lavori per la nuova Cittadella della Salute di Treviso".

"Per quanto riguarda i Pfas - prosegue - abbiamo fatto raggiungere il parametro zero nei livelli dell’acqua, dato il via alla realizzazione del nuovo acquedotto e avviato il più grande screening sanitario della storia d’Italia, nel silenzio colpevole del Governo di centro-sinistra. Abbiamo messo in campo il grande progetto Anas per rifare tutta la viabilità regionale, per quanto riguarda la rete ferroviaria stiamo elettrificando tutto il Cadore ed entro il 2021 abbiamo raggiunto un accordo con Trenitalia per avere tutti treni nuovi".

Il governatore ribadisce quindi che "nonostante la crisi, abbiamo confermato la nostra posizione di Regione italiana con la percentuale più bassa di disoccupati e migliore regione per processi di reinserimento nel mondo del lavoro. Abbiamo investito 400 milioni di euro per portare la Banda Ultra Larga e la connessione veloce a tutte le imprese e le famiglie. Siamo la Regione record nel turismo con 70 milioni di presenze con 17 miliardi di fatturato e lavorato per superare il nostro record. Vorrei solo ricordare che, oltre all’impegno messo in campo per la candidatura alle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, abbiamo ottenuto l’assegnazione dei Mondiali di sci a Cortina 2021".

E sui traguardi di fine mandato il governatore del Veneto spiega che "Gli obiettivi sono sempre quelli della virtuosità, la madre di tutte le battaglie resta l’autonomia. Abbiamo risolto tanti problemi: penso ai temi delle alluvioni, dei grandi cataclismi, ma anche aver sbloccato la pedemontana Veneta, la più grande opera oggi in cantiere in Italia: 2 miliardi 258 milioni di euro per 94,5 km in 36 Comuni ed un totale di 14 caselli. L’abbiamo sbloccata con un’operazione di alta trasparenza, coinvolgendo le istituzioni pubbliche: la Corte dei Conti, l’Avvocatura dello Stato, l’Autorità Nazionale Anticorruzione e nominando, ad esempio, per la Pedemontana, come Commissario il Vice-avvocato Generale dello Stato. E poi la grande sfida dell’autonomia che resta ancora irrisolta, ma per quale continuiamo a lavorare. Ricordo che per l’autonomia 2 milioni 328 mila Veneti sono andati a votare".

Quindi sul cambiamento del Veneto in questi nove anni Zaia sottolinea che "il Veneto resta il Veneto identitario che guarda però sempre più alla modernità, al progresso, alle nuove tecnologie. Siamo passati da un Veneto analogico ad un Veneto digitale in questi nove anni. È un Veneto che nel 2010 non conosceva internet così a fondo, non conosceva i social media, né i social network. Insomma un Veneto che è cambiato molto, che vede anche una nuova generazione affacciarsi, ma mantenendo un proprio profilo identitario. È un Veneto che guarda sempre più alla globalizzazione, mantenendo radici profonde e solide nella sua storia. È un Veneto che ha saputo, durante questi anni di crisi, riammodernarsi, ristrutturarsi, che esce anche dopo questi nove anni con 205.000 azionisti che hanno perso tutto nelle partite della Popolare di Vicenza e della Veneto Banca".

Nove anni di presidenza con momenti belli e brutti che il presidente ricorda così: "Il momento più bello, direi in assoluto, è stato il risultato del referendum perché corona l’impegno di una vita e ho pensato a tutti quei veneti, che hanno sempre sognato questo momento e non ci sono più. I momenti più critici sono stati l’alluvione del 2010 e la tempesta Vaia, che sono stati due catastrofi per la nostra comunità. Per Vaia siamo già in campo con oltre 350 cantieri in avvio, mentre per quanto riguarda l’alluvione del 2010 abbiamo messo in atto un piano idrogeologico con circa mille cantieri in tutta la Regione e 2 miliardi e mezzo di euro per realizzare il Piano D’Alpaos. Interventi grazie ai quali, nonostante l’eccezionalità della tempesta Vaia, i fiumi hanno tenuto".

Quindi sulle sfide da raggiungere prima di fine mandato il presidente del Veneto annuncia che "prima della fine del mandato abbiamo quattro dossier importanti aperti: il primo è la Pedemontana Veneta, con i cantieri da chiudere entro il 31 dicembre 2020, già adesso facciamo la consegna di un primo tratto. Il secondo è il dossier Milano-Cortina: spero proprio che il 24 giugno ci veda premiati ed arrivi la candidatura. Il terzo è un dossier che stiamo seguendo da dieci anni ed è è quello delle Colline del Prosecco Patrimonio dell’Umanità. A luglio a Baku, nell’Azerbaigian, anche qui avremo il verdetto e, quindi, la risposta. E, infine, l’autonomia. Non si può chiudere il mandato senza aver chiuso la partita dell’autonomia, averla impostata e avere già le carte in mano. È una partita laboriosa, complicata, ma servono provvedimenti ufficiali. E spero proprio che prima di chiudere il mandato arrivino".

Un Luca Zaia che proprio pochi giorni fa è risultato per la terza volta di seguito il presidente di regione più amato dai suoi cittadini secondo la classifica de Il Sole 24 Ore e che ovviamente si dice più che "soddisfatto. I sondaggi lasciano il tempo che trovano, ma un elemento credo lo si possa evincere. Penso che questo è un successo che condivido con la mia squadra. Dopo di che spero che i Veneti, sapendo anche che noi governiamo da qualche anno, abbiano apprezzato anche il fatto che si lavora con il cuore. Si cerca di fare il meglio per il Veneto. Si può sbagliare, perché quando si lavora si può anche sbagliare, ma una cosa deve essere chiara: quando diciamo una cosa la facciamo".

È anche per questo il presidente del Veneto assicura di non aver mai avuto la tentazione di tornare a fare il ministro: "Direi decisamente di no. Sono talmente concentrato sulla partita della Regione che non ho neanche tempo di distrazioni, non soltanto eventuali tentazioni a tornare a fare il ministro. L’impegno che abbiamo a livello regionale è un impegno importante ed è soprattutto una responsabilità nei confronti di 5 milioni di Veneti. Ovvio che resta sempre l’amore per l’agricoltura".

Infine, sul suo futuro Zaia spiega: "Sono un fatalista e lo sono sempre stato. Non mi sono mai posto il problema di cosa farò. Sono abituato a guardare la quotidianità e, quindi, a governare come fosse sempre l’ultimo giorno in maniera tale da dare sempre di più".

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  TAG: Luca Zaia, Veneto, governatore, autonomia, indipendenza

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Titolo: Odiatore seriale plasmatore di web star è Luca Morisi inventore de La Bestia
Inserito da: Arlecchino - Aprile 28, 2019, 12:15:28 pm
La Bestia’

Agnese Rapicetta @rapicettola · 25 aprile 2019

Odiatore seriale e ‘plasmatore’ di web star: chi è Luca Morisi, l’inventore de ‘La Bestia’

Sbaglia chi pensa che sia uno sprovveduto o che si sia improvvisato comunicatore, Morisi ha studiato, e anche tanto, per arrivare a trovare il modello di comunicazione che funziona

E’ balzato alle cronache per il post di Pasqua – per intenderci quello che ritraeva il ministro dell’Interno con in mano un mitra e che incitava ad armarsi-. Ma quello non era certo il primo cinguettio di Luca Morisi, alter ego virtuale di Matteo Salvini.
Non chiamatelo spin doctor perché si offende, ma sappiate che dietro ad ogni messaggio su Facebook o Twitter del leader della Lega c’è la sua firma.
Sbaglia chi pensa che sia uno sprovveduto o che si sia improvvisato comunicatore, Morisi ha studiato, e anche tanto, per arrivare a trovare il modello di comunicazione che funziona. Classe 1973, laureato col massimo dei voti in Filosofia, esperto di comunicazione e di marketing politico sui social media, per 10 anni insegna all’Università degli Studi di Verona. Esperto nella progettazione di database, web application e Intranet/Extranet, come si può leggere nel suo cv, Morisi ha realizzato diversi sistemi informativi in particolare nel campo sanitario e ha fatto parte dei consigli di amministrazione di società per azioni in diversi campi. Ma è nell’ambito della politica che ha dato il massimo inventando la cosiddetta ‘Bestia’, lo strumento in grado di analizzare l’orientamento della ‘pancia’ del web e monitorare il sentiment degli utenti. La folgorazione e il vero e proprio innamoramento per Salvini, che pian piano è diventato il Capitano, anche per merito suo, ha fatto il resto, contribuendo a creare la web star da 3 milioni e mezzo di follower.
Ma che cosa è davvero ‘La Bestia’? Nessuno lo sa con certezza, tanto da essere diventato quasi un animale mitologico. Qualcuno dice che sia uno strumento in grado di analizzare in tempo reale l’orientamento dei commenti e delle reazioni ad un post e di orientare i contenuti; altri che sarebbe in grado di suggerire anche quali termini utilizzare o addirittura quale tono. Come funziona nel concreto non si sa, ma sappiamo che funziona, nel senso che sono sempre tantissimi gli utenti che seguono le avventure e gli hashtag del Capitano. Anche quando, come nel giorno dell’incendio di Notre-Dame, Salvini ha scelto – in controtendenza col senso comune- di postare una puntata del Grande Fratello. O come nel caso dei post coi gattini e in quelli con pasta e ragù, per non parlare del concorso ‘Vinci Salvini’, che ha fatto tanto ridere gli oppositori ma che ha avuto un successo spropositato. Una macchina della propaganda semplice, spesso rozza e molto istintiva dove, però, niente è lasciato al caso.
E poi c’è quell’alone di mistero che è una caratteristica che accomuna gli alleati di governo: da una parte ‘Rousseau’ dall’altra ‘La Bestia’, in mezzo i cittadini bombardati da fake news e messaggi d’odio. Una situazione che dovrebbe far preoccupare tutti quelli che hanno a cuore la democrazia. Ma non è così. I più sono troppo impegnati a mettere il proprio like per accorgersi del reale pericolo.

Da - https://www.democratica.com/focus/chi-e-luca-morisi-social-media-manager-matteo-salvini-lega/


Titolo: LA LEGA Giornalismo da Pulitzer o scoop traballanti? La controversia su BuzzFeed
Inserito da: Arlecchino - Luglio 15, 2019, 06:24:31 pm
Giornalismo da Pulitzer o scoop traballanti? La controversia su BuzzFeed

La testata che ha pubblicato gli audio sui presunti fondi russi alla Lega è una delle maggiori storie di successo del giornalismo americano contemporaneo.
Ma ha nel curriculum scivoloni molto pesanti

Di MASSIMO BASILE
12 luglio 2019, 09:32

Per alcuni è una redazione investigativa da premio Pulitzer, per altri una testata che pubblica scoop anche senza verificarli, per ammissione del suo stesso direttore. Dopo le rivelazioni sulla presunta trattativa per finanziare la Lega con soldi russi, BuzzFeed News è tornata al centro dell'attenzione. Nata 7 anni fa dalla costola di BuzzFeed, un sito di informazione e intrattenimento per il web con 1700 dipendenti e ricavi annui che superano i 150 milioni di dollari, BuzzFeed News è diretta da Ben Smith, 43 anni, giornalista di New York, figlio di un giudice di corte d'appello. Dal 2016 la redazione ha una squadra di venti giornalisti investigativi, guidata da Mark Schoofs, premio Pulitzer, l'oscar americano per il giornalismo.

La testata, che su Twitter ha 1,3 milioni di follower, e dal 18 luglio 2018 ha un sito web proprio staccato dalla "casa madre", rivelò la storia delle molestie sessuali di Kevin Spacey nei confronti di un giovane attore (denunce poi ritirare), ed è stata due volte finalista al Pulitzer. Ma ha fatto parlare di sè anche per "scoop" controversi.

La polemica sul Rapporto Steele
Il primo, nel gennaio 2017, ha riguardato la pubblicazione del Rapporto Steele, dal nome dell'ex capo dell'ufficio di Mosca dell'M16, i Servizi segreti britannici, Christopher Steele, in cui si rivelava di come la Russia da cinque anni stesse lavorando per favorire l'ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca e dell'offerta di Mosca di offrire il contenuto delle email di Hillary Clinton hackerate. Nelle 35 pagine del dossier pubblicate da BuzzFeed si faceva cenno anche a un tentativo di Trump di mettere a tacere una storia riguardo "prestazioni sessuali" con prostitute russe.

Mentre New York Times e Nbc News si rifiutarono di pubblicare il documento per "mancanza di prove evidenti", Smith lo fece, informando i lettori, che il dossier "non era stato verificato" e includeva "errori evidenti". La redazione, aveva aggiunto il direttore, stava comunque lavorando per trovare conferme. "Intanto - aveva chiosato - lo condividiamo con i lettori, è il nostro modo di essere trasparenti". Trump lo definì "cumulo di spazzatura", mentre Jake Tapper, un giornalista della Cnn, network non vicino al presidente, lo aveva bollato come "atto irresponsabile".

Citata in giudizio per diffamazione da un uomo d'affari, Aleksej Gubarev, il cui nome era apparso nel dossier, nel dicembre 2018 BuzzFeed si è vista però riconosciuta la qualità del proprio lavoro. Secondo il giudice, l'articolo era risultato "corretto e veritiero", poiché si era limitato a pubblicare un documento originale, senza aggiungere commenti.

Quel presunto scoop smentito da Mueller
Nel gennaio di quest'anno, la testata è finita di nuovo nella bufera per un'altra rivelazione, sempre legata ai rapporti tra Mosca e Trump: il presidente, sosteneva BuzzFeed, aveva ordinato al suo avvocato, Michael Cohen, di mentire al Congresso riguardo la tempistica delle relazioni con la Russia per la costruzione della Trump Tower a Mosca. Si sosteneva che i colloqui fossero avvenuti durante la campagna presidenziale, cosa vietata negli Stati Uniti.

La rivelazione di BuzzFeed fece il giro del mondo, mentre i democratici valutarono l'ipotesi di impeachment, ma due giorni dopo la notizia ricevette la smentita ufficiale del procuratore speciale, Robert Mueller. Rompendo per la prima e unica volta il silenzio in due anni, il procuratore bollò come "inaccurata" la ricostruzione giornalistica. Con la chiusura dell'inchiesta sul Russiagate, BuzzFeed pubblicò un articolo dal titolo "Il rapporto Mueller dice che Trump non chiese a Michael Cohen di mentire".

Le domande a Salvini
Nonostante qualche scivolone, l'agenzia americana indipendente NewsGuard, che stila pagelle sulla qualità di informazione dei siti giornalisti, in passato ha promosso BuzzFeed con il massimo dei voti. "La redazione è formata da giornalisti esperti - ha commentato all'Agi una fonte interna di NewsGuard - nel caso italiano sono comparse anche registrazioni, e ci risulta che abbiano inviato domande a Matteo Salvini per verificare l'informazione".

Da parte sua, Alberto Nardelli, il giornalista di BuzzFeed che firmato l'articolo sui presunti finanziamenti russi, dal suo profilo Twitter ha rivolto tre domande a Salvini. La prima: "Quale è la sua relazione con Savoini? Per quale motivo un uomo che non ricopre alcun ruolo ufficiale nel governo partecipa a viaggi ufficiali a Mosca con il ministro, sedendo nelle riunioni con ministri russi e partecipando a cene con il presidente Putin? In che ruolo fa tutto questo?".

E ancora: "Cosa sa Salvini sull'incontro al Metropol del 18 ottobre. Era consapevole della trattativa e della proposta di accordo per finanziare il suo partito e la campagna elettorale? Sa quali altri italiani hanno partecipato alla riunione?". E infine: "Cosa ha fatto Salvini la sera del 17 ottobre a Mosca dopo aver parlato alla conferenza al Lotte Hotel? E come mai i funzionari russi che avrebbe incontrato quella sera vengono poi nominati il giorno successivo durante l'incontro al Metropol Hotel?".
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Titolo: TE LO MERITI, MATTEO SALVINI
Inserito da: Arlecchino - Agosto 26, 2019, 12:02:30 pm
TE LO MERITI, MATTEO SALVINI
   
FEDERICO GNECH
9 agosto 2019

In fondo hanno avuto ragione quegli intellettuali – qualcuno li definirebbe tecnici, ma per me i tecnici sono intellettuali a tutti gli effetti – che negli ultimi vent’anni hanno lavorato sodo perché la politica si riducesse a una faccenda di comunicazione o, più precisamente, a un’arte performativa, a una forma di spettacolo. Quest’ultimo anno di (s)governo non è stato altro che un’orribile recita a soggetto in cui si è messo in scena il personaggio più amato dall’italiota medio: sé stesso. Tredici mesi di fescennini ininterrotti in cui Matteo Salvini si è fatto rappresentante del carattere profondo di questa nazione moralmente, culturalmente ed economicamente alla frutta. Il consenso, del resto, oggi si conquista così: non applicando rimedi al declino, ma riproducendo – in grande, al centro di un elaborato apparato scenico che oggi comprende fessbook e compagnia – le urla, la rabbia e il gran stridore di denti dei protagonisti attivi e passivi di quello stesso declino. Gli elementi base di questa rappresentazione sono talmente noti che è quasi inutile elencarli: lo sguardo malevolo dell’italiano appena si mette in strada al mattino, il sarcasmo rivolto sempre ai più deboli, la violenza non solo verbale, l’incapacità di mettersi nei panni dell’altro, l’indisponibilità ad occupare la zucca con qualcosa di diverso dalle pulsioni primarie, di produrre un pensiero, eccezion fatta, ovviamente, per il calcio, che impegna tutta la scarsa capacità di astrazione dell’italiano medio. E poi l’arroganza ridicola di chi, non avendo mai avuto il coraggio di guardarsi allo specchio della storia, si crede superiore a tutto il resto del mondo. Cos’è, in fondo, il sovranismo, se non la sommatoria delle singole arroganze, della vanagloria di tanti individui, generalmente i peggiori che una nazione possa esprimere? Ed è in virtù del grave disturbo narcisistico – o “delirio narcissico”, come lo chiamava Gadda in Eros e Priapo quasi ottant’anni fa – da cui è affetta la maggior parte degli italiani che Salvini, conclusa la tournèe, lasciati gli arenili e indossata la cravatta, può passare all’incasso senza il timore di finire sputazzato dal pubblico, come accadrebbe in una piega dello spazio-tempo meno bizzarra della nostra. No, il pubblico finora pare aver gradito molto l’interpretazione e probabilmente, tra ottobre e novembre, consegnerà al suo idolo il ruolo di capocomico. Chi davvero crede che questa sceneggiata si possa ancora chiamare “politica” non tarderà a “disegnare scenari” o a “individuare responsabilità”, guardando all’interno del ceto politico. Si interrogherà sulle sorti dei casaleggesi, sul futuro di Giggino, tra mandati zero e mandati meno uno, sul possibile nuovo partito di Renzi, sulla soddisfazione di Zingaretti che finalmente potrà far sloggiare i renziani ancora in Parlamento, su Berlusconi che ancora ci crede – non si bene a che cosa, ma Silvio ancora ci crede. Peccato che tutta questa roba non sia più politica, ma commedia. Gli Italiani adorano la commedia. Amavano essere ritratti dalla ferocia di un Risi o di un Monicelli, li divertiva vedersi nei panni di qualche pícaro moderno con la faccia di Sordi o di Gassman. Riuscivano se non altro a ridere di loro stessi. Oggi che la politica è morta e la commedia dai teatri e dai cinema si è trasferita nei palazzi del potere, gli Italiani non ridono più, ringhiano. A ottobre inizierà dunque la nuova stagione teatrale e metà del Paese già ringhia di felicità all’idea di poter assistere allo spettacolo di un Salvini ancora più tronfio – difficile a credersi – e finalmente dotato di “pieni poteri”. Ciò che apprezzeranno in particolare – anche se ancora non lo sanno – sarà il suo potere di «far venire giù il teatro». In senso non figurato. Auguri a tutti e occhio al soffitto.

Da - https://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/te-lo-meriti-matteo-salvini/


Titolo: LA LEGAdiSALVINI. Intervista a Salvini: «Mai con i Cinque Stelle. Pauperisti»
Inserito da: Admin - Settembre 25, 2019, 12:53:07 pm
L’INTERVISTA
Intervista a Salvini: «Mai con i Cinque Stelle. Pauperisti»
Il leader della Lega: «Al Veneto subito un ministro e l’autonomia. E Zaia sta bene dove sta»

Di Marco Bonet

Parla con i modi e i toni del premier incaricato. Non «ruspe» ma «convergenze programmatiche». Giacca e cravatta più che felpa e cappuccio. «In questa fase ho il dovere di ascoltare tutti - spiega Matteo Salvini - anche il Pd, anche la Boldrini, se serve all’Italia». Secondo alcuni osservatori è lui il vero vincitore delle ultime elezioni. Più di Luigi Di Maio, visto che il Movimento Cinque Stelle è vissuto finora immerso in uno splendido isolamento mentre la Lega, alla testa di una coalizione in cui per quanto malconcio c’è ancora il «moderato» Berlusconi, potrebbe diventare il perno di una nuova maggioranza parlamentare. Complicata, certo. Ancora tutta da definire. Eppure Salvini sembra ottimista, «energizzato» da risultati in qualche caso al di sopra delle più rosee aspettative. Come in Veneto, dove la Lega ha triplicato i suoi voti rispetto al 2013, da 310 a 912 mila, dal 10,5 al 32%.

«Un risultato straordinario. Sapevo che saremmo andati bene, me lo sentivo, ma neanch’io speravo in una fiducia così enorme. Sondaggisti, opinionisti, intellettuali non avevano capito niente, in Veneto come nel resto d’Italia. Giornali e telegiornali ci hanno oscurato, esistevano solo Renzi e Berlusconi, Di Maio e la Bonino... Io mi sono fatto ventimila chilometri in campagna elettorale e questo, gliel’assicuro, aiuta a capire il Paese. Il Veneto poi, l’ho girato davvero in lungo e in largo».

Veramente qui si è sempre detto che il centrodestra, con la Lega in testa, avrebbe fatto cappotto. Quel che stupisce è semmai il distacco inflitto dal Carroccio agli avversari e agli alleati. Forza Italia è al 10%, ha perso 8 punti, 250 mila voti. L’emorragia degli azzurri, che di sicuro non aiuta la coalizione, la preoccupa? «A me interessa che il centrodestra sia la prima coalizione d’Italia e sia ampiamente avanti in Veneto e Lombardia. Il mio avversario non è all’interno ma all’esterno, è Renzi e, in questo senso, “missione compiuta”. Poi una volta possiamo far meglio noi, una volta Forza Italia. Alla fine si governa insieme, siamo una squadra e lo stiamo dimostrando anche in Regione».

Potrebbe nascere il partito unico del centrodestra? «Mannò, un passo alla volta. Abbiamo raccolto 12 milioni di voti, farò di tutto per andare al governo e dimostrare d’essermi meritato la fiducia che ci è stata data. Oggi mi preoccupo solo di questo».

Se andrà al governo concederà l’autonomia al Veneto? «È un tema centrale per noi. Abbiamo preteso e ottenuto che venisse inserito nel programma di tutto il centrodestra e non vedo l’ora di incontrare di nuovo Zaia e Fontana (il neoeletto presidente della Lombardia, ndr.) per dargli concretezza. Da leghista, lo sa qual è il bello? Che ora l’autonomia me la chiedono pure la Puglia e la Campania».

A un leghista della prima ora sarebbe venuta l’orticaria. Davvero si può dare l’autonomia a chiunque la chieda? Non si rischia l’effetto «autonomia per tutti, autonomia per nessuno»? «No, no, piano. Mica sto dicendo che tutti possono diventare come il Trentino. A ciascuno l’autonomia che gli spetta, secondo capacità, con la giusta gradazione. Nei prossimi cinque anni possiamo fare quel che non è stato fatto negli ultimi venti, l’Italia può diventare finalmente un Paese efficiente, moderno, federale, dove le risorse e la politica sono più vicine ai cittadini. Questo non lo vogliono più soltanto i veneti, adesso anche al Sud l’autonomia viene percepita come un’opportunità e non come un pericolo. E difatti sarà una delle prime riforme che metteremo in cantiere in parlamento».

Magari anche con l’aiuto dei Cinque Stelle, da sempre favorevoli. Un motivo in più per fare un governo assieme, no? «Mai nella vita, quella dell’alleanza Lega-M5S è una fake news, un’invenzione surreale come la caccia al Salvini razzista, fascista e nazista che spaventa i bambini. No. Io rispetto il voto ai Cinque Stelle perché l’elettore ha sempre ragione. Però è un voto di assistenza, pauperista. Il voto alla Lega, invece, è il voto della gente che lavora. Ovviamente in Veneto e in Lombardia ma anche al Sud, le persone che ci hanno votato sono quelle che in campagna elettorale mi hanno detto: io non voglio stare a casa a non fare niente, voglio studiare, lavorare, produrre. Io e Di Maio abbiamo due idee di Italia diverse: per lui è l’assistenzialismo del reddito di cittadinanza; per me è il rilancio e lo sviluppo della flat-tax».

E con il Pd potreste mai governare? «Ho letto anche questa, i giornalisti sono sempre fantasiosi. Di un accordo di governo, di partito, non se ne parla proprio, neanche col Pd. Poi chiaro, io ho un mio programma, sono a capo del partito che guida la coalizione più votata dal Paese, ho l’aspirazione di diventare presidente del Consiglio... ho il dovere di ascoltare tutti, scherziamo? Abolizione della legge Fornero, tassa unica al 15%, legittima difesa, stop all’immigrazione: chi ci sta, ci sta».

Per i dem qui è stata una debacle. Lei come se la spiega? «Hanno promesso troppo, non hanno mantenuto e, giustamente, sono stati puniti. Io me lo ricordo Renzi, qualche anno fa, accolto in Veneto come il Messia Salvatore dagli industriali. Evviva, applausi. Ma se poi le tasse aumentano, la burocrazia si complica con iniziative come il Codice appalti, l’immigrazione diventa un problema serio, le banche crollano - e a proposito, quella sulle banche sarà una delle prime direttive Ue che chiederò a Bruxelles di abolire - è chiaro che finisci male, a Treviso come a Pisa, dove infatti abbiamo fatto quattro parlamentari dopo che mai nella storia avevamo vinto alcunché. Se freghi la gente, la paghi cara. Poi secondo me c’è stato anche qualche problema di comunicazione...».

In che senso? «Beh, noi stavamo in piazza e al mercato, loro facevano la marcia antifascista e lanciavano allarmi sulle ingerenze russe e Trump...».

Gli industriali, però, continuano a guardarvi con sospetto. E lunedì sono partite note allarmate da pressoché tutte le categorie. «In alcune associazioni, e non mi riferisco solo a Confindustria, i vertici sono totalmente scollegati dalla base, ci sono presidenti che quando parlano rappresentano a malapena loro stessi, figuriamoci gli iscritti. Il 94% delle aziende, in Italia, ha meno di 9 dipendenti e il Veneto è l’esempio migliore di questo tessuto produttivo. Io voglio pensare a loro, dopo che per anni Renzi e Confindustria si sono preoccupati solo della Fiat e degli altri “grandi”».

Ma se davvero intende mettere i dazi, scatenando una guerra commerciale, il Veneto lo ammazza perché qui si esporta per 60 miliardi l’anno. «Non sono matto, i dazi si mettono se sono utili a difendere le nostre aziende, penso al settore del riso, altrimenti no. Io voglio solo un Paese dove sia più facile fare impresa e lavorare. Quindi non solo via la legge Fornero ma via pure lo spesometro, subito».

In questi giorni di stallo post voto sono riprese con insistenza le voci su «Zaia premier», il «volto buono della Lega» utile a sedurre i moderati. Lui è sbottato: «Basta tirarmi la giacchetta, sennò si strappa». Lei si sente insidiato? «Luca lo sento tutti i giorni, è l’amico con cui ho parlato di più prima e dopo il voto, una delle persone migliori che abbia non soltanto la Lega ma l’Italia. So che gli piace portare a termine il lavoro, una volta iniziato, e mi pare che sull’autonomia ci siano fior di cantieri aperti... So che vuole restare in Veneto e fa bene perché sta scrivendo la Storia della sua Regione. In futuro, vedremo».

Nel governo Salvini ci sarà posto per un ministro veneto? «Ovviamente sì, è scontato. Non faccio nomi e cognomi ma ho già qualche idea per due settori che mi stanno parecchio a cuore, la scuola e l’agricoltura. Ripeto: andiamo avanti un passo alla volta. Ma il Veneto ci sarà».

7 marzo 2018 (modifica il 7 marzo 2018 | 19:54)
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   Da - https://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/politica/18_marzo_07/salvini-chiudeai-cinque-stellepauperisti-d0fe0e7a-21d3-11e8-84bd-43213e8c5574.shtml?intcmp=exit_page


Titolo: Meno poteri per Bossi. Cosa cambia nella Lega Di Federica Valenti
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 03, 2020, 09:14:53 pm
Meno poteri per Bossi. Cosa cambia nella Lega
13:13, 21 dicembre 2019

Di Federica Valenti
Il congresso federale ha approvato un nuovo statuto, che prevede la possibilità di cedere il simbolo ad altri movimenti politici. Bossi: "Se Salvini lo vuole, dovrà raccogliere le firme"

Il congresso federale della Lega Nord ha approvato il nuovo statuto del movimento fondato da Umberto Bossi nel 1991.
Rispetto al testo precedente (che risale al 2015), le principali modifiche riguardano il ruolo di Bossi e la possibilità scritta nero su bianco, che il consiglio federale conceda il simbolo ad altri movimenti politici. Il Senatur rimane presidente a vita del Movimento che fece nascere (federando tutti i soggetti politici autonomisti 28 anni fa).
"Salvini vuole avere la possibilità di avere il simbolo della Lega ma dovrà raccogliere le firme", ha puntualizzato Bossi nel suo intervento al congresso federale della Lega Nord. Il simbolo della Lega Nord, il guerriero Alberto da Giussano, è patrimonio del consiglio federale del movimento e non di 'Lega Salvini premier' che però l'ha utilizzato alla scorse europee.
Al congresso della Lega Salvini bacchetta gli assenti (tra cui c'è Maroni)
Chi comanda se si dimette il segretario?
Bossi resta "garante dell'unità della Lega Nord", ma gli viene tolta la possibilità di "assumere i poteri e le competenze del consiglio federale" in caso di dimissioni del segretario e di "convocare entro 120 giorni il congresso straordinario degli organi elettivi".
In caso di dimissioni del segretario, viene quindi introdotta una nuova figura, quella del "commissario federale con pieni poteri" che gestisce la transizione verso il congresso. Altra funzione che viene tolta alla presidenza federale, e quindi a Bossi, è quella di rappresentare l'ultima istanza cui possono fare "ricorso in appello" i padri fondatori che vogliano contestare eventuali provvedimenti disciplinati. Il presidente rimane comunque un componente del comitato disciplinare e di garanzia, organo cui spettano le deliberazioni in questi casi.
Dallo statuto scompare tutta la parte relativa alle sezioni provinciali, che dovrebbero passare al nuovo soggetto nazionale 'Lega Salvini premier' fondato nel 2017, mentre un'altra modifica riguarda la scadenza degli organi elettivi: il segretario e il consiglio federale non saranno in carica più solo tre anni, come introdotto da Roberto Maroni, nel 2012, ma cinque.
Viene poi messa nero su bianco la possibilità - già realizzata, peraltro, alle scorse Europee con Lega Salvini premier - che il consiglio federale conceda "l'utilizzo, anche per fini elettorali" del simbolo "ad altri Movimenti politici, le cui affinità con gli obiettivi di Lega Nord sono rimesse alla valutazione" del massimo organo esecutivo del partito.
La struttura del vecchio Carroccio ne esce poi ' 'dimagrita': scompaiono, tra gli altri organismi, la segreteria politica (una sorta di doppione del consiglio federale, usato, in passato, sostanzialmente soltanto da Maroni), e il responsabile federale organizzativo.

Rimane, invece, la parte in cui si afferma che la "Lega Nord tutela le minoranze, ove presenti, e, a tal fine, garantisce la presenza con diritto di parola e di voto in seno al consiglio federale al candidato alla carica di segretario federale che risulti il primo dei non eletti" (resta anche la parte in cui, in seguito a due assenze, anche non consecutive, in consiglio, si perde questo diritto). Curiosa la IV postilla alle disposizioni finali, in cui si delibera che "fino allo svolgimento del successivo congresso federale, il segretario federale, su conforme delibera del consiglio federale, ha il potere di modificare la sede della Lega Nord".
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Da - https://www.agi.it/politica/congresso_lega_bossi_simbolo-6777722/news/2019-12-21/


Titolo: IL PARTITO NAZIONALE È SERVITO
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 03, 2020, 09:16:03 pm
LA TRASFORMAZIONE DELLA LEGA: IL PARTITO NAZIONALE È SERVITO

PAOLO NATALE - 22 dicembre 2019
   
Sono passati trent’anni giusti giusti dal primo vero congresso dell’allora Lega Lombarda, tenutosi a Segrate appunto nel dicembre del 1989. Io c’ero, impegnato a cercare di capire meglio cos’era quel nuovo fenomeno politico, mentre stavo preparando il primo studio un po’ più rigoroso uscito in Italia sulla Lega, insieme a Biorcio, Diamanti e Mannheimer. Ricordo ancora, tra le proposte di Bossi, quella che fu salutata con una vera ovazione da parte del pubblico presente: l’abolizione della bolla d’accompagnamento!

Già presente in Lombardia dal 1983, sulle orme della Liga Veneta, soltanto verso la fine degli anni Ottanta il movimento di Bossi stava riuscendo ad imporsi in maniera significativa come valida alternativa ai partiti tradizionali, molti dei quali sarebbero praticamente scomparsi di lì a poco, complici le indagini di Mani Pulite, lasciando ampio spazio elettorale alla nascente Lega Nord, frutto degli accordi con le altre leghe delle regioni settentrionali.

Le parole d’ordine dell’epoca, come ci ricordiamo, erano sostanzialmente di due tipi, il primo molto simile a quelle che sarebbero poi state riprese dal Movimento 5 stelle, contro la deriva di solo auto-conservazione delle forze politiche “romane”, il secondo tipo che concerneva l’attuale logica salviniana, quella della contrapposizione tra amico-nemico. Solo che allora il nemico era il meridione (“Roma ladrona”), oggi i nemici sono l’Europa da una parte e lo straniero dall’altra. Parole d’ordine dunque già all’epoca molto simili all’odierna impronta di stampo marcatamente populista.

Da questo punto di vista, le logiche di fondo della proposta politica non sono dunque cambiate in maniera significativa. Sono invece due gli aspetti drasticamente mutati. Il primo è la collocazione della “Lega per Salvini premier”: allora l’idea era quella di abbandonare la tradizionale dimensione destra-sinistra, per porsi oltre (“in alto”, diceva lo stesso Bossi), per acquistare consensi un po’ in tutte le precedenti aree politico-ideologiche, tanto è vero che D’Alema definì la Lega Nord con la famosa affermazione di “costola della sinistra”. Oggi il suo posto è chiaramente accanto ai partiti di centro-destra, se non addirittura di destra.

Il secondo decisivo mutamento è, accanto all’abbandono del Nord come punto di riferimento elettorale, per diventare un partito nazionale, il contestuale abbandono dell’idea federalista che aveva caratterizzato tutta la storia leghista, da Bossi a Miglio, in favore della Nazione nel suo complesso, dell’unità nazionale “contro” i due nemici descritti poc’anzi. E le radici cristiane, così sovente richiamate da Salvini, sono quindi il necessario legame alla tradizione dell’Italia intera.

Sembra essere allora nato anche formalmente, nel congresso di sabato 21 dicembre con il nuovo Statuto, un soggetto politico che, pur utilizzando alcuni stilemi comunicativi propri della vecchia Lega Nord, cerca di riposizionarsi in maniera piuttosto differente da quella antica Lega bossiana. Un esperimento politico che sta dando i suoi frutti elettorali sperati. Almeno finora.

Da - https://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/la-trasformazione-della-lega/